ingegno? con quali arti? E che? la opportunità, la difficoltà chiamò
innanzi Albertino Mussato. Costui, si asserì, può far salva la repubblica
e rovinata rialzarla. Se avanzava da far qualche cosa, a lui solo
ricorreste, a lui privo d'ogni speranza di trattar gli affari e prostrato, e
vi consigliaste seco, e lui unico imploraste. E Vitaliano de' Basilii, che
allora quasi dominava sul volgo, a mani giunte, a ginocchia piegate,
lacrimando, stipato da voi tutti, o Tribuni, mi supplicò di andare al
Re.... Io guardo a me stesso ammirando e compassionando. È
necessario che la penna mandi tutto alla posterità. Forse mi resi
colpevole verso questa Repubblica? Tralascio le diurne, le notturne, le
annuali fatiche. Non vale la pena di allegare le vigilie, le cure, le
sollecitudini mordaci. Non si nascondano gli assertori; attestino
affinché io sia creduto. Consumai forse il denaro pubblico? E quale? e
quando? Mi son forse arricchito coi danni dei privati? Di quali? Venga
fuori un solo vessato o spogliato da me. Abbiatevi, o Tribuni, un
argomento efficace della sincerità nostra. In queste ultime calende di
decembre, per non ricondurvi indietro al non ricordabile, la sorte mi
prepose allo ufficio di Anziano, onore uguale quasi al consolato dei
Romani. Questo Pietro d'Alticlino potentissimo uomo e formidabile
contro cui si esclamava, e molti altri dell'ordine equestre e plebeo, io
convenni in giudizio di restituzione, li feci incatenare, li convinsi, e li
costrinsi a rimettere nell'erario la mal tolta moneta con rigido e severo
ardore. Così mi persuadevano a fare i miei costumi, così l'audacia,
l'amor della patria, l'atrocità di quelle rapine e la giustizia.» E dopo
queste calde parole altre ne aggiunge enumerando le prodezze
compiute in guerra, spiega per quali ragioni egli avesse promossa la
imposizione di una tassa utile e giusta che gli aveva procacciato l'odio
del volgo e l'esilio, e conchiude con disdegnosa fierezza: «A ragione il
gregge macchiato odia il vello della pecora dorata. Sia lungi da voi, o
Tribuni, la ferocia delle vili belve assetate di sangue innocente.
Salvato, io voto la mia salute, le mie fortune ed ogni poter del mio
ingegno e delle facoltà mie, ai Padri, ai Maggiori e al Popolo più
sano.»
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Pagine eloquenti davvero, che strappavano l'ammirazione ai
contemporanei, e ancora l'ispirano ai posteri richiamati per esse come
a un ricordo della romana repubblica, e di quella forte eloquenza che