La quarta via, 0 2012

LaTecaGurdjieffes 1,988 views 28 slides Jun 14, 2012
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About This Presentation

lingua italiana


Slide Content

Le risposte alle domande fondamentali
ESISTE UNA VITA
DOPO LA MORTE?
COPIA OMAGGIO
LA DISPENSA DI STUDIO MENSILE SULL'INSEGNAMENTO DI GURDJIEFFwww.gurdjieff.es
ISSN 2014-0657 00
#00 italia
filosofia, religione, storie di vita, teatro, danza, poesia e molto altro ancora...
DIO DOBBIAMO CREDERCI?
PERCHÉ INIZIARE
A LAVORARE SU DI SÉ?
LA QUARTA VIA

SOMMARIO
La Quarta Via è un mensile prodotto e distribuito
da La Teca Istituto per lo Sviluppo Armonico di
Barcellona (Spagna).
Per comunicare con la nostra Redazione, potete
chiamare (dall'Italia) a questo numero telefonico,
senza usare alcun prefisso internazionale:
0698357445.
Per costi e modalità di abbonamento visitare il sito
www.gurdjieff.es
Nel medesimo portale è possibile acquistare,
salvo disponibilità, i numeri arretrati.
Manoscritti, fotografie e disegni inviati alla
Redazione, anche se non pubblicati, non vengono
retituiti
Per favore comunicate tempestivamente ogni
cambiamento del vostro indirizzo postale,
includendo il vostro vecchio indirizzo insieme a
quello nuovo.
Associazione La Teca - Ogni riproduzione dei
nostri testi anche parziale, è vietata se non
autorizzata, in forma scritta, dalla Redazione.
NIF. G-64341225
Dep. Legale B-12791-2008
ISSN 2014-0657 00
Copia omaggio
#00
Fondatore
Giovanni M. Quinti
Diret tore responsabile
Eva Maria Franchi
Editore
La Teca
Associazione Culturale
di Barcellona (ES)
Grafica
José L. García Muedra
Riproduzione
PrintColor - Barcellona (Spagna)
Collaboratori di questo numero
Anna Di Giandomenico, Eva M. Franchi,
Giovanni M. Quinti
Organo di Stampa Ufficiale
delle Associazioni LA TECA
La Teca Edizioni
www.gurdjieff.es italia
LA DISPENSA DI STUDIO MENSILE SULL'INSEGNAMENTO DI GURDJIEFF
filosofia, religione, storie di vita, teatro, danza, poesia e molto altro ancora...
Gli articoli contrassegnati da questo logo vengono letti, studiati ed
approfonditi dai Gruppi di Studio LA TECA presenti in Italia.
Se desideri partecipare manda una richiesta a: [email protected]
Ti invieremo l'indirizzo e gli orari degli incontri del Gruppo di Studio
a te più vicino. Lo staf f di gurdjief f.es
1 LETTERA DI BENVENUTO
2 LA TECA, CHI SIAMO?
4 Le Risposte alle Domande
Fondamentali
ESISTE UNA VITA
DOPO LA MORTE?
10 DIO, DOBBIAMO CREDERCI?
18 PERCHE' INIZIARE
A LAVORARE SU DI SÉ ?
23 Lettere in Redazione
La corrispondenza con i cercatori

La Teca Edizioni è una iniziativa de La Teca, Istituto per lo 
Sviluppo Armonico, che da più di dieci anni si dedica 
all’insegnamento della Quarta Via in Italia, Svizzera e Spagna. 
Sebbene la Casa Editrice sia stata fondata solo nel 2010, l’Istituto 
si è impegnato nella divulgazione attraverso le dispense di studio 
La Quarta Via, in italiano, già dal 2003. Le dispense, con l’arrivo 
dell’Istituto in Spagna, hanno iniziato ad essere pubblicate anche 
in lingua spagnola con il nome El Cuarto Camino.
 
Dal nostro punto di vista, l’Insegnamento di G. I. Gurdjie non è 
qualcosa che è nato e morto insieme al suo Maestro, ma fonda le 
sue conoscenze su profonde radici risalenti al Cristianesimo delle 
origini, allo gnosticismo cristiano. Seguendo il percorso del Mae-
stro armeno del XIX secolo, il quale adattò il suo antico Insegna-
mento alla mentalità, alla cultura e al linguaggio della sua epoca, 
noi riteniamo necessario che questo si trasformi per poter infuen-
zare ed arricchire la vita dell’essere umano contemporaneo. Poiché 
anche se il profumo della rosa è sempre lo stesso, i suoi petali, le 
sue foglie e anche le sue spine cambiano con il tempo. 
La nostra attenzione, diretta allo sviluppo armonico dell’essere 
umano, è aperta anche ad altre tradizioni, culture, discipline e 
linguaggi che contribuiscano ad arricchire e orientare una profon-
da e sincera ricerca, quella che vorremmo condividere con i nostri 
lettori, di oggi e di domani: la conoscenza di sé, l’eterno Gnoty
Seauton. 
Vi auguriamo una buona lettura.
La Teca Edizioni
Questo Quaderno di Studio N.0
è un esempio di ciò che si potrà
trovare nei prossimi numeri.

LETTERA
DI BENVENUTO
Gentile Amica, Caro Amico
nella nostra società industrializzata non è poi cosí 
dicile incontrare movimenti, gruppi religiosi, new 
age o esoterici che continuamente ci propongono 
diverse linee di pensiero sul senso della vita, su Dio e 
sulla vita dopo la morte.
Domande fondamentali, importantissime che 
probabilmente hanno visitato le nostre menti per 
qualche tempo e che per qualcuno di noi sono 
rimaste senza risposta, avendole riposte nel cassetto 
della dimenticanza.
In realtá nessuno ha la risposta a queste domande 
ed è meglio non pensarci»  aermano molti, 
mettendo cosí da parte un bisogno fondamentale: 
quello di riettere sul senso della vita e su se stessi. 
Noi siamo un gruppo di persone che vogliono 
continuare a indagare su questi argomenti in modo 
un po’ diverso da come lo fanno le Chiese 
tradizionali: se da un parte crediamo che esista una 
dimensione spirituale, pensiamo anche che essa non 
sia separata dalla realtà che ci circonda, ma che si 
nasconda in essa. Non esiste niente di piú spirituale 
della vita stessa e questa spiritualitá inizia ad essere 
vista, vissuta e concepita solo nel momento in cui ci 
fermiamo ad ascoltarci. 
Sin dai tempi di Gesú è nota la storia della gemma 
dall’immenso valore che il collezionista trova e per la 
quale spende tutto quello che possiede; noi crediamo 
che questa gemma sia nascosta nel nostro cuore e 
non in quei cieli cosí troppo alti da poter essere 
raggiunti da piccoli mortali come noi.
La Teca è un gruppo di uomini e donne che si 
autodefniscono “cercatori” di tale gemma, che si 
inoltrano nelle oscure profonditá del proprio mondo 
interno con l’intento di trovarla e portarla con sé. 
Eppure, per noi, questa gemma non è solo uno stato 
interiore, ma è la gemma che si cela in ogni 
situazione... anche nella piú dicile. Come accadde 
ad uno dei fratelli-cercatori di una nostra comunità  che una volta mi scrisse:  anche se sto male, anche se 
vedo che c’é poco amore nel mondo, so e sento che il  mio compito è quello di continuare a sperare, a  credere, ad amare...». Per arrivare, però, a cotanta saggezza bisogna  intraprendere un viaggio verso se stessi che non è per  nulla facile: la nostra pietra piú bella si nasconde  dentro un giardino fatto di soerenze, di lacrime e di  dolori e a volte si sente di non possedere le forze per  arrivare ad essa. Questo viaggio è il viaggio iniziatico  verso il proprio castello interiore, spesso ostacolato  da dragoni infuocati che lo difendono mettendoci  paura. Solo la voce di un Amico che ci dice “non temere!”  potrà aiutarci a rimanere saldi nella nostra rotta. Ed è  questa gemma, questo viaggio e questo Amico che la  Teca cerca di trasmettere al mondo, con tutte le  limitazioni di una organizzazione terrena, fatta di  uomini e donne fallaci. In questa rivista lei potrá incontrare articoli diversi su  temi fondamentali. La prego di leggerli fno alla fne  e, se vorrá, di contattarci per farci tutte le domande  che desidera. Non siamo qui per convincere nessuno  delle nostre posizioni, non abbiamo bisogno di  sentire di avere la veritá in mano, ma siamo qui per  trasmettere con il nostro cuore quello che sentiamo  di aver scoperto. Fra queste pagine potrá solo sentirne il profumo. Se  ci guarderà negli occhi forse ne vedrá la luce. 
Buona Lettura!
Giovanni Maria Quinti 
Direttore Internazionale de La Teca
Una scuola di Quarta Via deve produrre Arte.
Un'Arte capace di spingere al Risveglio e al Ricordo delle
cose essenziali. Se non saprà raggiungere tale obiettivo,
dovrà necessariamente rivedere i suoi modelli di
insegnamento e la sua didattica.
Giovanni Maria Quinti 
1

CHI SIAMO?DOVE SIAMO?
COME POTER STUDIARE
CON NOI?
L’ Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo La Teca si ispira agli insegnamenti di
George I. Gurdijef f. La nostra è un’associazione che ama definirsi di umanità e cultura,
perché amplia il suo raggio di studio e di osservazione sulla visione dell’uomo of ferta
dai maggiori insegnamenti esoterici occidentali. Siamo un movimento slegato da
ogni confessione politica e religiosa che trae sostentamento dalle decime, dalle
donazioni e dalle attività editoriali, fortemente impegnato sul fronte artistico
come su quello del volontariato.
Nata in Italia, a Roma, per iniziativa di Giovanni Maria Quinti, La Teca ha via via
aperto sedi in varie città italiane, per sbarcare in seguito all’estero: in Svizzera,
ma soprattutto in Spagna dove, prima a Barcellona e poi a Madrid, Quinti ha
formato alcuni gruppi di lavoro. Tutti i gruppi della nostra Associazione lavorano
all’unisono come elementi di un unico insieme.
L’obiettivo della nostra Scuola è fornire una serie di strumenti intellettuali,
psicologici e spirituali per favorire l’evoluzione interiore dell’individuo
entro il solco della Quarta Via. Dato che il corpo fisico costituisce il punto di
partenza dell’osservazione del sé, è proprio dal corpo che l’allievo parte per
conoscersi.
Infatti esercizi fisici, meditazione, danze e recitazione fanno parte integrante
dell’Insegnamento. Ugual importanza viene data allo studio e alle dinamiche
che si creano all’interno della Scuola.
Presso le nostre sedi si tengono corsi introduttivi all'insegnamento della Quarta Via. Si
tratta di precisi percorsi di studio con cui si dà un senso e una forma alla ricerca
personale. Si approfondiscono le tematiche fondamentali dell’Insegnamento e si inizia
a fare esperienza delle proprie capacità.
A CHI SONO INDIRIZZATI
A coloro che desiderano conoscersi e sperimentare un programma di lavoro
personale da realizzare seguendo un preciso percorso.
GLI OBIETTIVI FORMATIVI
Oltre a una serie di strumenti teorici e pratici per conoscersi meglio, i corsi
forniscono nozioni sul linguaggio di Quarta Via, con l’obiettivo di stimolare la
riflessione e favorire il lavoro del singolo all’interno e in armonia col gruppo.
Ogni corso si articola in incontri settimanali e prevede, oltre alle lezioni teoriche
e pratiche, meditazioni e conferenze. È prevista anche la visione di filmati
inerenti allo studio. Ciò che viene richiesto a ciascun partecipante è serietà,
impegno e desiderio di svolgere il Lavoro pratico necessario al raggiungimento
del Ricordo di sé. Per ulteriori informazioni su dove si tengono i corsi, visita il
nostro sito, oppure chiama il nostro centralino.
2
ITALIA
ROMA SEDE CENTRALE E NAZIONALE
Via dei Quintili 89/91 - 00175 Roma (RM)
contatto: Alessandro Albanese
3334763495 - [email protected]
LEGNANO
Via Carlo Cattaneo, 95 - 20025 Legnano (MI)
contatto: Andrea Bertolini
335 5451462 - [email protected]
SASSARI
Via Taramelli, 6 - 07100 Sassari (SS)
contatto: Antonella Cau
3494060942 - [email protected]

TRENTO
Via San Pio X, n. 93 - 38100 Trento (TN)
contatto: Anna Di Giandomenicoi
3281996206 - [email protected]
GENOVA
contatto: Clara Boffito
3471157942 - [email protected]
TORINO
Via Ada Marchesini Gobetti, 4 - 10100 Torino (TO)
contatto: Andrea Chidichimo
3450702655 - [email protected]
AREZZO-PRATO
Case Nuove di Ceciliano, 73/2 - 52100 Arezzo (AR)
contatto: Fabio Imbergamo
328 9763837 - [email protected]
SPAGNA
BARCELLONA
Gran Vía, 204 bis, local 4 - 08004 Barcelona
contatto: [email protected]
93 432 99 76 - 664 669 664
MADRID
contatto: Giovanni M. Quinti
[email protected]
SVIZZERA
LUGANO
contatto: Dario Panigada
+41 76 502.23.50 / +39 340 777.54.13
[email protected]
COLOMBIA
MEDELLÍN contatto: Walter Gilchrist [email protected]

QUALI
STRUMENTI DI STUDIO
METTIAMO A DISPOSIZIONE?
DOVE SIAMO
SUL WEB?
Il nostro Istituto organizza incontri a vari livelli per far conoscere
l’Insegnamento. In tali occasioni non vi è mai una trasmissione
unidirezionale, perché le riflessioni e le conoscenze di tutti i parte-
cipanti fanno parte integrante della preziosa attività di condivisione.
Conferenze, letture, workshop e seminari vengono organizzati in varie
città italiane. Un loro calendario aggiornato è sempre disponibile sul
nostro sito www.gurdjief f.es.
Ogni sede locale de La Teca organizza ogni anno alcune conferenze a tema
che spaziano dalle materie più trasversali dell’Insegnamento a spunti di
carattere generale inerenti la ricerca interiore, la psicologia e la spiritualità. A
volte, le danze sacre possono aprire o chiudere tali appuntamenti. Nei work-
shop, invece, si pone l'accento sul lavoro personale dei partecipanti, che
assumono un ruolo attivo. Dopo aver introdotto brevemente il tema centrale si
passa alla fase pratica del lavoro.
I due argomenti maggiormente trattati sono l’Osservazione di sé e l’Attenzione
divisa. Attraverso esercizi pratici, si tende a rendere consapevoli i partecipanti di
quanto poco si sia abituati a “osservarsi” e di come l’attenzione spesso
svanisca nel “sonno”.
Nelle letture o conversazioni, si propone un tema e se ne “conversa” insieme.
Ciascuno può intervenire e portare esperienze personali. Talvolta si fanno brevi
esercizi o si proiettano spezzoni di film attinenti l’argomento. Altre volte il tema
può essere tratto dalle dispense di studio i cui brani vengono letti e commentati
dai partecipanti.
Dedicati invece all’Enneagramma sono i seminari, l’antichissimo quanto
misterioso simbolo che Gurdjief f considerava uno strumento universale di
comprensione («Ogni scienza ha un posto nell'Enneagramma e può essere
interpretata per mezzo dell'Enneagramma. Sotto questo rapporto si può dire
che un uomo non conosce veramente, cioè non comprende, se non quello che
è capace di inserire nell'Enneagramma»). Si tratta di incontri di durata triennale
che seguono un preciso percorso formativo. Di solito gli appuntamenti si
tengono nei fine settimana (da venerdì sera a domenica pomeriggio), durante i
quali viene svolto un intenso lavoro teorico e pratico. Ogni incontro è
un’esperienza unica che ha come obiettivo non solo l’assimilazione intellettuale
dei concetti esposti, ma anche la possibilità di sperimentarli attraverso esercizi
pratici e la pratica della condivisione.
Altro prezioso strumento di studio sono le dispense “La Quarta Via”. Pubblicate
mensilmente a partire dal 2003, le nostre dispense approfondiscono temi inediti,
solitamente non trattati da altre pubblicazioni in commercio riguardanti la Quarta
Via. Oltre che di un supporto formativo, si tratta di un fondamentale elemento di
comunione per i nostri gruppi, i cui componenti contribuiscono direttamente alla
stesura dei testi. Ne “La Quarta Via” si af frontano in modo articolato temi che
possono aiutare il cercatore ad approfondire in maniera originale passaggi
fondamentali riguardanti la propria crescita spirituale. Le dispense possono essere
acquistate sul sito www.gurdjieff.es in abbonamento o per singoli numeri, e
sono inoltre disponibili presso librerie specializzate in varie città.
Un solo indirizzo che parla lingue
diverse a uomini e donne che intendono
incamminarsi lungo la stessa Via.
È w w w.gurdjief f.es,
il nostro sito consultabile sia nella
versione italiana che in quelle spagnola
e inglese. Si trat ta di un’articolata
e ricca finestra che La Teca ha aperto
sulla rete per far conoscere le sue
at tività e creare una connessione
costante e in tempo reale tra i suoi
iscrit ti. Ma non solo. Grazie ad alcuni
spazi dedicati, è anche possibile
approfondire alcuni aspet ti importanti
della Quarta Via e avere accesso a
una serie di elementi per iniziare a
comprendere le basi dell’Insegnamento.
Il sito, inoltre, è una vetrina che met te
a disposizione del pubblico tut ta una
serie di prodot ti editoriali creati dai
gruppi di lavoro de La Teca o da artisti
e intellet tuali (italiani e stranieri) che le
gravitano at torno. In costante fase di
implementazione e sviluppo, nei mesi
a venire w w w.gurdjief f.es si prepara
a subire un’ulteriore evoluzione. Infat ti,
è già in avanzata fase di sviluppo la
creazione di un’ampia area interat tiva
dedicata ai corsi on-line, grazie alla
quale chi volesse approfondire la
conoscenza dell’Insegnamento potrà
intraprendere un percorso progressivo
sul web ed essere seguito a distanza
da un tutor. Da visitare anche la nostra
area online w w w.lateca.info, at traverso
la quale si possono conoscere da vicino
le opere teatrali, cinematografiche,
musicali, let terarie e artistiche dei nostri
allievi e insegnanti.
ADESSO SIAMO
ANCHE SU FACEBOOK
E YOU TUBE!!
ht tp://facebook.com/Gurdjief f.LaTeca.Italia
ht tp://w w w.youtube.com/LaTecaInternational
3

Sono di ritorno da un viaggio.
Il vagone è vuoto; a quest'ora di domenica il
treno non è gremito dai soliti pendolari.
Giunto a Milano e diretto verso Torino, vedo
salire tre donne tra i cinquanta e i sessant'an-
ni accompagnate da una poliziotta. I loro volti sono
visibilmente sconvolti. Si siedono nel mio scomparti-
mento.
«Appena arriverete a Torino vi verranno a prendere».
Pronunciate queste parole, la poliziotta scende.
Con uno spiccato accento campano le sento parlare fra
loro:
«Cosa ti ha detto?».
«Non mi hanno saputo dire niente!».
«Ma almeno sapere se è morto o non è morto!».
Una di loro inizia a piangere disperatamente. I miei sensi
si acutizzano, voglio sapere cosa è successo, perché tanto
dolore.
«Dobbiamo telefonare a Giuseppe! Sapere a che punto
sono arrivati!».
4
«Non lo so usare il telefonino io! Come si fa il numero?». Alzo la testa, la donna che parla mi guarda. «Mi puoi aiutare?». Io le sorrido. Prendo il suo telefonino e compongo il numero che mi detta. Scoprono che Giuseppe è già a Torino, ma non sa ancora nulla. Anche io non so nulla. Cosa è successo? Posso essere di aiuto in qualche modo? Queste domande le pongo senza rendermene conto. Scopro che sono tre sorelle. Una mi sussurra con un filo di voce: «Ho un figlio di 22 anni, si chiama Francesco. È partito venti giorni fa con un signore che l'ha portato in giro con un camion». Voleva imparare a fare il camionista! «Posso guadagnare molti soldi e girare il mondo», era solito ripetermi. L'ho lasciato andare. Mi telefonava regolarmente, infor- mandomi di tutto: com'era andato il viaggio, come si sentiva, in che città era. Erano arrivati in Spagna. Poi sono ritornati in Italia, in direzione Torino, da dove sarebbero dovuti ripartire domani per la Svizzera. In questi ultimi giorni lo sentivo
S
La scoperta delle risposte alle domande fondamentali
ESISTE UNA VITA DOPO LA MORTE?
di Giovanni M. Quinti
Questo ar ticolo di studio
è estrat to dalla dispensa n. 5

?(1) Cosa ne pensi? Come ti saresti comportato tu??(2) Credi in una vita dopo la morte?
Cosa ci sarà dopo, secondo te?
5
stanco, al telefono mi diceva che non voleva continuare.
Aveva cambiato idea. Ieri sera mi ha spiegato che avreb-
be ripreso il treno per tornare a casa. Noi siamo di Eboli.
Mi ha detto che sarebbe arrivato alle 6.30 di stamattina.
Mi sono svegliata alle 5 per andare a prenderlo. Giunta
in stazione, in testa al binario, all'arrivo del treno lo
attendo inutilmente. Francesco non arriva. Al suo posto,
invece, giungono due carabinieri che mi invitano a parti-
re urgentemente per Torino, perché è successa una cosa
grave. Non mi dicono cosa, solo che devo partire imme-
diatamente. Telefono alle mie sorelle per chiedere loro di
fare il viaggio insieme fino a Milano, dove abbiamo
cambiato per Torino. Non so cosa sia successo a mio
figlio!». Dopo questo racconto si alza e va in bagno.
Rimango con le altre due che mi guardano
con le lacrime agli occhi. La sorella confi-
denzialmente mi sussurra:
«Ho appreso da mio cognato che Francesco
è morto. Non sappiamo ancora come sia
accaduto, ma io non so come dirlo alla
madre. È da stamattina che lo so, i poliziotti
me lo hanno confessato di nascosto».
Un urlo proviene dal corridoio. Corriamo in
direzione del bagno, forziamo la porta e
troviamo la madre riversa per terra, svenuta.
Anche se nessuno gliel'aveva ancora detto,
una parte di lei sapeva che suo figlio non
c'era più. Rianimata la madre, ci siamo
abbracciati. Tutti e quattro, uno sconosciuto
con tre sorelle. Eppure, in momenti di così
grande dolore non esistono più le resistenze
provenienti dalle nostre false personalità. Il
dolore abbassa le difese e acutizza altri sensi.
In pochi minuti, le tre donne hanno sentito
che potevano fidarsi di me, permettendomi
di entrare nella loro sfera più intima.
Abbiamo pianto. Francesco per me non era
nessuno, eppure in quell'istante è diventato
il mio amico più caro, il fratello più vicino, il
figlio più desiderato. Ho abbracciato la
madre, accarezzandole i capelli. L'ho guar-
data negli occhi e le ho comunicato che
doveva prepararsi al peggio. Le sorelle erano
terrorizzate da questa mia rivelazione, ma la
madre abbassando lo sguardo le ha sorprese
dicendo: «Lo so». Intanto il nostro treno era
ormai entrato nella stazione di Torino Porta
Nuova
•. (1)
Tutti noi abbiamo amici, fratelli, figli. Francesco, domani,
potrebbe avere il nome di uno dei nostri cari.
Ma in fin dei conti cos'è l'esistenza umana?
Francesco, adesso, dov'è?
Per il cattolicesimo la vita dopo la morte è la resa dei
conti. Se hai fatto del bene, meriterai il Paradiso, se hai
fatto del male, l'Inferno; altrimenti c'è il Purgatorio,
creato dai teologi per permetterci di espiare i peccati fatti
in terra. La dottrina del Purgatorio, in realtà, fu conside-
rata come dogma nel Concilio di Firenze del 1439.
Nel Vangelo non v'è neanche una parola che accenni al
Purgatorio come è insegnato
dalla Chiesa, né prima lo si
considerava un'alternativa.
Grazie a quest'invenzione è
stato possibile avviare la
raccolta di fondi per le indul-
genze o messe per le anime del
Purgatorio dietro compenso e
la relativa costruzione della
Basilica di San Pietro e della
Città del Vaticano.
Ogni religione ha un modo
differente di interpretare la vita
dopo la morte: c'è chi crede
nella reincarnazione, chi in un
Paradiso fatto di donne e
giovinetti bellissimi, chi invece
nella resurrezione in un Regno
millenario paradisiaco. (2)
?
di Giovanni M. Quinti
Le domande fondamentaliEsiste una Vita dopo la morte?

?
(3) Sapevi che il termine "Regno dei Cieli"
indicava qualcosa di molto preciso?
Cosa, secondo te?
Nell'ermeneutica
junghiana la "Rubedo"
è il raggiungimento
della "Totalità", l'ultima
tappa dell'Alchimia,
l'Opera in Rosso o
Dorata, dove si
raggiunge il
"corpo di diamante".
6
La posizione di Gurdjieff su questo argomento è descrit- ta nel libro "Incontri con Uomini Straordinari" quando, parlando con suo padre, fa dire a questi:
«L'anima che la gente attribuisce all'uomo, e della
quale si pretende che, dopo la morte, prosegua un'esistenza indipendente e che trasmigri [...] ebbene, io non ci credo. Eppure qualcosa si costrui- sce nell'uomo nel corso della sua vita, su questo non ho alcun dubbio. Me lo spiego così: l'uomo nasce con una facoltà grazie alla quale alcune esperienze producono in lui, nel corso della sua vita, una sostanza definita, e a partire da questa sostanza a poco a poco si forma quel qualcosa che è suscettibile di acquistare una vita quasi indipendente dal corpo fisico. Dopo la morte, questo qualcosa non si altera insieme al corpo fisico, ma soltanto più tardi, una volta che si è separato da questo corpo».
(G.I. Gurdjieff, Incontri con Uomini Straordinari ,
Adelphi, Milano 1993)
Gurdjieff suppone che ciò che rimane dopo la morte sia stato costruito e fatto crescere coscientemente durante la vita, e che si separi dal corpo deperendo più lentamente
di esso. Quest'idea possiamo ritrovarla anche nei Vange- li, pur senza il concetto del lento deperimento successivo, che invece è una personale aggiunta di Gurdjieff all'idea evangelica.
L'obiettivo del percorso tracciato dal maestro Gesù era
quello di conoscere il Regno dei Cieli. Oggi alcuni teolo- gi interpretano questo Regno dei Cieli come il Paradiso, un luogo futuro di serenità e pace.
Eppure, studiando i Vangeli, ci accorgiamo che questa visione è superficiale e affrettata.
Cos'è questo "Regno dei Cieli"? E perché si afferma che Gesù predicava il "Van- gelo del Regno"? (Cfr Matt. 9:35).
Nello stesso Padre Nostro si afferma: «Venga il Tuo Regno».
Si sta parlando del Paradiso o di una vita dopo la
morte? (3)
Leggiamo insieme le parole di Gesù sul Regno dei Cieli, che potranno aiutarci a comprendere meglio.
«Il Regno dei Cieli è dentro di voi». (Luca 17:21)
Il Regno dei Cieli, quindi, è una realtà psichica interiore.
Ma di quale realtà stiamo parlando? Come possiamo descriverla?
Altri versetti potranno aiutarci a chiarire i nostri dubbi:
«Il Regno dei cieli è simile ad un granello di
senape che un uomo semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi; ma quando è cresciuto è maggiore dei legumi e diviene un albero; tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami».
(Mt 13:31,32)
Gesù si avvicina al concetto gurdjieffiano di sostanza "costruita e fatta crescere". Questa forza, presente origi- nariamente in forma germinale, diventa enorme e si trasforma in qualcosa di diverso. Il Regno dei Cieli è, per i cristiani dei primi secoli, un processo psichico, e il corpo umano il luogo dove esso si verifica.
?
?
?
di Giovanni M. Quinti
Le domande fondamentaliEsiste una Vita dopo la morte?

Elisabeth Kübler-Ross
(Zurigo, 8 luglio 1926 –
Scottsdale, 24 agosto 2004) è
stata un medico, psichiatra e
docente di medicina compor-
tamentale svizzera.
Viene considerata la fonda-
trice della psicotanatologia,
ed uno dei più noti esponenti
dei death studies.
?(4) Prova a rispondere tu stesso a questa
domanda.
?
?
di Giovanni M. Quinti
7
Le domande fondamentali
Esiste una Vita dopo la morte?
Continuiamo ad analizzare qualche altra frase pronun- ciata da Gesù su quest'argomento:
«Il Regno dei Cieli è simile al lievito che una
donna prende e nasconde in tre staie di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».
(Mt 13:33)
Cos'è quest'elemento esterno che dev'essere
inserito nella farina e crescere? (4)
In quasi tutte le religioni esso è presente, pur con nomi diversi. Per i musulmani è la Baraka, per i cristiani lo Spirito Santo, per i buddisti l'Illuminazione. Anche se con sfumature teologiche diverse (tanto diverse che a qualcuno dei miei lettori potrà sembrare assurdo vederli accomunati), questi elementi procurano uno stato rinno- vato di coscienza che trasforma l'individuo e lo rigenera.
Per noi della Quarta Via quest'elemento è descritto nei Frammenti:
«... queste sostanze possono essere introdotte nell'organismo dal di fuori, se si sa come fare [...] come una piccola pillola che contiene tutte le sostanze richieste».
(P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento
sconosciuto, Astrolabio, Roma 1976, pag. 60).
Attraverso esercizi specifici e uno stile di vita adeguato, l'uomo nella Quarta Via costruisce in se stesso il Regno dei Cieli, quell'elemento di risveglio che potrà separarsi dal corpo fisico dopo la morte. Le esperienze che defini- scono in lui tali "sostanze" adeguate sono quelle che aprono la sua coscienza alla visione della realtà oggettiva. Ogni volta che riesce a fondersi con la mente oggettiva, ogni volta che viene da essa rapito, egli costruisce se stesso in un mondo aldilà di questo, riscoprendo il Regno dei Cieli in se stesso.
In che modo si può riconoscere tale elemento? Solo chi entra a far parte di una scuola di Quarta Via lo può costruire correttamente?
Per rispondere a queste domande desidero avvalermi dell'esperienza della dottoressa Elisabeth Kübler-Ross, medico svizzero che per tutta la vita ha accompagnato migliaia di persone nel loro momento più importante: la morte. Secondo la dottoressa esistono fasi precise che un moribondo attraversa poco prima di morire. Queste fasi
possono durare giorni, ore o anche pochi minuti; tutto dipende dallo stato di coscienza e dalla consapevolezza della propria morte, dal tipo di malattia sofferta e dalla psicologia del morente.
Riassumiamo velocemente queste fasi:
1. Negazione
Nella prima fase il morente nega a se stesso il fatto di
essere vicino alla morte.
2. Rabbia
Nella seconda fase, egli si oppone, lotta contro di essa.
3. Baratto
La terza fase si chiama la fase del "baratto", cioè
l'individuo inizia a fare un contratto con Dio, che
può essere di qualsiasi natura o tipologia. Un esem-
pio è il seguente: «Se mi permetti di vivere ancora un
poco, ti prometto che smetterò di ingiuriarti!».
4. Depressione
Nella quarta fase, il soggetto entra in quella depres-
sione che è il preludio alla quinta e ultima fase.
5. Accettazione
La quinta fase è quella dell'accettazione profonda e
consapevole, nella quale la persona morente sente il
bisogno di prepararsi, anche in solitudine, alla
propria morte.
Raggiungere quest'ultima fase vuol dire aver
imparato a "morire bene", avere la forza e il
coraggio di abbandonare questo corpo fisico
per fare l'esperienza suprema, la più importan-
te per una persona. Eppure, raggiungere la
quinta fase non è da tutti.

?
(5) Quando ti ricordano della tua mortalità tendi
ad accettarla o a fare gli scongiuri?
?
(6) Hai perduto delle persone care?
Come hai vissuto quei momenti, con rabbia o
accettazione?
8
di Giovanni M. Quinti
Le domande fondamentaliEsiste una Vita dopo la morte?
Nella mia vita ho avuto modo di collaborare come volon- tario con diversi centri specializzati che assistono malati terminali di diverso tipo, con patologie diverse e di diffe- renti estrazioni sociali. In questi anni di esperienza mi sono reso conto che solo pochissimi riescono ad arrivare alla quinta fase. Moltissimi muoiono in una delle fasi precedenti.
«Ho ancora molto da vivere e da sperimentare! Perché Dio mi vuole portare via così presto?».
Frasi di questo genere le ho sentite ripetere molte volte:
la morte è un evento a cui non siamo preparati, perché presuppone una capacità suprema di abbandono. I nostri studi, la nostra preparazione teologica, le nostre strategie personali non funzioneranno in quel momento: raggiun- gere la quinta fase sarà possibile solo lasciandosi andare, imparando a fondersi nel tutto. Credo che il lavoro su se stessi debba essere un allenamento mirato a che questa quinta fase si realizzi; un allenamento precedente, volon- tario e desiderato. (5)
Lavorare su se stessi è prepararsi a morire. Qualsiasi
lavoro che conduca a questo, da qualsiasi filosofia o
religione provenga, sarà utile perché nel cuore si realizzi
la capacità di "lasciar andare".
La lotta contro la personalità e l'attaccamento, la non
identificazione, il maestro, la scuola, sono tutti strumenti
utili affinché l'allievo possa prepararsi alla grande lezione
finale.
Perché è così importante morire nella quinta
fase?
Quando la mente è allenata alla non lotta, quando è
capace di lasciarsi andare e ha costruito in se stessa un
elemento superiore che non si identifica solo con gli
eventi esteriori, vivrà la morte con un livello di coscienza
diverso da colui che lotta contro di essa.
Vedere qualcuno morire nella rabbia, nella paura o nel
rifiuto è un'esperienza che rimane impressa nella mente
di chi la vive. Ho visto moribondi imprecare Dio,
pronunciare parole di odio contro il mondo, morire nella
percezione di un nemico da combattere, nella lotta
implacabile. La loro rabbia era elevatissima, non li sfiora-
va nemmeno il pensiero che quello stato di debolezza
potesse trasformarsi in una possibilità di crescita. Altri si
chiudevano in un silenzio totale e non desideravano più
vedere nessuno. (6)
Sono personalmente convinto che tutti coloro che muo-
iono con tali emozioni dissipano il potere fecondo dell'a-
nima. In un certo modo sono già morti prima di morire.
Il Vangelo ci porta l'esempio dei due ladroni crocifissi
accanto a Gesù. Il primo lo beffeggia dicendo:
«...se tu sei davvero il figlio di Dio, liberaci da
queste croci».
Il secondo, invece, muore nel riconoscimento dei propri
errori e afferma:
«Perché parli cosí? Noi siamo peccatori, ma lui è
crocifisso ingiustamente».
(Lc 23:37-43).
Cosa distingue questi due atteggiamenti?
Il primo è nella fase del rifiuto, il secondo in quella
dell'accettazione di se stesso e del proprio stato. A costui
Gesù risponde:
«Oggi tu sarai con me in Paradiso».
?
?

(7) Stai preparandoti ad affrontare l'unico
momento che non potrai evitare nella tua vita?
?
Quel Paradiso Gesù già lo vedeva negli occhi del
condannato perché, quando si muore, non si può andare
molto più lontano di dove già ci si trova. Ogni volta che
una persona muore nel perdono, nell'apertura e nell'amo-
re si vive un'esperienza meravigliosa. Si percepiscono
cose che descrivere significherebbe solo ridurre. Mi ricor-
do ancora quanto era bello andare a trovare P., un malato
di cancro in fase terminale. Nonostante i suoi forti
patimenti, aveva per tutti un sorriso e una frase amiche-
vole. Lui è per me l'esempio di cosa significa "morire
nella quinta fase", nella piena accettazione amorosa del
limite esistenziale. Mi hanno riferito che, al momento
della sua morte, si percepivano un profumo di rosa e una
pace profonda in tutta la stanza.
Quando, invece, ho assistito alla morte di persone
incapaci di perdonare, ho sempre visto emergere una
sofferenza profonda e ho avuto l'impressione che essa
potesse essere di ostacolo all'elevazione dell'anima.
Forse è proprio l'amore quel granello di senape
che dobbiamo imparare a far crescere in noi?
Caro Francesco, non so quanto tu abbia conosciuto te
stesso, quanto abbia amato e perdonato. Non so nemme-
no se durante la tua fine hai avuto paura e quanto eri
riuscito a lasciarti andare nelle mani della fredda Signora.
Spero solo che ti arrivi, ovunque tu sia, la mia gratitudine
per aver destato in me tanto affetto nei tuoi confronti,
attraverso le parole di tua madre, le sue lacrime e i suoi
ricordi. Spero che ti giunga un po' del mio affetto, perché
è solo questo che può vincere la morte e superare le
barriere dell'eterno.(7)
A presto, G.M.Q.
?
9
Le domande fondamentali
Esiste una Vita dopo la morte?
Il sonno e il risveglio sono due stati vitali, che si dif ferenziano per il livello di coscienza. Nel primo, risulta praticamente inesistente. Nel secondo, la sua influenza lascia un segno. Nonostante ciò, in entrambi i casi, ci si riferisce non solo alla dimensione fisica della persona, ma anche alla sua dimensione psicologica e spirituale, che è molto più determinante. Quando qualcuno vive addormentato, si trasforma in un essere meccanico. Può godere del successo, richiamare l’attenzione della società, avere un’agenda senza spazi vuoti, ma gli
sfuggono le cose essenziali. Essere cosciente costituisce un’altra realtà che è vincolata ai sensi, e germoglia nell’ interiorità della persona…
Le gocce di articoli, che ho scritto e pubblicato a ritmo
mensile per la dispensa di studio specializzata La Quarta
Via, hanno riempito la tinozza di un progetto editoriale
de La Teca. Tutti gli articoli, in un modo o nell’altro, sono
al servizio del risveglio e stimolano alla vita cosciente. Si
prefiggono di of frire i codici che ci permettono di
accedere al risveglio interiore.
Nella raccolta degli articoli che formano questo volume,
la riflessione scorre spesso, però non sempre, sul filo del
pensiero di Gurdjief f. Il mio approccio è interdisciplinare
e qualsiasi realtà della vita quotidiana può essere un
pretesto per la riflessione e il lavoro personale.
216 pagine
Prefazione di
Giovanni Maria Quinti
Paperback
Disponibile in: ESP_ITA
13,50 €
Codici di risveglio interiore
La trasformazione di sé verso la verità,
l’amore e la libertà.
Lluís Serra Llansana
ISBN: 978-84-937668-3-2
Saggistica
www.gurdjieff.es
Edizioni

siste Dio?
Questa domanda è la più importante di tutte.
Filosofi, teologi e pensatori si sono dibattuti per
secoli nel tentativo di dare una risposta. I pareri
sono fra i più discordanti: chi sostiene che Dio
esiste, chi invece no, chi arriva ad odiarlo
per aver creato un mondo caotico e di
sofferenza e chi invece gli dona tutta
la propria vita.
(1)
10
E
Le risposte del Sistema alle domande fondamentali
?(1) Qual è la tua posizione in proposito?
DIO dobbiamo crederci?
di Giovanni M. Quinti
Questo ar ticolo di studio
è estrat to dalla dispensa n. 15

?(2) Cosa pensi di questa affermazione di
Pascal?
11
Un uomo che segue la Quarta Via deve credere
in Dio?
Una delle scoperte più importanti che hanno fatto i
nostri lettori, sin dai primi numeri di questi quaderni, è
che Ouspensky, il più noto allievo di Gurdjieff, si è sepa-
rato da quest'ultimo proprio a causa di tale questione.
*
Egli, ancora prima di incontrare G., manifestava gran-
dissime resistenze per tutto ciò che era minimamente
connesso al concetto "Dio" (nella dispensa n. 14 prece-
dente abbiamo motivato attriti di questo genere come
codici errati introiettati dal Centro delle Prime Forme).
«Che esistessero scuole non potevo dubitarne. Ma
dovevo ancora convincermi che le scuole di cui
avevo sentito parlare e con le quali avrei potuto
entrare in contatto non erano per me.
Erano di natura religiosa o di carattere
semi-religioso e di tono evidentemente
devozionale. Non mi attiravano...».
(P. D. Ouspensky, Frammenti di un
insegnamento sconosciuto, Astrolabio,
Roma 1976, pag. 9).
Gurdjieff suppone che ciò che rimane dopo
la morte sia stato costruito e fatto crescere
coscientemente durante la vita, e che si
separi dal corpo deperendo più lentamente
di esso. Quest'idea possiamo ritrovarla
anche nei Vangeli, pur senza il concetto del
lento deperimento successivo, che invece è
una personale aggiunta di Gurdjieff all'idea
evangelica.
«“Ma voi come avete studiato?”» chiese
Ouspensky a Gurdjieff. “Io non ero
solo. Vi erano ogni tipo di specialisti fra
noi. Ognuno studiava secondo i metodi
delle propria scienza particolare. Dopo
di che, quando ci si riuniva, ci comuni-
cavamo i risultati ottenuti”. “E ora dove
sono i vostri compagni?” Gurdjieff
restò silenzioso, poi, guardando lonta-
no, disse lentamente: “Alcuni sono
morti, altri continuano i loro lavori,
altri sono in clausura”. Queste parole del linguaggio
monastico, sentite in un momento così inatteso, mi
fecero provare uno strano senso di disagio».
(Op. cit. pag. 21 grassetto mio)
Gurdjieff, nonostante ciò, non ebbe problemi a lavorare
con Ouspensky, perché nella Quarta Via non è richiesta
alcuna forma di "fede" a priori. Il suo, e nostro, messaggio
non è rivolto esclusivamente a chi ha fede; ma anche a
coloro che una fede non l'hanno e desiderano fare un
percorso esperienziale in tale direzione. Il nostro ambito
di lavoro è squisitamente psicologico e, sotto questo
profilo, la fede diventa un fatto assolutamente personale.
E allora perché Ouspensky ha sentito la necessi-
tà di separarsi da G. proprio a causa di quest'ar-
gomento?
Perché G. «... ESIGEVA dai
suoi allievi l'osservanza DI
TUTTI i riti E DI TUTTE LE
CERIMONIE della Via Reli-
giosa»? (pag. 413)
Come può conciliarsi tutto
questo con quanto abbiamo
poc'anzi affermato?
La Quarta Via non offre una
risposta alla domanda d'apertura
a quest'articolo. Sotto questo
profilo coincide perfettamente
con il pensiero di Pascal (1623 -
1662): «non siamo in grado di
sapere né cosa [Dio] sia, né se egli
esista... La ragione non può dare
una risposta. Siamo separati da
un caos infinito». (2)
Non è sua intenzione voler dibat-
tere sulle annose questioni di chi
ha creato il mondo, se avverrà un
secondo ritorno di Cristo o se
"Adamo è stato creato o meno
con l'ombellico".
Tutti questi temi li lasciamo ai
teologi e alle opinioni personali
di ciascuno.
Da questo punto di vista, quindi, la
Quarta Via non si accosta alla
religione, né si pone i medesimi
?
?
di Giovanni M. Quinti
Le risposte del Sistema alle domande fondamentaliDio: dobbiamo crederci?
*Nel quaderno di studio nª14,
spieghiamo le problematiche
di questo tipo, come i codici
scorretti introdotti per
il Centro delle Prime Forme.

?
(3) In che modo ti applichi nell’esercizio del
Ricordo di te? Quali esperienze hai fatto finora?
?
(4) Prova a fare questo esercizio, mentre leggi
queste parole immagina qualcuno che,
dall’esterno, ti osserva. Alzati e fai una passeg-
giata intorno alla stanza, impegnandoti in una
qualsiasi attività e mantieni su questo Terzo
Punto l’attenzione. Quali sono le tue considera-
zioni? Cosa hai sperimentato?
12
interrogativi. Eppure esistono aspetti su cui la Quarta Via e la religione sembrano somigliarsi ed alcune sue scuole, addirittura, utilizzano esercizi identici a "cerimonie e riti della Via religiosa". Cerchiamo di capire il perché.
Come abbiamo già detto più volte l'uomo è completa- mente frammentato, schiavo di una moltitudine di io che lo imprigionano e non gli permettono di essere uno. La Quarta Via ha come obiettivo lo sviluppo di un Io stabi- le, centrale e definitivo. Per raggiungere tale scopo usa il "ricordo di sé".
«Solo cominciando a ricordarsi di sé, l'uomo può
realmente svegliarsi. Intorno a lui, tutta la vita assumerebbe allora un aspetto ed un senso diffe- renti. Egli la vedrebbe come una vita di gente addormentata, una vita di sonno. Tutto ciò che la gente dice, tutto quello che fa, lo dice e lo fa nel sonno. Nulla di questo può avere il minimo valore. Solo il risveglio e ciò che conduce al risveglio, ha un valore reale».
(Op.cit. pag. 159)
(3)
Il ricordo di sé, e l'accrescimento di tale ricordo, dovreb- be diventare mèta centrale per un allievo della Quarta Via. Quando Ouspensky tentò le prime volte di ricor- darsi di sé, comprese che era assai simile ad una "atten- zione divisa" (op. cit. pag. 134).
L'uomo ordinario presta meccanicamente attenzione solo a ciò che lo circonda o solo a se stesso. Sforzandosi consapevolmente di ricordarsi di sé, la sua attenzione è
rivolta contemporaneamente all'oggetto osservato e a se stesso che osserva. Per molto tempo fu questo il lavoro di Ouspensky e, grazie ad esso, egli poté fare numerose esperienze di risveglio.
Eppure l'esperienza ci insegna che esistono diversi livelli
di ricordo di sé e che quello utilizzato da Ouspensky è
solo uno dei livelli iniziali. Ricordiamoci, nel caso ve ne
fosse bisogno, che il ricordo di sé deve diventare una
caratteristica stabile dell'essere. E per fare in modo che
questo accada abbiamo bisogno di nuovi strumenti che
possano incidere potentemente sul C.P.F. radicandolo
(vedi dispensa n. 14). Solo in tal modo potrà divenire la
base dalla quale elevarsi al piano che Gurdjieff definisce
"coscienza obiettiva". (op. cit. pag. 157)
In molte occasioni vengono a trovarmi allievi di scuole
ouspenskyane che, dopo vari anni di tentativi di ricordo
di sé con il metodo descritto da O., si lamentano di non
riuscire a consolidarlo. In questi casi è necessario farsi
aiutare da strumenti più evoluti già ampiamente utilizza-
ti nelle scuole.
Un allievo di Ouspensky, Rodney Collin, percepisce
deduttivamente tutto questo, infatti scrive nel suo
"Influenze Celesti":
«Il fatto è che sebbene sia straordinariamente
difficile dividere la propria attenzione in due, è
molto più possibile dividerla in tre. Sebbene sia
estremamente difficile ricordarsi di sé e dell'am-
biente simultaneamente, può essere possibile
ricordarsi di sé e del proprio ambiente alla presen-
za di qualcos'altro... Qual è questo terzo fattore
che deve essere ricordato?... Ogni persona deve
comprenderlo da sola...».
(Op.cit. pag. 234, 235)
L'esercizio del ricordo di sé condotto nelle scuole acqui-
sisce la forma del "ricordo di Dio". Ed è proprio su
questo punto che la Quarta via assomiglia esteriormente
alla religione..
Ma nella sostanza il suo approccio è differente. Mentre il
religioso dà per scontato che Dio esiste tale e quale egli
lo percepisce o nel modo in cui le Scritture lo presentano,
l'allievo della Quarta Via non è certo di nulla. Il suo
scopo è consolidare il ricordo di sé e scopre che l'imma-
gine di un Dio esteriore potrà aiutarlo in questo. (4)
di Giovanni M. Quinti
Le risposte del Sistema alle domande fondamentaliDio: dobbiamo crederci?

?(5) Scrivi su una lavagna o su un foglio una
sintesi dei diversi livelli di Ricordo di sé cercando
di penetrarne il senso profondo e le diverse fasi.
A cosa le colleghi?
Cosa ti viene in mente?
!!
!!
di Giovanni M. Quinti
13
Le risposte del Sistema alle domande fondamentali
Dio: dobbiamo crederci?
Il ricordo di sé non può rimanere semplicemente uno sforzo cognitivo o sensoriale. Per stabilizzarsi ha bisogno di una proiezione esteriorizzata, particolarmente viva, che gli permetta di elevarsi a qualità più sottili. Dio, per l'uomo che sceglie la Quarta Via, deve essere necessaria- mente visto ed immaginato fuori di sé, come un essere a sé stante, definito e personale. Solo in questo modo egli avrà la capacità di costruire con tale figura un rapporto definito, preciso, peculiare, comunicativo. Ed è proprio da questo punto che iniziano nuove dimensioni di Lavoro.
Il ricordo di sé è continuamente alimentato attraverso
tale rapporto, che deve evolversi e stabilizzarsi secondo
metodi precisi. A questo punto del percorso all'allievo
non interessa sapere se Dio esiste o meno. Sa, però, che
esiste un infinito che lo
circonda, un tempo eterno
ed uno spazio senza limiti
che non può contemplare
per quello che è. Siamo
esseri limitati e, come tali,
possiamo comprendere
appieno solo ciò che ci è
simile. Per questo, egli
limita in un segno immagi-
nato ciò che è fuori dalla
sua portata, dà una forma
al "senza forma". Sa che la
sua idea di Dio è fallimen-
tare e, per questo, non
sarebbe mai capace di alcuna forma di contesa religiosa.
Ma sa anche che per ricordarsi di sé deve imparare a
sentire l'infinito intorno a lui e, per farlo, fissa un punto
preciso che lo rappresenti. Il ricordo di sé non è, come
afferma Ouspensky, semplicemente una "doppia perce-
zione" di se stessi e del mondo. Questa tecnica è adatta a
chi è agli esordi del Lavoro ed io stesso la utilizzo quando
conduco gruppi di neofiti.
Esistono, in realtà, sette livelli di ricordo di sé.
S'inizia a far sperimentare all'allievo il ricordo di sé più
semplice per lui da comprendere, per il periodo necessa-
rio a che esso evolva a livelli avanzati. Naturalmente tali
"evoluzioni" sono consequenziali allo sviluppo dell'allie-
vo, in una condizione di "lavoro oggettivo" (con questo
termine intendiamo un lavoro condotto secondo i criteri
tradizionali: all'interno di una confraternita, con un
maestro e degli obiettivi precisi).
I livelli di ricordo di sé sono i seguenti:
ff Ricordo di sé in relazione allo spazio esteriore, dividen-
do l'attenzione fra me e l'oggetto che osservo. (Uomo 1)
ff Ricordo di sé attraverso la percezione emozionale di
me e del mondo che mi circonda. (Uomo 2)
ff Ricordo di sé attraverso l'immagine visualizzata di un
terzo punto che si distingue da me e dal mondo.
(Uomo 3)
ff Ricordo di sé attraverso la costruzione di un rapporto
costante e ambivalente fra me, il mondo circostante e il
Terzo Punto (Dio).
ff Ricordo di sé attraverso la fusione con tale terzo punto
fino a giungere ad osservare
esternamente me stesso e il
mondo. (Visione oggettiva)
ff Ricordo di sé attraverso la
profondissima fusione interio-
re con il Terzo Punto (Dio)
fino alla totale padronanza di
sé, da cui deriva la partecipa-
zione cosciente al “gioco del
mondo”.
ff Ricordo di sé attraverso la
totale percezione che il
mondo, se stessi e il Terzo
Punto (Dio) sono una medesima cosa.
(5)
Gli "stati di ricordo di sé" si compenetrano e
ciascuno è preludio a quello successivo.
Ci si rende subito conto su quale grado di ricordo di sé
ha lavorato Ouspensky. Egli, dopo aver fatto esperienza
del primo o forse del secondo livello, si arenò:
«... sentivo che, malgrado tutti i miei sforzi, resta-
vo incapace di 'ricordarmi di me' anche per un
brevissimo spazio di tempo. All'inizio avevo
creduto che qualcosa fosse possibile, ma in seguito
persi tutto...».
(Op.cit. pag. 276)

?
(6) Che cos’è la Terza Forza? In che modo puoi
collegarla a “Dio”?
?
(7) Gurdjieff, in un’occasione, diede ad un suo
allievo un esercizio simile. Costui doveva contare
da uno a dieci e poi da dieci a uno proprio mentre
conduceva le sua mansioni ordinarie.
Cosa ti fa pensare un‘esercizio simile?
A cosa può servire? Che risultati può raggiungere?
14
di Giovanni M. Quinti
Le risposte del Sistema alle domande fondamentaliDio: dobbiamo crederci?
Quando G. gli propose un lavoro successivo, attraverso la visualizzazione di un Terzo Punto superiore e trascen- dente, egli decise di allontanarsi.
In quella medesima occasione Ouspensky e G. ebbero un
colloquio che fa capire che G. attendeva il momento per
chiarire i passi successivi e la natura del Lavoro svolto da
Ouspensky. Queste "attese" sono sempre determinate dal
fatto che il maestro avverte che l'allievo non è ancora
pronto ad accettare alcuni aspetti dell'insegnamento per
una serie di resistenze personali.
«“Cosa vi capita oggi?” mi chiese G. “Non lo so
neppure io, risposi. Comincio semplicemente a
sentire che non si arriva a niente, o piuttosto che
io non arrivo a niente. Non posso parlare degli
altri. Ma per quanto mi riguarda, io non vi com-
prendo più e voi non spiegate più le cose com'era-
vate solito fare al principio. Sento che di questo
passo non concluderemo nulla”. “Aspettate ancora
un poco, mi disse G. Avremo ben presto nuove
conversazioni. Cercate di capirmi: finora, abbiamo
tentato di mettere ogni cosa al suo posto; presto,
chiameremo le cose con il loro nome”».
(Op.cit. pag. 277)
Ouspensky non riuscì a comprendere cosa Gurdjieff
volesse dire e si chiese come “dare un nome alle cose”
avrebbe risolto la sua impasse. In realtà Gurdjieff stava
utilizzando un'allegoria per cercare di introdurre l'idea di
un nuovo livello di ricordo di sé: attraverso, cioè, l'utilizzo
di un "nome", di un'immagine esteriore precisa.
Quando l'allievo inizia a costruire l'immagine di Dio
fuori di sé visualizza simbolicamente ciò che Gurdjieff
chiama Terza Forza, «... perché non possiamo vedere
direttamente la Terza Forza. La Terza Forza è una
proprietà del mondo reale». (Op. cit. pag. 90 corsivo mio)
(6)
Nella nostra soggettività siamo continuamente sottopo-
sti a due forze: il lupo e l'agnello dentro di noi, il morale
e l'immorale, il bene ed il male. In altre parole siamo
divisi fra l'egoismo e l'altruismo, fra il mondo di dentro e
quello di fuori. Il ricordo di sé è lo strumento che
consente a tale conflitto di superarsi; è la Terza Forza che
gli permette di trascendere. Quando l'allievo della
Quarta Via inizia a ricordare se stesso attraverso i primi
due livelli descritti comprende che non può stabilizzarlo
senza avere un polo esterno dal quale osservarsi.
L'uomo fa molta più fatica ad osservare se stesso che un
altro. Su questo principio egli costruisce una lente attra-
verso la quale si guarda come dall'esterno.
L'esperienza, assai più valida di qualsiasi teoria libresca,
insegna che se l'uomo inizia a ricordare se stesso ricor-
dandosi di Dio che cammina con lui, che mangia con lui,
che lo ascolta e che lo accompagna in ogni momento,
acquisisce ulteriori strumenti di auto-osservazione di cui
prima non disponeva.
Questi strumenti sono di due tipi: alcuni di natura tecni-
ca e altri di natura emotiva. L'esempio di uno strumento
tecnico è quello assegnato all'interno della nostra confra-
ternita: l'allievo viene aiutato a conoscere i nomi di Dio,
in lingua originale, descritti nella Bibbia. Appena vi ha
meditato per un certo periodo (e ha così scoperto alcune
caratteristiche fondamentali della Terza Forza) impara a
"recitarli segretamente" chiamando Dio con il suo nome
("chiameremo ogni cosa con il suo nome" ha detto G. a
O.). Egli apprende come sviluppare un continuo stato di
"preghiera", pur svolgendo le sue normali azioni quoti-
diane. Una parte di lui, cioè, invoca continuamente il
ricordo di sé e lo stabilisce grazie alla forte sensazione di
essere osservato dall'esterno, da Dio stesso che ode la sua
invocazione e lo raggiunge.
Questo è perfettamente in linea con le parole di Gesù:
«pregate di continuo» (Lc. 21:36), un consiglio preciso
per stabilizzare il ricordo di sé. (7)
Quando l'allievo ha fatto di tale figura esteriore un

(8) Rifletti su questi ultimi due periodi e cerca di
“sentirne” il significato.
?
Quando l'allievo ha fatto di tale figura esteriore un
elemento definito cui ricorre frequentissimamente può
servirsi di quegli strumenti emotivi, di natura potentissi-
ma, inaccessibili ai livelli inferiori di ricordo di sé.
Può apparire strano, ma più un uomo fa passi verso il
Reale, più viene aiutato. Le grosse difficoltà sono all'ini-
zio del cammino. Questo è confermato dalle Sacre Scrit-
ture (che per noi sono un "testo tecnico" di lavoro su di sé
assolutamente straordinario, attendibile e verificabile):
«Io vi dico che a chiunque ha sarà dato; ma a chi
non ha sarà tolto anche quello che ha». (Lc. 19:26)
Quando l'allievo ha stabilizzato la sua
percezione di Dio, per incrementarla,
può iniziare a comunicare spontanea-
mente con lui, a cercarne la compa-
gnia. Può iniziare, cioè, un meravi-
glioso processo di innamoramento di
Dio.
Corredato di un tale amore penetrante,
il ricordo di sé non potrà più essere un
fenomeno sporadico. Questo è il punto
di non ritorno e l'ascesa è certa e conse-
quenziale. A questo livello l'allievo fa
esperienze che smettono di essere
soggettive. Accadono in lui ed intorno
a lui avvenimenti straordinari, "miracolosi" e oggettivi. Egli
inizia a verificare che tale Dio "immaginato", "pensato" e
"costruito", ha una sua corrispondenza superiore e oggetti-
va.
Comprende che esiste un'attinenza strettissima fra il
cosmo psichico e quello esteriore; che la costruzione del
Padrone dell'universo interiore (l'Io) lo pone in contatto
con il "Padrone dell'Universo esteriore". (8)
Ma di questo è inutile parlare ora, cadremmo nell'errore
di fare supposizioni su cose che non conosciamo. Lo
stesso Gurdjieff evitava aspramente di parlare di ciò che
può essere solo vissuto e sperimentato.
La Quarta Via è esperienza e non teoria. Numerose volte
monsieur Gurdjieff parla indirettamente dei diversi
livelli di ricordo di sé e dell'utilizzo dell'immagine divina
come strumento massimo per stabilizzarlo.
Un esempio di questo lo troviamo nel suo libro "La Vita
?
15
è Reale solo quando Io Sono". Lo stesso titolo del libro
ha più livelli di significato (ben sette). Uno di essi è "La
vita è Reale solo quando Dio" perché "Io sono" in ebrai-
co si traduce "He he ye" che è la radice di molti nomi
divini. Non solo, quando Dio si presenta a Mosè che gli
chiede quale sia il suo nome, Egli risponde:
«Dirai così ai figli d'Israele: L'IO SONO mi ha
mandato da voi». (Es. 3:14)
Nel libro di Gurdjieff esiste una breve parte stranamente
e ingiustificatamente in corsivo. Gurdjieff ha affermato
che alcuni testi scritti da maestri del passato erano validi
solo per qualche riga o pagina e che tutto il resto era
scritto solo per interessare gli scioc-
chi o i perditempo.
Solo chi aveva le chiavi di lettura
giuste avrebbe trovato il necessario e
gettato via il resto.
E se anche Gurdjieff avesse
adottato un metodo simile?
Invito il lettore a recuperare tale
libro e a rinvenire la succitata parte.
Troverà, probabilmente, molte
attinenze con quello che abbiamo
scritto finora e, forse, potrà anche
comprendere qual era la risposta di Gurdjieff alla nostra
domanda iniziale.

di Giovanni M. Quinti
Le risposte del Sistema alle domande fondamentaliDio: dobbiamo crederci?
Vuoi studiare con noi?
Gli articoli di questa dispensa vengono letti,
studiati ed approfonditi dai Gruppi di Studio LA TECA presenti in Italia. Se desideri partecipare manda una richiesta a: [email protected]
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gurdjieff.es

Il libro di Andrea De Leo accompagna il lettore nel mondo losco di Eraclito,
presentando alcuni dei suoi più importanti aforismi, seguiti da un commento e da una
spiegazione che ne fanno un vero e proprio manuale di meditazione. L’originalità di
questo testo è data dal fatto che l’autore si propone di ripensare la los eraclitea
alla luce di un altro insegnamento iniziatico, quello del maestro armeno G. I.
Gurdjieff, conosciuto come la Quarta Via.
Non aspettatevi un semplice saggio accademico sullaosoa.
Seguendo i principi delle opere losche dell’antichità, il cui era di formare gli
animi, piuttosto che di informarli, con questo libro l’autore si propone di tracciare
l’inizio di un percorso iniziatico in grado di favorire una trasformazione interiore
nel lettore che si accinge alla lettura di queste pagine.
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Eraclito alla luce del pensiero di G.I. Gurdjieff
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Eraclito alla luce del pensiero
di G.I. Gurdjieff
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ff Settembre 2011
Saggistica
George Ivanovich Gurdjief f: nacque nel
1869 ad Alexandropol (Armenia russa) ed è
uno dei pochi riconosciuti grandi maestri
occidentali vissuti nel secolo scorso. Dopo
una giovinezza passata viaggiando e
studiando culture diverse allora sconosciute,
si dedicò interamente al lavoro sulla
consapevolezza, intesa come mezzo per
svegliare l'uomo dagli automatismi quotidiani
per fargli riemergere potenzialità latenti.
Eraclito: è stato un filosofo presocratico
vissuto a Efeso fra il 520 e il 460 a.C., il quale,
a causa del suo linguaggio par ticolarmente
ermetico, fu soprannominato skateinos,
l'Oscuro. I suoi aforismi, per i più incomprensi-
bili, si diceva avessero l’ef fet to di oltrepassare
la mente condizionata di chi fosse disposto ad
ascoltarli aprendo le por te a nuovi stati di
coscienza. Dell’opera di questo pensatore
sono giunti fino a noi 100 Frammenti.
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16
Approfondimenti del Sistema della Quarta Via
PERCHÉ iniziare a LAVORARE su di sé?
di Anna Di Giandomenico
Questo ar ticolo di studio
è estrat to dalla dispensa n. 8
?
Da poco, una persona che mi conosce in profondità, mi ha scritto: «Devi rattristarti soprattutto
perché la vita è nostalgia e ci sarà una fine ai tuoi giorni... Questo è l'unico dolore proficuo».
Questo invito a mettere a fuoco la realtà della morte fisica, per interrogarmi sulla mia vita attuale,
mi ha portata a ripensare quando, fin da bambina, investigavo sul senso della vita. Mi chiedevo:
«Possibile che l'esistenza si svolga come la trama già nota di un film tra le scene ordinarie
della vita professionale, affettiva, ludica? Esiste una meta da raggiungere? Come posso
realizzare il mio Essere? Quale il significato del dolore?». (1)
?(1) Prova a rispondere tu stesso a questa domanda.

(2) Quanto è importante, secondo te, il Gruppo
di Lavoro?
?
17
Come spendere bene l'unica vita che mi era
stata data?
Mi era stata concessa un'unica possibilità di giocare la
mia esistenza, preziosa possibilità che non avrei dovuto
sciupare.
L'incapacità di accontentarmi di un déjà vu mi ha
sospinta verso una ricerca incessante, finalizzata alla
scoperta del senso vero della vita. Anelavo a lasciare
con la mia esistenza un'orma, come la scia di luce
tracciata da un aereo nel cielo limpido del mattino
oppure una scia di essenza di rose...
Come arrivare a imprimere con il mio Essere
un'orma incancellabile? Come
evitare di accontentarmi di vivac-
chiare, dopo essere venuta al
mondo e di morire, lasciando
dietro di me solo qualche fiore,
poche lacrime di chi mi ha amato,
con la prospettiva di essere presto
dimenticata?...
Ho percepito la necessità di lavorare su
di me per aspirare alla mia trasformazio-
ne, per realizzare il mio Essere autentico.
Il lavoro su di sé può essere paragonato a
quello del minatore che scava nella
roccia per estrarne minerali preziosi.
Quanto lavoro per scavare, eliminare
strati e strati di materiale ordinario, fino
all'estrazione dei filoni d'oro che
giacciono nel ventre della terra... Per
analogia possiamo comprendere le
modalità e il senso del lavoro su se stessi.
Ogni aspetto di noi costituisce materia
prima per l'evoluzione personale. La
parte negativa di me, quella meccanica,
che vorrebbe ostacolarmi, se non addi-
rittura impedirmi di crescere, di evolver-
mi, di realizzarmi, è materia prima del
lavoro su di me.
Intraprendendo questo lavoro, con la
guida di chi si è già evoluto - senza una
direzione è impossibile conseguire un
reale cambiamento - e con l'aiuto di altri
compagni di viaggio che hanno preso la stessa decisione
di lavorare, mettendo in atto sforzi sistematici per
conseguire un'altra esistenza, ho imboccato un binario
preciso.
Infatti è quasi impossibile lavorare da soli, perché gli
altri ci fanno da 'specchio', aiutandoci a mettere a fuoco
i punti da modificare e forniscono ulteriore materiale di
lavoro su di noi. (2)
Mi vengono alla mente i primi tentativi messi in atto da
poco per imparare a praticare sci di fondo in montagna.
Ho dovuto imparare, per prima cosa, a tenermi in equi-
librio sugli sci, che scorrevano all'interno di un binario
tracciato nella neve; ho dovuto affrontare la paura che
mi investiva nell'imboccare le
ripide discese; ho effettuato
salite che richiedevano abilità
per non scivolare all'indietro;
ho imparato a rialzarmi dopo
ogni caduta... Tutto un eserci-
zio che, richiedendo concen-
trazione e sforzo, mi ha dato la
possibilità di scoprire paesaggi
di grande bellezza e di appren-
dere qualcosa di nuovo.
Il binario imboccato per il
lavoro su di me attiene proprio
alla capacità di porre in atto
sforzi coscienti e costanti,
accompagnati dalla facoltà di
soffrire volontariamente, per
non sottrarmi all'impegno
richiesto, per non fermarmi di
fronte alle difficoltà create dalla
parte di me pigra e restia ad
ogni cambiamento e dal mani-
festarsi dei miei molteplici io.
Ho sperimentato che ogni
nuova consapevolezza che si
raggiunge su se stessi, è genera-
ta e accompagnata dal dolore
delle mille morti necessarie dei
vari io che mi animavano, che
altrimenti non avrebbero
lasciato spazio all'esile piantina
della mia parte essenziale, che
si sta sviluppando. Pensiamo
all'esempio della candela, dove
lo stoppino arde a spese della
Approfondimenti del Sistema della Quarta Via
di Anna Di Giandomenico
Perché iniziare a lavorare su di sé ?
?
?

?
(3) Sei disposto a "spendere" qualcosa di te per
crescere spiritualmente?
18
cera che deve consumarsi... Senza questo spendersi,
la luce della consapevolezza e della conoscenza che
produce il cambiamento non risplenderebbe. (3)
Quante volte nel corso del lavoro ho ravvisato con
chiarezza la mia nullità, la mia meschinità e debolezze di
ogni specie; ho sperimentato, in modo evidente, le lotte
interiori tra i miei vari io, che si alternavano e si combat-
tevano, perdendo l'illusione di essere “una” interiormen-
te, sicura e coerente! Quante volte mi sono sentita preda
delle mie emozioni contrastanti legate ad opposte situa-
zioni esteriori e interne che non riuscivo a gestire e mi
sono dibattuta inutilmente nel tentativo di approdare a
decisioni consapevoli riguardanti le situazioni quotidia-
ne e le scelte necessarie da operare. Ho verificato che, se
un momento mi sembrava di essere sicura rispetto alla
scelta da operare, un attimo dopo ero attratta dalla scelta
opposta e l'istante successivo da una scelta ancora del
tutto divergente!
Più desideravo uscire dalla melma paludosa della mia
interiorità avviluppata, più vi sprofondavo. Sempre però
ho sperimentato l'azione benefica della mia guida, che
mi ha aiutata ad avanzare nel lavoro di formazione di un
Centro in me. Senza fissarmi in quell'unico Centro, sono
come una ruota che corre ubriaca a sbattere a destra e a
sinistra. La costruzione di questo Centro in me dà signi-
ficato al mio agire e al mio rapporto con uomini e cose.
Altrimenti tutto svapora e non capisco più perché vivo.
Alcuni mesi fa, dopo anni di duro lavoro svolto, in un
momento in cui mi sembrava di aver smarrito il senso
del lavoro stesso e, soprattutto il senso della mia vita, mi
è capitato di leggere un brano che mi ha restituito il
significato profondo della mia esistenza, del mio lavoro e
anche del mio dolore:
"La vita ci è data per uno scopo elevato e tutti
insieme siamo tenuti a servirlo: in ciò consiste la
nostra ragion d'essere ed il senso della nostra vita.
Tutti gli uomini senza eccezione sono schiavi di
questa 'grandezza' ".
G. I. Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote, Neri
Pozza, pag. 1015.
Ecco ho ri-compreso in maniera tutta nuova che lo
scopo elevato a cui tutti come uomini siamo chiamati è
appunto quello della trasformazione personale, della
realizzazione della parte divina del nostro Essere.
Gurdjieff scrive ancora:
«Uomo! Che nome altisonante! La parola uomo,
in sé, significa “corona della creazione”.
Ma questo titolo si addice realmente agli uomini
contemporanei?
La verità è che l'uomo, avendo in sé la possibilità
di acquisire dati perfettamente simili a quelli del
Realizzatore di tutto ciò che esiste nell'Universo,
dovrebbe essere davvero la corona della creazione.
Ma per avere il diritto di chiamarsi uomo, bisogna
essere un uomo.
E per esserlo, occorre anzitutto lavorare con
perseveranza instancabile... per acquisire una
conoscenza completa di noi stessi, lottando senza
tregua contro le nostre debolezze soggettive».
G. I. Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote, Neri
Pozza, pag. 1000.
A questo punto, qualcuno si domanderà:
«Dove trovare la chiave per acquisire una cono-
scenza completa di se stessi, per conseguire il
Approfondimenti del Sistema della Quarta Via
di Anna Di Giandomenico
Perché iniziare a lavorare su di sé ?
?

?
(4) Prima di continuare la lettura prova tu stesso
a rispondere a queste domande.
?(5) Commentate insieme la storia appena letta.
Cosa significa per ciascuno di voi?
Quali intuizioni suggerisce?
19
Approfondimenti del Sistema della Quarta Via
compimento della propria esistenza?». (4)
Leggiamo un'interessante storia chassidica, dal titolo "Là dove ci si trova", che può aiutarci a trovare la rispo-
sta:
«Ai giovani che venivano da lui per la prima volta,
Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi
Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e
anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua
fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l'ordine di
andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che
conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripeté per
la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a
piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte
dalle sentinelle ed egli non
ebbe il coraggio di scavare
nel luogo indicato. Tuttavia
tornava al ponte tutte le
mattine, girandovi attorno
fino a sera.
Alla fine il capitano delle
guardie, che aveva notato il
suo andirivieni, gli si avvici-
nò e gli chiese amichevol-
mente se avesse perso qual-
cosa o se aspettasse qualcu-
no. Eisik gli raccontò il
sogno che lo aveva spinto
fin lì dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere:
“E tu poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin
qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni!
Allora anch'io avrei dovuto mettermi in cammino per
obbedire ad un sogno e andare fino a Cracovia, in casa
di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un
tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi?
Mi vedo proprio ad entrare e mettere a soqquadro tutte
le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano
Eisik e l'altra metà Jekel!”. E rise nuovamente. Eisik lo
salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il
quale costruì la sinagoga intitolata "Scuola di Reb
Eisik, figlio di Reb Jekel».
«Ricordati bene di questa storia - aggiungeva
allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti
rivolge: c'è qualcosa che tu non puoi trovare in
alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo
in cui la puoi trovare». (5)
M. Buber, Il cammino dell'uomo, Ed. Qiqajon, 1990,
pagg. 57-58.
Riporto uno stralcio dell'interessante commento di
Buber alla storia:
«C'è una cosa che si può trovare in un unico luogo
al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare
il compimento dell'esistenza. E il luogo in cui si
trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova. La
maggior parte di noi giunge solo in rari momenti
alla piena coscienza del fatto che non abbiamo
assaporato il compimento dell'esistenza, che la
nostra vita non è partecipe dell'esistenza autenti-
ca, compiuta, che è
vissuta per così dire
ai margini dell'esi-
stenza ovunque
tranne che là dove
siamo, là dove siamo
stati posti: ma è
proprio là, e da
nessun altra parte,
che si trova il tesoro.
Nell'ambiente che
avverto come il mio
ambiente naturale,
nella situazione che
mi è toccata in sorte,
in quello che mi capita giorno dopo giorno, in
quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio
in questo risiede il mio compito essenziale, lì si
trova il compimento dell'esistenza messo alla
mia portata. ...E' qui, nel luogo preciso in cui ci
troviamo, che si tratta di far risplendere la luce
della vita divina nascosta».
Nella Prefazione del testo citato, l'autore annota
che «l'uomo per la sua crescita e per raggiungere
l'autenticità deve innanzitutto tornare a se stesso.
-“va verso te stesso”- ritrovare se stesso, raggiun-
gere il proprio destino, risalire alla sua fonte…
L'uomo deve cioè fare della sua vita un cammino,
rispondendo alla domanda: “Dove sei?” senza
tentativi di nascondimento o affermazioni di
impotenza.
Da questa prima tappa essenziale occorre pren-
dere coscienza che sta davanti all'uomo una via
particolare, sua propria...
di Anna Di GiandomenicoPerché iniziare a lavorare su di sé ?

?
(6) Commentate ciò che avete letto.
?
(7) Che cosa pensi di fare per iniziare questo
percorso verso l'Unità?
Quali scelte potranno aiutarti?
Come iniziare?
20
Approfondimenti del Sistema della Quarta Via
Nel corso del cammino, grazie alla risolutezza e
alla fedeltà, per l'uomo è possibile infatti un'unifi- cazione di tutto il suo essere, corpo e spirito. L'uomo è un essere diviso, contraddittorio, com- plicato, ma può conoscere il miracolo dell'unifica- zione mettendo la propria volontà in sinergia con la forza divina che giace nelle sue profondità. Solo l'uomo unificato può compiere l'opera intera e non operare rammendi…
E' necessario allora, per compiere l'opera grande,
iniziare da se stessi, percorrere il cammino del ritorno, e quindi raggiungere gli altri uomini con la coscienza che un uomo autentico contribuisce alla trasformazione del mondo solo attraverso la
propria trasformazione». (6)
E. Bianchi, "Prefazione", in M. Buber, Il cammino
dell'uomo, Ed. Qiqajon, Comunità di Bose Magnano, 1990, pagg. 8-9-10.
Concludo, riportando un'intensa esperienza vissuta recentemente, dopo aver praticato sci di fondo per la prima volta. Richiama alcuni passi già riportati nell'arti- colo ed esprime il cuore del lavoro su di sé.
«Una domenica pomeriggio,
ho praticato per la prima
volta sci di fondo insieme a
due amiche più esperte.
Eravamo in una pista
tracciata sul fianco di una
montagna, da cui si godeva
la bellezza di un panorama
mozzafiato.
E' stato bellissimo imparare
a tenermi in equilibrio sugli
sci; vincere la paura che mi
investiva nell'affrontare le
discese ripide; effettuare le
salite che richiedevano
abilità per non scivolare
all'indietro; rialzarmi dopo
ogni caduta, riprendendo
con tenacia... Tutto un
esercizio che richiedeva concentrazione e sforzo, ma che
mi procurava anche un grande piacere: ero a contatto con
la natura e potevo faticare per apprendere qualcosa di
nuovo. Stupendo.
Poi, tolti gli sci, ancora prese dall'ebbrezza del percorso
fatto, ci siamo sedute sulla neve, per leggere alcune
pagine interessanti sull'importanza di vivere il presente
con tutto se stessi, che, oltre a far assaporare realmente la
vita in tutte le sue sfumature, prepara a morire.
Improvvisamente, mi ha invaso la realtà della morte, non
soltanto un pensiero, ma la consapevolezza profonda di
questa realtà: ne è scaturito un sentimento di intensa
nostalgia della vita, degli alberi, della neve, dei rapporti,
di tutto... Nostalgia dei momenti vissuti che non tornano
più, dell'amore che non si può più dare... Un dolore acuto
eppur lieve mi ha invasa: ho cercato di non sfuggirlo, ma
di penetrarlo, di lasciarmene invadere, di sentirlo con
tutto il mio essere... Subito l'anima si è messa “in piedi”,
avvertendo la caducità di ogni realtà umana, eppure la
sua preziosità... Si è orientata al momento attuale, diven-
tando più presente a se stessa e a Dio». (7)

di Anna Di Giandomenico
Perché iniziare a lavorare su di sé ?
Martin Mordechai Buber 1878 – 1965:
è stato un filosofo, teologo e pedagogista
austriaco naturalizzato israeliano. Si deve a
lui l'emersione alla cultura europea del
movimento hassidim, ma soprattutto a lui si
deve l'idea che la vita è fondamentalmente
non soggettività, bensì intersoggettività, anzi
per Buber soggetto e intersoggettività sono
sincronicamente complementari e ne era
talmente convinto che non esitò ad
affermare: "In principio è la relazione".

LA CORRISPONDENZA CON I CERCATORIC
Gentile Giovanni
Una delle cose che lei mi ha chiesto nel nostro primo
incontro era come stavo con il mio compagno. Le ho
risposto che stiamo molto bene insieme e che rispet-
tiamo l'uno la vita spirituale dell'altro. Invece ora le
cose stanno cambiando. La realtà è che non riesco a
vivere molto bene il mio presente con lui. Sto assisten-
do al progressivo svuotarsi del nostro stare insieme.
Stiamo crescendo attraverso percorsi diversi, si
riducono i momenti di condivisione, si annebbiano i
contatti fisici e l'amore resta nell'aria come una sensa-
zione malinconica che non ci raggiunge. Sembriamo
entrambi consapevoli di quanto sta accadendo, ma
non riusciamo a far nulla per avvicinarci. Due colonne
dello stesso tempio. In questo momento non sento il
tempio, non vivo la partecipazione, ma l'esclusione.
Non mi sento amata e non riesco ad amare.
Quando mi "ricordo di me stessa" e mi osservo, allora
mi rendo conto che il mio star male è fortemente
legato al fatto di pensare solo a me, di sentire solo i
miei bisogni, le mie aspettative, il mio desiderio di
amore. Il ricordo di me, sentire l'infinito sopra di me, mi
porta all'altro.
L'insoddisfazione porta l'attenzione solo su di me. E
così mi arrabbio perché non ho le attenzioni di colui
che dico di amare. Come una bimba voglio sentirmi
coccolata, apprezzata e incoraggiata, se non lo sento
divento antipatica, mi immusonisco e faccio sapere
che sto male... sottointeso per colpa sua. Mi nego, mi
ritiro come una cosa preziosa che deve essere conqui-
stata. Ecco di nuovo che torno a presentarle il peggio
di me, le mie piccolezze. L.
Cara amica,
le storie d'amore, le nostre storie, sono quelle che racconta-
no meglio chi siamo. Abbiamo tanto bisogno di essere
amati, di essere coccolati, curati, incoraggiati. Abbiamo
bisogno di una persona che ci stimi e ci dica «sei grande,
coraggioso/a, luminoso/a, Ti Amo». E poi ci aspettiamo
che non ci tradisca, aspettiamo che sia sempre coerente
con ciò che dice, aspettiamo che sia esempio per noi. In
altri momenti, invece, diciamo di non aver bisogno di
niente e ci vantiamo di poter andare avanti da soli.
«Se il mio partner vuole rimanere con me, deve accettare le
mie regole». Però la verità è un'altra. Tutti noi aspettiamo
la stessa cosa. Aspettiamo che qualcuno ci ami. Si guardi
intorno: il suo vicino, la sua vicina di casa, la sua compagna
di classe o il suo collega d'ufficio. Aspettano tutti la stessa
cosa: la carezza di qualcuno di cui fidarsi. In fin dei conti
su questo si fonda il marketing, la pubblicità, il commercio.
Per sopperire a quella mancanza devi circondarti di tutto:
di una grande macchina, di una grande casa, di una
grande autorevolezza... che sia sufficientemente grande
per il tuo grande vuoto. Esso è il nostro più terribile fanta-
sma. Ma non possiamo non farci i conti, è lui il contabile
sinistro che ci insegue sempre. Possiamo fingere di non
vederlo, di non dover fare i conti con lui. Un amante dopo
l'altro, una storia dopo l'altra, ci aiuterà a procrastinare
quell'appuntamento. Fino a quando non daremo uno
"stop!" consapevole a tutto questo. Bisogna imparare ad
amare e a fare di questo lo scopo supremo. Tutti attendo-
no amore e nessuno fa il primo passo nella direzione di
dare amore. Tutti hanno paura di essere feriti e nessuno
mostra il coraggio di lasciarsi ferire. Amare è avvicinarsi
a quella ferita che sanguina ancora. Decidere di lavorare
su se stessi vuol dire iniziare a cambiare rotta. Vuol dire
decidere di rompere il vetro che nasconde l'allarme e
amare per primi.
Amare nonostante il tradimento, amare comunque.
Portare un Amore che non è il nostro, ma è l'amore di un
amore più grande. Il pensiero di Dio che mi ama non solo
mi è utile, mi è indispensabile. Sento la sua carezza, il suo
abbraccio e questo mi basta. Perché la carezza di Dio è la
carezza dell'infinito intorno a noi. La carezza del sole al
tramonto, la carezza dell'acqua che bagna i nostri piedi
alla riva di un fiume, la carezza del profumo di un fiore
che ci raggiunge e ci rallegra. Sto facendomi bastare tutto
questo, cara L. E le assicuro che questo "bastare" non è
poco. È molto di più delle mie miserie e delle mie
contraddizioni. Un caro saluto

Giovanni Maria Quinti
Gentile sig. Quinti, ho assistito ad alcune vostre
conferenze e so che la vostra scuola insiste molto
sull'importanza del maestro fisico, tuttavia non le
nascondo le mie perplessità. Ho la sensazione che il
pretesto del maestro sia un’arma a doppio taglio
basata sulla necessità dell'uomo di sentirsi parte di
un branco e di avere un capo branco cui affidare la
propria vita, evitando così di assumere la responsa-
bilità della propria. Certo può essere utile all'inizio
avere una guida, ma un maestro che non porta al
contatto con il maestro interiore che è celato in
ciascuno di noi non è un vero maestro, un vero
maestro, se fosse tale, dovrebbe a un certo punto
spingere l'allievo a staccarsi da lui, anche qualora
questi fosse reticente, anche se fosse necessario
costringerlo a calci nel sedere (si dice che Gurdjieff
Invia la tue domande/a: [email protected]
Risponde Giovanni Maria
C
RAPPORTO DI COPPIA E RICORDO DI SÉ
IL MAESTRO, BISOGNA LIBERARSENE?
22

LA CORRISPONDENZA CON I CERCATORIC
l'avesse fatto con De Hartmann) e non trattenerlo. Mi
piacerebbe sapere qual è la posizione del vostro
Istituto in merito. Cordiali saluti. P.F.
Gentile Amica,
La ringrazio per questa sua domanda, che mi permette di
affrontare un tema davvero molto importante: “la relazione
maestro e allievo”. In tutte le tradizioni, sia orientali sia
occidentali, la relazione maestro-allievo è la base su cui
avviene la trasmissione dell'insegnamento: dal sufismo
allo zen, dal monachesimo cristiano a quello tibetano,
vediamo che si riesce a raggiungere la maturità spirituale
grazie alla presenza di qualcuno che ci sostiene in tale
processo. Qui, quindi, non stiamo mettendo in discussione
l'importanza dell'aiuto che un vero maestro può dare alla
vita spirituale di una persona, quello che dobbiamo mette-
re in discussione, però, è come questa figura sia intesa dalla
maggior parte delle persone. Quando lei mi dice che un
maestro è un “capo branco”, qualcuno “cui affidare la
propria vita”, sta rappresentando un concetto del tutto
sbagliato sulla figura e sull'utilità di un maestro. Natural-
mente sto qui parlando di qualcuno che ha realmente
raggiunto uno stato superiore di coscienza, non di un
ciarlatano (e purtroppo, come anche il Cristo ci aveva
preannunciato nel Vangelo, oggi sono molti che si vantano
di essere dei profeti e dei maestri, quando in realtà non lo
sono).
Un ciarlatano potrebbe sicuramente essere felice di vedere
come alcuni esseri umani si consegnano a lui, e con essi
anche i loro averi, perché potrebbe essere totalmente schia-
vo del suo bisogno di controllo, di dominio, di potere.
Questi individui sono persone che vivono un grave disagio
psichico, essendo ancora del tutto arenate a una fase psico-
logica di tipo narcisistico, che le induce a presentarsi come
degli esseri perfettissimi ed infallibili che amano circon-
darsi non di esseri umani, ma di poveri schiavi che brillano
della loro luce riflessa. Sono persone fortemente disagiate,
che soffrono importanti problemi di relazione e che riesco-
no ad entrare in contatto con l'altro solo quando lo percepi-
scono di una certa "classe inferiore", perché un pari scate-
nerebbe quegli irrisolti sensi d'inferiorità che cercano di
nascondere anche a loro stessi (a questo scopo, d’altra
parte, servono, appunto, gli “allievi” che con ossessione
cercano di veder crescere più numericamente che qualitati-
vamente).
Se scartiamo momentaneamente questo tipo di persone
dal nostro discorso, allora potremo renderci conto che un
vero maestro non ha alcuna intenzione di "prendersi in
carico la vita dei propri allievi". Bensì insegna all'allievo,
dandogli degli strumenti di natura spirituale, come diven-
tare protagonista della propria vita, riscoprendo su quale
base solida può costruire una nuova identità, fortificandosi.
Un vero maestro insegna ad un giovane discepolo che
esiste "un senso nascosto nel cuore delle cose" e che per
ascoltarlo, per conoscerlo e poterlo seguire bisogna intra-
prendere un viaggio verso se stessi, viaggio spesso difficile,
lungo ed estenuante. Quando l'allievo inizia ad incammi-
narsi su tale Via di autoconoscenza, opera una serie di
conquiste interiori che danno un nuovo valore alla sua vita.
Allora, comprenderà l'importanza del senso del viaggio
che avrà compiuto (anche grazie alla presenza del maestro
e degli altri suoi compagni di viaggio, ma sopratutto grazie
al suo sforzo) e diventerà capace di dare un senso "altruisti-
co" a quel lavoro che, dapprima, era del tutto interiore e
personale. Quando ciò avverrà, se sarà stato capace di
superare i numerosi ostacoli che si trovano sul percorso di
autoconoscenza, non avverrà quello che lei prevede nella
sua cortese missiva. Non vi sarà nessuna separazione tra
maestro e allievo. Bensì l'allievo si trasformerà nel maestro,
cioè vi sarà un'unione profonda fra essi. In quel momento
l'allievo, arricchito dalla sua identità spirituale e dalla
nuova Coscienza sulle sue Origini, sarà capace di liberarsi
dal suo atavico egocentrismo che inizialmente lo induceva
a lavorare solo per se stesso. Avrà la capacità di comprende-
re, proprio grazie a tale nuova identità, che non vi è nessu-
na differenza fra lui e gli altri e che se desidera continuare
il suo Viaggio (perché mai si smette di imparare, ed anche
il maestro più esperto è solo un ingenuo allievo innanzi al
Maestro dei Maestri) dovrà fare come il suo tutore
spirituale ha fatto con lui: insegnare con amore, pazienza,
spirito di sacrificio, attenzione e Ricordo la Via che condu-
ce alla Vita e alla Verità. Allora, servendo i suoi fratelli
umani, secondo i suoi carismi ed il suo stile, conoscerà il
senso ultimo del suo Viaggio...
Saluti cordiali

Giovanni Maria Quinti
Sono un ragazzo omosessuale e sieropositivo da
sette anni, quattro dei quali, i primi, di cura. In questo
momento sto abbastanza bene fisicamente, anche se
ho qualche dato che ogni tanto fa i capricci... Da un
po' di tempo frequento, e mi sono innamorato, di un
ragazzo di vent'anni. E' da tanto che non provavo le
molteplici emozioni del cuore, mi sentivo ben più che
arido... spento. Pensavo di non dover amare più per
non poter amare più. E ho incontrato lui... Molte volte
in questi sette anni ho intrapreso rapporti e ho sempre
avvertito i miei compagni della mia situazione ricavan-
done risultati contrastanti, ma non mi importava
AMORE E INNAMORAMENTO
23

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LA CORRISPONDENZA CON I CERCATORIC
granché delle altrui opinioni, mi bastava essere in
pace con la mia coscienza. Ora è diverso: lui lo amo.
Lo amo da impazzire e infatti sto impazzendo. Non
abbiamo rapporti completi, per fortuna, perché non
sono mai capitati, e anche se capitassero userei le
dovute precauzioni, ma sono tutte le altre centinaia di
cose che mi lacerano la coscienza, che non mi fanno
dormire, ma il mio piccolo paese di linfociti sta diven-
tando un paese di emigranti. Non mi resta che
amare... forse.
Innamorarsi è davvero un'esperienza straordinaria. A
volte, però, le nostre esperienze amorose non ci aiutano ad
entrare con maggiore dolcezza dentro di noi, a vederci per
quello che siamo, a condividere quello che siamo, ad
aprirci totalmente. A volte, per un bisogno sessuale, per
un'attrazione fatale, per un bisogno affettivo straordinario
o soltanto perché il nostro partner ha 20 anni, un bel viso,
un bel corpo e ci stimola tanta passione ci dimentichiamo
che l'amore viene subito dopo: finita la passione, finito il
bel viso, finito l'infinito desiderio dell'altro. Allora, e solo
allora, fanno capolino i veri sentimenti, quelli di cui io e
lei abbiamo bisogno davvero. Eppure, è normale che
accada, siccome tali bisogni vengono raramente soddi-
sfatti ci si ferma ad accontentarsi di un fuoco che almeno
fa calore. Ed anche se è fatuo che importa? L'importante
è vivere, o forse, l'importante è prendere calore da qualsi-
asi fonte che ne distribuisca almeno un poco in questo
grande freddo. Ma non è questa la sua situazione, vero?
Ora si è innamorato! Il vento dell'amore vero ha spalanca-
to le sue porte e le ha permesso di conoscere la voglia di
vivere, di condividere, di essere con l'altro.
Viva tutto questo fino in fondo. Ma si ricordi che l'amore
viene subito dopo, quando terminati gli entusiasmi lei lo
guarderà in viso e gli confesserà la sua sieropositività. Sarà
come la vita per un adolescente pieno di sogni e di
allegria: gli mostrerà che esistono infiniti silenzi dentro di
lei. Gli mostrerà che esiste non tanto un dolore o una
paura, ma la consapevolezza di qualcosa di straordinario e
cioè che la vita va vissuta ogni giorno, cogliendola
momento per momento, senza proiettarsi troppo in un
domani che non ci appartiene. L'unica cosa che rimarrà,
quando deciderà che è giunta l'ora di scoprirsi, saranno le
radici del vostro rapporto. Se sono salde, in salute e forti,
il vostro rapporto, assai probabilmente, durerà per tanto
tempo. Se non lo sono, non abbia paura di guardare in
faccia ciò che è vero. E' meglio guardare la vita per quello
che è, piuttosto che infilarsi in sogni immaginari che
verranno frantumati al nostro primo risveglio.
Auguri.

Giovanni Maria Quinti
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