peggio fu, che in essa entrò una fiera epidemia, ossia la peste vera,
che facea grande strage [Johannes de Cermenat., tom. 9 Rer. Italic.]. Dio
portò al campo tre cardinali legati spediti dal papa per coronare in
Roma, e sollecitar per questo il re Arrigo, cioè i vescovi d'Ostia e
d'Albano, e Luca dal Fiesco. Questi mossero parola di perdono e di
pace. Entrò il Fiesco col patriarca d'Aquileia in Brescia, e trovò delle
durezze. Vi ritornò, e finalmente conchiuse l'accordo. Fu in salvo la
vita e la roba dei cittadini, e si scaricò sopra le mura della città il
gastigo della ribellione, le quali furono smantellate, e per esse entrò
Arrigo nella città nel dì 24 di settembre, seco menando i fuorusciti.
Oltre a ciò, settanta mila fiorini d'oro volle da quel popolo, con altri
aggravii, per quanto scrive il Malvezzi, e lo conferma Ferreto
Vicentino, contro le promesse fatte al cardinale dal Fiesco. Da
Brescia passò a Cremona, indi a Piacenza, dove lasciò un vicario
[Albertinus Mussat., lib. 4, tom. 8 Rer. Ital.], rimanendo deluso Alberto
Scotto, il quale poco dopo ricominciò le ostilità contro la patria.
Trasferitosi a Pavia, quivi si trovarono per la peste calata a tal segno
le sue soldatesche, che Filippone da Langusco, non più signore di
quella città, avrebbe potuto assassinarlo, se il mal talento gliene
fosse venuto. E ne corse anche il sospetto; perlochè portossi colà
Matteo Visconte con possente corpo di Milanesi; ma Filippone gli
chiuse le porte in faccia. Matteo, dico, il quale, stando Arrigo sotto
Brescia, non tralasciò ossequio e diligenza veruna per assisterlo con
gente, danari e vettovaglie; laonde meritò d'essere creato vicario di
Milano, e di poter accudire da lì innanzi all'esaltazione della propria
casa. In Pavia mancò di vita, per le malattie contratte all'assedio di
Brescia, il valoroso Guido conte di Fiandra. E quivi, a persuasione di
Amedeo conte di Savoia, Arrigo dichiarò vicario di Pavia, Vercelli,
Novara e Piemonte Filippo di Savoia, principe allora solamente di
titolo della Morea. Scrive Giovanni da Cermenate [Johannes de Cermen.,
tom. 9 Rer. Ital.], e con lui va d'accordo Galvano Fiamma [Gualv. Flamma,
Manipul. Flor.] col Malvezzi [Malvec., Chron. Brix., tom. 14 Rer. Ital.], che
questo principe, unitosi dipoi con Filippone di Langusco e cogli altri
Guelfi, fece ribellar quelle città, ed altre ancora al re suo benefattore.
Nel dì 21 d'ottobre arrivò Arrigo a Genova, accolto da quel popolo
con sommo onore; ed avuta che ebbe la signoria della città, si studiò