contenuti in quella biblioteca.
[235] Si tratta, com’è facile intendere
dalla diligenza, dai criteri e dalla difficoltà del lavoro, di un disegno di
prim’ordine, che merita tutta la riconoscenza dei posteri. Quali siano
state le biblioteche da Domiziano ricostituite, riesce a noi ben difficile
indicare con sicurezza. È possibile che egli stesso abbia rifatto
l’Ottaviana bruciata sotto Tito
[236] e che ritroviamo menzionata più
tardi
[237], ma è impossibile tanto essere sicuri di singoli riferimenti,
quanto completare l’elenco delle ricostruzioni, che dovettero essere
molteplici
[238].
Più interessante è invece porre in rilievo il fatto che tanta operosità
imperiale, in rapporto alla fondazione e alla restituzione di pubbliche
biblioteche, dovette, fin da questo momento, avere la prevedibile e
consueta ripercussione nel campo dell’opera privata e comunale, in
Roma e fuori. Numerose collezioni di libri dovettero, fin d’ora, aprirsi
al pubblico, in Roma, in Italia e in provincia. Singoli privati, come
poco di poi faranno il console Giulio Aquila Polemano, per Efeso,
[239]
Plinio il giovane, per Como
[240], e, non sappiamo quando, un ignoto
donatore, per Volsinii, cominciarono a legare ai municipii delle
somme per la fondazione e il mantenimento di pubbliche
biblioteche
[241]. Le stesse collezioni private appalesano fin d’ora una
grandiosità e una ricchezza, che suscitano commenti e censure,
come quelle, in cui lo scopo della cultura appariva subordinato al
lusso ed alla vanità
[242]. Ma, come a siffatta bibliomania noi
dobbiamo la conservazione di buona parte della produzione classica,
così i dotti del tempo dovettero all’esempio, che veniva dall’alto,
l’agevolezza, che fu ormai una consuetudine, di servirsi delle
collezioni private dei loro doviziosi amici o mecenati, e, quindi, di
istruirsi e di lavorare, il che, in circostanze diverse, non sarebbe
certamente avvenuto. Per identico tramite, dovette, durante questo
tempo, introdursi, nel regime delle pubbliche biblioteche, tutta la
serie di liberalità
[243], tendenti a soddisfare le esigenze dei lettori e
degli studiosi, che sono oggi patrimonio universale di quei nostri
istituti di cultura. Ed anche di questo noi dobbiamo essere, sopra
ogni altro, riconoscenti all’ultimo degli imperatori Flavii.