Goti; e non pure in questa età, ma anche ne' tempi susseguenti
furon osservate non solo da' Goti, ma anche da' Saraceni
[694], i quali
dopo l'anno 715 avendo inondata la Spagna, le ritennero, nè nuove
leggi v'introdussero, salvo che alcune poche intorno a' giudicj
criminali, come della bestemmia del falso lor Profeta Maometto; ed
ultimamente questi essendo scacciati, da' Re Spagnuoli stessi furon
ritenute, come per la testimonianza di Roderico scrisse Grozio
[695],
fino al Regno d'Alfonso IX o X, il quale, essendo, cancellate in buona
parte per disusanza le leggi de' Goti, introdusse nella Spagna le
romane, che nell'idioma spagnuolo, per opera di Pietro Lopez, e di
Bartolomeo d'Arienza fece tradurre e divulgare, le quali ora ritengono
tutto il vigore, e leggi delle Partite s'appellano
[696].
Questo Codice delle leggi degli Vestrogoti, noi lo dobbiamo alla
diligenza di Pietro Piteo, il qual fu il primo, che comunicollo a
Giacomo Cujacio, della qual cortesia tanto se gli dimostra tenuto. Nè
io voglio che mi incresca di qui recarne le sue parole
[697]:
Gothorum, sive Visigothorum Reges qui Hispaniam, et Galiciam
Toleto Sede Regia tenuerunt, ediderunt XII Constitutionum libros,
aemulatione Codicis Justiniani, quorum auctoritate utimur saepe
libenter, quod sint in eis omnia fere petita ex jure civili, et sermone
latino conscripta, non illo insulso caeterarum gentium, quem
nonnunquam legimus ingratis: ut gens illa maxime, quae consedit in
Hispania, plane cultior caeteris, hoc argumento fuisse videatur.
Communicavit autem mihi ultro Petrus Pitheus, quem ego hominem,
et si amore, et perpetuo quodam judicio meo dilexi semper vix jam
ex ephebo profatus fore, ut probitate, et eruditione aequalium
suorum, nemini cederet: tamen pro singulari isto beneficio,
maximam modo animi benevolentiam, et summa, ac singularia
studia omnia me ei debere confiteor, idemque erit erga eum animus
bonorum omnium, si, quod vehementer exopto, eos libros in
publicum conferre maturaverit. Ciò che Cujacio desiderava, fu da
Piteo già adempiuto; poichè non guari da poi, permise, che questi
libri si dassero alle stampe, come e' dice, scrivendo ad Odoardo
Moleo: Imo etiam, ne quid Orienti Occidens de eadem gente
invideret, legis Visigothorum libros XII ut tandem aliquando