Trapani, ove concorsero ad incontrarlo tutti i Baroni e Cavalieri de'
luoghi convicini; indi portossi a Palermo, dove fu con grandissima
festa e regal pompa incoronato Re dal Vescovo di Cefalu, poichè
l'Arcivescovo di Palermo, a cui ciò toccava, era presso Papa Martino.
I Messinesi, per l'arrivo del Re Pietro, ripresero vigore, ed attesero
costantemente alla difesa della Patria; e non solo quelli ch'erano abili
a portare ed esercitar l'armi, ma le donne ed i vecchi non lasciavano
di risarcire di notte tutto ciò che il giorno per gl'istromenti bellici era
abbattuto.
Intanto Re Pietro, così consigliato dal Procida, ordinò che il famoso
Ruggiero di Loria Capitano della sua armata, andasse ad assaltare
l'armata franzese per debellarla, e ponere guardia nel Faro, affinchè
non potesse passare vettovaglia alcuna di Calabria al campo
franzese; ed egli per animar i Popoli, e tener in isperanza i Messinesi,
si partì da Palermo, e venne a Randazzo, terra più vicina a Messina.
Di là mandò tre Cavalieri Catalani per Ambasciadori al Re Carlo, con
una lettera, nella quale l'informa essere giunto nell'isola di Sicilia,
che gli era stata aggiudicata per autorità della Chiesa, del Papa e de'
Cardinali, e gli comanda, veduta questa lettera, di partir tosto
dall'isola, altrimente ne l'avrebbe costretto per forza. Letta da Carlo
questa lettera in pubblico avanti tutto il Consiglio de' suoi Baroni,
nacque tra tutti un orgoglio incredibile, ed al Re tanto maggiore,
quanto era maggiore, e più superbo di tutti; nè poteva sopportare,
che Re Pietro d'Aragona, ch'era in riputazione d'uno de' più poveri
Re, che fossero in tutta Cristianità, avesse osato di scrivere a lui con
tanta superbia, che si riputava il maggiore Re del Mondo. Fu
consultato della risposta. Il Conte Guido di Monforte fu di parere,
che non s'avesse a rispondere, ma subito andare a trovarlo, e dargli
la penitenza della sua superbia; ma il Conte di Brettagna, ch'era
allora col Re, consigliò, che se gli rispondesse molto più
superbamente, siccome fu eseguito con un altro biglietto del
medesimo tenore, trattandolo da malvagio e da traditore di Dio e
della Santa Chiesa romana. Questi due biglietti, oltre esser rapportati
da Giovanni Villani e dal Costanzo, si leggono ancora così in Italiano,