mezzo d’apprendimento e di diffusione della cultura; non soltanto lo
strumento di preparazione a determinati uffici o professioni,
reclamato da una società, che si trova al colmo della sua floridezza
intellettuale e materiale; essa è, assai piùspesso, l’espediente
escogitato per sanare un male, arrestare un regresso, promuovere
artificialmente una serie di effetti, che, per altra via, non sembrava
possibile conseguire. La scuola ufficiale è dunque, assai di
consueto, l’indice di una società, che organicamente decade. E,se
essa può, per un certo tempo, reagire contro questo fatale andare,
ne è a sua volta, alla fine, sopraffatta esoffocata. La società male
assestata, la società, distrattada altre cure, inquina e corrompe la
scuola, la disordina, la piega, la deforma a scopi, che quella non può
avere, la isola, la diserta, ne isterilisce ogni buon effetto. È ciò che
noi vediamo seguire negli ultimi secoli dell’impero, ciò che noi
vedremo ripetersi nell’ultimafase delle Università medievali.
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Durante questo periodo, la scuola, che ammanisce tutte le specie
del sapere, che prepara a tutte le attività intellettuali, non produce
più nè prosatori, nèscienziati, nè filosofi, nè giuristi, nè letterati; nè
riesce a fermare l’ignoranza, che sale, o a chiudere le porte
all’invadente Medioevo dell’intelletto.
Ma la specifica vanità dell’opera della scuola ufficiale, dell’opera
dello Stato, rispetto alla produzione intellettuale, è forse ancora più
sensibile nei periodi felici dell’impero romano, ad esempio, nell’età
degli Antonini. La società ci offre allora il curioso spettacolo di un
appassionarsi a tutte le manifestazioni dell’intelligenza, per cui la
letteratura, la filosofia, la scienza si diffondono per le varie classi
sociali e si fanno popolari. Maquella società ha acquistato in cultura
tutto ciò che ha perduto in qualità e in potenza di pensiero, e la
scienza e l’arte vi hanno guadagnato in estensione e indiffusione
tanto quanto hanno perduto in virtù ed inprofondità. Non è più
questa, pur troppo, l’êra della grande arte e della grande
speculazione. Mancano all’uopo la capacità individuale e la
collettiva, che non si possono creare per sapienza di reggimento
scolastico. Ciò che il retore Materno aveva, con profondo
pessimismo, sostenuto nell’immortale dialogo Degli oratori,è, in tesi