comando del loro Cacàno. Narra la leggenda, che questi era così
giovane e bello, che Romilda, appena l'ebbe visto, se ne invaghì per
modo, che offerse di aprirgli le porte della città, se prometteva di
sposarla. E così il Cacàno entrò, devastò, bruciò ogni cosa, e fece
prigionieri gli abitanti, che divise fra i suoi seguaci. Quanto a
Romilda, dopo che l'ebbe sottomessa alle sue voglie, l'abbandonò
agli ufficiali, per farla poi impalare, dicendo che questo era il solo
matrimonio degno di una traditrice come lei. I primi tre figli maschi
di Gisulfo montarono intanto a cavallo per salvarsi colla fuga. E
perchè l'ultimo di essi, Grimoaldo, giovanetto, non cadesse in mano
del nemico, volevano ucciderlo. Ma egli disse al fratello che già aveva
sguainato la spada: — Non mi uccidere, chè io saprò ben reggermi
in sella. — E salito a cavallo lo seguì. Se non che nella fuga, il
giovanetto restò indietro e venne raggiunto da un Avaro, che lo
prese. Questi però vedendolo così bello, giovane e biondo (i suoi
capelli eran quasi bianchi), non osò ucciderlo, e lo menava seco
tenendo le redini del cavallo. A un tratto il fanciullo
inaspettatamente, cavò dal fodero la sua piccola spada, e con un
vigoroso colpo sulla testa, distese a terra l'Avaro, raggiungendo al
galoppo i fratelli. Le sorelle restarono prigioniere, e per salvare il loro
onore, si posero in seno della carne cruda e corrotta, la quale
mandava un tal fetore che gli Avari se ne allontanavano stomacati.
La verità storica di un sì fantastico racconto può ridursi a questo, che
gli Avari entrarono nell'Istria, devastarono il Friuli, uccisero il duca
Gisulfo e presero Cividale; poi si ritirarono, assai probabilmente
perchè Agilulfo si avanzava. Dei quattro figli maschi di Gisulfo, i due
adulti, Tasone e Cacco, poterono assumere il governo, ma furono poi
trucidati a tradimento; gli altri, che erano troppo giovani ancora, se
ne andarono a Benevento, presso Arichi, che era del Friuli anch'egli,
e loro parente. Arichi che li aveva già prima educati nel loro paese, li
accolse adesso come figli a casa sua.
Ed ora Agilulfo, dopo venticinque anni di regno, moriva a Milano tra il
615 e 16, lasciando già, come vedemmo, proclamato erede il proprio
figlio Adaloaldo, che allora aveva dodici anni. Cominciò quindi di fatto
a governare la madre Teodolinda, continuando a favorire con ardore