L'Imperatore riteneva adesso che, spingendo innanzi l'esercito,
potesse facilmente divenire arbitro dell'Italia. Ma egli mancava
assolutamente di danaro, ed il paese, quantunque debole e diviso,
gli era tutto nimico. Francesco I, uscito dalla prigione, e deliberato a
non mantenere i patti, aveva a Cognac (22 maggio 1526) stretto col
Papa, con Firenze, Venezia e Milano una lega, che fu detta santa, e
che era in sostanza diretta contro l'Impero. A Carlo V importava
quindi moltissimo separarne il Papa, o renderlo almeno
temporaneamente neutrale. E però, quando il cardinal Colonna, che
era più soldato che prelato, e nimicissimo di Clemente VII, si offerse
d'impadronirsi della persona di lui, fu mandato a Roma don Ugo di
Moncada, con incarico di tentar prima una tregua, e non
riuscendogli, dire al Colonna che facesse pure quello che voleva. In
fatti don Ugo non concluse nulla, essendo giunta la notizia delle
strettezze in cui era l'esercito imperiale, e partì quindi sdegnato, il 20
giugno, lasciando mano libera al Colonna, che non mise tempo in
mezzo. Alla testa di 800 cavalieri, 3,000 fanti ed alcune poche
artiglierie tirate da buoi, irruppe nella Città Eterna con tale impeto,
che Clemente VII ebbe appena il tempo di fuggire con la sua guardia
svizzera, e rinchiudersi in Castel Sant'Angelo. Il Vaticano, San Pietro,
le case dei cardinali andarono a sacco, ed in poche ore fu fatta una
preda di 300,000 ducati. Era già un pessimo esempio dato
agl'imperiali, che s'avanzavano dalla Lombardia; ma il Cardinale
voleva andar oltre ancora, e metter le mani sulla persona stessa del
Papa. Laonde questi si rivolse spaventato al Moncada, che seguiva il
piccolo esercito tumultuario, ed il Moncada si fece subito mediatore,
dettando le condizioni della pace, che furono: tregua di quattro mesi
coll'Imperatore, il naviglio del Papa ritirato da Genova e i soldati dalla
Lombardia, amnistiati i Colonna. Il Cardinale si ritirò allora co' suoi a
Grottaferrata, ed eran tutti pieni di sdegno, chiamandosi traditi. Il
Papa accettò i patti impostigli dalla forza, con animo però, alla prima
occasione, di non rispettarli. E don Ugo lo sapeva bene; ma per ora
gli bastava guadagnar tempo, dopo averlo spaventato. Se ne andò
quindi a Napoli, menando come ostaggio Filippo Strozzi parente dei
Medici. In questo medesimo tempo Clemente VII ebbe a sopportare
anche un'altra umiliazione. Sotto pretesto d'assicurare le spalle al