lo struzzo — sono gli abitatori di quelle terre predilette dalla natura
— L'uomo rarissimo — vero centauro — la passeggia soltanto per
anunziare un padrone e ai numerosissimi, ma selvaggi suoi servi —
Non di rado, il bellicoso stallone, seguito dalla mandra di giumente
— ed il toro, scortato anche lui, si avventano sul suo passaggio,
disprezzandone l'alterigia, con vigorosi, e non equivoci segni —
Io ho veduto nella mia misera patria un Austriaco, solcando e
calpestando le moltitudini — I servi abbassavano lo sguardo per
paura di compromettersi! Non tornino, per Dio, a tanto vilipendio, i
discendenti di Calvi, e di Manara!
Quanto è bello lo stallone della Pampa —! Le sue labbra, sentiranno
giammai il freddo ribrezzo del freno
[17] e la lucidissima schiena
giammai calcata dal fetido sedere dell'uomo, brilla allo splendore del
sole, quanto un diamante —
La sua splendida, ma non pettinata criniera — batte i fianchi, quando
il superbo, raccogliendo le sparse giumenta, e fuggendo la
presunzione dell'uomo, avanza la velocità del vento —
Il naturale suo calzare, non mai imbrattato nella stalla dell'uomo — è
più lucido dell'avorio — e la richissima coda, svolazza al soffio del
pampero, riparando il generoso animale dal disturbo degli insetti —
Vero Sultano del deserto, ei sceglie la più vaga dell'Odalische —
senza il servile e schifoso ministero, della più degradata delle
creature — l'eunuco!
Chi si farà un'idea dell'emozione, sentita dal Corsaro di 25 anni, in
mezzo a quella terra natura, vista per la prima volta!
Oggi, 20 Decembre 1871 — rannichiato al focolare, ed irrigidito delle
membra — io ricordo commosso — quelle scene d'una vita passata,
in cui tutto sorrideva, al cospetto del più stupendo spettacolo, ch'io
m'abbia veduto —
Io sono decrepito! Ma ove saranno quei superbi stalloni, tori,
gazzelle, struzzi, che tanto abbellivano e vivificavano quelle
amenissime colline? I loro discendenti pascoleranno senza dubbio,