— No... non posso.
— Ti lascerà! Lo vedrai.
— Ebbene se fa questo..... Vedrai, Laura!
La maestrina scosse la testa, pietosa. E si mise a riordinare,
macchinalmente, i suoi compiti sulla tavola.
— Tu non hai cuore per certe cose! — disse la Sponzilli,
all'improvviso — Tu non hai mai amato!
— Oh, figlia mia! — balbettò la maestrina, con tutta la commossa
voce del suo cuore pieno di ricordi e di rimprovero.
E le carte le sfuggirono di mano, ed ella chinò la testa e si sentì
piegare.
La Sponzilli era scomparsa. Laura Marangi scivolò lentamente lungo
la tavola, tornò a sedere al suo posto, riprese la penna e contemplò,
muta, meditando, i suoi compiti. Gli occhi le si erano empiti di
lagrime. Bagnò due o tre volte la penna, cercò un degli scritti nel
mucchietto che se n'era posto davanti. La mano e lo scritto, rimasero
lì, immoti. Ella si risovveniva, ora, di tutte le sue pene, di tutto l'amor
suo finito miseramente per una volgare questione d'interessi, di
denaro. Povera, anche lei: con una mamma vecchia, cieca,
poveramente pensionata, con un fratello ferroviere che or le voleva
abbandonare per ammogliarsi, e senz'altro, senz'altro, che uno
stipendio meschino! E senza più amore, e senza più speranza
davanti allo oscuro avvenire!
Reclinò la testa bionda sul braccio e ve la posò e vi nascose la faccia.
Ora tornava Milia, dalla ferrovia: si udiva il romore de' suoi zoccoletti,
su per le scale. La porta di casa della Sponzilli s'aperse e sbattette
con uno strepito breve. La Marangi non si mosse, non levò il capo.
Piangeva piano, col volto sul braccio piegato: piangeva amaramente,
senza sapere perchè.
Suonò, all'improvviso, un alto grido angoscioso. La servetta apparì
alla finestra, con le mani ne' capelli, con la faccia stravolta.