favorivano i Guelfi, si unirono ai nemici. Quest'impensato
avvenimento portò lo spavento nelle truppe, che non sostennero
l'urto de' Guelfi, restando tra i morti lo stesso podestà, Manfredi di
Cornazano, ed Ugo Manghirotti, due de' più illustri Ghibellini,
salvandosi gli altri colla fuga. Intanto la massa del popolo, perduti i
capi, manifestava con segni di acclamazione il suo attaccamento alla
Chiesa, e conduceva in trionfo gli emigrati entro le mura di Parma.
Gherardo da Correggio venne sulla pubblica piazza proclamato
podestà, e dati il palazzo, le mura e le torri in guardia ai suoi soldati.
Enzo, ossia Enrico, figliuolo di Federico, e re di Sardegna, trovavasi
allora nel contado di Brescia all'assedio di Quinzano. Avuto avviso
della rivoluzione di Parma, abbrucia le macchine guerresche, e viene
a grandi giornate fino alle rive del Taro, lusingandosi di sottomettere
i ribelli con un colpo di mano. Federico, informato a Torino dello
stesso avvenimento, avvampa di collera contro il papa, e deposto
con orrore il pensiero di andare a Lione per umiliarsi innanzi ad un
uomo che non cessava di macchinare contro di lui, riunisce tutti i
suoi partigiani delle vicine città, e fattane una piccola armata,
raggiugne il figlio sulle rive del Taro, di dove si avanza fino a pochi
passi dalla città
[78].
La perdita di Parma gli toglieva la comunicazione colle città ghibelline
dalle Alpi al suo regno di Puglia, la quale mantenevasi per Torino,
Alessandria, Pavia, Cremona, Parma, Reggio, Modena e Toscana;
oltrecchè Parma e Cremona gli aprivano un'altra importantissima
comunicazione con Verona, gli stati d'Ezelino e la Germania.
Affrettava perciò la leva di una formidabile armata e faceva avanzare
a grandi giornate un corpo di Saraceni, i soli suoi sudditi non esposti
all'influenza de' frati, nè al terrore delle scomuniche. Ma prima che
potesse formare un'armata abbastanza forte per fare l'assedio di
Parma, i Guelfi ebbero tempo di provvederla abbondantemente di
truppe e di vittovaglie. Il legato del papa, Gregorio di Montelungo, vi
si chiuse con mille soldati scelti di Milano, e seicento di Piacenza,
ch'egli vi aveva condotti per difficili strade. Un altro rinforzo vi
spediva da Mantova il conte di san Bonifacio, il quale alla testa d'un
altro corpo di Mantovani entrava in pari tempo nel territorio