lo sostennero, non si movendo a liberarlo, nè per le minacce del
Padre, che sopra di ciò scrisse loro una sua lettera, nè per offerta di
grossa somma d'oro in suo riscatto. In tal maniera ventidue anni, e
nove mesi dimorato, come scrive Cuspiniano, fu poi venendo a morte
con nobilissima pompa sepolto da' Bolognesi nella chiesa di S.
Domenico in un ricchissimo avello di marmo con la sua statua
indorata, ove sino al presente, secondo che scrive Stradero, si legge
l'inscrizione in una piastra di bronzo.
Ricevette, non molto tempo dopo tal successo, l'Imperadore lettere
da' Modanesi, ove significandogli la ricevuta sconfitta si dolevano
della prigionia del figliuolo, a' quali egli rispose magnanimamente
ringraziandogli del loro ben volere, con minacciare aspramente i
Bolognesi, e tutti i partigiani della Chiesa. Ma questi col favor
dell'ottenuta vittoria, dopo aver soggiogate molte città e castelli di
Lombardia e di Romagna, e fra essi Modana, che per alcun tempo
strettamente assediarono, mossero Federico per non perdere affatto
il dominio di quei paesi, essendo già entrato l'anno di Cristo 1250 a
raccorre soldati, e moneta per rinovar la guerra, e tentare di riporre
il figliuolo in libertà, e mentre a ciò badava, ammalò del suo ultimo
male nel castel di Fiorentino, ora disfatto, in Capitanata di Puglia, sei
miglia lungi da Lucera, e come scrive Cuspiniano, non senza
sospetto, che Manfredi Principe di Taranto suo figliuol bastardo
l'avesse avvelenato, o come è più verisimile, perchè aspirando al
dominio del Reame, voleva torsi dinanzi il padre, per tentare di porre
il suo pensiero ad effetto, come si conobbe da poi.
L'Imperadore aggravato dal male, pentitosi de' suoi falli, e
chiedendone a Dio perdono, si confessò a Bernardo Arcivescovo di
Palermo, e da lui ricevette l'assoluzione, ed il sacramento
dell'Eucaristia, se creder dobbiamo ad Alberto Abate di Strada; e
persuaso dall'istesso Arcivescovo fece il suo testamento, il qual tutto
intero, come quello, che contiene più notabili cose, addurremo.
Soggiunge Cuspiniano, che mentre superando la forza del veleno o
della malattia, o per la sua robusta complessione, o per la diligente
cura de' Medici, stava per riaversi, Manfredi aggiungendo fallo a fallo