citazioni su intelligenza e coraggio.pdf

nadinebenedetti1981 19 views 117 slides Dec 24, 2024
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About This Presentation

 QUESTO TESTO SI Può CONSIDERARE SUDDIVISO IN DUE PARTI:

- LA PRIMA PARTE ELENCA CITAZIONI SU ALCUNI TEMI ATTINENTI QUELLO PRESENTATO NEL TITOLO ATTRAVERSO CLASSICI DELLA LETTERATURA, DELLA PSICOLOGIA, DELLA FILOSOFIA E DELLA STORIOGRAFIA E ALTRI TESTI UTILI COME libri di testo liceali, DIVERSI M...


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Corretto e completato il giorno 16 dicembre 2024
In queste ultime date sono state fatte poche aggiunte significative, ma sono stati
corretti tutti o la maggior parte dei non pochi errori di battitura
e quelli nel posizionamento di poche citazioni,
nonché le occasionali ripetizioni.
CITAZIONI SU
INTELLIGENZA E CORAGGIO
Presentazione
QUESTO TESTO SI PUÒ CONSIDERARE SUDDIVISO IN DUE PARTI:
- LA PRIMA PARTE ELENCA CITAZIONI SU ALCUNI TEMI ATTINENTI QUELLO
PRESENTATO NEL TITOLO ATTRAVERSO CLASSICI DELLA LETTERATURA ,
DELLA PSICOLOGIA, DELLA FILOSOFIA E DELLA STORIOGRAFIA E ALTRI TESTI
UTILI COME LIBRI DI TESTO LICEALI , DIVERSI MANUALI UNIVERSITARI ,
ALCUNI ROMANZI E SOPRATTUTTO SAGGI RECENTI, RIVISTE E PAGINE
ONLINE
- LA SECONDA PARTE ELENCA CITAZIONI DA ALCUNE RIVISTE DI ASTROLOGIA
E ALCUNE "ISTRUZIONI" SU COME MEGLIO SERVIRSI DI QUESTI MENSILI PER
ANALIZZARE SE STESSI E TROVARE SOSTEGNO E SPUNTI DI RIFLESSIONE
INVECE CHE PER LEGGERVI LE PREVISIONI E I CONSIGLI A VOLTE ARBITRARI,
CONTRADDITTORI E SPESSO INTERESSATI
Possono esserci errori poco significativi di trascrizione, mentre l’ordine delle affermazioni all’interno di ogni singola citazione e la
punteggiatura spesso non rispettano quelli dell’originale e ciò per rendere più chiaro possibile il messaggio trasmesso a chi non
conosce i libri di riferimento: assicuro il rispetto del senso di questi ultimi e consiglio a chi avesse dei dubbi in proposito di
confrontare ogni singola citazione con la sua fonte (i testi si trovano quasi tutti nelle biblioteche e online). L'unico dubbio riguarda
una delle citazioni da L'uomo in rivolta, che ho tratto da Ribellarsi è giusto a differenza delle altre citazioni da questo libro di Camus
qui inserite: non ho il tempo di rileggere il testo e fare un confronto, tuttavia il senso della citazione rispetta il pensiero di Camus.
Raramente i giudizi dei brani riportati sono ironici (credo che l’ironia in questi casi appaia facilmente anche a chi non ne conosce il
contesto), ma in genere essi corrispondono al vero o almeno a ciò che ho osservato per esperienza personale e a quanto scrittori
notevoli di ogni epoca hanno elaborato. Trovo che sia senz’altro lecito e utile estendere questi giudizi di valore e analisi ad attuali
situazioni e categorie, professionali e non, certamente molto affini ai soggetti presi in esame.
La disposizione dei brani nei vari raggruppamenti ha subito modifiche nel tempo e anche di recente, a causa dei ripensamenti volti a
rendere questo documento più chiaro e utile possibile, oltre che degli errori di distrazione.

SOTTOGRUPPI:
- L'ARTE DI VIVERE: DIRITTI E POSSIBILITÁ DEI DIVERSI; ANTIDOTI NATURALI ALL’AFFANNARSI E AL
RAZIONALISMO; NICHILISMO DELL’APPARIRE ED ESPRESSIONE VITALE ; OSTRACISMO; ABUSI DEI
GENITORI; IL DIVENTARE ADULTI E IL CORAGGIO; RIBELLIONE METAFISICA
- L’IMPORTANZA DI SCRIVERE: COME SI LEGGE E SI STUDIA COMUNEMENTE; SCRIBACCHIARE PER NON
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SAPER ATTENDERE O PER NON SAPER VIVERE; POCHI E BUONI LIBRI NELLA SOLITUDINE; BISOGNO DI
SCRIVERE DEI DIVERSI; POTERE DELLA SEMPLICITÁ; ATTRAZIONE DEI LIBRI GIUSTI
- ANALIZZARE SE STESSI E TROVARE CONFORTO E SOSTEGNO ATTRAVERSO LE RIVISTE DI ASTROLOGIA: Il
documento contiene un elenco schematico di quanto si può considerare utile ricercare e evitare nelle riviste di astrologia e alcuni
concetti utili trasmessi principalmente attraverso la simbologia che vi si trova più facilmente (il testo è composto di brani tratti da
articoli presenti in alcuni dei numeri usciti tra il febbraio 2009 e il 2014 di Astrella e Astro, lievemente rielaborati nella forma ma
connessi tra loro con molta libertà per presentarli in modo tale da delineare un percorso di maturazione) .
Il documento contiene molte ripetizioni dei concetti fondamentali e ciò in considerazione del fatto che quando si ha bisogno di
riferimenti, terminologia e sfumature, ripetere è utile e a volte fondamentale. Del resto se i bambini non sono in grado di
comprendersi bene e molti adulti (anche sicuri di sé) non sanno giudicarsi, in molti casi ciò non dipende da disimpegno, scelte di
comodo o stupidità, ma dalla mancanza di un numero sufficiente di riferimenti e soprattutto di “parole” a loro disposizione.
L’astrologia può essere considerata una tecnica analitica che soddisfa la razionalità avvalorando il potere visionario del Simbolo. Se
c’è un’utilità pratica nello studio dell’astrologia è quella di insegnare a guardare al di là delle apparenze e comprendere, contenere,
accettare e pensare in un contesto molto ampio le sfumature più disparate della personalità.
L'ARTE DI VIVERE

DIRITTI E POSSIBILITÁ DEI DIVERSI
Uscita di sicurezza (I. Silone)
È impossibile indicare a degli affamati altro che la via per estinguere anzitutto la fame. I problemi vanno affrontati a mano a mano
che si presentano.

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Le azioni dell’uomo sono determinate da cause precedenti, ma egli può liberarsi dalla potenza di queste cause (…) Se, tuttavia, il suo
cuore si è indurito a tal punto che non esiste più un equilibrio di inclinazioni, egli non è più libero di scegliere (…) Nessuna
consapevolezza ci aiuterà, se avremo perduto la capacità di essere toccati dalla sventura di un altro essere umano.

Tempi difficili (C. Dickens)
Non servirà a nulla nemmeno non fare nulla. Se lascerete migliaia di persone a vivere e a vegetare nello stesso fango, se esse saranno
come una casta e voi sarete come un’altra casta. Ancor meno si otterrà considerandoli come se non avessero né amore, né simpatia,
né ricordi, né preferenze; né un’anima capace di scoraggiarsi né un’anima capace di sperare; trattandoli, quando se ne stanno
tranquilli come se non avessero nulla di tutto questo e rimproverandoli di mancare di sentimento di umanità verso di noi quando si
agitano.

Abbozzi di capitoli di L’uomo senza qualità (R. Musil)
In genere non si capiscono mai perfettamente gli altri mediante la conoscenza e l’osservazione; ci vuole in più anche una specie di
buona intelligenza come con se stessi, bisogna saperli comprendere (…)
L’interesse e anche soltanto la comprensione, non sono mai possibili mediante il “mettersi al posto di un altro”, ma soltanto mediante
la partecipazione comune a qualcosa di più grande (…) Se dovrei comportarmi come se gli fossi alleato in Dio, basta già un insieme
più piccolo come un’altra fratellanza qualsiasi. Basta anche un’idea comune. Bisogna soltanto che sia qualcosa di nuovo e di vivo.

La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
** aveva ormai un’espressione crudele e indagatrice che invano si sforzava di nascondere con un sorriso (…) Stava continuamente al
fianco di *** sotto le spoglie dell’amicizia (…) per tormentarne la natura (…) L’anima sofferente di *** era stata tenuta in continua
esasperazione da chi, ben lungi dal calmarla, non aveva fatto altro che corromperla e devastarla. Il risultato sarebbe stato la pazzia
(…) La morte di *** sarebbe stata preferibile (…) È il peccato più nero: (…) ** ha violato a sangue freddo il santuario di un cuore
umano.

La saga di Gosta Berling (S. Lagerlof)
Sotto lo sguardo di quegli occhi tutto diventava commedia e finzione; gli occhi la sorvegliavano ed erano a loro volta sorvegliati (...),
tutto comprendendo, nulla giudicando, (...) così da paralizzare con l'irrisione ogni moto del cuore e ogni forza del pensiero (...)
Sentiva lo spirito d'introspezione accompagnare ogni suo passo, ogni sua parola (...) Tutte le forze genuine della vita erano assopite
(...) Sospirava la naturalezza e la sincerità.
Jane Eyre (C. Bronte)
A poco a poco ** acquistò su di me un'ascendente (...) e la sua attenzione mi teneva prigioniera (...) Quando egli mi era vicino non
riuscivo più a parlare e ridere sinceramente perchè istintivamente mi ricordavo con fastidio che la vivacità (per lo meno la mia) lo
irritava (...) Quando diceva (...) "fa questo" lo facevo. Ma non amavo la mia schiavitù (...) *** tentò di svagarmi, disse che avevo una
brutta cera, (...) ma ** sostenne che non avevo bisogno di distrazioni, ma di attività (..) Un giorno (...) le parole mi si spezzarono in
singhiozzi (...) ** non mostrò nessuna sorpresa alla mia emozione nè me ne chiese la causa (...) Mentre soffocavo in tutta fretta
quell'affanno rimase seduto, come un medico che osservi con occhioscientifico una crisi ben nota e attesa del suo paziente (...)
Quando avevo a che fare con caratteri duri e positivi, contrastanti con il mio, non c'era aternativa per me tra l'assoluta sottomissione e
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l'aperta rivolta.
Il Fanciullino (G. Pascoli)
La poesia sociale avvizzisce nel chiuso delle scuole (…) Chi vede non è l’oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non
maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato (…) Il fanciullino è (…) vista profonda. Colui che ospita il fanciullino può
essere un masnadiero (…) Molti non lo conoscono perché non vedono nulla, non ascoltano voce in loro.

L’avventura di un povero cristiano (I. Silone)
Nelle parabole del Vangelo le relazioni tra gli uomini sono sempre personali e dirette (…) Io non so concepire relazioni cristiane che
non siano relazioni personali (…) non di cose ma di anime (…) Spetta a noi salvaguardare la possibilità di intendersi (…) Io non
posso trattare gli altri come oggetti e come sudditi (…) Se mi viene sottoposto il caso di una persona qualsiasi ed io sento che dalla
mia decisione può dipendere la sua salvezza o rovina, come posso procedere alla svelta? Non ha importanza che mi sia sconosciuta
(…) bisogna conversare con essa, cercare di conoscerla (…)
Per conservare la dignità e la missione è meglio andarsene.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Provava l’acuto desiderio di parlare con una persona con la quale potesse sentirsi in perfetta armonia (…) Una forza segreta estrae
allora le parole dall’anima e nessuna fallisce la mira. Ma se si parla con avversione esse salgono come nebbia da una superficie
gelata.

Avere o essere (E. Fromm)
Questa forma di attività non alienata è stata definita da Marx come segue: “Supponiamo che l’uomo sia uomo, e che il suo rapporto
con il mondo sia umano. In tal caso, l’amore può essere scambiato soltanto con l’amore, la fiducia con la fiducia, eccetera (…) Se si
desidera influire su altre persone, bisogna essere una persona capace di esercitare davvero un effetto stimolante e incoraggiante su
altri.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Nessuno desidera essere infelice (…) Il motivo per cui le persone sono più o meno o sane, il motivo per cui esse soffrono di più o di
meno, sta in realtà nel fatto che non sono favorevoli le condizioni per la loro crescita (…) Tra le condizioni della crescita vi sono le
concrete condizioni di vita (…) Talvolta vi rientrano anche i fattori costituzionali e particolari combinazioni di circostanze. Tutto
questo fa sì che gli uomini cerchino la salvezza in modo distorto (…) Ognuno cerca di avere un po’ di sole per poter crescere. Ma se
le sue condizioni sono tali per cui ciò non è possibile in modo più positivo, allora lo farà in modo distorto, e qui “distorto” sta per
malato. È deforme, ma è pur sempre un essere umano che fa di tutto per trovare una soluzione alla sua vita. È una cosa che non si
dovrebbe mai dimenticare (…)Harry Stack Sullivan ha iniziato la sua attività con gli psicotici con grande interesse e convinzione.
Quando lavorava all’ospedale St. Elizabeth di Washington chiese di poter fare un esperimento. Voleva un reparto speciale (…) Allora
non esistevano ancora né psicoterapia né farmacoterapia (…) Solo il fatto che quei pazienti non venissero maltrattati né umiliati, ma
fossero invece considerati degli esseri umani, fece sì che molti guarissero (…) Un cambiamento di un certo tipo può già guarire
pazienti le cui condizioni, in un ospedale psichiatrico pubblico, sono solo destinate a peggiorare, rendendoli cronici (…) Sono pochi
gli psichiatri in grado di percepire che dentro ognuno di noi c’è qualcosa di schizofrenico, così come in ognuno di noi si cela un
maniaco-depressivo, oppure che tutti abbiamo qualcosa di paranoico, visto che proprio nel caso della paranoia è solo una questione di
grado. Fino a un certo punto una persona viene definita normale; quando non la sopportiamo più allora diciamo che è malata. Ma
nessuno di questi stati psicotici è realmente diverso dagli altri al punto da provocare fossati profondi tra le persone.

Le libere donne di Magliano (M. Tobino)
Il debole di mente continua il suo lavoro, monotonamente si svolgono le sue giornate, di nessuno si occupa, quasi tutti coloro che lo
circondano sono davanti a lui superbi e giudicano i sentimenti del debole di mente privi di forza, degni di disattenzione. Non si vuol
considerare che i sentimenti sono il più grande ed emozionante mistero, quelli che ci uniscono per un golfo sotterraneo con qualcosa
di divino, che (…) ci fa paura (…) I poveri di mente seguono le più povere leggi, le elementari, e, le cose si svolgono secondo la
regola, stanno tranquilli e ignoti tutta la vita. Quando anche in queste povere leggi li ostacolano, dopo avere a lungo sopportato,
manifestano in gravi deliri, a causa dei quali vengono ricoverati al manicomio. Questa verità è frequente e denota la cattiveria, la
superbia degli uomini (…) Il patrimonio di costoro è esclusivamente composto di sentimenti, che in loro non sono mescolati al
peccato (…) Ogni creatura umana ha la sua legge; se non la sappiamo distinguere chiniamo il capo invece di alzarlo nella superbia; è
stolto crederci superiori perché una persona si muove percossa da leggi a noi ignote.

Bene e male nella psicologia analitica in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Bisogna anche evitare tutto ciò e potrebbe suggerire al paziente l’idea che è malato: deve essere considerato una persona normale,
vorrei dire un partner (…) Ogni essere umano va preso veramente come un essere umano e trattato a seconda della propria natura.

C. Spurgeon
Gli errori diventano sempre grandi dove l’amore è piccolo.

Zibaldone (G. Leopardi)
La compassione (…) è l’unica qualità e passione umana che non abbia nessunissima mescolanza di amor proprio (…) Qualunque
operazione dell’animo nostro ha sempre la sua certa e inevitabile origine nell’egoismo (…) La compassione ha qualche fondamento
nel timore di provar noi medesimi un male simile a quello che vediamo, perché l’amor proprio è sottilissimo, e s’insinua da per tutto
(…) Ma (…) considerando bene, (…) c’è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e intieramente rivolta
al misero (…) Se tu (…) dai incomodo o dispiacere (…) ad uno il quale (…) lo subisce senza poterlo impedire, sei di (…) una
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irriflessione bestiale (…) Il far male agli altri per vostro bene non vi ripugna (…) Naturalmente (…) anche il leone combatte col
leone (…) Diverse qualità (…) si sviluppano o no, secondo le circostanze. (…) La facoltà di compatire (…) non è già propria del solo
uomo. In casa mia v’era un cane che da un balcone gittava del pane a un altro cane sulla strada (…) Chi non è stato mai sventurato,
non sa nulla.

Dieci anni dopo (D. Bonhoeffer) in Ribellarsi è giusto
Chi disprezza un uomo non potrà ottenerne mai nulla (…) Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che
per quello che fanno o non fanno. L’unico rapporto fruttuoso con gli uomini – e specialmente con i deboli – è la volontà di mantenere
la comunione con loro.

Bene e male nella psicologia analitica in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Ci lasciamo così facilmente abbagliare dalle parole; sostituiamo parole all’intera realtà. Mi parlano del bene e del male e presumono
che io sappia di che cosa si tratta (…) Il paziente che va dal terapeuta soffre perlomeno di un conflitto; si tratta di capire la sua
situazione conflittuale spesso inconscia (…) Qui non posso fare altro che dirmi con prudenza: (…) le cose sembrano stare così o così,
ma non si potrebbe dare anche un’altra interpretazione ai fatti? (…) Non significa che io consideri relativi il bene e il male in quanto
tali. Vedo con certezza che una data cosa è male, ma il paradosso consiste nel fatto che per una data persona in una data situazione
concreta, su un preciso gradino del suo cammino verso la maturazione, quella cosa può precisamente essere buona. Vale anche
l’opposto: il bene fatto al momento sbagliato, nel posto sbagliato, diventa del tutto insensato. Altrimenti tutto sarebbe molto, troppo
facile (…) Nessuno è buon chirurgo per il fatto di avere imparato a memoria il libro di testo: (…) è pericoloso fare per prima cosa
una diagnosi del malato in base al fatto che quella tale malattia è trattata dal signor X al capitolo 17; si crede che averlo studiato sua
sufficiente, ma il paziente continua a soffrire. Si parla talvolta di “vincere il male”. Abbiamo dunque il “potere” necessario per
vincerlo?Bisogna ricordare che buono e cattivo sono anzitutto solo il giudizio che pronunciamo in una determinata situazione.

C. G. Jung
Solo la psicologia collettiva è scienza, mai quella individuale.

I persuasori occulti (V. Packard)
Perfino per la ricerca motivazionale in campo industriale vi è sempre la possibilità di sbagliare (…) Del resto, i dati raccolti hanno
scarso valore quando non conosciamo il grado d’intensità del sentimento destato e quando non sappiamo se tale sentimento tende a
tradursi in un atto concreto (…) Inoltre vengono impiegati necessariamente anche psicologi ciarlatani (…) Data la necessità di
interpretare ed elaborare i dati raccolti e dato il carattere sperimentale della Ricerca Motivazionale una buona dose di sciocchezze è
stata spacciata come vangelo scientifico (…) Senza contare che i test hanno valore se sono fatti su un campione di persone molto
grande (…) e se sono consolidati da verifiche tradizionali (…) La RM fornisce ipotesi.

Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
Ci si serve della psicologia perfino per occultare a se stessi i veri nessi causali. La sua cosiddetta obiettività è tanto più gradita quanto
più è “scientifica” perché rappresenta un mezzo eccellente per liberarsi delle presenti componenti affettive della coscienza, che pure
rappresentano la vera dinamica della reazione morale.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Non si dimentichi mai che, nonostante la grande uniformità dei conflitti complessi, ogni caso è per così dire un unicum. Perché ogni
individuo è un unicum (…) L’esigenza scientifica del ricercatore mira sempre a trovare le regole e le classificazioni in cui chiudere
l’elemento più vivo dell’essere. L’analista e osservatore deve lasciare agire su di sé la realtà vivente in tutta la sua anarchica
ricchezza, tenendosi alla larga da ogni formula.

Zanna Bianca (J. London)
E più la ribellione di ** era fiera, più la società lo trattava duramente, col solo effetto di renderlo più feroce. Camicia di forza,
digiuni, bastonature erano trattamenti sbagliati per lui, ma erano i soli usati con lui fin da quando la sua morbida argilla di bimbo era
stata afferrata dalle mani della società (…)
Durante il periodo dello sviluppo *** non conobbe un solo momento di sicurezza (…) tormentato fino all’inverosimile (…),
l’influenza dell’ambiente lo aveva modellato (…) Questi uomini costituivano il suo ambiente e modellavano la creta di cui era fatto
ancora più ferocemente di quanto la natura ne avesse avuto l’intenzione (…) Non si preoccupavano poi di risalire alle cause del suo
comportamento ma ne giudicavano gli effetti (…)
La bontà era scesa a sondare fin dove nulla era mai sceso, (…) l’influenza dell’ambiente (…) lo rimodellava in forme più belle (…)
La trasformazione richiese molto tatto e un’infinita pazienza (…) Era una questione di principio e di coscienza (…) perché (…) il
male fatto a ** era un debito contratto dall’uomo.

L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione (J. Levey)
Le emozioni possono essere espresse a partire dalla vera essenza dello spirito umano o dalla distorta deviazione dell’egocentrismo
(…) L’allenamento meditativo aiuta a comprenderlo e a ristabilire l’equilibrio, generando quell’emozione che rappresenta l’antidoto
a quell’emozione disturbante. L’amore neutralizza l’apatia, cui può portare l’equanimità; l’equanimità stabilizza di fronte
all’esaltazione, cui può portare la gioia; la gioia scioglie le fissazioni e il sentimentalismo, cui può portare la compassione; la
compassione inibisce l’attaccamento, cui può portare l’amore (…) É semplice mantenere il cuore aperto e perdersi nella pietà,
immedesimarsi nella sofferenza, nella virtuosa indignazione o rimanere lontanamente distaccati. Apriamo il nostro cuore e ci
perdiamo nei melodrammi, poi meditiamo e riguadagniamo il nostro centro, ritraendoci. Ma se volete aiutare davvero coloro che
soffrono, dovete sviluppare un equilibrio tra cuore e mente stare sull’orlo. Ci vuole tempo per raggiungere l’equilibrio. Alla fine
sarete e avrete la vera compassione, che è la fusione di un cuore aperto e di una mente tranquilla.
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I Mandarini (S. De Beauvoir)
Se si dà importanza al dolore, alla morte, agli uomini presi uno per uno, non basta dirsi “in tutti i modi la storia è dolorosa” per
sentirsi autorizzati a lavarsene le mani; non è la stessa cosa che la storia sia più o meno dolorosa (…) Un uomo più un uomo non fa
due uomini, fa sempre uno e uno (…) I sacrificati non torneranno.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Nel momento in cui avrebbe dovuto scegliere fra lo studio e il laboratorio, ha sempre scelto invece i deboli (…) È diventato un uomo
che lotta contro un sovrintendente borghese e professionalmente reazionario, che vuole mantenere chiuse le celle d’isolamento e i
pazienti in camicia di forza. (…) Perché la gente (…) stupida (…) non accetta le verità che rinchiudere una persona malata in un
confino solitario la fa star peggio (…)
E dici a povere donne schiave della stupidità generale di uscire a iscriversi (…) a questo o quest'altro gruppo, qui e là per cercare di
non pensare al fatto che nessuno le ama. (…) E finiscono fra i miei pazienti

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Ogni alleggerimento anche provvisorio della sofferenza è prezioso (…) Ciò che più conta è esaminare i problemi per quello che sono
e non in funzione di etichette. Verità ovvia eppure sempre misconosciuta. La discriminazione non è tra conservatori e riformisti, ma
tra cosa apporta o meno un’oppressione minore (…) È nella natura dell’oppressione di essere colta solo attraverso l’esperienza (…)
Non può essere studiata (…) Insieme allo studio, domanda di essere sperimentata (…) Fin tanto che non ci si pone dalla parte degli
oppressi per sentire con loro, non si può capire.

La peste (A. Camus)
Mai avevano guardato così a lungo l’agonia di un innocente (…) Un uomo non è un’idea (…) un uomo vivo, me ne accorgevo
improvvisamente mentre fino ad allora non avevo pensato a lui che traverso la comoda categoria dell’imputato(…)Sono particolari di
cui non si parla. Non si deve impedire alla brava gente di dormire. Ci vorrebbe del cattivo gusto e il buon gusto consiste nel non
insistere. Ma io non ho potuto dormire bene. Il cattivo gusto mi è rimasto in bocca e io non ho cessato d’insistere, ossia di pensarvi
(…) Ho sentito tanti ragionamenti da farmi girare la testa e che hanno fatto girare altre teste da farle consentire all’assassinio, che ho
preso il partito di parlare e agire chiaramente.

Resurrezione (L. Tolstoj)
Altro è sapere che, in un dato luogo, c’è chi tormenta, corrompe e uccide i propri simili esponendoli a ogni sorta di umiliazioni e
sofferenze; altro è assistervi per mesi consecutivi. E ** ne faceva la prova (…) e, da quanto aveva veduto, gli organi sceglievano, fra
gli uomini liberi, i più nervosi e ardenti che erano anche i meno astuti e , benché non fossero più colpevoli e pericolosi di altri.

Una nuova coscienza (G. Gaber)
Bisognerebbe essere certi solo di ciò che viviamo direttamente.

Apologia di Socrate (Platone)
Gli uomini desiderano parlare davvero solo di ciò che esula da ciò in cui sono più competenti (…) Bisogna attenersi all’esperienza.

La capra (U. Saba)
Il dolore è eterno, ha una voce e non varia.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Siamo tutti impastati di debolezze ed errori: perdonarci le nostre balordaggini reciprocamente è la prima legge di natura.

F. Basaglia
Non esistono persone normali e non, ma donne e uomini con diversi punti di forza e debolezza ed è compito della società fare in
modo che ognuno possa sentirsi libero, nessuno solo.

Middlemarch (G. Eliot)
La presenza di una natura nobile ci fa vedere le cose in un’altra luce: cominciamo anche noi a rivederle con calma nelle linee generali
e a credere di poter essere visti e giudicati anche noi nella nostra completezza. Questo influsso cominciava a operare su **, che per
molti giorni aveva visto la vita come chi si dibatte calpestato dalla folla e (…) davanti a chi credeva in lui stava recuperando le sue
vecchie qualità.

Diritto di resistenza e nonviolenza (A. Bandinelli) in Ribellarsi è giusto
Questo è un senso non minoritario della nonviolenza (…): rendere visibile e agibile l’alternativa

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
** non era stupido: mancava sì di quella prontezza di spirito che in Sicilia usurpa il nome di intelligenza, ma si rendeva conto della
cosa con lenta solidità e poi non aveva l’impenetrabilità agli affanni altrui comune.

Middlemarch (G. Eliot)
L’indole (…) di Santa Teresa agognava a un’esistenza vissuta nell’epopea (…) Ci sono state molte Terese (…) che non sono riuscite a
vivere epicamente, (…) che forse sono vissute tra un errore e l’altro perché le opportunità che loro si presentarono non erano tali da
far rifulgere la loro grandezza (…) Tentarono di unire pensiero e azione, (…) ma non furono aiutate da una fede condivisa (…) Il loro
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fuoco scivolava tra vago ideale (…) e desideri della donna comune, così l’uno era disapprovato come stravagante ubbia, gli altri
come colpevole debolezza (…) ** aveva una mente teoretica, una coscienza vigile e una grande esigenza intellettuale (…)
Considerata intelligente (…) questo epiteto non sarebbe stato usato da lei in circoli la cui terminologia attribuisce a tale parola la
semplice attitudine ad apprendere e ad agire a prescindere dalle doti del carattere. Tutta la sua brama di sapere rientrava nell’ambito
del desiderio di agire per gli altri.

Jane Eyre (C. Brontë)
Passandomi accanto, alzò gli occhi su di me. Che strana luce li animava! (...) Come un eroe mi trasmise nuova forza e dominai la
crisi isterica che stava per travolgermi, mi sorrise passandomi nuovamente accanto. Che sorriso! (…) era l’espressione di una
straordinaria sensibilità e di un vero coraggio; e tuttavia in quel momento portava sul braccio la fascia con su scritto “Disordinata”:
nemmeno un’ora prima ** l’aveva messa a pane e acqua per aver macchiato un esercizio nel ricopiarlo (…) Occhi come quelli di **
possono vedere solo questi minuti difetti e non cogliere l’immenso splendore.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Il mio cuore si rivoltò. Che delitto doveva espiare? Perché la bruciavano viva, mentre intorno a noi tutte queste donne sorridevano?
Riconoscevo che si nutriva di chimere e aveva scelto la pigrizia e la schiavitù. Ma infine non aveva mai fatto male a nessuno. È
sempre per le nostre colpe che paghiamo; soltanto ci sono porte a cui i creditori non bussano mai e altre cui si scagliano. È ingiusto.

G. Leopardi
Virtù e (…) sapere (…) sono motivo di riso.

Il contesto (L. Sciascia)
“Lei è quasi un letterato”. Con tono che voleva essere cattivante ma lasciava trasparire scherzo e disprezzo: che ** aveva quella
malafama tra superiori e colleghi.

Martin Eden (J. London)
Mi avete parlato della mia attività di scrittore come di un’attività infamante.

Un’introduzione a Operette morali di Leopardi
L’uscita del librò provocò molte polemiche circa la negatività del contenuto e il pessimismo dell’autore.

Un’introduzione a Walden di Thoreau
I concittadini di Thoreau lo consideravano un perdigiorno inetto e ne biasimavano molto i sarcasmi sulla “gente”

Nelle terre estreme (J. Krakauer)
“** era un ragazzo molto profondo il cui forte idealismo era difficilmente compatibile con la vita moderna (…) Sono sicuro che
questo paese è pieno di gente che aveva molto in comune con lui appena arrivata in Alaska, inclusi molti dei suoi oppositori. E forse
è proprio per questo che sono così duri con quel ragazzo, perché gli ricorda troppo il loro io di un tempo” (…) Facile classificare **
nello stereotipo del ragazzo troppo sensibile, del giovane svitato che ha letto troppi libri e manca di un minimo di buonsenso, ma (…)
** non era un irresponsabile scansafatiche, confuso, alla deriva e tormentato dalla disperazione esistenziale. Al contrario, la sua
esistenza brulicava di significati e propositi. Ma il significato che il ragazzo attribuiva alla vita andava oltre un tracciato di comodo:
** diffidava del valore dei traguardi facili (…) Nel tentativo di spiegare il comportamento poco ortodosso di **, alcune persone
hanno attribuito grande importanza al fatto che (…) fosse di bassa statura e che quindi potesse soffrire del “complesso dell’uomo
basso” (…) Altri hanno suggerito (…) un complesso di Edipo irrisolto (…) Questa sorta di psicoanalisi post mortem da due soldi
resta un’impresa dubbia e astratta che inevitabilmente svilisce e banalizza il paziente assente. Molte di queste conclusioni derivano
dalla riduzione dell’inconsueta ricerca spirituale di ** a una mera lista di disordini psicologici prefabbricati (…) La redazione fu
sommersa da tante lettere quante non se ne erano mai viste (…) Lo definivano un idiota imprudente, un folle, un narcisista morto per
arroganza e stupidità e consideravano immeritata l’attenzione riservatagli dai mass media.

Orlando (V. Woolf)
L’amore della natura era innato in ** (…) I giovani ridevano ma il vegliardo restava in silenzio e (…) non cessava di osservare **
(…) Le mostrò le dita della sua mano destra, disseccata dal gelo; le mostrò il piede destro, schiacciato da un masso rotolato dall’alto.
Ecco, le disse, ciò che la Natura infliggeva agli uomini. Allorché lei replicò “così bello però”. Il vecchio si adirò (…) Vedeva che lui
e ** non credevano nelle medesime cose e per quanto saggio e antico fosse, non ci voleva altro per farlo andare in bestia (…) E
quelle meditazioni, siccome ** non poteva comunicarle a nessuno, finivano per farla sospirare (…) “Ah, se potessi scrivere!” (perché
nutriva il pregiudizio della gente che scrive, che un pensiero scritto si comunichi agli altri) (…) Si insospettirono allora più che mai.
Prima di tutto si accorsero che ** era meno diligente e (…) che spesso esitava a lungo prima di rispondere; e in fine, un giorno, un
ragazzo che dormiva si destò in preda al terrore, dicendo di aver sentito gli occhi di lei fissi su di sé. Talora l’intera tribù era invasa da
quel malessere. Esso nasceva dal senso che qualsiasi cosa intraprendessero si riduceva in cenere tra le loro mani. Una vecchia
intrecciava un cesto, un ragazzo scorticava una pecora e tutti e due lavoravano contenti, accompagnandosi con una canzone, ed ecco
che ** entrava, si gettava accanto al fuoco e guardava fisso le fiamme. Non aveva neppure bisogno di guardare dalla loro parte, essi
lo sentivano: là c’è qualcuno che dubita; là c’è qualcuno che non fa le cose per amore delle cose in sé; che non guarda per guardare;
qualcuno che non crede alle pelli di pecora né alle ceste; ma vede, vede qualcos’altro. Allora un’impressione vaga ma oltremodo
sgradevole invadeva a poco a poco il ragazzo e la vecchia. Un’ira sorda si impadroniva di loro. Si auguravano che ** uscisse e non
venisse loro fra i piedi mai più (…) Bastava aprire un libro perché tutto dileguasse in fumo (…) Era nella natura funesta di questo
male sostituire un fantasma alla realtà (…) Il male non l’abbatté (…) Certo, ne fu assai scosso (…) La natura di ** era singolarmente
composita di vari umori: malinconia, indolenza, passione, inclinazione alla solitudine (…) Il gusto per i libri era nato presto (…)
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Nessuna passione era più forte in petto all’uomo del desiderio di far pensare gli altri a modo proprio. Nulla offusca tanto il cielo della
sua felicità, nulla lo riempie tanto di furore quanto il sapere che un altro tiene a vili cose di cui egli fa gran conto (…) Non l’amore
della verità, ma la sete di dominio scaglia fazione contro fazione.

Lord Jim (J. Conrad)
Essi dicevano ‘Maledetto pazzo!’ appena voltava le spalle. Era questa la loro critica della squisita sua sensibilità (…)
Era rimasto stupefatto dalla scoperta che aveva fatto – la scoperta di se stesso – (…) e non intendeva affatto diminuirne l’importanza
(…) e qui stava la sua distinzione (…)
Era sopraffatto dall’inesplicabile; era sopraffatto dalla sua stessa personalità – il dono di quel destino che egli aveva fatto del suo
meglio per padroneggiare.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
“Mamma ha detto che ho una mente stramba e che ho letto troppo. Non è vero, ho letto troppo poco” (…)
Era in parte la mancanza di un rito prescritto che l’aveva sempre costretto all’inazione (…) e lo strepito di tutte quelle voci vacue
(…)
Il suo destino era di sottrarsi a ogni ordine sociale o religioso (…) Era destinato a imparare la propria saggezza lontano dagli altri
(…)
“Non temo di rimanere solo (…) o di lasciare quello che devo lasciare. E non ho paura di commettere un errore” (…)
Una voce parlò teneramente al cuore solitario di **, ordinandogli di andare (…)
Sorrise pensando all’immagine del dio (…) Thoth, il dio degli scrittori, che scriveva con un giunco su una tavoletta e portava sulla
stretta testa di ibis il corno di luna nascente (…) Follia. Ma non era per questa follia che stava per abbandonare casa? (…)
Che uccelli erano? (…) Presagio di bene o di male? (…) Pensò che dovevano essere rondini (…) Allora doveva partire, perché erano
uccelli che andavano e venivano (…)
“Dedalus!” (…) come mai prima il suo strano nome gli sembrava profetico (…) E al nome del favoloso artefice gli parve (…) di
vedere un uomo in forma di falco in volo verso il sole (…) dalla sua prigione (…)
Era solo, giovane, risoluto e selvaggio (…) Una ragazza gli stava davanti, (…)Le lunghe sottili nude gambe erano sottili come quelle
di un airone, (…) le gonne blu (…) riunite dietro a coda di colomba. Il seno era come quello di un uccello (…) Era sola, immobile e
guardava lontano (…) senza vergogna (…) serena.

Solitudine, il ritorno a se stessi (A. Storr)
È vero che molti individui creativi (…) sono estremamente isolati. È anche vero che in alcuni casi un trauma (…) indirizza la persona
potenzialmente creativa verso lo sviluppo di quegli aspetti della sua personalità che trovano compimento in una relativa solitudine.
Ciò non significa tuttavia che la ricerca creativa solitaria sia di per sé patologica (…) Facciamo per un attimo l’ipotesi che questi
individui abbiano mostrato da bambini un comportamento di rifiuto, e accettiamo la tesi che tale reazione serva a proteggere il
bambino dalla disorganizzazione del comportamento. Se trasferiamo questo concetto nella vita adulta, ci accorgiamo che il bambino
che ha un atteggiamento di rifiuto può divenire in seguito una persona la cui prima necessità è quella di trovare all’esistenza un
ordine e un significato che non dipendano completamente, e nemmeno principalmente, dai rapporti con gli altri e dagli altri (come
esempi, riferimenti). Il sapere stare soli è la manifestazione esteriore di un'intima sicurezza che è venuta formandosi durante
l'infanzia (...) Entrare in contatto con i propri pensieri e sentimenti (...) alleggerisce le tensioni e favorisce la salute psichica (...) È
necessario sviluppare nell'uomo la capacità di stare solo (...) Nei manicomi la solitudine è impossibile (...) Le camere d'isolamento
non sono solitudine (...) La solitudine benefica è volontaria (...) I depressi in particolare hanno bisogno di solitudine.

L’io e l’inconscio, parte II, cap. 5 e 2 in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
La società esige l’imitazione o l’identificazione cosciente, ossia che si percorrano riconosciute strade autoritarie (…)
L’individuazione sottrae l’uomo all’unanimità personale e quindi alla collettività (…) Per aver sottratto sé stesso egli deve pagare un
riscatto (…) cioè produrre valori (…) Solamente a colui che crea valori oggettivi è lecito e possibile individuarsi. L’adattamento
interno consente di conquistare le realtà interiori, fonte di quei valori che permettono di riconquistare la collettività. L’individuazione
resta una posa, fintantoché non vengono creati valori positivi (…) Solo pochi ne sono capaci (…) Chi non è sufficientemente creativo
deve scegliersi una società e ricostituire con essa l’unanimità collettiva (…)
Si dice che è egoistico o “malsano” occuparsi di sé, che la propria compagnia è la peggiore, che fa diventar malinconici (…) Ma il
non adattarsi a questo mondo interiore è un’omissione altrettanto gravida di conseguenze quanto l’ignoranza e l’incapacità del mondo
esteriore (…) Poiché le cose del mondo interiore esercitano un’influenza soggettiva su di noi tanto più potente quanto più sono
inconsce, è indispensabile (…) che si obiettivi le azioni dell’Anima e poi si cerchi di sapere su quali contenuti si fondino quelle
azioni (…) L’arte consiste nel lasciar parlare l’invisibile contraddittore (…) senza essere sopraffatti dal disgusto che si può sentire per
un giuoco con se stessi apparentemente così assurdo, o dal (…) dubbio sull’”autenticità” della voce del contraddittore (…) Siamo
talmente avvezzi a identificarci coi pensieri in noi, che ammettiamo sempre di averli fatti noi (…) Meglio (…) considerare (…) certi
pensieri come fatti naturali, così come facciamo coi sogni (…) Occorre (…) obiettività e spregiudicatezza (…) Partendo dal fatto che
sovente nell’affetto si svelano senza volerlo le verità dell’altra parte, è consigliabile giovarsi proprio di un affetto per dar modo
all’altra parte di esprimersi (…) Bisogna esercitare l’arte di parlare a se stessi in stato affettivo e nella cornice di questo, come se
l’affetto medesimo parlasse senza riguardo alla nostra critica ragionevole. Finché l’affetto parla, la critica va trattenuta. Ma quando
ha finito di esporre il suo caso, va criticato coscienziosamente, come se chi ci parla fosse un uomo reale che ci interessa (…) Non
serve a nulla cercare di ingannarsi. Essere scrupolosamente onesti di fronte a se stessi e non anticipare (…) ciò che l’altra parte
potrebbe dire: tali le condizioni indispensabili per questa tecnica di educazione dell’Anima.

Descrizione generale dei tipi in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Considero fondamentalmente errato e svalutativo quel criterio in base al quale l’impostazione introversa viene chiamata (…)
egocentrica o soggettivistica o egoistica. Questo criterio corrisponde al pregiudizio che l’atteggiamento estroverso nutre nei riguardi
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della natura dell’introverso. Non si deve dimenticare – come il punto di vista estroverso facilmente dimentica – che l’attività
percettiva e conoscitiva non è condizionata solo dall’oggetto (…) È caratteristico dei criteri estroversi di valutazione della nostra
epoca il fatto che la parola “soggettivo” suoni talvolta quasi come un biasimo (…) Non di fronte all’estroverso, ma di fronte alla
nostra generale concezione generale occidentale del mondo l’introverso si trova in condizioni d’inferiorità, e non certo per una
questione numerica, ma secondo il suo stesso sentimento. Partecipando con convinzione allo stile generale dell’epoca egli si scava la
fossa con le sue mani, giacché lo stile attuale, che riconosce una realtà solo alle cose tangibili e visibili, si oppone al suo principio
(…) I contenuti dell’inconscio collettivo sono rappresentati nella coscienza sotto forma di tendenze e concezioni esplicite (…) Per
l’estroverso rimane un mistero come mai un punto di vista soggettivo possa essere sovrapposto alla situazione oggettiva. Egli finisce
inevitabilmente per supporre che l’introverso sia un egoista presuntuoso o un (…) dottrinario (…) Da parte sua l’introverso con il suo
modo d’esprimersi (…) favorisce (…) l’affermarsi di un simile preconcetto. Inoltre basterebbe la stessa risolutezza e inflessibilità del
giudizio soggettivo (…) a determinare l’impressione di un forte egocentrismo. Manca per lo più all’introverso un argomento efficace
per controbattere questo pregiudizio: egli infatti è completamente all’oscuro circa i presupposti inconsci, e ciò nondimeno
universalmente validi, del suo giudizio (…) In perfetta adesione allo stile dell’epoca, anche egli cerca al di fuori e non dentro alla sua
coscienza (…) L’introverso fornisce nuove concezioni (…) nuovi problemi (…) nuove prospettive (…) L’immagine simbolica
originaria (…) in forma più o meno oscura, è sempre presente al suo sguardo interiore. Questa forma di pensiero (…) mira (…) a una
trasmutazione dell’immagine oscura in idea chiara (…) La sua forza creatrice risiede nel fatto che il pensiero di questo tipo può
generare anche idee che non erano contenute nei fatti esterni e che pure ne costituiscono l’espressione astratta più adeguata
(…)L’intuizione introversa (…) fornisce dati che possono essere di straordinaria importanza per la comprensione degli accadimenti
universali. Essa può persino prevedere (…) gli archetipi che presentano il decorso regolare di tutte le cose accessibili all’esperienza
(…)È necessaria, per questa forma di sentimento, una capacità di espressione verbale o artistica non comune, allo scopo di poter
esprimere esteriormente la sua ricchezza o di poterla comunicare ad altri sia pure approssimativamente (…) Un tale effetto può
essere ottenuto, quantunque sia straordinariamente difficile.

Psicologia e alchimia (C. G. Jung)
La vita, per compiersi, ha bisogno non della perfezione, ma della completezza (…) La totalità è pericolosa… stare vicino a Dio è
stare vicino al fuoco.

Zibaldone (G. Leopardi)
Piccoli spiriti (…) non hanno mai considerato il genio e l’entusiasmo come una superiorità, anzi come una pazzia, come fuoco
giovanile, difetto di prudenza, di esperienza di senno ecc. e si stimano molto più essi, onde non possono provare invidia, perché
nessuno invidia la follia degli altri, bensì compassione, o disprezzo, e anche malevolenza, come a persone che non vogliono pensare
come voi, e come credete che si debba pensare (…) L’immaginazione (…) rende l’uomo infelice per la profondità delle sensazioni
oppure (…) al contrario lo rallegra (…) colla facilità di fermarsi sopra tutti gli oggetti e di abbandonarli e conseguentemente colla
copia delle distrazioni. E ne seguono diversissimi caratteri. Il primo (…) malinconico, profondo nel sentimento e nelle passioni (…)
L’altro (…) leggiero, (…) incostante (…) incapace di (…) durevoli passioni e dolori (…) L’immaginazione profonda (…) racconta
(…) I fanciulli (…) son pieni di distrazioni. Giacché la loro fantasia ha gran facilità di staccarsi subito da un oggetto per attaccarsi a
un altro. Eccetto alcuni fanciulli d’immaginazione destinata a grandi cose, e a fargli infelici quando saranno maturi, la profondità
della quale (…) li tormenta nella stessa fanciullezza com’è accaduto a me. Ed è notabile come questa profondità della immaginazione
li renda gelosissimi del metodo e del consueto (…) spaventandosi dello straordinario.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Tieni celata la tua solitudine. Non devi attribuire la causa del tuo ritiro al desiderio di attendere alla filosofia o di vivere in quiete:
giustifica diversamente la tua intenzione, parla di salute malferma, di debolezza e peggio ancora di pigrizia (…) Molti (…) ricercano
ciò che è rinchiuso e nascosto (…) Questo è il costume degli ignoranti (…) Raccoglie molta gente intorno a sé chi fa parlare della sua
solitudine.

I cosiddetti sani: la patologia della normalità (E. Fromm)
La teoria dell’adattamento si basa implicitamente su alcune premesse: 1) ogni società in quanto tale è normale; 2) chi non
corrisponde al tipo di personalità gradito alla società deve considerarsi psichicamente malato; 3) il sistema sanitario, in ambito
psichiatrico e psicoterapeutico, ha lo scopo di ricondurre il singolo individuo al livello dell’uomo medio, indipendentemente dal fatto
che questi sia cieco o vedente. L’unica cosa che conta è che l’individuo sia adattato, e che non turbi il contesto sociale (…) Ai fini
non solo del progresso ma della stessa sopravvivenza di qualsiasi società della specie umana, la disponibilità a non adeguarsi risulta
essenziale quanto la tendenza a comportarsi in conformità alle norme (…) Finora nella storia dell’uomo è sempre esistito un conflitto
tra gli interessi dello sviluppo dell’individuo e gli interessi di una data società, e dunque sono sempre esistiti anche due diversi
concetti di salute psichica. Naturalmente i fautori del concetto orientato alla società danno sempre a intendere che esso si identifichi
con quello orientato all’uomo: ciò che è bene, ciò che è il meglio per la società lo è anche per l’uomo. E la maggior parte delle
persone lo crede (…) Si fa per esempio ricorso a una formula: la salute psichica consiste nella capacità dell’uomo di produrre e
riprodurre la propria specie (…) Parafrasare la salute psichica con termini quali lavoro e piacere in realtà non ha alcun senso (…)
Perciò la maggior parte di queste formule generalizzanti serve solo a mascherare il fatto che in realtà (…) stiamo parlando
dell’interesse della società per un determinato funzionamento dell’uomo. La stessa idea si cela dietro la formula in base alla quale la
salute psichica dovrebbe significare l’adattamento dell’uomo alla società. Si pone lo stesso identico problema: è sufficiente chiederci
se sia sano anche un individuo che si adegua a una società malata (…) Per la società è malato chi non funziona più. Sul piano
sentimentale o artistico uno può essere il più grande idiota, non capire nulla ed essere incapace di intendere la realtà, sotto un aspetto
diverso dal guadagnare denaro, ma passa sempre per una persona molto in gamba (…) Chi non prova nulla, chi non ha esperienze
soggettive di nessun tipo, è adattissimo alla nostra società, perché ad essa interessa soltanto controllare le cose e funzionare sul piano
pratico. Ma non è affatto detto che chi funziona goda anche di buona salute.

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Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Secondo Sartre l’uomo (…) è condannato a essere libero (…) Condannato perché non ha creato se stesso, e tuttavia libero (…) Non
esistono né valori eterni né norme a cui possiamo appellarci: per questo è ancora più importante quale scelta facciamo, perché siamo
totalmente responsabili delle nostre azioni (…) L’uomo deve fare la propria scelta e non può, per sottrarsi a quella responsabilità,
affermare che tutti “dobbiamo” lavorare o adeguarci a determinate aspettative borghesi (…) Chi scivola così nella folla anonima è
solo un uomo massificato e impersonale: è in fuga da se stesso e vive una vita di menzogne. La libertà umana ci impone di fare
qualcosa di noi stessi, di esistere “autenticamente” (…) Per Sartre la vita deve avere un significato, ma siamo noi che dobbiamo
crearlo per la nostra vita.

Conversazioni su di me e tutto il resto (W. Allen)
EL: Semplifico troppo, ma mi sembra di poter rintracciare un tema. Non molto tempo fa, parlando di Zelig, sottolineasti il pericolo
che il conformismo sfoci nel fascismo. In Anything Else è come se, in senso figurato, il ragazzo desse retta a un paranoico con le
rotelle fuori posto che crede di essere in contatto con gli extraterrestri. Il messaggio, nemmeno troppo velato, sembra ammonire
rispetto ai pericoli che si corrono non essendo se stessi.
WA: Non hai via di scampo in ogni caso, visto che anche a essere se stessi si va incontro a un mucchio di guai [ride]. Ma almeno ti
senti meglio. È come per un atleta, un pugile: non puoi combattere con le armi dell’avversario e per giunta perdere. Se fai la tua gara
e perdi, pazienza; ma se fai la gara dell’avversario e poi perdi, poi ti senti di merda.
Nel cinema succede spesso. Se ti pieghi a compromessi per inserire nel film qualcosa che non ti appartiene, per compiacere il
pubblico o la critica, per ragioni commerciali o persino per velleità artistiche… se, per un motivo calcolato, accetti una soluzione che
ti lascia perplesso e per giunta fallisci, ti senti veramente male. Se invece vai per la tua strada, seguendo ciò a cui tieni veramente, che
senti, che fai per puro piacere personale, e il film si rivela un disastro, alla fine ti senti sicuramente meglio di come mi sentivo con
Ciao Pussycat, una commedia che sembrava piacere a tutti mentre io la detestavo. Se non ricavi un piacere da ciò che fai, a che
serve? Se un mio film viene stroncato in tutto il mondo, ma a me piace, quanto meno posso dire di averne tratto qualcosa. Se invece
piace al pubblico ma non a me, certo, il cassiere del cinema sarà contento, ma io non ne avrò ricavato alcuna soddisfazione.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Pregiudizio, vanità, calcolo: ecco quello che governa il mondo. Chi non conosce altri princìpi di condotta all’infuori della ragione,
della verità, del sentimento, non ha quasi nulla in comune con la società. È dentro di sé che deve cercare e trovare tutta la sua felicità
(…) Che cosa trova un giovane entrando nel mondo? (…) Se egli ha un carattere abbastanza elevato per (…) governarsi in base ai
propri princìpi, consigliarsi coi propri lumi, col suo animo conformemente alla sua condizione che egli conosce meglio di ogni altro,
subito lo si definisce originale, singolare, ribelle. Ma se egli ha poca intelligenza, poca nobiltà, pochi saldi princìpi, se egli non si
accorge che vogliono proteggerlo, dirigerlo, se egli è strumento in mano di coloro che per primi se ne impadroniscono, ecco che lo
trovano simpatico e, come si usa dire, il miglior ragazzo del mondo (…) Per avere un’esatta cognizione delle cose, bisogna prendere
le parole nel senso propriamente opposto a quello che si dà loro in società. “Misantropo”, ad esempio, vale “filantropo”; “cattivo
francese” si intende per “buon cittadino che mette in evidenza mostruosi abusi”; per “filosofo” si intenderà “uomo semplice che sa
che due più due fan quattro”, ecc. (…) Non si deve saper vivere soltanto con quelli che sono capaci di apprezzarci: questa sarebbe
l’esigenza di un amor proprio troppo delicato e troppo difficile ad accontentarsi; bisogna fondare la propria vita in armonia con
coloro che sanno aver coscienza del nostro valore.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Lo zoppo è un archetipo antichissimo (…) Lo zoppo è colui che ha incontrato la sofferenza, è meno forte degli altri. Lo zoppo è lo
sciamano. Solo chi conosce la sofferenza può curarla (…) Lo sciamano parla balbettando perché parla contemporaneamente le lingue
dei due mondi (…) Chi è l’eroe? L’eroe spesso è quello che tutti sfottono (…) talmente abituato alla disapprovazione e al disprezzo
che è disposto a subirli ancora pur di non far del male a un proprio simile (…) Per questo i diversi sono stati sempre invisi alle
dittature. I diversi solo i contaminati, i contaminanti (…) L’elenco dei giusti, coloro che durante il nazismo rischiarono la vita per
salvarne altre, è incredibilmente povero di primi della classe (...) La diversità è una risorsa, un'opportunità di crescita (…) Sono le
nostre sconfitte, i nostri difetti, le nostre malattie che ci rendono forti e in grado di resistere.
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ANTIDOTI NATURALI ALL’AFFANNARSI E AL RAZIONALISMO
http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri
Quanto ai libri e ai siti web più utili per apprendere soluzioni ampiamente sperimentate a molti diversi problemi nervosi, le classiche
TECNICHE COGNITIVO-COMPORTAMENTALI di base, e altre soluzioni utili ai problemi nervosi e comuni, leggete il paragrafo che segue con
attenzione e tenendo ben a mente che i termini tecnici contenuti in esso e nei libri citati esprimono in genere concetti semplici.
Per le tecniche così chiamate vere e proprie il testo di riferimento è Psicopatologia dello sviluppo. Storie di bambini e psicoterapia
(F. Celi), un libro che dovrebbe stare in ogni casa. Anche in Sinossi di Psichiatria (Kaplan – Sadock's) ne trovate di importanti, in
particolare nei paragrafi dedicati ai vari disturbi da tic e di panico e nel cap. 28. Chi non può leggere Sinossi di psichiatria a causa del
costo elevato, legga con attenzione questi libri e il paragrafo più dettagliato su queste tecniche nel documento
http://www.slideshare.com/Piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri e/o li integri con pagine online, se ve ne sono, su deriflessione,
sulle reazioni ai più comuni errori cognitivi, su Habit reversal (risposta competitiva), sui diari (di cose belle accadute o realizzate, di
pensieri automatici, di compulsioni, di ossessioni e di rituali), ma credo che questo manuale vada sfogliato (ne trovate citati altri
capitoli in questo documento). Su www.videogametherapy.it si informa sull'uso dei videogiochi per aiutare ad affrontare paure ma
anche ansia, depressione o disturbo da stress post-traumatico, ma non è chiaro però se sia possibile scaricare i videogame evitando di
coinvolgere gruppi e psicoterapeuta (se no, ciò potrebbe bastare a sconsigliare questo approccio, perché il pericolo rappresentato dai
gruppi e dal contatto con queste figure professionali è sempre considerevole). Cercate online informazioni sullo "script di
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riverberazione" illustrato da Di Giovanni in Psicologia della comunicazione. In Dialoghi ininterrotti (P. Bastianoni) si cita la
deriflessione, che è semplicemente distogliere il pensiero da un problema al momento insormontabile per concentrarlo sul futuro e su
un progetto. Chi soffre di balbuzie o ha figli che ne soffrono dovrebbe leggere alcuni dei manuali di formazione dei logopedisti,
scegliendo quelli più recenti, oltre a rivolgersi a uno di loro (io conosco alcune delle tecniche impiegate grazie a un racconto senza
pretese di Nicholas Evans, Insieme con i lupi). Chi soffre di fobie o autolesionismo può trovare utile anche leggere il capitolo sulla
fobia degli alieni di Civiltà in transizione: dopo la catastrofe di Jung e forse Ossessioni, fobie e paranoie di Freud, oltre che i saggi
citati più sopra e più avanti di Celi, De Beauvoir, Bastianoni, Storr e Salvini; nel cap. 2 di Diversità, devianza e terapia (Salvini-
Galieni) viene descritto il trattamento di fobie specifiche con la realtà virtuale. Informatevi sul neurofeedback, praticato anche in
ospedale, ma non adatto a tutti. Ogni tanto valutatevi con dei test su coping, problem solving, locus of control e cognizione sociale
quali almeno COPE, CISS e TOPS, con la precauzione di farlo in privato e cestinando il tutto fuori casa subito dopo (rimando al
paragrafo sui test psicologici più oltre nel documento). Consiglio di tener presente il modello di ORGI di Schein sullo sfondo dei
contributi della psicologia Gestalt e cognitiva, di quella psicodinamica e di quella detta psicosociale (meccanismi di difesa primitivi,
misure di sicurezza, errori tipici di percezione, di formazione delle impressioni e di attribuzione di cause). Rimando anche al buono
schema riassuntivo di metodi, limiti e vantaggi sui tre orientamenti psicodinamico, cognitivo-comportamentale e sistemico-
relazionale nella tabella 4.1 di Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca).
Tra i libri di Carl Gustav Jung sono importanti come guida nel comportamento mirato a risolvere problemi nervosi in particolare i
capitoli La lotta con l'ombra (in Civiltà in transizione: dopo la catastrofe), La tecnica di differenziazione tra l'io e le figure
dell'inconscio, la seconda metà di Anima e Animus e forse anche I tentativi di liberazione dell’individualità dalla psiche collettiva (in
Due testi di psicologia analitica) e Fantasie dell'inconscio, Nevrosi e fattori etiologici dell’infanzia e Un caso di nevrosi di una
bambina (in Freud e la psicanalisi); in particolare Un caso di nevrosi di una bambina descrive i vari passaggi con cui si è permesso a
una bambina di superare dei problemi che avevano provocato in lei dei sintomi nevrotici anche psicosomatici e gli altri capitoli
spiegano come affrontare e gestire umore inspiegabilmente depresso, cattive tendenze e fantasie nevrotiche. Analisi individuali più
complesse, a causa dell’apporto di molti sogni o mandala, eseguite secondo i metodi elaborati da Jung sono descritte nel cap. Simboli
di un’analisi individuale di L’uomo e i suoi simboli a cura di Jung e nelle pagine dedicate alla donna alle prese con i mandala nel cap.
Empiria del processo di individuazione in Archetipi e inconscio collettivo (dei due quello più voluminoso), mentre generali istruzioni
con numerosi esempi tratti da casi reali al riguardo si trovano nel cap. Processo di individuazione del citato ora L’uomo e i suoi
simboli. Tuttavia trovo che si riesca ad apprendere meglio le soluzioni date in questi testi se si approfondisce che cosa Jung intenda
con dissociazione dall’inconscio, possessione, prepotenza dell’Ombra, trickster e nevrosi: può quindi aiutare leggere in seguito anche
almeno quei capitoli selezionati in questo mio documento di Due testi di psicologia analitica, Archetipi e inconscio collettivo,
Mysterium coniunctionis, Ricerche sperimentali, Simboli della trasformazione, Civiltà in transizione:il periodo tra le due guerre, Lo
sviluppo della personalità, Freud e la psicanalisi. Credo anche che guidare in modo razionale il proprio comportamento richieda
nozioni sulle proiezioni, sul transfert e controtransfert e sul fascino: Jung affronta questi comportamenti inconsci all’origine di
distorsioni del giudizio in alcuni dei libri ora citati, ma anche in Pratica della psicoterapia nei capitoli 4 e 5 di Psicologia
dell’inconscio e nei capitoli I rapporti della psicoterapia con la cura d’anime e Il bene e il male nella psicologia analitica di
Psicologia e religione.
Di Erich Fromm è importante soprattutto leggere L’arte di ascoltare, per le soluzioni che fornisce sull’autoanalisi a partire dal
presente e anche dalle sensazioni fisiche e per le spiegazioni sulle ragioni per cui l’autoanalisi va imparata e preferita a qualsiasi
soluzione in studio o di gruppo.
Un buon suggerimento di Freud è di avviare l'autoanalisi con una liberatoria espressione scritta dei dialoghi e dei fatti del passato che
ristagnano nella memoria e bloccano l'energia, astenendosi da spiegazioni, commenti e giudizi e cestinando il tutto in seguito.
In Solo bagaglio a mano, Romagnoli riporta il consiglio seguito da lui stesso e da alcuni reduci da grandi traumi di raccontare
l’esperienza dolorosa vissuta servendosi di una lingua straniera per per mantenere un certo distacco e non rivivere il trauma.
Ricordo nuovamente che L'orologio della mente di Slepoj offre consigli per affrontare molti diversi problemi e lo fa con poche
parole, che Imparare a leggere di Bettelheim e Zelan non solo insegna a superare i lapsus nella lettura con calma autoaccettazione,
ma mostra come la lettura possa diventare un ottimo strumento per fare autoanalisi e creare benessere. Meno semplice è imparare a
cambiare percorso attraverso l’interpretazione di incidenti e di alcune malattie fisiche con l’aiuto offerto da Freud in Psicopatologia
della vita quotidiana e Groddreck in Il libro dell’Es. In Tecniche proibite di persuasione (S. Allen) sono esposte con ordine altre altre
tecniche soprattutto di comunicazione e per incitare se stessi a fare qualcosa di utile. Bisogna tener presente che Marte e Venere si
innamorano di nuovo di Gray, Solitudine:ritorno a se stessi (A. Storr)e i libri citati di Seneca (in particolare A Marcia) e in parte
anche Dialoghi ininterrotti (P. Bastianoni) sono i libri da considerare in caso di lutti e separazioni (da Gray si viene guidati su come
scrivere utili lettere a sé e agli altri per chiarire e gestire le proprie emozioni, anche da cestinare subito dopo), ricordando che di Storr
è importante al riguardo il capitolo sul lutto e in generale il capitolo sulla differenza tra effetti della solitudine volontaria e di quella
forzata. L'autostima nei bambini (Frascarolo-Moutinot), come il libro appena citato di Gray, informa su come gestire le emozioni in
genere, oltre che i traumi infantili, e secondo me va letto. Sulla gestione efficace delle emozioni, leggete anche la pagina Wikipedia
sul film Disney Inside Out. Come funziona la legge d’attrazione di Losier e Il magico potere del riordino di Kondo spiegano come
utilizzare le tecniche dei diari, delle liste dei desideri (queste ultime soprattutto a partire da ciò che non si vuole con trasposizione in
forma affermativa) e della selezione e del riassetto di armadio, arredamento e oggetti personali per scoprire ciò che piace davvero,
agire di conseguenza e attrarre qualcosa di corrispondente. Piccola guida per persone intelligenti che non sanno di esserlo (Millètre)
offre un suggerimento dietro l'altro a chi fa parte dell'esigua minoranza con il centro cerebrale a destra. In L'arte del rilassamento,
della concentrazione e della meditazione (J. Levey) leggete almeno le pagine su esercizio di flusso e respirazione in nove parti
(simile al Pranayama) e inoltre su meditazione che sfrutta proprio i pensieri e le emozioni distraenti e su gestione delle emozioni (lo
schema su egocentrismo e maturità). Tenete presenti le pagine online sui mudra più semplici e sugli esercizi yoga semplicissimi da
eseguire restando eretti e solo con le braccia (es. accompagnare il respiro sollevando e incrociando le braccia due volte davanti a sé).
Per quanto sorvolino su molti aspetti negativi della convivenza con animali, L'anello di re Salomone (K. Lorenz) e La felicità è un
cucciolo caldo (A. Montes de Oca) offrono testimonianze sincere su come trarre da essa grande sostegno, soprattutto in periodi
storici duri o nella malattia (fisica o mentale).
La terza e quarta età possono essere affrontate meglio leggendo libri sull’argomento, ricordando che ne vengono citati in Politica dei
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servizi sociali di Ferrario, nei libri del liceo delle scienze umane (exmagistrali) e nel libro citato di Bastianoni e che anche la citata De
Bouvoir ne ha scritto. Per quanto riguarda la crisi di mezza età (35 anni per le donne e 45 per gli uomini in genere) e
l’invecchiamento si dovrebbe tener conto anche dei citati libri di Gray e Storr e inoltre di Gli stadi della vita in La dinamica
dell’inconscio, il capitolo o paragrafo Il matrimonio come relazione psicologica in Lo sviluppo della personalità e se possibile anche
le pagine sul problema dei contrari (enantiodromia), sul fascino e sulla “persona” (il modo in cui ci si presenta) come compromesso
sociale in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung), ma anche curiosare sulle risposte ai lettori delle riviste in edicola e su pagine
online su vaginismo, matrimoni bianchi e gruppo degli asessuali. Oggi nei libri di testo scolastici si afferma che la crisi di mezza età è
poco diffusa e molto dipendente dal contesto sociale e dal periodo storico, ma ciò mi sembra troppo in contrasto con le ricerche di
Jung sulla sua ricorrenza tra i primitivi e con l'esperienza e osservazione di molti. Per riflettere sulle scelte sessuali e sulla
gravidanza, io consiglio soprattutto il secondo volume di Il secondo sesso di De Beauvoir, la quale non era però informata sugli
effetti collaterali della pillola anticoncezionale.
Di Seneca offrono soluzioni utili in modo efficace soprattutto La tranquillità dell’animo, La brevità della vita, la vita felice, L’ira e
forse anche La vita ritirata (o contemplativa) e Consolazione alla madre Elvia.
Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes) offre alle donne consigli e soluzioni precise e graduali, considerando i problemi
femminili più difficili e quelli più frequenti in alcune fasi della vita (per farsi un’idea del libro forse è meglio leggere per primo il
cap. 6).
Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe (B. Bettelheim) accompagna, attraverso l’analisi di fiabe
più e meno note, i cambiamenti di infanzia e adolescenza e incoraggia a diventare se stessi, integrando in sé faticosamente tendenze
discordanti tra loro o problematiche: l’autore cerca di illustrare anche ciò che vale per ogni altra fase evolutiva, dando speranza e
conforto a chi accetta rischi, sofferenza e profondità; il testo può quindi fornire qualche aiuto nel chiarire e incoraggiare
l’integrazione nella personalità di impulsi contrastanti , regressivi, prematuri o distruttivi e in generale gli sforzi personali di superare
tenaci paure e maturare.
Consiglio i cap. 5, 7 e 9 di Il drago come realtà (S. De Mari) per i consigli riguardo problematiche come emarginazione, anoressia,
rivalità femminile, abusi sessuali dei genitori.
I persuasori occulti (V. Packard) aiuta molto a conoscere se stessi e a difendersi da pubblicità, eccessi di politici e dell’ingerenza
degli psicologi nel mondo del lavoro.
È importante leggere questi libri con senso critico e per svilupparlo è necessario attendere di averli letti tutti prima di seguirne i
consigli e di valutare le opinioni espresse dagli autori, che spesso esprimono pareri diversi oppure espongono opinioni soggettive su
questioni religiose: in particolare consiglio di correggere le affermazioni di Gray sull’”anima gemella”, sulla “persona giusta” e
sull’importanza delle relazioni affettive intime leggendo quanto ne pensa Storr nel citato libro di quest’ultimo sulla solitudine, di
leggere almeno L’arte di ascoltare di Fromm prima di seguire il consiglio di rivolgersi a psicoterapeuti e gruppi di sostegno che
danno Gray e i coniugi Sadock e Ruiz e infine di reagire al paragrafo un po’ delirante sulla provvidenza nella fantasy nell’ultimo
capitolo del libro di De Mari riflettendovi con distacco grazie all’autobiografia e a Risposta a Giobbe di Jung; quanto al libro pur
bellissimo e rasserenante di Groddeck dovreste, oltre che evitare le lettere X, XIV, XVIII e XX, dare poco credito ai commenti su
lutto e fisiognomica e alle generalizzazioni sulle origini psichiche di gravi malattie e circa l’interiorità di uomini e donne intesi come
categorie.
Consiglio di leggere http://www.slideshare.com/analisi-dei-sogni-con-mitologia-e-alchimia oppure in
http://www.slideshare.com/simboli (quest’ultimo raccoglie insieme il testo sull’analisi dei sogni, quello sull’astrologia e le analisi
del testo che fanno riferimento prevalentemente a nozioni di psicologia e alchimia) .
Leggere il riassunto http://www.slideshare.com/meccanismi-di-difesa-e-altre-distorsioni-del-giudizio può risultare importante in
alcune situazioni.
Naturalmente un testo, anche online, sull’autodifesa che segnali quali siano gli abusi più frequenti in vari ambienti e suggerisca di
volta in volta come affrontarli, altri libri di self-help e tutte le pagine internet che aiutano a risolvere problemi di carattere pratico
(scuola, lavoro, casa, abiti, farmaci, ecc.) integrano al meglio questo paragrafo.
Consiglio la parte finale di http://www.slideshare.com/guida-per-difendersi-dagli-altri (la versione lunga di
http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri) oppure http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-
psichiatria-italiana o, per utilizzare un testo breve ma con qualche ripetizione, http://www.slideshare.com/come-gestire-emozioni-e-
sensazioni-fisiche-spiacevoli; consiglio anche http://www.slideshare.com/citazioni-su-intelligenza-e-coraggio in particolare per i
consigli pratici espliciti o impliciti della serie di citazioni da testi di Jung, Fromm, Celi, Losier, Gray, Moutinot e Kondo e per il
paragrafo finale.
Per esperienza e letture posso garantire che la narrativa e i film sono utili soprattutto se a lieto fine pur non essendo superficiali, ma
non devono precedere né tanto meno possono sostituire manuali e saggi: potete trovarne un elenco abbastanza breve in
http://www.slideshare.com/guida-per-gli-utenti-delle-biblioteche.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
La sottolineatura delle inadeguatezze passate serve solo a creare senso di colpa (...) Quanto un essere umano può restare senza
rinforzatori? (...) Ecco in primo piano i grandi princìpi della gradualità e della programmazione degli obiettivi per piccoli passi (...) Il
modellaggio consiste nel rinforzare/premiare quei comportamenti che più si avvicinano all'obiettivo, anche se ne sono ancora distanti
(...) La terapia comportamentale ha bisogno di adattarsi alle esigenze del paziente (...) ed è diversa per pazienti di età diversa, (...) ma
tutti gli esseri umani hanno bisogno di zuccherini per crescere, maturare, guarire. Ne abbiamo bisogno tutti. È soltanto che gli
zuccherini hanno per, ciascuno di noi, un nome diverso (...) Nessuno è completamente autonomo (...) L'autonomia, così intesa, è un
pensiero dicotomico e irrazionale. L'autonomia completa non esiste. Abbiamo tutti bisogno d'aiuto (...) Ecco cosa ci insegna una
piccola paziente, meglio di un accademico: un programma psicoterapico dovrebbe essere bello (...) Il lavoro non sarà, ovviamente,
solo comportamentale, ma anche centrato su un modo diverso di concettualizzare i nostri comportamenti e le nostre emozioni (...) Un
compito graduato che funziona mostra che non è vero che non si può fare niente è che la prova che non si può fare niente è che,
infatti, non si sta facendo niente, in un circolo vizioso.
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Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
"Una spiegazione intellettuale delle motivazioni, per quanto esatta possa essere, non basta a modificare efficacemente il
comportamento del soggetto" (Rogers 1942). Un utilizzo distorto ed eccessivo della facoltà di ragionamento razionale (...) danneggia
gravemente la componente affettiva (per mezzo dei meccanismi di razionalizzazione e intellettualizzazione) (...) Altre difese che,
basandosi sul funzionamento intellettivo, distorcono l'area emotiva, sono l'isolamento affettivo e l'annullamento retroattivo.

Plutarco
La mente non è un vaso da riempire, ma legna da far ardere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità.

M.Montaigne
Meglio una mente ben strutturata che una piena di nozioni.

Nei giorni del colore prismatico (M. Moore)
Nel confuso sciamare e nelle minuzie (…) all’inferno dilettandosi di astrusità (…) La verità non è l’Apollo del Belvedere, non è cosa
formale. Sii certo che ci sarà se dice: “Ci sarò quando l’onda sarà passata”.
L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione (J. Levey)
La capacità di rilassarsi costituisce il fondamento della pratica della concentrazione e della meditazione, (…) di un processo
dinamico che lascia a volte del tutto paralizzati dall’angoscia, altre volte alle prese con tensioni e ansie, altre volte ancora calmi e
fiduciosi.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Secondo l'ACT sono due i processi che rendono le persone bloccate a tal punto da diventare ad esempio ansiose e depresse: la fusione
cognitiva e l'evitamento esperienziale (...) L'ACT (...) è una forma di terapia evidence-based che mira ad aiutare i pazienti ad
accettare i propri pensieri, le proprie emozioni e dunque anche i propri sintomi e (...) a convivere serenamente con essi, (...) ma anche
a intraprendere azioni guidate dai propri valori (...) L'ACT ottiene ciò tramite le abilità di mindfulness, (...) con flessibilità
psicologica, (...) con un atteggiamento aperto e curioso (...) La grande lezione dell'ACT è (...) la defusione tra sé e le proprie paure e
ansie, (...) l'evitamento dell'evitamento.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Devi essere fiducioso e rilassato (…) Particelle di consapevolezza (…) allora si gettano sul tuo pensiero come uno stormo di uccelli
(…) Possiamo vedere solo accettando di stare in mezzo a dubbi (…) senza dare irosamente la caccia a fatti e ragioni (…) in una
visione indiretta.

Chiedi alla polvere (J. Fante)
Era polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, un frenetica ricerca cieca (…) e affannosa di una pace. E una ragazza fu
ingannata dall’idea che felici fossero quelli che si affannavano e voleva essere dei loro.

The fear (L. Allen)
Voglio essere ricca e voglio tanti soldi. Non m’importa dell’intelligenza, non m’importa del divertimento (…) E mi spoglierò e sarà
spudorata (…) Non so più cosa è giusto e cosa è reale e non so più come devo sentirmi (…) perché sono caduta sotto il controllo
della paura.
La vita riguarda più le star dei film e meno le madri. Tutto riguarda auto veloci e sorpassarsi l’un l’altro, ma non importa perché sto
impacchettando la carta di credito.

L’incertezza in Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Tra la gente ragionevole e quella attiva si era sempre considerato come un ospite (…) Ora in questo nulla di certezze sentiva
un’accresciuta sicurezza (…) Invero la felicità non è nulla di ragionevole che dipenda una volta per tutte da una determinata condotta
o dal possesso di certe cose, bensì è una disposizione dei nervi che trae forma in felicità tutto o nulla.

Avere o essere (E. Fromm)
Essere attivo (…) non va inteso nel senso di un’attività esterna, nell’essere indaffarati, ma di attività interna (…)Essere attivi significa
dare espressione (…) alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pure in vario grado. Significa rinnovarsi, crescere,
espandersi, amare, trascendere il carcere del proprio io isolato, essere interessato, “prestare attenzione”, dare (…) L’espressione
“attività produttiva” denota lo stato di attività interiore, ma non è necessario che sia in rapporto con la creazione di un’opera d’arte o
di scienza, o con alcunché di utile (…) Gli individui produttivi animano tutto ciò che toccano; fanno nascere le proprie facoltà,
insufflano vita in altre persone e nelle cose.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Era uno di quelli che cercano apposta le condizioni di vita più dure per giustificare il fatto di essere duri (…) e gettano a ogni
occasione in faccia alle feste della vita il loro tetro attivismo.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Non si deve credere che imponendosi degli sforzi ci si possa a lungo andare salvarsi dalla coazione della libido. I compiti che
possiamo coscientemente assegnare alla libido sono molto limitati. Altri compiti di tipo naturale essa se li sceglie da sé, perché è
determinata in questo senso. Se questi compiti vengono aggirati, anche la vita più laboriosa non serve a nulla, perché bisogna tener
conto di tutte le determinanti nella natura umana.
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Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
Nell’uomo non vi è nulla di più pregiudizievole nei riguardi di questa connessione, di una vita coronata da successo che lo induca a
dimenticare la sua dipendenza dall’inconscio.
Il castello (F. Kafka)
Non vedo chiaramente la mia colpa. Solo se mi confronto con te intravedo vagamente qualcosa : come se noi due ci fossimo sforzati
troppo e con troppo rumore, con troppa puerilità, con troppa inesperienza, a ottenere piangendo, graffiando, tirando – come un bimbo
che tira la tovaglia ma non conclude nulla, getta solo a terra tutte le meraviglie e le rende irraggiungibili – qualcosa che con la calma,
l’obiettività si sarebbe potuto conquistare facilmente e insensibilmente (…)
Era convinto che tra un istante si sarebbe addormentato per davvero e stavolta senza interruzioni né sogni; tra i segretari competenti e
quelli incompetenti e di fronte alla folla delle parti occupatissime sarebbe caduto in un sonno profondo, fuggendo così lontano da
tutto (…) Alla voce di ** si era ormai tanto abituato che gli avrebbe facilitato e non impedito di dormire (…) Eccolo lì, il tuo dio
greco! Strappalo via dalle piume. (…) Dormiva (…) La fastidiosa coscienza lo lasciava in pace. Si sentiva libero (…) Il sonno non se
lo sarebbe lasciato portare via da nessuno. Aveva l’impressione di aver riportato una grande vittoria (…) Si voltò bellicoso cercando
il nemico ma non c’era più nessuno e anche la coppa del vincitore s’era infranta. Finì di calpestarla (…). Sorridendo, uscì senza
salutare.

Peanuts (C. Schulz)
Linus: - Snoopy, io non capisco la gente…
Snoopy: - Capisco come si sente. Anch’io mi sentivo spesso così. Adesso lascio che sia la gente a cercare di capire me.

La vita felice, La tranquillità dell’animo, La brevità della vita ( L. A. Seneca) Libri Scheiwiller
Gli inquieti (…) si girano continuamente finchè trovano riposo nella stanchezza (…) sempre scontenti di sé, (…) perchè afflitti dagli
squilibri interiori e dai desideri incerti e poco fortunati; infatti gli inquieti o non tentano nemmeno di avere quanto desiderano oppure
non riescono ad ottenerlo, per cui vivono in una vana speranza. Allora li prende il rimorso per quanto hanno fatto e la paura di rifarlo.
E si insinua in loro quell’agitazione dello spirito che non trova via d’uscita, perché non sanno né dominare le passioni né sottostarvi;
ecco l’incertezza, tipica di una vita che non può realizzarsi e lo squallore di un animo intorpidito tra speranze deluse. E questo si
aggrava quando l’irritazione per qualche insuccesso li induce a rifugiarsi nella solitudine, difficile da sopportare per chi (…) è in
capace di trovare conforto in se stesso (…) Il dispetto per i successi altrui e l’irritazione per i propri fallimenti provocano poi
recriminazioni contro la sorte e contro i tempi, inducendo l’animo a chiudersi in se stesso sofferente (…) A questa solitudine priva di
sentimenti seguirà la mancanza di cose da fare. Ci daremo a costruire per poi abbattere edifici (…) dissipando il tempo (…) Mettersi
in disparte non vuol dire salvarsi (…)Impariamo a chiedere le ricchezze a noi stessi e non alla sorte (…) Nulla potrà sollevarci
dall’incertezza quanto porre sempre un limite alle nostre ambizioni e non lasciare che sia la sorte a fermarci, ma farlo noi e molto per
tempo (…) Se non ti metti in testa che ti può capitare di tutto, accrescerai il potere delle avversità su di te; se invece le prevedi, ne
ridurrai la forza (…) Dobbiamo rinunciare ad aspirare a quanto non possiamo ottenere e a quello che raggiunto risulterà vano.
Bisogna che l’animo si rivolga su se stesso, confidi in sé, gioisca di sé, apprezzi i suoi beni (…): soprattutto la fiducia nella capacità
di dominarsi e moderarsi (…), la possibilità di esprimersi e di essere naturale(…) e l’essere soddisfatto di sé, perché soddisfatto del
proprio percorso (…) A me basta togliere ogni giorno qualcosa dai miei difetti e riprendermi dai miei errori (…) A chi è sulla via
della guarigione, basterà aver fiducia in se stesso ed essere convinto che è sulla buona strada. (…) Nascerà quel bene inestimabile che
sono la serenità di uno spirito finalmente sicuro e la grandezza morale; fugate le paure dalla conoscenza, proverai una gioia profonda
e duratura, una bontà che allarga il cuore e allieta l’animo; e ne godrai non come doni esterni, ma come doti scaturite dall’intimo
bene.

Gli eredi dell'Eden (W. Smith)
"Avevo tanti bei vestiti e amici snob (...) Prima ero sempre tanto occupata da non vedere chiaramente il mondo intorno a me. Ma ora
sto imparando a guardare" (...) Lì in quel vasto mondo primordiale il continuo affermarsi degli uomini gli sembrava privo di
significato (...) Se fosse stato possibile trasportare in quel luogo, anche solo per un breve periodo, tutti, (...) forse sarebbero tornati
alle loro vite consuete dotati di una nuova freschezza, che avrebbe reso i loro sforzi meno accaniti, armonizzandoli al ritmo eterno
della natura.

Il labirinto oscuro (L. Durrell)
Ma pare che questa tendenza ad affilare le proprie percezioni questa aridità di sentimenti, questo senso di intima frustrazione,
debbano portare a una specie di crescita interiore (…) Esaurita l’azione (che è sempre distruttrice) si apre un gran vuoto (…)la grande
barriera che si erge sul fianco della vera vita gioiosa dell’io profondo (…)Non è il peso che fa soffrire, il peso di un’eccessiva
sensibilità, ma il grado del rifiuto ad accettarne la responsabilità. È di qui che nascono le difficoltà e i conflitti (…) Ognuno porta in
sé una piccola macchina creatrice di miti, che lavora spesso senza che se ne accorga (…) Quando germina il pensiero di morte,
l’individuo è fissato nel suo destino e comincia allora irresistibilmente a costruire il proprio mito personale, la propria realtà. Ciò che
fa, è “obbligato” a farlo, per colpa della natura del suo ruolo di creatore di miti. Comincia allora a sciogliere i legami dal dovere,
rinuncia al ruolo sociale sostenuto per farsi trascinare dal mito personale: un lavoro di perfezionamento (…) Oppure accetta con
sottomissione e gioia ciò che l’obbligo e la costruzione richiedono, sicuro che il mondo è suo soltanto, anche se racchiuso in un
guscio di noce, circoscritto in un monogramma, o limitato da un calendario (…)
Il piacere e il lavoro dovrebbero essere ditirambici e non narcotici volti a conservare lo strato di confusione (…) La ricerca dell’uomo
solleva luminose particelle d’oro e briciole di conoscenza che attraggono la sua attenzione e gli impediscono di guardare più
profondamente dentro se stesso (…) Eppure tutte le attività riportano indietro come una freccia a centrare i problemi metafisici
dell’io (…) Esperienze indeterminate e nascoste del profondo possono prendere forme come una casa disabitata con i mobili coperti
dai panni dei pregiudizi accettati e vaghi (…) In una notte scura cerchi il buco della serratura nel portone di casa e non lo trovi. È così
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che di solito è la vita. Poi la chiave scivola nel buco ed ecco che sei di nuovo padrone della tua casa (…) Un’esperienza non
straordinaria ma accessibile alle facoltà ordinarie mediante il riposo interiore (…) Si diventa padroni di sé escludendo a poco a poco
il dipendere (…) Fatica e lavoro nascono da nuovi centri spirituali. La felicità, che era stata qualcosa qualcosa di positivo, trasformata
in qualcosa di negativo, è più lucida, soddisfacente, e permette di capirsi meglio (…)Non esiste una via precisa, si tratta di qualcosa
di negativo: raggiungere dentro un’immobilità sufficiente per diventare ricettivi. Non si può cercarlo, ma se ci si prepara, verrà. Non
è “cercate e troverete”, ma “preparatevi e sarete trovati”.

Il problema dei tipi nella poesia “Prometeo ed Epimeteo” di Carl Spittaler in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Il mutamento intellettuale di direzione ha sì un valore sintomatico come riferimento a possibilità future, ma gli strati più profondi
della psiche continuano per molto tempo, conformemente al principio dell’inerzia psichica, a funzionare in base all’atteggiamento
precedente (…) Quanto più profondamente è radicato un atteggiamento tanto più è necessario che il tentativo di liberazione sia
violento (…) Quando (…) l’uomo si trova dinanzi a un problema arduo che non è in grado di superare con i mezzi a sua disposizione,
si produce automaticamente un movimento retrogrado della libido, cioè una regressione (…) La ragione (…) nelle questioni maggiori
e decisive si rivela insufficiente. Essa è incapace di creare l’immagine, il simbolo (…) Quando la via della ragione è divenuta un
vicolo cieco, (…) allora la soluzione giunge da un lato dal quale non la si aspettava (…) Questa legge psicologica sta, per esempio,
alla base delle profezie messianiche (…) Si verifica là dove essa non è attesa e anzi proprio là dove la soluzione appariva più
improbabile (…) La natura del simbolo liberatore è quella di un fanciullo, e cioè l’infantilità e la spregiudicatezza d’atteggiamento
appartengono al simbolo (…) Un tale atteggiamento “infantile” reca (…) con sé il fatto che in luogo dell’ostinatezza e
dell’intenzionalità razionale sorga un principio direttivo diverso, che è di natura irrazionale, ragion per cui esso appare sotto la veste
del meraviglioso (…)Il simbolo è (…) strano (…); esso parla alla nostra sensualità (…) Questa figura esprime (…) l’essere così come
si è e nel contempo anche il dovere di essere così come si è, (...) quindi (…) l’uomo come potrebbe essere, ma in natura, non in una
forma ideale preparata artificialmente (…) È un avvenimento raro, questo “fiorire del tesoro”, questa comparsa di un salvatore (…)
Quelle funzioni che erano rimaste inoperanti, sterili, inerti, rimosse, spregiate, svalutate, irrompono d’improvviso e incominciano a
vivere. Ed è appunto la funzione d’ordine inferiore che fa continuare la vita minacciata (…) Con la nascita del simbolo cessa la
regressione della libido nell’inconscio. La regressione si tramuta in progressione, il ristagno si volge in corrente (…) Cresce il
pericolo di rimanere sommersi e distrutti dai contenuti inconsci (…) Il simbolo è intimamente connesso con l’elemento pericoloso e
minaccioso tanto che esso può essere scambiato con quello (…) oppure può, al suo apparire, suscitare proprio il male (…)
L’apparizione del principio di salvezza è collegata intimamente alla distruzione e alla devastazione (…) È la naturale connessione
psicologica fra gli opposti (…) Dio si presenta sotto l’aspetto del diavolo. Queste valutazioni morali sono però illusioni ottiche, la
forza della vita è al di là di ogni giudizio morale (…) Se quell’immagine della (…) moralità naturale fosse stata accettata e
conservata, e non fosse servita soltanto a eccitare (…) il torbido (…) dietro la nostra civiltà, (…) si avrebbe sempre potuto
distinguere fra valore e disvalore (…) La disfatta definitiva del bene viene impedita (…) se introversione ed estroversione cessano di
dominare quali linee direttive unilaterali e cessa in tal modo anche la dissociazione della psiche. Al suo posto sorge una nuova
funzione rappresentata simbolicamente da un fanciullo (…) rimasto a lungo addormentato (…) È il mediatore, simbolo di un nuovo
atteggiamento che unifica gli opposti (…) la cui giovinezza è un’allusione alla rinascita e al ritorno di quanto è andato perduto (…)
Le fantasie infantili possono avverarsi, cioè accade che quelle immagini non vanno perdute, ma si ripresentano all’uomo maturo e
debbono attuarsi.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
L’inconscio precede dritto verso il suo scopo che consiste (…) nel fare in modo che l’individuo diventi un tutto (…) La funzione
inferiore è quella di cui si fa minore uso cosciente: in ciò sta la ragione del suo carattere indifferenziato, ma anche della sua
freschezza e novità. La sua parte è quindi quella di un deus ex machina. Non dipende dall’io ma dal sé. Coglie perciò di sorpresa
come un baleno. Spinge da parte l’io per fare parte alla totalità dell’uomo, composta di coscienza e inconscio (…)
Tra la madre e l’idea di matrice che troviamo in Böhme c’è un nesso. In Böhme la matrice è la condicio sine qua non di ogni
differenziazione, di ogni realizzazione, senza di cui lo spirito rimane oscillante, sospeso, non penetra mai nella realtà. La collisione
tra il principio (spirito) e il principio materno (natura) agisce come uno shock (…)
Böhme definisce in genere come “bramosia d’amore” una differenziazione della coscienza. (…) Attraverso tale differenziazione, la
coscienza non solo si estende, ma si confronta con la realtà delle cose (…)
La coscienza ha, in date circostanze, un’azione catartica (…) Questo probabilmente intende Luca nel Vangelo.(…)
La destituzione dell’io – condizione di tutte le forme di sviluppo spirituale – non è un atto di volontà ma un accadimento (…)
Con la conquista ottenuta integrando l’inconscio, il chiaro si volge allo scuro e più luce implica più oscurità (…)
Accettare il buio non l’ha trasformato in luce, ma ha acceso una luce che illumina l’oscurità dall’interno. Di giorno non c’è bisogno
di luce e, se non si sa che è notte nessuno l’accende; né viene accesa una luce a meno che non si abbia sofferto la paura del buio (…)
Quando si riscopre la parte della personalità sepolta si stabilisce un nesso, si manifestano i simboli del Sé che tendono a offrire un
quadro della personalità totale. Come risultato, l’uomo moderno penetra in sentieri spianati da tempo immemorabile, (…) le cui
pietre miliari sono le religioni e i mandala, i quali esprimono esperienze interiori che portano a maturazione durevole se si ha la
facoltà morale della fedeltà (…) L’elemento antico è la base istintiva. Chi trascura gli istinti cadrà nelle loro insidie (…) Bisogna
ritornare alla terra madre: vestigia retro.

La sincronicità come principio di nessi acausali in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Si trattava di una paziente eccezionalmente difficile che, fino al momento del sogno che ho riferito, non aveva fatto un solo passo
avanti. Il motivo principale di questo insuccesso (…) era l’Animus della mia paziente (…) Per ammorbidirlo, ci voleva un evento
irrazionale. Il sogno (sullo scarabeo) era già riuscito a scuotere leggermente l’atteggiamento razionalistico della mia paziente. Ma
quando lo scarabeo entrò realmente dalla finestra, la sua essenza naturale riuscì a infrangere la corazza costituita dall’ossessione
dell’Animus, e anche il processo di trasformazione che accompagna la cura poté per la prima volta mettersi in moto. Mutamenti
sostanziali dell’atteggiamento significano rinnovamenti psichici, che quasi sempre sono accompagnati da simboli di rinascita espressi
in sogni e in fantasie (…)
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In tali situazioni (in cui non sembra esserci via d’uscita), quando sono abbastanza serie, subentrano di solito sogni archetipici che
mostrano una possibilità di progresso alla quale non avremmo pensato.

Ricordi, sogni, riflessioni (C. G. Jung)
La nevrosi è uno stato di disunione con se stessi causato dal contrasto tra (...) esigenze, (...) un segnale d'arresto davanti a una strada
errata, (...) un atto di adattamento non riuscito (...) e un incitamento a un processo di guarigione personale (...) È necessario
illuminare i nevrotici sul fatto che sono esseri umani come tutti gli altri. Ma tale illuminazione non li guarisce: i nevrotici possono
acquistare la salute solo quando si tirano fuori dal fango quotidiano. Senonché indugiano troppo in ciò che prima hanno represso, e
come potrebbero mai riemergerne se l'analisi non li rende consapevoli di qualcosa di diverso e di migliore? Se perfino la teoria li fa
sprofondare e non offre nulla più, come via di liberazione, che l'ingiunzione razionale o ragionevole di abbandonare una volta per
sempre la loro puerilità? Che è proprio ciò che non possono fare! E come lo potrebbero senza trovare qualcosa su cui potersi reggere?
Una forma di vita non può essere abbandonata se non ne riceve un'altra in cambio. Una condotta totalmente razionale della vita,
come prova l'esperienza, è impossibile (...) L'uomo deve sentire che vive in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso (...) Solo
allora la vita è completa (...) È importante avere un segreto che (...) riempie la vita di qualcosa di impersonale e numinoso (...)
Quando un uomo sa più degli altri diventa un solitario (...) La solitudine infatti non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma
dall'incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o di dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili
(...) Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell'amicizia, perché nessuno più del solitario è sensibile alle relazioni e
l'amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.
Indagini di un cane (F. Kafka)
Che cosa m’impedisce di credere che tutti siano miei compagni, i quali si affannano tutti a modo loro, falliscono tutti a modo loro,
come vuole l’indagine senza speranza? In tal caso non avrei neanche dovuto isolarmi, non avrei dovuto spingermi come un cucciolo
maleducato attraverso le file degli adulti, i quali vogliono uscire al pari di me e nei quali mi sorprende soltanto l’intelligenza che
spiega loro come nessuno riesca a evadere e ogni insistenza sia stolta (…) Mi parve di avvertire che il cane cantava già senza saperlo,
anzi, più ancora, la melodia staccata da lui, come se non gli appartenesse, ma mirasse soltanto a me. È l’unica realtà, magari solo
apparente, che abbia ricavato dal periodo della fame e portato in questo mondo, ed essa almeno dimostra fino a qual punto possiamo
giungere essendo completamente fuori di noi (…) Sembrava esistesse solo per me quella voce sublime; chi ero io per aver l’ardire di
rimanere ancora lì, e di accordarmi nella mia lordura e nel mio sangue? Mi alzai sulle gambe malferme e mi guardai: un essere simile
non vorrà mica mettersi a correre, pensai, ma già volavo, spinto dalla melodia, con balzi stupendi e (…) spiritualmente ne porto
ancora le conseguenze. Allargai le mie indagini alla musica dei cani (…) Mi sentivo più estraneo alla scienza della musica che a ogni
altra prima di aver udito la voce nella foresta. Già l’avventura coi cani musicanti dell’infanzia me l’aveva additata, ma a quel tempo
ero troppo giovane. E poi non è facile accostarsi a questa scienza. Per penetrare nella natura canina, mi pare che le indagini intorno al
nutrimento fossero le più adatte. Può darsi che in questo abbia avuto torto. Allora una zona di confine tra le due scienze destò i miei
sospetti: la dottrina del canto che fa scendere il nutrimento (…) Davanti a uno scienziato non saprei sostenere neanche il più facile
esame scientifico. La ragione di ciò sta anzitutto nella mia inettitudine scientifica, nella esigua profondità del pensiero, nella cattiva
memoria e soprattutto nell’incapacità di tenere sempre davanti agli occhi la meta scientifica (…) Potrei dire che proprio quell’istinto
ha distratto le mie capacità scientifiche, poiché sarebbe un fenomeno curioso che io, pur essendo capace di intendere le cose comuni
della vita quotidiana che non sono certo le più semplici, e pur comprendendo molto bene, se non la scienza, almeno gli scienziati,
come si può controllare nelle mie risultanze, dovessi essere stato incapace per natura di sollevare la zampa sul primo gradino della
scienza. È stato l’istinto che forse appunto per amore della scienza, ma di una scienza veramente ultima, mi fece stimare la libertà più
di qualunque altra cosa. La libertà! Certo, la libertà oggi possibile è una pianta stentata. Ma comunque sia è libertà, è sempre un
possesso.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Nel letto siamo malcontenti della nostra posizione; pensiamo senza posa a cambiarla e facciamo un proposito dopo l’altro senza mai
attuarlo; finalmente ci rinunciamo: e a un tratto ecco che ci siamo voltati. In verità bisognerebbe dire: siamo stati voltati. Così ci si
comporta tanto nella passione quanto nelle risoluzioni a lungo vagheggiate.

Alice nello specchio (Carrol)
Per quanto tentasse non riusciva a raggiungerlo e si ritrovava nella stessa posizione, (…) poi rinunciò e si voltò per tornare a casa
(…) ma eccolo di fronte a lei.

Salmo 123 (La sacra Bibbia)
Ci avrebbero inghiottiti vivi, (…)le acque ci avrebbero travolti (…) Siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il
laccio si è spezzato e noi siamo scampati.

Buongiorno guerra (G. Grignani)
Buongiorno guerra, c’è il sole stamattina e a te, che sei regina, chiedo se lasci correre. (…) È troppo tempo ormai che mi sei vicina
(…) Oggi dentro me sento un cielo che illumina a festa e mi sento leggero (…) Se passi di qua alzerai sabbia e rabbia e chissà.
Dimmi, non ti va di spostare i confini più in là. Perché, se guerra c’è, in me c’è pace.

Vivere (V. Rossi)
Vivere è passato tanto tempo, vivere è un ricordo senza tempo (...) È un po' come perder tempo (...) Vivere e sorridere dei guai (...) e
poi pensare che domani sarà sempre meglio (...) È come un comandamento, vivere o sopravvivere senza perdersi d'animo mai e
combattere e lottare contro tutto. Oggi non ho tempo oggi voglio stare spento.

La cieca (R. M. Rilke)
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Il mondo (…) mi pareva come sradicato da me con il mio cuore (…) Ero tutta udito. Un udito spalancato, proteso (…) E insisteva in
me tenace il pensiero: notte (…) Mi sembrava di avviarmi verso un’alba che riposava invece tra le mie mani da tempo (…) Pensavo:
(…) non posso più vivere così (…) sarò un’isola deserta (…) Ora io sono un’isola deserta, ma tutta in rigoglio (…) I miei sensi (…)
tornarono indietro spossati e, mentre non riconoscevano nulla, un sentiero emerse, si scavò (…) Ora tutto si aggira dentro di me
impavido con passo sicuro (…) E la morte che spicca le pupille come fiori, cercherà invano le mie.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Come in ogni piano di battaglia, tutto era magnificamente previsto e, come capita in ogni piano di battaglia, nemmeno una colonna
arrivò al posto giusto al momento giusto (…)
All’avvicinarsi di un pericolo, sempre due voci con uguale forza parlano nell’intimo dell’uomo: una voce gli dice sempre
assennatamente di riflettere sulla natura del pericolo e sui mezzi per prevederlo; l’altra, ancora più assennata, gli dice che, quando
prevedere tutto e sottrarsi all’andamento generale delle cose non è potere dell’uomo, pensare a un pericolo è troppo tormentoso ed è
meglio distogliere il pensiero dalle cose penose finché non siano sopraggiunte e pensare piuttosto a quelle piacevoli.

Vangelo secondo Luca
Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non
potranno resistere, né controbattere.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
“Mi domando che cosa le potrò dire. E mi domando chi è la persona che parlerà adesso in me. Che strano, sedere qui, aspettando
d’ascoltare quel che dirò (…) E pensò: (…) che strano! (…) Ero io stessa incuriosita da ciò che dicevo, perché fino a quel momento
non ci avevo mai pensato”.

Poesia 1176 (E. Dickinson)
Non conosciamo la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci e, se siamo fedeli al nostro compito, arriva al cielo la nostra
statura.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Finché non ha la possibilità di agire, una persona è fortemente inibita a pensare. Il pensiero si sviluppa solo se esiste almeno una
possibilità di tradurlo in azione (…) I margini di influenza e di azione sono talmente risicati che se ne può solo parlare. E se ne
parliamo, usiamo concetti vuoti, ma non pensiamo; e così ci rassegniamo all’idea che il nostro pensiero non serva a nulla.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
La vita (…) smorza ogni alta aspirazione (…) e ogni progresso lega un regresso e ad ogni forza una debolezza; lega tutti i nobili
sforzi con la resurrezione del loro contrario (…) così (…) fa sì che la vita per gli uomini anche solo di mezzo ingegno sia difficile da
sopportare, ma li spinge a cercare la spiegazione (…) Si accetti con infantile fiducia o con tristezza ostile ma è certo una questione
aperta che i concetti, che sono fatti per corrispondere al mondo, non ci riescano mai proprio nell’ambito della giustizia e della
bellezza (…) Non una riflessione esauriva compiutamente e sostanzialmente l’oggetto, ciascuno si volgeva secondo le più diverse
concatenazioni portando ora avanti ora indietro (…) Il senso di tutte le considerazioni non mi (…) era ben chiaro, ma grazie appunto
a quelle debolezze, esse gettavano luce lontano come lampi (…) Tanti esempi della vita e del pensiero vi si addicevano, sollecitando
a trasformare in un concetto più chiaro quello sentimentale.

Poesia 680 (E. Dickinson)
Ogni vita converge a qualche centro (…) meta cautamente adorata come un fragile cielo.

Voce Essere e tempo (Heidegger) di Wikipedia
Il livello medio della nostra esistenza è quello dell’incontentabilità, della “fuga” nelle cose davanti a sé (…) L’angoscia ci allontana
dal mondo, rendendolo insignificante e non dipende da qualcosa che si trova fuori di noi, perciò il senso di minaccia opprime perché
non si può comprendere in che direzione si origini. L’angoscia quindi allontana da tutto e ci sprofonda nella solitudine e nel distacco,
ma così rivela una totale libertà, la libertà di scegliere se stessi, di essere e possedere se stessi, (…) aver cura di sé e di ciò che si
amerà (…) L’angoscia toglie dalla sicurezza del sentirsi a casa propria e ci restituisce l’autenticità o ne rivela la possibilità. Lo
spaesamento è il fenomeno più originario.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Quando si è giovani, non si sa ancora cosa si farà; è per questo che si sta sempre in pena; ma appena ci si interessa a qualche cosa, a
qualcos’altro che a se stessi, non ci sono più problemi (…) I problemi individuali (…) non si può isolarli dagli altri problemi. Per
sapere chi siamo e cosa vogliamo fare, dobbiamo stabilire qual è la nostra situazione nel mondo (…) Una morale dell’universale si
può imporre, ma il senso da dare alla propria vita è un’altra faccenda.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Quanti anni bisogna “fare” soltanto per venir press’a poco a sapere “che cosa” si debba fare, e “in che modo”! (…) Intanto che noi,
assoggettati a un destino immane, riusciamo appena ad alzar gli occhi e a guardare in giro quel che c’è da fare, e dove dobbiamo
intendere il meglio delle forze e dell’attività nostra, e abbiamo bisogno del massimo entusiasmo – il quale resiste soltanto quando non
è empirico -, c’è qualcosa che rode l’opera nostra giornaliera: e non son draghi, ma miseri vermiciattoli.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Aveva cercato a lungo quell’accordo con se stesso ma ogni ricerca l’aveva deluso. Aveva cercato l’armonia, qualcosa che attaccasse i
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suoi pensieri e di cui occuparsi (…) Odiava tutta quell’ipocrisia… (…) Ogni attività comporta ignoranza e male eppure bisogna pure
occuparsi di qualcosa. E usciva per il non saper districare la matassa delle sue esigenze vivendo poi come in un sogno (…) Ed ecco
che, quando meno ci pensava, quell’accordo con se stesso l’aveva trovato attraverso l’orrore: una sensazione nuova di energia vitale,
quella d’essere pronto a tutto, di poter contare su una grande energia morale e su un’assoluta libertà interiore (…) Cedere alla paura,
tentare di sfuggire, di rivolgere suppliche o esortazioni era inutile. Adesso lo sapeva. Bisognava attendere e pazientare (…) Niente
riusciva più a impressionarlo, quasi che la sua anima, preparandosi a una lotta difficile, si rifiutasse di ricevere impressioni in grado
di indebolirla; e nelle questioni pratiche sentiva ora di avere un centro di gravità che prima gli mancava (…) Guardò il cielo e le
stelle. “E tutto questo è mio, ed è in me e sono io! E loro avrebbero rinchiuso tutto questo!” Sorrise e andò a dormire tra i compagni
(…)
“Si dice le disgrazie ma se mi chiedessero: vorresti essere rimasto quello che eri e rivivere tutto da capo, per amor di Dio, ancora una
volta la prigionia!” (…)
Sentiva che tutte le esperienze fatte sarebbero state assurde se non fosse tornato alla vita (…) Aveva creduto che la sua vita fosse
finita, ma si ridestò l’amore e con essa la vita. La ferita causata dalla lacerazione del proprio io, una volta chiusa, guarisce solo
attraverso la forza della vita che preme internamente (…)
Qualcosa fa impeto contro la porta (…) Ebbe la sensazione che dentro di lui si liberasse una forza violentemente costretta e per la
prima volta avvertì un senso di leggerezza che da allora non lo abbandonò mai.

Un mare di nulla (U. Riccarelli)
Passare le mani sopra un volante e (…) mettere in moto (…) Per tutta la vita (…) lo stesso languore di quando (…) l’avevano
lanciato dentro il mondo: il senso di un vuoto (…) da riempire, di un mare da attraversare, (…) riparando dentro quel respiro per
fuggire, (…) gabbarsi dell’infelicità, imbrogliarla (…) Dolce e aspro (…) come una corsa a perdifiato lungo una discesa, un tuffo
nell’acqua (…) Un languore fortissimo e urgente (…) appiccicato addosso per tutta la vita, che spesso avrebbe provato al posto della
paura (…) C’è sempre un momento nella vita in cui tutta la ragione si scioglie, in cui non esiste paura o calcolo, ma soltanto volontà
di conoscere o vedere (…) Non sfida e neppure coraggio, soltanto l’istinto e la curiosità, (…) la voglia di cogliere fino in fondo (…)
il capo della fune da tirare per sciogliere l’imbroglio (…) Si rimise lentamente in moto nella direzione opposta a quella da cui era
arrivato.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Egli credeva a un potere di accrescimento della morale per gradini di esperienza (…) Non costruzione, né saggezza (…) Agire per
convinzione (…)Non (…) per (…) la disciplina morale (…) inculcata, ma per un sentirsi intimamente vicini a se stessi e anche vicini
al resto, per (…) qualcosa da cui si prende le mosse e cui si ritorna (…) accompagnati dalla sensazione di aver raggiunto il centro del
nostro essere dove la forza centrifuga della vita viene a mancare. Nel centro c’è qualcosa che ho chiamato motivazione. Nella vita
ordinaria non operiamo secondo una motivazione ma in una concatenazione di cause ed effetti (…) Questo libero arbitrio è il potere
di fare volontariamente ciò che si vuole involontariamente. Ma la motivazione non ha nessun contatto con la volontà (…) Si agisce in
sé, per la salvezza dell’anima (…) Qualcosa è calato schiacciando l’intenzione (…) e commuove l’intero individuo (…) Non è
l’espressione accidentale di una convinzione. Il nostro stato è dominato da una legge severa anche se non possiamo esprimerla (…)
Tutto ciò che ** sentiva come inettitudine propria di fronte alle esigenze della vita associata, era causato dal fatto che ella aveva la
sensazione di vivere senza o contro le sue più intime inclinazioni. Erano inclinazioni alla confidenza e all’abbandono perché ella
nella sua solitudine non si era mai sentita a posto: ma se finora le era stato impossibile abbandonarsi con tutta l’anima a un uomo o a
una causa, ciò avveniva perché ella portava in sé la capacità di una dedizione ancora più grande. Una strada ben nota verso la
dedizione a tutta l’umanità è il non andare d’accordo coi propri vicini e parenti, un segreto e fervido desiderio di Dio può sorgere in
un individuo antisociale che sia provveduto di un grande bisogno d’amore. Il suo atteggiamento che aveva la forma assurda di una
condotta egoistica, era la manifestazione di una volontà impaziente, così come la violenta accusa che ella rivolgeva a se stessa per la
propria debolezza.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
La consapevolezza di ciò che è buono e cattivo è diversa dalla conoscenza teorica di ciò che si chiama bene e male nella maggior
parte dei sistemi morali (…) La conoscenza è conoscenza esterna, estranea, appresa da autorità, da insegnamenti convenzionali, ecc.,
e la si ritiene vera solo perché proviene da queste fonti. Consapevolezza significa che la persona fa quel che impara da sé,
sperimentandolo, provando da sé, osservando gli altri e, alla fine, conquistando una convinzione piuttosto che avere una “opinione”
irresponsabile. Ma non basta decidere sui princìpi generali. Al di là di questa consapevolezza si deve essere coscienti dell’equilibrio
di forze dentro di sé, e delle razionalizzazioni che occultano le forze inconsce.

Le cronache del mondo emerso (L. Troisi)
Si sentì piccola e inutile con i suoi mille dubbi e la sua incapacità di vivere, di trovare la propria strada (…) Quel che gli altri hanno
deciso non può essere lo scopo dell’ agire.(…) Ci dev’essere qualcos’altro, qualcosa che dia forma a tutto il resto, che gli dia un
senso. Un motivo che spinge a vivere, (…) un punto fermo (…) Dopo tanto smarrimento, (…) a un tratto la verità si era imposta, le si
presentava in tutta la sua sorprendente chiarezza e lei non poteva fare altro che accettarla (… )Adesso (…) tutto aveva acquistato un
senso: il viaggio, l’angoscia, la ricerca (… ) Il ponte gettato col suo intimo diveniva solido (…) Tra le sue braccia si sentì unica,
completa, vera.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
L’avrebbero stroncata (…) proprio come stroncavano ogni tenero, naturale soffio di vita (…) Ma lui l’avrebbe protetta col suo amore
almeno per un po’. Per un po’, prima che l’insensibile mondo di ferro e l’avida divinità della cupidigia li stancassero entrambi (…)
La bellezza del corpo vivo e segreto (…) solo la passione l’avverte. E quando la passione è spenta, o manca del tutto, allora lo
splendido palpito della bellezza risulta incomprensibile e perfino un tantino spregevole; la calda, viva bellezza del contatto fisico,
tanto più profondo della bellezza goduta dagli occhi (…) Avrebbe pensato che una donna potesse morire di vergogna. E invece era
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stata la vergogna a morire. La vergogna , che è paura (…), l’antica paura fisica che si acquatta nelle radici corporee di tutti e si può
snidare solo al fuoco dei sensi, finalmente fu stanata e debellata (…) Sentiva di aver toccato il fondo roccioso della sua natura (…)
Era realmente in tutta la sua sensualità, nuda e sfrontata (…) Così! Era questo, dunque! Questa era la vita. Così dunque si era in
realtà. Non rimaneva nulla che si dovesse nascondere o di cui ci si dovesse vergognare.
Dialoghi ininterrrotti (P. Bastianoni)
Quando il corpo malato viene avvertito come oggetto cattivo e persecutorio, (...) la stanza del dolore diviene un luogo psichico
dissociato dove il dolore viene rinchiuso per non essere sentito e ricordato, ma, se sollecitato da eventi esterni o interni esso torna (...)
I vissuti di odio di cui si carica la stanza minano la fiducia e la possibilità di ricorrere a relazioni interne con oggetti buoni (...)
L'angoscia esistenziale viene spesso descritta da terapeuti che lavorano con aree traumatiche molto potenti. In questi casi l'angoscia
profonda può giugere fino a esperienze dissociative, di depersonalizzazione e derealizzazione (...) Quando la malattia /perdita è
trauma che colpisce la memoria e annulla la possibilità di rappresentazione – come in queste stanze "vuote" – è terapeutico tradurre il
vissuto traumatico (...) in pensieri e parole, stabilire il collegamento interrotto tra dolore fisico e dolore psichico, tra passato e futuro
(...) Il dolore può trovare un luogo nel quotidiano ed essere utilizzato come mezzo di comunicazione con l'altro.
Forum associazione Lisclea
L'angoscia è un sentimento ben diverso dalla paura; la paura ti spinge ad agire e a mettere in atto comportamenti al fine di
scongiurare il pericolo, l'angoscia è invece un senso di smarrimento, il buio totale. Non ci sono rimedi, la scienza non ha terapia, la
tecnica non ti viene in aiuto, sei solo con il tuo lato irrazionale ed emotivo e non hai una rete di sostegno: i medici non sanno che
fare, i parenti non ti capiscono. (...) Ecco perché sono importanti i gruppi Facebook collegati ad associazioni di malati di malattie
rare.
L'io e i meccanismi di difesa (A. Freud)
Dietro ogni attività inibita per cause nevrotiche si nasconde un desiderio istintuale (...) Ogni aumento di pressione dell'istinto
intensifica i sintomi nevrotici basati sulla resistenza dell'Io a esso (...) Per resistere all'Es, l'Io rimuove, sposta, nega e inverte gli
istinti, rivolgendoli verso il sé, provoca fobie e sintomi isterici e vincola l'angoscia con idee e atteggiamenti ossessivi (...) Comunque
durante la sua formazione ed evoluzione (...) l'io subisce sempre nello stesso tempo l'assalto degli istinti e quello degli stimoli esterni
(...) e modifica le sue armi a seconda del bisogno (...) Sembra che le situazioni tipiche in cui l'io ricorre al meccanismo della
"negazione" siano quelle associate con le idee (...) di perdita degli oggetti amati (...) e che la "rinuncia altruistica" delle pulsioni
dell'istinto sia un mezzo per superare un'umiliazione (...) La "rimozione" serve a eliminare i derivati dell'istinto e la "negazione" gli
stimoli esterni. La "formazione reattiva" preserva l'Io da una riapparizione dall'interno degli impulsi rimossi, mentre le "fantasie in
cui la situazione reale viene capovolta" impediscono che la negazione venga demolita dall'esterno. L'"inibizione" degli impulsi
istintuali corrisponde alle "restrizioni" imposte dall'Io onde evitare ogni sofferenza proveniente dal mondo esterno.
L'"intellettualizzazione" dei processi istintuali, che ha la funzione di proteggere da un pericolo interno, equivale allo stato permanente
di "vigilanza" dell'Io contro i pericoli esterni. Tutti gli altri meccanismi di difesa che, al pari della "trasformazione nel contrario" e del
"rivolgimento contro se stessi", implicano un'alterazione vera e propria dei processi dell'istinto, trovano la loro contropartita nei
tentativi fatti dall'Io per fronteggiare i pericoli esterni con un intervento attivo tendente a modificare le condizioni esistenti nel mondo
circostante (...) Gratificazioni sostitutive e formazioni di compromesso mancano negli adolescenti, che (...) alternano tendenze
opposte (...) e reagiscono alla forza dell'istinto in se stessa e non a un istinto in particolare (...) "Idealismo", "ascetismo" e
intellettualismo adolescenziali mirano al dominio degli istinti intensificati dalla pubertà (...) Negli adolescenti è frequente anche
l'"identificazione" in diversi partner, amici e guide (...) anche per contrastare una tendenza al narcisismo (...) L'"intellettualizzazione"
(...) associa infatti i processi istintuali a delle idee che possono essere affrontate coscientemente (...) La "sublimazione" di un istinto è
possibile agli stadi avanzati dello sviluppo (...) Si può affermare che il pericolo istintuale rende intelligenti (...) come il pericolo reale
e le privazioni (...) Le misure difensive però non di rado non raggiungono l'obiettivo di arginare dolore e angoscia (...) In bambini e
adulti (...) ogni ritorno di pulsioni rimosse è indice di una sconfitta dell'Io (...) L'intelletto deve funzionare liberamente e devono
permanere alcuni rapporti sani (...) l'Io può essere considerato vittorioso quando, grazie a una trasformazione degli istinti, le misure
difensive gli permettono una certa gratificazione anche in circostanze difficili stabilendo, per quanto è possibile, un accordo tra le
esigenze di Es, Super-io e forze del mondo esterno.
http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Nella vita quotidiana di tutti si manifesta spesso e in svariati modi una forte e radicata tendenza a rifiutare tutto ciò che crea a se
stessi dolore o disagio: quando cercare continuamente di dimenticare eventi e dialoghi dolorosi del passato produce confusione o
somatizzazioni (se non quando la propria ignoranza è dannosa per altri) può essere necessario scrivere un elenco dei ricordi più
fastidiosi purché lo si faccia senza commenti e senza attenzione alla forma e poi cestinandoli, seguendo uno dei pochi consigli validi
di Freud: infatti non è raro che in tali casi ciò che si rifiuta di vedere cominci a imporsi dentro di sè come una sorta di aggressivo
nemico che si esprime attraverso una serie di fantasie, paure e soprattutto di automatismi tipici nelle nevrosi nonostante l’intelligenza
ed il coraggio che si possiede e finché non ci si decide a fare davvero di tutto per riuscire a convivere continuamente con certi ricordi
ed emozioni senza nostalgie e ad agire tenendone conto in un progetto. Anche se finchè si vive con i genitori che hanno causato la
nevrosi è impossibile superarla e spesso anche dopo è difficile riuscirvi completamente senza una casa vera e propria (il bilocale che
è oggi tanto difficile permettersi in affitto!) e senza almeno una persona per natura paziente e gentile vicino, è possibile ad ogni età
migliorare molto e ricominciare a respirare e a sentirsi vivi, se si sa come fare e se si può avere almeno il sostegno di certi libri... Nel
frattempo basta proteggere sé e gli altri dagli effetti della propria nevrosi e cioè adeguare ogni scelta riguardante la vita al fatto che
questi sintomi peggiorano in tutte le situazioni che rendono difficile restare concentrati e in sé (gruppi, fatica eccessiva, presenza di
persone molto critiche o autoritarie, persone e situazioni nuove). Una nevrosi a lungo andare può portare a un essere e sentirsi in balia
di affetti ed emozioni, di istinti contrastanti e della sfortuna tra continue perdite, un tipo di destino che si è sempre fatto risalire in
buona parte ad una spesso involontaria ma forte resistenza a maturare, cioè a liberarsi del desiderio dell’irresponsabilità (è questo il
messaggio fondamentale di Seneca come di Jung e dei buddisti di ogni tempo) (…) Quando i genitori sono ostili al figlio in quanto
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diverso da loro la nevrosi è anche definibile come un’involontaria difesa dalla personalità.
http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Ci sono situazioni critiche o disperate, superabili solo con una profonda riflessione o un'intuizione fulminea (una visione d'insieme e
una raccolta di forze) delle quali la sola coscienza e la sola volontà non sono capaci, ovvero situazioni in cui la sopravvivenza o tutto
un percorso futuro dipendono dal fare il sogno giusto o da altre iniziative dell'inconscio su cui nessuno ha potere: sia chi si trova in
tali situazioni e si sente bloccato sia chi ha l'arroganza stupida di pretendere dagli altri l'impossibile dovrebbe leggere Lo spirito nella
fiaba in Archetipi e inconscio collettivo, sempre di Jung, per ricordarsi che l'energia e l'analisi possibili all'io hanno dei limiti
invalicabili. Ogni seria nevrosi comunque, bloccando molta dell'energia disponibile, può far sembrare passivo chi interiormente non
lo è affatto (…)
Finché dura una dissociazione nevrotica dall'inconscio è ovvio e inevitabile non poter parlare e agire sempre in modo corrispondente
a ciò che si pensa e sente e non disporre di energia, disinvoltura, sufficiente chiarezza, intuizioni, sogni utili e potere, perchè è
l'inconscio in connessione (non ostile) a elargire tutto ciò e perché ogni seria nevrosi blocca molta dell'energia disponibile. Tuttavia il
superamento di una nevrosi libera molta energia e determinazione e ciò per tanto più tempo quanto più la nevrosi è durata ed è stata
seria (questo è ciò che Jung scrisse basandosi su letture e soprattutto sul suo lavoro ed è anche ciò che ho verificato per esperienza).
Non c’è mai ignoranza involontaria e innocente dietro le sentenze che si ergono davanti alla nevrosi o alle malattie mentali
temporanee e insomma a tutto ciò che più dà alla gente fastidio ed è più doloroso e distruttivo per chi ne è affetto.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
Gli anni passati in istituto ad aspettare dubitosamente se stessa non avevano certo consolidato il rapporto col mondo; più tardi (…) a
un tratto, non essendo più sola, appunto per ciò era diventata se stessa. Vi sono innamorati che con stupore scoprono la prima volta la
vita quando l’amore la illumina

Von Schlegel
Nessuno si conosce, fin quando è soltanto se stesso e non è insieme anche ad un altro.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Solo l’amicizia completa sviluppa tutte le doti dell’anima e dello spirito di certe persone. L’usuale compagnia lascia loro mostrare
qualche semplice piacevolezza. Un po’ come dei bei frutti che vengono a maturazione soltanto al sole, e che al calore della serra
avrebbero prodotto qualche foglia bella a vedersi, ma inutile (…) Poco conta essere amati, bisogna essere stimati, e si può esserlo
soltanto da chi ci assomiglia. Da cui consegue che l’amore non esiste, o almeno non dura, fra esseri dei quali uno è di troppo inferiore
all’altro; e questo non è certo effetto di vanità, quanto piuttosto di un corretto amor proprio di cui sarebbe assurdo e impossibile
spogliare la natura umana. La vanità non appartiene che alle indoli deboli o corrotte; ma l’amor proprio, bene inteso, riguarda una
natura razionalmente ordinata.

Etica nicomachea (Aristotele)
Gli uomini perversi saranno amici a motivo del piacere e dell’utile, poiché sotto quest’aspetto essi si assomigliano, invece i buoni
saranno amici per se stessi. Questi sono quindi amici in senso assoluto, quelli accidentalmente e per il gusto di avere somiglianza con
i primi (…) Numerosi sono gli individui di questo genere e basta poco tempo perché si scambino servizi (…) L’amicizia motivata
dall’utile è propria dei mercanti (…) Questa forma di amicizia muta rapidamente e differisce dall’altra per molti altri aspetti.

Dell’amicizia (Cicerone)
A me pare che coloro i quali fondano l’amicizia sull’interesse distruggano il vincolo più amabile dell’amicizia (…) Ma come!
L’Africano aveva bisogno di me? Neanche per sogno! E nemmeno io avevo bisogno di lui; ma io presi ad amarlo lui per la grande
ammirazione che provavo per lui e (…) la familiarità poi accrebbe il nostro affetto (…) Ogni frutto dell’amicizia è nel semplice fatto
di amare (…) I buoni prediligono i buoni e li attirano fortemente a sé, come congiunti per naturale parentela di sangue. No, non c’è
nulla che più intensamente agogni e più irresistibilmente attragga a sé i suoi simili che la natura.

Psicologia della traslazione in Pratica della psicoterapia (C. G. Jung)
Il processo di differenziazione psicologico non è un’impresa facile, ma esige pazienza e perseveranza. (…) Un processo (…) del
genere non è assolutamente possibile senza una relazione con un altro essere umano (…) Gli errori risaltano quando di fatto
intervengono nella relazione con gli altri (…) A questo punto possono essere realmente percepiti e riconosciuti nella loro vera natura.
Così anche la confessione fatta a noi stessi ha perlopiù un effetto scarso o nullo, mentre se è fatta a un altro possiamo attenderci da
essa ben altra efficacia (…) L’anima che si riunisce al corpo, (…) attraverso un esame critico lungo e approfondito e il dissolversi
delle proiezioni, (…) diventa una funzione di relazione tra la coscienza e l’inconscio.

Jane Eyre (C. Brontë)
Dopo una gioventù e una virilità trascorse per metà in una infelicità inesprimibile e per metà in una paurosa solitudine, ho per la
prima volta trovato una donna che posso veramente amare… ho trovato te. Tu capisci la parte migliore di me stesso… sei il mio
angelo buono. Io sono legato a te da un affetto profondo. Ti considero cara, piena di doti, amabile: c’è nel mio cuore una passione
fervida e viva: che tende verso di te, fa di te il centro e la sorgente della mia vita, avvolge intorno a te la mia esistenza e ci unisce
entrambi in un’unica fiamma pura e forte (…) Essere insieme significa per noi sentirsi a un tempo liberi come in solitudine e gai
come in compagnia. Parliamo per tutto il giorno: conversare fra noi è solo un modo più animato e tangibile di pensare. Concedo a lui
ogni mia confidenza e ogni mia confidenza è dedicata a me; siamo perfettamente assortiti nel carattere e perfettamente concordi nei
risultati (…) Mai mi stancavo di leggere per lui: mai di condurlo dove desiderava andare, di fare per lui ciò che desiderava fosse
fatto. E c’era una gioia, in questi miei servigi, perfettamente completa e squisita, anche se triste… perché egli richiedeva il mio aiuto
senza penosa vergogna né mortificante umiliazione. Mi amava così schiettamente da non provare riluttanza nel valersi della mia
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assistenza.

Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe (B. Bettelheim)
Essendo veramente diventato se stesso, l'eroe è diventato degno di essere amato.
La dama delle camelie (A. Dumas)
Era cominciata appena l'intimità e già sembrava loro esistita così da sempre, mentre il passato si cancellava (...) "Tutti quelli che
attorniano le ragazze come me scrutano curiosi le loro minime parole, cercano una conseguenza nei loro atti più insignificanti (...) Per
loro dobbiamo essere allegre della loro allegria e mostrarci scettiche come sono loro (...) Cavalli, scialli, gioielli sono vanità che
accontentano solo quando non si ha amore per nulla (...) Noi certe volte siamo obbligate a comprare una soddisfazione per la nostra
anima a spese del nostro corpo e soffriamo di più quando essa ci sfugge. Io mi sono data a te più presto che a nessun altro, perché
vedendomi sputar sangue mi prendesti la mano e piangevi: sei la sola creatura umana che abbia sentito compassione per me, la sola
persona a cui poter pensare e parlare liberamente".
Il pazzo e la fanciulla (S. Lagerlof)
Non c'era tempo da perdere (...) ** non sentiva dolore o gioia. L'importante era ricordarsi; il ricordo gli dava già di per se stesso una
grande contentezza (...) A un tratto si fermò (...) Proprio di quel tempo bisognava ricordarsi, (...) ma ne emanava un'inconcepibile
paura (...) Non certo nella speranza di sentirsi rispondere, ma per trattenere, sia pur un istante, l'oscurità incombente, domandò (...)
Chiese ancora, con profonda agitazione (...) Poi volse le spalle, preso da un'ira violenta, (...) ma questa sensazione lasciò il posto a
un'altra che lo eccitò maggiormente. Davanti a questa paura sparì la visione, ma allora egli udì delle voci nel ricordo, una gragnuola
di dileggi di cui era stato vittima in seguito proprio a causa di quella spaventosa paura (...) E ora non sentiva più paura di qualcosa al
di fuori di lui, ma paura di se stesso (...) Trattenne per un attimo il respiro. L'oscurità avanzava come un salvatore implorato (...) Chi
poteva sopportare l'idea di essere stato ludibrio della gente? Meglio, assai meglio, esserlo davvero e non saperlo (...) *** gli era
vicina, sentiva e vedeva la sua paura e non pensava che al pericolo di perderlo (...) e voleva almeno prendere commiato (...)
Ponendogli un braccio attorno al collo ella si avvicinò (...) Non lo sdegnava dunque il pazzo! Lo baciava anzi! (...) Dubitoso tuttavia,
(...) ** scoppiò a piangere forte (...) Questa volta *** si spazientì (...) Era piena di amarezza e d'ira, perché egli voleva sfuggirle di
nuovo, perché temeva in quel modo la lotta (...) Finalmente ** la guardò attentamente in volto. In quel momento non era bella, (...)
ma a lui sembrò tale. Una strana quiete si stese sul suo cuore gonfio di tenerezza e gratitudine (...) Anche l'ultima ombra fuggì (...) **
riconobbe allora che l'amore era sempre stato vivo anche nel suo cuore. La selvaggia pianta del deserto si era lasciata trapiantare nel
giardino della vita e cresceva, prosperava. E quando ** ne ebbe sicura coscienza, sentì di essere salvo (...) *** era ammutolita (...) **
le disse solo "Ti prometto che resisterò" (...) Non avrebbe saputo dirle a parole quanto l'amasse, ma avrebbe potuto dimostrarlo coi
fatti ogni giorno, ogni ora, per tutta la vita.
La saga di Gosta Berling (S. Lagerlof)
L'energia di lui le ricordava quella dell'uomo che aveva amato e perso (...) come faceva bene essere amata! (...) Quella non era la
felicità, ma neppure l'infelicità. E ** avrebbe tentato di trascorrere la vita al fianco di quell'uomo. ** cominciava a capire se stessa
(...) non doveva avvicinarsi alla sorgente della vita per berne una felicità limpida e pura. Turbata dalla malinconia, così si confaceva
meglio a lei la vita (...) Non sapeva abbandonarsi ai sentimenti.
Lei (C. Aznavour)
Lei sarà (…) la mia fortuna o il prezzo che dovrò pagare (…) Lei, la schiavitù, la libertà; il dubbio, la serenità,. Lei, preludio a giorni
luminosi oppure bui. Lei sarà lo specchio dove io rifletterò progetti e idee, il fine ultimo che avrò d’ora in poi (…) Lei, (…) forse
l’amore troppo atteso che dall’ombra del passato torna a me per starmi accanto finchè vivrò (…) sopravvivendo (…) ad anni
combattuti ed avversità. Lei, sorrisi e lacrime da cui prendono forma i miei sogni.

Almeno tu nell’universo (M. Martini)
La gente è matta, forse troppo insoddisfatta (…) Segue il mondo ciecamente. Quando la moda cambia, lei pure cambia
continuamente e scioccamente (…) La gente è strana: cambia idea improvvisamente (…) senza serietà e come fosse niente (…) Tu
che sei diverso, almeno tu nell’universo, sei un punto che non ruota mai intorno a me, un sole che splende per me soltanto come un
diamante in mezzo al cuore. Non cambierai, (…) per sempre sarai sincero e (…) mi amerai davvero (…) Non far si che la mia mente
si perda in congetture e in paure inutilmente e per niente.

Danza (M. Martini)
Dal cielo l’Europa la potresti abbracciare e invece coltivi ancora i tuoi dolori per tenerli con te (…) Danza sulle ceneri antiche, sulle
ombre svanite, (…) sul dolore e sulla poca fortuna (…) Se il tuo viso scompare dal ritratto, è perché forse sta imparando a camminare
(…) Lasciamo che sappia il cielo quello che sa (…) Qualcuno è con te (…) e c’è meno rabbia e più amore. È già qualcosa che va.

Destinazione paradiso (G. Grignani)
In questo girotondo d’anime chi si volta è perso e resta qua. Lo so per certo, mi sono voltato anch’io e per raggiungerti ho dovuto
correre (…) Dimmi perché in questo girotondo d’anime non c’è un posto dove scrollarsi via di dosso quello che c’è stato detto e
quello che oramai si sa. E allora (…) vi saluto tutti, prendo il treno e non ci penso più. Io mi prenderò il mio posto e tu seduta lì al
mio fianco mi dirai: “ Destinazione Paradiso”.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Nessuno può vivere felice se bada solo a se stesso, se tutto rivolge al proprio interesse: devi vivere per un altro, se vuoi vivere per te
stesso.

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Le guerre del mondo emerso (L. Troisi)
** aveva sofferto quanto lei ma si era messo in discussione e aveva trovato la sua via. Le aveva insegnato a trovare la speranza anche
nel fondo dell’inferno più nero. Lui assorbiva la sua sofferenza. Era uguale a lei e da lei dissimile, abbastanza vicino da capire e
sentire il suo dolore e abbastanza lontano da toglierlo dalle sue spalle. Ora c’era lui a dare un senso nuovo al tempo e a liberarla dalla
solitudine (…) Era più di un’ancora di salvezza (…) Era tempo di dare(…) Era libera davvero. Il tempo non guarisce tutte le ferite,
ma ci sarebbe stato modo di riempire gli occhi di tante altre cose, e ** avrebbe diviso con lei il peso del passato e della parte più
oscura di sé. Era come riprendere un discorso interrotto, come tornare a respirare.

Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
Una coppia equilibrata non è un’utopia; ne esistono anche nell’ambito del matrimonio, ma molto più spesso al di fuori del
matrimonio; alcune sono unite da un grande amore sessuale che le lascia libere riguardo alle amicizie e alle occupazioni; altre sono
legate da un’amicizia che non ostacola la loro libertà sessuale; è più raro il caso di una coppia di amanti e amici che però non
cerchino l’uno nell’altra la loro unica ragione di vita. Nei rapporti tra uomo e donna sono possibili un’infinità di sfumature:
nell’amicizia, il piacere, la confidenza, la tenerezza, la complicità, l’amore, possono essere l’uno per l’altra la più feconda fonte di
gioia, di ricchezza, di forza che si offra a un essere umano (…) Dato che il matrimonio in genere non ha niente a che fare con l’amore
fisico, parrebbe ragionevole un’aperta scissione dell’uno dall’altro: i capricci sessuali non impediscono di condurre (…) l’impresa
della vita comune, (…) costruire un focolare per i figli e nel contempo conoscere altri amplessi; codesta amicizia sarà tanto più pura e
meno ambivalente in quanto non significa un giogo.

A Mademoiselle di Guise (Voltaire)
Non amatevi troppo, vi prego: è il mezzo più sicuro per amarsi per sempre; è meglio essere amici per tutto il tempo della vita che
essere amanti per qualche giorno.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Si ha l’ardire di chiamare amore un capriccio di qualche giorno, una lussuria senza affetto, un sentimento senza stima, delle
smancerie da cicisbeo, una fredda abitudine, una fantasia romanzesca, un gusto seguito da repentino disgusto: si dà questo nome a
mille chimere.

La peste (A. Camus)
Giunge sempre un’ora in cui ci si stanca delle prigioni, del lavoro e del coraggio, per reclamare il volto di un essere e il cuore
meravigliato dalla tenerezza.
Per ** era astratto in quel periodo tutto ciò che non lo favoriva personalmente, che non favoriva direttamente il suo amore, (…) ma
quando l’astratto comincia a ucciderti bisogna pur occuparsi dell’astratto (…) e ormai che la peste era cosa di tutti, andando via solo
avrebbe rischiato di rovinare il suo amore (…)
Un uomo deve battersi per le vittime (…) a logica, prima che per nobiltà. D’altra parte, se un uomo ha finto d’amare ogni altra cosa,
a cosa serve che si batta? (…)
Coloro che attenendosi al poco che erano, avevano soltanto desiderato di tornare nella casa del loro amore, talvolta erano stati
ricompensati; è che avevano domandato la sola cosa che dipendesse da loro (…) Se una cosa si può desiderare sempre e ottenere
talvolta, essa è l’affetto umano. Per tutti coloro invece che si erano rivolti al di sopra dell’uomo, non c’era stata risposta.

Marte di ghiaccio, Venere di fuoco (J. Gray)
Le nuove conoscenze comportano un cambiamento di prospettiva. Ciò che nel partner ci infastidiva ora può sembrarci buffo e
adorabile. Ciò che prima ci feriva e offendeva ora può apparirci semplicemente come un malinteso. Invece di sentirci impotenti o
frustrati nel tentativo di comunicare il nostro amore e le nostre esigenze, nutriamo la speranza di ottenere maggiore chiarezza e
trasparenza negli anni a venire (…) La donna consuma ossitocina più rapidamente degli uomini (…) In situazioni di stress moderato
la donna ha una reazione maggiore nella parte emotiva del cervello. Parlare dei propri sentimenti le dà la sensazione di essere vista,
sentita, capita, e amata. E ciò che la aiuta a secernere il suo ormone antistress, l’ossitocina (…) Uno studio ha rivelato che in una
situazione moderatamente stressante la donna registra nell’emisfero del cervello che controlla l’emotività un afflusso di sangue otto
volte maggiore dell’uomo, nel quale, di fatto, uno stress moderato non causa quasi nessuna reazione a livello cerebrale. Il cervello di
una donna è fortemente attivato. Di fronte a una minaccia percepita una donna fa appello alla memoria emotiva: per prevenire i
possibili pericoli ricorda nei dettagli molte cose che sono andate storte in passato in situazioni analoghe. La donna sente in sé quegli
episodi passati e produce cortisolo per affrontare la nuova sfida (…) Quando c’è un eccessivo afflusso di sangue nella parte emotiva
del cervello, una persona comincia a sentirsi a disagio (…) Le donne sanno per istinto (…) che parlare dei loro problemi stimola il
rilascio di serotonina (…) Le donne parlano dei problemi per frenare l’afflusso di sangue nella parte emotiva del cervello (…) Il
cervello dell’uomo registra una reazione emotiva forte solo quando il problema costituisce un’emergenza (…) Il centro delle
emergenze (l’amigdala) nel cervello dell’uomo è due volte più grande che nel cervello della donna, e si attiva solo quando lui
percepisce una situazione urgente che gli richiede di agire subito (…) La donna di solito non riesce a immedesimarsi in questo
processo mentale, perché il suo centro delle emergenze è in costante allarme, a causa delle varie necessità che richiedono la sua
attenzione. Ciò succede perché la donna è fatta per occuparsi dei bambini. L’uomo invece (…) è fatto per stare di guardia contro i
pericoli (…)Gli zuccheri nel sangue sono più importanti per le donne che per gli uomini (…) Le donne devono poter contare su una
riserva costante di carburante per il cervello: il glucosio ematico. Il cervello non è in grado di immagazzinare lo zucchero (…) Il
cervello deve trarre energia costante dal sangue sotto forma di zucchero (…) Un cervello sotto stress non può produrre la serotonina
necessaria per rilassarsi e tornare in forma (…) Gli uomini di solito hanno livelli più alti di glucosio ematico (…) Oscillazioni della
glicemia (…) a loro volta fanno innalzare i livelli di cortisolo (…) La (…) maggiore massa muscolare richiede l’impiego degli stessi
aminoacidi che costituiscono la dopamina (…) Al termine di una giornata stressante una donna tende ad avere molta dopamina che la
sprona ad agire, ma poca serotonina. L’alto livello di dopamina le dice che ha parecchie cose da fare, mentre il basso livello di
serotonina le dice che non ha il tempo o l’aiuto necessario per farle. La donna si sente sopraffatta (…) Che si tratti di un’Emergenza
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con la maiuscola oppure di una semplice emergenza, quel che la donna (…) chiede è veramente un’emergenza (…) La donna ha il
40% in più di tessuto connettivo tra l’emisfero sinistro e quello destro del cervello (…) In poche parole ciò significa che quando un
uomo usa l’emisfero destro del cervello, preposto al divertimento, l’emisfero sinistro, più serio, diventa inattivo e riposa. Quando,
invece, una donna usa la parte destra, divertente e creativa, del cervello, rimane connessa anche con la sinistra, più seria. Quindi,
anche nel momento in cui lei si diverte, il suo cervello resta consapevole di tutte le sue responsabilità (…) [Ecco] perché le cose che
lei (…) chiede di fare sono autentiche emergenze (…) L’uomo sente il suo stress diminuire automaticamente quando passa dall’uso
dell’emisfero sinistro a quello del destro. Riesce a farlo in un batter d’occhio (…) Ricerche sull’ossitocina dimostrano che la sua
efficacia nel diminuire il livello di stress è determinata dal fatto che la donna abbia livelli di estrogeni normali per la sua età (…) In
una donna comportarsi in modo sempre più indipendente (…) fa salire il livello di autostima (…) ma fa aumentare il livello di
testosterone (…) Tale aumento inibisce la capacità delle ghiandole surrenali di produrre estrogeni, con conseguente riduzione della
produzione di ossitocina antistress (…) Ciò finisce col provocare il precoce invecchiamento (…) Una graduale diminuzione degli
ormoni maschili e femminili è una normale componente del processo d’invecchiamento, ma non nella misura in cui si verifica oggi
(…) A quanto pare, invecchiamo prima e non particolarmente bene (…) Quando i livelli di cortisolo sono cronicamente elevati, la
tiroide, che regola il metabolismo nei periodi di stress, comincia a funzionare meno bene (…) Un elevato livello di stress porta a
desiderare cibi poco salutari che intossicano ulteriormente il fegato (…) La conseguenza di un organismo maggiormente intossicato è
la creazione di un terreno fertile per lo svilupparsi [di infezioni] (…) Per una donna (…) avere bisogno di un uomo non è una
debolezza. È ciò che dà a lui una ragione per vivere e un’opportunità di fare la differenza, mantenendo basso il livello di stress grazie
alla produzione di testosterone. Quando lei sente di poter dipendere da qualcuno per ricevere aiuto, quando sente di aver bisogno di
un uomo, si genera una potente corrente di ossitocina (…) Le serve un uomo che le dia sostegno economico, qualcuno capace di
aiutarla se lei non potesse lavorare (…) Essere uguali, sia sul lavoro che a casa, non significa che bisogna essere la stessa cosa (…)
Per garantirci un uguale rispetto, prima dobbiamo riconoscere che siamo diversi e sostenere tale diversità. Rispetto significa onorare
ciò che una persona è e, quindi, essere disponibili ad apprezzare ciò che ha da offrirci (…) Le donne (…) oggi (…) sopportano un
peso due volte maggiore rispetto a quello delle loro madri, in quanto avvertono non solo la pressione economica, ma anche l’antico e
forse genetico impulso a sbrigare le faccende domestiche. L’istinto femminile di costruire e nutrire un “nido” (…) Sia che lei lavori
perché le piace oppure solo perché ne ha bisogno economicamente, il lavoro le lascia poco tempo per rilassarsi e reagire allo stress
(…) Il tasso medio di felicità delle donne, misurato dagli psicologi, è crollato (…) Nell’11% delle coppie sposate sono i padri a
rimanere a casa (…) L’uomo affronta meglio lo stress alternando la risoluzione dei problemi al riposo e allo svago. Invece la donna
deve bilanciare ciò che dà agli altri con il tempo dedicato a prendersi cura di sé o a ricevere sostegno. Il riposo ricostituisce le riserve
di testosterone, mentre ricevere attenzioni e sostegno ricostituisce le riserve di ossitocina. Che cosa devono fare uomini e donne per
sentirsi felici, sani e realizzati nella società attuale? Devono riconoscere che l’amore e la riduzione dello stress sono in pratica la
stessa cosa, perché provengono dalla stessa fonte: gli ormoni (…) Le donne che assumono antidepressivi sono più del doppio degli
uomini (…) Prima che le donne entrassero nel mondo del lavoro (…) la prevedibilità della routine assicurava scorte costanti di
ossitocina per gestire lo stress (…) Nel mondo del lavoro sempre più donne vengono premiate perché sanno pensare e comportarsi
come uomini e finiscono per chiedersi a quale pianeta appartengano in realtà. E cominciano a domandarsi la stessa cosa a proposito
dei loro mariti! (…) Nella mia esperienza un’analisi più approfondita rivela sempre la verità: la donna viene davvero da Venere e
l’uomo viene davvero da Marte e lo scambio dei ruoli è solo il sintomo di uno squilibrio nella relazione (…) A uno sguardo
superficiale, può sembrare che l’inversione dei ruoli sia reale (…) Il suo stile di vita ha iniziato a separarla dalla comunità femminile
con cui condivideva i sentimenti (…) La donna ha bisogno di parlare. Quando non ha occasione di esprimere a parole i suoi
sentimenti durante la giornata, accumula stress; e appena torna a casa sente l’urgenza di raccontare le sue emozioni al partner. Se
questa esigenza non viene soddisfatta, allora qualsiasi cosa l’uomo faccia per lei è irrilevante, perché la donna è convinta di non
ricevere abbastanza riconoscimento affettivo. Quando le coppie non parlano, quando l’uomo non ascolta, niente che lui possa fare per
la sua donna sarà mai abbastanza (…) Queste donne spesso si difendono dallo stress lavorativo cercando la solitudine o facendo
esercizio fisico solitario, ma tali attività non le aiutano a ricongiungersi al loro lato femminile. La donna ha bisogno di ossitocina.
Molte donne hanno recuperato la fertilità adottando comportamenti, terapie e abitudini alimentari che stimolano l’ossitocina.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
Tra cento anni (…) le donne non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una
volta erano stati loro negati (…) Togliete questa protezione (…) e vi accorgerete che le donne muoiono assai più giovani e assai più
presto degli uomini; cosicché si dirà “Oggi ho visto una donna” come si diceva “Oggi ho visto un aereo”.
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NICHILISMO DELL’APPARIRE ED ESPRESSIONE VITALE
Il grido (G. Gaber)
Voi (...) si vede da lontano che siete privi di ideali, con quello spreco di energia dei giovani normali (...) E voi che pretendete che
tutto vi sia dovuto (...) con quella finta libertà dei giovani viziati (...) È un gran vuoto che vi avvilisce e che vi blocca (...) E voi (...)
giovani arrivisti (...) E voi così randagi sempre sull'orlo del suicidio (...) con nel petto un'implosione d'odio (...) e il cervello in avaria
(...) È una rabbia che vi stravolge e che vi blocca (...) C'è nell'aria un'energia che non si sblocca come se fosse un grido in cerca di
una bocca (...) Aggrappatevi al sogno di una razza che potrebbe opporsi per costruire una realtà di giovani diversi.

La prigioniera in La ricerca del tempo perdurto (M. Proust)
Tutto quanto di più dolce avevo sognato, bambino, nell’amore, e mi appariva come la sua stessa essenza, era di dare libero sfogo,
davanti a colei che amavo, alla mia tenerezza, alla mia riconoscenza per un gesto di bontà, al mio desiderio d’una perpetua vita
comune (…) Tremavo di non poter trattenere **, (…) come una madre della cui buonanotte quotidiana ricominciavo a provare il
puerile bisogno (…). Ma (…) non ero più capace di dire: «Sono triste». Mi limitavo, con la morte nel cuore, a parlare di cose
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indifferenti che non mi facevano fare il minimo progresso verso una soluzione (…) Bisognerebbe (…) manifestare senza vantarsene i
propri buoni sentimenti, anziché nasconderli con tanta cura (…) L’orrore degli amori che solo l’inquietudine ha generati deriva dal
fatto che giriamo e rigiriamo senza posa, dentro la nostra gabbia (…), senza che gli esseri per cui li proviamo ci piacciano, (…) dal
momento che non è stato il nostro gusto cosciente ma il caso di un minuto d’angoscia (…) ad averli scelti per noi (…) Lei (…)
staccata da noi (…) non sarebbe che se stessa, cioè nulla. (…) È la trama ininterrotta di abitudini da cui non sappiamo liberarci (…)
Viviamo sempre con ciò che non amiamo (…) Certe vite insensate, vite di maniaci che si privano con le proprie mani di ogni piacere
e si infliggono i mali peggiori, sono le meno soggette a mutamento (…) Un altro aspetto di queste vite monotone (…) sono i vizi (…)
Risalendo pigramente di giorno in giorno come su una barca, e vedendomi apparire ricordi (…) senza che io potessi vagliarli (…)
Forse l’abitudine di serbare in me, senza mai appagarli, tutti questi desideri, accontentandomi della promessa fatta a me stesso che
non avrei dimenticato di soddisfarli un giorno o l’altro, (…) era diventata in me così generale da impadronirsi anche dei miei sospetti
gelosi e (…) mi induceva a rimandare (…) spiegazione (…) Basterebbe un piccolo scatto d’energia, un solo giorno, per cambiare
tutto ciò definitivamente.

Des ronds dans l’eau (F. Hardy)
Vivevi (…) di questi rumori (…) che filtrano i boschi (…) Tu provavi gioia a fare dei cerchi nell’acqua. Oggi sei in balia di acque
meno tranquille. Ti accanisci e galleggi, ma l’amore dov’è? (…) Dì a te stesso che potrebbero prenderti per (…) l’idiota del villaggio
che è rimasto là a fare dei cerchi nell’acqua.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Il saggio, rimasto in modo irrimediabile del tutto solo e privo di amici, non vorrà vivere.

La vita solitaria (F. Petrarca)
Abbraccio la solitudine a patto di non fare a meno dell’amicizia (…) Né in terra né in cielo può essere un uomo felice se non ha
persone a cui manifestare le sue impressioni e idee. Gli uomini delicati e forniti di umanità avranno enorme dolcezza dalla
conversazione con un amico affettuoso e fedele: in lui rispecchiano se stessi, da lui odono la verità, con lui possono parlare di tutto
liberamente come con se medesimi, su di lui nessun sospetto, dentro di lui nessun inganno, per lui ogni fatica grata, senza di lui il
riposo non è dolce, da lui vengono i conforti nell’avversa fortuna e le gioie nella prospera.

Improvvisamente, l’estate scorsa (T. Williams)
Parlando finalmente di quanto era accaduto quel giorno guarì dalla sua malattia.

Weir di Hermiston (R. L. Stevenson)
Con la sua sensibilità delicata di adolescente, ** evitò, da quel momento, di ritornare sul tema. Forse fu un peccato. Se avesse parlato
– parlato liberamente – e avesse dato voce a ciò che aveva dentro (cosa che i giovani amano e dovrebbero fare), non ci sarebbe stata
una storia da scrivere sugli Weir di Hermiston, ma la minaccia del ridicolo fu sufficiente a farlo tacere.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Portando alla coscienza di tutti i coinvolti la situazione e tutte le sue conseguenze, si sarebbe ottenuto, se non altro, un effetto
benefico (…) Così si evita il non esprimersi, il non pensare (…), la rimozione del contenuto penoso; è vero che apparentemente così
l’individuo si tormenta di più, ma il suo tormento ha almeno un senso (…) e merito morale (…) La causa rimossa della sofferenza
provoca nevrosi e inoltre si irradia in modo misterioso su tutto l’ambiente e infetta, se ci sono dei figli, anche questi. Ed è così che gli
stati nevrotici (…) possono trascinarsi per generazioni.

Il giocatore (F. Dostojevskij)
- Non ho dimenticato, ho soltanto scacciato temporaneamente tutto ciò dalla testa, perfino i ricordi, finché non avrò intanto
radicalmente riassestato i miei affari: allora risorgerò dai morti!
- Voi sarete ancora qui tra dieci anni!

Todo modo (L. Sciascia)
Tante cose in noi, che crediamo morte, stanno come in una valle del sonno (…) Tutto, dentro e intorno a me, era ormai da anni
finzione. Non vivevo che ingannandomi e facendomi ingannare (…) Mi ero liberato di tante cose, di troppe perché non mi sentissi
lontano dalla verità della vita (…) Questa fuga e illusione di libertà altro non volevano essere che una pausa per tornare a una pittura
a piedi caldi, (…) perché mi venisse voglia di farlo mentre mi sentivo libero dal mestiere, dal denaro ecc. (…) Impossibile ritorno e a
sprazzi me lo dicevo, (…) ma (…) tanto più inganniamo noi stessi o tentiamo, quanto più evidente e immediato si prospetta il
disinganno (…)
Solo le cose che si pagano sono vere, che si pagano a prezzo di intelligenza e di dolore.

L’io e l’inconscio, Parte seconda, cap. 2 (C. G. Jung)
Da ogni inconscia mescolanza e mancanza di separazione parte una coazione ad essere e ad agire così come non si è. Quindi, chi è in
questo stato, non può essere d’accordo con esso o assumerne la responsabilità, ma si sente in uno stato degradante, non libero e non
etico. Il disaccordo con se stesso è appunto lo stato nevrotico e insopportabile dal quale egli vorrebbe redimersi. La redenzione da
questo stato egli la ottiene solo quando può essere e agire così come si sente di essere (…) Quando uno può dire del suo stato e delle
sue azioni: “Io sono questo, agisco così”, allora egli può andare d’accordo con questo, anche se gli riesce difficile, e se ne può
assumere la responsabilità, anche se ne rifugge. Bisogna tuttavia riconoscere che non vi è nulla più difficile da tollerare che se stessi,
(…) ma anche questo difficilissimo compito diventa possibile se ci si può distinguere dai contenuti inconsci.

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Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
Vi è un gran numero di persone normali – e invero gente della migliore qualità – che si sentono angustiate e scontente, perché non
hanno più un simbolo che offre uno sbocco alla libido. Per tutti costoro occorre intraprendere una riduzione ai fatti primari, affinché
imparino a conoscere di nuovo la loro personalità primitiva e a tenerla nel conto dovuto. Solo a questo modo determinate esigenze
potranno essere soddisfatte e altre rigettate come irragionevoli a causa del loro carattere infantile (…) La coscienza, (…) sempre
esposta al pericolo di venire sviata dalla sua propria luce e di divenire un fuoco fatuo privo di radici, agogna alla forza salutare della
natura, alle profonde sorgenti dell’essere (…) Il mito (…) dà la sicurezza e la forza di non essere schiacciati dalla mostruosità
dell’universo (…) Amando questo retaggio, gli uomini amano ciò che è comuni a tutti, (…) quella forza misteriosa e irresistibile che
viene dal sentimento di essere parte di un tutto.

Equilibrio precario (C. Consoli)
Steso sul filo di una gloria che non c'è, disincantato, disarmato. Appeso al grido di una folla che non c'è, amareggiato disorientato.
Steso all'ombra di una vita che non c'è, rammaricato, tormentato, (…) demotivato e insoddisfatto per aver perso di vista te stesso.

Il dottor Zivago (B. Pasternak)
Nei pensieri tutti erano diversi da quel che erano nelle proprie parole e manifestazioni esteriori; ciascuno aveva la coscienza
macchiata e poteva a ragione sentirsi colpevole di tutto, un impostore. Al minimo pretesto un’immaginazione autolesionistica si
scatenava sino agli estremi. La gente si inventava colpe non solo sotto la pressione del terrore, (…) riesaminava tutto di sé e vedeva
tutto deformato (…) Oggi sono molto frequenti le forme microscopiche di emorragie cardiache. Credo che le cause siano di ordine
morale. Alla gran maggioranza di noi si richiede un’ipocrisia costante, eretta a sistema. Ma non si può, senza conseguenze, mostrarsi
ogni giorno diversi da quello che ci si sente: sacrificarsi per ciò che non si ama, rallegrarsi di ciò che ci rende infelici. Il sistema
nervoso non è un vuoto suono o un’invenzione.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Se uno ascolta i più deboli, ma costanti suggerimenti del suo genio, che sono certamente veri, egli non vedrà a quali estremi o persino
a quali pazzie esso possa condurlo; e tuttavia a mano a mano che egli diventa più risoluto e fidente, è quella la direzione nella quale si
estende la sua strada. L’obbiezione più ardita che sente un uomo sano alla fine prevarrà sopra gli argomenti e le abitudini
dell’umanità (…) Anche se il risultato fosse debolezza fisica, tuttavia nessuno può dire che le conseguenze fossero da rimpiangersi,
perché queste erano una vita condotta secondo principi più alti. Sebbene la gioventù diventi indifferente, alla fine, le leggi
dell’universo non sono indifferenti. Ascolta ogni zeffiro per udirne i rimproveri (…) Se ci tiriamo più in là molti rumori discordi ci
giungeranno come musica, dolce e orgogliosa satira della meschinità della nostra vita (…) Se un uomo non marcia al passo dei
compagni, magari è perché ode un tamburo diverso, lasciatelo marciare al suono della musica che sente, non importa né quanto
lontana sia, né quale ne sia la cadenza (…) Note del flauto (…) da una sfera diversa (…) come uscire (…) e realmente migrare colà ?
(…) Mi piace pendere e gravitare verso ciò che mi attrae più fortemente e giustamente (…) passare per il sentiero che posso
percorrere e sul quale nessuna forza può resistermi (…) Non giochiamo a correre sul ghiaccio, c’è un fondo solido ovunque (…)
Datemi la verità, invece che amore, denaro o fama (…) Semplificate (…) Semplicità, semplicità e semplicità! (…) Per quanto misera
sia la Vostra vita, affrontatela e vivetela; non evitatela, né insultatela (…) Le cose non cambiano, ma siamo noi che cambiamo (…)
Conservate i vostri pensieri, Dio vedrà che non vi manchi la compagnia (…) L’Extravaganza dipende dall’ampiezza del vostro
recinto (…) Sono solo gli sconfitti e i disertori che vanno alla guerra, vigliacchi che fuggono e si arruolano (…) Se uno avanza
fiducioso e cerca di vivere la vita che s’è immaginato, incontrerà un inatteso successo nelle ore comuni. Si lascerà qualcosa alle
spalle, passerà un confine invisibile; leggi nuove, universali e più libere cominceranno a stabilirsi dentro e intorno a lui; oppure le
leggi vecchie saranno estese e interpretate in suo favore in senso più ampio; (…) in proporzione a quanto egli semplifica la sua vita,
le leggi dell’universo gli appariranno meno complesse e la solitudine non sarà tale, né la povertà sarà povertà, né la debolezza
debolezza. Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto; è quello il luogo dove devono essere; ora il
vostro compito è di costruire a quei castelli le fondamenta (…) C’è un mattino nuovo al di là dei rimpianti per ciò che non siete
riusciti a fare (…) Perfino questo può essere l’anno carico di eventi.
Montaigne (V. Woolf)
Quest’anima, o vita dentro di noi, non va affatto d’accordo con la vita fuori di noi. Se si ha il coraggio di domandarle che cosa pensa,
lei va sempre dicendo precisamente l’opposto di quello che dicono gli altri (…) L’uomo che è consapevole di se stesso è da questo
momento in avanti indipendente; e non si annoia mai, e la vita è solo troppo corta, ed egli è perennemente immerso in una profonda
eppure temperata felicità. Egli solo vive, mentre gli altri, schiavi della cerimonia, si lasciano scivolare via la vita in una sorta di
sogno. Se ci si conforma una sola volta, se una sola volta si fa quello che fanno gli altri perché lo fanno loro, sùbito un’apatia si
insinua (…) Moto e cambiamento sono l’essenza del nostro essere; la rigidezza è morte; il conformismo è morte: diciamo quello che
ci viene in testa, ripetiamoci (…) Esiste, per coloro che conducono una vita privata, un altro capoclasse, un censore invisibile dentro
(…) La comunicazione è salute; la comunicazione è verità; la comunicazione è felicità. Spartire è il nostro dovere; scendere
arditamente e portare alla luce quei pensieri nascosti (…) Se facciamo quello che ci piace, facciamo sempre quello che ci fa bene.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
La stragrande maggioranza degli esseri umani sceglie di seguire non la propria strada, ma le convenzioni (…) È una vita
esclusivamente di gruppo, (…) un fatto collettivo (…) La vita creativa (…) è sempre oltre le convenzioni (….) Ai propri simili
tenacissimi pregiudizi ne impediscono qualsiasi comprensione: “ una cosa del genere non esiste”, “o se esiste naturalmente è
morbosa e estremamente inopportuna, inoltre è una terribile presunzione pensare che una cosa del genere possa avere un significato”
(…) Si nega quel che ci è molesto, si sublima l’indesiderato, si liquida ciò che è angoscioso con una spiegazione razionale, si
giustificano gli errori, e alla fine si pensa di aver sistemato tutto per benino (…) E si sa che l’intelletto è molto in gamba a dire tutto e
il contrario di tutto. (…) Sviluppare la propria personalità in effetti è un’impresa impopolare, che dal di fuori sembra un irritante
rifiuto della strada maestra, un’eccentricità (…)
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La nevrosi è (….) una difesa contro l’attività interna oggettiva della psiche (…) che vorrebbe parlare alla coscienza per guidare
l’uomo verso la sua completezza (….) Il nevrotico è l’uomo privo di amor fati (…) L’uomo che tradisce la propria legge si è lasciato
sfuggire il senso della propria vita (…) Se il nevrotico (...) si recasse da solo nel deserto (...) e desse ascolto al suo più intimo essere,
magari potrebbe sentire che cosa dice la sua voce interiore (…)
Nessuno sviluppa la propria personalità perché qualcuno gli ha detto che sarebbe utile o raccomandabile farlo. (…) Si potrebbe
lasciare tutto com’è se questa nuova strada non esigesse assolutamente di essere scoperta e non funestasse l’umanità con tutte le
piaghe d’Egitto finchè non la si sia trovata. La strada che si cela dentro di noi è un elemento vivente (…). (…) Comporta isolamento.
(…) Significa fedeltà alla propria legge, cioè (…) una fiducia in quella legge, una leale perseveranza e una fiduciosa speranza (…)
La voce interiore è la voce di una vita più piena, di una coscienza ulteriore e più ampia (…) È come se un fiume, (…) perso in un
braccio stagnante, improvvisamente ritrovasse il suo letto e tornasse a fluire o come se si muovesse una pietra che soffoca un seme,
cosicchè il germoglio possa iniziare la sua crescita naturale (…)
Quel che la voce ci sussurra è in genere negativo (…) e ci mostra il male in modo allettante (..) Se non gli si cede neppure in parte
(…) non può esserci alcun rinnovamento (…) Se l’io obbedisce solo parzialmente (...) allora può rendere propria la voce, e ne
risulterà che il male era solo apparentemente tale, mentre invece reca salute e illuminazione (…) La voce pone davanti alle decisioni
morali ultime, (..) aprendo in noi un abisso di confusione, di smarrimento e di disperazione, (…) ma il bene è sempre il nemico del
meglio (…) È pericoloso, (…) perché è molto facile per il male insinuarsi di soppiatto dichiarando di essere semplicemente il meglio
(…) Ma chi non è disposto a perdere la propria vita non saprà neppure conquistarsela (...) Il demone della voce interiore è al tempo
stesso il pericolo estremo e l’aiuto indispensabile (…)
Non solo la (…) necessità, ma anche la decisione morale consapevole deve dare il proprio impulso al processo (…) Che cos’è (…)
che fa pender inesorabilmente la bilancia a favore dell’inconsueto? È ciò che comunemente si definisce vocazione; un fattore
irrazionale (…) La personalità autentica ha sempre una vocazione, e ha fede in lei come in un dio, benché, come direbbe l’uomo
comune, sia soltanto un suo modo di sentire. (…) Il fatto che moltissimi seguendo la propria strada finiscano in rovina., non significa
nulla per chi ha una vocazione (….) Un’esplosione dirompente di energie creative (…) è catastrofica solo quando è un fenomeno di
massa. (….) La personalità (…) non si fa prendere dal panico, (….) si è già lasciata alle spalle ogni forma di terrore (…). Se si
impossessa di un gruppo, (…) l’elemento psichico oggettivo conduce necessariamente alla catastrofe, (….) perché ha operato (…)
senza essere stato assimilato da una coscienza , né integrato in tutte le altre condizioni di vita già esistenti. Chi è in grado di assentire
consapevolmente alla forza della vocazione che gli si fa incontro dal suo più intimo essere, diventa una personalità; Solo chi
soggiace, diventa preda del cieco corso degli eventi e ne viene annientato.

Psicologia dell’inconscio in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Raggiungono un più alto grado di coscienza solo quegli uomini che per loro natura vi sono destinati o ne hanno la vocazione, vale a
dire hanno le capacità e l’impulso verso una più alta differenziazione (…) Non occorre un’intelligenza particolare, (…) poiché in
questo sviluppo possono intervenire qualità morali a integrare l’insufficienza intellettuale.

La provvidenza (L. A. Seneca)
Tutto fluisce secondo una legge immutabile ed enunciata per l’eternità (…) Una causa dipende dall’altra, una lunga catena determina
le vicende pubbliche e private: si deve sopportare tutto coraggiosamente perché tutte le cose non avvengono, ma vengono. Una volta
per tutte fu stabilito l’oggetto delle tue gioie, delle tue lacrime (…) e tutto si riduce a questo: effimeri riceviamo l’effimero (…) Per
questo siamo al mondo (…) È proprio di un uomo buono offrirsi al fato (…) La sventura è occasione di virtù. Sarebbe giusto
chiamare infelice chi è snervato da un eccesso di prosperità, chi come un cuore immobile è prigioniero della bonaccia: qualunque
cosa gli capiti sarà una sorpresa (…) Fuggite una prosperità che vi snerva e svigorisce l’animo e, se non interviene qualcosa che gli
ricordi la sorte umana, lo fa marcire come nel sopore di una continua ubriachezza, (…) fa vaneggiare, offusca la differenza tra il vero
e il falso (…) C’è bisogno di una prova per conoscersi (…) Come posso conoscere la tua fermezza di fronte al disonore , al discredito
se ti segue inalterabile il favore e la simpatia della gente? (…) La fortuna cerca chi le stia pari, i più coraggiosi; certuni non li degna
di uno sguardo (…) Nature fiacche, destinate al sonno o a una veglia del tutto simile al sonno, sono tramate di elementi inerti: per
formare un uomo degno di questo nome, ci vuole un destino più vigoroso. La sua vita non sarà in piano: bisogna che vada su e giù,
sballottato dai flutti e piloti la nave nella tempesta. Deve tenere la rotta contro la fortuna: gli capiteranno molte vicende dure e
difficili, che sarà lui a mitigare e appianare. Il fuoco mette alla prova l’oro.

Premessa a una mia analisi di Lord Jim di J. Conrad
Il vero obbiettivo della naturale spinta all’autorealizzazione è l’integrazione alla coscienza delle parti inconsce della personalità,
ovvero quella sintesi di io e non-io nel sé che nei miti di tutte le tradizioni e della letteratura fantasy è rappresentato dal tesoro
difficile da raggiungere, nell’alchimia dal lapis e in alcune tradizioni religiose (soprattutto orientali) dal gioello. Jim non confonde
l’amata con il lapis al suo giungere a Patusan (alla sua discesa in se stesso), quando la fuga istintiva dalla prigionia e il salto nel fango
lo portano da Doramis e salvano, evocando il suo arrivo spericolato lungo il fiume simile a un salto nell’ignoto (iniziativa irriflessiva
come di chi fugga) e anche il salto nella barca dalla nave Patna e le parole di Stein sui sogni da perseguire immersi nell’elemento
distruttivo. Il lapis, il coronamento dell’opus alchemico (si parla anche esplicitamente di "maghi") sembra essere a Jim invece
quel’opportunità intravista alla sua morte, quando espia per scelta e senza esitazione il fallimento del tutto imprevisto (le sue ultime
parole scritte denotano sgomento): non fugge da se stesso e non rinnega il suo dovere, ma soltanto si riscatta come può, anche se al
prezzo di un nuovo abbandono; egli muore bene come ha vissuto bene tra sbagli e sbandamenti, perché resta fedele, si prende sul sero
e si fa padrone del suo destino. Se il destino gli si è mostrato infine ostile è forse perché il villaggio gli avrebbe potuto far perdere la
libertà morale, che svanisce con il perdersi della colpa. Forse, però, l’inconscio lo ha tenuto prigioniero al villaggio (simbolo materno
oltre che del mandala) perché non lo riteneva ancora pronto per fare ciò che avrebbe dovuto? L’opportunità intravista da Jim era
predestinata? L’isolamento è pur sempre la conseguenza naturale dello sviluppo della personalitá (così sottolinea Jung nei suoi libri
più volte) il fatto è che un finale diverso non sembra possibile, date la natura ricca di immaginazione, la sensibilità, la giovinezza e
l’educazione paterna stupidamente intransigente di Jim (il padre è il simbolo del sapere tradizionale, fondato su pregiudizi e confusi
luoghi comuni) e considerato anche il bisogno umano di autostima: il pirata sembra fare parte, come l’incidente del Patna, dei disegni
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dell’inconscio collettivo su Jim, dei progetti autonomi del sé (o del destino se così si vuol dire), dato che certe vite sembrano davvero
avere un senso e che esiste nella psiche un archetipo del significato (il "vecchio saggio” qui rappresentato soprattutto da Marlow e
Stein, che infatti conducono Jim a Patusan, e forse anche da Doramin che, proteggendolo, fa sì che egli vi resti e poi lo uccide).
Secondo me il pirata è la coscienza di Jim sotto l’influsso dell’anima (inconscio collettivo in lui divenuto nemico, perché provocato)
quindi l’intelletto mefistofelico. In generale l'intuito e l'aspetto di Brown fa pensare a un animale o a un essere allo stesso tempo al di
sotto e al di sopra dell’uomo e ciò in netto contrasto con Jim, il cui aspetto ne sottolinea la civiltà. Il nome stesso Brown evoca colori
piatti, banalità e una terra senz’acqua e senza verde come un intelletto lontano dalle fonti del sentimento, della morale, del buon
senso (intelligenza manipolatoria, il contrario della ragione umana secondo per esempio Jung e Fromm: questo volto temuto del
duplice Mercurio ha trovato molte rappresentazioni nei miti e nella letteratura), come il soprannome Lord Jim fa pensare a gem –
gioiello in inglese - quindi a regalitá, all'essere protettore e salvatore dei deboli come un dio – Cristo stesso è un simbolo del sé – o
come un principio di luce, oltre che evocare il carattere numinoso dell’inconscio collettivo. I parallelismi tra lui e Jim sono molti per
sottolinare il contrasto e il legame tra i due. Secondo questa interpretazione quindi la nave del pirata è la nave di Jim condotta da un
estraneo (autonomia dell’inconscio), è la personalitá di Jim dominata dall’intelletto sotto la possessione dell’anima (l’inconscio
collettivo di cui acqua e nave stessa sono simboli molto comuni) e rafforzato in tale posizione dall’ombra (inconscio personale,
l'"Ombra" affine al buio, il traditore Cornelius). La nave giunge dal fiume, quindi probabilmente è attirata dalla madre di Gioiello
(figura possibile della funzione "mentale" – nel senso dato al termine da Jung - del tutto inconscia di Jim connessa all’inconscio
collettivo, che in lui – maschio - ha carattere femminile; la madre di Gioello comunque è stata abbandonata ed esclusa come lui; ella
rappresenta anche la sana e in fondo giustificata diffidenza verso l’esterno) che era stata “attivata” da Jim (attraverso il suo legame
con la figlia e la sua chiusura dei rapporti con le proprie figure paterne) con la partecipazione di Cornelius, resosi particolarmente
ostile perchè provocato. Il conflitto con il pirata è il doppio fallimentare del primo conflitto con il pirata locale, vinto grazie all’idea
avuta dopo gli attentati creati o favoriti da Cornelius/l’ombra e grazie all’aiuto avuto da Gioiello (alla vigilanza della coscienza e
degli alleati della coscienza). Ora la coscienza si trova isolata, perché Jim, a causa della sua felicità e del suo disprezzo per
Cornelius, ha in parte dimenticato l’instabilitá e la stanchezza generate dai continui attentati subiti nei primi tempi al villaggio e solo
il fiume ricorda (per via dei sicari gettati in acqua), fiume che conduce Brown a Patusan (sottovalutare la propria Ombra e voler
dimenticare gli sbagli fatti, è un errore tipico della coscienza, in particolare di quella maschile). La colpa, ricordatagli da Brown, e
che lui ancora sopravvaluta, devia il suo giudizio lontano dai suggerimenti del villaggio (le riserve dell’insieme della sua personalitá:
la diffidenza verso l’esterno sarebbe stata salutare ora quanto prima era stata controproducente). L’eroe spesso nei miti muore a causa
di un tradimento e per cause insignificanti dopo tante fatiche coronate da successo come del resto ha nascita insignificante che fa da
contraltare alle possibilità di realizzazione prodigose (il processo creativo e lo sviluppo della personalità sono per certi versi
straordinari ma si svolgono nell’inconscio - quindi in luogo interno, non appariscente e misero per gli osservatori esterni - e inoltre
essi sono fragili perché avversati naturalmente dall’inconscio geloso e perché esposti a mille condizioni ambientali per il loro avviarsi
e ancor più per la loro riuscita). Conrad sembra dirci che nella vita si vince di rado al modo desiderato, perché essere completi rende
troppo difficile alla lunga convivere con se stessi, ma che è pericoloso anche ignorare il bisogno di conoscere se stessi e di sviluppare
la propria personalità: la vita svolge continuamente il suo gioco senza che nessuna strada sia mai sicura, senza pietà e senza scopo
(secondo Jung l’inconscio collettivo produce destini senza un fine ultimo, cioè per la sua natura stessa di creatore), ma alcuni
individui non “snobbati dal destino” spiccano fra gli altri (“la natura è aristocratica” scrive Jung) per l’intensità con cui vivono il
conflitto e per la loro fedeltà al gioco se non altro e queste qualità morali consentono loro di non subire il destino con la passività dei
mediocri. Jung afferma più volte che la chiave nel processo di individuazione e della possibilità di difendersi dalle aggressioni
dell’inconscio è data da un insieme di fedeltà, onestà e perseveranza nel confronto con se stessi e ribadisce anche più spesso che la
pace è impossibile in ogni caso all’uomo, perché chi rifiuta il dialogo con i propri fantasmi e la propria ridicola o abbietta ombra
finirà col lottare maggiormente con altri individui e probabilmente col cedere senza dignità all’azione dell’inconscio compensatore o
in stato di aperta ostilità…e forse si dovrebbe aggiungere che la pace è dell’uomo anche indegna. In questo libro non hanno pace
nemmeno i testimoni e infatti i giudizi di Marlow sui personaggi mutano spesso, tanto che quando viene, a proposito d’altro,
sottolineata l’importanza delle sfumature, questa affermazione sembra la giustificazione che Conrad dà di questa altalena di opinioni
che non viene meno nemmeno nelle ultime pagine: i giudizi frettolosi e lapidari della folla sono qui considerati ciò che sono sempre
di fatto, cioè brutalità

http://www.slideshare.com/analisi-dei-sogni-con-mitologia-e-alchimia oppure http://www.slideshare.com/simboli.
Le regole del sognare non sono generali e i sogni sono suscettibili di interpretazioni diverse a seconda del tempo e delle persone (...)
Nella vita l’unione degli opposti è ottenuta attraverso ascolto di sé, analisi dei sogni, riflessione distaccata, idee e concezioni capaci di
soddisfare il simbolismo dell’inconscio collettivo (l’”aqua doctrinae” dell’alchimia) e soprattutto attraverso il riconoscimento delle
proiezioni inconsce (quelle degli altri su di sé, quelle del proprio lato oscuro sugli altri, quelle della parte inconscia profonda della
propria personalità su esponenti del sesso opposto e ciò che si fantastica su se stessi) ed è quindi un equilibrio parziale ottenuto per
gradi nel corso dell’esistenza e perseguito perché lo stato di conflitto interiore è troppo contrario alla vita: i simboli “unificatori” sono
creati dall’inconscio proprio come compensazione dell’opposizione all’io cosciente dei lati negativi o considerati inaccettabili di sé,
oltre che probabilmente per indicarci l’esistenza di un centro della personalità diverso dall’io e comprendente e accentrante la
porzione conscia e quella inconscia e in parte barbara e inconoscibile, anche al fine di infondere in noi una salutare incertezza.Tra i
simboli unificatori onirici i più frequenti sono i mandala, i quali in genere sono in forma di fiore o stanze o contenitori (soprattutto
circolari o quadrati) con eventuali gradini, croci o ripartizioni a croce, scale a chiocciola, spirali-vortici o “occhi” della coda di
pavone aperta disegnati su carta o incisi sulla carne o sul guscio di un animale o ruote con raggi e, al centro, spesso un oggetto
contenente acqua o prezioso (es. una perla) e/o di variegati colori o un animale altrettanto colorato (spesso un pesce o un uccello);
simboli unificatori sono però anche gruppi di tre o quattro animali o persone di sesso diverso rappresentanti le funzioni psichiche
(intuito, sentimento, ecc.), dove è la funzione del sognatore meno utilizzata coscientemente a simboleggiare e portare il messaggio
dell’anima, intesa semplicemente come porzione in noi dell’inconscio collettivo accomunante tutti e tutto. La buia caverna in
alchimia è un tipico simbolo del vaso dell’opus e di congiunzione di opposti, perciò potrebbe avere tale significato anche nei sogni e
ciò è anzi probabile perché essa è assimilabile ad un contenitore (...)
Una sfera (uovo, roccia, occhio o altro) è sempre anche simbolo del Sé e quindi se ci sono più sfere nel sogno alcune possono anche
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indicare persone vicine al sognatore (amici, ecc.). Un viso illuminato dal sole e un corpo umano nudo bianco quasi splendente, come
il sole e altre sfere di luce, sono altri simboli di illuminazione interiore e di ciò che affascina nel Sé e nelle immagini simboliche e
attive su di noi che vediamo in sogno oltre che dell’”anima”. L’occhio, oltre che il Sé, o il mandala, indica spesso la coscienza e
l’introspezione naturalmente e anche dio; un animale o un oggetto con tanti occhi indica invece l’inconscio, perché esso può essere
considerato alla stregua di una coscienza multipla.
Il Sè può essere rappresentato anche da un oggetto intessuto da molti fili di tipo diverso. Tra le più frequenti rappresentazioni del Sè
ci sono certamente cristallo e pietra. Il cristallo rappresenta bene l’unione di materia bruta e principio ordinatore spirituale grazie alla
sua struttura complessa. Una pietra ovale o tonda, lucida o grezza, raccolta, sfregata o in posizione significativa è sempre un simbolo
importante del Sè, perché è adatta a suggerire il carattere più intimo e vero di una persona, la parte di se stessi che si avverte come
avulsa dal continuo flusso di emozioni, pensieri, attività ed eventi: se la pietra è lucida, essa è come uno specchio in cui la psiche
inconscia di ciascuno può percepire il proprio potere; lo sfregarla indica l’impegno di vivere accettando incombenze quotidiane e
dolore, sebbene possa essere anche un’allusione alla credenza di alcuni primitivi che così se ne aumenti il valore mistico; versarvi
sopra dell’olio ricorda pratiche sacre antiche, note anche attraverso la Bibbia.
Elemento unificatore è l’equivalente inconscio di un intelletto ben equilibrato da sentimento, intuito e istinto, una guida che nei sogni
di frequente è rappresentata da acqua (es. fontane, pozzi), argento (come colore o materiale), fuoco, argilla (spesso umida), sostanze
viscose, sale, acqua salata, lacrime, albero di corallo, luna, sole, drago, serpente, bambini, nani, gnomi o simili.
L’intelletto cosciente utilizzato dal sognatore può essere simboleggiato da uno specchio o altra superficie riflettente. Un intelletto
troppo freddo, rigido, tagliente, penetrante e quindi pericoloso può essere rappresentato da oggetti taglienti o aguzzi e, mi sembra,
anche da un uomo sconosciuto spesso con pizzetto o capelli rossi, il quale può a volte rappresentare anche la parte dell’inconscio
personale con radici anche in quello collettivo che è meno accettabile per la coscienza (quella che Jung chiama “Ombra” ed è la parte
di sé volgare, debole, vile o astiosa che di solito si trova in opposizione forte all’Io cosciente); mi sembra di ricordare che questa
parte di sé spregevole possa apparire anche come meticcio o uomo poco civilizzato.
Nei sogni le stanze nella forma e nella disposizione stesse indicano l’organizzazione della personalità oppure lo stato più o meno
cosciente e meno sviluppato delle funzioni psichiche (intuito, sentimento, pensiero, sensazione) del sognatore o l’equilibrio o
squilibrio dei mandala spontanei (soprattutto cerchi, quadrati e rettangoli protettivi dalla dispersione della concentrazione e dal
pericolo di essere sommersi) quali rappresentazioni del rapporto tra la coscienza del sognatore e l’inconscio; la direzione del
movimento verso destra nei sogni indica che un contenuto inconscio cerca di divenire cosciente e non trova troppa resistenza da parte
dell’Io, mentre la direzione verso sinistra segnala il pericoloso procedere verso l’inconscio con il rischio di esserne sommersi e
restarvi intrappolati (...)
Persone viste in lontananza in modo confuso, anche se poche, valgono per massa indeterminata e perciò rappresentano l’inconscio.
Figure prive di viso sono esseri del tutto senza coscienza. Una pluralità (di animali, persone, nani o bambini, ecc.) in un sognatore
non schizofrenico comunica al sognatore che egli in un dato periodo è più vicino allo strato antico e indeterminato della psiche
collettiva o che si sta identificando con un gruppo (famiglia, comunità religiosa ecc.). L’inconscio collettivo nei sogni ha spesso
l’aspetto di folla, branco, brulichio, ibridi, animali selvatici, uccelli, cani e scritte incomprensibili, terra verdeggiante o mare
(entrambi possono nascondere pericoli ignoti e a volte doni sorprendenti), fiume o acqua in generale (vapore, ecc.), vento, nave,
villaggio, albero, legno, chiesa, cucina, capriolo, cavallo, orso, ragno (con molti occhi e dalle trappole quasi invisibili), pavone
(perché anch’esso ha molti “occhi” sulla coda ed è inoltre colorato e alato). Credo che gli stessi simboli possano essere attribuibili a
Madre natura (il mondo degli istinti anche soccorrevole) e all’anima del mondo o del sognatore (soprattutto capriolo dal volto umano,
cavallo bianco, uccelli, vento, chiesa, albero con acqua, nave) (...)
Anche i numeri sono significativi: secondo un testo di alchimia ogni perfezione si basa sulla triade misura, numero e peso. Il 3 indica
in genere nei sogni conflitto e dinamismo interiore e qualcosa che spinge all’unità e provoca così eventi, come quando due triangoli
uguali formano un quadrato, e può rappresentare tre delle funzioni psicologiche spinte all’unità dall’azione della quarta più inconscia.
La triade nei sogni è frequente e può avere anche altri significati: può rappresentare le radici inconsce delle tre funzioni psichiche o
anche la parte peggiore e più rifiutata dall’Io dell’inconscio personale pensata come un insieme di 3 funzioni psichiche di tipo
inferiore; dal conflitto diretto tra triade superiore e triade inferiore delle funzioni nascono dinamismo e tensione psichici. Il 3+1 è un
modello tipico della gestione della quaternità da parte dell’inconscio e infatti nell’alchimia e – mi sembra – anche nei sogni capita
spesso che tre elementi siano raggruppabili insieme mentre il quarto abbia una posizione particolare o sia di tipo particolare;
l’incertezza tipica dell’inconscio tra 4 e 3 indica anche oscillare tra spirituale e fisico e natura incerta della verità, dato che sono
quattro le funzioni psichiche che determinano un giudizio totale ma la quarta funzione psichica è collegata all’inconscio collettivo al
punto da avvicinare la totalità che include spirito e materia/fisicità ed è misteriosa. Di certo il 4 indica unità (spesso anche i multipli)
come l’1.
http://www.slideshare.com/guida-alla-scelta-dei-libri-per-bambini-e-ragazzi
il chiaro messaggio è che avvicinarsi troppo all’inconscio con le speculazioni intellettuali e il misticismo o provocandolo con
eccessivi freni all’istinto è pericoloso per l’uomo e che i mezzi per fuggire alle seduzioni e agli inganni che possono derivarne sono il
rispettare e salvaguardare i confini (la “Barriera”, la ragione), ma anche il calore umano, l’istintualità e l’intuizione; in altri termini si
vuole ribadire che serve un intelletto versatile e collegato in modo armonico alle altre, tra funzioni psichiche, un intelletto che si può
vedere rappresentato appunto dal modo in cui viene sfruttata nelle diverse circostanze la nave di Daenerys (costruzione umana e
quindi simbolo di metodo e riflessione qui, come spesso nei sogni). Questo intelletto, vivificato dalla passione quanto equilibrato, in
alchimia viene definito acqua “viva”, acqua “nostra”, argento “vivo” o “fuoco” proprio per distinguerlo dall’intelletto astratto,
dominatore e sprezzante senza criterio di ciò che ancora non comprende: così esso è anche indicato come lunare o quale sale o
lunaria (un albero di corallo bianco e rosso il cui sale è chiamato “dolcezza dei saggi”) o acqua salata come è detta la “terra” di
provenienza del fratello vivo di Daenerys e come le lacrime… tutto ciò ad additare che la saggezza sta nel conoscere bene anche il
lato spiacevole di sé e nel consolare l’amarezza dei frutti della ragione grazie all’esperienza che dalle enormi delusioni deriva a volte
un’inconscia intensificazione e una notevole evoluzione del sentimento; inoltre questo intelletto alimentato dal sentimento e
dall’intuito e consapevole delle radici anche oscure e poco nobili della personalità è rappresentato in alchimia come una soluzione
dissolvente ovvero separatrice di elementi, per significare che vanno superati gli attegliamenti intellettuali irrigiditi e le proiezioni
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inconsce della coscienza non evolutasi.
Avere o essere (E. Fromm)
Secondo la modalità dell’avere, noi siamo legati a ciò che abbiamo accumulato in passato (…) Noi siamo il passato; e possiamo dire:
“Io sono ciò che sono stato” (…) L’essere non è necessariamente fuori dal tempo, ma il tempo non è la dimensione che governa
l’essere (…) La stesura delle idee avviene nel tempo, ma la concezione delle idee stesse è un evento creativo extratemporale.

Il dottor Zivago (B. Pasternak)
D’un colpo, ogni cosa è cambiata, il tono, l’aria (…) E non c’è nessuno intorno, né amici né autorità costituite. Allora ci si vorrebbe
affidare all’essenziale, alla forza della vita o alla bellezza o alla verità, perché esse, e non le autorità umane ormai travolte, ti dirigano
in modo sicuro e senza riserve più di quanto avvenisse nella solita vita di sempre, ora tramontata e lontana.

Quello che sento (C. Consoli)
Potrei parlare, discutere, stringere i denti, sorridere, mentire infinitamente, dire e ridire inutilità, mostrare falsa e ipocrita serenità,
quando le parole si ribellano, favole, fiumi e mari di perplessità. Non c'è una ragione per non provare.. quello che sento (…) Un cielo
immenso dentro (…) Ho bisogno di stare con te (…) di regalarti le ali di ogni mio pensiero (…) oltre le vie chiuse in me (…) Voglio
aprire il mio cuore a ciò che è vero.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
“Troppo forte (…) non mi riusciva di confidarmi con chicchessia. Non c’è solitudine più chiusa di quella creata dall’impossibilità di
esprimere i propri sentimenti. La rottura col mondo esterno diventa un abisso, non esiste conforto o distrazione. La vita è stata un
adattamento a un seguito di finzioni. La maggior parte delle ragazze, per non sembrare meno delle altre, finiscono col sostituire belle
frasi a ricordi ripugnanti, e a ogni passo simulare piaceri e fingere ammirazioni non sentite. Fingevo ad esempio di ammirare il
Paradiso di Dante per non sembrare cretina, ma più tardi mi fu letto mentre ero in convalescenza e, forse per amore delle letture o
perché ero indebolita dalla malattia, mi sembrò sublime. A molte altre credenze mi sottomisi (la donna è l’angelo della famiglia, la
reputazione perduta non la si riacquista più ecc.). Amen. A volte mi dicevo che il male era solo la mia mancanza di rassegnazione
(perché io non dovrei avere pazienza come tutti?), ma la mia anima a lungo non l’accettava e mi dicevo che se avessi potuto prima di
morire uscire dalla rappresentazione dell’incubo della finzione e parlare di queste cose con te, poi avrei accettato tutto, anche il
carcere e il manicomio. Quando poi, essendo stata l’eroina di uno scandalo e dovetti sottomettermi alle finzioni della mantenuta,
trovai che erano finzioni provvidenziali perché mi staccarono dalla gente (…) È difficile per le donne evadere (…) L’importante forse
è salvarsi in un modo o in un altro, come non conta (…) Salvarsi, cioè perdersi, in fondo è lo stesso (… )Non bisogna avere il terrore
degli scandali (…) Ognuno si salva come può: nei momenti del pericolo quando non c’è tempo di riflettere, la scelta è fulminea, ma
perché in quei momenti non prendiamo tutti la stessa porta di sicurezza? Scegliamo o siamo scelti? Forse è la stessa cosa e la vera
libertà consiste in un’assoluta fedeltà a noi stessi (…) Capire quel che siamo noi stessi in anticipo è impossibile e assurdo, non
potendo noi renderci conto del senso dei nostri atti prima di compierli, (…) ma per assicurare la fedeltà a noi stessi bisogna
considerare che il destino si riduce a questo: i nostri atti più sinceri non possono essere che nostri. Il destino ci si rivela a mano a
mano che sciogliamo i nodi della nostra matassa e quanto più siamo leali, tanto più esso ci appare evidente (…) Invece di destino
forse sarebbe più esatto parlare di destinazione (…) Anche un incontro come questo non è un caso (…)Tra persone della stessa specie
(…) Quando due “banditi” si incontrano, non è mai un caso”.

La valle della luna (J. London)
La confusa, irreale esistenza di ** continuò (…) L’insonnia non le dava tregua (…) Poi, d’un tratto, s’addormentava in sonni lunghi,
profondi, donde riaffiorava intontita (…) La morsa di ferro alle tempie non si disserrava mai. Si alimentava pochissimo (…) Spesso
digiunava per tutto il giorno (…) Le lacune della sua coscienza si ripetevano giorno per giorno (…) Si ritrovò sulla punta estrema
della scogliera (…) immersa con l’acqua fino al ginocchio. Attorno nuotavano legioni di grossi ratti, squittenti e annaspanti (…)
Cercavano di arrampicarsi su di lei (…) altri continuarono a girarle attorno a una certa distanza. Uno le piantò i denti in una scarpa
(…) Un ragazzino (…) su un piccolo scafo si accostò (…) “Volete venire a bordo?” (…)
Una frase molto significativa del ragazzo le aveva rapito la fantasia: “Oakland non è che un punto di partenza”. Non aveva mai
considerato la città sotto tale aspetto (…) Perché no? (…) Nonostante la fatica di quella lunga giornata, sentiva uno strano benessere
(…) Dormì d’un sonno solo, ristorata. Ritrovò se stessa come liberata da un peso opprimente (…) L’anello di ferro alle tempie era
sparito. Si sentiva di buon umore (…) Le parole del ragazzino continuavano a danzarle e sfavillarle innanzi (…) Doveva essere stata
malata di mente (…) in seguito ai molti dispiaceri che le erano occorsi senza alcuna colpa (…) Oakland è una trappola (…) Ripassò
tutti gli avvenimenti della sua vita (…) Se *** non fosse stato depresso dall’ozio e dalla situazione disperata della città (…) non si
sarebbe messo a bere (…) Dovevano abbandonare Oakland. Solo gli stupidi si rassegnano e chinano il capo al fato. Ella e ***
volevano affrontare la vita a testa alta. Ella non sapeva ancora dove sarebbero andati, ma a questo avrebbero pensato in seguito (…)
Doveva lottare, evadere. Doveva trovare una via di scampo (…) un po’ d’amore, un po’ di felicità. Poco le importava (…) che Dio
non esistesse (…) se soltanto avesse potuto godersi la sua piccola felicità.

La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
Sotto qualunque forma, il male assume sempre l’aspetto di una condanna (…) È strano come ** persistesse nel chiamare suo asilo
quel luogo (…) Ma una forza irresistibile che sembra una condanna spinge gli esseri umani ad aggirarsi dove qualche avvenimento
ha lasciato una traccia profonda nella loro vita (…)
Ora il suo cuore e la sua mente erano di casa in quella solitudine in cui aveva guardato con distacco le istituzioni criticandole (…) Il
suo destino e le sue sventure l’avevano resa libera (…) Vergogna, disperazione e solitudine avevano rinvigorito la sua forza innata
(…) Quegli anni avevano reso il suo carattere più energico e ora era in grado di tener testa (…). Quei sette anni di infamia non erano
stati per lei che una lunga preparazione all’ora decisiva (…) “È dunque così piccolo il mondo?”, gridò **. “Cos’hai tu in comune con
questi uomini dal cuore di ferro e con i loro pregiudizi? Già troppo a lungo hanno tenuta schiava la parte migliore di te! (…) Muta
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questa tua vita di menzogna in una vita di verità (…) Predica, scrivi, opera! Fa’ qualunque cosa, ma non lasciarti morire così! (…)
Perché sottostare un giorno di più a questo tormento che (…) ti ha tolto ogni capacità di volere e di agire?” (…) Con un gesto
istintivo, si tolse il cappuccio che le imprigionava i capelli (…) Ritornavano sesso, gioventù, bellezza (…) e una gioia mai sino allora
conosciuta (…) L’amore sia quando nasce sia quando si desta da un letargo che è sembrato mortale, riempie il cuore di luce, una luce
che si riflette nel mondo circostante.

Testimonianza di una impiegata presso Psicoradio, riportata su Marie Claire (la rivista)
Nella vita ci sono cose che bruciano. E alcune cose quasi impossibili da dire (…) Perché nella vita ci sono momenti in cui pensi che il
peggio ti riguardi da vicino. Sei convinta di meritarlo, è roba tua, un peso incollato addosso che fa un blocco unico con il tuo destino.
Tanto che di te non te ne importa più nulla, hai smesso di reagire e chiunque potrebbe farti non importa quale orrenda cattiveria. Tu
mai e poi mai troveresti il coraggio di confessarlo a qualcuno. Mentre poi ce ne sono altre, di cose, che invece ti fanno una rabbia
pazzesca. Ti senti esasperata, impotente, violata, compressa. Ricordo un giorno (…) : ero così furibonda che in un attimo ho ribaltato
la stanza, (…) consapevole che comunque era molto meglio prendersela con gli oggetti che magari finire per fare del male alla gente.
Solo che poi succede che ti arriva nel sedere una siringata e ti risvegli dopo tre giorni sedata, in pratica un’altra, e con in più una
fatica assurda a riprendere il filo. Ci sono state queste e altre cose nella mia storia: l’abbandono, la disperazione, la confusione, i
silenzi (…) Avevo 17 anni al primo ricovero (…) In passato avevano detto tanto di me: che soffrivo di depressione, che ero bipolare,
che ero borderline. Tante parole. Ma le parole vanno e vengono e si possono anche sostituire, perché ciò che senti dentro ogni volta è
diverso. È un disagio, certo, ma soprattutto è la tua anima. Ecco, è stata forse questa la prima cosa che ho capito quando ho
cominciato ad abituarmi a (…) non vergognarmi più di mettere la mia anima in mutande. Quando parli di quella, niente più è
impossibile da dire. Se ti alleni a tirare fuori la voce, puoi farlo (…) La paura è una bestia orribile. A volte è l’incapacità di farsi
capire. Altre la coscienza dell’impossibilità di riuscirci. E in ogni caso una gabbia (…) Sentirmi persa senza qualcuno cui tornare. E
accumulare disagio a disagio, angoscia ad angoscia (…) Poi ho pensato a chi ero (…) e mi sono detta la verità: stavo imparando a
tenere a bada i miei demoni. Prima ero una voce bambina, fuori controllo e disordinata, ora la consapevolezza dice che avere diritto
di parola non significa aggredire, e nemmeno buttare di colpo tutti i mobili per aria. Ormai non c’è più il mio matto ridere-ridere o il
mio disperatissimo singhiozzare, e so che di paura non si muore (…) Così ce l’ho fatta.

Henry Doll (Il nuovo Spoon River) (E. L. Masters)
O si affonda nell’immobilità o si lotta e si spiega e s’impara e s’emerge pieni di luccichii. E (…) nel profondo, una risata argentina
nuota controcorrente.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Il suo romanzo parlava della (…) morte di un uomo giovane che non aveva saputo che si sarebbe suicidato fino al momento della
morte, quando capì che in realtà non aveva fatto altro che prepararsi a quel momento, e in tutti i minuti particolari, per mesi. (…) La
sua vita (…) mancava d’obiettivi a lunga scadenza (…) I suoi progetti per il futuro erano tutti vaghi e impossibili. L’idea di questo
romanzo era venuta a ** nel momento in cui si stava vestendo per uscire a cena con amici dopo che si era detta che non aveva voglia
d’uscire (…) Lei viveva nella casa di un amica (…) Aveva molti vestiti ma nessuno le piaceva molto (…) Il suo gusto attendeva in
qualche posto nel futuro (…) Ma (…) non pensava d’andarsene (…) Non riusciva a essere vera (…)
C’erano altre due ** separate dalla bambina obbediente : ** la donna innamorata e umiliata, fredda e triste in un angolino, e una
strana ** distante e sardonica, che stava a guardare e diceva: “Ma brava!” (…)
Per quell’aspetto del temperamento che chiamo letargo o curiosità che (…) fa restare sempre attaccata ad una situazione
(…)Debolezza? (…)
Quel che (…) terrorizza è la (…) compiacenza, (…) il lato negativo del bisogno femminile di (…) placarsi(…)
Era indipendente e immune dal pervertimento sessuale, da certe violenze (…) solo fin quando protetta dall’amore di un uomo (…)
Scivolava pian piano nella stanza per non disturbare (…) sentendosi in colpa perché lì (…)
I colori le apparivano troppo luminosi (…) Ebbe coscienza di tutti i difetti di quella cucina (…) Era sopraffatta da un senso di
meschinità e di bruttezza. (…)La stanza (…) non era più la comoda conchiglia che conteneva ma qualcosa che richiamava con
insistenza l’attenzione, da cento punti diversi, come se un centinaio di nemici fossero lì in attesa .
Il tempo scorreva fuori. (…) Era un pezzo di ghiaccio, (…) oppressa (…) da una sorta di assenza di significato. Non vedeva (…)
ragione di essere pazza o sana. (…) Tutto nella stanza (…) era minaccioso e meschino e privo di senso (…) Sembra che l’atmosfera
di casa sia diventata velenosa, come se uno spirito perverso, pieno di malignità e di brutture si muovesse dappertutto (…)
Trovare una sorgente (…) S’impose d’attaccarsi a qualcosa (…) Sognare l’acqua (…) Si raddrizzò, si riprese, divenne prudente; si
mise in guardia perché era stanca, perché “la fonte era asciutta,” non era che un piccolo meccanismo critico e arido. Riusciva persino
ad avvertire che la sua intelligenza era al lavoro, in guardia ed efficiente come una macchina. Pensò: “l’intelligenza è la sola barriera
tra me e (…) il crollo” (…) Si svegliò sapendo che se voleva attraversare il deserto doveva disfarsi dei fardelli che la opprimevano.
(…) Si addormentò incerta su quel che doveva fare, ma si svegliò sapendo che cosa avrebbe fatto.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Si ha un bell’avere rassegnazione, pazienza, un’abituale cortesia, serenità d’umore quando non ci si attacca a nulla e ci si stanca di
tutto, quando all’infelicità come alla felicità non si sa che rispondere: “Che importa?”

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Nel libro La metropoli e la vita dello spirito (1903) Simmel introduce l'atteggiamento blasè inteso come una sorta di indifferenza
rispetto al valore delle cose, una sorta di incapacità di reagire a nuovi stimoli (...) come conseguenza della sovraesposizione mentale e
psichica alla quale costringe la città.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
In altri tempi si poteva vivere da individuo con miglior coscienza di oggi: (…) quel tanto di personale era delimitato e se ne poteva
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assumere la responsabilità. Oggi non s’è notato come le esperienze si siano rese indipendenti dall’uomo? Sono andate sul teatro, nei
libri, nelle relazioni di viaggi, nei giornali, nelle comunità di fede; e chi può dire se il suo sdegno è davvero il suo, se tanta gente gli
toglie la parola di bocca e la sa più lunga di lui? È sorto un mondo di qualità senza l’uomo, di esperienze senza colui che le vive; (…)
l’idea che l’importante dell’esperienza è il viverla e dell’azione il farla, incomincia a sembrare un’ingenuità alla maggior parte degli
uomini. Ci sono ancora, ma sembrano pazzi o sono incompresi dai più, le persone che vivono personalmente; dicono “ieri siamo stati
dal tale o dal tal altro” oppure “oggi facciamo questo o quest’altro” e ne sono contenti, senza bisogno di altro significato e contenuto.
Amano tutto ciò che toccano con le dita e sono tanto esclusivamente persone private quanto è possibile esserlo; appena ha da fare con
loro, il mondo diventa un mondo privato e brilla come un arcobaleno (…)
Usiamo dal significato, da ciò che ha un senso, per entrare nell’insignificante al fine di portarvi un significato (…) Ciò fa sì che la
felicità sia breve, che accadano sempre solo “le stesse cose” e che le azioni si svolgano così intensamente come se fossero più legate
l’una all’altra che a noi stessi e che le nostre vicende stanno nell’aria ma non nella nostra volontà (…) La fantasia non è arbitrio e, se
abbandonata all’arbitrio, si vendica (…) L’acustica del vuoto: tutto ciò che è falso e storto acquista la forza attrattiva di una
mostruosa tentazione (…) Se non si ha nulla da opporre, la vita fugge via dall’uomo e si rifugia nelle sue opere (…) da cui aridità e
assenza del senso di responsabilità (…)
Quel che lo confinava – si diceva – in una forma di esistenza segregata e indefinita, altro non era che l’impulso (…) chiamato spirito
(…) Lo spirito (…) disfa, scompiglia e ristabilisce tutto in un nuovo rapporto: il bene e il male non sono per lo spirito concetti
scetticamente relativi, ma valori membri di una funzione che dipendono dalla concatenazione di circostanze in cui si trovano.
Fabbricante di alternative, non si lascia afferrare e distrugge (…) Cresce ogni ora il corpo immenso di fatti e scoperte del quale lo
spirito oggi deve puntar fuori lo sguardo se vuole considerare un problema qualsiasi (…) Innumerevoli sono i pensieri ordinatori di
tutti i tempi, (…) “Mi sono svegliato un giorno con la dura convinzione di dover trasmettere un messaggio”, pensava. Stringeva i
pugni con dolore e con ira (…) Si vive in un gigantesco apparato di leggi e di rapporti, di cui non si conosce una gran parte che per
ciò si nega esista; ma forse proprio nel fatto che tutte le cose di cui si nega l’esistenza sono in verità le più importanti, sta forse una
tal sinistra misteriosità della vita (…) A volte l’uomo è colto dal panico (…) come una bestia che si dibatte pazzamente, travolta
nell’incomprensibile meccanismo di una rete (…) Un’impressione analoga a quella che coglie l’ubriaco che, (…) in una nebbia che
cambia, (…) si diceva “io sono chiamato a mettere ordine” (…) e lotta per la supremazia (…) mentre gli occhi sporgevano come
antenne e dalla bocca usciva uno strano rigurgito (…) Un appiglio forse si poteva afferrare (…) Le parole saltano come scimmie di
albero in albero, ma nel luogo oscuro, dove si affondano le radici, mancano. Pensava all’esperienza “spirito” come ad una amante da
cui si è traditi ma che non si può amare di meno. Quando si ama tutto è amore, anche se è dolore e orrore. Le case non gli
sembravano fatte di legno e pietra, ma di un’immoralità grandiosa e delicata che, nel momento in cui veniva in contatto con lui,
diventava profonda commozione morale (…) “Le mie amanti erano improvvise fantasie, caricature dei miei capricci, esempi della
mia incapacità di entrare in relazioni naturali con altre persone. Anche questo è connesso al rapporto col proprio io. In fondo mi sono
sempre scelto delle amanti che non amavo”, pensava. A un tratto, senza sapere perché, si sentì malinconico e pensò: “Semplicemente
io non amo me stesso”. Nel centro del corpo raggelato e impietrito della città sentiva battere il proprio cuore. C’era dentro di lui
qualcosa che non aveva mai voluto sostare in nessun luogo, era avanzato a tastoni lungo pareti e pareti del mondo, raffreddandosi
pian piano (…) L’insieme delle innumerevoli scoperte e opinioni dello spirito è un corpo che cresce in barba alla volontà interiore: il
nodo centrale dove dovrebbero convergere non esiste. Se si era illuso di bere alle fonti della vita, aveva ormai quasi vuotato la coppa
dell’aspettazione (…) Egli era simile a un uomo che si procura un armamentario di arnesi e intanto a poco a poco gli vien meno
l’intenzione di servirsene (…) Aveva finito per considerarsi prigioniero di preparativi e col tempo era venuto a mancare il senso come
l’olio in una lampada (…) Gli pareva di essere un fantasma errante nella galleria della vita costernato di non ritrovare la cornice entro
cui scivolare (…) Non poteva nascondersi di aver vissuto per anni, a furia di esattezza, contro se stesso e desiderava che gli accadesse
qualcosa d’imprevisto, perché, trovandosi in quella che egli chiamava un po’ ironicamente la sua “vacanza dalla vita” non possedeva
né in una direzione né nell’altra nulla che gli potesse dar pace… Mentre si lasciava sbattere di qua e di là, parlava troppo, e viveva
con la disperata ostinazione di un pescatore che getta le sue reti in un fiume asciutto, mentre non faceva nulla di corrispondente alla
persona che pur sempre era, egli aspettava dietro la propria persona modellata dal mondo e dal corso della vita; e la sua tranquilla
disperazione originata lì dietro saliva giorno per giorno. Egli si trovava nel peggior stato di emergenza e disprezzava se stesso per le
sue omissioni (…) Non gli restava in fondo che quel resto di imperturbabilità che non è coraggio, non è volontà, né sicurezza, ma
tenace attaccamento a se stessi (…) Aveva eretto intorno a sé un muro di solitudine e, (…) se attraverso la breccia irrompeva il
pulsare di un altro cuore, (…) il desiderio era di sentirsi all’unisono con un altro (…) Nella vita di un uomo simile (…) di notte le
finestre guardano nella stanza e i pensieri, dopo essere stati usati, stanno seduti in giro come i clienti nell’anticamera di un avvocato
di cui non sono contenti. Una volta, in una notte così, egli aprì le finestre e guardò i tronchi nudi e improvvisamente ebbe voglia di
scendere in giardino nel pigiama rosso com’era e sentire il freddo nei capelli (…) Le piante spoglie gli parvero a un tratto
stranamente corporee e, (…) brutte e bagnate come vermi e bagnate com’erano, sentì l’impulso di abbracciarle e cadere ai loro piedi
col viso inondato di lacrime.

La storia infinita (M. Ende)
Il nulla avanzava (…) Era impossibile guardarlo e risucchiava tutto in sé (…) Nella rete sull’abisso, (…) il drago della fortuna si
agitava e in tal modo non faceva che ingarbugliarsi sempre più strettamente (…) Qualcosa di enorme come una nube che cambiava
forma a ogni istante lo feriva… Gli insetti che lo componevano a migliaia formavano un grande occhio che lo fissava (…) Dalla
bocca uscivano antenne (…)
Tanto più tentava di costringerla a venire, tanto più perdeva il ricordo della luce dello sguardo che gli si era posato nel cuore come
un tesoro luminoso, perché in lui fu tutto oscurità (…) I cinque con corazze nere da insetto erano stati moltiplicati, non si sapeva
come, in centinaia di esemplari con movimenti del tutto identici (…) Tutti battevano i piedi in una musica monotona (…) sottomessi
(…)
Lui stava solo intanto senza far nulla, sentendosi svuotato (…)
Lì non c’erano strade né una qualsiasi struttura(…) Osservò che un tale, dopo aver faticato non poco per trascinare il suo carro in una
certa direzione, d’un tratto si voltava e tornava indietro e poi però ricominciava tutto (…) Tutti parevano dominati da una febbrile
attività. Non si occupavano gli uni degli altri (…) Nulla più da dire, non ricordi, non desideri (…) Qualcosa lo trascinava avanti e la
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scimmia gli stava piantata addosso (…)
Auryn dà la direzione e porta via la meta (…)
La strada dei desideri non è mai dritta (…) e la via per arrivare alla fonte dell’acqua della vita non è mai facile (…) al di là del mare
delle nebbie (…) Occorreva (…) una bramosia del tutto diversa da quella dei desideri provati, (…) la nostalgia di amare (…)
Avrebbe dovuto trovare scavando al buio un sogno dimenticato per poter tornare indietro (…) Non riusciva a vedere niente là sotto,
non poteva prendere una decisione (…) A poco a poco imparò a orientarsi tra i corridoi in quella totale oscurità. Con una sorta di
sesto senso, un senso nuovo che non si sarebbe potuto spiegare (…) e quando trovò l’immagine, essa risvegliò un sentimento che
veniva da molto lontano (…) e fu un’ondata enorme (…) Fra le lacrime vide il drago arrivare dall’orizzonte per portarlo al sicuro
(…)
Per un po’ visse uno stato di totale incertezza, poi di slancio si gettò nelle acque cristalline, vi si rivoltò, bevve e bevve. E lo colmò la
gioia di vivere e di essere se stesso, proprio così com’era. Era come essere rinati (…) Quella gioia poi non lo abbandonò mai del
tutto, anche nei momenti più difficili (…)
Il segnale luminoso veniva dalle profondità marine (…) Sentiva il suo corpo raffreddarsi in acqua (…) Raccolse le ultime energie per
immergersi più a fondo (…) Rinvenne – volando più veloce di quanto aveva mai potuto fare. Un’altra volontà lo guidava (…) al di là
della nebbia.

F. Nietzsche
Il genio del cuore (…) fa tacere ogni suono troppo alto e ogni compiacimento di sé e (…) insegna ad ascoltare (…) Il genio del cuore
(…) insegna alla mano goffa e brusca a rattenersi e ad afferrare con maggior grazia; (…) indovina il tesoro nascosto e dimenticato
(…) sotto il ghiaccio spesso e opaco (…) nel carcere di fango (…) Il genio del cuore dal cui contatto ognuno se ne va più ricco, non
graziato e sorpreso, non beneficato e oppresso da un bene estraneo, ma più ricco in se stesso, più nuovo di prima a se stesso,
dischiuso, accarezzato dal vento del disgelo, scrutato, forse più insicuro, più tenero, più fragile, più infranto, ma pieno di speranze
che non hanno ancora nome, pieno di nuova volontà e di fluire, pieno di nuova non-volontà e di rifluire…

Psicologia e alchimia (C. G. Jung)
La via giusta che porta alla totalità è fatta (…) proprio di strade sbagliate, di strade più lunghe (…) Si tratta (…) non d’una linea retta,
ma serpentina che congiunge gli opposti (…) e si aggroviglia in un labirinto non privo di orrori (…) ed esperienze costose.

Il signore degli anelli (J. R. R. Tolkien)
Nel nero baratro, un occhio (…) sprigionava terrore tanto che ** non era capace di distogliere lo sguardo (…) Trascinava la sua testa
verso il basso (…) Coraggio e saggezza per rischiare (…) Alcune cose intraviste accadranno solo se si abbandona la propria strada
per impedirle.
Nel globo vitreo della cornea vigile e penetrante si apriva nel buio di un abisso la fessura nera della pupilla come una finestra sul
nulla.

Il labirinto oscuro (L. Durrell)
Avevano iniziato a salire attraverso l’intrico di grotte e gallerie (…) e infine incredibilmente si trovarono all’aperto (…) Come essere
rinati (…)
La scoperta di se stessi era abbastanza completa(…) Non c’era nessuna somma da fare, nessun giudizio da emettere su ciò che aveva
iniziato a scorrere attraverso di loro, il tempo allo stato puro, come acqua che scorre.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
Cerca di immaginare la leggerezza di vita di chi aveva creduto di morire, in un certo senso ha trascorso alcune settimane in una
specie di sepolcro, (…) da molti è creduto morto, e invece torna a vivere. Pensa alla trasparenza, alla sicurezza della vita d’un
resuscitato. Tutto quello che la vita ora mi dà o mostra è un regalo e un sovrappiù. Sento ora una vita più chiara, semplice e così
serena, che può rinunciare alla felicità essendo già una specie di felicità (…) In quel rifugio sentii un profondo senso di pace. Eccomi
arrivato, pensai. Era quella realtà, spoglia d’ogni illusoria consolazione, che cercavo. Nell’estrema lucidità che si stabilì, tutto il
passato prese infine un senso e gli anni desolanti e sterili sembravano una spoliazione successiva e un’emancipazione da ciò che ai
più la rendono cara. Tutto in quel rifugio mi sembrava familiare come se l’avessi portato dentro di me da molti anni e forse troppo
addentro perché potessi prima d’allora vederlo. Perdei ogni senso del tempo, il quale esiste per chi desidera e cerca o si annoia. Ma io
non avevo nulla da cercare (ero arrivato) e d’altronde non ho mai conosciuto la noia. Uscito dal rifugio cominciai a distinguere lo
scorrere del tempo in modo nuovo, distintamente e non alla maniera astratta e artificiale degli orologi, e inoltre ogni particolare del
mondo esterno, benché mi apparisse niente affatto sconosciuto, mi riempiva tuttavia di uno stupore che non viene da ingenuità di
cuore (…) La famiglia (…) è qualcosa di caldo, è bello, è patetico, ma è il passato e vi provo ora lo sgomento del già vissuto,
l’angoscia della ripetizione. Si può essere morti per la propria famiglia, per il proprio mondo, e continuare a vivere. Talvolta è una
condizione per continuare a vivere (…) Bisogna perdersi per trovarsi.

Vino e pane (I. Silone)
Mi pare che ci si possa ribellare per ragioni opposte: se si è molto forti, oppure molto deboli. Io mi sentivo schiacciato dalla società,
ero ai margini, provinciale, povero, timido.
Mi sentivo incapace di affrontare le mille meschine difficoltà dell’esistenza e le umiliazioni quotidiane, forse. Ora mi sento forte e
non mi importa (…) Ora sono pronto a tutto (…)
Prima vedevo ovunque l’immagine della mia paura, e più del rimorso poteva sempre la paura. Poi passai dalla paura della punizione,
alla paura dell’impunità, del caso e (…) alla fine confessai tutto a **: quella prima volta le parole erano uscite dalla mia bocca come
vomiti di sangue. ** mi insegnò che finché si vive, nulla è irreparabile, che il bene spesso nasce dal male e che probabilmente non
sarei mai diventato un uomo senza passare per quelle infamie e quegli orrori. Dopo qualche giorno, avendo cessato dall’aver paura,
cessai di arrovellarmi con me stesso e cominciai a riscoprire il mondo: mi sembrava di essere rinato.
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Wailand Reed (Il nuovo Spoon River) (E. L. Masters)
Meglio lottare tra i rovi per trovare il sentiero tracciato per l’anima anche se perso nell’oscurità, piuttosto che seguire passi che
portano a un pantano d’acqua amara.

Fontamara (I. Silone)
Strana salvezza morire in carcere ma nessuno può sapere (…) Egli, che non aveva mai tollerato le ingiustizie, voleva farsi soltanto i
fatti suoi. Pur di riuscire era disposto a tutto. Forse la sua salvezza è stata di essere restituito al suo destino.

Il senso di Smilla per la neve (P. Hoeg)
Si guardò allo specchio: guardò le sue rughe (…) le cicatrici (…) e, rivolta allo specchio, disse: “Ciao, amica”.

La coscienza di Zeno (I. Svevo)
Fu un vero raccoglimento il mio, uno di quegli istanti rari che l’avara vita concede di vera grande oggettività in cui si cessa
finalmente di credersi e sentirsi vittima (…) In mezzo a quel verde rilavato di sprazzi di sole, seppi sorridere alla mia vita e anche alla
mia malattia (…) Com’era stata più bella la mia vita che non quella dei cosiddetti sani, coloro che picchiavano o avrebbero voluto
picchiare la loro donna ogni giorno salvo in certi momenti. Io, invece, ero stato accompagnato sempre dall’amore (…) Gli altri
abbandonano le donne delusi e disperando della vita. Da me la vita non fu mai privata del desiderio e l’illusione rinacque subito
intera dopo ogni naufragio(…) La guerra mi prese; mi squassò e da un giorno all’altro tutte le mie 24 ore furono del tutto nuove (…)
Questo manoscritto (…) esiste perché ci fu un’epoca di tanta quiete e silenzio da occuparsi di giocattoli simili. Sarebbe anche bello
che qualche psicanalista mi invitasse a piombare in uno stato di mezza coscienza per rivivere un’ora della mia vita precedente. Gli
riderei in faccia. Come si può abbandonare un presente simile per andare alla ricerca di cose di nessuna importanza? (…)
In confronto a tutti mi sento tanto felice – specie dacché ebbi notizie dei miei – che mi sembrerebbe di provare l’ira degli dèi se stessi
anche perfettamente bene (…) Il dottor ** crede di ricevere altre mie confessioni(…)Non solo non voglio fare la psicanalisi, (…) ma
non ne ho bisogno. E la mia salute non proviene solo dal confronto con tanti martiri (…) Da lungo tempo sapevo che la mia salute
non poteva essere altro che la mia convinzione e ch’era una sciocchezza di volere curare anziché persuadere. Dolore e amore, poi, la
vita insomma, non può essere considerata una malattia perché duole (…) La vita procede per crisi e lisi (…) Non sopporta cure.
Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. La vita attuale è inquinata alle radici (…) La
furbizia cresce in proporzione alla debolezza (…) Chi ci guarirà dalla mancanza di libero spazio e dagli ordigni? Qualunque sforzo di
darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce solo il progresso dell’organismo.
Gli stadi della vita in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Le nature problematiche sono di frequente nevrotiche, ma sarebbe un grave errore il confondere questo carattere problematico con la
nevrosi; tra essi esiste effettivamente una differenza essenziale: il nevrotico è ammalato in quanto non ha coscienza dei propri
problemi, mentre il problematico soffre dei suoi problemi coscienti senza essere malato (…) I grandi problemi della vita non sono
mai risolti definitivamente. Se essi talvolta lo sembrano, è sempre a nostro danno. Si direbbe che il loro significato e il loro scopo non
siano nella loro soluzione, ma nell’attività che infaticabilmente noi spendiamo a risolverli. Soltanto ciò serve a preservarci
dall’abbrutimento e dalla fossilizzazione.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
La gente è definita sana quando si chiude o si limita.

Il processo (F. Kafka)
Può darsi che chi lavora nel tribunale abbia più paura di te (…) L’aria fresca li stordì e spinse all’interno.

Una pagina sulla meditazione online rimossa :
Meditare è sapere quel che si sta facendo mentre lo si sta facendo in modo rilassato. Rilassarsi non è una cosa che si fa, ma che si
lascia accadere e che accade quando si smette di fare resistenza. Anche commentare e seguire associazioni a partire da un pensiero
spontaneo o da una sensazione o percezione è resistenza (al loro fluire naturalmente di continuo senza bisogno di un pensatore).
Meditare è stare attenti a tutto tutto insieme.
Meditare è fare esperienza fisica del vuoto: è accogliere, è includere in sé senza riserve in quanto creature e in quanto liberi di
scegliere cosa assecondare e cosa no. Molte difficoltà nella vita derivano dal fatto che “non stiamo insieme”, che siamo frammentati
e dispersi: inseguendo il passato, perdendoci nel presente e pianificando il futuro. Sempre inseguire il passato lascia la mente
indebolita, stordita e dispersa: più spesso ci si perde, più la mente si indebolisce. Di solito, quando scopriamo che la mente si è persa,
tendiamo ad arrabbiarci e a condannare o giudicare questa attività, vederla come un insuccesso: dopodiché riportiamo la mente sul
respiro e cerchiamo di espellere il ricordo. Il risultato è dispiacere e turbamento. Arrabbiarsi farà nascere sensi di colpa, ansia e
risentimento, che contribuiranno a mandare ancora più in pezzi la meditazione. Quando vi accorgete che vi state volgendo al passato,
consentitevi di osservarlo, in un modo molto aperto, accomodante. Questo è il “lasciar andare”: soltanto un allontanarci
psicologicamente dall’oggetto della distrazione e fare marcia indietro, quietamente, per tornare a occuparci del respiro. Quanto più
spesso lo facciamo, tanto più la mente si stabilizza e in essa nascono spontaneamente chiarezza e tranquillità. Certo, è vero che
quando irrompono imprevisti, rivelazioni, problemi legati al passato, ciò che conta di più spesso non è tanto la capacità di rimanere
calmi e di risultare efficaci nella risoluzione dei contrattempi, quanto la volontà di guardarci dentro e affrontare certi nodi psicologici
mai sciolti. Il problema è lo stesso: la mente frammentata, perché in fuga nelle distrazioni, prova turbamento, molta ansia e senso di
colpa, perché percepisce in sé zone oscure, complessi irrisolti cui ha paura di avvicinarsi. Nella mente della persona media, questa
sembra essere una condizione permanente. Di solito non sappiamo che farci, quindi tiriamo avanti alla meno peggio, rifugiandoci in
ulteriori distrazioni, di un tipo o dell’altro, per sfuggire agli effetti delle distrazioni in cui indulgiamo perché non appena restiamo
soli, dolore e confusione si fanno sentire. Inconsapevoli delle nostre azioni, brancoliamo nel buio facendo del male a noi stessi e agli
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altri, spargendo il caos e la confusione dovunque andiamo. A mano a mano che ci addestriamo nel lasciare andare combinandolo con
l’atteggiamento gentile del “permettere”, nella mente si verifica un cambiamento ben preciso. Poco a poco la mente si stabilizza e
diventa più calma e rilassata, come quando si esce da una tossicodipendenza. Il cambiamento non si verificherà all’improvviso:
abbiamo a che fare con le abitudini di una vita intera, con schemi di comportamento improntati alla distrazione. È importante venire a
patti con tutto ciò che accade – con tutti i pensieri, con tutti i sentimenti e con ogni cosa – e accettarle. Ogni intenzione di modificare
o manipolare la mente o di rinforzare uno stato mentale diverso da quello reale, è una mancanza di accettazione che darà dei
problemi: se doveste vivere con qualcuno che non vi accetta così come siete, ma cerca di continuo di cambiarvi, di manipolarvi o di
modellarvi secondo la sua idea di come dovreste essere, non stareste per niente bene, vi sentireste a disagio e rifiutati e avreste voglia
di ribellarvi. La funzione propria del medico, invece, è di accettarvi così come siete, esaminarvi per determinare che cosa c’è che non
va, fare una diagnosi e poi prescrivervi una cura. In presenza dell’accettazione, nella mente si genera una grande forza e una grande
flessibilità: la mente ristretta e fragile, incapace di far fronte alla vita, acquisisce ampiezza e apertura. Parlando di accettazione,
parliamo di amore incondizionato, a partire dall’amore per noi stessi: rifiutando noi stessi e vivendo in stato di conflitto interiore, di
confusione e di tensione, noi portiamo questi stati d’animo nel mondo intorno a noi. Se ci amiamo incondizionatamente, questa sarà
la nostra manifestazione nel mondo: diventiamo più felici, più pacifici. Spesso si fraintende il concetto di accettazione e si crede che
implichi anche l’approvazione e l’adesione agli stati d’animo negativi, che tutti provano ma che vengono generalmente e in modo
confuso disapprovati dalla società. La reazione comune di solito consiste nell’ignorare questa perplessità, nel fingere che non ci sia
fino a negarne del tutto l’esistenza. Tendiamo a fare così del resto con tutti i sentimenti e pensieri negativi “inaccettabili” nella
convinzione irrazionale che se le ignoriamo a lungo e con determinazione essi scompariranno. Questo atteggiamento non produce
altro che tensione cronica, ansia, paura, nevrosi, malattia fisica e alla fine anche mentale. Dubbi, ricordi ossessivi e stati mentali
conflittuali non se ne vanno finché non facciamo qualcosa in merito. Che siano pericolosi è vero, ma come vanno trattati, se negarli e
reprimerli e manipolarli non fa che peggiorare la situazione? La soluzione è il contrario di quello che pensa la maggior parte di noi: è
l’accettazione di ciò che si disapprova o rifiuta per convivervi con distacco e per imparare a darvi anche tutta l’attenzione in momenti
e luoghi adatti per abituarsi a costruire a partire da essi per quanto possibile. La malattia fisica in cura diventa parte della vita come la
terapia. Bisogna diventare medici di se stessi.
La mia Africa (K. Blixen)
Devi mutare il tuo canto luttuoso in un ritmo gaio; non verrò mai per pietà ma per piacere.

Lo specchio nello specchio (M. Ende)
Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne.

La passeggiata improvvisa (F. Kafka)
Quando a sera si crede di essere definitivamente decisi a restare a casa, (…) quando nonostante tutto (…) ci si leva come per un
improvviso disagio (…) e si dichiara di dover andare fuori (…) e quando, per merito di questa sola decisione (…) si riconosce che si
ha più la forza che il bisogno di produrre e sopportare facilmente il mutamento più rapido, (…) allora per quella sera si è
completamente usciti dalla propria famiglia, (…) mentre la nostra personalità raggiunge la sua vera immagine ferma (…) E tutto si
rafforza ancor più se a quella ora tarda si cerca un amico per vedere come sta.

Col cavolo (L. Littizzetto)
Mi piace pronunciarlo il NO. Il rifiuto. Il nossignore. Il levatelo dalla testa (…) Il rifiuto è sempre differenziato e la maggior parte dei
NO è riciclabile. Da una raccolta paziente di rifiuti possono nascere nuove cose (…) Insoliti modi di pensare (…) Strade diverse da
percorrere. Persone nuove da amare. Il NO è anche dissenso. Pensiero difforme. Che spesso si fa conflitto. Ma anche dibattito
costruttivo (…) C’è anche il NO purissimo della disobbedienza. Quello bello dei bambini (…) per puro spirito di contraddizione (…)
Poi ci sono i NO che vengono fuori perché c’hai i nervi (…) ma magari domani dico di sì… soprattutto se c’è il sole. E anche i NO
della sincerità: vengo anch’io? No tu no. Perché mi stai sul culo, guarda. Preferisco dirti le cose come stanno invece di fingere (…) È
che il NO dà libertà. Non si può morire dentro, aspettare di diventare tutti verdi come Hulk fino a farsi scoppiare i bottoni della
camicetta. Con il NO puoi iniziare tante parole. Il nonostante (…) che ti fa andare avanti e chiudere un occhio. Il noumeno che è
l’essenza delle cose. Il nocciolato che leva la malinconia, la novità che dà gusto alla vita, il no profit che dà senza pretendere, il non ti
scordar di me della nostalgia e il non essere dell’essere. Sul muro della mia camera da letto sta una frase di Pessoa che dice: Non
sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. Però ho in me tutti i sogni del mondo.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
George Steiner e Josè Saramago hanno scelto NO come prima parola di un lessico necessario.

Se piove (M. Gazzè)
Se stai scivolando, allora scivola per bene e con impegno cadi giù e non ti aggrappare a niente. Tocca terra Se qualcuno ti ha ferito tu
parla con lui: sbattigli il cuore in faccia e non evitarlo, perché hai bisogno di un'altra ferita. Soprattutto se piove non aprire l'ombrello:
aspetta il tuo giorno di sole, non puoi fare di meglio.

Emerson Clingman (E. L. Masters)
Voi che cercate un amico siete sicuri di essere pronti per un amico?

Drive (R.E.M.)
Mi sono dato alla macchia (…) Nessuno ti dice dove andare. E se tu partissi? E se tu camminassi? (…) .E se tu tentassi di uscirne?
Hey, ragazzi, dove siete? Nessuno ti dice quello che devi fare.(…) Forse ho tentato di uscirne.. Forse l’hai fatto, forse hai camminato.

Una nuova coscienza (G. Gaber)
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Basterebbe smettere di piagnucolare, di criticare, di affermare di fare il tifo e di leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi
viviamo direttamente, rendersi conto che anche l’uomo più mediocre diventa geniale se guarda il mondo con i suoi occhi. Basterebbe
smascherare qualsiasi falsa partecipazione, smettere di credere che l’unico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni
economiche, perché la vera posta in gioco è la nostra vita (…) Smascherare le nostre false sicurezze, subito (…) abbandonare l’idea
di qualsiasi facile soluzione ma anche il nostro appassionato pessimismo: (…) la spinta utopistica è subito.

Lettera a Malvolio (E. Montale)
Lascia andare le fughe ora che appena si può trovare la speranza nel suo negativo. Lascia che la mia fuga immobile possa dare forza
a qualcuno o a me stesso (…)La partita è chiusa per chi rifiuta le distanze e si affretta.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Non c’è condizione al mondo che non possa venir nobilitata dall’attività o dalla pazienza.

Autoironia (M. Gazzè)
L'intelligenza sta nel comprendere appena in tempo il ruolo preciso di un'esistenza, le cose da gettare via, quelle importanti da
valutare per mettere a frutto le qualità. L'intelligenza sta nel chiedersi sempre serenamente se c'è la propria vita in allarme rosso e
non fare finta di ridere, con autoironia non mentire mai. L'intelligenza sta nell'esser prudenti quando cala una nebbia sul rischio di
cadere (troppo facile avere la lucidità di quelli che non sanno camminare). L'intelligenza sta nel capire che la crisi interiore è solo la
fine del primo tempo: cinque secondi alla regia. L'intelligenza sta nel cercare con estrema cura possibili compagni d'avventura e poter
parlare di lei con autoironia, nel non mentire mai. L'intelligenza sta nel considerare il progresso come un aiutino da "domenica in":
noi ce la caviamo con poco (la macchina del tempo una buccia di banana). L'intelligenza sta dove l'ipotesi ammette l'urgenza di lei,
dove c'è il bisogno reale di mettersi a fare un po' di autoironia.

Middlemarch (G. Eliot)
Come erano ridicole le persone con le loro illusioni, con quella convinzione che nessuno si accorgesse delle loro bugie mentre tutti
vedevano quelle degli altri, con quella pretesa di essere diversi in ogni cosa (…) La fiamma rossa del camino sembrava una presenza
piena di solennità che procedeva indisturbata nonostante tutte quelle passioni meschine, tutti quei desideri assurdi e aspirazioni a cose
incerte e prive di valore che ogni giorno suscitavano il suo disprezzo. ** amava cullarsi con i suoi pensieri ed era felice se poteva
restare sola nella penombra, perché avendo già avuto motivi validi per pensare che le cose non si sarebbero concluse con sua piena
soddisfazione, non si era abbandonata allo sbigottimento e all’indignazione. Era dunque arrivata a prendere la vita come una sorta di
commedia in cui ella si era proposta generosamente di non comportarsi in modo vile e sleale (…) Una mente giovane e vigorosa non
alterata dalla passione è lieta di conoscere la vita e si compiace di usare le proprie capacità mentali.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Non ero mai stata così disperatamente, selvaggiamente e dolorosamente felice com’ero in quel momento (…) Tutto nasceva da tante
brutture e infelicità.

Erich Fromm
Il dolore è più sopportabile della noia, dell’incapacità di sentire.

La lama sottile (P. Pullman)
Era troppo. ** era in preda alla desolazione, ma in quel momento percepì qualcosa di stranissimo; si passò il polso sugli occhi e vide
la testa del daimon di *** posata sulle sue ginocchia. Era nella forma di un cane che lo fissava con occhi quasi liquidi e pieni di
dolore. Gli leccò dolcemente la mano e poi tornò a posare la testa sulle sue ginocchia. ** inghiottì le lacrime e si rialzò (…)
Un’autorità scese sopra il corpo di ** a calmare, rilassare, chiarire. L’autorità era quella del daimon o forse era lui stesso (…) Senza
aver perso d’intensità, era focalizzato in un altro modo. Poi, quando, non riuscì a riprovare e si sentiva sempre più frustrato, lei si
alzò, gli strinse il braccio e disse: “Siediti, ti dirò io che cosa fare. Il dolore si attenuerà se riposi. Vai avanti a forza di nervi, sbatti il
piede e stringi i denti e respiri in fretta. Non fai niente di sbagliato, è la ferita che ti distrae. Smetti di cercare di tagliare fuori il
problema. Stai cercando di fare due cose insieme: ignorare il dolore e chiudere la finestra (…) Devi rilassare la mente e dire sì, fa
proprio male, lo so. Non cercare di chiuderlo fuori”.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Il raggiungimento della totalità può non essere visto come bene desiderato, ma come la penosa esperienza dell’unione degli opposti
(…) La croce nel cerchio del Mandala ha una funzione apotropaica, perché contrapponendosi al male mostra che esso è già stato
assimilato e ha perduto così la sua efficacia distruttiva.

Poesia 1067 (E. Dickinson)
Nessuna vita è sferica, tranne le più ristrette. Queste sono presto colme, si svelano e hanno termine. Le grandi crescono lente, dal
ramo tardi pendono: sono lunghe le estati delle esperidi.

Jane Eyre (C. Brontë)
Era venuto a mancare il motivo: non tanto la possibilità di essere serena, ma piuttosto non c’era più ragione per quella serenità (…)
Un incredibile campo di speranze, di paure, descrizioni esaltanti e pericoli anche attendeva coloro che avevano il coraggio di uscire
in quella vasta distesa per cercare il vero senso della vita. Mi avvicinai alla finestra (…) La strada bianca girava e scompariva tra le
colline: come avrei voluto seguirla! Rievocai il tempo in cui avevo percorso quella stessa strada (…) per la prima volta (…) Mi misi
a pregare per ottenere la libertà: ma la preghiera parve disperdersi nel vento leggero. La lasciai andare e supplicai con più umiltà solo
una possibilità di cambiamento: anche questa richiesta parve dissolversi nell’infinito. “Allora”, gridai disperata, “mi sia almeno
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concessa una nuova servitù” (…) C’è qualcosa di reale in questo: (…) la parola non è come “libertà, gioia”, suoni graditi, ma
nient’altro che suoni per me e così vuoti e fugaci che sarebbe solo una perdita di tempo rifletterci sopra. Ma servitù! Questo
dev’essere un fatto reale (…) Posso riuscirci con la mia sola volontà ? Sì, sì… la meta non è solo difficile… Mi misi a pensare con
tutte le mie forze (…) Tanti altri sono senza amici e devono arrangiarsi da soli, come fanno? Non lo sapevo (…) Mi alzai e guardai
qualche stella e poi tornai a letto. Certo, durante la mia assenza, una fata benigna aveva lasciato cadere sul mio cuscino l’ispirazione
richiesta e senza sforzo mi venne in mente (…) Considerai più volte il progetto: lo vidi in una forma chiara e pratica (…) La notte
prima di partire non dormii; dovevo restare in vigile attesa finché il mutamento si fosse compiuto.

Craving (J. Bay)
La vita di tutti è uguale a quella di ieri (…) Non ho mai pensato che la notte potesse essere così solitaria (...) Credevo non fosse
abbastanza così ho dato fiducia a tutti quelli che mi erano attorno poi lei ha venduto tutta la mia roba. Un puro e selvaggio abbandono
è tutto ciò di cui ho bisogno e anche qualcuno in cui credere (…) Portami lontano dalle strade e dalle vie. Guidami fuori nella notte.
Non mostrarmi la via del ritorno verso casa perché io sì, sto desiderando qualcosa che riesco a sentire

Get out while you can (J. Bay)
Ho passato tutta la notte a guardare quelle ore vuote invisibile a questa folla (…) Sono impazzito ascoltando discorsi spezzati,
impilando sedie rotte (…) Sento la tua voce mentre riecheggia nella mia mente con le stesse cose che hai sempre detto (…) Sto
spazzando i vetri, vedo le luci verdi dell’uscita (…) Sono stato qui troppo a lungo e se resto mi immobilizzeranno. So che questo
posto non mi porterà da nessuna parte, quindi me ne andrò per sempre (…) Ho visto le auto più veloci e non ho bisogno dei bar
solitari (…) Non lasciare che le notti ti scivolino di mano. Il mondo è grande rispetto a dove sei. Quindi esci fuori, esci fuori, finché
puoi ancora.

L’insostenibile leggerezza dell’essere (M. Kundera)
* (…) fu preso da una sensazione di malessere al pensiero che il suo incontro con ** fosse determinato da sei improbabili
coincidenze. Ma non è invece giusto il contrario, che un avvenimento è tanto più significativo e privilegiato quanti più casi fortuiti
intervengono a determinarlo ? (…) Non certo la necessità, bensì il caso è pieno di magia. Se l’amore deve essere indimenticabile, fin
dal primo istante devono fissarsi su di esso le coincidenze (…) La nostra vita quotidiana è bombardata da coincidenze (…) Una co-
incidenza significa che due avvenimenti inattesi avvengono contemporaneamente (…) La stragrande maggioranza di queste
coincidenze passa del tutto inosservata (…) Le vite umane (…) sono costruite come una composizione musicale. L’uomo, spinto dal
senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale (…) in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita.
Ad esso ritorna (…) Egli varia, (…) sviluppa, (…) traspone (…) quel motivo indimenticabile legato alla nascita dell’amore, (…)
come fa il compositore con i temi della sua sonata (…) Erano battute le sei (…) Non era superstizione, era il senso della bellezza che
la liberava di colpo dall’angoscia e la riempiva di un nuovo desiderio di vivere. Ancora una volta gli uccelli delle coincidenze si
erano posati sulle sue spalle. ** aveva le lacrime agli occhi ed era immensamente felice di sentire * respirare accanto a sé.
Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
Per la coscienza tertium non datum. Dall’urto dei contrasti, la psiche inconscia si crea sempre invece un terzo, (…) né sì né no, (…)
e il carattere numinoso del simbolo di questo terzo deriva dal fatto che la soluzione del conflitto è vitale e così riesce a farsi strada
nella coscienza il presentimento di questo atto creativo (…) Il simbolo di unificazione affascina e domina la coscienza che così riesce
a effettuare il distacco dalla situazione di conflitto che con i propri mezzi non era in grado di effettuare.
Come funziona la legge d’attrazione (M. J. Losier)
Il primo passo da compiere per fare in modo che la Legge d’Attrazione agisca a vostro vantaggio è avere le idee chiare su quello che
volete.

C. Ponder
Ciò che emanate con i pensieri, le emozioni, le immagini mentali e le parole lo attraete nella vostra vita.

Le avventure di Robinson Crusoe (D. Defoe)
Credo di avere ripetuto queste parole un migliaio di volte e il mio desiderio aumentava ogni volta in tal misura che mentre le
pronunciavo giungevo le mani e mi premevo il palmo con le dita così forte (…)
Il fatto sorprese anche me. Lo produsse senza dubbio l’effetto del desiderio ardente delle immagini potenti che mi si formarono
nell’animo, pensando al conforto che sarebbe stato per me (…) Sognai. Fu così che ebbi quanto desideravo (…)
Spesso quello stesso male che noi cerchiamo fra tutti di evitare rappresenta spesso il mezzo e il principio della nostra salvezza…
dalla sventura in cui eravamo caduti (…)
C’è sempre qualcosa di cui dobbiamo essere grati e siamo spesso più vicini alla salvezza di quanto crediamo.

B. Tracy
Qualunque cosa sulla quale indugiate nell’incoscio germoglia nella vostra esperienza.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Non guardava con l’intelligenza o con il ragionamento ma con qualcos’altro, (…) profondamente convinto che tutto sarebbe andato
bene, ma che non bisognava crederci e tanto meno parlarne, ma fare il proprio lavoro con tutte le forze, (…) dormire con le porte
aperte, essere dove la situazione era più difficile, (…) nonostante capacità e cognizioni limitate.

T. Roosvelt
Fa quel che puoi, con quel che hai, dove ti trovi.
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Una lettera dall’Australia (M. Rigoni Stern)
Nella ritirata dell’inverno una lepre correva in direzione della colonna di marcia. Stupita da tutta quella gente insolita voleva
attraversarla. Spaurita dalle grida correva tra le gambe dei soldati e nessuno riusciva a prenderla. Quando alla fine scappò fuori le
spararono anche con i fucili e i mitragliatori Correva a scatti e lampeggi senza nessun senso, e vedendola correre così nella neve gli
venne il pensiero: “Se quella riesce a scappare uscirò anch’io” Pregava perché la lepre si salvasse. La lepre si salvò ed ebbe fiducia.
Ritornò congelato, stravolto come la lepre, ma ritornò. Pensava spesso a quella lepre.

Find the river (R.E.M.)
Devo partire per ritrovare la mia strada, guardare la strada e memorizzare questa vita che mi passa davanti agli occhi. Nulla va nella
mia direzione (…) Un bisogno di finire che le acque conoscono (…) Il fiume diventa un’onda. (…) La forza e il coraggio superano
gli occhi stanchi e privilegiati del poeta del fiume che cerca la semplicità. Sali qui e parti per il viaggio. Tutto sta venendo nella tua
direzione.

Anime salve (F. De André)
Mi sono visto abortire i figli come i sogni. Mi sono visto di spalle che partivo.

Half a world away (R.E.M.)
Questo vuoto solitario e profondo (…) Ho avuto troppo da bere. Non ho riflettuto. Immagino che tutto ciò di cui ho avuto bisogno è
di andare via da solo e di andare avanti, tirare avanti e resistere (…) Questa tempesta spazza via le nostre paure (…) Trascinare il
peso da ora in avanti.

G. Eliot
Ardere, ardere, ardere.

Elegia di Pico Farnese (E. Montale)
Perché attardarsi, a vano farneticare (…) Ben altro è l’amore. Se urgi fino al midollo i diosperi e nelle acque specchi la tua fronte
senza errore o distruggi le nere cantafavole e vegli, il tuo splendore è aperto. Dopo una lunga attesa, (…) un segno ci conduce alla
radura (…) Nell’aria il piattello (…) si rompe ai nostri colpi. Il giorno non chiede più di una chiave.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
La perseveranza è la chiave.

J. Bohme
Quanto più si batte sull’acutezza della pietra, tanto più s’acuisce l’amaro pungiglione della natura e sommamente s’irrita; perché la
natura nell’acuirsi si spezza, così che la libertà brilla come un baleno (…) Lo spirito forte (Mercurio) scaturisce dall’igneo baleno.

Da un’intervista a Gianna Nannini
D: Che cosa suggeriresti a chi non ha ancora trovato il suo talento?
R: Di non smettere di cercare il suono della propria voce, inteso come il proprio posto nel mondo. E di portare pazienza fino ai 29-30
anni. È in quel momento lì della vita che, di solito, si decide il futuro: succedono cose per cui diventi forte, comprendi il senso del
compromesso, perdi la leggerezza, ma scopri la strada da percorrere.

Il Conte di Montecristo (A. Dumas)
“Non più alcuna determinazione. Dio mi ha talmente scossa che ho perduto la volontà. Sono fra le sue mani, come passero tra gli
artigli dell’aquila. Egli non vuole che io muoia, poiché vivo. Se mi manderà soccorsi, è segno che vorrà, e io li prenderò”. “Dio non
va adorato così” – disse ** - “Egli vuole essere compreso, vuole che si conosca il suo potere e per questo ha dato il libero arbitrio”.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Lo schiavo in rivolta (…) dimostra con caparbietà che c’è in lui qualche cosa per cui “vale la pena di …” (…) Egli fa intervenire un
giudizio di valore (…) Fino a quel punto taceva, abbandonato a quella disperazione nella quale una condizione, anche ove la si
giudichi ingiusta, viene accettata (…) La disperazione, come l’assurdo, giudica e desidera tutto, in generale e nulla in particolare. Ben
la traduce il silenzio. Ma dal momento in cui parla, anche dicendo no, desidera e giudica (…) Dal moto di rivolta nasce una presa di
coscienza: la percezione, a un tratto sfolgorante, che c’è nell’uomo qualche cosa con cui l’uomo può identificarsi, sia pure
temporaneamente. Questa identificazione, fin qui, non era realmente sentita (…) Egli si mostrava più sollecito del proprio interesse
immediato che cosciente del proprio diritto (…) Il moto di rivolta lo porta più in là del semplice rifiuto (…) Quanto era dapprima
resistenza (…) diviene l’uomo intero che con essa si identifica e vi si riassume. Quella parte di sé che voleva far rispettare, la mette
allora al di sopra del resto, e la proclama preferibile a tutto, anche alla vita (…) e così il passaggio dal “ciò dovrebbe essere” al
“voglio che ciò sia”. Ma più ancora, forse, può quel concetto di superamento dell’individuo in un bene (…) trascendente il proprio
destino. Se preferisce l’eventualità della morte alla negazione del diritto che difende, è perché pone quest’ultimo al di sopra di sé
(…). Agisce dunque in nome di un valore (…) che eccede l’individuo, lo trae dalla sua supposta solitudine e gli fornisce una ragione
d’agire (…) Insorge lo schiavo quando giudica che (…) viene negato in lui qualche cosa che non gli appartiene esclusivamente.

Bene e male nella psicologia analitica in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Quando siamo nel fitto del combattimento, abbiamo la sensazione di essere abbandonati da tutti gli spiriti buoni. Nelle situazioni
critiche, all’eroe manca sempre la sua arma; in un siffatto momento noi siamo confrontati con la nudità della situazione, come accade
davanti alla morte (…) L’uomo non può far altro che accettare la lotta: questa è una situazione in cui lo si sfida a reagire nella sua
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interezza (…) La sua etica più personale può cominciare a esplicarsi (…) nel suo avviarsi per una strada condannata dai codici morali
in vigore e dai custodi della legge. Eppure egli sente che, forse, non è mai stato tanto fedele al suo più intimo essere e alla sua più
intima vocazione e per conseguenza all’assoluto, poiché soltanto lui e l’onnisciente vedono la situazione concreta dal di dentro,
mentre coloro che giudicano e condannano la vedono solo dal di fuori (…) Comincia (…) la propria libertà creativa (…) La morale
convenzionale è (…) una verità e una saggezza statistiche (…) La realtà del bene e del male consiste in situazioni (…) che ci
superano, (…) in cui si tratta di vita o di morte. Ciò che mi si avvicina con questa forza e intensità, io lo vivo come qualcosa di
numinoso, che io lo chiami divino, diabolico o fatale (…) In una situazione numinosa in cui non vi è soluzione puramente razionale,
in cui l’uomo non si sente fattore e signore, ma sente che in una simile situazione è fattore Dio, nessuno può prevedere che cosa
accada (…) Allora aspettiamo un po’ e stiamo a vedere che cosa decidono per esempio i sogni o se potenze superiori intervengono.

Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
La lotta per l’adattamento è assai faticosa, perché abbiamo sempre a che fare con condizioni individuali, cioè atipiche, perciò quando
giungiamo a una situazione tipica proviamo un senso di liberazione, sentimento del tutto speciale. Ci sentiamo come trasportati o
afferrati da una specie di potenza sovrumana (…) È la voce dell’umanità che risuona in noi (…) L’individuo isolato è (…) in grado di
utilizzare la piena misura delle sue forze (…) se un archetipo libera in lui le forze istintuali a cui la volontà cosciente non può da sola
trovare accesso.

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Certamente ogni psicoanalista ha visto pazienti che, una volta diventati consapevoli di sé e concentrati i loro sforzi per riguadagnare
la libertà, sono riusciti a rovesciare le tendenze che sembravano determinare la loro vita. Ma non occorre essere uno psicoanalista per
fare questa esperienza, che alcuni di noi hanno avuto o con se stessi o con altri: la catena della pretesa casualità veniva infranta ed
essi prendevano una direzione che sembrava “miracolosa” perché contraddiceva le aspettative più ragionevoli che potevano essersi
formate in base alle loro passate manifestazioni.

http://www.slideshare.com/simboli-dell'astrologia
Nodi del destino: la vita sembra chiamare a lasciare il noto per l’ignoto, trasformare ciò che si conosce e si sa fare bene in un
bagaglio di esperienze utili da usare come un “pass” con cui accedere a un campo nuovo che rappresenta il punto di arrivo in un
percorso di autoperfezionamento.
A ogni uomo appartiene un profondo bisogno di riscatto o di migliorarsi più o meno consapevole, che strappa ai marosi e conduce
verso un porto dove trovare una dimensione vera e soddisfacente. C’è una chiave per conoscere il significato della propria esistenza.
Segno d'ombra: c’è una sfera della vita, che è come l’ombra di sé, in cui si è stati limitati o arrestati alla crescita, in cui si può sentirsi
ipersensibili, inadeguati e goffi, in cui i difetti emergono di più perché si intensificano le paure e ci si sente spinti non ad affrontarle
ma alla compensazione, tentando di mostrare magari una facciata coraggiosa e talvolta insensibile. Il lato in ombra di sè irrompe con
effetti negativi ed azioni incontrollate se ignorato, perciò esso va reso il più possibile accessibile alla coscienza: il lato oscuro va
trattato come un alleato per la crescita personale.
Il dialogo con il segno d’ombra può portare ad almeno quanto segue: ad ammettere esigenze ed ambizioni senza futili sensi di colpa
in modo che, amandosi di più, si sia più rilassati e aperti anche verso gli altri (rif. ad Acquario – Leone); ad accettare di concentrarsi
meno su di sé e a sentirsi al sicuro in un rapporto (rif. ad Ariete – Bilancia); a comprendere che troppo controllo serve solo a perdere
ciò che si ama e che per fecondare bisogna a volte distruggere lo status quo che fa ristagnare le emozioni più vere (rif. a Toro –
Scorpione); a imparare che il passato non va trattenuto perché serve solo a dare un tesoro spendibile nel futuro di insegnamenti e di
senso di protezione (rif. a Cancro – Capricorno); ad ammettere che il mondo è grande e che ci sono tante cose di cui occuparsi
anziché di sé (rif. a Leone – Acquario); a vedere ogni stabilità o situazione limitata come un punto di partenza (rif. ad Bilancia –
Ariete); a vincere il rifiuto per le idee elevate e le proprie riflessioni quando il loro rifiuto dipende solo dal bisogno di trovare
modalità espressive adatte a condividerle senza sentirsi ridicoli (rif. a Gemelli – Sagittario); a percepire nell’eccessiva volubilità e
sensibilità e nel senso del dovere eccessivo, la propria paura di non meritare amore per ciò che si è (fragilità comprese) e quindi a far
sì che ci si determini a vedersi abbastanza strutturati e autonomi da non temere di affidare le emozioni agli altri e da coltivare un sano
edonismo (rif. a Capricorno – Cancro); a guardare in faccia il fatto che, se pure non è un atteggiamento sbagliato cercare di
guadagnare più soldi e lottare per avere una casa e un posto di lavoro o un partner stabile, non va bene che la ricerca diventi
un’ossessione, un’ancora di salvezza dalla propria intensità, ovvero un mezzo per evadere da se stessi e dagli affetti (rif. a Scorpione
– Toro); a scoprire che lo spirito giocoso ammorbidisce la passionalità del carattere ricco di entusiasmo ma a volte privo di sfumature
e che prendersi in giro con ironia e saper sdrammatizzare sono qualità fondamentali per vivere bene, migliorare i rapporti, affrontare
le sfide con grinta maggiore (rif. a Sagittario – Gemelli); a ricordare che se ci si butta nell’azione, perché spaventa scoprirsi a non
sapere cosa fare, l’effetto è ritrovarsi a gestire le conseguenze di un’azione che si sarebbe dovuta soppesare meglio e ad agire in
modo arruffone e impreciso, mentre occorre fidarsi di se stessi, concedersi lo spazio per una riflessione e non aver paura di rimanere
fermi e passivi a comprendere i propri ritmi interiori e ad accordarsi come uno strumento musicale per poi riuscire a vivere con più
audacia, coraggio e passionalità (rif. a Ariete – Bilancia).
Incontro (E. Montale)
Si va sulla carraia di rappresa mota senza uno scarto, simili ad incappati di corteo (….) Se mi lasci anche tu, mia tristezza, solo
presagio vivo, cado inerte nell’attesa spenta (…) su questa proda che ha sorpresa l’onda lenta che non appare. Forse riavrò un
aspetto. (…) a una misera fronda tendo la mano e farsi mia un’altra vita sento, ingombro di una forma che mi fu tolta.

Prometeo liberato (P. B. Shelley)
Sopportare dolori che la speranza crede infiniti, perdonare torti più cupi della morte, sfidare il potere che sembra onnipotente, amare,
soffrire, sperare sinché la speranza crei dal suo naufragio l’oggetto che contempla. Né cambiare, né mancare, né pentirsi. Questo (…)
è essere buoni, grandi e gioiosi, splendidi, liberi; è vita, gioia, impero, vittoria.

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L’uomo senza qualità (R. Musil)
Quando l’autorità si occupa di un privato risulta che egli è infido in ogni caso e se non risulta niente a suo carico egli rimane
comunque sospetto fino a chiarificazione esauriente, ovvero per sempre (…)In altre circostanze, si sarebbero accontentati di trovarlo
poco simpatico, ma il rapporto ufficiale l’aveva tratto fuori dalla massa degli individui privati, avvertendo i suoi superiori di non
applicare a lui i loro sentimenti privati ma quelli pubblici, che provocavano in loro fastidio e noia e degeneravano sfrenatamente
come le azioni di un ubriaco e di un isterico (…)Bistrattato senza nessun calore o sensazione umana. In lui era rimasto soffocato ogni
spirito di contraddizione e resistenza. Il mondo sottile dello spirito non era ormai che un pallido fantasma e non poteva penetrare in
caserma, dove migliaia di uomini abitavano insieme. Sentiva il cervello inaridirsi e avvizzire (…) Si lasciava avvolgere dal flusso
torbido senza risolversi ad andare via nelle pause (…) Riteneva incurabile la sua malattia ed era certo di rimanere insudiciato per
tutta la vita(…) Le lacrime scorrevano solo dentro di lui come un pozzo terribilmente oscuro e profondo (…)
Supposto che un individuo subisca un’umiliazione grave, che dovrebbe rovinarlo e annientarlo, può succedere invece che quella
vergogna ceda il posto a un senso del mondo serio o sorridente e questo allora non è soltanto un sentimento come un altro o una
riflessione, ma è un salire o scendere di tutto l’individuo su un altro piano, un “precipitare in alto” e tutte le cose mutano in accordo
con quel movimento, pur restando le stesse (…) Tutto è colorato da un altro significato. In tali momenti ci si accorge che oltre al
mondo per tutti, il mondo solido indagabile e trattabile con la ragione, ne esiste un altro mobile, singolare, visionario, che solo in
apparenza coincide col primo; un mondo che non portiamo solo nel cuore o nel cervello, come crede la gente, ma che esiste fuori di
noi, altrettanto reale che quello vero. È un mistero inquietante e, come tutti i misteri, appena si cerca di esprimerlo viene scambiato
facilmente con qualche cosa di sommamente banale (…)
Si scopre cedendo alla pressione che il mondo esercita su ogni creatura geniale, immergendosi nell’oscurità, ma facendo riemergere il
mondo, dall’altra parte, in un colore novello.

Poesia 67 (E. Dickinson)
Nessuno saprebbe definire bene la vittoria come il soldato sconfitto, morente, alle cui orecchie giungono canti di vittoria chiari,
torturanti.

Salmo 128 ( La sacra Bibbia)
Dalla giovinezza molto mi hanno perseguitato (…) hanno fatto lunghi solchi sul mio dorso (…) Ha spezzato il giogo.

Salmo 125 (La sacra Bibbia)
Ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso (…) Riconduce il prigioniero come i torrenti (…) Nell’andare piange
portando la semente da gettare, ma nel tornare viene con giubilo portando i suoi covoni.

M. Stout
A ogni uomo spettano soddisfazioni intense quanto i suoi dolori.

Peanuts (C. Schulz)
Lucy: - Perché non sputi il rospo?
Linus: - E se poi viene fuori un principe?

A.Einstein
Le tue regole di lavoro: 1) esci dalla confusione, trova la semplicità; 2) dalla discordia, trova l’armonia; 3) nel pieno delle difficoltà
risiede l’occasione favorevole.

O. Wilde
Il malcontento è il primo passo verso il progresso.

V. Woolf
Guardare la vita in faccia sempre, guardare la vita in faccia e conoscerla per quel che è.

Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes)
All'interno della psiche c'è un aspetto innato che (...) è contro lo sviluppo, (...) un antagonista derisorio e sanguinario, (...) che separa
una donna dalla sua natura (...) e dall'intuito (...) È presente anche in chi ha avuto buoni genitori (...) Appare nei sogni (...) e nelle
fiabe (...) Barbablu (...) e il demone del cimitero in Scarpette rosse lo rappresentano (...) e si incontra (...) La traccia lasciata da (...)
questo fattore nella psiche femminile (...) è non percepire che i nostri intimi desideri non corrispondono alle nostre azioni (...) Ecco il
perché delle procrastinazioni che fanno nascere l'odio di sé e della vergogna lasciata lì a suppurare (...) Esiste anche una censura
naturale di tutti gli eventi negativi e dolorosi che capitano (...) E molte sono le cose che cercano di sedurre e allontanare dalle
scarpette rosse fatte faticosamente da noi stesse a mano (...) Ma quando (...) la vecchia vita sta morendo, neanche i migliori rimedi
potranno nascondere questo fatto (...) Bisogna saper vedere la distruzione e il torpore dentro se stessi (...) come la moglie di Barbablu
(...) E, poiché quando illuminiamo una qualche parte della nostra psiche, altrove si addensa una più profonda oscurità, (...) una donna
coraggiosa svilupperà proprio l'aspetto più misero di sé, (...) indagherà il peggio (...) Una donna che ha perso gli istinti giusti per se
stessa (...) può tornare alla vita (...) L'istinto perduto (...) ritorna quando una donna presta grande attenzione ascoltando, guardando e
sentendo il mondo circostante e poi agendo (...) con efficienza, con tutta l'anima (...) Memorizziamo le trappole, il modo in cui sono
fatte e vengono messe (...) Comunque, gli istinti non si ritirano senza lasciare echi (...) se anche una donna è trattenuta dal pugno
della proprietà e della critica o è a un passo dalla distruzione per i suoi eccessi (...) Una voce selvaggia sussurra in tutti noi: resta qui,
resta qui abbastanza a lungo da far rinascere la speranza, (...) e avanzare lentamente, (...) per diventare forte, tentare la prova che
funzionerà (...) non importa in quanto tempo o con quale stile...

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Massime e pensieri (N. de Chamfort)
L’uomo onesto, disilluso su tutto, è l’uomo per eccellenza (…) È indulgente perché ricorda di avere nutrito delle illusioni come
coloro che ancora ne sono dominati. Per effetto della sua noncuranza è sicuro nei rapporti, non si permette né banalità né cialtronerie
(…) Egli spezza ridendo pesi falsi e le false misure che vengono applicati a uomini e cose.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Sotto sotto ** non si stupì (…) Sapeva da un pezzo (…) ma si era rifiutato nel modo più assoluto di ammetterlo apertamente (…) Ed
è così che siamo fatti. Per pura forza di volontà isoliamo le nostre intuizioni interiori dalla consapevolezza di ciò che ammettiamo
pubblicamente. Ciò provoca uno stato di paura o di apprensione, (...) ** era come un bambino isterico (…) Aveva continuato a
illudersi (…) Se l’avesse ammesso e si fosse preparato e si fosse battuto strenuamente per evitarlo, allora sì che si sarebbe comportato
da uomo (…) La situazione di falsità ora aveva scatenato quella crisi.

P. Valery
Il modo migliore per realizzare un sogno è quello di svegliarsi .

L. A. Seneca
Chi vuol muovere il mondo prima muova se stesso.

J. W. Goethe
Qualunque cosa sogni intraprendere cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia.

Frammenti (Eraclito)
Se non spera non troverà l’insperato: non c’è ricerca che vi conduca né via.

Lao tse
Un viaggio lungo mille kilometri inizia con un piccolo passo.

J. R. Jimenez
Un permanente stato di transizione è la più nobile condizione umana.

De Gaulle
È meglio prendere delle decisioni imperfette che essere alla continua ricerca di decisioni perfette che non si troveranno mai.

Peanuts (C. Schulz)
Linus: Perché non provi a tenere in testa l’aquilone e far volare il cappello Charlie Brawn?

Salmo 118 (La sacra Bibbia)
“Straniero sulla terra” (…) La mia sorte è custodire la parola (…) che nel rivelarsi illumina

Vangelo
La verità vi farà liberi.

Su Neumann, I discorsi di Buddha in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Una sofferenza incompresa è notoriamente difficile da sopportare, e d’altro canto è spesso sorprendente vedere che cosa un uomo può
sopportare se ne comprende la causa e il fine.

Dalai Lama
Comprendere un processo permette di acquisirne il controllo o di emanciparsi dal fatto di esserne controllati.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Per superare il motivo ignoto, occorre altro oltre al proposito contrario cosciente; occorre un lavoro psichico che riveli quell’ignoto
alla coscienza.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Un complesso è realmente superato solo quando lo si è consumato vivendolo fino in fondo. Ciò che per più ragioni legate ai nostri
complessi abbiamo tenuto lontano, dobbiamo, se vogliamo uscirne, esaurirlo completamente. La donna con un complesso materno
negativo si avvicina al mondo distogliendo gli occhi. E intanto il mondo e la vita passano davanti a lei come un sogno, una fonte
importuna di illusioni, imitazioni, disinganni tutti dovuti unicamente al fatto che essa non si lascia convincere a guardare una buona
volta le cose in faccia. Così, per il suo atteggiamento di reazione meramente inconscia verso la realtà, la sua vita diventa proprio ciò
che essa più di tutto combatte: qualcosa di puramente femminile-materno. Ma se volge lo sguardo in avanti, il mondo allora le si
schiude in qualche modo per la prima volta, nella luce di una matura chiarezza, ornato dei colori e delle stravaganze della gioventù o
addirittura dell’infanzia. Da tale visione conseguono la scoperta e la conoscenza della verità, condizioni indispensabili della
coscienza. Una parte della vita è andata perduta, ma il suo senso è salvo (…) Per la donna che lotta contro il padre c’è sempre la
possibilità di una vita femminile e istintiva, in quanto essa respinge solo ciò che le è estraneo. Ma se lotta contro la madre, può
pervenire a una più elevata coscienza solo a rischio di compromettere i propri istinti, perché nella madre essa nega anche tutta
l’oscurità, l’impulsività, l’ambiguità, l’incoscienza della propria natura. Grazie alla sua lucidità, particolarmente accentuata proprio a
causa dell’aver subito l’Animus e della propria esperienza, la donna di questo tipo, una volta riscoperta la propria femminilità, può
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divenire una valida guida per l’uomo che in lei potrà avere fiducia più facilmente che in altri tipi di donna.

Jane Eyre (C. Brontë)
Fin’ora lo avevo segretamente temuto perché non lo avevo capito. Mi aveva tenuto in soggezione perché mi aveva lasciato nel
dubbio. Vedevo ora le sue debolezze e le capivo. Ripresi coraggio (…) Potevo tener testa (…) Ora tutto ciò che suonava come un
rimprovero (…) mi dava coraggio (…) Lo pregavo di lasciarmi sola (…) Quando il comando è dato con sufficiente energia,
l’obbedienza non manca mai.
Il covo dei pirati (E. Bennato)
Ti potranno minacciare (…) Ti faranno le facce scure (…) Ma tu oramai già lo sai cosa ti puoi aspettare dai pirati. È proprio questo il
tuo vantaggio e non ci rinunciare.

Che cosa sapeva Maisie (H. James)
Tutto aveva un senso nascosto (…) Non riceveva spiegazioni (…) e alle sue domande timide non era risposto altro che con risate. Per
l’istinto di non chiedere nulla istillatole, non chiese né coltivò desideri (…) Le veniva un senso colpevole di non essere all’altezza
della situazione (…) Nel vivido senso dell’immediato che è l’aria stessa della mente infantile, il passato diveniva per lei, ad ogni
occasione, altrettanto vago che il futuro (…) Poi, vecchie immagini e frasi cominciarono ad avere un senso che la spaventò, al che
sorse l’idea di una vita interiore o, in altre parole, del nascondersi: anche se fu chiamata una piccola idiota, nel silenzio vedeva
sempre di più, mentre si sottraeva alle pretese di chi la circondava, nelle ore vuote pensava alla disciplina della signora con cui si era
sentita sicura e di cui aveva sentito l’essere stata un tempo una madre come la sua non era mai stata (…) Il silenzio calato su questa
divenne per lei una regione abitabile (…) Anche se impaurita, rimaneva rigida e fredda ed era soprattutto incuriosita dalle espressioni
altrui (…) La sua forza principale era data dal suo acuto senso di spettatrice (…) Era così ricettiva che nelle situazioni complesse che
viveva bastava poco perché comprendesse l’essenziale (…) Incontrando il padre capì all’improvviso che lui non voleva altro che
cavarsi d’impiccio con tutti gli onori, come se le avesse detto: “Ripudiami nonostante le mie tenere suppliche” (…) E seppe anche
parlare delle ipotesi che la madre non tornasse più con compostezza mostrando in ciò una lunga strada percorsa (…)Nell’ultimo
incontro con la madre, mentre questa si ammantava degli stracci della propria impudenza, davanti all’ultimo pezzetto di superstizione
filiale, lei trattenne il respiro, pensando ai famosi sbalzi d’umore della donna e desiderando solo di andare a fondo della cosa, perché
partisse (…) Scoprendo che ella aveva rifiutato l’unico che l’aveva mai amata, ebbe sulla madre anche una visione completa di
pazzia, rovina e morte, e si scoprì guardarla dal basso in alto con la stessa durezza con cui chiunque avrebbe potuto guardare dall’alto
in basso. Quando la madre partì, ripensando che il padre la voleva morta, come le era stato detto, pensò che comunque ormai i suoi
genitori erano lontani e che c’era ** (…) e capì di voler vivere con lui (…) Guardata con giusta ira dall’amante di **, accusata di non
avere alcun senso morale, resse il suo sguardo, sapendo che quello era il momento più difficile e aiutata dal fatto di sapere ciò che
voleva: tutto quello studiare le aveva insegnato proprio questo.

Fiorirà l’aspidistra (G. Orwell)
A scuola lo avevano convinto che di non poter avere successo (…) Immaginò il futuro, (…) si vide legato tutta la vita (…) Si rivoltò
e si irrigidì nel rifiuto totale, come accade ai deboli (…)
Camminava più rapido del solito, aveva una strana sensazione. Che cosa significava? (…) Trasse la sensazione allo scoperto, la
affrontò, la analizzò. Era sollievo (…) Le sue vecchie risoluzioni ora che erano infrante sembravano solo un terribile peso. Ora che
aveva fatto il primo passo avrebbe saputo evolvere. Ora che aveva identificato il suo reale desiderio si sentiva in pace con se stesso.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Quando tutto fu finito, (…) per la bizzarria e la tendenza al sogno della sua natura solitaria, (…)** trattò dentro di sé l’accaduto come
se non fosse stato definitivo. Da allora ella accolse ogni novità come se non fosse il presente, ma qualcosa di incerto. Il passato
invece era rimasto irrigidito dal colpo sofferto (…) e lo ricordava ora per ora (… ) ** aveva smarrito il senso della sua vita e s’era
posta in una condizione che non era adatta alla sua giovane età (…) Era inevitabile che la natura repressa si ribellasse, ma un
tentativo di ricominciare finì dopo un tentativo di fanatiche speranze in delusione e **si sentì rigettata dalla sua vita reale come dalla
sua vita irreale (…) Prese la risoluzione di punirsi (…) con un uomo che le ispirasse un leggero disgusto (…) Finora le era sfuggito
che c’era in ciò anche qualcosa di umoristico (…) Le spiegazioni tra l’amaro e l’ironico, imparate da *** le facevano molto bene
perché scomponevano il tragico in ironia e in una passione che non era conclusa con l’esperienza vissuta. Era intervenuto un
movimento che riscattava (…) Nel silenzio approfondito dai libri e dai ricordi, (…) si era resa conto che (…) non tutte le possibilità
erano finite per lei (…) Il passato non era più separato dal presente, (…) non era più ambiguo (…) Era rimasta solo la sensazione
tragicomica di ciò che era stato (…) Era diventata forte (…) *** le disse infine: “Qualche volta se collegati a sentimenti molto forti,
certi ricordi non invecchiano e trattengono presso di sé intere stratificazioni dell’animo, (…) nel tuo caso tanto da equivalere a una
paralisi, (…) ma alla fine ti sei pur liberata fino a rimetterti in movimento!”

Il taccuino d’oro (Lessing)
Un anno, due anni, cinque anni, tutto un modo di essere si possono arrotolare e mettere da parte, dar loro “un nome”.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
Nella disperazione e nella crisi può manifestarsi l’archetipo del Vecchio Saggio, che nelle fiabe corrisponde al momento in cui si
raccolgono le proprie energie (…) La visione del passato diventa molto più chiara (…) e aumenta la capacità di prendere delle
decisioni che determineranno il futuro.

Lezioni americane (I. Calvino)
Non sono un cultore della divagazione (…) Preferisco affidarmi alla linea retta, nella speranza che continui all’infinito e mi renda
irraggiungibile. Preferisco calcolare lungamente la mia traiettoria di fuga, aspettando di potermi lanciare come una freccia e
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scomparire all’orizzonte. Oppure, se troppi ostacoli mi sbarrano il cammino, calcolare la serie di segmenti rettilinei che mi portino
fuori dal mio labirinto nel più breve tempo possibile.
Già dalla mia giovinezza ho scelto come mio motto l’antica massima latina Festina lente, affrettati lentamente (…)
Tutto ciò che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso con nodi sempre più stretti. Forse solo la
vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono (…)
L’agile salto improvviso del prete-filosofo (…) La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la
vaghezza e l’abbandono al caso (…) Anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca (…) Quella che
molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa e aggressiva, appartiene al regno della morte.

L’arte della meditazione e del rilassamento (J. Levey)
La mente è un processo (…) e in genere vaga casualmente per conto proprio secondo linee condizionate di associazioni e abitudini
tra modelli costrittivi di pensiero ed emozioni (…) Nonostante possiate avere uno scarso controllo sui contenuti specifici dei vostri
pensieri, immaginazioni e sensazioni, scoprirete di avere il potere di alterare il processo attraverso il quale vi rapportate ai contenuti
mentali. Iniziate a meditare con fiducia o apertura e ciò vi darà energia, vi aiuterà a superare indolenza e tendenza a rimandare. Poi la
concentrazione fornirà la messa a fuoco e la chiarezza per dirigere meglio l’energia secondo le intenzioni. Allenando la presenza
mentale e ricordando ciò che state facendo avrete un antidoto alla dimenticanza delle vostre azioni e intuizioni. La comprensione che
le convinzioni iniziali erano valide o di come devono essere modificate farà nascere la vostra fiducia, sconfiggerà gli ostacoli
paralizzanti del dubbio e della paura. La fiducia basata su precedenti successi, oltre che intendimenti può spingere lungo una curva di
incremento e spirale di concentrazione ed energia. Una visione profonda maturerà in modo naturale e senza sforzo (…) Ogni cultura
ha il suo marchio d’ipnosi culturale. Molte tecniche di meditazione sono metodi di decondizionamento (…) Le angosce e le tensioni
possono venir accolte come opportunità per applicare e affinare le vostre capacità (…) Quando saprete come rilassarvi non dovete più
sentirvi tesi a causa della vostra tensione (… ) Sarà lo stress stesso a fornirvi l’energia e potete sviluppare un’apertura totale (…) Se
avrete acquisito la padronanza di tali capacità, è possibile che in qualche momento critico, quando conta veramente, possederete
l’energia, la chiarezza e l’equilibrio necessari per influire in modo significativo sulla vostra vita .

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Ciò che aveva sentito dopo non poteva sembrare che moderatamente eloquente in confronto a quanto era avvenuto prima: ma qualche
accrescimento e rafforzamento doveva pur dare, anche se aveva perduto l’immediatezza della prima ispirazione.

Il tai-chi e la natura dell’esistenza (J. Lou)
Ripetere significa creare un intervallo (…) Queste pause hanno la funzione di cementare i movimenti, ma anche di creare riposo e
noia, (…) preludio di un momento attivo. Il momento passivo genera l’impulso verso le novità (…) Si crea un ritmo che fornisce
l’energia necessaria per combattere la noia (…) Senza questa malinconia, il processo di evoluzione sarebbe più piatto (…) Il
processo è raffigurabile da una catena di cerchi: i cerchi ascendenti rappresentano lo stato evolutivo, quelli discendenti l’involutivo
(…) Sottoporsi a un disciplina può apparire restrittivo e limitante, ma è attraverso la coscienza di questa prigionia che possiamo
trovare in noi stessi l’impulso della libertà e una forza creativa spontanea.

S. Francesco di Sales
Se il tuo cuore vaga o è distratto, riportalo indietro dolcemente al punto (…) e, anche se non hai fatto niente altro durante la tua ora se
non riportare indietro il cuore e se ogni volta se ne andava via quando lo riportavi indietro, la tua ora sarebbe stata impiegata molto
bene.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
È il mandala del castello: le porte si aprono e poi si chiudono delimitando la comunicazione e chiarendo e difendendo i confini della
roccaforte.

Il magico potere del riordino (M. Kondo)
Si dice che un ambiente disordinato sia frutto di una mente disordinata; in questo caso il problema va oltre l’aspetto materiale: un
disordine così evidente ci distrae e ci impedisce di risalire alla causa reale che l’ha generato. L’azione del disordinare è un
meccanismo di difesa che le persone fanno scattare per distogliere l’attenzione dall’essenza del problema. Nel caso in cui non
riusciate a sentirvi a vostro agio in un ambiente pulito e ordinato, cercate di confrontarvi seriamente con le vostre ansie e, molto
probabilmente, emergeranno i veri problemi che turbano il vostro cuore. Trovarsi in una stanza pulita e ordinata ci obbliga a
confrontarci con le nostre emozioni e la nostra interiorità. Ci fa notare quei problemi che abbiamo sempre cercato di eludere e ci
costringe, volenti o nolenti, ad affrontarli. Nel momento stesso in cui inizierete a riordinare sarete costretti a resettare la vostra vita e
di conseguenza questa comincerà a cambiare radicalmente. (…) Nell’istante in cui avrete davanti ai vostri occhi una stanza
perfettamente in ordine, farete piazza pulita di tutte le opinioni negative su voi stessi che vi siete portati dietro per lunghi anni senza
mai metterle in discussione (…) A differenza del lavoro, dello studio o dello sport, non dovete paragonarvi a nessun altro; chiunque,
quando riordina, dà il meglio di sé. Non c’è nemmeno bisogno di quello che tutti considerano un aspetto problematico: la continuità.
Basta una volta sola (…) Il percorso che fate confrontandovi con cose che avevate quasi dimenticato, decidendo che cosa ne pensate,
ringraziando gli oggetti che ormai hanno fatto il loro corso e congedandovi da loro è come un rito di passaggio che a tutti gli effetti vi
permette di “fare un inventario” della vostra interiorità (…) Sistemare i ricordi vi fa saldare i conti in modo che possiate muovere i
passi successivi verso il vostro futuro (…) Mettendo in ordine la casa e diminuendo le cose in vostro possesso, capirete a che cosa
dare importanza nella vostra vita e riuscirete a distinguere chiaramente i veri valori. Ma non concentratevi sul ridurre ciò che avete o
sulla ricerca di un metodo efficace di organizzare gli spazi. Concentratevi piuttosto sulla scelta delle cose da conservare in base a ciò
che vi fa stare bene, e godetevi la vita secondo le vostre regole (…) Pensare solo alle cose da eliminare ci rende infelici: quello che
dovremmo scegliere non è che cosa buttare, ma che cosa tenere (…) Il modo più semplice e accurato per fare una cernita è chiedersi
se le cose “ci fanno ancora scintillare gli occhi quando le guardiamo” (…) La chiave sta nel toccare con mano (…) Il criterio deve
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essere “se conservare quel qualcosa vi rende felici”: in altre parole, “se quella cosa vi fa battere il cuore” (…) Quando domandate al
vostro cuore se sente un’emozione, credete a ciò che vi risponde. Se vi fidate di quell’istinto, tutti gli elementi della vostra esistenza
si interconnetteranno in maniera sorprendente e la vostra vita cambierà in modo radicale (…) Le cose che amiamo fare non cambiano
mai alla radice, nemmeno col tempo (…) Dopo aver finito il corso, la vita lavorativa della maggior parte dei miei clienti si trasforma:
alcuni aprono un’attività in proprio, altri cambiano impiego, altri ancora si impegnano più seriamente in quello che stanno già
facendo. Questa disposizione d’animo vale anche per i loro interessi personali e per la famiglia (…) Riordinare svolge un ruolo molto
importante nell’individuare questa radice (…) Uno degli effetti del “magico potere del riordino” è la fiducia nelle proprie capacità di
scegliere (…) Chi non ha fiducia nella propria capacità di giudizio, non ha fiducia in se stesso (…) Ci sono momenti in cui mi
scoraggio molto di fronte alle mie inadeguatezze. Ho piena fiducia invece nell’ambiente in cui vivo (…) Anche se per chiunque altro
potrebbe non essere niente di speciale, io mi sento sicura di me e sono profondamente grata di essere circondata da ciò che amo, dalle
cose e dalle persone che mi sono care che, una per una, considero speciali e preziose (…) Se vi capita qualcosa che non vi
entusiasma, ma che non riuscite comunque a eliminare, fermatevi un attimo e chiedetevi: “è a causa del mio attaccamento al passato
che non riesco a buttarlo? O il problema sono le mie ansie riguardo al futuro?” (…) Attaccamento al passato e ansie per il futuro non
solo determinano il modo in cui selezionate le cose che possedete, ma rappresentano anche i criteri in base ai quali prendete decisioni
in ogni sfera della vostra vita, incluse quella affettiva e quella lavorativa. (…) Affrontare le proprie cose e selezionarle può essere
doloroso, vi costringe a confrontarvi con le vostre imperfezioni e con le scelte discutibili che avete fatto nel passato (…) Le cose che
possediamo sono concrete: esistono qui e ora e sono la conseguenza delle scelte che abbiamo compiuto in passato. È rischioso
ignorarle o liberarcene indiscriminatamente (…) La casa (…) è sempre lì (…) non troverete nessuno di più generoso e accogliente
(…)Le scorte sono inutili. Più si possiede più si ha paura e si diventa ansiosi. Quando vi troverete a mancare di qualcosa potrete forse
capire che non vi serve davvero (…) Se vi accorgete che vi serve una cosa che avete buttato prendete subito l’iniziativa e cercàtela
(…) La vita diventa più facile quando si capisce bene che quando qualcosa manca si può trovare una soluzione.

Avere o essere (E. Fromm)
Se sono ciò che sono e non ciò che ho, nessuno può privarmi né della mia sicurezza né del mio senso di identità, e neppure
minacciare di farlo (…) La mia capacità di essere e di esprimere i miei poteri essenziali è parte integrante della mia struttura
caratteriale e da me dipende (…) Mentre l’avere si fonde su alcunché che l’uso diminuisce, l’essere viene incrementato dalla pratica
(…) L’esigenza di velocità e novità, che soltanto il consumismo può soddisfare, è il riflesso di uno stato di inquietudine, di fuga
interiore da se stessi; e si renderà anche conto che cercare sempre nuove cose da fare e il gadget ultimo grido di cui servirsi, non è
che un mezzo per impedirsi di essere vicini a se stessi o ad altre persone (…) I desideri del consumatore sono fabbricati dal
produttore.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
La calma e l’agitazione del nostro umore non dipende tanto dagli avvenimenti più notevoli della nostra vita quanto dall’esito utile o
sgradevole delle piccole cose quotidiane (…) La suprema abilità consiste nel conoscere il valore delle cose.

Carl Gustav Jung
I nevrotici spesso trascinano i piccoli compiti della vita quotidiana, dai quali invece dipende gran parte del loro benessere.

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OSTRACISMO (BRUTALITÁ E VERITÁ)

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Sotto la diagnosi di lebbra si raccoglievano anche altre affezioni croniche ripugnanti (...) I motivi che provocarono la reclusione di
questi malati non erano di ordine sanitario, in quanto la nozione di contagio sarà accettata in seguito (...) Una spiegazione è che il
malato ispirava repulsione e (...) faceva paura, era oggetto di scandalo (...) I lebbrosi subirono il destino di tutti i gruppi marginali
anche quando la società maggioritaria era l'unica responsabile della loro emarginazione: funsero da capri espiatori in occasione di
gravi eventi (...) Anche durante la peste nera del XIV secolo fu necessario inventare dei colpevoli (gli ebrei, gli zingari, ecc.) (...) Si
avviava così il processo di formazione dei ghetti.
Il problema dei tipi nella poesia “Prometeo ed Epimeteo” di Carl Spittaler in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Si vede la pagliuzza nell’occhio proprio come trave nell’occhio del fratello. (…) Questa idea è una proiezione (…) della percezione
inconscia che l’azione redentrice viene costantemente frustrata per la presenza nell’inconscio di un elemento non redento, (…) una
parte di noi stessi che non ha ancora percorso il processo di educazione cristiana (…) C’è una percezione inconscia di questo
elemento irriducibile, di cui si vorrebbe negare l’esistenza: di qui la proiezione. L’irrequietudine è un’espressione concreta della
mancata redenzione.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Si direbbe semplicemente che debbano esistere entità indesiderabili su cui si accumula l’uggia e il malanno (…) quell’odio così
caratteristico della civiltà odierna (…) Così lo stregone estraeva dal corpo del malato il feticcio accuratamente preparato prima e così
il buon cristiano carica le proprie colpe sul buon giudeo; (…) nel corso dei tempi la responsabilità è stata accollata al fulmine, alle
streghe, ai socialisti, agli intellettuali, ai militari (…) Il fatto è che il mondo ha smarrito non soltanto Dio ma anche il diavolo. Così
come trasforma il male in immagini indesiderabili trasforma il bene in immagini desiderabili che ammira perché fanno ciò che
ognuno ritiene impossibile di fare da sé. Si sta seduti sui gradini d’uno stadio a veder altra gente scalmanarsi, questo è lo sport; si
lascia dire al prossimo le più assurde esagerazioni, questo è l’idealismo; si scuote via il male e quelle che ne rimangono
impillaccherate sono le entità indesiderabili. Così tutto trova il suo posto nel mondo, e il suo ordine; ma questa tecnica di adorazione
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dei santi e di allevamento di capri espiatori mediante l’espropriazione non è senza pericolo perché riempie il mondo delle correnti ad
alta tensione di tutti i conflitti intimi non risolti. Ci si sbudella o ci si affratella e non si può saper bene se lo si fa sul serio (…) Come
una simulazione (…) La vecchia credenza demoniaca che ogni bene e ogni male imputava a spiriti celesti o nefasti funzionava assai
meglio (…) e si può solo sperare che (…) ritorneremo ad essa.

Il Fascismo (I. Silone)
Questa pratica (il boicottaggio) purtroppo antica in alcune regioni d’Italia, consiste in ciò, che le persone o famiglie boicottate non
possono trovare nulla di quanto occorre alla loro azienda o alla vita. Il proprietario o il colono boicottato non può avere manodopera,
non trova da acquistare derrate o indumenti, non trova da vendere i suoi prodotti, e in alcuni casi si è vista negata l’assistenza
sanitaria per sé e per la sua famiglia (…) Si tentò financo di impedire la locomozione e i trasporti attraverso le vie pubbliche. La
condizione di costoro era divenuta, specie in alcuni casi, intollerabile.
Un mese con Montalbano (A. Camilleri)
"E un omo che ** non vuole più vedere è un omo col quale non ci vuole più avere a che fare nessuno. Meglio che cangia paese. E
con paese non intendo solo questa zona." -"uno splendido esempio di comportamento mafioso" non potè fare a meno di commentare
Montalbano.
Da un forum online (risposta a una richiesta di consiglio e spiegazione in un caso di ostracismo in cui una donna è stata
aggredita per strada, nei negozi, in ospedale, ecc. della sua zona)
La lite per i confini di suo marito credo non c'entri niente. Suo marito deve avere pestato i piedi a una persona importante: gli abusi
che mi ha riferito sono tecniche intimidatorie di tipo importato...Vi si presta sempre facilmente una certa categoria di persone.

Annali (Tacito)
Tiberio verso i figli di Germanico ostentava il contegno di un giudice imparziale, mentre di nascosto istigava taluni a presentarsi in
veste di accusatori e perseguitava specialmente il più vicino alla successione, Nerone, che la gioventù, pur moderata, rendeva
immemore spesso di quello che per il momento era opportuno; tanto più che i liberti e i clienti, smaniosi di acquistare potenza, lo
incitavano a mostrare animo elevato e fiducioso (…) Ascoltando simili discorsi, egli, pur senza concepire alcun pensiero di
ribellione, si lasciava sfuggire talvolta parole superbe ed imprudenti; e poiché i custodi addetti alla sua persona le ascoltavano e le
riferivano esagerate, né a lui era dato difendersi, su di esse nascevano preoccupazioni di vario genere. Uno evitava di incontrarlo, un
altro, dopo avergli ricambiato il saluto, mutava sùbito direzione, moltissimi interrompevano il discorso incominciato, mentre gli
amici di Seiano, che si trovavano presenti, rimanevano lì a schernirlo. Tiberio poi gli mostrava un volto minaccioso oppure un sorriso
non sincero: sia che il giovane parlasse, sia che tacesse, gli si faceva colpa tanto dei suoi discorsi quanto del suo silenzio. Nemmeno
la notte era sicura, perché la moglie rendeva conto delle sue veglie, dei suoi sonni, dei suoi sospiri alla madre Livia, ed ella a Seiano,
il quale trasse dalla sua anche Druso, fratello di Nerone, facendogli sperare il principato, se avesse tolto di mezzo il primogenito, la
cui posizione era già vacillante (…) Tuttavia Seiano non favoriva tanto Druso da non gettare anche contro di lui il seme della rovina
futura (…)
Un soldato addetto alla loro sorveglianza annotava come in un diario i messaggi, le visite, gli atti compiuti in pubblico o in segreto di
Agrippina e dei figli; e veniva sobillato appositamente chi li esortasse a rifugiarsi presso gli eserciti di Germania, oppure ad
implorare l’aiuto del senato e del popolo, abbracciando la statua del divo Augusto, nel punto più frequentato del foro. Tali disegni,
benché essi li respingessero, venivano loro attribuiti, come se si preparassero ad attuarli (…) Venne chiuso in carcere un cavaliere
d’alto rango che (…) non aveva infatti tralasciato di onorare la vedova Agrippina ed i figli di lui (…) unico rimasto di tanti clienti, e
lodato per questo dai buoni, odioso agl’iniqui.

Il Re Sole (F. de Saint-Simon)
Il ministro aveva occasioni continue di preferire o mortificare chi voleva, e non mancava di preparare con astuzia i mezzi per
avanzare i suoi protetti, malgrado l’ordine dei quadri, e far restare indietro chi gli pareva. Se (…) si lasciava il servizio (…) era un
miracolo se, dopo anni di raddoppiati rifiuti, si riusciva a tornare a galla. Chi poi non faceva parte della corte (…) il ministro della
guerra ne faceva uno studio particolare: di costoro quelli che lasciavano il servizio erano sicuri, loro e la loro famiglia, di incontrare
nella loro provincia o città ogni sorta di mortificazioni che quasi sempre influivano sulle loro terre e i loro beni.

La fiera delle vanità (W. M. Thackeray)
Sembra che ** tentasse ripetutamente di rivedere il cognato *** (…) In attesa di *** quando ella vide che era in compagnia di **** e
i suoi occhi ebbero incontrato gli occhi di costui, ella si affrettò ad allontanarsi e da allora in poi ogni suo tentativo di abboccamento
(…) non ebbe esito felice (…) Non c’è dubbio che qualcuno si fosse preso la briga di istigare *** contro la cognata (…) Di lei ****
mostrava di sapere ogni cosa (…) Questa biografia era calunniosa e tendenzialmente menzognera (…) Una nobildonna (…) raccolse
tutte le sue forze non appena si accorse del sorrisetto ironico di ** (…) e le lanciò un’occhiata sprezzante, tale da assassinare
moralmente qualsiasi donna (…) ** si limitò a riderne ma (…) si sentì sola, tagliata fuori (…) Anche il contegno degli uomini nei
suoi riguardi aveva subito un sensibile cambiamento. ***** le rideva in faccia (…) ostentando un trattamento confidenziale tutt’altro
che apprezzabile (…) Il contegno insultante degli uomini era più sopportabile della simpatia che le tributavano certe donne (…)
Risero, scherzarono, cercarono di compiangerla e di sollevarle il morale, ma con un’aria di protezione che finì col farla smaniare di
rabbia (…) **, che pagava puntualmente all’albergo (…) fu invitata dal padrone ad andarsene senza indugio. Costui era stato
informato da qualcuno che si trattava di persona non confacente al buon nome del suo esercizio, dal momento che nessuna signora
inglese avrebbe accondisceso a sederle accanto a tavola (…) Ogni qual volta **, a costo di sofferenze e sforzi inenarrabili, riusciva a
crearsi una piccola cerchia di conoscenze, subentrava qualcuno che distruggeva con inaudita perfidia il frutto delle sue fatiche (…)
Le voci che correvano su ** erano il frutto della diffamazione operata da **** (…) A passeggio (…) trovò ******. L’uomo di
fiducia di Sua Signoria, il quale (…) disse “Ero certo di trovarvi qui. Vi ho seguito. Devo darvi un consiglio (…) Andatevene da
Roma, altrimenti vi ammalerete e non sopravviverete alla malattia.” ** scoppiò in una risata rabbiosa “Addirittura uccidermi!” (…)
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Questa volta fu ****** a scoppiare a ridere “E chi vi difenderebbe? (…) Noi sappiamo tutto, abbiamo amici dappertutto (…) Avete
offeso una persona che conta.”

Mobbing (D. Guglielmi)
Bisogna considerare straining, (...) bossing (...) e stalking sul lavoro (...) Non c'è accordo se le molestie sessuali siano considerabili
mobbing (...) La classificazione proposta dal Finnish Institute of Occupational Health sintetizza i comportamenti di mobbing in:
pettegolezzi e maldicenze; isolamento sociale; assegnazione di compiti al di sotto della professionalità; critica continua e
ingiustificata circa il lavoro svolto e i risultati raggiunti; violenza e minaccia di violenza; insinuazioni circa un forte disagio
mentale(...) I sintomi conseguenti fisici e psichici spesso permangono a lungo dopo l'uscita definitiva dall'ambiente lavorativo (...)
Uno degli esiti gravi e pericolosi è infatti il minare l'immagine che la vittima ha di sè e il creare la percezione di non poter uscire
dalla situazione. È uno degli esiti finali, (...) perché nell'ultima fase, di aggressione e distruzione, l'unico obiettivo del confronto
diventa quello di distruggere l'altra parte anche a costo di subire delle perdite (...) e c'è reiterazione ed escalation delle vessazioni (...)
Essa segue alla fase di razionalità e controllo nell'affrontare il conflitto e (...) quella di sospetto e ostilità reciproci (...) con ricerca di
supporto da ognuna delle parti per difendere la propria posizione (...) È difficile riconoscere il mobbing nelle fasi iniziali e, (...) dal
punto di vista giuridico, (...) non basta documentare la consequenzialità tra comportamento (azioni mobbizzanti) ed evento (danno
patrimoniale, biologico o altro), ma è necessario che l'evento rappresenti (...) una conseguenza normale del comportamento, il che è
un elemento difficile da dimostrare, (...) perché (...) il mobbing è multideterminato da fattori di varia natura (...) Inoltre in Italia
manca l'approvazione di una normativa specifica per il mobbing e (...) alla frequenza di attivazione (...) degli sportelli mobbing, (...)
non corrisponde sempre efficacia in considerazione delle competenze di chi li gestisce e dell'obiettivo (...) Non sempre infatti c'è un
obiettivo definito e chiaro (...) e non sempre il consulente è qualificato in funzione degli obiettivi dichiarati (...) (consulenza
psicologica (...) o legale e organizzativa) (...) Vi sono anche molte tendenze sia nei lavoratori sia nei responsabili del personale (...) a
considerare (...) i comportamenti discriminatori e vessatori (...) come responsabilità delle persone coinvolte e delle loro caratteristiche
e non dei processi organizzativi sottostanti. Questo rappresenta un ostacolo rilevante alla possibilità di apprendere dai propri errori,
oltre al fatto che per accertare le responsabilità personali effettuare un'analisi delle precondizioni organizzative è necessario, in realtà.

Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Si deve prendere in esame le seguente aree, oltre alle forme di stress e sovraffaticamento professionale: mobbing, bullying e bossing,
stalking e straining, harassment, conflitti distruttivi, forme di sadismo e masochismo morale, aggressioni psicologiche e fisiche,
competizione distruttiva, invidia generazionale e professionale, manifestazioni di angoscia e depressione, uso di sostanze psicotrope e
psicofarmaci, dipendenze da caffeina, tabacco, alcol e sostanze, work-addiction e dipendenze digitali (...) L'invidia si manifesta (...)
anche collegata ad aspetti soggettivi e personali (...) Sentimenti non positivi devono essere considerati fisiologici nella vita
soprattutto oggi, se si considera l'esistenza di una sorta di normale inciviltà diffusa nelle situazioni sociali e di lavoro, ma quando una
persona non riesce a contenere la propria distruttività e l'ambiente lascia fare si creano situazioni di forte sofferenza istituzionale (...)
I manager dovrebbero intervenire pesantemente, dopo essere stati formati nella gestione dei conflitti (vedi Rahim, 2002). Spesso si
innescano in relazione a fusioni e fasi di ridimensionamento, ma in realtà molti altri si innescano sull'incredibile diffusione del fattore
stupidità (...) Carlo M. Cipolla declinò le leggi fondamentali della stupidità (...) Nel nostro Paese (...) Psichiatria Occupazionale e
Criminologia del lavoro sono aree non particolarmente frequentate, né approfondite (...) In troppi casi le rilevazioni di disturbo
lavoro-correlato (...) hanno visto, da un lato, datori di lavoro a dir poco disinteressati e, dall'altro, pseudoesperti di stress
occupazionale, che hanno sbrigativamente somministrato questionari di dubbia provenienza (se non inventati lì per lì o scaricati dalla
rete), ottenendo risultati (...) distorti o distorcenti (...) È comunque sulla motivazione al cambiamento che è consigliabile concentrare
gli sforzi (...): ciò significa (...) soprattutto indagare i motivi di soddisfazione e insoddisfazione lavorativa all'interno del contesto
attuale (...) È dubbio che una tale apertura possa verificarsi nei confronti di chi – esponente della direzione del personale – potrebbe
un giorno utilizzare le informazioni ricevute per altri fini inerenti alla valutazione del soggetto (...) o per altre azioni (...) In Italia (...)
anche l'outplacement rischia di essere maneggiato superficialmente.
Lord Jim (J. Conrad)
L’intera regione marittima non parlava d’altro (…) Gente del tutto esterna si accostava familiarmente, tanto da sollevarsi la mente
parlando del soggetto. Ogni miserabile poltrone della città ha raccolto una messe di bibite grazie a questo affare (…) Vi era dello
sdegno, non pochi scherzi.
C. G. Jung
Pensare è molto difficile, per questo la maggior parte della gente giudica.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
Tutte le volte che nel passato l’aveva osservata gli era parsa un essere fiero, esaltato, impaurito, superbo e irritato. Circondata in
piazza dovette farsi strada a colpi di frusta. Le beghine le impedivano di entrare in chiesa. Seguita, si mise a correre come una folle
(…) È lei la stessa di cui tutta la contrada racconta l’incredibile storia? Questa ragazza dal sorriso di bambina, dallo sguardo limpido,
franco, leale?

L’esclusa (L. Pirandello)
Due signori sotto l’ombrello guardavano ** e lui: L’uno terreo in volto e con piglio fosco, l’altro più alto, magro, straniero all’aspetto
e con un’espressione scioccamente derisoria negli occhi chiari (…) Ma che volevano da lei tutti costoro? (…) La persecuzione
ancora, da lontano. Calunnie ancora e villanie.

Fermo e Lucia, Capitolo II, 6 (A. Manzoni)
I ragazzi le facevano mille versacci (…) nessuno le parlava, nessuno voglio dire della gente come si deve, perché i cattivi se le
avvicinavano per la via con una familiarità come se le fossero sempre stati amici e, fino, a parlare con poca riverenza, i birri la
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salutavano ridendo, e le gettavano parole da non dire. Poveretta! Di tratto in tratto pareva più lieta che non fosse mai stata, ma le
lagrime che spargeva in segreto!

La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
In cambio del suo aiuto non riceveva da nessuno alcuna gratitudine (…) I ragazzini la seguivano (…) e anche quelli beneficati da lei
la tormentavano.

Jane Eyre (C. Bronte)
“Insegnanti e ragazze, vedete tutti questa bambina? (...) Nessuna deformità rivela in lei un carattere particolare. Chi potrebbe pensare
che il maligno ha già trovato in lei un suo agente? (...) Questa bambina (...) è una piccola criminale:non un membro del vero gregge,
ma una piccola intrusa inopportuna. Dovete guardarvi da lei, dovete cercare di non assomigliarle; se è necessario evitate la sua
compagnia, escludetela dai vostri giochi, tenetela fuori dalle vostre conversazioni. Voi insegnanti dovete sorvegliarla: tener d'occhio
ogni sua mossa, soppesare le sue parole, valutare le sue azioni, punire il suo corpo (...) è qui per essere risanata come gli antichi ebrei
mandavano i loro malati alle ribollenti acque di Bethesda; insegnati, direttrice, vi prego di non permettere che le acque ristagnino
intorno a lei (...) Fatela stare ancora mezz'ora su quello sgabello e non lasciate che alcuno le parli per il resto della giornata.”

Il mulino sulla Floss (G. Eliot)
L’idea di poter ritrovare la felicità non balenava più, nemmeno per un momento (…) Ed era così indicibilmente, così morbosamente
stanca! (…) Ogni sguardo ostile era una pena (…) Ma ecco s’accorse che stava per passare accanto ad un gruppo di signori (…) e
non poté fare a meno di vedere il giovane ** (…) che le lanciava un saluto con l’aria disinvolta che avrebbe potuto dedicare a
qualche cameriera di caffè sua intima (…) Può venire da chiunque; il più grossolano, il più crudele, il più brutale monello dell’angolo
di strada (…) Le persone più incapaci di un travaglio di coscienza (…) sono proprio quelle che più probabilmente rifuggiranno non
potendo credere al travaglio di *** (…) Antipatica l’avevano trovata sempre; adesso la trovavano astuta e orgogliosa (…) Anche
nell’ipotesi che richiedeva la maggiore dose di buona fede: cioè che nessuna delle cose dette sul conto di *** fosse vera, tuttavia
quelle cose dal momento che erano dette, la mettevano in un certo odore da farla respingere (…) dalla società. Prendere *** per
mano e dirle: “Non voglio credere del male di voi senza le prove” (…) avrebbe richiesto coraggio, profonda compassione,
conoscenza di se stessi, generosa fiducia: avrebbe richiesto uno spirito che non gustasse l’acredine della maldicenza, che non si
sentisse inorgoglito nel condannare, che non si ubriacasse di grandi paroloni fino a credere che la vita possa avere una finalità morale
(…) senza che si debba lottare per una piena verità (…) Le signore di St. Ogg’s non erano frastornate da vaste concezioni
speculative; ma avevano un’astrazione prediletta, chiamata la Società, che serviva a mettere le loro coscienze perfettamente in pace
quando dovevano fare ciò che appagava il loro egoismo: pensare e dire le peggiori cose di ***: e volgerle le spalle (…)
Probabilmente anche St. Ogg’s aveva la sua equa proporzione di bontà, come qualunque altra piccola città (…) ma (…) dobbiamo
aspettarci di trovare della timidezza nella maggior parte delle donne buone: tanta timidezza da farle persino sospettare della giustizia
dei loro impulsi migliori, allorché questi le mettano in minoranza (…) Ogni apparenza di male (…) sempre dipende dalla media degli
spiriti circostanti. Quando questi spiriti sono bassi e grossolani, l’area di tale “apparenza” risulta estesa in proporzione.

Il castello( F. Kafka)
Colpevole o innocente, ella (…) ha attirato il disonore sul villaggio (…) e la punirono, anche se non con la legge (…) Non eravamo
in questione noi, ma il fatto in sé (…) Gli altri non volevano sentirne parlare, (…) o pensarci (…) Se avessimo dimostrato col nostro
contegno di aver superato l’accaduto in un modo o nell’altro, (…) tutto sarebbe tornato come prima (…) Invece (…) era ben naturale
che discutessimo della cosa rigirandola da ogni parte, (…) sempre più prigionieri della cosa da cui volevamo fuggire (…) Gli altri si
accorsero che non avevamo la forza di districarci da quella storia e ce l’imputarono a colpa. Capivano la gravità della nostra sorte
(…) Sapevano che forse non avrebbero superato la prova meglio di noi, ma appunto perciò trovavano necessario tagliare ogni legame
con noi (…) Non parlavano più di noi come esseri umani, il nome dalla nostra famiglia non fu più pronunciato, (…) perfino la nostra
casa acquistò una cattiva fama (…) e quando qualcuno ricominciò a mettere piede in casa nostra, arricciò il naso per cose di nessuna
importanza, per esempio perché la lucerna era appesa sopra la tavola. E dove mai si doveva metterla se non là? Ma la gente trovava
che era inammissibile. Se però le cambiavamo di posto, continuavano a manifestare la loro disapprovazione. Tutto ciò che eravamo e
facevamo incontrava lo stesso disprezzo.

Saggio sulla violenza (W. Sofsky)
Si giustificano le crudeltà verso il capro espiatorio in base agli effetti naturali di quelle stesse crudeltà.

Avere o essere (E. Fromm)
L’aspirazione a vivere in unione con altri ha radici nelle condizioni di esistenza specifiche e caratteristiche della specie umana (…)
Gli esseri umani hanno più paura di essere messi al bando che non, a volte, della morte.

Psicologia della comunicazione (P. Di Giovanni)
L'influenza normativa da parte dei gruppi (...) induce l'individuo a conformarsi alle aspettative che gli altri hanno nei suoi confronti
(...) per evitare reazioni repressive (...) o pensando che verosimilmente la maggioranza ha ragione, (...) anche quando non è così (...)
Ciò accade anche se non c'è motivo di temere ritorsioni successive, (...) cioè quando ci si trova tra perfetti estranei (...) A volte si
segue quella che Chaiken chiama euristica del consenso ("se tutti la pensano così è vero") (...) Inoltre, per il fenomeno di
polarizzazione, qualunque sia la discussione, i gruppi si (...) spostano verso uno dei poli estremi (...) per le conferme ricevute (...) o
per stanchezza (...) In generale in un gruppo il dissenziente spesso viene ignorato o è oggetto di comportamenti repressivi (...) e di
ritorsioni a distanza (...) Quando poi l'esigenza di evitare i dissensi e di salvare la coesione prevale su quella di capire come stanno
veramente le cose, si afferma un pensiero condiviso che unisce i membri del gruppo, ma è illusorio e può sfociare in gravi errori di
giudizio o decisioni disastrose (...) secondo la teoria del groupthink (...) specie se c'è un leader impositivo e (...) se il gruppo è
piuttosto isolato o sotto stress (...) Gran parte della comunicazione è automatica. Ci sono però passaggi che richiedono attenzione,
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come interpretare un atto di cortesia scortese o rendersi conto che si è in un vicolo cieco dell'interdipendenza cognitiva (vedute
inconciliabili compromettono l'aiuto reciproco nel costruire ognuno la propria visione del mondo e il benessere della relazione) o che
si sta sprofondando in un groupthink (...) Inoltre spesso i comuni biases (...) e difetti di sintonia (...) ci fanno commettere errori di
inferenza (...) riguardo ai significati impliciti da afferrare presenti in ogni comunicazione (...) La sintonia è indispensabile nella
comunicazione (...) e, se non si è sintonizzati, il ricevente arriva a conclusioni sbagliate, perché non ha in mente le stesse cose che ha
in mente l'emittente (...) E in generale non possiamo correggere malintesi e (...) comunicazioni inefficaci (...) se attribuiamo male la
causa di essi (...) Quando poi una comunicazione non perfettamente riuscita (miscommunication) è coperta anche da ideologia (...)
distorcente, può facilmente passare inosservata, (...) Solo se si mette in discussione l'ideologia, (...) certe disfunzioni sono percepite
(...) Vi rientrano quelle che mantengono disuguaglianze sociali.
Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
Tutti si lamentano della propria memoria; nessuno si lagna del proprio giudizio (…) La meschinità di spirito fa l’ostinazione; non
crediamo facilmente a ciò che è al di là della nostra vista (…) Accade per certe buone qualità come per i sensi: chi ne è privo non può
vederle né capirle (…) Troviamo poca gente di buon senso all’infuori di quelli che sono del nostro parere (…) Gli intelletti mediocri
condannano di solito tutto ciò che oltrepassa la loro portata (…) La facilità a credere il male senza esaminarlo abbastanza è oggetto di
orgoglio e di pigrizia. Si vogliono dei colpevoli, senza prendere cura di esaminare i delitti.

Frammenti (Eraclito)
I cani abbaiano a quelli che non conoscono.

Dialogo del reggimento di Firenze (F. Guicciardini)
El popolo, va alla grossa, non discerne né pesa sottilmente le cose, però con facilità è ingannato da chi si ingegna parere buono; pensa
ciascuno agli esercizi suoi, né fa diligenza di informarsi del vivere di questo e di quello; però non gli sono note le opere particolari di
ognuno; (…) facilmente si appiccherà e sarà creduta una infamia adosso a uno che non la meriti, come uno bene di uno che sia
l’opposito. Da non pensare alle cose e non ne tenere conto diligente nasce la delusione, perché ancora che uno si porti male in uno
magistrato e in modo che sia noto, nondimanco si dimentica presto (…) La ignoranza è cieca, confusa e senza termine e regola e però
dice el proverbio che spesso è meglio avere a fare col maligno che co’ l’ignorante (…) Le calunnie sono detestabili, ma tanto naturale
in una città libera, che è difficile e forse impossibile el lavarle; perché quando nasce uno carico falso contro a uno cittadino, che può
nascere per malignità di chi ne è autore e anche per errore, come si può provedere che non si allarghi nella moltitudine, la quale è più
inclinata al male che al bene? E anche non mancano molti che per odio o per invidia fomentino questi rumori (…) Però in ogni
popolo libero fue e sarà sempre abbondanza di calunniatori.

http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri
L'ostracismo è un fenomeno tipicamente mafioso. Peraltro l'ostracismo, ciclico o assoluto, compare in molte descrizioni delle società
primitive. L'ostracismo generale è cosa assai seria (...), tenendo conto che in tali situazioni capita di venire aggrediti molto spesso per
i pretesti più diversi e anche per motivi del tutto opposti fra loro da persone diverse e a volte dallo stesso individuo (...), perché il
disprezzo generale non è che mera decisione e pertanto non ha bisogno di fondarsi e è privo di riferimenti, così la vittima diventa
l'equivalente di uno spazio vuoto dove tutti sono tentati - e molti convinti - a gettare sassi. (…) La maggioranza non vuole rinunciare
a sognare che “la vita è bella” e al piacere di sfogare istinti violenti senza conseguenze e quasi nessuno vuole faticare o correre rischi
per un estraneo nemmeno fornendogli informazione scritta e anonima della semplicità di pochi indirizzi internet (…) Si deve
aspettarsi di tutto, dal continuo spiare e importunare dei condòmini agli attacchi dei passanti per strada o in negozi, Poste,
biblioteche, Comune, bar e soprattutto nei mezzi di trasporto pubblici, dalla negligenza e dagli altri abusi gravi di medici agli abusi di
potenziali o provvisori datori di lavoro, del personale di agenzie di lavoro interinale, ecc. (…) Un esempio tipico è che si venga da
molti considerati pretenziosi e maniaci dell'estetica a causa della necessità obiettiva di uniformare il proprio aspetto alle convenzioni
per sentirsi più a proprio agio tra le critiche generali (…) Altre cose che si prestano ad essere fraintese in modo simile sono l'impulso
a parlare spesso e senza veli di sé e di problemi sociali comuni e quello a migliorare, impulsi naturali e ovviamente particolarmente
forti in coloro nei quali l'altrui repressione ha acuito il bisogno di autoaffermazione. Certamente si verrà considerati intolleranti della
della libertà e della privacy altrui da chi usa la propria libertà per privare altri della propria con la reclusione immotivata e la tortura
(...) è poi frequente che si venga giudicati da alcuni a caccia di compassione o di aiuto – magari proprio per le conseguenze visibili
dell’impossibilità di risolvere i problemi in un momento, come se conoscenze precise e alcune altre condizioni non fossero necessarie
sia per superare i problemi sia per nasconderne agli altri le conseguenze vistose fastidiose (dall’abbigliamento inadeguato ad alcune
debolezze) – e che si sia considerati da altri invece disperati di ottenere comprensione da chiunque per atteggiamento "negativo" o
noncuranti di ricevere essa come ogni approvazione a causa di un'indifferenza innata per le opinioni della maggioranza; c'è poi chi
accuserà l'altruismo (...) come qualità ridicola e infantile e chi (...) presumerà indifferenza (…) a caso o per via del modo di
esprimersi "diverso" tipico di molte persone deboli o eccentriche (...) Se a volte di fronte ad altri non riuscirete a trattenere il pianto la
gente dirà che siete dei bravissimi attori o dei pazzi; se piangerete troppo a lungo in casa diranno che siete eccessivi e capricciosi
come bambini o che non avete riguardo per coinquilini o condomini, e ciò mentre saltuari pianti isterici nei violenti di cui siete stati o
siete la vittima verranno considerati espressione di sofferenza profonda (…) ; se poi reagirete con forza e maturità la gente dirà che
non state soffrendo affatto né avete mai realmente sofferto e che non c’è quindi motivo di credere che abbiate alle spalle realmente
una lunga serie di abusi, malattie, ecc. Ogni vostro gesto di esasperazione innocuo oppure sbagliato quanto mai compiuto prima dei
vostri recenti traumi e ogni vostra legittima difesa (...) scatenerà reazioni molto aggressive quasi generali (…) Se sentirete il bisogno
di evadere e lasciarvi andare, come moltissime persone fanno ubriacandosi a volte, non potrete e ogni vostro atto e parola
ridicolizzabile o sfruttabile per diffamarvi verrà usato. Se vi siete sposati con l'unica persona che vi ha aiutato a sopravvivere e siete
donne si dirà che siete puttane e parassite e lo si farebbe anche qualora con il partner non aveste rapporti sessuali, non riceveste da lui
informazioni e molto denaro e aveste con lui anzi un rapporto di aiuto reciproco (ciò almeno o soprattutto se non potete lavorare a
causa dell'ostracismo stesso e/o di malattie cronicizzatesi o che non potete curare); se non fate sesso e il vostro partner ha bisogno
piuttosto del vostro consiglio e del vostro affetto si userà ciò per dipingere o voi come nevrotiche affette da vaginismo o il vostro
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matrimonio come il gioco di due bambinoni tardi (…) ; potete dare quasi per scontato che i genitori del vostro fidanzato/a o coniuge
tenteranno di farvi separare (…) e al partner che lo volesse basterebbe farvi internare in manicomio prendendo a pretesto le vostre
affermazioni sulle violenze subite e non documentate, i sintomi derivanti da costituzione o da malattie organiche o funzionali simili a
manifestazioni nevrotiche che vi impediscono di lavorare, il dolore e reazioni violente in casa conseguenze tipiche di gravi abusi, ecc.
(...) e anzi questo è ed è sempre stato il mezzo per divorziare più spiccio e più economico. Ogni vostra qualità (…) verrà negata o
trasformata in difetto: chi ha letto fin dall'adolescenza e legge ancora molti classici di storia, letteratura e psicologia verrà identificato
con quegli individui negli artigli della psichatria, che riempiono il tempo leggendo a caso anche un libro al giorno; chi per sbloccare
l'emotività scrive in privato scempiaggini in un periodo di forte stress verrà giudicato solo da esse quanto a capacità anche se
contemporaneamente ha dato prova di capacità ben diverse in esami universitari, discussioni, ecc.; chi parla con amarezza in casa
propria delle leggi del governo che gli hanno rovinato la vita verrà paragonato a quei pazzi che per strada parlano (...) di quanto è
cattivo il governo e di ciò che tutti dovrebbero fare; chi impiega tempo e commette errori per scrivere una serie di scritti molto
lunghi, originali e complessi (...) verrà giudicato da ciascuna di quelle brutte copie anche qualora i risultati finali dovessero essere
eccellenti. Tenete presente che chi diffama qualcuno gravemente e riesce a scatenargli contro l'ostracismo generale mira sempre –
subito o nel tempo – a privarlo della possibilità di lavorare e ciò sia per costringerlo a svolgere lavori che molti considerano umilianti
e adatti solo a incapaci (pulizie di bagni, ospedali, ecc.) o che lo caricano di odori (aiuto cuoco e simili) sia per spingerlo al suicidio
che spesso consegue alla povertà, sia per usare il fatto che non lavora per ispirare invidia di lui in chi non stravede per il proprio
lavoro o per dipingerlo come un ladro o un parassita, anche come spiegazione dell'ostracismo in atto falsa quanto più adatta ad essere
espressa platealmente e con tutti della vera ragione per danneggiarne l'immagine e farlo soffrire si preferirà ovviamente che ottenga
tali lavori da psichiatri, che infatti “elargiscono” soprattutto proprio tali mansioni alle proprie vittime; si cercherà di controllarlo
mettendolo nell'impossibilità di risparmiare denaro e dimostrare le proprie doti; (...) una delle conseguenze più gravi dell'ostracismo
generale è che se ne sarete vittima non avrete le cure mediche, specialmente se non vi difenderete prontamente con molta
informazione, filmati e avvocati (...)
Non so come l’ostracismo si possa combattere con mezzi diversi dall’autonomia parziale ottenibile con l’informazione raccolta
attraverso Internet (wikipedia, forum, associazioni), saggi utili (libri di self help, testi universitari e liceali, classici di psicanalisi,
storia e al letteratura, ecc.) e altri beni essenziali acquistati online (farmaci, abiti, oggetti di arredamento, ecc.), la possibilità di far
prendere in prestito dei libri da altri in biblioteca, il sostegno economico di un partner o di un familiare, (…) almeno un’amicizia
profonda e salda, il contatto con la natura in luoghi poco affollati (colli e aree montane vicini con laghi, ecc.) e la compagnia del
meglio di Internet visitato con moderazione e senza partecipazione (le precauzioni per mantenere l’anonimato non sempre sono
sufficienti in questi casi).

Il drago come realtà (S. De Mari)
Il diverso è colui che ha seguìto le regole apprese e ugualmente viene punito con l’allontanamento dal gruppo (…) Se una nazione
subisce un atto coloniale, sono i suoi abitanti che diventano il diverso (…) Per il diverso il mondo non è prevedibile, come non lo è
per il figlio di una cattiva madre (…) Ma sono le nostre sconfitte, i nostri difetti, le nostre malattie che ci rendono forti e in grado di
resistere (…) Per questo i diversi sono da sempre invisi a tutte le dittature (…) L’elenco dei giusti (…) è molto povero di primi della
classe.

Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes)
Avete con la famiglia magari un rapporto solo genetico (…) Non è la vostra vera famiglia (…) Restiamo schiacciate quando la
famiglia (…) insiste per farci piegare sui nostri difetti invece di percepire la crudeltà che ci turbina attorno, all’interno della psiche o
fuori nella cultura (…) Cerchiamo di essere magari gentili quando invece dovremmo essere consapevoli (…) Ma il premio previsto
per la gentilezza nell’oppressione è a volte un trattamento anche peggiore (…) Vassilissa, come noi, non può svilupparsi restando tra
chi fa di lei il cavastivali di tutti (…) Donne cresciute senza una buona madre (…) spesso si lamentano: “Non ne posso più di badare
a me stessa” (…) Ma ci troviamo espulse da un comodo angolino, (…) perché qualcosa ci attende al di là ed è il nostro fato (…) Se
avete tentato di adattarvi a un certo stampo e non ci siete riuscite, probabilmente avete avuto fortuna (…) L’esiliata è allontanata da
tutti e nel contempo è sospinta proprio nelle braccia della sua vera pelle (…) Non è mai un errore cercare ciò di cui si ha necessità.
Mai. C’è qualcosa di utile in queste torsioni e tensioni: qualcosa si è temprato (…) Non è una situazione auspicabile, ma molti sono i
doni dell’esilio (…) Rimuove i piagnucolii, consente un’acuta introspezione, intensifica l’intuito (…) concede (…) la prospettiva che
l’insider non potrebbe mai ottenere, (…) fa desiderare ardentemente (…) una cultura adatta e (…) induce la donna a continuare a
cercare e, se non riesce a trovare la cultura che la incoraggia, decide di costruirsela da sé (…) Vi dicono che siete un’individualista,
(…) che un anticonformista è veleno per la società. Ma nei secoli è stato dimostrato che (…) restare ai margini (…) è dare un
contributo utile (…) Siate gentili, ma non ascoltate i consigli dei miopi (…) Le anatre sono anatre, e i cigni sono cigni (…) Se vi
hanno dato dell’insolente, dell’incorreggibile (…) siete sulla buona strada.
…………………
……………………...........
…….…………………………………………………………………………………………
ABUSI DEI GENITORI

Nicholas Nickleby (C. Dickens)
"Silenzio! (...) Le sento venire!" V'era un barlume di coscienza nella vergogna e nella paura di quest'atto frettoloso che, in un breve
attimo, ruppe il sottile involucro di ipocrisia che copriva il crudele disegno e lo rivelò nudo in tutta la sua bassezza e la sua spietata
deformità (...) Ma l'effetto fu breve com'era stato improvviso (...) Anche ammesso che il padre amasse la figlia al massimo delle sue
capacità, egli amava se stesso molto di più (...) - "Egli già cerca d'ingannare se stesso (...) e cerca di far credere che tende al bene di
lei, non al proprio. Sta rappresentando una parte virtuosa e s'è mostrato sollecito e affettuoso, tanto che ho visto nella figlia una
lacrima di sorpresa. Fra poco vi saranno altre lacrime di sorpresa, benché di specie diversa". (...)
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- "Tanti cadono nell'errore di accusare la natura di cose che non la riguardano affatto e delle quali non è minimamente responsabile.
Gli uomini parlano della natura come di una cosa astratta e intanto perdono di vista ciò che è naturale. Ecco un povero ragazzo che
non ha mai sentito intorno a sé la sollecitudine di un parente (...) Se la natura mettesse nel petto del ragazzo anche soltanto un unico
segreto impulso che lo spingesse verso il padre e lo staccasse da voi, essa sarebbe stupida e bugiarda (...) Genitori che non
mostrarono mai il loro amore si lagnano di mancanza di affetto naturale nei loro figli, (...) legislatori, trovando genitori e figli che non
hanno mai avuto abbastanza sole per sviluppare i loro affetti, fanno la voce grossa moraleggiando (...) Gli affetti naturali e gli istinti
(...) devono essere coltivati e amati, altrimenti è più che naturale che si oscurino interamente e che nuovi sentimenti usurpino il loro
posto, come accade alle più belle opere della terra che, se trascurate, sono soffocate dalle erbacce e dai rovi".

La ragazza senza mani (J. e W. Grimm)
“Bimba mia, se non ti mozzo tutte e due le mani, il Diavolo mi porta via” (…) – “Padre caro”, rispose la figliola, “fate di me quello
che volete, io sono roba vostra”.

Albero e foglia (Tolkien)
Chesterton osservò una volta che i bambini vogliono storie col Giudizio universale,poiché “i bambini sono innocenti e amano la
giustizia,mentre la maggior parte di noi è malvagia e naturalmente preferisce il perdono”. In merito Lang aveva le idee confuse (…)
È tutt’altro che chiaro (…) che trapassare un nano con una spada sia più giusto della esecuzione di re cattivi o perfide matrigne, cose
da cui Lang rifugge. Lui i criminali li manda (e se ne vanta) in pensione con cospicui vitalizi. Questa è pietà non temperata da
giustizia. Vero è che la sua arringa era rivolta, non già ai bambini, bensì ai genitori e ai tutori.

Saggio Della collera (de Montaigne)
Plutarco è ammirevole in tutto (…) Si vedano le cose che dice (…) a proposito della grande ingenuità che manifestiamo nel lasciare i
fanciulli affidati alla guida dei loro padri. La maggior parte dei nostri governi, come dice Aristotele, lasciano a ognuno il governo
delle mogli e dei figli, secondo la propria folle e sconsiderata fantasia; e quasi soltanto quello spartano e quello cretese hanno affidato
alle leggi l’educazione dell’infanzia. Chi non vede che in uno Stato tutto dipende dal’educazione e dalla formazione di essa? E
tuttavia, senza alcun discernimento, la si lascia alla mercè di genitori, per quanto stolti e malvagi possano essere. Fra l’altro quante
volte mi ha presola voglia, passando per le nostre strade, di giocare qualche brutto tiro, per vendicare dei ragazzetti che vedevo
spellare, picchiare e pestare da qualche padre o madre infuriati (…) E la nostra giustizia non ne tiene conto,come se (…) non
riguardassero membri del nostro Stato (…) Questa non è correzione, ma vendetta (…) Nessuno esiterebbe a punire il giudice che, per
la collera, avesse condannato un criminale.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Durante il nazismo, il pedagogista tedesco Schieber ebbe due figli maschi, uno morto suicida e l'altro morto psicopatico in
manicomio (...) Fu autore della teoria secondo cui non bisogna tenere in braccio il bambino, neanche lattante (...) e insisteva sulle
punizioni (...) per insegnare a non mentire e disubbidire mai (...) Molti bambini tedeschi, sotto l'influsso della sua "pedagogia nera",
sono morti di blocco cardiaco in quanto venivano costretti a correre da istruttori privi di preparazione medica, (...) altri di polmonite e
tubercolosi per la spartana necessità di stare esposti al freddo.
La lotta con l'ombra in Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung). In questa citazione ho tralasciato molto e non ho
segnalato i punti in cui ho omesso parole e frasi e non ho rispettato l'ordine di frasi e periodi.
La sensazione dell'individuo di essere debole può venire compensata inconsciamente dall'emergere di desideri di potere e ordine e
sogni ricchi di volenza, ma la maggioranza non sa comprendere, integrare, queste compensazioni dell'inconscio, che così favoriscono
asservimento allo Stato e totalitarismo; inoltre ciò che scompare dal proprio inventario psicologico affiora facilmente nelle vesti di un
vicino ostile. È impensabile la pace, perché gli istinti bellicosi non sono estirpabili dall'uomo. La pace è inquietante, poiché prepara la
guerra. Ma l'unica lotta per cui valga la pena di impegnarsi è la lotta contro la volontà di potenza dell'"Ombra" personale.
Avere o essere (E. Fromm)
Molti dei mali delle attuali società capitalistiche e comuniste scompariranno con l’introduzione di un reddito minimo annuo garantito
(…) Gli esseri umani hanno un incondizionato diritto a vivere, indipendentemente dal fatto che compiano o meno il loro “dovere
verso la società”. È un diritto che concediamo ai nostri animali domestici, non però ai nostri simili. Una prescrizione del genere avrà
per effetto di dilatare enormemente l’ambito della libertà personale; nessuno che sia economicamente dipendente da altri (da un
genitore, da un marito, da un capo) sarebbe più sottoposto al ricatto di venir lasciato morire di fame; individui dotati, che vogliono
cominciare una nuova vita, potrebbero farlo a patto che siano disposti a sobbarcarsi al sacrificio di vivere, per un certo periodo, in
relativa povertà (…) Il reddito minimo garantito assicurerebbe reale libertà e indipendenza, per tale motivo, esso è inaccettabile per
ogni sistema basato sullo sfruttamento e il controllo, soprattutto per le varie forme di dittatura.

Voce “Lobotomia” (Wikipedia)
A Howard Dully venne praticata una lobotomia all'età di dodici anni perché la sua matrigna dichiarò che aveva paura di lui. Lo stesso
Dully ha detto: «Mi sono sempre sentito diverso, mi chiedo se manca qualcosa nella mia anima. Non ho memoria dell'operazione»
(…) Helen Mortenson di diciassette anni come risultato ebbe un'emorragia cerebrale e morì dopo l'operazione.
Commento online di L. de Mango Le terapie folli: come riconoscere terapeuti e pseudoterapeuti su Psicoterapie folli: conoscerle
e difendersi di M. T. Singer e J. Lalich, a cura di P. Michielan
A una bambina di 10 anni, Candace Newmaker, alla quale è stato diagnosticato un disturbo reattivo di attaccamento poiché la sua
madre adottiva ne riferiva problemi comportamentali a casa, nonostante a scuola invece non fosse stato rilevato alcun sintomo.
Quattro persone (per un totale di 300 kg.) si sono sedute a cavalcioni sulla piccola, che pesava 31 kg., imballata in una coperta e
bloccata; le sue lacrime e il suo scalciare sono stati interpretati come crisi di ira ed ignorati. (...) Fu assassinata (...) dalla madre
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adottiva.
Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
Nella stessa settimana si è visto un chirurgo suicidarsi perché dichiarato colpevole di pratiche abortive e un padre, che aveva battuto
il figlio fin quasi ad ammazzarlo, condannato a tre mesi con la condizionale. Recentemente un padre ha lasciato morire il figlio di
crup, per mancanza di cure; una madre si è rifiutata di chiamare un medico al capezzale della figlia, in nome del suo abbandono
incondizionato alla volontà divina: al cimitero, dei ragazzi le hanno scagliato dei sassi; ma poiché qualche giornalista aveva
manifestato il suo sdegno, una schiera di gente “onesta” si è levata a protestare che i bambini appartengono ai genitori e che qualsiasi
controllo estraneo è inaccettabile. “C’è oggi un milione di bambini in pericolo “ dice il giornale Ce Soir” (…) È una delle grandi
verità che la psicanalisi ha rivelato il pericolo che costituiscono per il bambino i genitori “normali”. I complessi, le ossessioni, le
nevrosi di cui soffrono gli adulti (…) sono la compagnia meno desiderabile per il bambino (…) E questa misera catena si perpetuerà
all’infinito (…) Sarebbe desiderabile che il bambino fosse affidato ai genitori infinitamente meno di quanto non càpiti normalmente,
che i suoi studi, le sue distrazioni, si svolgessero in mezzo ad altri bambini, sotto il controllo di adulti che abbiano con lui soltanto
legami impersonali e puri (…) In una società organizzata in modo giusto (…) il bambino è in gran parte affidato alla collettività (…)
A Sparta spesso bambine sane, non solo i neonati malconformati, venivano uccise appena nate. (1949)

Il drago come realtà (S. De Mari)
Tanto più il gruppo sembra indifferente, tanto più ci danneremo per non restarne esclusi, in modo da non perdere le briciole, così
subiremo angherie e riti di iniziazione umilianti, dolorosi, pericolosi e insensati. Subiamo questi gruppi nello stesso modo in cui (...)
subiamo i genitori che causano malattie: (...) tanto meno i genitori lo amano infatti, tanto più (...) forte sarà l'attaccamento del
bambino a loro e la fedeltà dei bambini ai loro aguzzini è straordinaria.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
I dati attuali documentano l'esistenza di conseguenze a livello fisico e di salute mentale dell'abuso infantile fisico, sessuale, emotivo e
riguardante la trascuratezza (...) È associato a incrementi futuri dei livelli degli indici di infiammazione quali la proteina C-reattiva
(CPR), il fibrinogeno e le chitochine proinfiammatorie. Rappresenta un riscontro fondato l'associazione del maltrattamento infantile
rilevando uno stato elevato degli indici di infiammazione in età adulta (...) Le conseguenze a lungo termine portano a un aumentato
rischio di numerose malattie fisiche (...) tra cui cardiopatia ischemica, disturbi epatici, broncopneumopatia ostruttiva cronica, morte
fetale e fratture scheletriche (...) con anomalie alle immagini dell'MRI (...) Anche questi effetti neurobiologici mèdiano i sintomi
comportamentali e psicologici come l'aumento di aggressività e di reattività autonomica, la depressione e i problemi di memoria (...)
Esperienze terrificanti nell'infanzia pervadono l'amigdala e fanno in modo che i circuiti della memoria siano particolarmente attenti
agli stimoli minacciosi, a spese dei circuiti del linguaggio e di altre capacità accademiche (...) Se le espressioni emotive di un
bambino sono costantemente contraccambiate, alcuni circuiti emotivi sono rafforzati, (...) ma ad esempio una bambina la cui madre
ripetutamente non rispecchiava il proprio livello di eccitamento, da adulta è diventata estremamente passiva, incapace di un fremito o
di un sentimento di gioia (...) Il bambino si attacca ai genitori se malato, affamato o in punizione. Se è rifiutato dai genitori o li teme,
l'attaccamento può aumentare (...) Le violenze sessuali aggravano l'effetto distruttivo dei maltrattamenti sulla personalità ma non
sono necessarie per raggiungere questo risultato. Dopo lunghi maltrattamenti anche adulti regrediscono e (...) possono arrivare a
idealizzare i persecutori (...) Un soggetto esposto a uno shock a cui non può sfuggire impara più difficilmente a sfuggire a uno shock
con un comportamento nuovo (...) forse perché impara l'indipendenza delle proprie azioni e dell'esito (...) Ciò modula l'essere fonte di
stress degli eventi e il loro impatto negativo (...) Ricevere contingenze strumentali (...) porta a imparare qualcosa circa la
controllabilità degli esiti (...) In età evolutiva bisogna possibilmente scegliere sempre una figura non punitiva, specialmente se
sensibile alle esigenze del bambino.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Per Platone l’educazione dei figli era troppo importante per essere affidata al singolo individuo: toccava allo Stato assumersi la
responsabilità di educare i bambini (…) Platone voleva abolire la famiglia per i reggitori dello Stato e per i guardiani.

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Nel Codice Civile è prescritto l'obbligo di prestare gli alimenti (vitto e alloggio). Quest'obbligazione deriva dal vincolo di parentela
(coniuge, figli o discendenti, genitori o ascendenti, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle) (...) L'obbligo alimentare è espressione
di una società in cui era diffuso il modello della famiglia patriarcale in cui l'assistenza pubblica era inesistente o nulla (...) Oggi (...)
quelle norme non devono essere interpretate e applicate nel senso di trasferire sulle famiglie oneri e compiti che ricadono in una
responsabilità pubblica. Tale esigenza trova un preciso riscontro di carattere processuale: non è data possibilità all'ente erogatore di
assistenza di chiamare in giudizio i parenti tenuti agli alimenti per sentirli condannare all'adempimento della prestazione nei confronti
del congiunto povero. Si tratta di un rapporto privato.
Rivista Io donna (autunno 2021)
Nella sentenza numero 18785 depositata il 2 luglio 2021 la Corte di Cassazione stabilisce che i genitori possono rifiutarsi di
mantenere i figli che hanno compiuto 18 anni, se non sono autonomi economicamente per "negligenza, inettitudine o trascuratezza".
Concorso DSGA. Manuale completo per tutte le prove 2018 (P. Boccia)
I membri di una famiglia tradizionale potevano contare, in caso di bisogno, su una moltitudine di parenti (...) Nella famiglia nucleare
quando qualcuno si ammala o incontra difficoltà in qualsiasi campo, l'intero nucleo familiare, non potendo contare sulla
collaborazione di tutta la parentela, entra in grave stato di malessere e immagina che sia più sopportabile sfuggire alle responsabilità
(...) Alcuni dicono che in Italia le cose nella sanità vanno male.
http://www.slideshare.com/guida-alla.salute-nel-contesto-italiano
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Credo che in particolare sia importante sfogliare i libri citati di Ferrario, Fioritti, Celi, Allegri e Bastianoni, i capitoli su malpractice,
pregiudizi, psicofarmaci e terapie implicanti stimolazione elettrica dei Sadock, le pagine della cronaca e quelle scritte anche da
medici di forum e associazioni di malati riguardanti i ritardi di anni nella diagnosi di molte malattie anche per niente rare e il testo
citato sul volontariato: sono davvero letture fondamentali secondo me. Si può trovarvi spunto di riflessione o notizia su quanto segue:
(…) il fatto che la legislazione che impedisce di denunciare i medici per la maggior parte dei loro abusi e il grande ritardo frequente e
anzi tipico nelle diagnosi di molte malattie fisiche anche non rare comportano anche che la legge che permette ai genitori, fratelli,
ecc. di non mantenere un diciottenne né lavoratore né studente permette nella pratica di uccidere persone anche giovanissime e
peraltro perfino quando malate proprio a causa delle decisioni dei familiari in merito alla loro alimentazione, a spiegazioni, esami e
cure delle loro malattie e anomalie congenite e di patologie conseguenti ad esse o all’incuria, alla loro protezione dai criminali e da
eccessi di violenza anche in casa, ecc.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Dopo la separazione dal marito, ci sono stati momenti in cui la madre e il figlio Daniele hanno letteralmente sofferto la fame (...)
L'ex marito (...) il padre di Edoardo (...) non passa mai alla signora la cifra stabilita nei modi stabiliti: quando ritarda nei pagamenti,
quando dice che è stato un mese difficile e decide di ridurre la quota, quando trova un pretesto per una litigata furiosa e si rende
irreperibile per una settimana.
Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
La genitorialità non consiste solo nell'aver concepito e procreato, ma anche nella capacità di instaurare con il bambino rapporti
formativi costanti e prolungati nel tempo: inoltre, in caso di conflitti d'interesse tra minore e adulto prevalgono quelli del primo, in
quanto persona in formazione (...) Si parla di famiglie con patologie quelle dove i genitori hanno disturbi psichiatrici o
comportamenti devianti come trascuratezza, maltrattamenti, abusi (...) Tra il 1986 e il 1996 in Italia molti maltrattamenti in famiglia o
verso fanciulli sono passati da 2.225 a 2.290 e i casi di violenza carnale da 1.983 a 3.304 (...) I suicidi di minori sono passati da 11,16
a 23,02 su un milione .
Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
Un ragazzo povero ha poca speranza in più di quanta ne aveva il figlio di uno schiavo della antica Atene di riuscire a emanciparsi per
raggiungere quella libertà intellettuale dalla quale nascono le grandi opere.

I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Il gusto per le torture dei bambini (…) è comune a molte persone (…) È la mancanza di difesa di quelle creature che seduce il
torturatore, la fiducia angelica dei bambini, che non sanno dove andare e a chi rivolgersi (…) Quella bambina di cinque anni fu
sottoposta a sevizie di ogni genere da parte dei colti genitori (…) Ed ecco che un gentiluomo molto colto e istruito, e la sua signora
picchiano la loro figlioletta di sette anni con la verga (…) un minuto, cinque, dieci, sempre di più (…) La faccenda arriva in tribunale
(…) L’avvocato protesta in difesa del suo cliente “è un caso così semplice, un fatto di tutti i giorni”. La giuria (…) emette un giudizio
favorevole al padre. Il pubblico esplode in ovazioni perché il torturatore è stato scagionato.

Scritto di Guglielmo Ferrero contenuto in un libro di C. G. Jung
È credenza diffusa (…) che la psicologia dell’umanità cambi di secolo in secolo come la moda o la letteratura. L’uomo non cambia
così rapidamente, la sua psicologia resta in fondo la stessa. E se la sua cultura varia di molto da un’epoca all’altra, nemmeno questo
muterà il funzionamento del suo spirito. Le leggi fondamentali dello spirito restano le stesse, per lo meno per i periodi storici a noi
noti. Inoltre tutti i fenomeni anche i più strani devono poter essere spiegati attraverso quelle leggi comuni dello spirito la cui esistenza
possiamo verificare in noi stessi.

Pagina online con intervento di Anna Maria Bernardini De Pace
C’è una forma di violenza molto sottile. È la crudeltà di chi, dicendo che ci vuole bene, ci sminuisce fino a farci credere di non valere
niente, ci maltratta, ci manipola e ci impedisce di vivere (…) Conflitti sommersi, feroci cattiverie e violenze morali su figli anche
piccolissimi (…) sono frequenti nelle famiglie “per bene” e non solo in quelle ai margini del contesto sociale (…) e nonostante la
polverosa retorica sulla dolcezza della figura materna.

Lo sviluppo della personalità (Jung)
I figli di queste madri hanno spesso l’importanza di bambole (…) e per di più ciò avviene sotto la maschera di una dedizione
altruistica alla bimba (…) In realtà alla bimba non viene data neanche una briciola di vero amore. (…) Bisognerebbe curare la madre
(…) o almeno mettere la figlia in condizione di essere in grado di tenerle testa.

Il drago come realtà (S. De Mari)
L'eccesso di competitività familiare si ha quando la madre compete con la figlia perchè deve essere la più bella del reame (...) E
allora ci sono situazioni strane: la ragazzina che è continuamente aggredita da mammma comincia a decidere di pesare trenta chili o
centoquaranta (...) Ma i genitori hanno già avuto il loro momento.
Il mondo incantato (B. Bettlheim)
Alle madri narcisiste è impossibile voler bene (...) Le madri di questo tipo mettono sempre il loro interesse davanti a quello del figlio.
L’autostima nei bambini (F. Frascarolo-Moutinot)
Contrariamente a una concezione molto diffusa dell’amore, preoccuparsi per l’altro non è una dimostrazione d’affetto! È soltanto
l’espressione di diverse paure, spesso legate a una mancanza di fiducia in se stessi, nell’altro o nella vita in generale.

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Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
L’amore materno nelle donne non ha niente di naturale: appunto per questo ci sono delle cattive madri. Solo gli animali hanno
l'istinto materno.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Molte relazioni danno l’impressione di essere rapporti d’amore, per esempio quelle con i bambini o tra i cosiddetti innamorati. Ma in
realtà si tratta spesso di rapporti di tipo meramente narcisistico: la madre che ama i suoi figli ama in realtà se stessa, poiché i figli
sono i suoi. La donna che ama il marito può farlo per lo stesso motivo. Non è necessariamente così, però è molto frequente.

Avere o essere (E. Fromm)
L’autorità razionale si fonda sulla competenza, e aiuta a crescere coloro che a essa s’appoggiano. L’autorità irrazionale si basa sul
potere e serve a sfruttare la persona che a essa è asservita (…) Qualora l’amore sia vissuto secondo la modalità dell’avere, esso
implica limitazione, prigionia, ovvero controllo dell’oggetto che si “ama” (…) Ciò che la gente definisce amore è per lo più un abuso
del termine, volto a nascondere la realtà della loro incapacità ad amare. Quanti sono i genitori che amano davvero i propri figli, è un
problema tuttora apertissimo. Lloyd de Mause ha fatto rilevare che, durante i due trascorsi millenni della storia occidentale, tante e
così sconvolgenti sono le testimonianze di crudeltà nei confronti di bambini, dalla tortura fisica alla psichica, di incuria, di mera
possessività e di sadismo, da indurre a credere che i genitori amorevoli siano l’eccezione anziché la regola.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Le simpatie di Freud andavano dunque ai governanti, all’establishment (…) In sostanza Freud era convinto che il bambino fosse
colpevole, non i genitori (…) Colpa e responsabilità sono sempre del bambino. E nelle sue fantasie egli non solo è incestuoso, ma
mira anche a uccidere il padre e a violentare la madre. Per Freud il bambino è un piccolo criminale. Questa concezione freudiana dal
bambino va compresa in senso dinamico come una conseguenza della difesa dei genitori e dell’autorità (…) L’”amore dei genitori” è
una delle più grandi finzioni che mai siano state inventate (…) I figli (…) vengono considerati una proprietà (…) È possibile ferire in
molti modi, magari senza rendersene conto: si ferisce l’amor proprio, l’orgoglio e la considerazione di sé, spesso a un bambino
estremamente sensibile e intelligente si dà a intendere di essere stupido e sciocco (…) Si fa il possibile per soffocare la loro fiducia in
se stessi e per reprimere il loro senso di dignità e di libertà (…) Freud ha fatto degli psicoanalisti i difensori dei genitori. Ma l’analista
dovrebbe avere una visione obiettiva delle cose e quindi mettere sotto accusa anche i genitori.

I persuasori occulti (V. Packard)
Weiss, direttore dell’agenzia pubblicitaria Weiss e Geller (…) affermò che (…) il senso di responsabilità, socialmente
commendevole, non è sempre il principale e reale desiderio del cliente potenziale (…) Ciò che veramente attrae un uomo,
nell’assicurazione a vita, accertarono gli psicologi, è l’implicita “prospettiva di immortalità attraverso il perpetuarsi della sua
influenza (…) In parecchi casi (…) il soggetto desidera l’immortalità per poter controllare la famiglia anche dopo la morte (…)
dominare, determinare il tenore di vita (…) e l’educazione dei figli molti anni dopo la propria scomparsa (…) Voleva essere (…) lui,
e lui solo, l’eroe (…) che nutre, conforta e governa.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Ognuno è invasato dalla preformazione umana specifica ed esercita a sua volta, senza esserne cosciente, lo stesso effetto su quanti lo
circondano (…) Molti individui si identificano con l’archetipo, per esempio con la patria potestas o con l’ape regina (…) e quanto più
lo fanno, tanto più nevrotici diventeranno (…) La nevrosi è il risultato degli influssi caratteriologici dei genitori sui figli (…) L’anima
infantile è spesso paragonata a una cera molle (…) Le prime impressioni infantili accompagnano costantemente l’uomo (…) È
un’esperienza comune che scoppino dei conflitti tra la personalità formata dall’educazione e dalle altre influenze dell’ambiente
infantile e il vero e proprio orientamento individuale nella vita. Di questo conflitto cadono preda tutte le persone destinate a condurre
una vita autonoma e creativa (…) Esistono genitori che, a causa del loro comportamento contraddittorio, trattano i figli in modo
talmente insensato che la malattia dei bambini appare inevitabile (…) I bambini nevrotici, sotto influssi più sani, (…) spesso
guariscono molto meglio che a casa anche senza nessun trattamento medico. Esistono moltissimi nevrotici che erano chiaramente tali
già da bambini (…) Alcuni nevrotici si liberano poco per volta tra continue lotte (…) e altri si ribellano e conquistano la libertà per
venire più tardi respinti sul vecchio sentiero (…) Nessuno ha il diritto di obiettare che questi infelici non sono altro che nevrotici o
“degenerati”. Se noi uomini normali esaminiamo bene la nostra vita, vediamo anche noi che una mano potente ci conduce
infallibilmente verso certi eventi e non sempre questa mano si può definire benevola (…) Inoltre il rapporto con i genitori è il canale
infantile per eccellenza in cui rifluisce la libido degli anni successivi (…) quando ci ritraiamo da un ostacolo troppo grande.
Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Di norma i figli ereditano e fanno proprio tutto ciò che i genitori avrebbero potuto vivere se non se lo fossero impedito con
motivazioni fittizie (...) e ad avere le conseguenze più gravi è la finta inconsapevolezza dei genitori. Per esempio nel caso di una
madre che rifiuti di prendere coscienza di sé per non rovinare le buone apparenze.
Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
Uno sdoppiamento del volere umano (…) è presente sempre e da per tutto e (…) è indispensabile alla coordinazione (…) Un deficit
anormale tra le tendenze opposte genera però resistenza (…) in grado di produrre quella regressione che può essere il punto di
partenza di un disturbo psichico (…) Per la lotta della vita è necessaria tutta la libido, (…) lacerare tutti i legami sentimentali con
l’infanzia, con il padre e con la madre, (…) obbedire all’appello del proprio destino. Alla libido protesa in avanti (…) si oppone (…)
una resistenza psichica che (…) si manifesta nella nevrosi con ogni sorta di timori (…) Quanto più l’uomo rifugge dal lavoro che
comporta l’adattamento alla realtà, tanto più grande diviene la paura che insidia il suo cammino drizzandogli per ogni dove ostacoli
sempre più numerosi. La paura del mondo e degli uomini cagiona, in un circolo vizioso, un’accentuata regressione che riporta
all’infantilismo (…) La paura della vita non è un fantasma immaginario, ma un vero panico: (…) l’uomo istintivo, (…) la parte
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giovane e in via di sviluppo della personalità, cui viene impedito di vivere (…), genera paura e si trasforma in paura (…) Per il
continuo indietreggiare di fronte alla realtà è tagliato fuori dalla vita (…) Non è possibile vivere troppo a lungo nell’ambiente della
propria fanciullezza o in seno alla famiglia senza che ciò costituisca una certo pericolo per la salute dello spirito.
Nevrosi e fattori etiologici dell'infanzia, Fantasie dell'inconscio e Un caso di nevrosi in una bambina in freud e la psicanalisi (C.
G. Jung). In questa citazione ho tralasciato molto e non ho segnalato i punti in cui ho omesso parole e frasi e non ho rispettato
l'ordine di frasi e periodi.
In varie fantasie involontarie il nevrotico rivela un desiderio di fuga dalla realtà; c'è in esse qualcosa che ora maschera difficoltà reali,
ora esagera delle piccolezze. Un regolare fenomeno concomitante è il complesso parentale. Se l'energia psichica (la libido) non viene
o non può venire pienamente utilizzata per il lavoro di adattamento alla realtà e la vita è oziosa o priva di iniziative, c'è introversione
e coazione e la libido ristagna, diventa autonoma, regredisce, si volge all'oggetto a portata di mano e alle fantasie infantili e causa
costrizioni, paure eccessive, angosce, dipendenze ossessive, ricordi vivaci, preoccupaziojne per cose che da tempo non dovrebbero
essere più importanti o anche accumulo di atti mancati, dimenticanze e lapsus o maggiore efficacia delle fantasie produttrici di
sintomi fisici. L'informazione illumina sulle reali possibilità e posizione e libera l'energia psichica rimasta intrappolata, portando ad
assumere un atteggiamento critico e obiettivo verso i desideri e un impiego utile di essa. Durante la guarigione i sogni, anche quando
non ben compresi a livello cosciente, possono diminuire le paure e apportare una maggiore sicurezza nei sentimenti.
Da un programma radiofonico
Nelle famiglie spesso mancano quelle linee divisorie indispensabili alla convivenza e alla crescita dei figli: gli spazi privati,
fisicamente e interiormente, devono essere sempre ben delimitati e rispettati.

Zibaldone (G. Leopardi)
Quel vecchio che non ha presente né futuro, non è privo perciò di vita. Se non è stato mai uomo, non ha bisogno se non di quel
nonnulla che gli somministra la sua situazione, e tutto gli basta per vivere. Se è stato uomo, ha un passato, e vive in quello (…) Ma il
giovane senza presente né futuro (…) dev’essere infelicissimo e disperato, mancare affatto di vita, e spaventarsi e inorridire della sua
sorte e del futuro. Il giovane non ha passato. Tutto quello che ne ha, non serve altro che ad attristarlo (…) Tanto maggiore è il senso
di morte (…) quanto la sua vita interiore è più energica (…) Una certa forza d’animo (…) tutta s’impiega in consolidare e fargli
sentire profondamente e ostinatamente il suo male (…) I suoi desideri e passioni sono più ardenti (…) non solo assolutamente per
l’età, ma anche (…) per non avere avuto ancora di che cibarsi (…) Non può esser disingannato nell’intimo (…) quando anche lo sia
(…) la sua ragione. Il suo futuro è (…) lunghissimo, e (…) fa orrore, massime paragonandolo con quel poco che ha avuto tanta pena
a passare. Il giovane a questa considerazione si spaventa e dispera eccessivamente (…) Il giovane prova disperazioni mortali,
considerando che (…) gli sarà inutile la sua unica esistenza (…) Nelle estreme sventure tutte le altre età ammettono la consolazione.

Silas Marner (G. Eliot)
Il padre era un uomo spietato: prendeva decisioni in preda a una collera violenta ma non si lasciava smuovere da esse anche dopo
l’ira s’era placata in lui (…) Come molti individui violenti e implacabili, permetteva che i mali si ingrandissero, favoriti dalla sua
stessa noncuranza, finché questi gli si addossavano sopra con forza esasperante; allora si ribellava con una severità feroce e diventava
spietatamente inflessibile.

Giorni felici in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Il valore consisteva nel vincere (…) La vita si svolgeva secondo schemi gerarchici e tutto ciò che accadeva era giusto (…)Non avevo
soldi, non ero forte, ero brutto, antipatico, soffrivo di tosse cronica, ero vigliacco, puzzavo (…) Non ero certo simpatico. St. Cyprian
non aveva tardato a rendermi antipatico, anche se non lo ero stato prima. Ma la coscienza che un ragazzo ha dei suoi difetti non è
determinata dai fatti. (…) Continuai a lungo a credere di essere afflitto da una mostruosa bruttezza. Così m’avevano assicurato i miei
compagni di scuola e io non potevo riferirmi ad altre autorità (…)
Parte della mia infelicità si deve ascrivere al fatto che, d’inverno, a partire dai dieci anni, non mi sentii mai bene (…) Avevo bronchi
malati e una lesione a un polmone, che non fu scoperta se non molti anni più tardi. (…) Soffrivo di tosse cronica e correre costituiva
un tormento. Ma in quei giorni il respiro ansimante veniva considerato o semplice immaginazione o un disordine morale (…) il che
l[o] rendeva al tempo stesso ripugnante e biasimevole (…) È incredibile il grado (…) di squallore e negligenza che veniva
considerato naturale (…) Ricordo come fossero neglette la salute e l’igiene (…) Nessuno pensava alla necessità di mantenere
l’intestino regolare (…) Un ragazzino di otto, nove anni non si mantiene necessariamente pulito se non c’è qualcuno che lo sorveglia
(…) Non si aveva la possibilità di proteggersi neppure dalle più brutali prepotenze (…)
I ragazzi (…) ritengono che la disgrazia sia un’onta che dev’essere celata a ogni costo (…)
Un bambino, che magari sembra abbastanza felice, può in realtà soffrire in modo atroce per motivi che non sa o non vuole rivelare
(…) Pensate per esempio al tormento ingiustificato che gli adulti infliggono a un bambino mandandolo a scuola con abiti di un
modello sbagliato (…) Davanti a fatti del genere un bambino (…) la maggior parte delle volte si limiterà a celare il duo risentimento.
Non rivelare le vere reazioni a un adulto sembra un gesto istintivo a partire dai sette, otto anni (…)
Il bimbo e l’adulto vivono in mondi diversi (…) Si sarà visto che la radice prima delle mie sofferenze era la completa mancanza di
ogni senso di proporzione o verosimiglianza. Questo mi induceva ad accettare soperchierie, a credere in assurdità, a soffrire tormenti
per cose che, in realtà, non avevano alcuna importanza. E non basta dire che ero sciocco e che avrei dovuto essere un po’ più furbo.
Riandate alla vostra fanciullezza e vedrete in quante sciocchezze avete creduto, quali inezie sono state capaci di farvi soffrire.
Naturalmente il mio caso aveva le sue caratteristiche personali, ma in fondo era simile a quello di tanti altri ragazzi. La debolezza di
un ragazzo è costituita dal fatto che comincia con una pagina bianca. Non capisce, non nutre dubbi sulla società in cui vive e gli altri
approfittano della sua credulità, lo avvelenano con un senso di inferiorità e gli inculcano il timore di violare misteriose e terribili
leggi (…)
Dai primi passi (…) avevo imparato che si può sbagliare senza volerlo, e poco dopo imparai che si può sbagliare senza nemmeno
scoprire che cosa si è fatto o perché ciò che si è fatto è sbagliato (…)
52

Provai un più profondo dolore (…) tipico dei bambini e che non è facile definire: un senso di desolata solitudine e di impotenza nel
trovarmi imprigionato in un mondo non solo ostile, ma costituito da azioni che erano buone o malvagie in base a norme che mi era
assolutamente impossibile osservare (…)
Io non criticavo le norme stabilite, perché non (…) scorgevo altre regole (…)
Non capii che, in quel caso, il debole ha il diritto di elaborare una nuova serie di leggi perché (…) vivevo in un mondo di ragazzi,
animali gregari, che non chiedono il perché di nulla, accettano la legge del più forte e vendicano le loro umiliazioni tiranneggiando
qualcuno più piccolo e più debole (…)
Ci consigliavano di essere al tempo stesso cristiani e di avere successo nel mondo senza badare all’implicita contraddizione. A
quell’epoca io non mi accorgevo che gli ideali che ci venivano proposti si annullavano tra loro (…)
Quanto sia difficile per un bambino assumere una vera indipendenza di atteggiamento può essere capito dal nostro modo di
comportarci nei riguardi di **. Credo che si possa affermare che ogni ragazzo della scuola la odiava e la temeva. Eppure tutti la
corteggiavano nel modo più abietto (…) e con una specie di devozione commista con un senso di colpa (…)
Il senso di colpa e di inevitabile fallimento era controbilanciato (…) dall’istinto di sopravvivenza (…)
Si aveva l’impressione che, nel fondo del cuore, si trovasse un altro io incorruttibile, il quale sapeva che, qualunque cosa si facesse,
(…) il vero sentimento di ciascuno non era che odio (…)
Avvertivo intimamente l’impossibilità di accettare quelle regole. Sempre, in fondo al cuore, il mio vero io reagiva per indicare la
differenza tra l’obbligo morale e la realtà psicologica (…)
Lo stesso capitava nel campo degli affetti privati. Ciò che si doveva provare era abitualmente abbastanza chiaro, ma l’emozione
adatta non poteva prodursi a comando (…) Si doveva amare il proprio padre; ma io sapevo benissimo che provavo antipatia per mio
padre.

IL DIVENTARE ADULTI E IL CORAGGIO
Lettera al padre (F. Kafka)
Per me tu hai assunto i tratti enigmatici caratteristici di tutti i tiranni, il cui diritto è fondato sulla loro persona, non sul ragionamento
(…) Su tutti i pensieri apparentemente indipendenti da te gravava sin dal principio il tuo giudizio sfavorevole; era quasi impossibile
reggere questa situazione, sino al momento in cui il pensiero era stato elaborato in modo compiuto e durevole. (…) Bastava essere
felici, entusiasti di qualcosa e parlarne, e la risposta che tu davi era un sospiro ironico (…) per via della tua indole incline ad
accentuare i contrasti (…) Le tue parole colpivano in profondità, poiché si legavano a te (…) e allora il coraggio, la decisione, la
fiducia, la gioia per questa o quella cosa non avevano in me la forza di resistere sino alla fine (…) Mi è sempre risultata
incomprensibile la tua totale mancanza di sensibilità per il dolore e la vergogna che potevi procurarmi con le tue parole e i tuoi
giudizi (…) Di fronte a te, si era completamente indifesi (…) Non rispettavi i precetti che m’imponevi (…) Io ero lo schiavo,
sottoposto a leggi inventate solo per me, e che per di più – senza sapere perché – non riuscivo mai a rispettare interamente. (…) Io
vivevo di continuo nella vergogna, sia che eseguissi i tuoi ordini, sia che mi opponessi, sia che non riuscissi a starti dietro (…) Di
questo terribile processo pendente tra me e te (…) tu ti poni sempre come giudice (…) Tu non riesci a parlare in modo pacato di una
cosa su cui non sei d’accordo, o che semplicemente non parte da te; il tuo temperamento dispotico non lo consente (…)
L’impossibilità di un rapporto tranquillo ha avuto anche un’altra conseguenza, in fondo pienamente naturale: ho disimparato a
parlare. (…) Alla fine ho taciuto, inizialmente per ostinazione, poi perché di fronte a te non riuscivo né a pensare né a parlare. E dato
che tu eri il mio vero educatore, tutto ciò si è ripercosso su ogni aspetto della mia vita (…) Quando incontravo gli altri, non potevo
essere improvvisamente diverso (…) Se ti avessi seguito meno, saresti sicuramente molto più soddisfatto di me (…) L’indifferenza
(…) e l’immaginazione (…) erano l’unica difesa contro il logoramento dei nervi procacciato dalla paura e dal senso di colpa. (…)
Probabilmente, per indole non sono pigro, ma per me non c’era niente da fare. Nei posti in cui ho vissuto ero rimproverato, giudicato,
sconfitto; e sicuramente facevo sforzi enormi per fuggire altrove, ma non era fattibile (…) Fu dunque in simili condizioni che fui
lasciato libero di scegliere una professione. Ma ero ancora capace di far uso di una simile libertà? Mi sentivo ancora in grado di
affrontare una vera professione? (…) Tu avevi sempre soffocato (…) la mia capacità di decidere (…) Osavo muovermi solo quando ti
ero talmente distante che il tuo potere non mi raggiungeva più, almeno direttamente (…) Alle Assicurazioni non sopportavo i
rimproveri (…): a essi ero troppo dolorosamente sensibile sin dalle esperienze avute nell’ambiente familiare (…) Altro dovevo fare
che laurearmi per approdare a una scrivania d’impiegato (…) E ti pareva nuovamente che tutto volesse “contraddirti”, mentre in
realtà era solo la conseguenza naturale della tua forza e della mia debolezza (…) Il dispendio di collera e di cattiveria appariva
sproporzionato (…) Si era convinti che un pretesto si sarebbe comunque trovato (…) e si diventava bambini scontrosi, disattenti,
disubbidienti, sempre intenti a fuggire, perlopiù dentro di sé (…) Così ho perso la fiducia nelle mie azioni. Ero incostante e pieno di
dubbi. E più avanzavo negli anni, più aumentava il materiale che tu potevi produrre per dimostrare la mia pochezza di valore (…) Tu
hai solo rafforzato quanto c’era già, ma l’hai rafforzato notevolmente, proprio perché esercitavi un grande potere su di me, e l’hai
utilizzato tutto a quello scopo (…) Essendo (…) un figlio diseredato, naturalmente mi divenne incerto anche ciò che mi era più
vicino, il mio corpo. (…) Osservavo con stupore, quasi fosse un miracolo, ciò che ancora mi restava, per esempio la mia buona
digestione (…) e bastò questo per perderla, e così fu spianata la strada per ogni sorta di ipocondria, e malessere, (…) finché, sotto lo
sforzo umano del volermi sposare, (…) non arrivò il sangue ai polmoni (…) I miei tentativi di sposarmi sono stati il (…) tentativo di
sottrarmi a te (…) Riunite tutte le energie positive di cui disponevo, (…) in quei tentativi si accumulavano, addirittura con rabbia,
tutte le energie negative (…) Mia sorella è l’unico esempio di evasione (…) È quasi incredibile che tu, in fondo, non abbia notato
quel cambiamento, o che perlomeno non le abbia dato il giusto valore, tanto sei accecato dal rancore che hai sempre avuto e in fondo
continui ad avere verso di lei (…) Era talmente goffa, fiacca, fifona, svogliata, pervasa dai sensi di colpa, servile, infingarda, pigra,
golosa e avara! Io non potevo quasi guardarla, e tanto meno parlarle; mi ricordava troppo me stesso, era altrettanto vittima della
stessa malìa dell’educazione. Mi ripugnava soprattutto la sua avarizia, dato che la mia era, se possibile, ancora maggiore della sua.
L’avarizia è uno dei sintomi più sicura di una profonda infelicità; ero così incerto su tutto, che possedevo veramente soltanto quello
che tenevo già fra le mani o in bocca (…) Tutto è cambiato quando lei, ancora molto giovane (ed è questo ciò che più conta), se ne
andò via di casa, si sposò, ebbe dei figli, divenne allegra, spensierata, coraggiosa, generosa, altruista, piena di speranza.

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Cronache del mondo emerso (L. Troisi)
Così aveva deciso suo padre (…) Una fine sciocca per una vita inutile (...) No, non andrà così (...) In quei mesi aveva scoperto che
c’era un’alternativa (...) Era deciso. Non avrebbe rinunciato senza lottare a tutto ciò che aveva conquistato. Questa volta per niente al
mondo sarebbe scappato (…)
Se ne andò senza neppure passare nella sua stanza a prendere le sue cose e non volle mai più vedere suo padre (…)
In attesa di un riconoscimento (...) distolse lo sguardo solo quando gli si concesse un sorriso (...) Poi (...) la sua voce non fu più
cristallina come prima, (...) ma la voce di un uomo: “Voglio essere padrone del mio destino. Ho pagato per la mia scelta. Nella vita è
così”. Sorrise e si allontanò.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Quando un individuo rimane attaccato alla madre, la vita che avrebbe dovuto vivere trascorre in forma di fantasie (…) e la libido si
introverte e regredisce. Il malato adulto sente e vede il contrasto tra passato e presente e cerca, per quanto possibile, di adattarsi.
Forse crede di essere completamente adattato in quanto intellettualmente si rende ben conto delle situazioni, ma ciò non impedisce
che il sentimento rimanga molto arretrato rispetto al giudizio intellettuale (…) È esperienza di ogni giorno che i nostri affetti non
sono mai all’altezza della nostra ragione. Così succede anche al malato, con un’intensità assai superiore (…) Ma egli non sospetta di
non avere ancora veramente rinunciato a certe pretese infantili, di nascondere nei suoi recessi attese e illusioni delle quali non ha mai
avuto piena coscienza. Egli segue ogni sorta di fantasie (…), speranze, pregiudizi ecc. di natura affettiva (…), che forse raramente
sono sufficientemente coscienti perché egli sappia di possederle (…) Anche se la maggior parte delle fantasie sono state per un
momento coscienti come pensieri fuggitivi, tuttavia non si può per questo chiamarle “coscienti” (…) Si possono definire inconsce
(…) La libido, rimasta intrappolata in questi meandri fantasmatici, viene resa di nuovo utilizzabile quando, grazie all’analisi, viene
liberata dal peso di fantasie infantili ed errate (…)
È importante anche abbandonare l’ambiente familiare e (…) adeguarsi agli umili compiti quotidiani ai fini di evitare e contrastare le
nevrosi (…) Se l’individuo permette consciamente o inconsciamente che la libido sfugga a un certo compito necessario, la libido non
impiegata (o rimossa) provoca ogni genere di incidenti esteriori e interiori e sintomi di ogni tipo che opprimono penosamente
l’individuo.

Avere o essere (E. Fromm)
Tutte le intuizioni alle quali si perverrà in tal modo non caveranno un ragno dal buco finché l’individuo continuerà a trovarsi nella
stessa situazione pratica in cui viveva prima di giungere a comprendersi. Un semplice esempio varrà a chiarire meglio quanto s’è
detto: una donna la cui sofferenza abbia radici nel suo stato di dipendenza dal padre, per quanto si renda conto delle cause profonde
della dipendenza stessa, non muterà davvero a meno che non muti la propria pratica di vita, per esempio separandosi dal padre (…)
Se uno sta per affogare, conoscere la legge di gravità non gli impedirà comunque di andare a fondo (…) Che cosa si può fare per
liberarsi dalla propria disastrata situazione? In che modo si potrebbe agire diversamente? Come far uso di quel tanto di libertà di cui
ancora si dispone? (…) E questa domanda non dipende dall’età, dal fatto di avere cinquant’anni, oppure settanta. Ho avuto una
paziente che, a settant’anni, con la psicoanalisi ha cambiato tutta la sua vita (…) Finché ci chiediamo soltanto per quale motivo siamo
diventati così, non sappiamo ancora chi siamo.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Si comincia a crescere solo quando si diventa liberi. Il processo di emancipazione comincia da se stessi e dalla liberazione dai
genitori. Questo è fuor di dubbio (…) Si può senz’altro amare persino coloro che ci hanno fatto del male, sempre che l’abbiano fatto
senza rendersene conto. Ci sono genitori ai quali non è proprio possibile voler bene (…) Nell’Introduzione a Per la critica della
filosofia del diritto di Hegel Marx dice una cosa che potrebbe essere anche il motto della psicoanalisi: “L’esigenza di abbandonare le
illusioni sulla [propria] condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”.

La principessa sposa (W. Goldman)
Non riuscivo a farmelo andare giù (...) Non funzionava (...) Incominciò allora a rodermi uno scontento, che si creò un rifugio sicuro
dentro di me (...) Nessuno me lo spiegò finché non diventai un ragazzo (...) Il mio amico Ed mi aveva appena battuto al gioco del
volàno e (...) mi aveva detto: "non preoccuparti, la prossima volta vincerai (...) o mi batterai in qualcos'altro" (...) e sua madre allora
mi disse: "Non siamo certi che andrà così, lo sai (...) La vita non è giusta. Quando diciamo il contrario ai nostri figli, facciamo un
grosso errore: è una bugia crudele" (...) "No", ripetei io con forza, "ha ragione, non è giusta" (...) Aveva significato molto per me
sentirlo dire e liberarmene (...) Era quello che cercavo di far quadrare senza riuscirci (...) C'è del brutto in arrivo (...) Siate pronti (...)
Dimenticate le stupidaggini che vi hanno rifilato (...) La vita non è giusta, è solo più decente della morte, tutto qui.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
L’istinto di vita (…) si sviluppa se sono presenti le condizioni adatte alla vita (…) La condizione più importante perché si sviluppi
l’amore per la vita nel bambino è che egli stia con gente che ama la vita (…) L’amore per la vita (…) si esprime più nei gesti che
nelle idee, nel tono della voce più che nelle parole. Lo si può osservare in tutto l’insieme di una persona o di un gruppo, più che nei
princìpi espliciti e nelle norme secondo cui si organizza la vita: (…) il caldo contatto con gli altri durante l’infanzia; la libertà e
l’assenza di minacce; (…) la guida all’ “arte di vivere”; (…) un modo di vita che sia autenticamente interessante (…) Favorisce lo
sviluppo della necrofilia: crescere tra gente che ama la morte; mancanza di stimoli; paura, condizioni che fanno della vita una routine
priva d’interesse; un ordine meccanico invece di un ordine determinato da rapporti diretti e umani tra la gente (…) Fintanto che la
maggior parte dell’energia dell’uomo viene assorbita dalla difesa, (…) l’amore per la vita deve essere compreso (…) Il bimbo (…)
non può dipendere dalle proprie risorse, ha bisogno d’amore e di cura che non dipendono da nessuno dei suoi meriti (…) Un bambino
comincia a vivere confidando nella bontà, nell’amore, nella giustizia (…) Questa fiducia può essere fiducia nel padre, nella madre
(…) o in qualche altra persona (…) Può esprimersi come fede in Dio. In molti (…) questa fede viene distrutta in età precoce. Il
bambino (…) è infelice o impaurito, e nessuno dei due genitori (…) lo rileva, o quando lo facesse (…) non gli presterebbe attenzione
(…) Ma non fa molta differenza che sia la fede in una persona o in Dio ad essere scossa. È sempre la fede nella vita, nella possibilità
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di confidare in essa, di fidarsene, che viene infranta. È vero (…) che ogni bambino passa attraverso molte delusioni; ma quel che
conta è la gravità e l’acutezza di una delusione particolare (…) Sovente il crollo finale della fede avviene (…) per il tradimento di un
amico, (…) di un maestro (…) Una serie di piccole esperienze (…) accumulandosi, scuotono la fede di una persona (…) In molti casi
il risultato è che la persona rimane scettica, spera in un miracolo che riaffermi la sua fede, mette alla prova la gente e, se ne è delusa,
cerca altrove, oppure si getta nelle braccia di una potente autorità (la Chiesa, o un partito politico, o un leader) per riguadagnare la
fede. Spesso (…) insegue (…) denaro (…) o prestigio (…) La persona profondamente delusa e disingannata può anche cominciare ad
odiare la vita (…) Questa distruttività fa parte della disperazione (…) Lo stesso vale per la vita sociale, dove i leaders nei quali si è
creduto, si dimostrano malvagi o incompetenti. Se la reazione non è quella di una maggiore indipendenza, essa è spesso quella del
cinismo o della distruttività (…) Uno può però reagire cessando di dipendere dalla persona particolare che lo ha deluso, divenendo
più indipendente e riuscendo a trovare nuovi amici e maestri, o persone amate nelle quali crede e di cui ha fiducia (…)
Non il bimbo soltanto è impotente e desidera la certezza; l’adulto in molti casi non lo è di meno (…) Conosce le forze naturali e
sociali che non può controllare, gli eventi che non può prevedere (…) Eppure l’uomo sa (…) di dover fare assegnamento sui propri
sforzi, e di poter ricevere solo dal pieno sviluppo delle sue facoltà una discreta forza e coraggio.

http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Per quanto riguarda gli incontri negativi – e a volte capaci di condizionare pesantemente la vita intera – fatti dai figli per caso solo in
apparenza e in realtà attirati dai genitori e altri familiari, bisogna specificare ulteriormente: a volte gli individui negativi "attirati"
fanno gli interessi dei genitori e realizzano un loro desiderio a scapito dei figli, altre volte invece essi giungono come risultato di un
destino creato dall'attivarsi della legge di attrazione in corrispondenza del malessere profondo o della sfiducia tipicamente prodotti da
una famiglia disfunzionale; come riportato anche in due articoli di riviste tra la fine del 2021 e l'inizio dell'anno successivo, questi
rapporti deleteri sono spesso la conseguenza di ciò che Freud chiamava "coazione a ripetere" e che in qualche modo può essere
collegato a ciò che Jung descrive nei capitoli su "Ombra" e su "possessione" dei suoi libri e può essere in parte fatto risalire a reti
neurali che sottendono schemi e copioni di comportamento. Questi schemi e questa forza di attrazione sono creati dal concentrarsi
della mente del figlio su ciò che lo fa soffrire e che non vuole (il modello familiare subìto con dolore) e a cui sofferenza e
risentimento lo incatenano a dispetto della sua volontà cosciente (ciò può cambiare se egli trova il modo di concentrarsi piuttosto sul
tipo di rapporto che vuole, magari anche per aver incontrato coppie che lo incarnano particolarmente). Qualche volta, infine, gli
incontri e i rapporti negativi dipendono da una introiezione del rifiuto subìto dai familiari e dalla conseguente spinta inconscia e
irrazioinale a dimostrare che infatti non si merita amore (anche in questo caso prenderne consapevolezza aiuta).
I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
[Angyal] ha definito la vita un “processo di espansione di sé”, suggerendo che nel processo di crescita “la dinamica generale
dell’organismo si muove in direzione di una maggiore autonomia” (…) Hendryk (1943), osservando la gioia con cui i bambini
scoprono in sé nuove abilità, ha formulato il concetto di “pulsione al controllo” (…) L’attenzione concentrata è lo strumento (…)
Schachtel indica in particolare che una forte pressione del bisogno o dell’ansia inibisce la possibilità di una comprensione attiva, sia
nei bambini sia negli adulti (…) Ho posto l’accento sul bisogno dell’uomo di comprendere il mondo attivamente, e di essere
stimolato (…) Tale orientamento di “relazionalità attiva” è il presupposto della salute psichica.

Avere o essere (E. Fromm)
La tendenza a crescere secondo la propria natura è comune a tutti gli esseri viventi, ragion per cui opponiamo resistenza a ogni
tentativo inteso a impedirci di crescere nei modi prescritti dalla nostra struttura (…) A essere limitata è la libera, spontanea
espressione della volontà (…) [del]la sete di conoscenza, di verità, il (…) desiderio di affetto (…) La ribellione del bambino si
manifesta in molti altri modi: col rifiuto delle regole di educazione alla pulizia; col rifiuto a mangiare oppure ingurgitando un eccesso
di cibo; con l’aggressione e il sadismo e con molte forme di atti autodistruttivi. Sovente la ribellione si manifesta con una sorta di
“sciopero passivo” generale, consistente in disinteresse per il mondo, in pigrizia, passività.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Per definizione il vero trauma è un evento che va oltre la tollerabilità del sistema nervoso (…) Ad avere conseguenze è piuttosto
un’atmosfera costante (…) Un’esperienza si succede all’altra, per cui alla fine si ha un cumulo di eventi stratificati che, un po’ come
succede per le nevrosi di guerra, giungono a un punto di lacerazione provocando nel paziente la malattia (…) Nel caso della paziente
in questione e in altri simili esistono traumatizzazioni analoghe, ma il nucleo della struttura caratteriale non subisce danni seri. Anche
se il quadro esteriore fa pensare a una sofferenza grave, stante l’integrità del nucleo del carattere e la sana costituzione, con l’aiuto di
un trattamento terapeutico è senz’altro possibile guarire la nevrosi reattiva in breve tempo (…) Anche senza la psicanalisi, una
persona può giungere a cambiamenti profondi (…) [Alcuni] videro l’assurdità, l’ingiustizia, l’orrore (…) Quelle persone erano quasi
irriconoscibili. Erano completamente diverse, e questo unicamente sulla base di un’esperienza sconvolgente, a cui seppero reagire
con autonomia. La maggior parte della gente non possiede questa capacità, perché è ormai diventata troppo insensibile (…) Per
accedere all’inconscio non occorre la psicoanalisi, ma soltanto un certo interesse e un certo coraggio per voler davvero arrivare a ciò
che è dentro di noi (…) Prendere coscienza del corpo, e non solo del respiro, ma di tutto il corpo e della sua contrazione, è per me
un’importante integrazione della presa di coscienza psichica (…) La differenza tra una persona repressa e interiormente contratta e
un’altra, interiormente rilassata e che ha eliminato la maggior parte delle sue rimozioni, è rilevabile nel suo atteggiamento corporeo
(…) Quanto più una persona è libera interiormente, tanto più libero sarà anche il suo corpo (…) Attribuirei dunque una maggiore
importanza all’esperienza del Sé in senso psicoanalitico, che si può comunque migliorare con i metodi della percezione e del
rilassamento del corpo, che a loro volta portano a una maggiore autonomia (…)Capire a che punto si è arrivati nel corso della vita,
quali sono le conseguenze di ciò che si fa, quali gli obiettivi essenziali (in genere inconsci), oppure se la vita è senza scopo (…) [il]
motivo per cui, sebbene si abbia dormito abbastanza, il giorno prima ci si sentiva così stanchi. E allora si scopre che magari si aveva
paura, e a quel punto ci si può chiedere perché e scoprire che si era molto irritati. Oppure ci si può domandare perché il giorno prima
si aveva mal di testa (…) È noto che l’emicrania, per esempio, esprime un’irritazione costantemente rimossa e un risentimento
continuo, e mantiene l’interessato in uno stato di tensione. Molte malattie psicosomatiche hanno questa funzione. Durante
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l’autoanalisi non ci si dovrebbe porre delle domande generiche, per esempio che cosa è accaduto nella nostra infanzia, perché le cose
vengono in mente solo ponendosi domande che mirano a scoprire ciò che si prova. Ci si può chiedere che cosa si è provato
incontrando una certa persona (…) E si tratta di sperimentare le proprie sensazioni, non di rifletterci sopra: l’importante è ciò che
realmente si prova. Allora si scopre che in effetti troviamo una certa persona assolutamente insopportabile, o che ne abbiamo paura.
Magari non la ingiuriamo, ma la troviamo simpatica o le sorridiamo nella convinzione che potrebbe esserci utile (…) Si dovrebbe
iniziare in modo semplice e diretto, senza progetti grandiosi né teorie complicate, prendendosi ogni giorno una mezz’ora, e provando
a rivivere ciò che si è vissuto il giorno precedente. A poco a poco scopriremo una quantità di cose (…) Chi tenta e pratica
l’autoanalisi con pazienza (…) svilupperà una certa capacità di tenere le cose per sé, dentro di sé, senza “traboccare” in
continuazione. Tenere un diario sulla propria autoanalisi la rende qualcosa di poco vivo (…) È molto più importante annotare e
conservare i sogni (…) Una percezione subliminale può generare l’intuizione inconscia che una persona nuova rappresenta un
pericolo e provocare un incubo su questa persona per esprimere paura e comunicare questo giudizio alla coscienza (…) Il punto è
solo quali siano i cambiamenti da avviare, di quale intensità e qualità e che non manchino di realismo e non vadano oltre le
possibilità individuali del momento (…) Facendo autoanalisi si eviterà il grande pericolo di arrivare a dipendere dall’analista.

La tecnica di differenziazione tra l'io e le figure dell'inconscio in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Nelle nature nevrotiche (...) c'è quasi sempre notevole unilateralità dell'atteggiamento cosciente: (...) non si riesce ad appoggiarsi a
più di una o magari due funzioni psichiche (pensiero, sensazione, intuito, sentimento),(...) perciò l'inconscio diviene ostile (...) e
nocivo contro ogni saggezza, raziocinio ed energia (...) ** si abbarbicava al suo mondo intellettuale (...) contro ciò che riteneva la
sua malattia, ora invece deve abbandonarsi ada essa, (...) e non nel senso di cedere senza resistenza, ma di fare del malumore, (...)
anche quando si trova in forma di fantasie, (...) il proprio oggetto (...) Non dobbiamo concretare le fantasie e (...) non dobbiamo
prenderle alla lettera; esse non sono la cosa, esse sono la sua espressione (...) Rendendo coscienti le fantasie, (...) la coscienza si
ampia grazie ai contenuti inconsci, (...) l'influenza dominate dell'inconscio viene gradualmente demolita, (...) le funzioni psichiche
cui non è data la preminenza (inconsce) vengono assimilate (...) e avviene così un cambiamento della personalità.
La seconda metà del cap. Anima e Animus e credo il cap. I tentativi di liberazione dell'individualità dalla psiche collettiva in
Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung). Non posso riprendere il testo e nei miei appunti il secondo titolo è ripetuto; comunque
dovrebbe essere esatto se è questo il cap. successivo a quello sulla personalità Mana. In questa citazione ho tralasciato molto e non
ho segnalato i punti in cui ho omesso parole e frasi e non ho rispettato l'ordine di frasi e periodi.
Se vengono intese come simbolo, le fantasie ci offrono l'indicazione di cui avevamo bisogno per proseguire la nostra vita in armonia
con noi stessi. Accostare a esse altre analogie per associazione spontanea cosciente o grazie a conoscenze generali, (...) è un
approccio valido, perché di alto valore vitale e capace di portare realizzazione nella vita, non perché principio razionalisticamente
dimostrabile o giusto. Si tratta di capire cosa porta progresso di vita e seguire quel sentiero finché una chiara indicazione
dell'inconscio indica che si sta in buona fede sbagliando e cioè finché si ha perdita di energia psichica o un entusiasmo smodato o
sogni che indicano unilateralità dell'atteggiamento cosciente. Chi possiede questa fedeltà a se stesso troverà la via per uscire dalla
nevrosi. La fedeltà a se stessi è una funzione morale. Alla fine è il fatto morale a decidere tra salute e malattia. Significa falsa strada,
errore e malattia scostarsi dal presentimento del Sé, come senso intermedio in cui confluiscono le forze contrastanti che agiscono
sulla vita dell'uomo. Chi vi è costretto dai sintomi nevrotici e dai loro effetti su chi ha più vicino, deve integrare i contenuti inconsci
del Sé. Bisogna considerare certi pensieri come fatti naturali, dando attenzione anche a ciò che si dice in uno sfogo affettivo anche se
sembra stravagante, invece di dimenticarlo e sminuirlo, ed evitando di sostenere le opinioni non pensate ma aprioristiche, fisse e
sempre pronte perché fondate solo su premesse inconsce. Si può rivolgersi alla psiche inconscia che produce pensieri, fantasie e
comportamenti dannosi domandando in maniera personale, in modo da agevolare la relazione con essa e tanto più personalmente
questa viene trattata, tanto meglio.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Non emerge quasi mai nella mente di molte persone l'idea che possa essere necessario definire uno spazio, un tempo, un contesto e
una modalità al fine di conversare (...) Il genitore afferma: "Ogni sera ceniamo insieme, se mio figlio ha qualcosa a dirmi..." (...) Il
figlio sente di essere solo e poco compreso da parte di un genitore che non gli offre l'opportunità di un dialogo serio e costruttivo, ma
solo una generica presenza.

L’autostima nei bambini (F. Frascarolo-Moutinot)
Bisogna (…) evitare di spingere il bambino all’autonomia quando non è ancora pronto, per non rischiare che sviluppi un sentimento
di angoscia (…) Sollecitare eccessivamente un bambino può essere scoraggiante se l’obiettivo gli sembra fuori dalla sua portata. Ma
non stimolarlo per niente può essere percepito come un messaggio: “Comunque non ci riuscirai.” (…) L’importante è che rispettiate
vostro figlio tenendo conto del suo sviluppo, del suo modo di fare e di essere (…) Appena nato, il bambino è totalmente dipendente
da chi lo accudisce e la sua fiducia è riposta in voi. Sapere che può contare sul vostro sostegno, che lo proteggete, che non lo
abbandonerete gli permette di sentirsi al sicuro. La stabilità di cui date prova è un elemento essenziale per il suo sviluppo. Se siete
coerenti nel vostro atteggiamento verso di lui, potrà prevedere le vostre reazioni di fronte ai suoi diversi comportamenti. Poter
anticipare le vostre risposte gli darà un senso di controllo che lo renderà sicuro. Viceversa, se siete imprevedibili, il suo mondo gli
sembrerà caotico e incontrollabile. Si sentirà disarmato (…) Sapere che potrà trovare rifugio in voi, che lo consolerete, lo
rassicurerete, lo proteggerete e che può contare su di voi è fondamentale per la sua sicurezza affettiva. Il bambino interiorizzerà
questa sicurezza, la farà sua, e questo favorirà la sua indipendenza (…) L’ottimismo, un elemento fondamentale della fiducia in sé
stessi, è il risultato di un apprendimento (…) Il neonato è in grado di apprendere addirittura prima di nascere (…) Già a tre settimane,
riconosce il modo di fare del padre e quello della madre (…) Nel contempo, impara che può contare su se stesso e su di loro. Un
neonato (…) che piange senza essere consolato si percepirà come impotente e si rappresenterà il mondo come avverso e addirittura
ostile. Il neonato che ha visto i propri bisogni soddisfatti rapidamente e in modo adeguato avrà abbastanza fiducia in sé stesso e nei
suoi genitori per imparare a sopportare a poco a poco le frustrazioni che la vita comporta. Tali apprendimenti, all’inizio non verbali e
nemmeno realmente pensati, sono tuttavia fondamentali. Se il seguito della vita del bambino corrisponde ai primi mesi, queste prime
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“credenze” resteranno in lui radicate. E saranno tanto più difficili da rimettere in discussione e da modificare perché non saranno
nemmeno state formulate verbalmente (…) Il bambino tende a considerarsi responsabile di ciò che gli accade (…) Il senso di
impotenza (…) intaccherà specificamente la sua fiducia in sé stesso: se non posso fare niente, non ho risorse e sono alla mercé degli
altri… (…) È importante ascoltare i suoi sentimenti e le paure che li accompagnano, accettandoli e parlandone insieme (…)“Non
essere triste, non c’è ragione di esserlo”. Questo genere di risposta produce generalmente l’effetto contrario a quello che ci si aspetta.
Il messaggio che il bambino riceve, e che confuta le sue emozioni, gli indica che ha torto a essere come è, e in ogni caso che il suo
modo di essere o di fare non va bene (…) Del resto, se a volte non approviamo le reazioni del bambino (urla di gioia, broncio, grida
di rabbia), possiamo esprimere la nostra disapprovazione sul suo comportamento, ma non sull’emozione che lo determina (…)
Condannare le emozioni di un bambino, equivale, in un certo senso, a lasciargli intendere che è lui a essere inadeguato. Questo
indebolisce la sua fiducia in sé stesso e verosimilmente la sua autostima (…) Incoraggiarlo a volere bene al suo corpo e a prendersene
cura aumenterà la sua fiducia in se stesso. Cominciamo dunque col rispettare anche noi il suo corpo! (…) È importante che il
bambino non interrompa il contatto con le sue emozioni, cosa che potrebbe essere indotto a fare per non entrare in conflitto con noi,
se sistematicamente pretendiamo di sapere meglio di lui ciò che prova (…) Adulti e bambini possiedono gli stessi diritti: pensare
liberamente, imparare, essere ascoltati e rispettati (…) Un figlio merita rispetto. Questo implica un riconoscimento del valore della
sua persona (…) della sua mente, dei suoi sentimenti e dei suoi desideri (…) Se percepisce che state male e voi lo negate, questo può
pregiudicare la sua fiducia in se stesso e in voi. Infatti, il divario tra ciò che il bambino percepisce e le vostre parole può generare
confusione, perché il bambino non sa più se deve credere a ciò che sente (state male, siete tristi o preoccupati) o a ciò che gli dite
(state bene). Se decide di credere alle vostre parole, deve mettere a tacere le sue sensazioni. Quindi non può fidarsi di ciò che sente e
in questo può perdere la fiducia in se stesso. Se sceglie di credere a ciò che percepisce, è in voi e nelle vostre parole che non può più
avere fiducia, il che è ugualmente preoccupante (…) Finirà allora per negare le sue sensazioni e, in questo modo, interromperà il
contatto con le sue emozioni. Oppure dirà a se stesso che sbaglia a provare ciò che prova e metterà in dubbio la sua capacità di
percepire. In entrambi in casi, sarà deleterio per la fiducia in sé stesso (…) Le sgridate e le prese in giro (…) finirebbero soltanto per
accrescere la sua sofferenza e la sua preoccupazione e rischierebbero di spingerlo a interrompere il contatto con le sue emozioni (…)
Con i bambini, soprattutto con i più piccoli, è meglio evitare l’ironia e i doppi sensi. Il loro sviluppo intellettuale, infatti, non li mette
in condizione di comprendere queste sfumature, perciò finiscono per ricevere un duplice messaggio: quello delle parole e quello delle
emozioni che le accompagnano. In questo caso, i due messaggi sono contraddittori e dunque fuorvianti (…) Le parole denigratorie e
svalutanti intaccano l’autostima indebolendo l’immagine che il bambino ha di se stesso e spingendolo a giudicarsi negativamente.
Inoltre, anche senza bisogno di parole, un atteggiamento irrispettoso, una mancanza d’interesse per ciò che il bambino fa, dice e
pensa, un’educazione improntata su un eccessivo controllo o, viceversa, su un esagerato lassismo possono compromettere la sua
fiducia in sé. Infine, una scarsa fiducia dei genitori verso se stessi o verso il bambino può influire negativamente su di lui (…)
Provare vergogna è un sentimento agli antipodi della fiducia in se stessi. Quando mi vergogno, vuol dire che la mia autostima è sotto
i tacchi! Indurre il bambino a provare vergogna, ridicolizzarlo, a maggior ragione in pubblico, può avere degli effetti devastanti sulla
sua fiducia in se stesso. È meglio esprimere in privato la nostra disapprovazione sul comportamento o sull’atteggiamento che gli si
rimprovera, senza sgridarlo genericamente. Allo stesso modo, riferire all’altro genitore, quando torna a casa, tutti i guai combinati dal
bambino in sua assenza, può essere vissuto dal bambino come un’umiliazione (…) I piccoli atti di favoritismo dei genitori non
soltanto acuiscono la rivalità tra fratelli e sorelle, ma indeboliscono decisamente la fiducia del bambino (…) La persona timida manca
di sicurezza e di disinvoltura nei suoi rapporti con gli altri. Questa incertezza indica effettivamente una scarsa fiducia in sé stessi,
tuttavia è importante sottolineare che essa riguarda un ambito specifico, quello delle relazioni sociali. Evitiamo dunque, da un lato, di
etichettare il bambino come timido, rischiando che finisca per considerarsi tale e che rimanga ancorato a questa immagine di sé;
dall’altro, evitiamo di generalizzare questo tratto del carattere estendendolo ad altri e giudicando il bambino timido un bambino
pauroso (…) Una certa presunzione nasconde talvolta il tentativo di mascherare una scarsa autostima in un altro ambito (…) Talvolta
crediamo che la paura sia un buono stimolo per lottare e che, se non temessimo la sconfitta, ci lasceremmo andare e non
combatteremmo più. Ma lottare contro la paura costa molta energia, che potrebbe essere usata in modo più proficuo. Rafforzare il
desiderio di riuscire è più costruttivo e più efficace di mantenere o coltivare la paura del fallimento (…) Avere fiducia nel proprio
figlio non significa pensare che non conoscerà mai degli insuccessi o che non abbia difetti, ma vuol dire credere che, in qualsiasi
circostanza, qualsiasi cosa abbia fatto o sia successa, potrà riprendersi e cavarsela (…) Qualunque sia il livello di fiducia in sé di un
individuo, bambino o adulto, esso può essere modificato.

Dialoghi ininterrotti (P. Bastianoni)
I bambini, specie i più piccoli, (...) non hanno gli stessi strumenti degli adulti (...) e non conoscono nè usano astrazioni per
denominare emozioni e stati d'animo, nè si rendono conto che le loro reazioni sono connesse alla perdita. Inoltre certe emozioni sono
così profonde che non sono accssibili al linguaggio (...) I bambini parlano con il corpo, con il goico, con il disegno (...) Come scrive
De Intinis, "il genitore che è in grado di dare ascolto al figlio e di consentirgli di esprimere i propri sentimenti, lascia aperta per il
bambino la possibilità di continuare il lavoro interno e cioè il processo che consente di mentalizzare il dolore, il ricordo" (...) Libri e
narrazioni possono facilitare la comunicazione e la circolazione delle mozioni più difficili da comunicare (...) L'adulto deve offrire
uno spazio contenitivo, protettivo e dialogante perchè ogni spavento abbia la possibilità di trasformarsi in riflessione (...)
Nulla comunque è peggio della trascuratezza: la mancanza di disciplina rende infelici, privi di riferimenti, perennemente insoddisfatti
(...)
I bambini conquistano maggiori competenze linguistiche se gli adulti (...) replicano con risposte specifiche e contingenti (...)
Comandi dati in maniera diretta, secca e dura senza motivarli (...) presentano il problema che i figli li imitano e imparano a d essere
aggressivi. Inoltre motivare i comandi è un modo di (...) fare sentire partecipi del disegno familiare che sta dietro alle regole (...) I
piccoli con genitori pronti a rispondere ai loro bisogni non diventano viziati, ma al contrario sono più equilibrati anche da grandi (...)
Se il genitore è aggressivo (...) nel figlio può anche maturare un rifiuto del genitore, che per lui diventa praticamente un estraneo (...)
Alcuni genitori spiano i figli, (...) ma ciò mai dà buoni risultati (...) Per chi è dominato non c'è spazio di trattativa e non resta che la
fuga (...) Solo i figli che amano la vita domestica, e proprio perchè hanno un ancoraggio forte alla vita in famiglia, si avventurano
serenamente nel mondo esterno e diventano gradatamente indipendenti (...) Soprattuto i figli non vanno esposti sconsideratamente ad
ambiguità e contraddizioni.
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La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
Quando (…) non si dispone di adeguati strumenti linguistici, quando le parole fanno paura, e più di tutte proprio le parole che dicono
la paura, la fragilità, la differenza, la tristezza, quando manca la capacità di nominare le cose e le emozioni, manca un meccanismo
fondamentale di controllo sulla realtà e su se stessi. La violenza è uno degli esiti possibili.
Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
L’impalcatura umana essendo quella che è – e cioè cuore, corpo, cervello, tutti mescolati insieme e non sistemati in compartimenti
separati come senza dubbio saranno tra un milione di anni – una bella cena è molto importante per una buona conversazione. Non si
può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è cenato bene (…) La vita, per ambedue i sessi – e li guardai che si facevano
strada a fatica lungo il marciapiede – è ardua, difficile, una lotta senza fine. Richiede un coraggio e una forza giganteschi. Più di ogni
altra cosa forse, per creature dell’illusione quali noi siamo, essa richiede fiducia in se stessi. Privi di fiducia in noi stessi siamo come
neonati nella culla.
Marte di ghiaccio e Venere di fuoco (J. Gray)
In alcuni casi è un comportamento appreso nell’infanzia. Se una ragazza cresce in una famiglia in cui i sentimenti sono dileggiati o
accantonati, imparerà a sopprimere questa parte femminile di sé. Parimenti, se un ragazzo cresce in una famiglia in cui la virilità è
distruttiva, in mancanza di un modello di ruolo positivo tenderà a legarsi di più a sua madre e a diventare meno virile, oppure avrà la
reazione opposta e diventerà più macho (…) Una donna che ha perso la rotta non capisce neppure che ciò di cui ha realmente bisogno
è essere ascoltata, quindi non si sforza di richiedere ascolto: anzi si isola e si sente sempre più sopraffatta dal lavoro e dallo stress
accumulato. Ha preso le distanze dall’amore? No, ma non ottiene ciò che desidera e che le serve (…) La caverna di Venere non è una
caverna maschile. Una caverna maschile serve a ritemprarsi per affrontare il mondo esterno, una caverna di Venere serve a isolare la
donna (…) Mancando di esperienza nel condividere parole ed emozioni per allievare lo stress, prova un bisogno ancora più forte di
aggrapparsi al proprio lato maschile, quello che vuole risolvere problemi. Perché ha troppo da fare, vede il dialogo come una perdita
di tempo: perché non ha ancora scoperto quant’è appagante sentirsi pienamente ascoltata (…)
Se l’uomo non è capace di togliersi dalla mente i pensieri, avvertirà l’esigenza di parlarne, uscendo così dal ruolo di marziano. Forse
parlare lo farà star bene sul momento, ma non lo aiuterà a liberarsi dallo stress.

Marte e Venere si innamorano di nuovo (J. Gray)
La facoltà di provare emozioni è fortemente influenzata dai genitori, dalla società e dalle prime esperienze infantili (…) Da adulti
reprimiamo certi stati affettivi perché da bambini non ci sentivamo abbastanza protetti se avessimo espresso certe emozioni e i modi
automatici per gestire le emozioni da adulti vengono, in realtà, appresi in tenera età. Quando da bambino non ci si sente protetti tanto
da manifestare emozioni particolari, impariamo ad affrontare le situazioni stressanti soffocando quello che proviamo (…) Senza la
protezione necessaria a esprimere ed esplorare i sentimenti quando si è bambini, non impariamo veramente ad attraversare le
emozioni negative che ci conducono alla positività di comprensione, accettazione, gratitudine e fiducia (…) Da adulti però possiamo
scegliere di creare un ambiente adatto per curare il dolore, scegliere amici che non ci giudichino (…) e che siano in grado di assisterci
nella scoperta e nell’esplorazione di ciò che proviamo: non è mai troppo tardi per imparare a trasformare le emozioni negative in
positive (…) E si può anche crescere in modo inaspettato (…) Il problema più grande provocato dalle emozioni negative è la loro
irrazionalità: si basano per la maggior parte su convinzioni errate e, per liberarcene, dobbiamo innanzitutto percepire le emozioni che
a esse sono legate (…) Anche se parlarne rinnova il dolore, aiuta però ad attenuarlo (…) Dobbiamo accogliere tutte le emozioni
negative (…) Dopo una perdita è necessario reagire ai quattro modi con cui la mente tende a sopprimere le nostre emozioni, ovvero
negazione, giustificazione di chi ci ha abbandonato (…), razionalizzazione dell’abbandono con varie ragioni e l’autoaccusa (…)
Dobbiamo invece lasciar emergere ed elaborare quattro emozioni risanatrici: rabbia, tristezza, paura e rimpianto (…) Provare rabbia
significa riconoscere a livello emotivo che non abbiamo ricevuto quello che volevamo (…) Dopo una perdita, invece di dar libero
sfogo alla rabbia, è possibile restare bloccati in uno stato di intorpidimento, inerzia e apatia. La rabbia ci fa reagire all’indifferenza, ci
ricollega alle passioni per l’amore e la vita (…) e aiuta ad aprirci a nuovi bisogni (…) e nuove fonti (…) La tristezza ci consente di
esprimere a livello emotivo che cosa non è accaduto che volevamo accadesse (…) e di arrenderci di fronte a ciò che è accaduto
accettando gradualmente la perdita (…) per rivolgere le aspettative a quel che è possibile nel presente (…) La paura non è un
presagio di disgrazia, ma il riconoscimento a livello emotivo di quanto non vogliamo che accada, (…) di cosa abbiamo bisogno e su
cosa possiamo contare adesso, il che ci aiuta ad aprirci per ricevere aiuto e ci riempie di coraggio e gratitudine, (…) mentre adattiamo
le esigenze a quel che è disponibile (…) Il rimpianto ci consente di esplorare che cosa può accadere e che vorremmo accadesse (…) e
ci aiuta ad accogliere la compassione necessaria a sanare le ferite (…) La consapevolezza riguardo queste quattro emozioni ci aiuta a
esplorare i sentimenti per curare le nostre ferite e quando se ne trascura anche una sola, tale negligenza può ritardare o persino
bloccare il processo di guarigione (…) Evitando le emozioni negative del passato a poco a poco perdiamo anche la capacità di
esprimerle nel presente (…) e di vivere quelle positive (…) Un uomo può non saper sopportare tristezza e delusione nella attuale
partner se tali sentimenti sono ancora irrisolti in se stesso (…) Accade anche che se una ferita passata è ancora aperta, tendiamo ad
attrarre ed essere attratti da persone che ci feriscono di nuovo (…) Oppure un uomo può non saper riconoscere come sentimenti del
passato il senso di inadeguatezza che prova con il nascere dell’intimità con una nuova partner e può quindi attribuire la causa a lei e
rimproverarla a torto (…) o può passare da una relazione superficiale all’altra o vivere a lungo di rapporti sessuali vuoti di reazione
(…) e comunque costruirsi sulle donne generalizzazioni riduttive e negative (…) Invece una donna che non elabora la paura di
abbandono e rifiuto scaturita dai momenti in cui si è sentita ferita, tradita e delusa dai genitori nell’infanzia, (…) può avere tale
inconscia paura dell’intimità da diventare ipercritica ed esigente appena una relazione si fa più intima (…) o sentirsi attratta in modo
automatico solo da uomini non disponibili o non adatti (…) Quando una donna poi non è in contatto con i propri sentimenti, desidera
ardentemente un uomo che lo sia, credendo erroneamente che se sa aprirsi lui, anche lei ne sarà capace, (…) mentre una donna per
riuscire ad aprirsi ha bisogno (…) non di un uomo sensibile e basta, ma di un uomo sensibile verso i sentimenti della sua compagna,
(…) cioè di un uomo rispettoso (…) Una altra donna le cui emozioni sono soffocate dalla propria interiorità (…) perde la ricettività e
può sentire il bisogno di provare una tensione sensazionale per riuscire a mettersi in contatto con i propri sentimenti e sentirsi viva
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(…) e quindi crede di conoscere un uomo prima del tempo e (…) prova attrazione sessuale per un uomo subito, troppo presto per
come sono strutturate le donne, (…) rimanendo ogni volta delusa (…) E se una donna non elabora le emozioni legate alla sua scarsa
autostima, può pensare di valere solo per i favori sessuali che può elargire e (…) credersi in dovere di fare sesso (…) o di uscire solo
con un uomo alla volta (…) Essa arriverà a far dipendere dall’affetto di un uomo la sua autostima, preparando probabili sofferenze
nel suo futuro (…) Accade anche che finché noi ricacciamo indietro rabbia e paura, non riuscendo così a esprimere e provare fino in
fondo la tristezza, il dolore si trasforma in autocommiserazione: le lacrime allora non danno alcun sollievo, (…) possiamo sentirci
vittime tutta la vita (…) e in più pieni di rancore (…) e gravati dai sensi di colpa che esso genera (…) Il rimprovero non è
un’espressione di dolore automatico (…) Rimproveriamo ad esempio un partner non per quello che ha davvero fatto, ma perché ci
sentiamo impotenti, bloccati dalla rabbia e dalla tristezza (…) Le espressioni di rimprovero stesse ci fanno sentire bloccati e (…) ci
impediscono di staccarci dall’offesa (…) fino a quando chi ci ha offeso non vorrà cambiare (…); solo le manifestazioni di dolore
autentico ci connettono con la nostra passione (…) Dobbiamo riconoscere di avere il potere di superare il dolore e non darne oltre la
responsabilità a chi ci rifiuta (…) Dobbiamo mantenere un atteggiamento esente da vittimismo mentre nello stesso tempo lasciamo
emergere i sentimenti del passato come vittime (…) Possiamo davvero riuscire a superare il passato elaborando fino in fondo rabbia,
paura, tristezza e rimpianto (…) Ci vuole tempo: per ogni due passi avanti si fa un passo indietro (…) e ogni problema (…) o
immagine di sé nasconde altro (…) Diamo allora a noi stessi l’aiuto che vorremmo offrire a qualcun altro in preda a dolore.
Spesso i consigli degli amici (…) o quelli della propria mente sono controproducenti (…) Malgrado le affermazioni della mente siano
senza dubbio ragionevoli, (…) respingono i sentimenti che hanno ancora bisogno di esprimersi (…) Quando la mente è pronta ad
accettare la perdita e ad andare avanti, il cuore ha bisogno almeno di diversi altri mesi (…) Piuttosto che cercare di sbarazzarsi delle
emozioni negative o di cercare di esprimere quelle che si prova al momento, è utile espandere la consapevolezza per includerle tutte e
quattro quelle riparatrici (…) e quando soprattutto si resta bloccati su un’emozione, spostarsi su quella successiva (…) Ad esempio
bilanciando le paure con un’espressione di rabbia, l’ansia se ne va (…) Sopprimere la rabbia fa sentire più paurosi (…) e la paura, il
lutto, il rimpianto possono d’altra parte sembrare senza fine senza il potere e la chiarezza che provengono dalla rabbia (…) a una
donna che non ha dato sfogo alla propria rabbia, tenderà alla depressione, alla diffidenza e alla rigidità.

Le guerre del mondo emerso (L. Troisi)
“Ho avuto da mio padre solo il suo sguardo gelido e il suo disprezzo” (...) “Pensavo (…) di essermi spinto troppo oltre per poter
tornare quello che ero, ma non era vero” (…) Arrossì e provò disgusto per se stesso, poi suo padre sorrise come un adulto ai discorsi
insensati dei bambini (…) e quando lui disse: “Sei un vigliacco che ammanta la sua paura di sciocchi ideali”, lui si sentì fiorire in
petto l’odio che cercava. “Io non sono come te”, disse fermo. Non poteva più permettergli di trattarlo così, doveva sciogliere i legami
con lui. “Tu mi hai fatto vivere nella paura e nel disgusto di me stesso”. Erano parole che aveva rimuginato per anni senza riuscire a
pronunciarle. Si sentì sollevato non appena le ebbe dette. Lo guardò: un vecchio. Anche per lui basta una lama (…) Un ometto che
forse poteva schiacciarlo, ma che presto avrebbe visto la delusione delle sue certezze e aspirazioni. Non ebbe più paura, era libero da
suo padre.

Cronaca di una morte annunciata (G. Garcia Marquez)
E allora vide sua madre per quello che era, una donna sciocca invecchiata nel culto dei suoi difetti (…) La odiava (…) e non
riconobbe più altra autorità che la propria (…) Divenne una donna matura, lucida (…) Era irriconoscibile per chi non l’aveva
conosciuta bene un tempo (…) Era stata considerata una ragazza povera di spirito.

Jane Eyre (C. Brontë)
- Sono infelice… molto infelice per altre cose
- Quali altre cose?
Quanto desideravo rispondere esaurientemente a questa domanda! E come era difficile mettere insieme una risposta! I bambini
possono sentire, ma non analizzare i loro sentimenti; e, se l’analisi può anche essere condotta mentalmente, non sanno come
esprimere in parole il risultato del procedimento. Tuttavia, temendo di perdere questa prima e unica occasione di sfogare un po’ il mio
dolore comunicandolo dopo una certa inquietudine riuscii a imbastire una vaga ma, per quel che mi era possibile, franca risposta (...)
Che creatura vile e miserabile aveva fatto di me la paura delle punizioni ingiuste! Non osavo tornare di sopra e non osavo entrare.
Rimasi per una decina di minuti preoccupata e incerta (…) ** stava seminando avversione e antipatia sul mio futuro (…) Il tono di
tutta la conversazione crudele e offensiva era vivo nel mio animo. Avevo sentito ogni parola ferirmi netta e distinta (…) Mi alzai e mi
avvicinai alla porta: poi tornai indietro, mi avvicinai alla finestra, attraverso la sala e mi accostai a lei. Dovevo parlare. Raccolsi tutte
le mie energie e pronunciai un’unica frase (…) Scossa da un fremito incrollabile continuai (…) Il mio animo parve espandersi,
esultare. Mi sentivo come liberata (…) Urlai furibonda, con furia selvaggia (…) Uscita incontrai *** (…) Dopo il mio scontro con **
non ero più disposta a dar molto peso agli umori passeggeri della bambinaia. Ero pronta a scaldarmi alla fresca leggerezza del suo
cuore (…) La abbracciai. Fu un gesto più spontaneo e disinvolto del solito (…)
Mi ritrovai davanti alla stessa casa ostile (…) Il mio futuro era ancora incerto, ma avevo raggiunto una maggiore fiducia in me stessa
e nelle mie forze e la paura dell’oppressione mi spaventava meno (…) Le donne hanno un particolare modo per farvi capire che vi
considerano una cafona (…) senza che esse debbano compromettersi con qualche esplicita cortesia. Comunque uno scherno, palese o
camuffato che fosse, non aveva più su di me il potere che aveva un tempo (…) Ero sorpresa nell’accorgermi di quanto mi sentissi a
disagio sotto la completa indifferenza dell’una e le attenzioni quasi sarcastiche dell’altra (…) Il fatto è che avevo altre cose cui
pensare; negli ultimi pochi mesi si erano agitati in me sentimenti molto più acuti e sottili di quelli che esse potevano infliggermi o
concedermi (…) Mi alzai senz’altro, mi tolsi tranquillamente il cappello e i guanti senza essere stata invitata a farlo (…) Un anno
prima, se fossi stata ricevuta come lo ero stata quel giorno, me ne sarei andata il mattino dopo; ma adesso mi parve d’un tratto
evidente che sarebbe stata una sciocchezza. Avevo fatto un lungo viaggio ed ero lì per un motivo: quanto all’orgoglio e alla stupidità
delle due, dovevo metterli da parte e non esserne schiava.

Racconti della valle dei Mumin (T. Jansson)
Dietro di lei nella casa qualcosa stava andando in pezzi (...) E la cosa più incredibile era che improvvisamente si sentì al sicuro, una
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sensazione strana e nuova (...) Perché doveva preoccuparsi ancora? La catastrofe era finalmente avvenuta (...) Ora non avrò più
paura, disse a se stessa. Ora sono libera (...) Cosa si può riparare e ricucire dopo tutto questo? Tutto è stato ripulito e spazzato via!

L'uomo che sussurrava ai cavalli (N. Evans)
Se quello che resta è solo dolore è meglio andarsene (...) Ma ** ha deciso di procedere fino alla fine del burrone, ha visto quello che
c'era al di là e ha deciso di accettarlo. Quello che gli è appena successo, lì disteso nella polvere, è stata la cosa peggiore che potesse
immaginare. Ma lui ha capito che poteva sopportarla (...) A volte quella che sembra una resa non lo è affatto (...) Significa invece
vedere con chiarezza di cosa è fatta la vita, accettarla e viverla con coerenza, qualunque siano le conseguenze, perché si crede che
non viverla sarebbe peggiore (...) *** aveva pianto, dando sfogo al suo dolore (...), ma nella quiete dopo la tempesta *** aveva
riflettuto sulla propria esistenza e deciso, come **, di accettarla. In quel momento *** era diventata adulta.

Breve la vita felice di Francis Macomber (E. Hemingway)
Già prima aveva visto gente farsi adulta (…) C’era voluta una caccia stranamente fortunata, un’improvvisa precipitazione nell’azione
senz’aver il tempo d’impressionarsi (…) Può darsi che ora la finirà di essere cornuto (…) Doveva aver avuto paura per tutta la vita.
Ma adesso non più. Col bufalo non aveva avuto tempo di avere paura. Questo e anche perché era arrabbiato. E anche perché c’era
l’automobile. Con l’auto era una cosa più familiare (…) Lui aveva visto in guerra succedere cose simili (…) Ci si toglie la paura
come un’operazione.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Ora, piano piano con delicatezza, *** andava districando il viluppo della coscienza di ** e sua, spezzando delicatamente i filamenti,
a uno a uno, con pazienza, ma non vedendo l’ora di sbarazzarsene (…) Voleva sbarazzarsi di lui, (…) della sua sconfinata, monotona,
meccanica ossessione per se stesso e per le proprie parole (…) E poi, mentre se ne stava lì, così immobile e sola, le parve di
abbandonarsi alla corrente del suo vero destino. Era stata legata a una corda, scossa e sballottata come una barca agli ormeggi; adesso
andava, libera, alla deriva (…) Ed era strano quanto la facesse sentire libera e traboccante di vita il fatto di odiarlo e di confessarlo a
se stessa…” Ora che l’ho odiato, non potrò più continuare a vivere con lui”, fu il primo pensiero che le balenò alla mente.

Albert Einstein
L’ottimismo è il fondamento del coraggio.

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Il miglior rimedio contro l’atteggiamento timido è la fiducia: perché anche il viso più soggetto alle reazioni emotive ha il grande
sostegno della buona coscienza.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
In età evolutiva è difficile far emergere le esperienze d'ansia (...) da quanto il bambino è capace di riferire (...) Alcuni studi indicano i
7/8 anni come l'età soglia per un'acquisizione di una maggiore consapevolezza dei propri processi di pensiero e della capacità di
prestare attenzione al proprio dialogo interno (...) I bambini gravemente internalizzati (...) sembra facciano anche in seguito però
fatica a esprimere e forse anche a pensare a un desiderio (...) Alti livelli di fobia/ansia sociale correlano spesso con scarse capacità
(...) di provare a fare le cose e di esprimere opinioni, bisogni, sentimenti, (...) e con un'eccessiva consapevolezza di sé ma nel senso
del vedersi agire che priva di naturalezza (...) I comportamenti negativi si verificano in assenza di capacità comunicative (...) e
assumono un significato comunicativo (...) Questo va sotto il nome di "ipotesi comunicativa" (...) Laddove c'è un sintomo c'è una
particolare area emotiva scarsamente riconosciuta e articolata nel legame con una figura d'attaccamento (...) E quando un
comportamento/sintomo sul momento funziona, si ripeterà in futuro (...) Insegnare a esprimersi (...) e insegnare strategie più adeguate
di comunicazione (...) probabilmente ridurrà questi comportamenti (...) soprattutto se si agisce in modo che essi non vengano
rinforzati.

Tipologia psicologica in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Avere uno o più complessi non implica necessariamente l’esistenza di uno stato di minorazione, bensì sta ad attestare che esiste
qualcosa di disarmonico, di contrastante che forse è un ostacolo, ma anche uno stimolo a compiere un più grande sforzo e con questo
può rappresentare una nuova possibilità di successo. Sotto questo aspetto i complessi sono perciò proprio il nucleo centrale della vita
psichica e non debbono mancare, altrimenti l’attività psichica cadrebbe in un fatale letargo. Essi invece indicano i problemi che
l’individuo non ha saputo risolvere, il punto dove egli ha subìto, almeno provvisoriamente, una disfatta.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
In un primo tempo la richiesta dell’inconscio opera come un veleno paralizzante (…) L’assalto dell’inconscio può però convertirsi in
fonte di energia per un conflitto eroico (…) Stimola alle imprese più alte.

Saggio su Alice nel Paese delle Meraviglie nell’edizione Microbi a cura di Mario Turci
Nel mondo dell’avventura di Alice (...) l’esame del mondo è la prova stessa sulla quale essa può prendere coscienza della sua
diversità (…) Il corpo di Alice gioca l’esperimento della sua identità sui poli opposti ma correlati del disordine e dell’ordine, dove al
primo sono associati i processi di labilità dimensionale e al secondo le tappe di conquista di quell’esserci che si traduce nella capacità
di “parola” e nei simboli di ciò che Alice sente come necessaria affermazione di sé.

B. Tracy
Qualunque cosa sulla quale indugiate nell’inconscio germoglia nella vostra esperienza.

R. Holliwell
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Non aspettatevi mai una cosa che non volete e non desiderate mai una cosa che non vi aspettate

Come funziona la legge d’attrazione (M. J. Losier)
Se la vostra vita è insoddisfacente è il momento di utilizzare la legge d’Attrazione in modo consapevole. Osservando quel che volete
(…) e facendone una lista con precisione (…) vi chiarite le idee su ciò che volete (…) Fate una lista dettagliata dei vostri desideri
(…) I desideri devono essere realizzabili (…) e occorre rimuovere le convinzioni limitanti perché i dubbi smettano di creare
resistenza e di annullare la forza del desiderio (…) Cominciate col chiedervi se c’è qualcuno che sta facendo quello che volete fare
voi (…) Ricordate che la Legge d’Attrazione reagisce all’attenzione e a come vi sentite, non ai desideri.

M. Twain
Per capire ciò che vuoi, inizia scartando ciò che non vuoi.

Tracciare il limite (P. Goodman) in Ribellarsi è giusto
Il libertario manifesta la sua natura con molto più vigore di noi educati all’uniformità. (…) Possiamo immaginarci un uomo che abbia
bisogno di più tempo di noi per cristallizzare il proprio ego, (…) operando con forze che vanno al di là di quelle di cui noi ci siamo
accontentati (…) A ognuno sembra che il punto dove tracciare il limite sia la cosa più importante perché (…) i conflitti interni
cominciano a emergere quando cerchiamo di definire questo limite (…) Un uomo libero (…) in realtà non traccia un limite alle
assurde condizioni e (…) considera le sanzioni coercitive non diversamente dalle altre forze distruttive della natura bruta: da evitare
prudentemente. Un uomo libero che si crea le proprie idee chiare e distinte e da queste procede, può facilmente conservare
nell’animo molte contraddizioni evidenti; è sicuro che si risolveranno; un sistema aperto è il sistema migliore. Ma guai se al
contempo viene convinto da meri pregiudizi e ingabbiato da mere abitudini, perché allora un giorno o l’altro dovrà tracciare anche lui
un limite. (…) Nessuna linea in sé è difendibile dal punto di vista logico. Ma la correttezza della direzione che si è scelta apparirà con
maggiore chiarezza un passo dopo l’altro, un colpo dopo l’altro.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Dobbiamo fare nostro il punto di vista dell'altro, (...) ma se dopo aver conosciuto e compreso, continuo a non essere d'accordo, (...) ho
il diritto di sostenere la mia idea, (...) anzi ciò può diventare un dovere morale, (...) altrimenti cadrei nell'errore nichilista di accettare
tuttto e dire che tutto va bene.
La fermezza del saggio (L..A. Seneca) (cit. riportata senza indicare quando tra le frasi trascritte ce ne sono nell’originale delle altre)
Non è virtù sopportare ciò che non si sente, ma il saggio danneggiato soffre senza turbamento almeno. Il saggio non sa vivere nel
timore e nella speranza di qualcosa dagli altri. Non è turbato dalle offese degli inferiori e degli altri in genere,perché ha fiducia in se
stesso e chiede a sé ogni bene. Ride egli stesso dei suoi difetti fisici e comprende i suoi limiti. Inoltre è sempre consapevole della
stoltezza di chi offende a caso e vince le offese nella loro totalità,perché uguale è la natura loro e di chi le fa. Inoltre egli sa che è un
tipo di vendetta togliere a chi offende il piacere di vedere la reazione di dolore o indignazione dell’offeso. Non accorgersi o fingere di
non essersi accorti di un’offesa può essere una vendetta oltre che un atto prudente. La libertà non sta nel non subire nulla di male e
non soffrire mai un danno,ma nell’innalzare l’animo al di sopra delle offese per non dovere essere sempre inquieti e temere il riso di
tutti.

Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
Per coloro che sono legati, l’elemento liberatorio è dato dal riconoscimento obiettivo del proprio mondo e del proprio essere fatti così
(…) per i prigionieri, il deserto sconfinato è un paradiso (...)
Il vero vantaggio per l’artista è la sua relativa incapacità di adattamento.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Vivere, errare, cadere, trionfare, ricreare la vita dalla vita! Un angelo selvaggio gli era apparso (...) in un nuovo mondo (...)
Gli parve (…) di vedere (…) una profezia del fine che era nato per servire (…), un simbolo dell’artista (…), un nuovo essere alato
(…) La sua anima fuggì in volo. (…) Il corpo (…) era purificato (…), liberato da ogni incertezza e reso raggiante e misto
dell’elemento dello spirito (…) Questo era il richiamo della vita alla sua anima, non la sorda voce brutale del mondo di doveri e di
disperazioni, non la voce disumana che lo aveva chiamato al pallido servizio dell’altare (…) Dove era l’anima che aveva esitato
dinanzi al suo destino, per (…) regnare nella sua dimora di squallore e sotterfugio (…) ? Dove era quel suo io? (…)
Aveva udito intorno a sé in continuazione le voci del padre e degli insegnanti, che lo esortavano a essere (…) soprattutto un buon
cattolico. (…) Aveva udito un’altra voce esortarlo a essere forte, virile e sano (…) Un’altra voce ancora gli aveva ordinato a essere
fedele al suo Paese (…) Una voce mondana gli avrebbe ordinato di risollevare con il suo lavoro la condizione del padre e, intanto, la
voce dei ragazzi a scuola lo esortava a essere un buon compagno (…) Queste voci gli suonavano ormai vacue nelle orecchie (…) Era
lo strepito di tutte queste voci vacue che lo faceva fermare indeciso nel suo inseguimento di fantasmi (…) Niente del mondo reale lo
muoveva o gli parlava, se non udiva in esso un’eco delle sue furibonde urla interiori. (…)
L’anima (…) ha una nascita lenta e oscura, più misteriosa della nascita del corpo. Quando nasce (…) le vengono gettate reti per
impedirle di fuggire (…) Io cercherò di fuggire a quelle reti (…)
Era sfuggito alle sentinelle che avevano fatto la guardia alla sua adolescenza (…) per asservirlo ai loro fini (…)
“Questa razza, questo paese e questa vita mi hanno prodotto” disse. “Esprimerò me stesso come sono” (…) Non servirò (…) cercherò
di esprimere me stesso in qualche modo di vita o di arte il più liberamente e il più compiutamente possibile.

Citazione di Charles Tart in L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione (J. Levey)
Questo è il significato della crescita e dell’elevazione della coscienza…Prendere delle funzioni che andavano avanti in modo
automatico e che spesso si rivelavano contraddittorie sia a noi stessi che a un osservatore esterno, renderle più consce, più coerenti,
ed essere sempre meno vittima dell’automatizzazione e più una persona che comprende il suo proprio meccanismo psichico e che,
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consapevolmente, lo controlla.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
Una delle ragioni per cui moltissimi falliscono nella vita è che essi non sono consci del momento in cui sono ancora liberi di agire
secondo ragione, e sono consci di scegliere soltanto nel momento in cui è troppo tardi perché prendano una decisione (…) C’è un
altro problema (…) Il grado della nostra capacità di operare scelte varia con ciascun atto, con il nostro modo di vivere. Ogni passo
nella vita che aumenti la fiducia in me stesso, la mia integrità, il mio coraggio, la mia convinzione, aumenta anche la mia capacità di
scegliere l’alternativa desiderabile (…) D’altro canto, ogni atto di resa e di codardia mi indebolisce, apre la via ad altri atti di resa, e
alla fine la libertà è perduta (…) Dobbiamo non fare assegnamento su nessuno che ci salvi, ma dobbiamo essere consci del fatto che
le scelte sbagliate ci rendono incapaci di salvarci (…) Nella vita pratica il grado di libertà di scelta è diverso ad ogni istante (…) Se è
basso, richiede un grande sforzo, aiuto dagli altri, e circostanze favorevoli (…) La prima vittoria rende più facile la successiva (…)
Ad ogni passo, lungo la strada sbagliata, diventa sempre più difficile ammettere di essere sulla strada sbagliata, (…) perché si deve
ammettere (…) il fatto di aver sprecato tempo ed energia (…) Determina ampiamente la capacità di scegliere la consapevolezza delle
scelte alternative concrete di contro a quelle alternative che sono impossibili perché non fondate su possibilità concrete (…) La
possibilità concreta è quella che si può materializzare, considerando la struttura totale delle forze che interagiscono in un individuo o
in una società (…) È il contrario di quella fittizia che corrisponde ai desideri (…) ma che, date le circostanze esistenti, non può mai
essere realizzata (…) “L’uomo” è influenzato da numerosi fattori: (…) classe, società, famiglia e da condizioni ereditarie e
costituzionali (…) Se non si va oltre gli accomodamenti superficiali che simboleggiano la buona volontà ma non significano una
penetrazione nelle alternative date e nelle loro rispettive conseguenze, allora la nostra libertà di scelta svanirà (…) La possibilità di
libertà consiste precisamente nel riconoscere quali sono le possibilità reali tra cui noi possiamo scegliere, e quali sono le “possibilità
irreali” che costituiscono i nostri vagheggiamenti, per cui cerchiamo di risparmiarci il compito spiacevole di decidere tra alternative
(…) reali (…) che richiedano intuito e sacrifici (…) Noi ci sottraiamo al fatto che queste possibilità irreali non esistono, e (…)
l’inseguirle è una cortina fumogena dietro la quale il destino prende le sue decisioni (…) Libertà può definirsi (…) agire sulla base
della consapevolezza delle alternative e delle loro conseguenze (…) Il compito dell’uomo, il suo fine etico, è precisamente quello di
ridurre la determinazione (…) mediante l’autocoscienza (…) La libertà non è qualcosa che ci è dato, (…) è qualcosa che entro certi
limiti noi possiamo acquisire con l’intuito e con lo sforzo, (…) se abbiamo fermezza e consapevolezza (…) se l’uomo si applica con
più fatica di quanto non intende fare la maggior parte degli uomini (…) Salvezza significa conquista della libertà mediante la
consapevolezza e la fatica (…) La coazione ad agire in certi modi irrazionali, e quindi distruttivi, può essere mutata dall’auto-
coscienza e dallo sforzo, (…) che permettono di curare la nevrosi (…)
Coloro nei quali predomina ancora l’amore per la vita, avranno uno shock quando scopriranno di essere vicini alla “valle dell’ombra
della morte”, e questo colpo potrebbe ridestarli alla vita.

Le guerre del mondo emerso (L. Troisi)
Per come la conosceva, la vita era semplice, brutale. Ora però quando un singolo gesto poteva darle la morte e la separava dalla
conclusione della storia, sentiva di non poterlo fare. Qualcosa in lei desiderava ancora vivere come se potesse esserci un futuro
diverso dal passato, come se avesse potuto riavere quanto aveva perso (…) Una speranza disperata come tutte le speranze. Un
irragionevole desiderio di andare oltre fino in fondo. Capì che erano la sua natura, la somma delle sue esperienze e il suo destino ad
aver scelto per lei (…)
Non poteva più tollerarlo. Non poteva più abbassarsi a tanto per la semplice sopravvivenza, non ora che aveva visto altro fuori dalle
mura delle sua prigionia. E poco importava che quel mondo nuovo le fosse precluso, (…) esisteva (…) Chiuse gli occhi per non darle
la soddisfazione di vederne il dolore (…) Poi l’orrore sopraffece ogni dolore e si sentì nella morsa della paura. Ma c’era qualcos’altro
che prima non conosceva. “No”, urlò (…) Non si addormentò, le faceva male tutto, ma le sembrava che una piccola parte del peso
che le gravava il cuore fosse scomparsa (…) Aveva finalmente preso una decisione. Era giunta improvvisa, frutto del dolore e della
frustrazione (…) Per quasi dieci anni era andata avanti senza attendersi nulla, senza neppure tentare di interrompere il flusso
inarrestabile degli eventi, perché resistere non aveva senso e forse era giusto così. Ma era giusto anche rimanere lì e lasciare che la
sua vita si consumasse in un gesto inutile per lei e per gli altri? Doveva credere che tutto fosse finito solo perché aveva perso la
speranza? Sarebbe scappata.
Finalmente aveva un obiettivo tutto suo. La prossima volta avrebbe sputato tutto (…) Si finse stordita per studiare i suoi aguzzini e
trovarne i punti deboli, restando sveglia anche se esausta (…)
La guardò e vide solo una vecchia fanatica accecata dall’odio (…) Ora qualcosa in lei si era sbloccato (…) Era pronta a decidere, a
prendere in mano la sua vita (…) Doveva controllare la rabbia per riuscire (…) “Ora che ho qualcosa per cui vivere, posso anche
morire” (…)
La vita aveva smesso di essere per lui un destino immutabile. Per questo ricacciò indietro la paura (…)
Non aveva la più pallida idea di dove iniziare. Come si cerca qualcosa che non si sa che aspetto abbia e magari non è dove si sta
cercando? Tu cose del genere non ne hai mai fatte, è inutile (…) Ebbe un moto di rabbia. No! Era proprio per evitare quello stupido
vittimismo che era partita (…)
Inginocchiarsi è un’abitudine che si prende troppo facilmente.

Il lupo dei mari (J. London)
La durezza di questi uomini, cui l’organizzazione industriale dava diritto di vita sugli altri uomini, era spaventosa. Io, che avevo
sempre vissuto lontano dal turbine della vita, non mi sarei mai immaginato che le cose andassero in questo modo. La vita umana mi
era sempre sembrata sacra, ma qui non era che una cifra nell’aritmetica commerciale (…) Immaginatevi un uomo di statura ordinaria
e snello, con muscoli deboli, abituato a una vita sedentaria, avverso alla violenza, che cosa poteva fare un simile uomo? Cimentarmi
con queste bestie umane sarebbe stato lo stesso che prendermela con un toro infuriato. Così pensavo in quel tempo per il bisogno di
giustificarmi e stare in pace con la mia coscienza. Ma questa giustificazione non mi soddisfaceva, né la maggiore maturità alla quale
sono giunto mi permette di assolvermi completamente ripensando a tutto ciò. La situazione era tale da superare ogni razionale regola
di condotta e richiedeva qualcosa di più delle fredde conclusioni razionali (…) e nell’orgoglio della mia virilità sento che essa è stata
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macchiata e offuscata (…) ** mi trattò vigliaccamente, perseguitandomi in continuazione, scaricando il suo lavoro su di me. Arrivò
perfino a minacciarmi coi pugni, ma io cominciavo a reagire animalescamente; gli ringhiai sulla faccia con tanta ferocia al punto da
spaventarlo (…) Gli occhi mi lampeggiavano di paura e di impotenza, col coraggio dei timidi e degli indifesi. Non mi piace per
niente, questa scena. Mi fa troppo pensare a un topo in trappola. Non mi piace pensaci; ma quella era la realtà, perché la minaccia
temuta non accennava a diminuire. ** indietreggiò, guardandomi con odio, proprio come facevo io. Eravamo due bestie feroci che si
mostravano i denti. Era un codardo che aveva paura di colpirmi perché non m’ero spaventato come si spettava (…) Seppi che sotto la
sua vigliaccheria si nascondeva il coraggio dei codardi e che (…) inoltre il suo animo era dominato da una specie di desiderio di
autodistruzione nato forse quando aveva visto il sangue che aveva causato (…) Era evidente che non dovevo attendermi nulla da ***.
Presi dunque la decisione di contare unicamente su di me e di battere ** con le sue stesse armi. Mi feci prestare una pietra da
affilare…egli continuò ad affilare il suo coltello e io feci altrettanto (…) Di fuori ci videro (…) Tutti ci offrivano incoraggiamenti e
consigli gratuiti (…) In tutta la faccenda non vi era nulla di bello né di eroico. V’erano solo due cose che si muovevano sotto
l’impulso della vigliaccheria e un gruppo di altre cose, impastate della stessa vigliaccheria, che stavano intorno a guardare (…)
Questi porci, che si trascinavano ai piedi di *** si ribellavano solo in segreto o nella ubriachezza. E io, non ero forse uno di loro? E
lei? (…) No! Digrignai i denti con collera e decisione (…) Invaso da una forza subitanea per ciò che riguardava lei. Non temevo
nulla. Avrei imposto la mia volontà malgrado tutto, malgrado *** e i miei tanti anni di lavoro solo letterario (…) Non temevo più la
morte che *** e ** mi avevano tanto fatto temere un tempo. Lei, entrando nella mia vita, mi aveva trasformato. Pensavo che è più
bello amare che essere amati se ciò basta a dare valore a qualche cosa della vita e a essere pronti a morire per quella cosa.
Dimenticavo la mia vita nell’amore di un’altra vita, eppure non avevo mai desiderato tanto di vivere come ora che attribuivo così
poco valore alla vita. Non avevo avuto mai tanta ragione per vivere (…) I notai e i commercialisti un tempo si prendevano cura delle
mie sostanze. Non sapevo nemmeno che cosa fossero le responsabilità. Solo qui avevo imparato a conoscerle. E ora, per la prima
volta in vita mia, ero responsabile di un’altra esistenza (…) Divenni conscio della mia virilità: mi sentii colui che deve lottare e
proteggere chi ama (…) Il mio coraggio traeva valore dal fatto di dover vincere una natura timida, meno sicura di quella di *** (…)
Lei stessa era timida e impaurita, ma nello stesso tempo coraggiosa. Viveva con le sue ansie, con i suoi timori, con le sue debolezze e
con la sua forza.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
In America la maggioranza degli Stati elenca delle specifiche malattie e condizioni in cui può essere il minore a prestare il consenso
al trattamento (...) I ragazzi devono essere rappresentati da un legale, poter affrontare i testimoni ed essere informati di qualunque
accusa. I minorenni emancipati hanno gli stessi diritti dei maggiorenni quando si può provare che vivono da adulti e hanno il
controllo delle loro vite.
Se (R. Kipling)
Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te la perdono e te ne fanno colpa. Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti
ne dubitano, tenendo però considerazione anche del loro dubbio. Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare o, essendo calunniato,
non rispondere con calunnia o, essendo odiato, non dare spazio all'odio, senza tuttavia sembrare troppo buono né parlare troppo
saggio; se saprai sognare senza fare del sogno il tuo padrone; se saprai pensare senza fare del pensiero il tuo scopo, se saprai
confrontarti con Trionfo e Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori. Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai
detto distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi o a guardare le cose per le quali hai dato la vita distrutte e piegarti a ricostruirle
con i tuoi logori arnesi. Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune e rischiarlo in un unico lancio a testa e croce e perdere e
ricominciare di nuovo dal principio senza mai far parola della tua perdita. Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi nel servire il
tuo scopo quando sono da tempo sfiniti e a tenere duro quando in te non c'è più nulla se non la Volontà che dice loro: "Tenete
duro!"Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù o passeggiare con i Re rimanendo te stesso, se né i nemici né gli amici più
cari potranno ferirti, se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo. Se saprai riempire ogni inesorabile minuto dando valore ad
ognuno dei sessanta secondi… tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa, e - quel che più conta - sarai un Uomo.
Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Di fronte a un attacco che umilia nell’intimo la dignità, c’è la presa di coscienza che è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio
(…) Dopo esserci sempre piegati, dopo aver subìto tutto in silenzio, per mesi, per anni, (…) rialzarsi (…) mettersi in piedi, (…)
prendere a propria volta la parola. Sentirsi uomini per qualche giorno. Il vero coraggio non sottovaluta il pericolo ma persiste
nell’azione. Comunque il semplice fatto che facciamo progetti e vogliamo qualcosa di diverso costituisce per noi una ragione di
sperare.

Una prefazione a L’uomo in rivolta (A. Camus)
Gli esistenzialisti osservavano che esistere è un emergere dalla banalità dell’essere. Camus perfeziona, se ex-sistere vuol dire anche
“mettersi in piedi” ed “elevarsi”.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica a un tratto inaccettabile un nuovo comando. Qual è il contenuto di
questo no? Significa per esempio, le cose hanno durato troppo, vai troppo in là (…)
La rivoluzione, per essere creatrice, non può fare a meno di una norma morale o metafisica, né formale né mistificatrice, nei suoi
slanci profondi, non per cominciare un giorno a essere, ma in funzione di quell’essere oscuro che già si scopre nel moto
d’insurrezione. Non uccidere o morire per produrre l’essere che non siamo, ma vivere e far vivere per creare quello che siamo.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Non s’impedisce una guerra con le sole parole; ma la parola non pretende necessariamente di cambiare la storia: è anche una certa
maniera di viverla (…) Fare qualcosa, non fosse altro che parlare, è meglio che stare seduto nel proprio angolo con un peso oscuro
sul cuore (…) Se cade un aereo è meglio essere il pilota che cerca di raddrizzarlo che un passeggero terrorizzato.
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Le mie prigioni (S. Pellico)
La somma viltà è essere schiavi dei giudizi altrui quando si ha la persuasione che sono falsi.

L’avventura di un povero cristiano (I. Silone)
Ci spetta la funzione della massaia che la sera ricopre di cenere la brace del camino per poter più facilmente, l’indomani, riaccendere
il fuoco: (…) collegare, (…) rifare sempre daccapo la tela che la violenza distrugge (…) Dobbiamo occuparci della nostra anima
Questo conflitto mi è stato di grande aiuto: (…) ora vedo con maggiore chiarezza parecchie verità importanti.

Smisurata preghiera (F. De André – I. Fossati)
Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione e, tra il vomito dei respinti, muove
gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità. Ricorda, signore, questi servi disobbedienti
alle leggi del branco e non dimenticare il loro volto, che, dopo tanto sbandare, è appena giusto che la fortuna li aiuti, come una svista,
come un’anomalia, come una distrazione, come un dovere.

G. B. Shaw
L’uomo ragionevole si adatta al mondo, l’irragionevole insiste nel tentare di adattare il mondo a sé. Quindi ogni progresso dipende
dall’uomo irragionevole.

Gli uomini che si voltano (E. Montale)
Tra i cadaveri in maschera, tu sola vivente, non chiederai se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione e chi di noi fosse il centro cui si
tira dal baraccone. Non me lo chiedo neanch’io. Sono colui che ha veduto un istante e tanto basta a chi cammina incolonnato come
ora avviene a noi.

M. K. Gandhi
Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.

Dieci anni dopo (D. Bonhoeffer) in Ribellarsi è giusto (teorie e pratiche della disobbedienza civile: un’antologia)
Le persone (…) che, (…) nella loro miopia, vogliono rendere giustizia a tutti i contendenti, (…) vengono così stritolate nello scontro
delle potenze contrapposte (…) Il fanatico, (…) armato della purezza di un principio, (…) si impania in cose inessenziale e cade nella
trappola di chi è più intelligente (…) L’uomo (…) solitario, (…) dilaniato dai (…) conflitti nei quali è chiamato a scegliere,
consigliato e guidato da nient’altro che dalla (…) personale coscienza, (…) finisce coll’accontentarsi di salvarla, anziché di
mantenerla buona e (…) non potrà mai capire che una cattiva coscienza può essere più salutare (…) di una coscienza ingannata (…)
Attenendosi a ciò che è conforme al dovere, non si giunge mai alla (…) personale responsabilità (…) e si dovrà compiere il proprio
dovere anche nei confronti del diavolo (…) Chi è pronto (…) a un fecondo compromesso (…) per impedire il peggio darà il suo
assenso al male, e non sarà più in grado di capire che proprio il peggio, che vuole evitare, potrebbe essere il meglio (…) Chi (…)
sceglie l’asilo della virtù privata (…) avvertirà l’inquietudine per ciò che tralascia di fare e ne sarà prostrato, oppure diventerà il più
ipocrita dei farisei. Resta saldo solo colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, il proprio principio, la propria
coscienza, la propria libertà, la propria virtù, che è pronto a sacrificare tutto questo (…) all’azione (…) responsabile davanti a Dio.

Massime e pensieri, caratteri e aneddoti (N. de Chamfort)
L’uomo privo di elevatezza d’animo non sarà mai capace di bontà: tutt’al più potrà avere della bonomia (…) C’è una sorta di
indulgenza verso i propri nemici, che sembra pura stupidità piuttosto che bontà o magnanimità (…) Bisogna avere lo spirito giusto
per odiare i propri nemici (…)Dicevano allo scrittore satirico Donne: “Tuonate, tuonate sui vizi, ma risparmiate i viziosi – Come,
condannare le carte e salvare i bari?”

Il giorno della civetta (L. Sciascia)
Quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli
uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini
pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come
i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più in giù: i pigliainculo, che vanno
diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più
senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…
- Anche lei – disse il capitano con una certa emozione (...)
- Perché sono un uomo: e non un mezz’uomo o addirittura un quaquaraquà… - domandò con esasperata durezza.
- Perché – disse don Mariano – da questo posto dove lei si trova è facile mettere il piede sulla faccia di un uomo: e lei invece ha
rispetto… Da persone che stanno dove sta lei, dove sta il brigadiere, molti anni addietro io ho avuto offesa peggiore della morte: un
ufficiale come lei mi ha schiaffeggiato; e giù, nelle camere di sicurezza, un maresciallo mi appoggiava la brace del suo sigaro alla
pianta dei piedi, e rideva… E io dico: si può dormire quando si è stati offesi così?
- Io dunque non la offendo?
- No: lei è un uomo – affermò ancora don Mariano.
- E le pare cosa da uomo ammazzare o fare ammazzare un altro uomo?
- Io non ho mai fatto niente di simile. Ma se lei mi domanda, a passatempo, per discorrere di cose della vita a un uomo, io dico: prima
bisogna vedere se è un uomo…
- Dibella era un uomo?
- Era un quaquaraquà – disse con disprezzo don Mariano.

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Disobbedienza come democrazia (H. Zinn) in Ribellarsi è giusto
Ci domandano: che accadrebbe se tutti disobbedissero alla legge? Ma c’è una domanda migliore: che accadrebbe se tutti obbedissero
alla legge? (…) Nel mondo moderno abbiamo a che fare con termini dotati di significati molteplici, come “sicurezza nazionale”. Oh
sì, certo, dobbiamo farlo per la sicurezza nazionale! Ebbene, che cosa vuol dire? La sicurezza nazionale di chi? Dove? Quando?
Perché? (…) Quali leggi vengono applicate e quali no? (…) Dovete stare attenti quando dite: “io sono per la legge, io rispetto la
legge”. Di quale parte della legge state parlando? (…) Date un’occhiata al mondo di oggi, in cui vige lo Stato di diritto. È quanto di
più vicino esista al concetto corrente di anarchia (…) L’ordine fondato sulla legge e sulla forza della legge è l’ordine dello Stato
totalitario (…) In altre parole, un grandissimo disordine. (…) Non c’è nulla di sacro nella legge. (…) Guardatevi intorno e vedete chi
fa le leggi (…) Procedimento regolare, (…) decoro, correttezza della legge ci traggono in inganno.

Lettera ai cappellani militari (Don L. Milani) in Ribellarsi è giusto
La parola patria (…) spesso non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando
occorra, tra la patria e valori ben più alti.

Fraternità difficile (H. Boll) in Ribellarsi è giusto
I padroni non esitano mai a comandare che si spari o si percuota: tanto è molto raro che vengano colpiti loro stessi (…) Finite le
ostilità, i padroni e i generali si trattano di regola con squisita cortesia. (…) A coloro che vengono addestrati (…) a proteggere chi sta
in alto (…) raccomando la frase: “Non trovai il coraggio di sparare su di loro” (…) Mi piacerebbe pagare un premio a ogni
funzionario di polizia che dichiarasse davanti a un tribunale: “Non ho trovato il coraggio di manganellarli (…) in faccia o sulla testa
(…) loro che dimostravano contro quel padrone e signore di quasi tutta l’opinione pubblica che solo dopo la terza convocazione
ritenne di doversi presentare a un tribunale (…) e per il suo ritardo nel presentarsi ebbe una pena che forse lo colpì meno di quanto
colpirebbe me o il funzionario di polizia la perdita di una scatola di fiammiferi.

Teoria e pratica della non violenza (M. K. Gandhi)
Tutto, anche la violenza, è preferibile al rassegnarsi (…) e alla passività.

Frammenti (Eraclito)
Ogni essere che va prono è condotto con la frusta.

Violenza sì o no: una critica del pacifismo (G. Anders) in Ribellarsi è giusto
Dal momento che non ci è concesso di restare indifferenti di fronte alla nostra fine e a quella dei nostri figli – una tale indifferenza
sarebbe omicida – non dobbiamo rifiutare la lotta contro gli aggressori con l’argomentazione secondo cui il comandamento “Non
uccidere” non ammette alcuna eccezione. Esso l’ammette. Anzi, la esige. E ciò nel caso in cui attraverso l’atto – eccezione vengano
salvati più uomini di quanti ne muoiano a causa sua. Dobbiamo cioè accettare la guerra a cui siamo costretti.

Il drago come realtà (S. De Mari)
L’estremo gesto di fratellanza è combattere per l’altro, (…) rinunciane alla propria innocenza e uccidere, perché la minacciata
umanità dell’altro sia preservata (…) Con gli psicotici non ci sono margini di dialogo (…) Gli orchi si fermano solo militarmente
(…) Ci fermiamo davanti a gente che dice “è la mia civiltà”, ma a noi chi l’ha dato il mandato di rispettare la civiltà? Non dovevamo
rispettare la creatura umana?

Il Conte di Montecristo (A. Dumas)
Giunto al sommo della sua vendetta per il lento e tortuoso declivio che aveva seguito, vide l’abisso del dubbio (…) Un uomo
dell’indole del conte non poteva fluttuare lungamente in quella malinconia che può far vivere gli spiriti volgari dando loro una
apparente originalità, ma che uccide le anime elevate. Il conte diceva a se stesso che per essere giunto quasi a biasimarsi, bisognava
che si fosse sbagliato nei suoi calcoli. “Io guardo male il passato” disse, “e non posso essermi in tal modo sbagliato” continuava. “Lo
scopo che mi ero proposto sarebbe forse insensato? Avrei percorso una falsa strada per dieci anni? Un’ora sarebbe bastata per
provarmi che l’opera di tutte le mie speranze era un’opera, se non impossibile, almeno perversa? Io non voglio abituarmi a questa
idea, mi renderebbe pazzo. Ciò che manca ai miei ragionamenti d’oggi è l’apprezzamento esatto del passato. Infatti, mano mano che
ci si allontana, il passato, simile al paesaggio attraverso cui si passa, si cancella dalla memoria. Mi accade come a coloro che si sono
feriti in sogno: guardano e sentono la loro ferita, e non si ricordano di averla ricevuta (…) Lesse: “Tu strapperai i denti al drago, e
calpesterai sotto i tuoi piedi i leoni, ha detto il Signore” (…) Quindi allontanandosi con gli occhi fissi sulla tetra prigione in cui era
stato rinchiuso un tempo, il conte disse: “Maledizione a coloro che mi hanno fatto rinchiudere in quel tetro carcere, e a coloro che
hanno dimenticato che io vi ero rinchiuso!”.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
Mi ripeteva ** : “Qui non c’è via di mezzo: o ribellarsi o essere complici”.
Rievocando con i miei coetanei sono talvolta stupito ch’essi non abbiano alcun ricordo, o assai pallido, degli episodi che su di me
esercitarono influenza decisiva; e viceversa conservino lucida memoria di altre circostanze, per me futili e insignificanti. Sono quei
miei coetanei tutti “complici incoscienti”? Certamente no. E poi per quale destino o virtù o nevrosi, a una certa età si compie la
grave scelta, si diventa “ribelli”? Scegliamo o siamo scelti? Donde viene ad alcuni quell’irresistibile intolleranza alla rassegnazione,
quell’insofferenza dell'ingiustizia, anche se colpisce altri? E quell’improvviso rimorso d’assidersi a una tavola imbandita mentre i
vicini di casa non hanno di che sfamarsi? E quella fierezza che rende le persecuzioni preferibili al disprezzo? Forse nessuno lo sa.
Anche la confessione più approfondita diventa a un certo punto semplice. Ognuno che abbia riflettuto seriamente su se stesso e sugli
altri sa quanto certe deliberazioni siano segrete, e certe vocazioni misteriose e incontrollabili (…)
È anzitutto necessario essere in pace con la propria coscienza. Dopodiché, se si è coinvolti in una mischia, vi è un solo rimedio sicuro
e sperimentato contro il panico ed è di lottare (…) Il passato, con le profonde ferite che ci ha lasciato, non dev’essere per noi motivo
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di debolezza. Non dobbiamo lasciarci demoralizzare dalle colpe, dalle ignavie, dalle sciocchezze dette o sentite. A partire dal
momento che la nostra volontà è pura, una nuova forza può nascere proprio dal peggio di noi stessi (…) Un uomo che vidi soffrire
anche per opera dei compagni per molto tempo mi ha confidato alla fine del racconto delle sue sofferenze, con voce di chi comunica
una grande scoperta, una verità di giustizia e fratellanza vecchia di molti secoli per lui appena nata e nata bene. Nelle prove più tristi
della vita ci salviamo appunto per avere conservato nell’anima il seme di qualche certezza incorruttibile. Durante il tempo
dell’abiezione, esso è il nostro tormento segreto. San Bernardo parla di ciò quando racconta di uomini inseguiti da Dio: essi scappano
e Lui li divora. Quando i valori vengono invocati solo per puntellare gli interessi e ostentare i sentimenti senza profonde radici, si può
arrivare a pensare di dover obbedire a un ottimismo menzognero (… ) L’inibizione è più micidiale della sincerità (…) Se una panacea
dei mali non esiste, è già molto questa fiducia che consente di andare avanti, di vedere dove posare i piedi per camminare (…) Non
dovrebbe essere difficile riconoscere da che parte sia la speranza e (…) ciò che favorisce la libertà e la responsabilità personale (…)
Libertà è poter sbagliare, dire no a qualsiasi autorità, imparare una ragionevole consapevolezza di progresso.

Vino e pane (I. Silone)
Non c’è altra salvezza che andare allo sbaraglio (…) Non bisogna essere ossessionati dall’idea di sicurezza, neppure delle sicurezza
delle proprie virtù: vita spirituale e vita sicura non stanno assieme. Per salvarsi bisogna rischiare (…) Cambiano i tempi, ma in fondo
è sempre la stessa storia che continua: in ogni tempo e società l’atto supremo dell’anima è di darsi, di perdersi per trovarsi. Si ha solo
quello che si dona (…) nei rapporti, nella vita pratica, (…) perché siamo responsabili anche per gli altri. Si salva chi supera il proprio
egoismo di famiglia e di casta e non si rassegna (…) Non si tratta di un modo di pensare e discutere, ma di esistere, seguendo il cuore
e non regole, inventando la propria vita (…) Di solito si vive nel provvisorio, si pensa che per ora va male e bisogna arrangiarsi e
anche umiliarsi, ma che la vera vita arriverà poi. Così passa l’esistenza (…) tra il disgusto e in attesa. Bisogna dire: basta, da oggi. La
libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo. Si può vivere anche in paese di dittatura ed essere liberi alla condizione di
lottare contro la dittatura per ciò che si ritiene giusto e di pensare con la propria testa. Per contro, si può vivere nel paese più
democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi e servili, si è schiavi. Non bisogna implorare la propria libertà dagli altri,
bisogna prendersela, ognuna la porzione che può (…) Tonnellate di carta stampata ripetono le parole d’ordine, su tutte le piazze e i
crocicchi le si ripete fino all’istupidimento collettivo. Ma basta che un piccolo uomo dica NO e quel formidabile ordine granitico è in
pericolo. La dittatura si regge sull’unanimità e ammazzato l’uomo che dice di NO, il suo cadavere può continuare a ripeterlo
sottovoce.

La banalità del male (H. Arendt)
La sua colpa era nell’obbedienza.

La disobbedienza civile (H. Thoreau)
Una legge ingiusta è una violenza cui è doveroso ribellarsi.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Hume sostenne che non si devono mai dedurre da proposizioni col verbo essere proposizioni con verbo dovere. Dal punto di vista
logico è un’assurdità. Allora potresti anche dire: “Tutti evadono il fisco, quindi dovrei farlo anch’io” (…) A volte si dice: “Questa
legge è stata approvata da questo parlamento quindi tutti i cittadini devono adeguarsi”, eppure spesso seguire le leggi approvate dal
parlamento è in contrasto con le convinzioni più radicate dell’essere umano.

B. Franklin
Chi rinuncia alla libertà per la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza.

Il testimone (I. Montanelli)
Ai cacciatori di streghe bisogna, preso su il coraggio, ridere in faccia.

E. Roosvelt
Nessuno può farvi sentire inferiore senza il vostro consenso.

Introduzione a Ribellarsi è giusto.
La convinzione di fondo è che anche quando tutto sembra perduto c’è sempre ancora molto da fare, anche senza particolari sponde o
garanzie, quasi da soli. Ma non è un dramma, perché almeno di questo siamo convinti: la relativa solitudine delle minoranze non può
e non deve diventare un facile motivo di sconforto. Come diceva Camus: mi rivolto, dunque siamo.

Un uomo (O. Fallaci)
Sostenevi che i comizi sono (...) spettacoli per imbrogliare la gente (...) e per non renderti colpevole di ciò cadevi nell'eccesso
contrario sottolineando verità brutali, (...) concetti impopolari: la rivoluzione che si fa da soli (...), che si sviluppa nell'individuo (...)
senza fretta e senza caos (...) come unica rivoluzione possibile, (...) la necessità di tenersi stretto lo straccio di libertà della
democrazia, (...) il fatto che la democrazie è fragile e può cadere, (...) il veleno delle ideologie, l'ottusità dei dogmi, la disonestà degli
alibi, la falsità del progresso, la viltà delle masse che ubbidiscono, (...) il culto dell'individuo, il rifiuto di assolvere chi fabbrica la
pallottola dell'M16 perché così vuole il generale, il disprezzo per chiunque si ripari dietro il ritornello io-eseguo-gli-ordini (...) La
gente ascoltava ora delusa ora offesa ora smarrita (...) Come si fa a fare le rivoluzioni da soli? (...) Bastava guardarli per rendersi
conto che al comizio ci venivano per ricevere un po' di speranza e non per essere rimproverati (...) E tu partivi imbronciato a bordo di
un camioncino che non contribuiva certo a vestirti d'autorità (...) E (...) gli intellettuali (...) gridavano all'ignoranza o alla (...) fragilità
di pensiero (...) Avevi capitolato in pieno (...) iscrivendoti al partito. Dunque aveva vinto l'impotenza di noi senza scheda, senza
chiesa, senza patria. L'alternativa d'altronde qual era? Andare predicando per le case e le piazze come Socrate? Tornare a gettare
bombe come coloro che chiamavi rivoluzionari del cazzo? (...) Da ogni rivoluzione nasce o rinasce un impero (...) Una dittatura
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comunista non cade mai (...) Un partito però funziona come un'azienda dove (...) assumono solo manager ubbidienti, impiegati
servili, yes-men (...) Guai all'illuso che crede di portare un contributo personale con la discussione e lo scambio di vedute: finisce
espulso o degradato o lapidato (...) Le magistrature del potere (...) insabbiano tutto (...) Il popolo vuole essere schiavo (...) e vota chi
gli dice bugie (...) E allora perché soffrire, perché lottare, perché rischiare? Ma perché è l'unico modo di esistere quando sei una
persona e non una pecora del gregge, perdio! Se un uomo è un uomo, non una pecora, v'è in lui un istinto di sopravvivenza che lo
induce a battersi anche se capisce di battersi a vuoto, anche se sa di perdere, (...) senza curarsi d'essere solo e anzi fiero di essere
solo. E non ha importanza che egli agisca per se stesso o per l'umanità, credendo al popolo e non credendoci (...) : finché lotta e nel
momento in cui soccombe fisicamente è lui il Popolo, è lui l'umanità. E magari un risultato esiste (...) A volte basta che un individuo
si allontani dal gregge perché il gregge si sparpagli un poco, perché il fiume di lana interrompa il suo fluire lungo il sentiero tracciato.
Che usassi bene questi poveri fogli che ripetono una regola antica (...) e li porgessi ai poveri cristi che si battono da soli, liberi da
schemi e dottrine, disquisizioni teologiche e violenze inutili. Che la raccogliessero loro la tua piccola verità cercata e trovata stavolta
in un piccolo paese che non contava nulla (...) Le dottrine si sfaldano contro l'iniziativa (...) il coraggio e la disubbidienza del singolo
(...) Del resto gli eroi del mito (...) se ne vanno nel fiore della gioventù in modo violento (...) Morire per non morire, (...) per vincere
almeno una volta (...) I disubbidienti (...) sono gli eroi delle fiabe senza le quali la vita non avrebbe senso e battersi sapendo di
perdere sarebbe pura follia.

La peste (A. Camus)
Adesso che ho veduto quello che ho veduto so che io sono di qui che io lo voglia o no (…) Ci può essere vergogna nell’essere felici
da soli (…) Amare o morire insieme, non vi è altra risorsa (…) Non vi è isola nella peste (…) Tutti eravamo nella peste. Non si
poteva fare un gesto senza correre il rischio di far morire (…) Ho cercato allora di capire, di far il meno male possibile.

Le cronache del mondo emerso (L. Troisi)
Prima di quella notte aveva guardato alla sua vita con tristezza: il dolore dell’ultimo anno, gli incubi. Ma ora non voleva morire. Ora
pensava a come sarebbe stato bello rinunciare e tornare a essere la ragazza che in realtà non era mai stata. Che c’era di male? Eppure
non poteva vivere in pace quando continuavano a compiersi le peggiori crudeltà. Poi tutto ridivenne reale: l’ulivo tornò a essere un
albero in mezzo alle erbacce. Il sogno di una vita normale era finito. Si sciolse la treccia. Prese la spada. Quando ebbe finito, in testa
aveva una zazzera corta e arruffata. Gettò i capelli in fondo al giardino. Si sentiva stranamente serena: aveva preso la sua decisione,
nulla poteva più smuoverla.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
La rivolta è nell’uomo, nel suo rifiuto di essere trattato come cosa. È l’affermazione di una natura comune a tutti che sfugge al mondo
della potenza (…) La rivoluzione cesarea trionfante con le sue polizie, i suoi processi e le sue scomuniche, vuole dar prova che non
esiste una natura umana. La rivolta umiliata, con tutti i suoi patimenti, le sue sconfitte, le sue contraddizioni e la sua fierezza
inesausta deve dare a questa natura il suo contenuto di dolore e di speranza.

Se questo è un uomo (P. Levi)
Delle parole diritte e chiare di ** non dimenticherò il senso: appunto perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi
bestie non dobbiamo diventare; si deve voler sopravvivere per raccontare e dare testimonianza; per vivere è importante sforzarci di
salvare almeno la forma della civiltà; siamo schiavi, ma ci è rimasta la facoltà di negare il nostro consenso (…) Camminiamo diritti
non in omaggio alla disciplina ma per non cominciare a morire, (…) per dignità e proprietà.

La peste (A. Camus)
Bisognava cominciare a camminare, tentare (…) Non si trattava di mettersi in ginocchio e abbandonare ogni cosa. Bisognava
riconoscere chiaramente quello che doveva essere riconosciuto, cacciare infine le ombre inutili e prendere le misure necessarie, (…)
adattarsi per vincerla poi. Là era la certezza, nel lavoro d’ogni giorno (....) L’onesto si distrae il meno possibile (…) Il mondo esterno
può sempre salvare (… ) La sciagura non reca solo una sofferenza ingiusta, ma provoca anche a consentire al dolore esaminando
imperfezioni. Era questo uno dei modi della malattia per distogliere l’attenzione e imbrogliare le carte.

36 stratagemmi a cura di M. Faccia (semplice rielaborazione personale che rispetta il senso e, quasi del tutto, la lettera, e che
consiste in un assembramento libero dei brani del libro, con pochissime interpolazioni: un testo in cui gli stratagemmi si
volgono ad incitare il “debole”)
Quella di poter respingere un problema fuggendo può essere un’illusione e il nemico può far apparire vie di fuga solo per evitare che
la mancanza di speranza e alternative ci porti a una lotta senza quartiere dispendiosa per sé o per catturarci con imboscate sui sentieri
aperti… Mentre il nemico attende la nostra fuga precipitosa, per noi è meglio attendere a nostra volta, nascondendo la nostra forza e
l’intenzione, rafforzandoci, osservando e preparando l’occasione migliore per colpire o sottrarci. Il nemico probabilmente non ci
inseguirà con troppa foga e ciò per evitare che, spinti allo stremo, ci trasformiamo da prede in un pericolo, che prendiamo coraggio
vedendo nella sua corsa il segno della sua frustrazione e paura. (Allontanare la presa per poterla poi serrare più facilmente; Clamore
a oriente, attacco a occidente; Portare via la pecora che capita sottomano). Fuggire in modo saggio è ad esempio trovare un alleato
e, trovatolo, evitare di entrarci in conflitto e imparare a gestire la rabbia col tempo sempre più, rafforzando la concordia per trarne
energia da impiegare per difenderci dai nemici e per evitare che essi sfruttino contese e irascibilità per alienarci le simpatie
dell’alleato e di chi ci è intorno in generale e per sfibrarci con le liti continue. (Osservare l’incendio sulla riva opposta del fiume;
avanzare verso Chen Chang per una strada segreta; Usare una donna per irretire un uomo; approfittare dell’incendio per darsi al
saccheggio). In ogni caso, se si è stati sopraffatti è meglio fuggire, perché fino a quando non si viene battuti, c’è l’opportunità di
vincere: è giusto raccogliere le forze, badando anche a non mettere tutte le uova in un solo paniere (Fuggire oggi per combattere
domani). Di fronte a un avversario più potente ritirarsi inoltre può essere l’ideale per dividere le forze nemiche in modo da poterle
affrontare. Evitando di attaccare un nemico, cioè di andare sul suo terreno, si può avere il vantaggio anzi di combatterlo sul proprio, il
che comporta anche sacrificare molto, ma non si può ottenere niente senza paziente sacrificio di qualcosa (Lanciare un mattone per
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ottenere una giada; Convincere la tigre a lasciare le montagne). Anche l’esporsi a malintesi può tornare utile, se gli avversari ne
approfittano scoprendosi, perché si può frustrarli con continui chiarimenti che ne contraddicono i pregiudizi e cioè i desideri emersi.
Si possono sfruttare territorio, beni e agenti dell’avversario più potente, godendone i benefìci, preoccupandosi solo di mantenere il
controllo sui propri desideri senza superare la propria capacità di “sostegno” e senza diventare schiavi di oggetti o alleati: il punto
fondamentale in guerra è colpire il punto giusto al momento giusto, non la posizione di partenza.Si può sfruttare l’aggressività stessa
del nemico, per apprenderne e mutuarne alcuni espedienti o per allenarsi a superare l’attaccamento della propria mente alla paura,
esponendosi poco a poco al senso di orrore o terrore (Uccidere un nemico con una spada presa a prestito; Mutarsi da ospite a
padrone di casa). Nel considerare le proprie paure bisogna ricordarsi anche che, dato che delle situazioni di disordine in cui cadiamo
un nemico può approfittare facilmente fingendosi una guida e ottenendo con consigli un’influenza su di noi (che può poi usare per
danneggiarci), è bene approfittare del fatto che il disordine può avere un valore positivo se ci si rifiuta di affidarsi ad altri e si usa
quanto si ha davanti per imparare a esercitare nuove capacità, un po’ come quando si pratica la meditazione e una paziente e naturale
autoanalisi invece di affidarsi a testi di sedicenti “esperti” e a pregiudizi comuni per comprendere sé e il proprio stato (Intorbidire
l’acqua per catturare i pesci). Si deve essere indulgenti con se stessi riguardo a limiti e tempi personali di ripresa.Apparire forti e
intelligenti può voler dire del resto apparire pericolosi e attirarsi nemici: una volta chiaro che ci saranno sempre persone che avranno
di noi una scarsa opinione, si può sentirsi liberi di rispondere di sé solo a Dio senza essere preda di ciò che gli altri pensano del nostro
carattere e del nostro comportamento. Chi sa darsi da sé l’approvazione, può attaccare il nemico più a portata di mano senza rischi
inutili, sapendo che attaccare il forte richiede una dispersione di energie di cui altri nemici più deboli possono approfittare (Allearsi
ai lontani per attaccare i vicini; Additare il gelso per maledire la sofora; Assediare Wei per salvare Zhao). Può essere anzi utile, a
volte, rimanendo lucidi, fingere ignoranza e rimanere fermi, per evitare di fare mosse avventate (Far spuntare fiori sull’albero). È
indispensabile dissociarsi dal proprio ego, tanto da rivolgere, se utile, anche parole umili e sorrisi, aspettando l’occasione giusta per
colpire: si tratta di essere presenti ai propri desideri, ansie e rancori, senza attaccamento e senza esplosioni d’ira o sarcasmo, restando
calmi come l’oceano che nasconde attività e possibilità (Celare un pugnale dietro un sorriso). Giudicando i propri desideri, impulsi e
punti deboli con distacco, sarà anche possibile evitare la trappola dell’inseguimento spossante e dispendioso di “tesori” tesa dai
nemici, che intanto conservano le forze e attendono che ci esauriamo nella caccia oppure osservano per studiare le nostre reazioni.
Meglio restare calmi e ordinati e attendere, raccogliendo possibilmente intanto mantenendo pronte parole e prove. (Sprangare le
porte per catturare il ladro; Togliere il fuoco da sotto la pentola; Battere l’erba per spaventare il serpente; Portare via la pecora che
càpita sottomano).Un’ammissione di debolezza, se rara e autoironica, inoltre può spingere altri ad aiutare, ad apprendere o a pensare
che le cose non stiano così male (Lasciare aperte le porte della città) oppure può portare un nemico a rivelare troppo, come altri
atteggiamenti “passivi” (quali la pazienza o la disponibilità a fare un favore) (Farli salire sul tetto e portare via la scala; Uccidere
con una spada presa a prestito). Bisogna saper rinunciare e superare la visione dualistica. Bisogna uccidere se stessi. In quel
momento gli altri hanno paura e fuggono. La vera energia si manifesta interiormente e la via non è sempre competizione perché
procede al di là della vita e della morte. Il primo combattimento si svolge nella mente e lo sviluppo graduale è il modo corretto per
conseguire risultati durevoli. Anche lontano dalla società o entro i limiti ingiusti posti da uno stato, il debole, cioè l’individuo, può
esercitare un’influenza (ad esempio, una manifestazione riuscita è quella cui sono convenute persone a migliaia, anche quando esse si
disperdono, appena la polizia è annunciata).Mantenendo sempre il proprio centro, può arrivare un momento in cui blocchi e tensioni
interiori ,accettati e distaccati, si risolvono naturalmente, un po’ come quando la buona respirazione ci ottiene la postura corretta
desiderata senza che ci sforziamo di fissare l’attenzione sui singoli punti della postura (Attendere riposati mentre il nemico si
affatica). In generale, di fronte a cose che ci disturbano (pensieri, nemici, ecc.), non frutta nulla respingerli man mano che avanzano,
ma occorre osservarne da lontano il modo in cui lo fanno e rompere il loro ritmo da una visione d’insieme, che diverrà più chiara
grazie a questo sguardo distaccato e flessibile. Una pecora indifesa non afferrata in tempo può trasformarsi in un lupo ansioso di
provare denti e artigli. In generale più il nemico è forte e organizzato, maggiori sono le opportunità di trarre vantaggio dei suoi punti
deboli e di obbligarlo all’inseguimento, impoverendone con il tempo risorse ed energie (incatenare tra le navi da guerra del nemico).

Aristofane
L’uomo saggio impara molte cose dai suoi nemici.

Test della personalità (E. Sanavio – C. Sica)
Anchisi e Dessì (...) concettualizzano l'assertività (ed i training di assertività) lungo cinque elementi guida: 1) riconoscere le emozioni
e accettarle senza imbarazzo, 2) comunicare le proprie emozioni sia verbalmente sia non verbalmente, 3) avere consapevolezza dei
propri diritti come dei diritti altrui, 4) apprezzare se stessi ed essere disponibili ad apprezzare gli altri, 5) essere consapevoli di essere
gli artefici del proprio destino (...) Il Coping Orientations to Problem Experienced [Carver, Scheier e Weintraub 1989] prende in
considerazione diverse modalità di coping (...) I 15 diversi tipi di coping presi in considerazione dal questionario sono: 1) Attività:
intraprendere qualche tipo di attività per eliminare lo stress o attutirne gli effetti; 2) Pianificazione: riflettere, pianificare, elaborare
strategie per risolvere il problema; 3) Soppressione di attività competitive: mettere da parte ogni altra attività, evitare la distrazione
per poter trattare più efficacemente il problema; 4) Contenimento: aspettare l'occasione propizia per affrontare lo stress, trattenersi
dall'agire impulsivamente; 5) Ricerca di informazioni: chiedere consigli, assistenza, informazioni; 6) Ricerca di comprensione:
ottenere supporto morale, rassicurazioni, comprensione; 7) Sfogo emotivo: esprimere emozioni, dare sfogo ai propri sentimenti; 8)
Reinterpretazione positiva e crescita: elaborare l'esperienza critica in termini positivi o di crescita umana; 9) Accettazione:
accettazione della situazione e/o della propria incapacità nell'affrontarla (...) È probabile che gli stili di coping (così come i tratti di
personalità) influenzino i modi con cui le persone reagiscono allo stress in situazioni specifiche (...) Si può parlare di valore adattivo
dei meccanismi di coping, solo se questi sono utilizzati con una certa costanza indipendentemente dalle situazioni venendo così a
configurarsi, almeno in parte, come stili o disposizioni dell'individuo (...) Occorre rimarcare che i processi di coping non sono in
assoluto adattivi o disadattivi, al di là delle classificazioni che vengono proposte: una strategia utile in una situazione può rivelarsi
fallimentare in un'altra, oppure una modalità utile in prima battuta può rivelarsi dannosa se utilizzata per lunghi periodi. Per esempio,
persone tenaci e inclini al cambiamento potrebbero trovarsi in difficoltà in situazioni non modificabili.
L’ira (L..A. Seneca) (cit. riportata senza indicare quando tra le frasi trascritte ce ne sono nell’originale delle altre)
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C’è troppo poco tempo per adirarsi: questo tempo magari riguarda la tua morte. Ciò che si suole dire con efficacia in occasione di un
lutto si può dire anche di fronte all’ira: smetterai una buona volta o non smetterai? E poi, dato che l’ira sbollirà da se stessa, è meglio
che sia vinta da te, che in modi e tempi imprevedibili con tuo rischio. L’ira comincia con grande slancio ma poi viene meno,
stancandosi prima del tempo, benché non abbia meditato altro che castighi inauditi e quando è il momento di punire è ormai fiacca.
L’ira rende imprudenti e può dar piacere ai nostri nemici. L’ira può spingere dei nostri nemici inoltre ad arrabbiarsi di più prima che
noi abbiamo la possibilità di fargliela pagare (con gli interessi). Contro chi è più forte bisogna rassegnarsi al proprio destino. Aiuta a
soffrire meno e a prevenire grandi ire aspettarsi le offese più grandi. Se chi ha offeso è un nemico, ha fatto ciò che doveva e si doveva
aspettarsi. Non bisogna sperare troppo neanche dagli amici per non adirarsi. Con forti o deboli è comunque rischioso adirarsi e fa più
soffrire spesso l’ira dell’offesa, perché è lungo il tempo dell’ira e porta a esporsi a molte offese e a sprecare il nostro breve tempo in
maledizioni o azioni insicure o non di grande profitto comunque vada. Se tu torturassi un nemico, non potresti farlo a lungo! I delitti
aumentano ogni giorno e non sono più occulti, perciò se si dovesse adirarsi per essi si dovrebbe presto impazzire. Si può sperare che i
nemici soffriranno lo stesso. E comunque moriranno. L’ira a volte ci evita disprezzo, ma è meno pericoloso il disprezzo dell’ira e poi
si può essere disprezzati anche perché irati, dato che l’ira smanaccia a vuoto; è ridicola nei deboli, spregevole nei modi e negli effetti.
Astuzia e simulazione sono ciò che serve, essere valorosi come soldati abili proprio quanto più rispettano le tattiche e dominano gli
istinti. Lira ha fretta, ma per giudicare occorre tempo. Non per perdonare a priori e per ridurci a agnelli serve tempo, ma per ritrovare
la ragione. Ogni passione si può dominare con l’impegno e in ciò la natura ci aiuta. La coerenza della vita spesso mostra agli altri che
non si è fiacchi ma ragionevoli. È grande ciò che è sereno. L’ira gonfia e nasconde paura e miseria. È lontana dalla magnanimità
quanto la temerarietà dal coraggio, il cipiglio burbero dall’austerità, la crudeltà dalla severità, il lusso, l’avarizia e l’ambizione da ciò
che è nobile e vero. Disprezziamo l’ira dai primi sintomi! L’ira è una follia di breve durata e porta alla pazzia e a rovinare la vita
familiare, a prendersela anche con se stessi in mancanza d’altro e a negare la verità. Alla lunga l’abitudine all’ira porta alla crudeltà,
male molto diverso, inumano e inguaribile.

Crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
L’estirpazione viene istintivamente scelta, nella lotta contro un desiderio, da coloro che sono troppo deboli (…) per potersi imporre
(…) una misura (…) I mezzi radicali sono indispensabili solo ai degenerati (…) La (…) spiritualizzazione dell’inimicizia. Essa
consiste nel comprendere profondamente il valore dell’avere nemici (…) Una creazione nuova (…) Solo nel contrasto si sente
necessario, solo nel contrasto diventa necessario… Non diversamente ci comportiamo con il “nemico interiore”: anche qui abbiamo
spiritualizzato l’inimicizia, anche qui abbiamo compreso il suo valore. Si è fertili solo a patto di essere ricchi di contrasti; si resta
giovani solo a condizione che l’anima non si distenda, non desideri la pace…

Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Non ci lasceremo uccidere da nulla, prima di averlo tentato (…) Non occorre che ci chiediamo se quello che vogliamo fare reggerà a
ogni prova: tutto è fugace e fluido e chi non è come noi non capirà. Perché non si capisce ciò che si vede o si fa, ma solo ciò che si è.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Bisogna chiamare la morte, accettarla accanto a sé, (…) allontanare il nostro daimon, per quanto doloroso, e attraversare da soli
un’orribile landa desolata e allora il cuore trova un altro modo di battere. Chi ha fatto questo scopre di essere una cosa sola con lui e
di poter andare in luoghi lontani e tornare indietro più saggi.

Il buio oltre la siepe (H. Lee)
Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare ugualmente e arrivare fino in fondo,
qualsiasi cosa succeda. È raro vincere in questi casi, ma qualche volta si vince. La signora ** ha vinto. È morta come voleva morire,
senza essere schiava né degli uomini né delle cose. Era la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto.

Zibaldone (G. Leopardi)
Moltissimi sogliono mendicare il coraggio non dal disprezzo del male, ma dalla sua immaginata falsità o piccolezza, (…) così non
temono se non in quei rari casi nei quali sopraggiunge un male così evidente e reale e che li tocchi in modo che non possano
ingannarsi, giacché anche sopraggiunto che sia, molte volte non lo credono affatto male, cioè non lo vogliono credere. E questi che
forse spesso passano per coraggiosi, sono i più vigliacchi che mai, giacché non sanno sostenere non solo la realtà ma neppure l’idea
dell’avversità, e quando hanno sentore di qualche disgrazia che loro sovrasti o sia accaduta, subito corrono col pensiero ad arroccarsi
e trincerarsi e chiudersi e incatenacciarsi poltronescamente in dire fra sé che non sarà nulla (…) Per li fatti magnanimi è necessaria
una persuasione che abbia la natura di passione, e una passione che abbia l’aspetto di persuasione (…) L’irresoluzione è peggio della
disperazione.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Morì (…) I suoi nervi, protetti fin dalla nascita dalla sicurezza, non erano abituati a trasmettergli i messaggi del destino. (…) Era
sempre freddo, preciso, fiducioso.

Massime e pensieri (La Rochefoucauld)
Il perfetto coraggio consiste nel fare senza testimoni ciò che si sarebbe capaci di fare in pubblico (…) L’intrepidezza è una forma
straordinaria dell’animo che lo innalza al di sopra dei turbamenti, dei disordini e delle emozioni che potrebbe suscitare la vista dei
grandi pericoli. Per questa forza gli eroi mantengono uno stato di calma e conservano il libero uso della ragione negli accidenti più
strani e terribili (…) In genere i più si espongono quanto basta per salvare l’onore; pochi vogliono esporsi quanto occorre per far
trionfare lo scopo pel quale si espongono (…) La vanità, la vergogna e soprattutto il carattere spesso fanno il coraggio degli uomini
(…) Deboli ragionamenti (…) sono, per la nostra sicurezza, quello che è in guerra una siepe per coloro che devono avvicinarsi a una
posizione donde si spara. Da lontano si pensa che può mettere al coperto, ma quando si è vicini, si vede che è un riparo ben debole
(…) È un’illusione credere che (…) i nostri sentimenti, che non sono che debolezze, siano di una tempra così forte da non essere
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toccati dalla più rude di tutte le prove (…) La ragione, nella quale crediamo di trovare tante risorse è troppo debole in tale occasione
per dimostrare ciò che vogliamo (…) Non può rispondere del proprio coraggio chi non si è mai trovato in pericolo (…) Tutti abbiamo
abbastanza forza per sopportare i mali altrui (…) Il perfetto coraggio e la codardia perfetta sono due estremi cui si giunge raramente.
Lo spazio che li separa è vasto e contiene tutte le diverse specie di coraggio, fra le quali non vi sono meno differenze che fra le
diverse fisionomie e i diversi caratteri. Alcuni si espongono volentieri al principio di un’azione e poi si impauriscono e se ne ritirano
secondo la sua durata; altri si accontentano di aver soddisfatto all’onore mondano e non fanno di più; altri non sono sempre
ugualmente padroni della loro paura. Alcuni si lasciano talvolta trascinare dal terrore generale e altri vanno alla carica, perché non
osano rimanere nelle posizioni. Vi sono alcuni ai quali l’abitudine dei pericoli minori assoda il coraggio e li prepara a esporsi ai
pericoli più grandi; altri sono valorosi all’arma bianca, ma temono la fucileria; altri si mostrano franchi al fuoco e hanno paura del
corpo a corpo. Tutte queste diverse specie di coraggio concordano in questo: che la notte aumenta i timori e nasconde tanto le buone
che le cattive azioni e offre così il modo per fare il meno possibile (…) Spesso le passioni ne generano altre, contrarie. L’avarizia
produce la prodigalità e la prodigalità l’avarizia; talvolta l’uomo è fermo per debolezza e audace per timidezza (…) Siamo deboli e ci
chiamiamo ostinati (…) I condannati al supplizio mostrano talvolta una costanza e un disprezzo della morte che non sono in realtà
altro che il timore di considerarlo; questa costanza e questo disprezzo sono per il loro animo ciò che la benda è per gli occhi.

Lachete in Dialoghi socratici (Platone)
Non ci sono solo quelli che sono coraggiosi in guerra, ma anche quelli che lo sono nei pericoli del mare e quelli che lo sono di fronte
alle malattie, alla povertà o alle faccende politiche; e inoltre quelli che non solo sono coraggiosi di fronte ai dolori e alle paure, ma
sono capaci di combattere anche contro i desideri e i piaceri, sia rimanendo fermi sia ritirandosi, perché anche in queste cose,
Lachete, ci sono coraggiosi (…) Tutti costoro sono dunque coraggiosi, ma alcuni posseggono il coraggio nei piaceri, altri nei dolori,
altri nei desideri, altri nelle paure (…) Sovente la fermezza stessa è coraggio (…) Non so cosa sia il coraggio.

Zibaldone (G. Leopardi)
L’immaginazione profonda non credo che sia molto adattata al coraggio, rappresentando al vivo il pericolo, il dolore, ecc. e tanto più
al vivo della riflessione quanto questa racconta e quella dipinge. E io credo che l’immaginazione degli uomini valorosi (che non
debbono esserne privi, perché l’entusiasmo è sempre compagno dell’immaginazione e deriva da lei) appartenga più all’altro genere
Chi è nobile, sensibile, onesto di solito non è forte né coraggioso e viceversa. [In questa citazione le parole non sono esattamente le
stesse, perché non ritrovo con facilità il passo nel libro, ma il concetto senz’altro].

Lord Jim (J. Conrad)
Siamo adescati a commettere dei fatti pei quali ci si insulta e altri fatti pei quali ci si manda al patibolo, eppure lo spirito può ben
sopravvivere alla condanna (…) Era ricco di immaginazione (…) La sua maledetta immaginazione aveva evocato per lui tutti gli
orrori del panico (…) Il desiderio di pace cresce a misura che la speranza declina, fino a conquistare il desiderio stesso di vivere (…)
Il desiderio infinito di riposo e la vana prova dello sforzo (…) sono sentimenti ben noti a coloro che lottano con irragionevoli forze
(…) come le potenze inconsce della natura o la stupidità della folla. Vi è una debolezza recondita, ma di cui si sospetta l’esistenza
(…) e da essa nessuno si salva (…) L’uomo è nato codardo (…) Sarebbe troppo facile se fosse diverso. Ma la consuetudine (…) gli
occhi degli altri (…) Ci si abitua. E poi l’esempio degli altri che non sono migliori, eppure fan buon viso a cattivo gioco (…) L’onore
è reale (…) ma tutto non si potrebbe ridurre a non essere scoperti?

Prometeo o lo stato dell’umanità - Il volo di Icaro - Scilla e Cariddi o la via di mezzo in La sapienza degli antichi (F. Bacone)
I seguaci di Prometeo, uomini assolutamente prudenti, e che guardano al futuro, riescono contamente ad evitare mali e infortuni e li
scacciano; ma, con questa virtù, va congiunto il fatto che si privano di molti piaceri e del vario diletto della vita e frodano la loro
inclinazione e, cosa ancora peggiore, si tormentano e sono tormentati dalle angosce e da timori remoti. Difatti, legati alla colonna
della necessità sono torturati da infiniti pensieri (rappresentati dall’aquila per la loro mobilità) e per di più pungenti, mordaci e
corrodenti il fegato. Solo a momenti, specialmente di notte, questi concedono una certa remissione e quiete all’animo, ma di tal fatta
che subito ritornano nuove ansietà e timori. Pochissimi hanno avuto il beneficio di entrambe le sorti di mantenere i vantaggi della
prudenza e di liberarsi dei mali degli affanni e dei turbamenti: e nessuno può ottenere ciò se non per mezzo dell’aiuto di Ercole, cioè
della fortezza e costanza d’animo, che, preparato ad ogni evenienza e imperturbabile a ogni sorte, guarda senza timore, agisce senza
fastidio, tollera senza impazienza. Degno di essere notato è che questa virtù non era innata in Prometeo, ma acquisita e per di più per
opera altrui. Infatti nessuna forza innata e naturale può essere pari a tanto: questa virtù fu portata a Prometeo dal sole e venne
dall’estremo oceano. Essa viene infatti dalla sapienza, che è come il sole, e dalla meditazione sull’incostanza della vita umana e delle
sue onde, che è come un navigare sull’oceano (…) Ercole navigò in una coppa o in una brocca: ciò si dice affinché gli uomini non si
scusino o temano troppo la miseria o la fragilità della loro natura, se non sono capaci di una forza e di una costanza di questo tipo: di
ciò Seneca disse bene affermando: “È grande cosa avere insieme la fragilità dell’uomo e la fortezza di Dio”.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Molti perdono il coraggio se il male si presenta in forme insospettate, diverse da quelle da loro previste.

Ricordi (F. Guicciardini)
Bestiale è quello che, non conoscendo i pericoli, vi entra dentro inconsideratamente; animoso quello che gli conosce, ma non gli teme
più che bisogni (…) È antico proverbio che e’ savi sono timidi, perché conoscono tutti e’ pericoli, e però temono assai. Io credo che
questo proverbio sia falso, perché non può più essere chiamato savio chi stima uno pericolo più che non merita essere stimato; savio
chiamerò quello che conosce quanto pesi el pericolo e lo teme appunto quanto si debba. Però più presto si può chiamare savio uno
animoso che uno timido, e presupposto che tutt’e dua vegghino assai, la differenza dall’uno all’altro nasce perché el timido mette a
entrata tutti e’ pericoli che conosce che possono essere, e presuppone sempre el peggio de’ peggi; l’animoso, che ancora lui gli
conosce tutti, considerando quanti se ne possino schifare dalla industria degli uomini, quanti ne fa smarrire el caso per se stesso, non
si lascia confondere da tutti, ma entra nelle imprese con fondamento e con speranza che non tutto quello che può essere abbia a essere
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(…) Nel maneggiare si scopre più facilità; (…) facendo, le difficoltà per se medesime, si sgruppano.

Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
“Dovete scusare me che sono vecchio – voi che siete ancora giovane e, per così dire, di primo pelo, e che perciò più di ogni altra cosa
apprezzate l’intelligenza umana, come tutti i giovani. L’acutezza briosa dell’ingegno e i ragionamenti astratti dell’intelletto vi
seducono. È proprio come la storia del vecchio consiglio di guerra austriaco, almeno per quel tanto che so di cose militari: sulla carta,
essi avevano sconfitto e fatto prigioniero Napoleone, e lì, al chiuso del loro gabinetto, avevano calcolato e dedotto tutto con il
massimo acume; ma poi, guarda un po’, il generale Mack si arrende con tutta la sua armata (…) La realtà e la natura, amico mio,
sono una cosa importante, e a volte tagliano tremendamente le gambe al calcolo più sagace! (…) L’ingegno, secondo me, è una cosa
magnifica; è, per così dire, l’ornamento della natura e la consolazione della vita (…) Ma la natura, alla fine, aiuta questo povero
giudice istruttore, ecco qual è il guaio! (...) Lui, magari, cioè il mio uomo, il caso particolare, il mio incognito, mentirà e mentirà
benissimo, nella maniera più scaltra; ecco dunque, verrebbe fatto di pensare, il trionfo: potrà godersi i frutti della sua ingegnosità; e
invece, paffete! Proprio nel momento più interessante e più scabroso, eccoti che sviene (.,.) Non ha tenuto conto della natura. Ecco
dov’è l’insidia! Un’altra volta, trascinato dalla briosità del proprio ingegno, comincia a farsi beffe dell’individuo che sospetta di lui,
ed ecco che impallidisce come volutamente, come per gioco; ma impallidisce in maniera fin troppo naturale, fin troppo verosimile, e
di nuovo fa nascere un sospetto! Ammettiamo che lo infinocchi la prima volta; ma di notte l’altro ci pensa su, se non è proprio un
minchione. E così via, a ogni passo! E non è tutto: lui stesso comincia a mettere le mani avanti, a farsi vedere dove nessuno lo
chiama, a parlare senza fine di cose di cui al contrario dovrebbe tacere, comincia a tirarti fuori delle allegorie, eh, eh! Si presenta lui
stesso e comincia a chiedere: perché non mi avete ancora arrestato? Ah, ah, ah! E questo può capitare anche all’uomo più intelligente,
a uno psicologo e a un letterato! La natura è uno specchio, uno specchio, e dei più trasparenti! Guardati dentro e ammirati, ecco come
stanno le cose! Ma perché siete impallidito, **? Vi manca forse l’aria? Volete che apra la finestra?”
“Oh, vi prego, non disturbatevi!” esclamò ** scoppiando d’un tratto a ridere. “Non disturbatevi, prego!”
*** gli si fermò davanti, attese un momento e di colpo scoppiò lui stesso a ridere, seguendo l’esempio dell’altro. ** si alzò dal
divano, e troncò di netto la propria risata, chiaramente isterica.

Etica Nicomachea (Aristotele), presentazione del 1979, edizione Rusconi
Per Aristotele la natura fornisce all’uomo solo delle capacità potenziali: come si diventa costruttori costruendo, musicisti suonando,
così si diventa (…) coraggiosi componendo atti di coraggio (…) Nell’esercizio abituale di un certo tipo di azione si acquisisce la
disposizione a compierle bene o male. Ed è di importanza determinante alle abitudini virtuose si sia iniziati fin dalla più tenera età.
Chi non ha mai paura è insensibile o pazzo (…) Spesso il temerario simula soltanto il coraggio, è precipitoso e incoerente e
sostanzialmente vile (…) Il coraggio consiste in un comportamento equilibrato e fermo di fronte sia a ciò che ispira timore sia a ciò
che suscita ardore (…) Il coraggio (…) dovuto alla maggiore esperienza delle situazioni di pericolo è più apparente che reale.
L’impulsività aggressiva, di per sé comune anche alle bestie, può avvicinarsi molto al coraggio se deriva da una scelta ed è
accompagnata dalla consapevolezza del fine (…) Non sono propriamente coraggiosi coloro che sentiamo tali solo perché hanno
molta fiducia nelle proprie forze e quindi sottovalutano i pericoli. Ancora più lontani dal vero coraggio sono coloro che né vedono i
pericolo né hanno particolare fiducia in sé stessi.

Il signore degli anelli (J. R. R. Tolkien)
** non perse tempo a pensare se fosse un atto di coraggio, follia o disperazione (...)
*** non perse tempo a domandarsi che cosa dovesse compiere, se un atto di coraggio, di lealtà o di collera (...)
"Inutile, sono tutti morti" (...) , pensò ** (...) Ma no, doveva arrivare alla fine, indipendentemente dalla possibilità di rivederli". La
debolezza era passata (...)
Mentre la speranza moriva nel cuore di ***, o sembrava morire, essa si trasformò in una nuova forza. Il semplice viso dello hobbit
*** divenne deciso, quasi severo e in lui la volontà si rinforzò, mentre le sue membra erano percorse da un fremito, ed egli si sentì
come trasformato in un essere di roccia e acciaio che né la disperazione né la stanchezza né infinite miglia di deserto potevano
soggiogare. Con un nuovo senso di responsabilità volse lo sguardo verso il terreno circostante, studiando la prossima mossa (...) Si
accorse con sorpresa che era stanco ma più leggero e che la sua mente era di nuovo chiara, non più turbata da lotte interiori.
Conosceva tutti i motivi di disperazione e non voleva ascoltarli. La sua volontà era irremovibile, e solo la morte avrebbe potuto
spezzarla. Non sentiva più né desiderio né bisogno di sonno, ma piuttosto di vigilanza. Sapeva che tutti i pericoli stavano ora
convergendo verso un unico punto: il giorno seguente sarebbe stato un giorno decisivo (...) ** (...) si mise ad avanzare carponi. *** lo
guardò, (...) aiutò ** a salire sulle sue spalle, (...) poi si alzò in piedi e (...) avanzò come meglio poteva e la sua unica guida era la
volontà di arrivare più in alto possibile (...) A un tratto fu colto da un'inesplicabile sensazione d'urgenza. Era come se qualcuno
l'avesse chiamato: "Adesso, adesso, o sarà troppo tardi" (...) Sollevò di nuovo ** (...)
"Dopo aver fatto tanta strada non voglio ancora darmi per vinto. Non è nel mio carattere (...) Che vicenda abbiamo vissuto (...) Vorrei
sentirla narrare" (...) E mentre parlava così per tener lontana la paura sino alla fine, i suoi occhi vagavano verso nord, sempre più a
nord sulle ali del vento, laggiù dove il cielo era limpido e la fredda brezza diradava l'oscurità e le nubi lacerate (...)
"Apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli (...) Quella era una lunga storia, al di là della gioia e
della tristezza".
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RIBELLIONE METAFISICA

Non andartene docile in quella notte (D. Thomas)
Infuria, infuria contro il morire della luce. I saggi non se ne vanno docili in quella buona notte. Gli austeri, accorgendosi che occhi
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spenti potevano brillare come meteore e gioire, si infuriano contro il morire della luce (…) con lacrime furiose. Infuriati, infuriati,
contro il morire della luce.

Ricordi, sogni, riflessioni (C. G. Jung)
Cristo e Buddha (...) sono per un superamento del mondo: ma Buddha con una visione razionale, Cristo come destinata vittima
sacrificale (...) Il sacrificio per Cristo è un ordine del suo destino (...) Entrambe le strade sono buone (...) Ma il corso della storia
portò all'imitazione di Cristo, con la quale l'individuo non segue il proprio fatale cammino verso l'interezza, ma cerca di imitare la via
seguita da Cristo. Anche in Oriente lo sviluppo storico portò a una devota imitazione del Buddha, e questi divenne un modello da
imitare: con ciò la sua idea perse forza (...) Cristo gridò agli Ebrei: "Voi siete dèi", ma gli uomini furono incapaci di intendere che
cosa volesse dire (...) Quale specie di moralità emerge dalla parabola del cattivo amministratore? (...) Ci si adopera a insegnare
idealità che si sa che non potranno mai essere vissute pienamente (...) Il ricordo di mio padre è quello di un uomo che soffre (...) Mio
padre non si era mai interessato al simbolismo di Cristo (...) Lo faceva fremere d'orrore ogni pensiero che cercasse di penetrare le
cose religiose (...) Voleva una fede cieca a causa dei suoi dubbi (...) Gli mancava l'esperienza immediata di Dio, (...) che io avevo
avuto attraverso i sogni e le immagini (...) e accettando di riflettere su di esse (...) La Chiesa e la teologia gli avevano precluso le vie
di accesso diretto a Dio (...) Il peccato della fede è che anticipa l'esperienza. Voleva contentarsi della sua fede, ma ne fu tradito (...)
Faceva del bene, troppo, e di conseguenza era quasi sempre di cattivo umore. I miei genitori facevano grandi sforzi per vivere una
vita devota col risultato che tra loro spesso scoppiavano scenate (...) Aveva vissuto fino alla morte la sofferenza preannunciata e
vissuta da Cristo, senza mai rendersi conto che ciò era una conseguenza dell'imitazione di Cristo (...) Questa è spesso la conseguenza
del sacrificio dell'intelletto (...) L'accettazione cieca non porta mai a una soluzione, ma nel migliore dei casi a una stasi e va a gravare
sulla generazione seguente (...) Io dovevo pensare e (...) feci un sogno e (...) più tardi capii che esso significava che ero anche
costretto a parlare pubblicamente – in gran parte a mio danno – e che dovevo piegarmi al destino, (...) ma che qualcosa in me diceva
"Va bene, ma non del tutto". Qualcosa in me era determinato a non essere (...) una creatura inconscia (...) come i pesci pescati dagli
apostoli (....) e se negli uomini liberi non ci fosse qualcosa del genere, nessun libro di Giobbe sarebbe stato scritto (...) L'uomo si
riserva sempre l'ultima parola (...) Le ambiguità dell'anima possono annientare un uomo. Alla resa dei conti il fattore decisivo è
sempre la coscienza, che è capace di intendere le manifestazioni dell'inconscio e di prendere posizione di fronte a esse.

La peste (A. Camus)
** si alzò di scatto, guardando il prete con tutta la forza e la passione di cui era capace. “No”, disse, “mi rifiuterò fino alla morte di
amare questa creazione dove i bambini sono torturati (…) Odio il male e la morte e, che lei lo voglia o no, siamo insieme per
sopportarli e combatterli e neanche Dio ormai ci può separare.

I promessi sposi (A. Manzoni)
Si immaginava allora la sua resistenza (…) come una colpa (…) Vi son de’ momenti in cui l’animo, particolarmente de’ giovani, è
disposto in maniera che ogni poco d’istanza basta a ottenere ogni cosa che abbia un’apparenza di bene e di sacrificio: (…) son quelli
appunto che l’astuzia interessata spia attentamente e coglie di volo per legare una volontà che non si guarda (…) “Ah sì!”, esclamò
**, scossa dal timore, preparata dalla vergogna e mossa in quel punto da una tenerezza istantanea (…) ** avrebbe poi desiderato
rallentare un momento quella macchina che, appena avviata, andava così precipitosamente, ma non ci fu verso (…) e (…) vergognosa
della sua dappocaggine, indispettita contro gli altri e contro se stessa, (…) risoluta per paura, con la stessa prontezza con cui avrebbe
preso la fuga dinanzi un oggetto terribile, proseguì (…) Vide, in quel momento, una delle sue note compagne che la guardava con
un’aria di compassione e di malizia insieme (…) Quella vista, risvegliando i suoi precedenti sentimenti, le restituì anche un po’ di
quel poco antico coraggio e cominciò a pensare a una risposta diversa da quella che le era stata dettata.

Viaggio in Italia (J. W. Goethe)
I discepoli che gli annunciavano d’essere stati favoriti da visioni, (…) ben sapendo che da siffatte allucinazioni deriva vanagloria
spirituale ostinata e perniciosa, Filippo Neri li andava persuadendo che si trattava di caricature e faceva in modo che poi ne avessero
paura.

Prefazione di J. Conrad a La linea d’ombra
Il mondo dei vivi, quale noi lo conosciamo, contiene meraviglie e misteri a sufficienza (…) che agiscono sulla nostra memoria e
intelligenza in modi inesplicabili (…) Troppo (…) perché io mi lasci affascinare dal mero soprannaturale, che (…) è solo un oggetto
fabbricato ad arte, il prodotto artificioso di menti che non sanno cogliere l’intima, delicata qualità dei legami che abbiamo con i morti
e con i vivi; (…) è un insulto alla nostra dignità (…) La mia nativa modestia non si abbasserà mai al punto da cercare soccorso per la
mia immaginazione nell’ambito delle vane favole comuni a tutte le epoche.

Lo Straniero (A. Camus)
Mi restava poco tempo e non volevo sprecarlo con Dio. Il prete ha cercato di cambiare discorso chiedendomi perché non lo chiamavo
padre e diceva: “Hai un cuore cieco e io pregherò per te”. Allora qualcosa si spezzò in me. Mi sono messo a urlare con tutta la mia
forza e l’ho insultato e gli ho detto che ero sicuro di tutto, di me, della mia vita e della morte che stava per venire. Perlomeno avevo
in mano questa verità. Era come se avessi sempre atteso quell’alba in cui sarei stato giustiziato (…) Che importa se mi avevano
accusato di un assassinio e condotto a morte perché non ho pianto ai funerali di mia madre? Che importava che ** fosse mio amico
come *** che valeva più di lui? (…) Era altrettanto colpevole **** che voleva che io la sposassi (…) Poi ho ritrovato la calma. La
pace della sera entrava in me (…) come una tregua (…) Come se la grande ira mi avesse privato del male, (…) mi aprivo al mondo
(…) Nel trovarlo simile a me, (…) ho sentito che ero stato felice e che lo ero.

La procellaria (M. Moore)
Festina lente, essere gai senza trascendere?E cioè ? Se faccio il bene sono benedetto anche se nessuno mi benedice.

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Introduzione a Poesie di Emily Dickinson
Mentre le sue amiche iniziarono a partecipare sempre più attivamente alle bigotte pratiche religiose tipiche del suo ambiente, Emily
si isolò (…) Fu eremita per scelta consapevole e volontaria (… ) e fu il solo modo per far la sua parte nella storia (… ) È il senso del
destino di Hawthorne (… ) Quando chiuse la porta di casa, dominò la vita tramite la rinuncia; i limiti e gli ostacoli si risolsero in
originalità e potenza. Restava quell’intimità col mistero a riempirle la vita.

Giardinaggio senza giudizio (M. Moore)
Ciò che hai di più tuo, il desiderio di isolamento ha tutto il diritto di implorare che le tue orecchie non vengano offese e non ha
nessun motivo di tollerare l’impudenza.

La favola di Adamo ed Eva (M. Gazzè)
Dico quel che penso e faccio quello che dico l'azione è importante siamo uomini troppo distratti da cose che riguardano vite e
fantasmi futuri, ma il futuro è toccare, mangiare, tossire, ammalarsi d'amore.

Pindaro
Anima mia, non cercare la vita eterna ma sviscera il regno del possibile.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Può accadere che non si sopporti di vedere infliggere altrui offese che noi stessi abbiamo subite senza rivolta (…) e possiamo infatti
trovare rivoltante l’ingiustizia imposta ad uomini che consideriamo nostri avversari (…) L’uomo in rivolta sta prima o dopo
l’universo sacro e si adopera a rivendicare (…) risposte (…) umane, cioè razionalmente formulate. Da quell’istante ogni
interrogazione, ogni parola è rivolta, mentre nel mondo religioso ogni parola è rendimento di grazie (…) A meno di fuggire la realtà,
dobbiamo trovare in essa i nostri valori (…) La solidarietà degli uomini si fonda sul movimento di rivolta, e questo, reciprocamente,
in tale complicità trova giustificazione.

Il diario di Jane Somers (D. Lessing)
Si può morire di rabbia.
Operette morali (G. Leopardi)
Platone, con (…) quelle dottrine sulla vita avvenire (…), sei cagione che si veggano gli infelicissimi mortali temere più il porto che la
tempesta (…) Sei stato più crudele che il fato o la necessità o la natura (…) Ogni tiranno e ogni spietato carnefice che fosse al
mondo. Ma con qual barbarie si può paragonare quel tuo decreto che all’uomo non sia lecito di por fine a’ suoi patimenti? Se la
natura ci ha ingenerato amore della propria conservazione e odio della morte, essa non ci ha dato meno odio dell’infelicità e amore
del nostro meglio, anzi (…) Se è lecito all’uomo incivilito vivere contro natura ed essere così misero, perché non gli sarà lecito
morire contro natura? Perché sia contrario alla natura, non séguita che sia biasimevole: bisognando a mali non naturali rimedio non
naturale (…) Perché questo solo atto si dovrà misurare non dalla natura nuova o dalla ragione?

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Re e preti, nel condannare la dottrina del suicidio, hanno voluto assicurare la durata della nostra schiavitù. Intendono tenerci chiusi in
una cella senza uscita.

La mia Africa (K. Blixen)
Gli indigeni potevano morire se lo volevano (…) Non avevano bisogno di ferirsi, (…) bastava che lo desiderassero intensamente.
Lettera 70 a Lucilio (L. A. Seneca)
L’importante è morire bene o male. Ora, morire bene significa sfuggire al pericolo di vivere male. Perciò considero molto vili le
parole di quel Rodiese che, rinchiuso in una gabbia per ordine di un tiranno e nutrito come una bestia, a chi gli consigliava di rifiutare
il cibo, rispose: “Finché c’è vita c’è speranza”. Anche se fosse vera quest’affermazione, non bisogna comprarsi la vita a qualunque
prezzo. Pensa che si tratta di una decisione per la quale non ha alcuna importanza quello che dicono gli altri. Bada solo a questo: a
sottrarti nel modo più rapido alla fortuna (…) Perché dovrei aspettare la crudeltà di una malattia o di un uomo? (…)La vita (…)non
trattiene nessuno. Ti piace la vita? Vivi. Non ti piace? Puoi tornare donde sei venuto (…) Troverai dei filosofi che negano il diritto di
far violenza alla propria vita (…) La legge eterna non ha fatto niente di meglio di questo: ci ha dato un solo modo per entrare nella
vita, ma molte possibilità di uscirne.

Che cosa sono gli anni? (M. Moore)
Sa vedere nel fondo della cosa ed è lieto chi accetta la morte nella sua prigionia, si eleva al di sopra di se stesso, come il mare dentro
il suo abisso lotta invano per liberarsi e trova nell’arrendersi il suo perdurare (…) La soddisfazione è cosa vile, che cosa pura è la
gioia. Questa è la mortalità, quella è l’eternità.

La ginestra, o fiore del deserto (G. Leopardi)
Secol superbo e sciocco, (…) ti spiacque il vero dell’aspra sorte e del depresso loco che natura ci diè (…) e tu lenta ginestra
soccomberai, (..) ma non codardamente supplicando, non eretto con forsennato orgoglio inver le stelle nè (…) dove la sede e i natali
non per voler ma per fortuna avesti; ma più saggia, ma tanto più saggia, ma tanto meno inferma dell’uom.

Piccola storia naturale: i morti (E. Hemingway)
Quell’ostinato viaggiatore che fu Mungo Park (…) trovò, (…) sperduto e solo, (…) un piccolo fiore muscoso di meravigliosa
bellezza (…) e riferisce: (…) “Poteva l’Essere che aveva coltivata, irrigata e condotta a perfezione, in quella oscura parte della terra,
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una cosa che appariva di sì minuscola importanza, disinteressarsi della situazione e della sofferenza di creature fatte a immagine e
somiglianza sua? No, certamente. Riflessioni di tal fatta non mi permettevano di disperare” (…) Mi è sempre parso che la guerra
quale campo d’osservazione per il naturalista era stata dimenticata (…) C’è da chiedersi che cosa quell’ostinato viaggiatore che fu
Mungo Park avrebbe saputo vedere a ristoro della propria fede qualora trovato un campo di battaglia in una giornata calda (…) La
maggior parte degli uomini muore come animali e non come uomini, (…) come i gatti (…) con il piombo nel cervello (…) che se ne
vanno nel ripostiglio del carbone e non ne vogliono sapere di morire se non si taglia loro la testa (…) Ed è stupefacente che il corpo
umano possa dividersi in pezzi, esplodendo, non secondo l’anatomia, ma capricciosamente, (…) molti pezzi a considerevole distanza,
(…) una manciata di vermi dove prima era una bocca (…) Una morte naturale (…) come quell’ostinato viaggiatore che fu Mungo
Park, sapevo che c’era e infine ne vidi una (…) per morte spagnola. In questo caso si affoga nel muco, sentendosi soffocare (…) e il
paziente, pur conservando la forza d’uomo, ritorna ad essere un bambino (…) E ora voglio vedere la morte di un sedicente umanista.

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
Per il Principe il giardino profumato fu causa di cupe associazioni di idee. “Adesso qui c’è un buon odore; ma un mese fa…” (…)
Era stato il soprastante a rivenire quella cosa spezzata, (…) a ricacciare con un rametto le viscere dentro lo squarcio del ventre (…)
Un De Profundis per l’anima dello sconosciuto (…) e, la coscienza delle donne di casa essendosi rivelata soddisfatta (…) del morto
non si era parlato più: i soldati sono soldati appunto per morire per il Re. L’immagine di quel corpo sbudellato riappariva però spesso
nei ricordi (…) Se n’era venuto a morire solo, sotto un albero di limone (…) E se anche **? Osservò sei agnellini, gli ultimi
dell’annata: (…) anche i loro ventri erano stati squarciati e i loro intestini iridati pendevano fuori (…) Quattro paia di galline
attaccate per le zampe si torcevano di paura (…) “Il Signore abbia l’anima sua”, pensò ricordando lo sbudellato (…) Lo spettacolo di
sangue e terrore però lo disgustò.

Lucrezio
Nel cuore della fonte di delizie scorre un rivolo amaro che tra i fiori stessi ci tortura.

I demoni (F. Dostoevskij)
Piangeva commosso da tanta bellezza (…) Poi vide sulla pianta un ragno rosso.

Dolce notte in Il colombre (D. Buzzati)
Terrore, angosce, stupro, agonia, morte per mille e mille altre creature di dio: è il sonno notturno di un giardino di trenta metri per
venti.

Le nevi del Chilimangiaro (E. Hemingway)
** era un uomo grasso e coraggioso (…) ma quella notte rimase preso nel reticolato, illuminato dal lampo dello scoppio, e gli
intestini erano usciti fuori impigliandosi tra il fil di ferro tanto che quando lo portarono via, vivo, dovettero prima tagliarli. “Sparami,
per l’amor di Cristo, sparami”. Una volta avevano avuto una discussione sul fatto che Nostro Signore non vi manda mai nulla che
non possiate sopportare. Pensavamo volesse dire che si sarebbe persa coscienza appena un dolore fosse insopportabile (…) Ma egli si
era sempre ricordato di ** quella notte. Niente aveva potuto finire **; finché lui non gli aveva dato tutte le compresse di morfina che
aveva tenuto da parte per sé. E non avevano fatto effetto subito.

1984 (G. Orwell)
Lo picchiarono per ore (…) per giorni (…) La cosa più ingiusta, scandalosa (…) era il fatto di non perdere conoscenza.

Per un ritratto dello scrittore da giovane( L.Sciascia)
Ha appena superato dei momenti difficili: (…) (G. A. Borgese) scrive: (…) “si matura quella concezione pessimistica della vita senza
la quale non si è che avventurieri”.E sono, queste ultime, grandi parole: per chi sappia intenderle.

L’Anticristo (F. Nietzsche)
Una virtù deve essere una nostra invenzione, una personalissima legittima difesa e necessità nostra: in ogni altro senso essa è solo un
pericolo (…) Nulla corrode più profondamente, più intimamente di ogni dovere “impersonale” (…) Che cosa distrugge più in fretta
che lavorare, pensare, sentire senza un’intima necessità, senza una scelta profondamente personale, senza gusto? Come un automa
del “dovere”? È questa né più né meno, la ricetta della décadence, o addirittura dell’idiotismo (…) Chi soffre va sostenuto con una
speranza che non possa venir contraddetta da alcuna realtà – che non venga estinta da un adempimento: una speranza oltremondana.
(Proprio a cagione di questa capacità di tener calmo lo sventurato, la speranza era ritenuta, presso i Greci, il male dei mali, il male
veramente perfido: esso era in fondo al vaso del male) (…) Il buddhismo non promette, ma mantiene, il cristianesimo promette tutto,
ma non mantiene nulla.
Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Il piccolo frammento di coscienza che era stato ** si levò in aria come aveva fatto tante volte la sua mongolfiera. Insensibile, sordo
alle esplosioni, alle grida di dolore, consapevole solo del suo ascendere, l’ultimo rimasuglio di ** passò attraverso le nuvole grevi e
uscì sotto le stelle splendenti dove gli atomi del suo daimon lo stavano aspettando.

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
Per lui, avvezzo a scrutare spazi esteriori illimitati, la morte non era sgradevole: la sensazione della perdita di vitalità era quella di un
continuo minutissimo sgretolamento della personalità congiunto al presagio vago del riedificarsi altrove di una personalità meno
cosciente ma più larga (…) Un triangolo come un viso gli appariva tra le stelle, a volte.

Marte e Venere si innamorano di nuovo (J. Gray)
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L’impulso verso la morte denuncia un desiderio di liberarsi dal dolore, di essere di nuovo felici o conquistare un senso di pace. Per
intervenire sulla tendenza al suicidio bisogna riconoscere il sentimento che dice “voglio morire”, poi andare più in profondità (…) e
cogliere l’affermazione della vita (…) Ora si può cominciare a elaborare le emozioni in un (…) processo risanatore.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
L’inconscio comunica solo in modo indiretto, attraverso fantasie, idee, immagini da interpretare.

La felicità è un cucciolo caldo (C. Montes de Oca)
Dopo i trattamenti, la sua pelle assumeva un grigio pallore (...) Era molto debole e (...) passava 5 o 6 giorni terribili assalita da una
nausea che sembrava non avere fine (...) Mi chiese di andarla a trovare con Arlo, (...) un australian cattle dog (...) Lo abbracciò e nel
giro di poco la sua energia era cambiata (...) Questo cane non è solo di grande conforto per mia figlia: mi aiuta a distrarmi, perché ha
bisogno che mi prenda cura di lui e (...) mi ricorda di non aver paura di essere chi sono, di mostrare tutto l'amore che ho da dare e
tutto quello che ho da condividere, perché (...) Arlo ama incondizionatamente, (...) non ha paura del rifiuto e (...), se gli si chiede di
spostarsi, lo fa senza protestare (...) Sono passati 3 anni da quando mia figlia ha ricevuto la diagnosi di 6 mesi. Il futuro è incerto, ma
in questo momento la vita è piena d'amore e di speranza.

Il mondo secondo Garp (J. Irving)
La ricerca sul cancro non deprimeva ** (...) Giurò di dedicarsi a una missione come quella che suo padre *** una volta descrisse,
sebbene egli si riferisse alla missione di uno scrittore: "Cercare di tenere qualcuno in vita per sempre, anche quelli che dovranno
morire alla fine; è più importante che mai tenere in vita questi qui". *** aveva definito un romanziere "un medico che cura solo casi
disperati". Nel mondo secondo ***, noi dobbiamo avere energia (...) Siamo tutti casi disperati (...) E se anche non vi fosse una vita
dopo la morte? C'è pur sempre la vita dopo *** (...) Sii grato per i piccoli favori (...) Se hai vita, c'è speranza che tu abbia energia. E
c'è la memoria.
L’IMPORTANZA DI SCRIVERE

COME SI LEGGE E SI STUDIA COMUNEMENTE

Come dobbiamo leggere un libro (V. Woolf)
Non date ordini al vostro scrittore; cercate di diventare lui stesso. Siate il suo compagno di lavoro e il suo complice. Se conservate il
distacco, e fate le obiezioni e le critiche prima di leggerlo, non siete più in grado di trarre tutto il profitto possibile da ciò che leggete
(…) Dovete essere in possesso non soltanto di una grande finezza di percezione, ma anche di un’ardita larghezza di immaginazione
(…)Dobbiamo giudicare questa folla di impressioni; dobbiamo dare a queste forme passeggere una forma che sia solida e duratura.
Ma non subito. Aspettate che si sia posata la polvere della lettura; che il conflitto e i problemi si esauriscano; fate quattro passi,
parlate, sfogliate i petali morti di una rosa, oppure dormite. Poi a un tratto, involontariamente, poiché così la natura vuole queste
transizioni, il libro tornerà, ma in modo diverso. Affiorerà alla mente nel suo insieme. Ma il libro nel suo insieme è diverso dal libro
così come l’abbiamo letto, in frasi isolate. Adesso i particolari si sistemano al posto giusto (…) Ora possiamo paragonare due libri,
come paragoniamo due edifici: ma questo atto di paragonare implica un mutamento del nostro atteggiamento, non siamo più gli amici
dello scrittore, bensì i suoi giudici; e se come amici nessuna simpatia è troppo esagerata, come giudici nessuna severità è eccessiva
(…) Ogni libro dovrà essere paragonato con il più grande libro della sua specie (…) Difficile è poter dire: “Non soltanto è un libro di
questo tipo, ma il suo valore è questo; qui sbaglia; qui è riuscito; questo non va; questo va”. Per potere adempiere questa parte del
compito del lettore, bisogna avere tanta immaginazione, intuito ed erudizione (…) E anche se i risultati sono disgustosi, e i nostri
giudizi sbagliati, è sempre il nostro gusto, quel nervo della sensazione che ci manda i suoi impulsi, a offrirci la fondamentale
illuminazione; impariamo attraverso il sentimento; non possiamo sopprimere la nostra idiosincrasia senza impoverirla. Tuttavia, con
gli anni, possiamo allenare il nostro gusto (…) Ci spingeremo oltre l’opera in particolare, cercando quelle qualità che accomunano i
libri (…) E da questa discriminazione trarremo un nuovo e più squisito piacere (…) I poeti e romanzieri stessi nelle loro casuali
osservazioni (…) rischiarano e rinsaldano quelle vaghe idee che giacevano confuse nei nebbiosi arcani della nostra mente. Ma loro ci
possono aiutare soltanto quando li avviciniamo carichi di domande e di suggerimenti onestamente raccolti nel corso delle nostre
letture. Non possono invece fare niente per noi, se ci appollaiamo sotto la loro autorità per sdraiarci come le pecore all’ombra di un
muretto. Possiamo capire il loro giudizio soltanto quando questo s’imbatte nel nostro e lo vince (…) Rimane la nostra responsabilità
di lettori (…) ora che la critica è per forza in recessione (…) e il critico ha solo un secondo di tempo per caricare l’arma, puntare e
sparare, e gli si deve per forza perdonare se confonde il coniglio con una tigre.

F. Nietzsche
Bisogna non aver risparmiato sé stessi, bisogna avere la durezza tra le proprie abitudini, per essere sereni e di buon umore in mezzo a
dure verità. Se mi faccio un quadro del lettore perfetto ne esce sempre un mostro di coraggio e curiosità, con in più qualcosa di
malleabile, di astuto, di attento, un avventuriero e un esploratore.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Accade coi libri la stessa cosa che colle nuove conoscenze. A tutta prima siamo felici, trovando che in massima si va d’accordo,
sentendo che ci si incontra e si fraternizza in qualche punto essenziale dell’esistenza. Ma a misura che ci si conosce meglio si
manifestano le differenze; allora, a voler essere ragionevoli, non ci si deve ritrarre tosto inorriditi, come si fa appunto in gioventù, ma
si devono salvare le concordanze e venir in chiaro circa le differenze, senza per questo voler fare una cosa sola (…) Chi intende
rinfacciare a un autore le sue oscurità dovrebbe prima esaminare l’animo proprio, e vedere se vi sia poi tanta luce: nel crepuscolo
anche una scrittura chiarissima diventa illeggibile.

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Come un romanzo (D. Pennac)
Quell’improvviso armistizio dopo il frastuono della giornata, (…) la nostra voce finalmente identica a se stessa (…) L’assoluzione
(…) un ritorno all’unico paradiso che valga l’intimità (…) Era gratis (…) Ogni lettura è un atto di resistenza a tutte le contingenze.
Tutte: sociali, professionali, psicologiche, familiari, ecc. (…) Una lettura ben fatta salva da tutto (…) La sua semplice evocazione
offre un rifugio ai nostri no (…) L’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è
gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra
potrebbe sostituire (…) Intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui (…) Appena un libro finisce nelle nostre mani è nostro
(…) parte integrante di noi stessi (…) Una sola condizione alla riconciliazione con la lettura: non chiedere niente in cambio (…) Non
erigere alcun bastione di conoscenza preliminari intorno al libro (…) Non si forza la curiosità, la si risveglia (…) La ripetizione è il
respiro stesso dell’intimità (…) Rileggere non è ripetersi, ma dare una prova sempre nuova di un amore instancabile (…) Rileggiamo
in modo gratuito, per la gioia di un nuovo incontro, la messa alla prova dell’intimità. “Ancora, ancora”, diceva il bambino che
eravamo un tempo. Le nostre riletture di adulti nascono dallo stesso desiderio: incantarci di una permanenza e trovarla ogni volta così
ricca di nuovi incanti (…) Rileggere quel che prima ci aveva respinti, rileggere da un’altra angolazione, rileggere per verificare, sì…
ci accordiamo tutti questi diritti.

P. Klee
L’occhio segue le vie che nell’opera gli sono state disposte.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Anche i casi ovvi e trascurabili di errori nel parlare hanno il loro significato (…) Un conflitto intenso provoca lo sbaglio (…) Lo
stesso vale per i lapsus di lettura (…) La lettura cosciente di quanto viene letto in modo inconscio viene deviata (…) se il contenuto
può ricordare, per le più varie vie di associazione, un fatto che la mente desidera dimenticarsi e (…) se innesca un ricordo rimosso
appartenente a complessi personali, familiari.

I demoni (F. Dostoevskij)
Avevano idee avanzate, ma tutto si manifestava in loro in maniera goffa: era proprio la propria l’idea capitata per strada (…) Dai libri
prendevano tutto.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Il giovane ascolta con un orecchio solo la voce dei libri che foggiano il suo destino (…) Non cerca la verità, cerca se stesso (…)
Conseguenza all’ingrosso: (…) fragilità morale dei secoli. Sono un modo di bruciare per amore di bruciare.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Come leggono bizzarramente, tutti! Suppongo che la maggior parte, invece di seguire i sentieri che tracciamo, traversino le pagine
alla cieca; e di tanto in tanto una parola risuona il loro, risvegliando Dio sa quali ricordi o quali nostalgie: si fermano un istante, si
contemplano e riportano a tentoni. Meglio sarebbe non vedere mai i propri lettori in faccia (…) ** tuonava: avrebbe potuto insultarli
(…) ma intorno a lui si rideva con indulgenza (…) Avrebbe potuto dire le peggiori stranezze, e tutti ne sarebbero rimasti incantati: un
poeta, se non è consacrato da titoli e da premi (…) è bene che sia almeno un buffone (…) No, la sola cosa da fare, con quella gente,
era di non frequentarla. Quanto agli scrittori mondani e agli pseudo-intellettuali (…) scrivere non li divertiva, pensare non li
interessava (…) Tutta un’accolita di sudiciume. (…) ** era fanatico (…) insopportabile, ma almeno era vivo e (…) quando si serviva
delle parole lo faceva per passione, non per scambiarle contro complimenti, onori, denaro; la vanità, in lui, veniva soltanto dopo, e
restava in superficie. Ma loro non si meravigliavano di niente; non si può né commuoverli, né indignarli; quel che accade nel loro
cervello non ha più importanza delle loro parole (…) Era questa la cosa più desolante: (…) che il verdetto fosse emesso da gente
simile (…) Ci sarebbe stato di tanto in tanto qualche uomo, qualche donna a cui sarebbe valsa la pena di parlare, ma sarebbero stati
degli isolati (…) La celebrità è un’umiliazione (…) Chiunque aveva il diritto di tirargli un calcio o di gratificarlo con un sorriso (…)
Gli altri non vi sono grati per averli aiutati a vedere.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Si legge con la stessa frettolosa attenzione che si accorda a ogni cosa, affermando perentoriamente nell’intimo di fronte a ogni
frammento d’idea: con questo sono d’accordo, con questo no; (…) questo è meraviglioso, questo è del tutto folle (…) Si conclude: è
molto interessante, (…) si esprime qualche elogio per mettere a posto la coscienza, e si passa ad altro. Alcuni sentono confusamente
la presenza di qualcosa (del deposito di verità), ma per accoglierlo occorre uno sforzo. E sforzarsi è talmente faticoso!

Operette Morali (G. Leopardi)
Quelli che non sono dimesticati al meditare e filosofare seco medesimi o che non sono atti a pensare profondamente, intendono le
parole e quello che egli (lo scrittore) vuol dire, ma non la verità dei suoi detti (…) Quantunque intendano i suoi concetti, non
intendono che siano veri o probabili, non avendo o non potendo fare esperienza della verità e delle probabilità loro. Quelli che non
sono atti a sentire in sé la corrispondenza de’ pensieri poetici al vero, non sentono anche e non conoscono quella dei filosofici (…)
Molti scrittori sono vilipesi per la diversità della vita e delle opinioni e per la comune indifferenza a conoscere il pregio delle loro
facoltà ed opere (…)
Della tua gloria la maggiore utilità che ne ritrarrai, sarà di rivolgerla nell’animo e di compiacertene teco (…) Il bello pende in
massima parte dalle consuetudini.

Zibaldone (G. Leopardi)
Tutti intendono perfettamente quello che l’autore vuol dire. E non perciò quello scritto è compreso da tutti (…) Perché l’uomo
superficiale (…) non sa mettere la sua mente nello stato in cui era quella dell’autore, (…) non conosce i rapporti (…) delle cose (…)
dai quali egli deduceva quelle conseguenze (…) incontrastabili; per questi altri non sono neppur verità (…) Così pure non avranno
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tanta forza di mente da poter dubitare (…) intorno alle cose che la natura o l’abito danno per certe (…) Per intendere (…) quasi ogni
scrittore, è necessario (…) aver tanta forza d’immaginazione e di sentimento, e tanta capacità di riflettere, da potersi porre nei panni
dello scrittore, e in quel punto preciso di vista e di situazione, (…) altrimenti non troverete mai ch’egli sia chiaro abbastanza, per
quanto lo sia in effetto. E ciò, tanto quando in voi ne debba risultare la persuasione e l’assenso allo scrittore, quanto nel caso
contrario.

Martin Eden (J. London)
Le menti limitate possono riconoscere limitazioni solo in quelle degli altri, non in se stessi. E così ella sentiva che la sua vista era più
ampia e là dove essa veniva in conflitto con quella di lui, segnava per lui il limite. Pensò di aiutarlo a vedere come lei, e ad allargare
il suo orizzonte in modo da identificarlo col proprio.

Vino e pane (I. Silone)
Torto o ragione non è mai questo che importa. Si commuove e si esprime male, qui è tutto.

Martin Eden (J. London)
Non era un cronista brillante, era svelto e scriveva facilmente (…) Non aveva capito in che cosa consistesse la discussione, ma non
era necessario. Parole gli davano la chiave di tutto (…) Era capace di ricostruire tutto il discorso con la sola parola (…) e siccome **
aveva suscitato maggior chiasso, mise in bocca a lui tutta la discussione (…) e applicò pennellate di colore (…) Non ha la minima
coscienza, e questo basta a farlo diventare grande, (…) un grande giornalista…

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Le qualità principali di Mussolini sono quelle forme inferiori dell’intelligenza che si chiamano fiuto e furberia (…) (di solito se la
situazione è confusa pratica il doppio gioco) (…) In tutta la sua vita ha letto solo giornali. Da giornalista di talento però egli è fornito
della facilità di parlare e di scrivere arrogantemente di cose che non conosce (…)
In linea generale si può dire che l’intellettuale o l’artista si compiace istintivamente di tutto ciò che favorisce la propria fama e detesta
ciò che la danneggia (…) Per avere dalla propria parte gli artisti il mezzo più efficace è l’adulazione (…) Qualche pecora nera
refrattaria a corruzione e blandizie voi, aspirante dittatore, lo indicherete alla polizia con l’ordine di trattarli come i peggiori tra i
criminali.

I Buddenbrook (T. Mann)
A scuola erano in massima considerazione i concetti di autorità, dovere, potenza, servizio e carriera (…) Non solo gli insegnanti, ma
anche gli scolari si consideravano funzionari, preoccupatissimi di far carriera e perciò di acquistare il favore dei potenti (…) Il
direttore (…) non restava che venerarlo con la fronte nella polvere (…) Il dottor ** era di un’ingiustizia straordinaria, assolutamente
ingenua, e il suo favore era volubile e incostante come la fortuna (…) Aveva sempre due o tre beniamini (…) e questi potevano dire
tutto quel che volevano ed era sempre giusto (…) Lo strano era che in quel momento (…) anche lo scolaro favorito e i suoi compagni
erano sinceramente persuasi che egli fosse davvero uno scolaro studioso e diligente (…) Un giorno però, (…), Dio solo sapeva
perché, uno si trovava scartato, abolito, annientato, ripudiato e un altro veniva chiamato per nome (…) Tra i giovani allievi di quinta
ginnasio (…) c’erano fisionomie attraenti e musi da forca, (…) ragazzoni alti e robusti che stavano per darsi al commercio o entrare
in Marina e non si curavano più di niente e piccoli sgobboni (…) che si distinguevano nelle materie in cui c’era soprattutto da
imparare a memoria (…) Ragazzi grandi e grossi e scatenati, (…) i migliori ginnasti della scuola, pronti a ogni birbonata, (…) erano
temuti e rispettati (…) I loro cugini (…) pieni di amor proprio e di devozione, silenziosi e operosi come api, attentissimi e divorati
dal desiderio di essere primi e di ottenere la pagella migliore, (…) erano scolari modello (…) *** rimase coricato, colmo di rancore,
di malinconia, e di ribellione contro quella brutale necessità di lasciare il letto caldo (…) e di affrontare gente dura e malevola (…)
Guardava nel vuoto, sforzandosi di concentrare la mente (…) e ficcava nella cartella volumi gualciti e macchiati d’inchiostro (…)
Durante l’ora di lezione, **** scriveva (…) Infatti si erano sviluppati in lui tentativi letterari (…) Quando il decrepito insegnante
(…) comparve, **** disse: “Buongiorno, cadavere”, dopodiché fissò un punto nel cielo con sguardo limpido e intenso.
Progettare la ricerca empirica in educazione (Coggi-Ricciardi)
Nelle interrogazioni orali (...) la serie di domande costituisce spesso un campione accidentale (...) e anche la formulazione dei quesiti
non è sempre attenta agli obiettivi e alle competenze di cui si intende verificare il raggiungimento nè alla loro importanza, (...) oltre a
non essere sempre chiara, tanto che in alcuni casi può pilotare la risposta o contenere trabocchetti voluti, (...) e al non avere sempre lo
stesso grado di difficoltà (...) Altri fattori di distorsione possono derivare (...) dal fatto che l'insegnante potrebbe assumere toni più e
meno cordiali a seconda della stima e delle attese nei confronti dei diversi studenti (...) Inoltre interferiscono effetti di selezione legati
per esempio alla memoria e all'attenzione dell'insegnante, che, non annotandosistematicamente l'andamento del colloquio, rischia di
prendere in considerazione solo gli aspetti che l'hanno impressionata maggiormente. Linterpretazione dei risultati, infine, spesso non
avviene sulla scorta di criteri predefiniti e quindi può ancorarsi all'opinione pregeressa che il docente ha dello studente o a qualche
sua caratteristica particolare, come la fluidità verbale, la sicurezza, l'appartenenza socio-culturale, il genere, ecc. (...)
Le interrogazioni scritte tradizionali (...) sono sottoposte a critiche in parte simili a quelle evidenziate per le interrogazioni orali (...)
Nel tema in particolare (...) le capacità comunicative (...) sono controllate in situazioni non spontanee e su argomenti che possono
avere diversa rilevanza emotiva per gli studenti. Le tracce inoltre possono richiedere conoscenze ed esperienze, che sono presenti in
modo differenziato negli stessi (...) Dalle tracce generiche (...) sono stimolati (...) divagazioni e sviluppi imprevisti non
adeguatamente valutabili (...) Se la formulazione include titoli e passi di libri noti, (...) questo può rendere ovvio lo svolgimento (...)
É stato messo in evidenza riguardo al tema anche ciò che segue: la mancanza nei valutatori di un criterio stabile per la correzione; la
carenza di fedeltà nelle rilevazioni; gli effetti di alone nel giudizio; gli effetti di ordine nella correzione dei compiti; gli effetti di
ancoraggio di giudizio che mette in relazione un protocollo con quello precedente; le difformità presenti nella formulazione dei
giudizi.
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http://www.slideshare.com/scuole-italiane
Nel capitolo sulla scuola secondaria superiore del vecchio libro di testo di Scienze Politiche Fare gli italiani: scuola e cultura
nell'Italia contemporanea del 1993 a cura di Soldani-Turi si esprimeva tra le righe il desiderio comprensibile che l'età in cui
concludere la scuola dell'obbligo venisse estesa ai 16 anni (provvedimento preso in seguito) e fosse ridotto il divario tra scuole
professionali e licei, ma non si considerava che a fare la differenza non è affatto la durata di un corso di studi ma sono gli
insegnamenti (i programmi e il controllo sulla preparazione e sul comportamento degli insegnanti al lavoro) e che sono davvero molti
i problemi e i rischi comportati da una spesa eccessiva per la formazione in termini non solo di denaro ma di energia (la salute e il
benessere di un adolescente sono ben più fragili di quanto credono i più), senza considerare poi che ormai perfino nei manuali creati
per i test d'ingresso all'Università, cui dovrebbero preparare alcuni pesanti licei che non danno alcuna informazione utile a livello
pratico, si sconsiglia esplicitamente qualsiasi Facoltà non scientifica con l'eccezione di Giurisprudenza d'indirizzo attinente alla
comunicazione, consiglio giustificato se si considera la lughezza eccessiva di molti corsi di laurea, ottenuta con continue inutili
ripetizioni nei manuali dello stesso indirizzo e iper-frammentazione in indirizzi, le alte percentuali di laureati disoccupati o male
occupati e ciò che si sa delle raccomandazioni e del rischio che si corre a dipendere dai genitori a 18 o 19 anni. In fondo che la
tendenza a protrarre gli ITS da uno a tre anni sia considerata da molti contro ogni buon senso e allarmante non è senza ragione.
Comunque l'imposizione di studi troppo lunghi è oggi una delle ragioni principali addotte da chi non è benestante per giustificare agli
altri la decisione di non avere figli.
Tuttavia credo che si debba riflettere sui problemi analizzati nel capitolo citato del vecchio manuale universitario per valutare quanto
sia oggi ancora valido di quanto vi si affermava nei paragrafi che riporto qui di seguito: "La classe politica per conservare improvvisa
e tende ad appiattirsi sul presente (...) Basta far finta di sperimentare facendo diventare tutto sperimentale, (...) accettare (...) anche
soluzioni molto avanzate confidando che, per il loro stesso essere tali, rimarranno bloccate nell'iter parlamentare tutte (...) salvo
eventuali e caotici provvedimenti d'urgenza (...) Al carattere di urgenza viene spesso associato l'attributo di sperimentale (...) e un
certo provvedimento sperimentale resta di fatto in vigore a tempo indefinito, indipendentemente da riscontri e verifiche (...) Per via
amministrativa invece si possono fare (...) pezzi di riforma (...) incisivi, ma, (...) mancando un progetto d'insieme, c'è una carenza di
visione complessiva, che ostacola la partecipazione italiana ai programmi della CEE, rende difficile il reciproco riconoscimento di
titoli di studio e ignora il problema di una definizione di una comune politica dell'istruzione (...) L'ostruzionismo della maggioranza
rappresenta uno dei fattori principali dell'immobilismo, insieme alle resistenze degli insegnanti e all'immutabilità della burocrazia
ministeriale". Il capitolo in questione metteva sotto accusa anche le asserzioni non provate e le argomentazioni slegate da riscontri
pratici di alcuni politici e pedagogisti, dai quali ogni tanto si è isolato qualche esempio anche pochi anni fa (ricordo ancora un caso
discusso a Che tempo che fa), mentre tralasciava di ricordare le gravi responsabilità di chi ha i propri interessi localizzati nel mercato
librario nel persistere delle consuetudini dannose delle scuole superiori, oltre che delle Università. Il capitolo si apriva per altro
ricordando che in Italia la scuola secondaria di secondo grado era rimasta inalterata in linea di massima dal 1923, sottolineava quindi
che essa era la stessa da sette decenni, alla data di pubblicazione del testo (1993), salvo alcune modifiche non attinenti ai programmi
soprattutto degli anni '60... Dal 1993 in poi non mi risulta che i programmi o altro siano stati riformati, a meno che non si consideri
terza prova, cambiamenti apportati da informatica e nuove tecnologie, PCTO anche nei licei, calcolo del voto di maturità tenendo
conto anche della media degli ultimi tre anni e tentativo recente di adeguarsi ad alcuni test standardizzati provenienti dall'estero tra
ovvie e meritate difficoltà di ogni genere. Mentre i programmi restano retrogradi con qualche elemento in genere facoltativo di
novità, credo che si continui a rifiutarsi di applicare norme scritte e condivise standard nell'attribuzione dei voti (il bullismo degli
insegnanti delle materie umanistiche ne sarebbe forse troppo colpito). Al massimo ci sono state sperimentazioni isolate senza riforma
generale, le quali peraltro potrebbero essere a volte criticate decisamente: è il caso, ad esempio, di un tipo di liceo scientifico ridotto
da cinque a quattro anni aumentando il numero di ore settimanali in un corso di studi già molto pesante senza eliminare il superfluo e
senza introdurre tecniche necessarie e soprattutto materie che dovrebbero essere considerate indispensabili in ogni scuola (rimando ai
paragrafi pertinenti di questo testo sui limiti dei programmi in uso); ed è anche il caso del mio liceo scientifico i cui organizzatori
negli anni '90 hanno consentito di evitare il corso di latino solo a chi fosse disposto a fare superflue ore in più di matematica, senza
tenere in alcuna considerazione che questa materia si studiava già in modo approfondito e il fatto che si tratta di una matematica
molto astratta della quale nessuno sforzo dei libri di testo e degli insegnanti fa mai apparire l'utilità, al contrario di quanto all'estero
spesso si fa perfino con i bambini, e di cui è impossibile scorgere un qualunque esito pratico per chi non si laureerà in Ingegneria, al
contrario di quando si potrebbe affermare di corsi ben fatti di psicologia, economia, diritto, ecc.
L'egoismo dei burocrati allergici al nuovo, anzi a qualunque cambiamento di routine, e in generale la pigrizia speciale di chi è
indifferente al bene comune e ha il gusto del potere hanno, del resto, già bloccato in Italia a lungo molte iniziative culturali
importanti, come ad esempio la riorganizzazione di molte biblioteche, che all'estero invece sono spesso ben fornite e organizzate e
non di rado di straordinaria efficienza (so che in passato gli studenti italiani venivano dirottati all'estero per le loro ricerche e forse è
ancora così).
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Nasce perplessità nel leggere che una diagnosi è propria o impropria a seconda di una direttiva regionale (...) e poi perché
all'università si studia il DSM-5 e poi nel Servizio Sanitario si usa invece l'ICD-10? (...) I problemi sono tanti: in quale range si
definisce la normalità dell'intelligenza, visto anche il margine di errore dei testi, da tutti riconosciuto in teoria ma poi così spesso
trascurato in pratica? E le diagnosi spesso non tengono conto del funzionamento adattivo dei bambini (...) Le maestre hanno chiesto
per anni con insistenza e aggressività di segnalare Simona come handicappata in modo da farle avere (...) un certificato di disabilità
(...) e quindi un'insegnante di sostegno (...) Sostenevano che da sola non era assolutamente capace di fare nulla (...) Il primo
psicologo contattato dalla madre (...) però ne negò la necessità (...) Dopo questa presa di posizione, le maestre, in particolare quella di
Italiano, (...) si irrigidirono nei confronti della bambina (...) Nelle pagelle (...) non le si riconosce nessun progresso (...) nessun suo
sforzo è riconosciuto né tanto meno premiato (...) e non si perde occasione di ribadirne le presunte necessità (...) La bambina invece
ha un funzionamento intellettivo borderline, (...) è serena e (...) ha ottime autonomie personali e sociali (...) Durante il primo
colloquio fui aggredito dall'insegnante di Italiano e (...) nel secondo venni a sapere che i programmi informatici che avevo installato
anche a scuola per Simona (...) non erano mai stati usati (...) Le maestre sostenevano che sarebbero stati inutili (...) Vidi gli esercizi
proposti a scuola a Simona: (...) a volte erano gli stessi dati al resto della classe, altre volte erano (...) tratti da un libro dell'infanzia...
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(...) La maestra mi chiese che senso pensavo potesse avere insegnare le regioni d'Italia a una bambina che non sapeva nemmeno in
che quartiere viveva! (...) Con i miei programmi informatici e ipertesti di geografia e astronomia (...) Simona era diventata più
motivata e (...) imparava molte cose che avrebbe faticato tantissimo a studiare in modo tradizionale (...) Purtroppo non avevo fatto i
conti con la maestra-strega (...)
Alla scuola primaria Stefano era uno dei migliori (...) In prima media non volle più andare a scuola (...) Tutto cominciò da una
figuraccia fatta in classe con la professoressa di Italiano, che l'avrebbe umiliato in classe davanti ai compagni (...) In seguito
l'insegnante di Italiano ha visto Stefano piangere davanti alla scuola e ha fatto di tutto per portarlo dentro, compreso tirarlo per un
braccio (...) Stavano vendendo la casa di Stefano (...) e la madre era spesso depressa, già soggetta a questi disturbi come il nonno
materno (...) Gli insegnanti si erano costruiti una teoria e non erano disposti a modificarla: "Stefano è un bambino viziato e
capriccioso, (...) non è capace di reggere il confronto con una classe che ha competenze ottime (...) Deve fare tutte le ore perché
questa è la legge e se continua così perderà l'anno, perché a noi si chiede una rendicontazione del livello di maturazione del bambino
in tutte le materie (...) ancora 49 ore e sarà espulso". Quello che emerge è un atteggiamento iperburocratico e totalmente contrario al
principio dell'accoglienza che non dovrebbe mai mancare, a maggior ragione alla scuola dell'obbligo, e il sostantivo
"rendicontazione" è, nel suo genere, un capolavoro (...) Le insegnanti ascoltavano i miei tentativi di far loro capire che si trattava di
un disturbo e non di un capriccio, ma (...) come chi è obbligato a farlo (...) Perfino il personale non docente più di una volta aveva
cacciato dall'atrio la madre, anche se lei era lì evidentemente per favorire l'inserimento graduale di Stefano in classe (...)
Silvia ha un disturbo depressivo (...) Le maestre le dicono spesso che è lenta e deve diventare più svelta, e i compagni la prendono in
giro (...) Ha un'intelligenza generale superiore alla media e (...) disegna benissimo, (...) ma dice: "L'insegnante di Disegno mi dà
Distinto e non Ottimo perché non sono brava nelle altre materie" (...) La madre andava spesso a parlare con le insegnanti (...) e si
preoccupava soprattutto del comportamento dei compagni e voleva sapere cosa facevano le maestre per risolvere questo problema
(...) Le maestre le dissero che non poteva interferire così nel loro lavoro, che era (...) invadente e aggressiva (...)
Dopo tanto impegno nella lettura (...) il bambino mi mostrò la nota della maestra, scritta in inchiostro rosso e con quattro punti
esclamativi.
Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Sono fin troppo evidenti i gravi guasti provocati da un’educazione balorda ricevuta in famiglia o nella scuola, che possono durare
anche tutta la vita, e fin troppo inderogabile appare la necessità di metodi pedagogici più ragionevoli (…) Chi vuole educare,
dev’essere egli stesso educato. Ma la pratica, oggi ancora in uso, di imparare a memoria i metodi e di applicarli meccanicamente non
è educazione né per il bambino né per l’educatore stesso (…) Chi educa allo sviluppo della personalità? Sono prima di tutto e
soprattutto i soliti genitori incompetenti, che spesso restano essi stessi tutta la vita per metà o interamente bambini. (…) Dei giovani
che hanno scelto la pedagogia come loro professione (…) nel complesso (…) hanno ricevuto la stessa educazione inadeguata dei
bambini che dovrebbero educare, e di regola sono tanto poco personalità formate quanto questi ultimi (…) Chiunque abbia terminato
gli studi, crede di aver concluso la propria educazione, in poche parole si sente adulto (…) Ogni educatore (…) non dovrebbe mai
smettere di chiedersi se ciò che insegna abbia anche seriamente cercato di realizzarlo (…) Nella psicoterapia abbiamo visto che in
ultima analisi non sono né il sapere, né la tecnica ad avere un effetto terapeutico, ma la personalità dell’analista; lo stesso vale per
l’educazione, che presuppone l’educazione di sé stessi (…) Sarebbe (…) auspicabile che l’educatore possedesse (…) una certa
conoscenza della natura umana ed esperienza di vita (…) Alla luce della mia esperienza, a me sembra che al cuore dell’insegnante
spetti un ruolo di cui non è facile apprezzare appieno il valore. Sicuramente si ricordano con stima gli insegnanti molto capaci, ma si
ripensa con gratitudine a quelli che sapevano parlare all’uomo (…) È il calore l’elemento vitale sia per la pianta che cresce sia per
l’anima del bambino.

Rivista Donna Moderna (autunno 2021)
Il bullismo è cambiato. È diminuita l'età (già alle elementari) ed è aumentato il numero delle vittime (quattro o cinque per classe) (...)
Il cyberbullismo è molto diffuso.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Gli aspetti legali del bullismo scolastico sono aumentati negli ultimi due decenni, sull'onda di gravi precedenti (...) Si è rilevata
aumentata suicidabilità (...) Uno studio ha rilevato che le vittime di cyberbullismo tentano il suicidio due volte di più rispetto ad altri
giovani (...) È obbligatorio uno stretto monitoraggio per qualsiasi soggetto in età evolutiva trattato con antidepressivi (...) Sia la
restrizione che l'isolamento sono considerati interventi terapeutici per i giovani che non sono in grado di controllare gli impulsi
aggressivi (...) verso sé stessi e gli altri, (...) nonostante i casi riportati di decessi per asfissia durante le procedure di restrizione (...) In
alcuni casi si usa la "restrizione chimica" (...) Si cerca di identificare gli antecedenti e intervenire prima (...) L'aspettativa è che
quando viene dimesso a un regime meno restrittivo, il paziente continui la cura (...) Con l'ospedalizzazione parziale (...) i bambini
rimangono all'interno della famiglia, ma (...) i rischi di un trattamento diurno comprendono un isolamento sociale e il confino in una
stretta fascia di contatti sociali all'interno della popolazione di coetanei problematici.

Rivista Io donna (autunno 2021)
C'è chi ha proposto di rendere obbligatorio il tempo pieno nelle scuole elementari.
Martin Eden (J. London)
I professori sono la guida, ecco tutto. Non hanno in mente nulla, non inventano, non creano nulla. Tutto è nella cabina, essi sanno
come aggirarsi là dentro e il loro compito è di mostrare agli estranei il posto, altrimenti potrebbero smarrirsi (…) Ho passato già
molto tempo nella cabina delle carte e sono al punto di potermi muovere, qualunque siano le coste che voglio esplorare. E nel modo
che so io, esplorerò molto più rapidamente da solo (…) Vi sono tanti campi speciali, che tutta la vita non basterebbe ad impadronirsi
di un decimo di essi (…) Anche le più grandi intelligenze del mondo si basano sugli specialisti (…) Tralasciò l’algebra (…) il latino
(…) Non aveva tempo (…) Non importa quel che si studia, se si vuole acquistare una cultura generale. Si può studiare il francese o il
tedesco o addirittura l’esperanto, (…) il greco e il latino, benché non serva a nulla, e sarà sempre cultura generale. ** studiò il
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sassone, lo imparò benissimo… fino a due anni fa e ora tutto quello che ricorda è: “Quando il dolce aprile giunge con le sue piogge”,
(…) perché non deve guadagnarsi la vita (…) “Il latino è un allenamento, una disciplina mentale” (…) ci dicevano e (…) quel che
non ci hanno detto è che i soli uomini che lo conoscono sono i farmacisti, gli avvocati e i professori di latino. *** ha scoperto
Spencer, ed è tutto preso di lui. Perché? Perché Spencer lo porterà a qualcosa. *** (…)
Se non mi piace una cosa, non mi piace (…) e non v’è ragione al mondo che mi costringa a scimmiottare il gusto degli altri (…) Quei
critici (…) non conoscono che le cose consacrate (...) Hanno il cervello debole e i luoghi comuni vi s’imprimono facilmente. Il nome
della fabbrica è impresso sulle bottiglie della loro birra e la loro funzione è di prendere tutti i giovani che seguono l’Università e di
bandire dalle loro menti ogni lampo di originalità che in loro si manifestano e di rifoggiarlo sullo stampo delle cose stabilite (…) I
nove decimi dei professori di lettere sono piccoli pappagalli dal cervello microscopico (…) Avevano ragione nei loro giudizi letterari,
poiché erano arrivati al successo (…) Quegli esseri senza pensiero sono gli arbitri di quei pochi che realmente pensano.

Dell’arte del conversare (M. de Montaigne)
Prendete un maestro di lettere, conversate con lui: perché non ci fa sentire questa superiorità dovuta alla sua arte (…)? Un uomo tanto
superiore per gli argomenti e per il modo di esporli, perché mescola alla sua disputa le ingiurie, l’immoderatezza e la collera? Che si
tolga (…) il latino (…) e lo prenderete per uno di noi se non peggio (…) Eccettuati questi giochi, essi non fanno nulla che non sia
volgare e vile. Se sono più dotti, non sono perciò meno inetti. Io amo e onoro il sapere e quanti lo possiedono, (…) ma in coloro (…)
che basano il proprio ingegno sulla memoria (…) io l’ho in odio (…) un po’ più della stoltezza (…). La dottrina giova abbastanza alla
borsa, raramente all’anima. Se la trova odiosa, l’appesantisce e la soffoca (…) Utilissimo accessorio per un’anima ben nata,
pernicioso e dannoso per un’altra anima.

Pigro (I. Graziani)
Tu sai citare i classici a memoria, ma non distingui il ramo da una foglia. Pigro! Una mente fertile – dici – è alla base, ma la tua
scienza ha creato l’ignoranza. Pigro! E poi le parolacce che ti lasci scappare, che servono a condire il tuo discorso d’autore, come
bava di lumaca stanno lì a dimostrare che è vero: è vero, non si può migliorare, col tuo schifo di educazione. Pigro!

Satyricon (Petronio)
Non sta mai fermo in un posto, arriva, si fa dare da scrivere, ma voglia di lavorare saltami addosso. Ce n’è pure un altro, non un’arca
di scienza, ma ha scrupolo, insegna più di quello che sa.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Immaginò tra sé la lezione di inglese e si sentì, persino a quella distanza, agitato e infelice. Vide le teste dei compagni docilmente
chine a scrivere sui quaderni i punti che veniva detto loro di annotare, definizioni nominali, definizioni essenziali, esempi, date di
nascita o di morte, opere principali, un giudizio critico favorevole e, accanto, uno sfavorevole (…) Lo assaliva un odore di triste
sotterraneo umido e di putrefazione.

Piccola guida per persone intelligenti che non sanno di esserlo ( B. Milletre)
Una studentessa iscritta al terzo anno di lettere si sente disorientata quando capisce che le si chiede semplicemente di rimasticare ciò
che ha appreso limitandosi ad assimilare il pensiero degli autori studiati.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Tu che cosa dirai? Fino a quando vuoi pensare sotto l’influenza altrui? Renditi indipendente, tira fuori qualcosa di tuo (…) Tutti
costoro che non mai producono qualcosa di proprio e non fanno che commentare stando nascosti nell’ombra degli altri non hanno
niente di nobile (…) Altro è ricordare e altro è sapere. Ricordare è custodire una nozione affidata alla memoria, al contrario il sapere
consiste nel fare propria ciascuna cosa, nel non dipendere da un modello (…)
Perché dovrei ascoltare da te quanto posso leggere? “Grande è l’efficacia della viva voce”, si dice. Certo non di quella che si adatta a
ripetere le parole altrui. La verità è accessibile a tutti (…) Certo che li conoscerai questi frequentatori perseveranti e assidui che
chiamerei, più che scolari, inquilini dei filosofi. Alcuni vengono per il diletto di ascoltare, non per apprendere, come si va a teatro per
il piacere che si prova a sentire un bel discorso o una bella commedia (…) Qualcuno porta con sé le tavolette, non già per trascrivervi
i concetti, ma le parole che ripeterà senza profitto per gli altri, così come egli le ascolta senza profitto per se stesso. Ma ci sono quelli
(…) rapiti dalla bellezza dei pensieri, (…) presi dal desiderio di applicare la lezione ascoltata (…) Pochi privilegiati conservano a
lungo le buone disposizioni concepite.

Avere o essere (E. Fromm)
Studenti che facciano propria la modalità esistenziale dell’avere, assisteranno a una lezione udendo le parole dell’insegnante,
afferrandone la struttura logica e il significato e facendo del loro meglio per trascrivere ognuna delle parole stesse nel loro quaderno
d’appunti, in modo da poter poi mandare a memoria le annotazioni e quindi superare la prova di un esame (…) Ognuno degli studenti
è divenuto il proprietario di un insieme di affermazioni fatte da qualcun altro (…) Gli studenti che fanno propria la modalità
dell’avere si prefiggono un’unica meta: conservare ciò che hanno appreso (…) Non devono né produrre né creare qualcosa di nuovo.
In effetti gli individui del tipo “avere” mostrano la tendenza a sentirsi turbati da nuovi pensieri o idee su questo o quell’argomento
(…) In effetti, per una persona agli occhi della quale l’avere costituisce la forma principale di relazione con il mondo, idee che non
possano venire facilmente incamerate (o registrate per iscritto) sono preoccupanti, al pari di qualsiasi altra cosa cresca e si trasformi,
e che pertanto sia incontrollabile.
Il processo di apprendimento è di tutt’altro tipo per quegli studenti che fanno propria la modalità di rapporto con il mondo incentrata
sull’essere (…) Hanno riflettuto già in precedenza sulle problematiche che le lezioni affronteranno, e custodiscono nella mente un
certo numero di domande e problemi personali. Si sono occupati della materia, e questa li interessa. Anziché essere passivi recipienti
di parole e idee, ascoltano, odono e, cosa della massima importanza, ricevono e rispondono in maniera attiva, produttiva. Ciò che
ascoltano, stimola gli autonomi processi di elaborazione mentale, provocando in loro il sorgere di nuove domande, di nuove idee, di
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nuove prospettive. Il loro ascoltare è un processo vitale. Prestano orecchio con interesse, odono davvero quel che l’insegnante dice,
spontaneamente si rivitalizzano in risposta a ciò che ascoltano. Non acquisiscono semplicemente conoscenze, un bagaglio da portarsi
a casa e mandare a mente. Ognuno di loro è stato coinvolto ed è mutato: ognuno dopo la lezione è diverso da come era prima.
Naturalmente, questa modalità di apprendimento può imporsi solo qualora l’insegnante offra argomenti stimolanti: vuote chiacchiere
non possono trovare, come risposta, la modalità dell’essere (…) Nel caso della modalità dell’essere, (…) ricordare significa
richiamare attivamente alla mente parole, idee, cose viste, dipinti, suoni musicali; in altre parole, consiste nel connettere il singolo
dato da rammentare ai molti altri dati con i quali è correlato. Le connessioni, in questa seconda modalità, non sono né meccaniche né
puramente logiche, bensì viventi (…) Questo secondo tipo di memoria rappresenta di per sé un’attività mentale produttiva (…) Chi
non abbia la prevalente inclinazione all’immagazzinamento di dati, constaterà che la sua memoria, per funzionare a dovere, ha
bisogno di un interesse effettivo e immediato (…)
Ricordare secondo la modalità dell’essere implica riportare in vita qualcosa che si è visto o udito prima (…) Il modo con cui chi
faccia propria la modalità dell’avere ricorda un volto o una scena, è esattamente rivelato da come la gran parte di noi guarda una
fotografia (…) La mia banca dei dati mnemonici è divenuta una parte di me esterna a me, ha assunto la forma delle mie annotazioni
(…)
La differenza tra i vari livelli di istruzione, dalle medie all’università, consiste soprattutto nel quantitativo di proprietà culturale che è
stato acquisito (…) I cosiddetti “ottimi” allievi, sono quelli che sanno ripetere, con maggior accuratezza, ciò che ciascuno dei vari
filosofi ha detto (…) Non imparano a interrogare i filosofi, a dialogare con loro; non imparano a cogliere le contraddizioni dei filosofi
stessi, né a rendersi conto che scansano certi problemi o evitano di fornire una risposta; non imparano a distinguere tra quanto era
nuovo e quanto gli autori non potevano fare a meno di pensare perché rispondeva al “comune buon senso” dell’epoca loro; non
imparano ad ascoltare in modo da poter distinguere quando ciò che gli autori dicono proviene soltanto dal loro cervello, e non è
dettato dal cervello e dal cuore insieme; non imparano a scoprire se gli autori sono autentici o fasulli; e si potrebbe continuare a
lungo.
I lettori che fanno propria la modalità dell’essere, giungono spesso alla conclusione che anche un libro fatto oggetto di molte lodi può
essere del tutto privo di valore o averne assai poco; càpita anche che riescano a capire appieno un libro, a volte più di quanto non sia
riuscito a fare l’autore stesso, agli occhi del quale tutto quanto ha scritto può essere apparso importante (…) Conoscere non significa
essere in possesso della verità, bensì andare sotto lo strato esterno e tentare, criticamente e attivamente, di avvicinarsi sempre di più
alla verità (…) L’ignoranza, per colui che conosce, vale quanto la conoscenza, dal momento che entrambe fan parte del processo del
conoscere (…) La conoscenza ottimale secondo la modalità dell’essere consiste nel conoscere più profondamente, mentre secondo la
modalità dell’avere consiste nell’avere più conoscenza. Il nostro sistema didattico di norma mira a educare la gente ad avere
conoscenza a guisa di un possesso (…) Le scuole sono le fabbriche in cui vengono prodotti questi pacchi-conoscenza per tutti (…)
da[i] qual[i] gli studenti pescano un po’ qui e un po’ là e, in nome della spontaneità e della libertà, non vengono spronati a
concentrarsi su un unico soggetto.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Sono vissuto per circa trent’anni su questo pianeta e ancora debbo sentire dai più vecchi di me la prima sillaba di un consiglio valido
o per lo meno sincero (…) Se posseggo qualche esperienza che penso possa essermi utile, mai di essa i miei Mentori mi fecero
menzione (…)
La maggior parte degli uomini ha imparato a leggere per una meschina convenienza come hanno imparato a fare di conto per non
farsi imbrogliare negli affari, ma ben poco o nulla è ciò che sanno del leggere inteso come nobile pratica intellettuale; e tuttavia solo
questo è leggere, in senso alto; non quello che ci culla (…) ma quell’altro per il quale dobbiamo leggere restando in punta di piedi,
consacrando ad esso le nostre ore più attente. Penso che, dopo aver imparato a leggere e scrivere, dovremmo imparare quanto di
meglio c’è nella letteratura e non ripetere sempre il nostro A, B, C (…) Nella nostra biblioteca circolante c’è un’opera in diversi
volumi dal titolo “Letture leggere” (…) Questa specie di pandolce viene giornalmente cotto in quasi ogni forno (…) Siamo una razza
di omuncoli e nei nostri voli intellettuali ci solleviamo poco più in alto delle colonne dei giornali (…) Probabilmente ci sono parole
che sono rivolte esattamente alla nostra condizione e che, se potessimo udirle, sarebbero per la nostra vita più salutari del mattino o
della primavera e forse farebbero vedere le cose sotto una diversa luce. Per quanti uomini la lettura di un libro è stata l’inizio di una
nuova èra nella loro vita! (…) Le cose al momento attuale inesprimibili possiamo trovarle espresse in qualche luogo (…) Non
abbandoniamo la nostra educazione quando cominciamo a essere uomini o donne (…)
L’esperienza è la sola cosa che può rendere fruttuosa l’agiatezza (…) gli studenti non dovrebbero giocare alla vita o solamente
studiare (…) Se desiderassi che un ragazzo sapesse qualcosa delle scienze e delle arti, per fare un esempio, io non seguirei la comune
prassi di mandarlo da qualche professore dove si insegna e si pratica tutto meno l’arte della vita (…) Quell’economia della vita che è
sinonimo di filosofia, nei nostri colleges non vi era mai sinceramente professata.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Senza la scuola si regredirebbe a un livello primitivo, (…) ma l’educazione non finisce con l’università. È indispensabile che esista
uno spirito che crea cultura, (…) uno spirito vivo, non un intelletto raziocinante (…)
L’uomo ha bisogno di una comunità più ampia della famiglia, i cui lacci atrofizzano spiritualmente e moralmente (…) La saggezza
della dottrina subentra al posto della madre (…) o si può finire per affidarsi allo Stato (…) con gli esiti noti in Italia dove il duce è
venerato.

Il fascismo (I. Silone)
L’istruzione in epoca fascista era pessima (…) Proliferavano corsi su S. Tommaso o S. Agostino e vennero aboliti molti insegnamenti
(…) Gli insegnanti erano minacciati e controllati nella vita lavorativa e personale che si richiedeva fossero entrambe “sinceramente”
fasciste.

Novella Senofonte e Niccolò Machiavello in Operette Morali (G. Leopardi)
Perché dunque essendo questa (e non l’altra) l’arte del saper vivere, o del saper regnare (ch’è tutt’uno, poiché il fine dell’uomo in
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società è di regnare sugli altri in qualunque modo, e il più scaltro regna sempre), perché, dico io, se n’ha da insegnare un’altra e
questa direttamente contraria alla vera? È tale ch’ell’è appunto il modo certo di non sapere ? (…) e tale che nessuno de’ più
infiammati nello scriverla, vorrebb’esser quello che l’adoperasse, e nemmeno esser creduto un di quelli che l’adopreno? (cioè un
minchione). Torno a dire: qual è il fine dei libri, se non di ammaestrare a vivere?

Satyricon ( Petronio)
E io penso che questi giovincelli a scuola rimbecilliscono perché non ascoltano né vedono nulla di ciò che abbiamo sottomano.

Introduzione di Guido Bezzola a Rime (F. Petrarca)
Le riverenze d’obbligo al padre Dante (…) non tutti e non sempre le fecero (…) Non dovremmo dimenticare che dalla seconda metà
del Trecento alla fine quasi del Settecento (…) di Dante si leggeva qualche canto (…) Noi diamo giudizi oggi, quando la
riconsacrazione di Dante è ormai cosa fatta (…) Il fatto è che siamo eredi di tutta la tradizione dell’Ottocento, del patriottismo italico
con Dante per fondamento predicato da Mazzini. (…)
Il primo poeta che nelle scuole veniva posto in mano ai ragazzi era Petrarca, il quale aveva il vantaggio di non essere
ideologicamente pericoloso, di non trattare temi scabrosi, di non usare parole grosse (…). Viene attuato da Petrarca un vigoroso
richiamo verso l’astratto (…) col risultato che i suoi seguaci dimenticarono anche la realtà interiore e scambiarono l’esercitazione con
la poesia (…) e nel richiamo verso l’astratto andrà incluso il ricorso a un discorso continuamente metaforico, (…) che si prolungherà
concludendosi nel generico precetto classicistico di evitare, fin dove possibile, di chiamare le cose col loro nome. Il che, in una
società come quella italiana, soddisfaceva bene le tendenze aperte e oscure di governanti e governati, consentendo la perpetuazione
del gioco dell’ambiguità, della doppiezza, delle verità multiple (…) nel quale molto spesso ci troviamo avviluppati anche oggi.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Nell’astrattezza e separatezza della scienza moderna, nel suo smarrimento del rapporto tra realtà e simbolo, tra significante e
significato (…) sta il sintomo più preoccupante del male che ha investito la civiltà occidentale (…) Per i Greci la matematica e la
geometria erano (…) mezzi per entrare in contatto con il mondo (…) e alludevano, per analogia, alle norme del comportamento etico
(…) E se i Greci, pur avendo scoperto i procedimenti algebrici (…) hanno preferito non generalizzarne lo studio e l’uso, è dipeso dal
fatto che consideravano la matematica una scienza della natura.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Studiamo che il generale ** in data ecc., (…) ma personaggi storici e (…) tanti casi fortuiti (…) in realtà (…) riflettono i movimenti
delle masse (…) e il movimento profondo delle considerazioni politiche e diplomatiche.

Tempi difficili (C. Dickens)
A forza di essere costretta divenne triste, ma non sapiente.

Fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
E voi continuate a leggere cattivi libri? (…) Non vi vergognate a distruggere voi stessa? (…)
Questi giovani non si rendono conto che sacrificare cinque o sei anni della propria giovinezza a uno studio arduo e faticoso, sebbene
allo scopo di decuplicare in se stessi le forze, (…) è molto spesso superiore alle forze di molti di loro. ** aveva scelto la strada
opposta a quella di tutti gli altri, ma con la stessa brama di azione immediata. Può darsi che sulla sua immaginazione abbiano influito
(…) ricordi della prima infanzia (…) Era arrivato (…) forse solo per dare un’occhiata, (…) ma poi aveva incontrato quello ***.

http://www.slideshare.com/scuole-italiane
Le spinte da più parti a rinnovare radicalmente la scuola italiana fanno emergere che occorre fare spazio a migliori prove e
insegnamenti e rendere coerente l'istruzione nel suo insieme: io ritengo che, oltre a eliminare Religione ed Educazione Motoria dalle
scuole medie e superiori, si dovrebbe soprattutto imporre molti limiti all'arbitrio degli insegnanti di Italiano e modificare i programmi
di Italiano e Latino, perché è palesemente assurdo che nelle materie umanistiche le valutazioni siano del tutto soggettive, che in una
scuola diversa dal Liceo Classico si venga costretti a studiare il Latino, lo Stilnovo e l'opera di Dante, Tasso, Petrarca e Boccaccio,
che in ogni scuola si studino gli stessi autori più di una volta e che per di più agli insegnanti sia concesso di poter assegnare perfino
un tema di letteratura a settimana e inoltre letture obbligatorie dannose come sono senz'altro alcuni classici di D'Annunzio, Fogazzaro
e Huysmans. Alle scuole medie e superiori il tempo e le energie così guadagnati potrebbero essere impiegati in prove più utili come
le seguenti, che elenco tenendo presenti i manuali di Scienze dell’Educazione e della Formazione: test di problem solving di vita
concreta; effettuazione di ricerche attraverso enciclopedie (anche quelle in rete, come l’Enciclopedia dell’Italiano sul sito della
Treccani), dizionari specialistici, manuali, testi monografici e repertori, segnalando almeno le altre fonti tipiche quali riviste
specialistiche, annuari (es. Guida delle regioni), indagini campionarie ad hoc e metaanalisi; analisi e realizzazione di raccolta di dati
di ricerca in cifre, tabelle e grafici; analisi di testi pubblicitari, politici e, in misura minore, di narrativa con attenzione particolare alle
figure retoriche e alle altre tecniche più utilizzate in testi che mirano alla persuasione e nelle riviste; compilazione di articoli di
ricerca secondo il modello standard (quello con le ripartizioni pagina del titolo, abstract, introduzione, metodo, risultati e discussione)
e soprattutto di brevi saggi ben argomentati e di lettere formali (anche del tipo da scambiare nei rapporti di lavoro); stesura di testi
particolari (messaggi informativi o pubblicitari, lettere di consigli, descrizioni, riassunti, elaborati su stimolo visivo e magari anche
dossier, rapporti, resoconti e progetti).
Si dovrebbe insegnare la storia con continua e sempre maggiore sottolineatura delle motivazioni profonde degli eventi al di là dei
pretesti e soprattutto dei molti punti in comune tra i fatti di rilievo del passato e quelli dell'epoca contemporanea e del presente.
Sarebbe importante fare letteralmente girare tra i banchi alcuni classici e testi più recenti ma validi che possano spingere gli studenti
delle scuola media dell'obbligo e di quella superiore ad approfondire in autonomia la conoscenza della storia, come i testi di
storiografi e memorialisti quali Senofonte, Livio e forse Saint-Simon, Hamilton e Solzeničyn. Soprattutto si dovrebbe far conoscere
bene a scuola i saggi più recenti di Primo Levi (non il resoconto della sua esperienza, ma la successiva riflessione su essa in un ampio
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contesto e la postfazione al suo primo libro) e memorie e analisi storiche altrettanto ricchi di riflessioni sempre attuali che
quest'ultimo libro quali sono quelli di Tucidide, Cicerone, Seneca, Tacito, Voltaire, Chateaubriand, Silone, De Beauvoir, Orwell,
Foucault, Arendt e Packard. Ancora tuttavia più importante è che la scuola affronti temi d'attualità attraverso una selezione di saggi e
articoli come si può trovare nei libri di testo di sociologia, antropologia e geografia umana del liceo delle scienze umane e in quelli
universitari di psicologia politica e di introduzione alla politica mondiale e mediante rimandi a film e ad altri libri su questi argomenti
non universitari, come ad esempio il saggio citato di De Mari (il suo libro, come quelli di Silone e Hamilton, aiuta anche a rimediare
alla povertà di notizie sul fascismo dei libri di testo in uso), i recenti saggi di Fallaci e forse quelli di Carofiglio, Canfora, Travaglio e
anche i vecchi bestseller della narrativa di Milan Kundera, Simenon, Koestler e quelli di Smith L'ultima preda e, nonostante la scarsa
qualità, La legge del deserto (romanzi che offrono ai lettori ben più che distrazione nonostante il genere cui appartengono). Secondo
me è fondamentale, infatti, che la lettura dei migliori libri del passato sia concepita dagli studenti come il mezzo per fornire loro
metodo nelle loro riflessioni sul presente e che abbiano peso minore le ragioni di mercato che spingono a pubblicizzare, almeno nei
libri di testo liceali, solo saggi e romanzi, oltre che film, recentissimi. E sarebbe d'aiuto anche che a scuola si accennasse almeno
all'esistenza di movimenti come Opus Dei e Comunione e Liberazione, per permettere di inquadrarli a livello storico o se non altro
per la grande influenza che oggi hanno negli ambienti universitari e in molti altri contesti importanti, a causa dell'alto livello
socioeconomico e delle professioni di alto livello dei loro membri.
I libri di testo in programma in ogni scuola o almeno in quelle dell’obbligo dovrebbero inoltre spiegare con sempre maggiore
precisione tutte le nozioni di psicologia principali a cominciare dalle cosiddette tecniche cognitivo-comportamentali vere e proprie e
da meccanismi di difesa, misure di sicurezza, biases e altre distorsioni del giudizio; inoltre gli insegnanti dovrebbero accennare anche
ai libri universitari adatti e fare girare materialmente tra i banchi qualche testo del passato rintracciabile in biblioteca senza tralasciare
di invitare a sfogliare i libri di Erich Fromm e soprattutto, dato che su di Carl Gustav Jung si fa spesso molta confusione anche in
qualche libro di testo scolastico, facendo conoscere di quest’ultimo l'elenco completo delle opere - compresi i capitoli - e il glossario
che si trovano nelle ultime pagine di Ricordi, sogni, riflessioni e alcune citazioni pertinenti (in particolare quelle contenute in
Solitudine: ritorno a se stessi di Storr), perché ciò è più utile per inquadrarne i contenuti principali che leggere L’uomo e i suoi
simboli, testo creato per lo più da suoi assistenti su loro iniziativa proprio per rendere più fruibili al vasto pubblico il metodo di Jung
ma non recante indicazioni precise sul suo pensiero riguardo tipi psicologici e natura e trattamento delle nevrosi.
Si dovrebbe dare precise informazioni su igiene e alimentazione tenendo presenti le esigenze create da malattie comuni anche tra
bambini e ragazzi e la forma in cui i prodotti si trovano nei supermercati e soprattutto sui farmaci più utili e utilizzati e sulle molte
diverse origine delle malattie fisiche e funzionali, affinché non capiti più tanto spesso di sentire affermare da diplomati o laureati che
le malattie vengono solo a chi le vuole.
Si dovrebbe impedire agli insegnanti di lasciare soli gli studenti nella scelta della scuola superiore e di ciò che la seguirà, perché
Internet può non essere sufficiente per informare bene e per tempo sul necessario, perché Internet può non essere sufficiente per
informare bene e per tempo sul necessario: scuole superiori raggiungibili dalla residenza o con convitto che non rendono
indispensabili altri studi pur permettendo di proseguirli, corsi per ottenere la certificazione ECDL, brevi corsi e concorsi post-
diploma, ITS, Università con o senza test d'ingresso, manuali per preparare questi test, master e concorsi post-laurea, vecchie e nuove
occupazioni, servizi online per aiutare nella ricerca del lavoro o di idee su che lavoro fare, agenzie per il lavoro interinale e leggi
importanti e discusse relative al mondo del lavoro.
Le ricerche di tutti in rete (anche attraverso i forum online) e in biblioteca su argomenti di importanza vitale dovrebbero essere
incoraggiate e avere solide basi e un diciottenne si dovrebbe poter orientare, dato che il governo dà ai genitori il diritto di ignorare del
tutto le proprie responsabilità a partire dalla maggiore età dei figli. Proprio il rifiuto della scuola di base di dare ai giovani delle radici
per lo meno fornendo informazioni sulle scuole successive a quelle di primo e secondo grado e sul mondo del lavoro e titoli di libri
validi (classici e testi recenti di storia, attualità e psicologia e sull'arte del vivere e informazioni e esercitazioni di utilità pratica)
favorisce da una parte gravi abusi da parte di laureati in psicologia esercitanti come psicoterapeuti (con o senza il titolo di studio
necessario per legge e supervisore), dall’altra la crescente strumentalizzazione della religione anche cattolica e il fanatismo reale o
atteggiato di alcuni gruppi anche cristiani di piccole o grandi dimensioni in Italia, fenomeni a volte molto pericolosi e che rovinano
vite intere o lunga parte di esse condizionandone il rimanente. Un individuo senza solide radici culturali è facile preda del
conformismo e più facilmente strumentalizzato dai politici, oltre che una vittima più indifesa della criminalità comune e della
malasanità e un peggior elemento in ogni professione di responsabilità (vi ricordo che la preparazione universitaria di un giudice non
comprende lo studio della psicologia…). In ogni caso è esperienza comune che il favoritismo ingiusto e dalle conseguenze a lungo
termine degli insegnanti si avvale della loro facoltà di non informare e quindi dell’ignoranza in cui gli studenti vengono lasciati dai
decreti ministeriali, che nulla fanno per diminuire il divario di privilegi derivante dal tipo di famiglia assegnata dal caso.
Ciò che più conta è che siano fornite dalle scuole di ogni livello per adolescenti importanti nozioni di psicologia, medicina (non
semplicemente biologia), informatica, economia, diritto ed educazione civica e ai servizi sociali. Si tratta di accennare ai contenuti
rilevanti, fornire titoli di testi dove lo studente interessato possa approfondire e soprattutto aprire le menti degli alunni coltivando in
loro almeno il dubbio riguardo ciò di cui pochi hanno esperienza diretta (...)
Da sempre sono stati scritti libri di ogni genere contenenti critiche ai programmi scolastici inutili per i più giovani, che hanno bisogno
prima di tutto di conoscere la natura umana e le leggi della violenza e della stupidità che regolano la vita sociale (...) Informatevi
anche sul giudizio che in genere si riserva o si riservava alla banalizzazione tradizionale della poesia di Francesco Petrarca e a Dante
Alighieri nelle scuole italiane prerisorgimentali e all'estero (...) Leggete per intero il paragrafo 7 del capitolo 4 di Progettare la
ricerca empirica in educazione (Coggi-Ricciardi) oppure pagine online sui molti limiti (del resto intuibili o noti a tutti per esperienza)
di predizione (a livello lavorativo) e di valutazione (obiettiva!) delle prove scolastiche tradizionali e soprattutto sulle innovazioni utili
seguenti tra quelle già sperimentate da qualche tempo almeno in America: scale prodotto e tabelle sul modello Guildford per
assegnare il voto, "portfolio" (show case o di presentazione), prove "semistrutturate" , (...) ad esempio con consegna di utilizzare 10
righe, 2 esempi concreti e almeno 5 argomentazioni, e stesure di testi diversi dai temi e tra loro (...), "reattivi di profitto", prove
"oggettive" con risposte prestrutturate e standardizzate nella loro creazione e valutazione, prove "strutturate di classe" (create
dall'insegnante, ma abbastanza simili a quelle oggettive) e soprattutto le citate prove di problem solving applicato a situazioni di vita
corrente a carattere interdisciplinare (prove proposte dal movimento detto della valutazione autentica) e programmi di alternanza
scuola-lavoro (es. PCTO). È auspicabile che le inchieste di INVALSI e IEA possano rilevare un utilizzo sempre crescente di queste
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nuove forme di valutazione anche in Italia. Tutte le nuove prove introdotte di recente sarebbero probabilmente davvero utili se si
accettasse di ridurre molto il numero di quelle tradizionali (in particolare temi a casa e in classe e interrogazioni orali) e se inoltre si
accettasse di svecchiare i programmi (andrebbero alleggeriti di tutto ciò che è ripetitivo, lontano dalla vita e inadatto all'indirizzo di
scuola superiore e universitario prescelto) oltre che d'inserire in ogni scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado corsi
indispensabili per la salute psicofisica e per la vita pratica e lavorativa (informatica, educazione civica, diritto, servizi sociali,
economia, psicologia e medicina). Se ci si decidesse a questo, basterebbe a rendere l'istruzione qualcosa di razionale che ogni singolo
studente, in anonimato o in consiglio di classe, avesse la possibilità di denunciare e documentare (con filmati autorizzati, ecc.) un
abuso ripetuto da parte degli insegnanti (qualora fossero molto aggressivi o si discostassero nella valutazione dalla prescrizione –
presente nei manuali di Scienze dell'Educazione e della Formazione – di annotare i quesiti, socializzare con gli studenti i criteri di
valutazione e utilizzare per essa testi modello, criteri, livelli prestabiliti e standard imposti dal Ministero).
Invito a leggere i testi di tre vecchie canzoni italiane: Pigro (Ivan Graziani), Dopo il liceo che potevo far (Edoardo Bennato) e Il
niente di Marco Masini, sempre che sia quest'ultima quella sua canzone in cui si parla di disoccupati avanzi dei licei. Queste canzoni
potrebbero accompagnare un utile confronto tra i programmi vuoti delle materie umanistiche delle scuole medie superiori e dei licei
scientifico, classico, linguistico e artistico da un lato e quelli densi di temi di attualità scottanti e di pagine dedicate allo sviluppo della
personalità del liceo delle scienze umane, che pur tra tanti difetti andrebbe imitato in tutte le scuole superiori di primo e secondo
grado.
Piccoli uomini (L. M. Alcott)
Amava moltissimo la lettura e si perdeva in mille fantasticherie, nutrite da una fantasia sbrigliata e sostenuta da una natura
contemplativa. I suoi genitori avevano paura che diventasse uno di quei ragazzi pallidi e precoci, che sono sì l’orgoglio dei genitori e
il vanto della famiglia, ma poi appassiscono come un fiore di serra, perché sbocciati troppo presto per la mancanza di solide radici
che non riescono a fare breccia nella salutare terra di questo mondo (…) ** disse: “Lascialo fare tutto il rumore che vuole per ora
(…) In quanto allo studio, al momento giusto, ne verrà attratto naturalmente”.

America (F. Kafka)
Studiava con pedanteria ed eccessivo impegno (…) Era sempre convinto che gli altri avessero un gran vantaggio su di lui (…) Si
basava sul libro più che sulla responsabile, anche se lei era l’unica cui doveva rendere conto nel lavoro (…) E ora, all’infuori del
manuale, quanto tempo era che non leggeva più un libro!

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Ogni autentico passo di crescita è un atto rivoluzionario, un atto di rivoluzione personale (…) Il problema centrale è sempre se
l’individuo trova il coraggio necessario, o se invece si arrende (…) E parlo di educazione, sebbene in tal caso si tratti di solito di un
istituto sociale che non contribuisce certo all’emancipazione e all’indipendenza dell’individuo. Nessun istituto sociale persegue tale
scopo. E questo è anche il motivo per cui in genere l’educazione contribuisce così poco allo sviluppo di una persona.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
La maggior parte delle istituzioni sociali sembra avere per scopo quello di mantenere l’uomo a livello di mediocrità di idee e di
sentimenti, tale da renderlo più adatto a governare o a essere governato.

Come un romanzo (D. Pennac)
In materia di esami “capire” significa capire quel che ci si aspetta da noi (…) La scuola non può essere una scuola del piacere, il
quale presuppone una buona dose di gratuità (…) Tutto nella vita scolastica (…) esprime la finalità competitiva dell’istituzione, essa
stessa indotta dal mercato del lavoro (…) La vitalità non è mai stata inserita nei programmi scolastici. Qui c’è l’utilità. La vita è
altrove. Leggere si impara a scuola. Quanto ad amare leggere… (…) E il professore approva a margine: “Sì, sì. Bene. Benissimo”
(…) lui che la mattina ha visto il ragazzino copiare a tutto vapore la scheda di lettura di **, lui che sa per esperienza che la maggior
parte delle citazioni incontrate in questi scritti pieni di saggezza vengono da un dizionario all’uopo, lui che capisce dalla prima
occhiata che gli esempi scelti (“citate alcuni esempi tratti dalla vostra esperienza personale”) vengono da letture fatte da altri, lui che
ha ancora nelle orecchie le urla provocate imponendo la lettura di un romanzo (…) Il commento regna sovrano, al punto, il più delle
volte, di sottrarci alla vista l’oggetto commentato. Questo brusio accecante ha un nome travisato: comunicazione… (…) Fra coloro
“che non leggono” i più accorti impareranno a parlare intorno: eccelleranno nell’arte inflazionistica del commento, (…) nella caccia
alla citazione intelligente (…) e diventeranno esperti nella sapiente navigazione fra i “brani scelti”, che conduce sicuramente al
diploma di maturità, alla laurea, perfino al dottorato (…)
Che dei libri possano sconvolgere a tal punto la nostra coscienza e lasciare che il mondo vada a rotoli ha di che toglierci la parola.
Silenzio, dunque… Salvo, naturalmente, per i parolai del potere culturale. Ah! Le chiacchiere da salotto, dove poiché nessuno ha
niente da dire, la lettura passa al rango di possibile argomento di conversazione. Il romanzo ridotto a strategia di comunicazione!
Tante urla silenziose, tanta ostinata gratuità perché il primo cretino possa rimorchiare la smorfiosa di turno: “Come, non ha letto il
Viaggio di Céline?”
Imparare a leggere (B. Bettelheim)
Quello che è necessario perché un bambino impari volentieri a leggere non è il conoscere l'utilità pratica della lettura, ma una fervida
fede che la capacità di leggere gli dispiegherà davanti un mondo di meravigliose esperienze e gli permetterà di affrancarsi dalla sua
ignoranza, comprendere il mondo e diventare padrone del suo destino (...) La letteratura iniziò con visioni dell'uomo, e non fu creata
per servire a scopi utilitari (...) Ai bambini bisognerebbe insegnare a leggere dei testi che essi trovano degni della loro attenzione e
dei loro più decisi sforzi (...) da classici scelti della letteratura (...) La buona letteratura ha qualcosa di significativo da offrire a
qualsiasi lettore di qualsiasi età, benchè a livelli di comprensione e di apprezzamento diversi (...) Il lettore principiante, poiché crede
ancora nel potere delle parole per il bene e per il male, si blocca o legge in modo errato quando incontra una parola che suscita
sentimenti eccessivamente forti e che quindi può sembrare pericolosa. Eppure, dato che queste parole evocano emozioni molto forti
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(benché negative), proprio questa forza di coinvolgimento emotivo può, quando sia trattata in modo adeguato, essere preservata,
mentre la sua carica negativa può essere disinnescata o addirittura convertita in una positiva (...) Ciò si ottiene promuovendo
consapevolezza dell'accaduto e autoaccettazione (...) Tali esperienze possono contribuire a rendere la lettura una delle attività più
piacevoli che la vita ha da offrire al bambino, dato che poche cose sono fonte di così profonda soddisfazione come la nostra scoperta
in noi stessi della capacità di tramutare il negativo in positivo.
Todo modo (L. Sciascia)
L’essere stati per alcuni mesi nella stessa classe non significava poi tanto, in ordine alle affinità, agli affetti. Due soli compagni
avevano avuto importanza nei miei anni di scuola: uno che avevo poi visto sempre, un altro che non ho più incontrato. Eravamo tutti
e tre a basso livello di rendimento scolastico, ma leggevamo tanti libri che non avevano niente a che fare con la scuola, andavamo
ogni sera al cinema, ci confidavamo amori e disamori (…) ** era invece dei bravi, e dei bravi che non passano da copiare la versione
dal greco o dall’italiano in latino (e quest’ultimo era (…) la più insensata delle vessazioni).

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Il fanciullo veramente d’ingegno è, anche e soprattutto, serio, e del resto sarei disposto a credere che una intelligenza lenta sia
preferibile ad un ingegno volto a mal fare (…) Il ragazzo di cui parlo io assimilerà facilmente gli insegnamenti, farà anche delle
domande, sempre però in modo da seguire il maestro e non da corrergli avanti. L’intelligenza dei ragazzi-prodigio non arriva mai
facilmente a frutto. Costoro sono quelli che compiono facilmente le piccole fatiche e, ringalluzziti dalla stessa audacia, fanno sùbito
mostra di tutte le loro possibilità; si limitano ad esprimere senza interruzione delle parole e le pronunziano con molta faccia tosta e
senza timore di sbagliare: sono i tipi che non spiccano molto, ma spiccano sùbito. In loro non c’è autentica capacità, e quella che
hanno non poggia su radici ben profonde (…) Tutto ciò piace, se confrontato con l’età; da questo momento in poi i progressi hanno
termine e l’ammirazione va scemando (…) Quanto meno uno è intelligente, tanto più cerca di gonfiarsi e di innalzarsi: proprio come
avviene ai piccoli di statura, che si alzano sulle punte dei piedi e minacciano, mingherlini come sono, non so quale ira di Dio. Quanto
agli oratori ampollosi o di cattivo gusto o reboanti e a coloro che cadono in qualsiasi altro genere di goffa e affettata imitazione, ho
per certo che essi soffrano non per eccesso, ma per difetto di forza (…) Allo stesso modo, (...) uno (...) difettoso (...) sarà oscuro (…)
A procurare la disinvoltura, ci sarà tempo in séguito, e la questione sarà da me accuratamente svolta al momento opportuno (…)
Raggiungerà la mèta (…) colui che avrà appreso a parlare correttamente prima che a parlare velocemente (…) Penserò che non possa
per nulla dirsi eloquenza quella che non mostri un minimo non dirò di serietà o di santità, ma almeno di maschia vigoria e
d’incorrotta moralità (…) Noi, che aspiriamo a creare l’oratore, daremo all’eloquenza cembali e non armi? Perciò, quel giovane che
intendiamo formare ed educare (…) già da quando è nella scuola pensi ardentemente alla vittoria e sappia ferire l’avversario nelle
parti vitali e difendersi.

Psicologia della comunicazione (P. Di Giovanni)
Il Gruppo di Ricerca della Comunicazione ha insistito (...) sull'esistenza di una dimensione sommersa della comunicazione, che la
orienta a monte, (...) procedimenti quasi razionali (...) che tendono a demolire qualsiasi tesi (...) (retorica dinamica) (...)
I migliori comunicatori sembrerebbe (...) siano le persone con saldi principi, ricchezza interiore e disponibilità a capire e a mettersi in
discussione (...) quei soggetti attenti alla presentazione del Sé in società (HSM o ad high self monitoring) dotati di un nucleo
inflessibile circondato da un alone fluttuante (...) (un nucleo rigido anche se adattabile alle diverse situazioni sociali) (...) Essi
esplorano se stessi nell'interazione tra il Sé e la situazione, (...) invece di manipolarci come fanno gli HSM spregiudicati.
Autobiografia (B. Franklin)
Suo padre abituò i figli a discutere e a disputare tra loro, per proprio divertimento (…) Abituato così fin da ragazzo, ** era un acuto
ed elegante sofista e pertanto nelle dispute riusciva quasi sempre vincitore (…) Queste persone che continuamente disputano,
confutano, contraddicono, non riescono a dirigere bene i loro affari. Sì, è vero, a volte ottengono vittorie, ma mai riescono ad avere la
fiducia degli altri, che sarebbe loro di utilità maggiore (…) Il mio orgoglio trapelava spesso in ogni mia conversazione, discutendo di
un qualsiasi argomento, non mi accontentavo di aver ragione, ma volevo sopraffare l’interlocutore e mi rendevo insolente (…) Mi
prefissai di astenermi dal contraddire direttamente le opinioni degli altri e dal fare affermazioni in senso assoluto. Mi proibii l’uso di
espressioni come “certamente”, “senza dubbio” ecc. e adottai locuzioni come “io credo, mi sembra”, “immagino” oppure ancora
“così mi pare in questo momento” (…) Negavo a me stesso il piacere di contraddire esplicitamente o di mostrare immediatamente
l’assurdità delle affermazioni che ritenevo sbagliate, affermavo invece che in questi casi o circostanze quelle osservazioni sarebbero
state esatte, ma che mi sembrava che in quello da noi affrontato ci fosse qualche differenza, ecc. (…) La modestia con cui suggerivo
le mie opinioni faceva in modo che fossero accolte senza molte velleità di contraddizione; io stesso non mi sentivo così mortificato
quando mi scoprivo nel torto (…) Ed è a questa abitudine (oltre che, beninteso, alla reputazione di uomo onesto) che credo di dover
ascrivere l’influsso che esercitai fin dall’inizio sui miei concittadini quando proponevo di creare nuovi istituti o di emendare quelli
del passato o nelle pubbliche assemblee; poiché, in effetti, pur essendo un ben povero oratore, nient’affatto eloquente, sempre esitante
nella scelta delle parole, e commettendo spessissimo degli errori nell’uso della lingua, riuscivo tuttavia convincente.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Un discorso esplicativo semplice e trasparente (…) non propone nuove interpretazioni e non ostenta l’autorità di insigni studiosi con
ricchi apparati di note, ma pone il lettore nella migliore situazione di attenzione e di ascolto dei testi. (…)
Nel lavoro ragionevole e metodico è la vera prerogativa dell’uomo.

L’arte del conversare (M. Montaigne)
Lo studio (…) non riscalda; mentre la conversazione insegna ed esercita al tempo stesso. Se converso con un animo forte, (…) le sue
idee danno slancio alle mie, (…) mi spingono e m’innalzano al di sopra di me stesso (…) Mi piace che le parole vadano dove va il
pensiero (…) Io festeggio la verità in qualsiasi mano la trovi (…) L’inseguimento e la caccia sono la nostra vera preda, (…) poiché
siamo nati per cercare la verità (…) Ho in odio ogni sorta di tirannia.
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Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Ciò che è vero, ciò che è istruttivo è quanto la coscienza di un uomo onesto, che ha molto e bene visto, dice al proprio amico vicino
al focolare: certune di dette conversazioni mi hanno più istruito di tutti i libri e dell’ordinaria pratica di società.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Uomini intelligenti sono sempre il miglior manuale di conversazione.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
E così a poco a poco si accendeva (…) non quella dura piccola luce elettrica che chiamiamo conversazione brillante, quando ci
esplode e ci scompare sulle labbra, bensì quel bagliore più profondo, sottile e sotterraneo che è la ricca fiamma gialla della
comunicazione razionale. Nessuna fretta, né bisogno di scintillare. Nessun bisogno di essere altro che se stessi.

Middlemarch (G. Eliot)
Assistere a questo grande spettacolo della vita e non riuscire a liberarsi del proprio io meschino, avido e tremante (…) Non provare
mai l’esaltazione di aver potuto trasformare la propria coscienza in pensieri folgoranti e nell’ardore della passione, nell’energia
dell’azione (…) Ma rimanere sempre dotto e privo di ispirazione, ambizioso e timido, scrupoloso e miope.

Essere rinomati non è bello (B. Pasternak)
Non c’è bisogno di tenere archivi, di trepidare per i manoscritti.
Scopo della creazione è il restituirsi, non il clamore, non il gran successo (…) Occorre vivere senza impostura (…) e lasciare le
lacune nel destino, non già fra le carte, (…), non recedere di un solo briciolo dalla tua persona umana, ma essere vivo e nient’altro
fino alla fine.

Lettere a Lucilio (Seneca)
È riprovevole e anche una forma di intemperanza ingombrare la mente con la suppellettile letteraria. La moda ci fa trascurare il
necessario e apprendere questo superfluo per vanità e ci rende verbosi, importuni (…) Bisogna stare lontani dagli studi letterari. Sarei
pazzo se mi ponessi questioni vane mentre dardi mi si conficcano nella schiena (…) Quanto tempo ti sottraggono le malattie, le
occupazioni quotidiane, il sonno, ecc.? Misura la tua vita: non c’è posto per tante cose (…) I letterati sanno meglio parlare che vivere
(…) In ogni studio bisogna sapere la meta che ci si propone (…) Il giovane che, volgendosi alla letteratura, studia Virgilio, quando
legge il noto verso “Fugge il tempo irreparabile” non dice a se stesso: “Vegliamo! (…)” Ma osserva che Virgilio ogni qualvolta parla
della celerità del tempo usa un certo verbo…

Come un romanzo (D. Pennac)
Esiste il diritto di saltare delle pagine (…) Il libro ci cade dalle mani? Lasciamo che cada (…) I buoni libri non invecchiano. Ci
aspettano sui nostri scaffali e siamo noi a invecchiare un’altra volta (…) Curiosare nella nozione controversa di gusto, cercando poi
di stendere la mappa dei nostri (…) può offrire il raro piacere di rileggere un libro capendo finalmente perché non ci piace.

Rancore e nuvole (A. Tabucchi)
A pensarci bene, c’era qualcosa di querulo in quel rimando tardo romantico a un empireo non meglio definito nel quale vagherebbero
in forma astratta i concetti poetici per scendere poi in forma astratta in forma di parole nel recipiente vile del poeta, (…) ma forse era
davvero inconsapevole: era a suo modo un signorino, aveva scritto quelle parole senza capirne il significato, credendole misteriose
(…) E invece non avevano mistero per lui che le leggeva (…) e poteva giocare con loro come con le lettere di legno dell’alfabeto
infantile (…) Il vero poeta era lui, lo sentiva.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Uno degli eccidi più efferati del Terrore fu quello delle giovinette di Verdun (…) Istigatore del massacro il poetastro regicida Pons di
Verdun, che si accanì contro la sua città natale. È incredibile quanti agenti del Terrore abbia fornito l’Almanacco delle Muse: la
vanità delle mediocrità inappagate generò altrettanti rivoluzionari quanto l’orgoglio ferito degli storpi.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Quel discutere su qualche libro era perfettamente in armonia con le loro abitudini dato che la conversazione tra loro doveva essere
fabbricata quasi chimicamente. Dovevano prepararla chimicamente nelle loro teste, miscelando i vari ingredienti (…) Era adirata con
lui che traduceva ogni cosa in parole (…) Tutto quello scrivere! Tutti quei feroci tentativi di farsi avanti! Era pura follia. E andava via
via peggiorando, diventava addirittura maniacale (…) Romanzi privi di reale contenuto (…) costruiti sul vuoto (…) Il suo cosiddetto
genio era solo (…) un palese talento per il pettegolezzo personale, intelligente e apparentemente distaccato (…) È soprattutto nei
luoghi delle passioni segrete della vita che la corrente della conoscenza deve fluire e rifluire, purificante e tonificante. Ma il romanzo,
al pari del pettegolezzo, può anche sollecitare simpatie e ripugnanze spurie, meccaniche e letali per la psiche (…) Sono umilianti i
romanzi (…) che tutti leggono. Il pubblico non apprezza ora se non ciò che lusinga i suoi vizi.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Mentre la tragedia arrossava le strade, la letteratura pastorale trionfava in teatro; non si parlava che di pastori innocenti e di verginali
pastorelle (…) rivivevano per candide megere che se ne tornavano dallo spettacolo della ghigliottina con la calza in mano.

Come un romanzo (D. Pennac)
Svuotava sulla cattedra una tracolla piena di libri. Ed era la vita (…) Tutte le sue letture erano dei regali (…) Attraverso la sua voce
noi scoprivamo d’un tratto che tutto ciò era stato scritto per noi. Quella scoperta giungeva dopo che per lunghi anni l’insegnamento
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delle Lettere ci aveva tenuti a rispettosa distanza dai libri (…) Non ci somministrava la letteratura con il contagocce analitico, ce la
serviva in gran bicchieroni… E noi capivamo tutto quello che ci leggeva. Noi lo sentivamo. Non c’era spiegazione del testo più
luminosa del suono della sua voce quando anticipava le intenzioni dell’autore, rivelava un sottinteso, svelava un’allusione… rendeva
impossibile il fraintendimento (…) Ci parlava di tutto, ci leggeva tutto, perché non dava per scontato che avessimo una biblioteca in
testa (…) E niente a che vedere con l’idea di patrimonio culturale, di sacri segreti appesi alle stelle; con lui, i testi non cadevano dal
cielo, li raccattava da terra e ce li regalava da leggere. Tutto era lì, intorno a noi, brulicante di vita. Ricordo la nostra delusione, agli
inizi, quando affrontò i colossi, quelli di cui i nostri professori ci avevano comunque parlato, i pochi che pensavamo di conoscere
bene (…) In un’ora perdettero il loro statuto di divinità scolastiche per diventarci intimi e misteriosi – cioè indispensabili.
Resuscitava gli autori. Alzati e cammina (…) Non faceva il prof-amicone (…) Svolgeva semplicemente quella che chiamava la sua
“lezione di ignoranza”. Con lui la cultura smetteva di essere religione di Stato e il bancone di un bar valeva quanto un palco. Noi
stessi, ascoltandolo, non provavamo il desiderio di prendere i voti, di mettere l’abito talare del sapere. Avevamo voglia di leggere,
punto e basta… Appena taceva, correvamo a svaligiare le librerie (…) E più leggevamo, più in effetti ci sentivamo ignoranti, soli
sulla riva della nostra ignoranza, e di fronte a noi il mare. Ma con lui non avevamo più paura di buttarci. Ci tuffavamo nei libri senza
perdere tempo in sguazza menti freddolosi (…) Lui ci ha lasciato in eredità una gran bella voglia di trasmettere. Ma di trasmettere ai
quattro venti. Lui, che se ne sbatteva dell’insegnamento, sognava ridendo un’università itinerante.

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SCRIBACCHIARE PER NON SAPER ATTENDERE O PER NON SAPER VIVERE

Il contesto (L. Sciascia)
“Per me non ci sono mai ore libere (…) Lo pubblicherò appena si verificheranno condizioni che ne promuoveranno il successo (…)
Segue il mio ragionamento?” Come accade nei manicomi, pensò **, dove sempre incontri quello che ti blocca a confidarti il suo
falansterio.

Luogotenente Schmidt (B. Pasternak)
Tutta la notte egli scrive scempiaggini. Sopravviveva un’ondata di isterismo, egli è di nuovo sotto il rubinetto (…) “Vi ho svelata
tutta la mia anima (…) Ma in questo è poco di lusinghiero ed è anzi un grande rischio. Temo che la mia loquacità finisca col farvi
ribrezzo. Sarò assordato dal loro fracasso e non credo di scamparla. Risonerò come la loro eco, ma l’eco dura un istante (…) O notti!
O liberi discorsi! O turbine che tronchi le frasi come aceri e olmi!”

L’uomo senza qualità (R. Musil)
** portava un grosso libro sotto il braccio. Era un gesto che gli piaceva, rispettoso e condiscendente verso lo spirito (…) Non si
poteva dire che ** parlasse con qualcuno, stava lì e parlava da solo ad alta voce. Il generale si ricordò che molta gente per la strada
parlava ad alta voce (…)
Non ha notato quanta gente oggi parla da sola per la strada? Si vede che non sono capaci di vivere completamente le loro esperienze
o di assimilarle e da ciò deriva un esagerato bisogno di scrivere. Forse lo scritto non lo rileva così chiaramente perché, secondo il
talento e la pratica, può venire fuori qualcosa che oltrepassa di molto l’origine. Ma la lettura lo rivela: oggi nessuno legge, ognuno si
serve dello scrittore per scaricare su di lui le proprie eccedenze in forma di consenso o dissenso (…)
Quel che lo confinava in una forma di esistenza segregata e indefinita altro non era che l’impulso ad associare e dissociare, impulso
che, con una parola che non si ama incontrare da sola, viene chiamato spirito (…) Chi può si adorna di spirito. Lo spirito, combinato
con questo e con quello, è diffuso come null’altro al mondo. Lo spirito della fedeltà, uno spirito illuminato, e più grande spirito dei
nostri giorni, lo spirito della causa, lo spirito del movimento. Ma quando lo spirito sta solo, un sostantivo nudo, che accade? (…) Si
ha un bel leggere, studiare, comprar quadri e ragionare: lo si possiede? Questo spirito è legato saldamente alla forma sotto cui si
presenta (…) Lo si gusta con gigantesco consumo di energia nervosa e poi dove va a finire? Forse se si venisse a saperne di più, si
farebbe intorno a questa parola un silenzio angoscioso (…)

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Forse di me non resterà alla fine che questo impulso ad associare cose distanti tra loro.

Middlemarch (G. Eliot)
Intuire quali sarebbero state le conclusioni di Mr. ** era difficile come fare le previsioni del tempo (…)
La sua penna era un organo pensante, che elaborava frasi prima che la mente potesse contraddirla. Essa manifestava rammarico e
proponeva rimedi che poi Mr. ** rileggendoli, trovava fossero stati fatti in modo felice.

Lessico familiare (N. Ginzburg)
Nel tempo del fascismo, i poeti s’erano trovati a esprimere solo il mondo arido, chiuso e sibillino dei sogni. Ora c’erano di nuovo
molte parole in circolazione, e la realtà di nuovo appariva a portata di mano (…) Ma poi avvenne che la realtà si rivelò complessa e
segreta, indecifrabile e oscura non meno del mondo dei sogni; e si rivelò ancora situata di là dal vetro, si rivelò effimera (…) Tutti
scordarono quella breve, illusoria, compartecipazione alla vita del prossimo (…) L’errore comune era credere che tutto si potesse
trasformare in poesie e parole. Né conseguì un disgusto di poesia e parole (…) per cui alla fine ognuno tacque. Era necessario tornare
a scegliere le parole, (…) scrutare per sentire se erano false o vere, se avevano o no vere radici in noi”.

Il Fanciullino (G. Pascoli)
Lo studio deve essere diretto, (…) più che ad aggiungere, (…) a togliere la tanta ruggine che il tempo ha depositato sulla nostra
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anima in modo che torniamo a specchiarci nella limpidezza, (…) ad essere soli tra noi e noi (…) Limitare, (…) abbagliare, (…)
sopraffare (…) o ingobbirsi mietendo (…) E gli ozi della critica collezionano giudizi tra pugnaci atteggiamenti di novatori e schifi
gesti di pedanti (…) Ragioniamo e distinguiamo troppo, (…) e amiamo troppo l’ornamentazione (…) Il Fanciullino non sottintende,
(…) non ha la pretesa assurda e comune che il senso delle cose che dice lo metteranno i lettori (…) Poeta è chi si fissa in una
visione che i suoi occhi possano misurare, (…) occhi che guardano semplicemente e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra
anima. (…) Non esclude di proposito ma naturalmente (…) e tra le opinioni dei filosofi sceglie quelle che confermano il suo
sentimento (…) Lo spinge stupore e curiosità (…) È l’aedo, (…) il veggente, (…) l’uomo che ha veduto (…) A costituire il poeta
vale più il sentimento e la sua visione che il modo col quale la trasmette (…) I primi uomini con misurata gravità pronunciavano la
difficile parola che stupivano volasse (…) dopo la lunga e silenziosa meditazione(…) Non le gettavano come cose che
sovrabbondano, (…) ne vedevano il peso (…) Lettori e uditori non dovrebbero dire che: “Com’è vero! Non ci avevo pensato” (…)
Il sentimento poetico è di chi trova la poesia in ciò che lo circonda, (…) non affatturando e sofisticando(…) Il nuovo non s’inventa,
si scopre.

Fiorirà l’aspidistra (G. Orwell)
Un giorno, forse, Dio solo sapeva come e quando, sarebbe riuscito a guadagnarsi la vita bene o male “scrivendo” (…)Lottava con un
terribile libro che non andava mai avanti (come solo scopo dimostrabile della sua vita) (…) Era stato stabilito in famiglia che ** era
intelligente (era la teoria) (…) Era un pomeriggio tiepido come di primavera e in quel momento era soddisfatto della sua poesia.
Dimenticava che la sera prima gli aveva quasi dato dei conati di vomito (…) Il tavolo era ricoperto da un ammasso di fogli, tutti
coperti di scrittura, cancellati e scritti di nuovo. Non era più una cosa che avesse creata, ma solo un incubo in cui si dibatteva (…) In
una solitudine di tanta tristezza non si può scrivere un libro. Nei momenti in cui guardava freddamente in faccia la realtà, era
consapevole che non lo avrebbe mai finito. Ciononostante, e forse proprio per questo, ** si accaniva. Era qualcosa a cui potersi
aggrappare. Erano momenti in cui l’ispirazione tornava e le parole diventano vivide, (…) ma allora cancellava un verso, che un anno
prima andava bene ma ora gli sembrava falso, e provava un senso di compiutezza come se distruggere fosse in qualche modo un atto
creativo (…) La posta! Aspettava le lettere con avidità (…) Il libro fu dimenticato (…) La delusione per non aver ricevuto le lettere lo
aveva svuotato di ogni coraggio ed entusiasmo. Ancora cinque minuti prima il libro gli era parso una cosa viva; ora lo conosceva
inequivocabilmente per l’indegno pancotto che era (…) Un’altra sera sciupata. Per puro bisogno di autopunizione trasse a sé un
fascio di cartelle del suo libro (…) La penosa meccanica vacuità di quei versi lo sgomentò: era come il ticchettio di qualche futile
macchinetta avviata.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
In assenza di vita esteriore, gli incidenti li procura la vita interiore: le associazioni di idee e ricordi agiscono, (…) sussultano come
una macchina che nell’impossibilità di spostarsi, giri su se stessa. La mia vecchia decisione di mettermi a scrivere risaliva a chissà
quando, ma mi sembrava di ieri, avendo considerato ciascun giorno trascorso lasciandolo passare ripromettendomi di cominciare a
lavorare l’indomani

Time (Pink Floyd)
Scandendo via i momenti che rendono un giorno noioso. Sciupi e sprechi le ore in una strada fuori mano, gironzolando attorno a un
pezzo di terra nella tua città, aspettando qualcuno o qualcosa che ti mostri la via (…) Tu sei giovane (…) e poi un giorno ti ritrovi
dieci anni sulle spalle. Nessuno ti ha detto quando partire e hai mancato lo sparo iniziale. E tu corri e corri (…) Ogni anno sta
diventando più corto. Non si riesce più a trovare il tempo. Progetti finiscono nel nulla o in mezza pagina di righe scarabocchiate (…).
La canzone è finita, pensavo di avere ancora qualcosa da dire..

Chiedi alla polvere (J. Fante)
A volte un’idea fluttuava innocente per la stanza come un uccellino bianco. Non aveva cattive intenzioni. Voleva solo aiutarmi,
l’uccellino. Ma io lo colpivo, lo abbattevo con i tasti, finché mi moriva tra le dita.

Il ciclo delle stagioni (C. Ponge)
Stanchi di essere contratti per tutto l’inverno, gli alberi all’improvviso si lusingano dell’essere ingannati (…) e lasciano andare le
parole, un flusso, un vomito di verde (…) Cercano di nascondersi, di confondersi gli uni negli altri. Credono di poter dire tutto (…)
Non dicono altro che: gli alberi: neanche capaci di trattenere gli uccelli che se ne volano via, mentre essi si rallegravano di aver
prodotto fiori così strani. Sempre la stessa foglia, sempre lo stesso modo di spiegarsi e lo stesso limite (…) Niente insomma che
possa fermarli se non improvvisamente questa riflessione: non si esce dagli alberi con mezzi di alberi. Una nuova stanchezza, un
nuovo capovolgimento morale. Lasciamo che tutto ingiallisca e cada. Venga lo stato taciturno, lo spoglio.

359 (E. Dickinson)
Così l’ottenni, lentamente, salendo (…) Come pendeva in alto! (…) Ho detto che l’ottenni – e fu tutto. Guarda come la stringo perché
non cada. E io resti per sempre miserabile, resa incapace da un istante di grazia di riprendere quel volto di quieta mendicante che
avevo un’ora fa.

Prefazione a Musica per Camaleonti (T. Capote)
Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta (…) Gli scrittori (…) che vanno allo sbaraglio, disposti a giocare il
tutto per tutto (…) hanno molte cose in comune con un’altra razza di uomini solitari: quelli che si guadagnano da vivere giocando a
biliardo e distribuendo carte.

Prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno (I. Calvino)
Tensione di follia e inseguimenti come l’Orlando Furioso (…) Ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest’altro per
inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché (…) Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare
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che si può usare una sola volta nella vita. Il primo libro già ti definisce, mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’essere definito (…)
Per coloro che da giovani cominciarono a scrivere dopo un’esperienza di quelle con tante cose da raccontare, (…) il primo libro
diventa subito un diaframma tra te e l’esperienza, taglia i fili che ti legano ai fatti, brucia il tesoro di memoria – quello che sarebbe
diventato un tesoro, se avessi avuto la pazienza di custodirlo, se non avessi avuto tanta fretta di (…) imporre una gerarchia arbitraria
tra le immagini, (…) di separare e privilegiare le presunte depositarie d’una emozione (…) Di questa violenza che le hai fatto
scrivendo, la memoria non si riavrà più: l’esperienza, che è la memoria più la ferita che ti ha lasciato, più il cambiamento che ha
portato in te e ti ha fatto diverso, (…) ricchezza vera dello scrittore (ma non solo di lui), (…) appena ha dato forma a un’opera
letteraria insecchisce, si distrugge (…) Quell’esperienza che custodita per gli anni della vita (…) sarebbe forse servita a scrivere
l’ultimo libro.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Un soggetto molto negativo (…) Che utilità ne avrebbe tratto il lettore? Eppure continuava a scriverlo, perché (…) era mandare
avanti una conversazione con la propria immagine allo specchio (…) L’atto di scrivere era irrilevante: (…) non era un atto creativo,
ma una registrazione (…) La storia era già scritta dentro di lei (…)
Cercando in sé le linee di una storia e trovando che ancora una volta non sono altro che immagini di sconfitte e ironia, ora le rifiuta
sistematicamente. Cerca di accettare le immagini coscienti che significano infelicità o aridità (…) e piegarle alla vittoria (…) È
trascendere i propri limiti. Dal caos nasce una forza nuova (...)
Si trattava di trovare il nome giusto.

La storia infinita (M. Ende)
Voi creature di Fantàsia portate nel mondo accecamento e illusione, (…) manie, idee fisse, (…) idee di disperazione là dove non c’è
ragione di disperarsi; desiderio di cose che fanno ammalare, (…) l’odiare cose che non si conoscono, il dubitare di ciò che potrebbe
salvare, il credere cose che rendono ubbidienti (…) Un flusso di menzogne che si rovescia incessantemente nel mondo dagli uomini.
Se non vi conoscono per quello che siete veramente, si possono guidare gli uomini come si vuole, perché essi vivono di idee(…) Con
voi si scatenano guerre, si fondano imperi(…) Il nome sbagliato rende tutto irreale, il nome giusto dà a tutte le creature e a tutte le
creature e a tutte le cose la loro realtà (…) Fin dall’inizio venne data quella stupenda facoltà creatrice(…) nuovi e splendidi nomi (…)
a quel richiamo (…) Quando le creature di Fantàsia vengono trascinate nell’altro mondo in quella terribile maniera, quello è il modo
sbagliato. Ma quando è un uomo a venire da noi, quello è il modo giusto. Tutti coloro che sono venuti fra noi hanno appreso qualcosa
che solo qui potevano apprendere e che li ha fatti tornare nel loro mondo profondamente mutati. Erano diventati dei veggenti, perché
ci avevano visto nella nostra vera natura. Per questo potevano guardare anche il loro mondo e il loro prossimo con occhi del tutto
diversi. Là dove prima non vedevano che banali cose quotidiane, scoprivano d’improvviso miracoli e misteri (…) E quanto più ricco
il nostro mondo diventava grazie a loro, tanto meno erano le menzogne nel loro mondo. Così come i due mondi possono distruggersi
a vicenda, allo stesso modo possono vicendevolmente risanarsi (…) Ci sono persone che non potranno mai arrivare in Fantàsia e ci
sono invece persone che possono farlo, ma che poi restano là per sempre (…) Finiscono prigionieri (…), e senza niente da dire,
perché senza più ricordi e desideri, (…) si esprimono lanciando i dadi (…) E infine ci sono quei pochi che vanno in Fantàsia e
tornano anche indietro. Come hai fatto tu. E questi risanano entrambi i mondi (…) Ci sono una quantità di porte che conducono in
Fantàsia. Di libri magici ce n’è più d’uno. Molta gente non se ne accorge neppure. Dipende appunto da chi prende in mano un libro
simile.
Albero e foglia (J. R. R. Tolkien)
La fantasia (...) non reca offesa alla ragione (...) Al contrario. Più acuta e chiara è la ragione e migliore fantasia produrrà (...) La
fantasia può essere portata all'eccesso, (...) ma abusus non tollit usum.
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POCHI E BUONI LIBRI NELLA SOLITUDINE

Fiorirà l’aspidistra (G. Orwell)
In tutte le librerie è in corso una lotta darwiniana per la sopravvivenza del più adatto, nella quale le opere di autori viventi gravitano a
livello dell’occhio e quelle di autori scomparsi vanno giù nella Gehenna o su tra i troni, sempre lontano dal luogo dove possano
essere notate (…) Detestava soprattutto certi libri intellettualistici di critica letteraria (…) Quale raffinatezza occhialuta! E (…) dietro
di essa, quattrini (…) Una donna di ceto medio con sotto braccio una copia della Saga dei Forsyte, il titolo bene in mostra affinché i
passanti potessero prenderla per un’intellettuale (…) lasciò cadere una copia della Dell. I vividi occhi d’uccello della signora ** si
posarono sul volume (…) sorrise a ***, un sorriso d’intesa come da intellettuale a intellettuale (…) “La Dell! Che meschinità i libri
che i ceti inferiori leggono!” Era gentile con ***, per commesso che fosse (…) Era la framassoneria degli intellettuali che li
cementava. L’occhio scintillò d’ironia da intellettuale. *** ricambiò. “Tenersi buona la signora **! Una buona cliente”. Ancora
clientela (…) Un giovane (…) con i quattrini (…) “Io adoro la poesia!” ** assunse il tono tra il servile e il signorile riservato ai buoni
clienti (…) e sorrise di un sorriso evoluto da bibliofilo a bibliofilo, pensando “Cerca di smammare al più presto, bambolo di
zucchero”. (…) *** guardò acidamente i quindici o venti scaffali (…) e pensava: “Riavremo mai uno scrittore che valga la pena di
leggere? (…) E se mai avessimo uno scrittore degno di essere letto, riusciremo a conoscerlo quando lo vedessimo, soffocati come
siamo da tanto ciarpame?”

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Forse si potrebbe vivere “esattamente” (…) Ciò vuol dire immaginare un’opera di vita consistente, anziché in tre trattati, in tre poesie
nelle quali la personale capacità di rendimento sia spinta al massimo, tacere quando non si ha niente da dire, restare insensibili
quando non si ha l’indescrivibile senso di allargare le braccia e di essere sollevati in alto da un’ondata della creazione! Non
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resisterebbe nessun talento, ma resterebbe il genio! E di ogni quintale di morale rimarrebbe un milligrammo di un’essenza che è
beatifica anche nella quantità di un milionesimo di grammo (…) L’uomo esatto prende tutto e (…) anche se stesso senza pregiudizi e
con meticolosità, (…) come un tecnico o un commerciante.

Come un romanzo (D. Pennac)
Prodotto di una società iperconsumistica, il libro è coccolato quasi quanto un pollo gonfiato agli ormoni (…) Eccoti il romanzetto
smilzo gonfiato (…) per far credere al lettore che avrà quel per cui spende (testo annegato e frasi stordite da tanto biancore) Eccoti la
“sovraccoperta” pugno-in-un occhio i cui colori e titoli enormi strillano (…)
Ci sono “buoni” e “cattivi” romanzi. Molto spesso sono i secondi che incontriamo per primi (…)
Esiste quella che chiamerei una “letteratura industriale” che si limita a riprodurre all’infinito gli stessi tipi di racconti, che fabbrica
stereotipi a catena, fa commercio di buoni sentimenti e sensazioni forti, prende al volo tutti i pretesti offerti dall’attualità per sfornare
una narrativa di circostanza, effettua “studi di mercato” per piazzare secondo la congiuntura un determinato tipo di prodotto che si
ritiene debba infiammare una determinata categoria di lettori. Ecco, a colpo sicuro, dei cattivi romanzi. Perché? Perché non sono il
risultato della creazione ma della riproduzione di “formule” prestabilite, perché sono un’opera di semplificazione (cioè di menzogna),
mentre il romanzo è arte di verità (cioè di complessità), perché facendo leva sui nostri automatismi addormentano la nostra curiosità
e, infine, soprattutto, per il fatto che l’autore non c’è, né la realtà che pretende di descriverci. Insomma, una letteratura “usa e getta”
fatta con lo stampo e che in quello stampo e che in quello stampo vorrebbe imprigionare anche noi (…) Il nostro primo stato di lettori
è il bovarismo (…) la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni: l’immaginazione che si dilata, i nervi che
vibrano (…) Il cervello che prende momentaneamente le lucciole del quotidiano per le lanterne dell’universo romanzesco (…) Il
bovarismo è una delle cose più diffuse nel mondo, ma è sempre nell’altro che lo vediamo, mentre vituperiamo la stupidità delle
letture adolescenti, non è raro che collaboriamo al successo di uno scrittore telegenico di cui ci faremo beffe appena sarà passato di
moda.

Avere o essere (E. Fromm)
La lettura di un romanzo da quattro soldi, privo di qualità artistiche, è una sorta di sogno a occhi aperti: non permette risposte
produttive; il testo viene ingurgitato come uno spettacolo televisivo o come le patatine fritte che si masticano seduti davanti al
televisore (…) Una volta che sanno com’è andata a finire hanno l’intera storia, quasi altrettanto reale che se l’avessero pescata nei
propri ricordi. Non hanno però dilatato la propria conoscenza; non hanno compreso affatto il personaggio del romanzo, e pertanto
non hanno approfondito la loro penetrazione nella natura umana, né sono giunti a conoscersi meglio. Le modalità di lettura sono le
stesse qualora il libro tratti di filosofia o di storia.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Vi son libri leggendo i quali si impara di tutto, ma poi, tutto sommato, non ci si fa un concetto di nulla.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
L’ozio di uno scrittore che ha prodotto ottime opere è più rispettato dal pubblico della attiva fecondità di un autore che sforna a
ripetizione opere mediocri. Così il silenzio di un uomo noto per la sua eloquenza è più apprezzato del chiacchiericcio inane di un
verboso (…) Ciò che fa il successo di un bel po’ di opere è il rapporto accertato tra la mediocrità delle idee dell’autore e la mediocrità
delle idee del pubblico.

M. Montaigne
Dovrebb’esserci coercizione di legge contro gli scrittori inetti e inutili come havvi contro vagabondi e fannulloni (…) La mania
scribacchina sembra essere quasi un sintomo di secolo dissoluto.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
La vera eloquenza consiste nel dire tutto il necessario e solo il necessario (…) È nel carattere dei grandi intelletti far intendere molte
cose in poche parole.

Il magico potere del riordino (M. Kondo)
Prendete in mano uno per uno tutti i libri accatastati, e procedete a scegliere quelli da conservare e quelli da buttare. Il principio in
base al quale dovete regolarvi resta sempre “l’emozione” che vi provocano nel momento in cui li sfiorate (…) Basta solo toccarli (…)
Immaginate una libreria composta solo dai libri che vi piacciono. Solo il pensiero non vi manda in estasi? Per gli amanti dei libri non
deve esserci gioia più grande (…) Conservate solo quelli che vi inorgoglisce vedere nella vostra libreria, quelli che prendendoli in
mano vi rendete conto di amare davvero (…) Non serve finire tutti i libri che avete iniziato (…) Avere meno libri a portata di mano
ha aumentato la mia sensibilità alle informazioni: quelle importanti diventano più facili da riconoscere.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Proust mi annoia: tutta quella complicata raffinatezza!Non ha sentimenti, solo fiumi di parole per descriverli. Sono stanca degli
intellettuali pieni di sé.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Gli scrittori (mediocri) si sono limitati a descrivere stati d’animo presentandoli sullo stesso piano (…) con l’abbandono dei valori
centrali in favore di tutto ciò che è alla periferia dell’arte, ai confini della psicologia (…) È impossibile invece sottrarre la vera
letteratura alle categorie del bene e del male, al pari di tutte le attività umane (…)
Gli scrittori di genio offrono l’equivalente dello spessore della realtà (…)
Niente è più eternamente nuovo del bene.

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Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Ho rubato idee da ogni libro che ho letto. La mia linea di condotta nella stesura di un libro è “leggere come una farfalla, scrivere
come un’ape” e se in questa storia c’è un minimo di miele, esso è dovuto totalmente alla qualità del nettare che ho trovato nelle opere
dei migliori scrittori.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Dobbiamo alternare il leggere con lo scrivere e far sì che le cognizioni acquisite leggendo, messe sulla carta, formino un tutto
organico. Imitiamo le api: suggono il miele e lo depongono nei favi con ordine. Come facciamo con il cibo per il corpo, digeriamo
quello dello spirito, altrimenti non si trasformerà in energie intellettuali, ma in un peso per la memoria. Il contributo di molti autori
scompaia assimilato nel prodotto nel nostro ingegno. E anche se nella tua opera trasparirà l’autore che ammiri di più e che è impresso
più profondamente nel tuo animo, vorrei che la somiglianza fosse quella di un figlio, non quella di un ritratto: il ritratto è una cosa
morta.

Inizio di una ricerca (I. Silone)
Mi sorprende che altri scrittori vantino la diversità di qualche loro opera (…) Se uno scrittore mette tutto se stesso nel lavoro la sua
opera non può non costituire un libro unico (…) Avrei amato passare la vita a scrivere e riscrivere sempre la stessa storia, nella
speranza, se non altro, di finire col capirla e farla capire. Così nel Medioevo vi erano dei monaci che trascorrevano l’esistenza a
dipingere il Volto Santo, sempre il medesimo volto, che in realtà non era mai del tutto identico.

Zibaldone (G. Leopardi)
Lo stento con cui (…) suda (…) perché ogni minima frase, ogni minimo aggiunto sia originale e nuovo, e non ci sia cosa tanti
milioni di volte detta, ch’egli non la ridica in un altro modo, (…) disgusta (…) e (…) stanca per l’uniformità e per la continua fatica
(…) necessaria a capire quella studiatissima oscurissima e perenne originalità.

Romanzi rusticani (G. Sand)
La gente di campagna non legge in fretta, cosicché i due libri ch’essi possedevano bastavano per contentarli. Quando avevano letto
tre pagine nella serata era molto, e quando il libro era finito, abbastanza tempo era trascorso dall’inizio, perché potessero riprendere
la prima pagina di cui non si ricordavano troppo. E poi, ci sono due maniere di leggere e non sarebbe male dirlo agli istruiti (…)
Coloro che hanno molti libri e molto tempo per sé, ne ingoiano quanti possono e si mettono ogni sorta di cose nella testa, tanto che
Dio non vi distingue più niente. Quelli che non hanno tempo e libri, sono felici quando cadono sul pezzo buono: lo ricominciano
cento volte senza stancarsi e, ogni volta, qualche cosa che non avevano ben notato fa venire loro un’idea nuova. In fondo è sempre la
medesima idea, ma è così rivoltata, così ben gustata e digerita, che la mente che la conserva è meglio nutrita e in miglior salute essa
sola, che mille cervelli riempiti di vento e di bagatelle (…) Quei due continuavano adagio, aiutandosi a capire e ad amare quello che
ci fa essere giusti. Ne veniva loro grande coraggio e felicità ad essere d’accordo.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Chi vuol essere dappertutto, non sta in nessun luogo (…) e non troverà nessun vero amico (…) Niente impedisce tanto la guarigione
quanto il cambiare spesso i rimedi (… ) Troppi libri producono dissipazione (…) Basta che tu abbia i libri che puoi leggere (…)
Troppi cibi diversi non nutrono, ma rovinano l’organismo. Perciò leggi sempre i migliori autori, e se talvolta vuoi passare ad altri,
torna poi ai primi. Cerca ogni giorno nella lettura un aiuto per sopportare (…) Non è povero chi ha poco, ma chi brama avere di più.

Cronistoria di Lessico familiare (D. Scarpa)
P. De Tommaso: Ricordate quello che De Sanctis dice della genialità? Dice che questa consiste nella volontà e nel piacere della
produzione (…) Non è, come volgarmente si crede, la qualità superlativa dell’ingegno, (…) non è il vedere l’oggetto, (…) ma rifarlo
(…) quasi per compiere se stessi.

Lezioni americane (I. Calvino)sh
Mercurio dai sandali alati è il Dio della leggerezza, della rapidità e della comunicazione (…) Mobilità e leggerezza sono qualità che
appartengono a un altro universo da quello del vivere (…) Tutto quello che scegliamo rivela il proprio peso insostenibile e forse solo
la vivacità dell’intelligenza sfugge a questa condanna (…) Catturati dalla morsa di pietra dell’opacità del mondo, meglio lasciare che
il discorso si componga con le immagini della mitologia, come Perseo guarda il volto di Medusa fissandone l’immagine riflessa nello
scudo di bronzo. La forza di Perseo sta nel rifiuto della visione diretta, non della realtà: coi miti non bisogna avere fretta ed è meglio
lasciarli depositare nella memoria e ragionarci senza uscire dal loro linguaggio di immagini. Penso che quando tutto è pesante, dovrei
lavorare come Perseo: non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale, voglio dire che devo guardare il mondo con un’altra
ottica. La letteratura può fungere da schermo. L’unico eroe capace di tagliare la testa di Medusa è Perseo, che vola su sandali alati,
avuti del resto da un altro contatto col mondo dei mostri. Quanta delicatezza è necessaria per essere un Perseo vincitore di mostri. La
testa mozzata di Medusa egli non l’abbandona, ma la porta con sé e poi l’appoggia su ramoscelli teneri e foglie per non sciuparla: dai
rametti nascono coralli con cui le ninfe si adornano i capelli e dal sangue nasce Pegaso, il colpo di zoccolo del quale genera la fonte
delle Muse.

Martin Eden (J. London)
Che non lo vedesse stampato gli importava poco. Lo scriverlo era l’atto culminante di un lungo processo mentale, l’accostamento di
tutti gli sparsi fili del pensiero, la sintesi di tutti i dati dei quali la sua mente era carica (…) Uno sforzo col quale liberava la mente,
lasciandola pronta a ricevere ed elaborare il nuovo materiale e i nuovi problemi. Era in certo qual modo, una cosa simile all’abitudine
di certe persone contristate da sofferenze vere o immaginarie, che ogni tanto rompono, volubili, il loro lungo silenzio per dire una
buona volta tutto quello che hanno nel cuore (…) Il desiderio di scrivere era la cosa più vitale che aveva in sé (…) Aveva una mente
di studioso (…) Era per natura molto forte di pensiero e di sensibilità, ed il suo spirito creativo era ostinato ed impellente (…) A ogni
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minimo stimolo del mondo esterno sulla sua coscienza, i suoi pensieri, le sue simpatie, le sue emozioni balzavano (…) Era
straordinariamente ricettivo ed entusiasta e la sua immaginazione, che spaziava sempre in alto, lavorava incessantemente per stabilire
relazioni di somiglianza o di differenza (…) Con un rapido sguardo confrontava (…) un’ondata di ricordi (…) La sua immaginazione
analitica cominciava a lavorare (…) moltiplicando, per forza di contrasto, la splendida qualità (…)Il suo cervello era un magazzino
accessibilissimo di ricordi, di fatti e di fantasie (…) Qualunque cosa avvenisse, la mente presentava subito antitesi associate o
similitudini, che generalmente si esprimevano sotto forma di visione (…) che s’accompagnava all’avvenimento presente (…) in
maniera automatica (…) Con una tendenza logica alla conclusione (…) identificando e classificando le sue impressioni, nuove
visioni sorgevano nella sua mente (…) Queste visioni sorgevano dalle azioni o dalle sensazioni del passato, dalle cose e dagli
avvenimenti, dai libri di ieri e della settimana scorsa, (…) che fosse sveglio o addormentato.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Le (…) fantasticherie gli si affollavano nel ricordo (…) balzate avanti, improvvise, (…) da semplici parole (…)
Parlare di queste cose, cercare di comprenderne la natura e, avendola compresa, cercare lentamente, con umiltà e costanza, di
esprimere, di tornare a spremere (…) una immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere… questo è l’arte (…) Quando
(…) vedi che è quella cosa che è e nessun’altra (…) l’essenza di una cosa, (…) la mente in quel misterioso istante è un carbone che si
spegne (…) Quella qualità (…) dell’immagine (…) viene percepita limpidamente dalla mente, già arrestata dalla sua interezza e
affascinata dalla sua armonia.
La ragazza che giocava con il fuoco (S. Larsson)
Era precisa e metodica, ma ** aveva notato quasi subito che possedeva anche la qualità che per lui era la più preziosa per portare
avanti le indagini difficili. Aveva fantasia e capacità di associazione. In almeno due inchieste complicate, era riuscita a sollevare
collegamenti insoliti che ad altri erano sfuggiti e che avevano condotto a una svolta determinante nelle indagini.

Piccola guida per persone intelligenti che non pensano di esserlo (B. Milletre)
Gli individui con il centro del cervello nell’emisfero destro sono capaci di creare rapidamente e in modo automatico collegamenti
insoliti tra cose apparentemente lontane tra loro.

L. Tenco
Gli uomini senza idee sono i primi che vanno a fondo.

Il giovane Holden (J. D. Salinger)
Ho l’impressione che tu ti stia deliberatamente preparando a un capitombolo (…) Puoi racimolare quel tanto di istruzione che basta
per odiare la gente che dice “tolto io, c’erano tutti” (…) Ma il capitombolo che secondo me tu ti stai preparando a fare (…) è un tipo
speciale di capitombolo, orribile. A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentire quando tocca il fondo. Continua soltanto a
precipitare giù. Questa combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell’altro della loro vita, hanno cercato qualcosa
che il loro ambiente non poteva dargli o che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli sicché hanno smesso di cercare.
Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato (…) Ciò che distingue l’uomo immaturo è che vuole morire nobilmente
per una causa, mentre ciò che distingue l’uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa (…) Uno di questi giorni ti toccherà di
scoprire dove vuoi andare. E allora devi metterti subito in marcia. Ma immediatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto,
non tu (…) Credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo
studio. Per forza. Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smanii di sapere (…) Allora comincerai ad andare sempre più vicino, se sai
volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo, a quel genere di conoscenza che sarà molto cara al tuo cuore. Tra l’altro, scoprirai di non essere
il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato (…) Imparerai da loro (…) se vuoi (…) e
non è istruzione. È storia. È poesia (…) Gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi, tendono a lasciare del loro
passaggio segni di gran lunga più preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e creativi. Tendono ad esprimersi con più
chiarezza, e di solito hanno la passione di seguire i loro pensieri fino in fondo. E, cosa importantissima, sono più modesti. Gli studi,
(…) se li prosegui per parecchio tempo, cominceranno a farti capire che taglia di mente hai. Che cosa le va bene e, forse cosa non le
va bene e (…) questo può farti risparmiare tutto il tempo che perderesti a provarti idee che non sono adatte a te. Comincerai a vestire
la tua mente attenendoti alla tua misura.

Martin Eden (J. London)
Aveva bensì compreso la grandezza e l’ardore della vita in quello che aveva letto ma la sua parola era inadeguata. Pensava che
bisognava decidersi a rendersi familiare con quel mondo nuovo (…) Era ormai tempo di imparare a dire quel che sentiva (…)
Cominciò a paragonarsi agli studenti (…) Quel che essi avevano fatto lo poteva fare anche lui. Avevano studiato la vita nei libri,
mentre lui l’aveva vissuta. Il suo cervello era pieno di cognizioni quanto il loro, ma di diverso genere (…) Più tardi anch’essi
avrebbero dovuto cominciare a fare esperienza della vita, come aveva fatto lui. Benissimo. Mentre essi sarebbero stati occupati in
ciò, egli avrebbe appreso dai libri il resto, che non conosceva (…) C’era una forza (…) in tutta quella ricchezza di libri, (…)
un’improvvisa visione di vita più alta (…) un senso nuovo di purezza e di dignità personale (…) Il suo cervello ancora vergine,
spinto dalla maturità del desiderio, afferrava quel che leggeva con una forza inusitata per uno studente normale (…)Era stato in preda
alla curiosità per tutta la vita (…) Tutta la sua infanzia e la sua giovinezza erano state turbate da una vaga inquietudine (…) Sentiva in
sé un confuso fermento che gli diceva esserci in lui la possibilità di fare ben più di quanto aveva fatto (…) Aveva errato nel deserto
della vita, cercando qualche cosa di non ben definito, finché aveva trovato i libri, l’arte, l’amore, (…) comprensione (…) Si sarebbe
alzato con gli occhi aperti, avrebbe lottato, lavorato, imparato, finché con occhi non ciechi e lingua sciolta, non avesse potuto
condividere la ricchezza della propria visione (…) È appunto questo che rende la vita degna di essere vissuta: (…) elevarsi, scorgere
la bellezza vaga e lontana, attraverso occhi stillanti di fango, e dalla debolezza, dalla fragilità, da tutto l’abbrutimento innalzarsi verso
la forza, la verità, l’alto dono spirituale.

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De Oratore (M. T. Cicerone)
Gli uomini che parlano male, imparano facilmente a scrivere male (…) Perciò, quantunque sia utile parlare spesso all’improvviso,
tuttavia è più utile prendere un po’ di tempo per riflettere e poi parlare con accurata preparazione: (…) la cosa più importante è (…)
l’esercizio continuo dello scrivere (…). Scrivendo (…) tutti gli argomenti (…) si svelano e le parole hanno una certa misura e
cadenza (…) Colui che è abituato a scrivere i propri discorsi, anche se parla all’improvviso, il suo discorso sembra simile a un
discorso scritto (…) Da ragazzo leggevo versi densi di pensiero (…) o parte di discorsi (…) e poi li ripetevo con altre parole scelte
con la massima cura (…) o traducevo nella mia lingua (…) Bisogna anche esercitare la memoria imparando il maggior numero
possibile di scritti nostri e altrui (…) Bisogna leggere libri di storia (…) per fare una scelta e riflettere sugli scrittori (…)
commentarli, (…) criticarli, (…) discutere ogni tesi (…) e cogliere amabili arguzie (…) Che cosa è così nobile quanto il portare aiuto,
sollevare gli afflitti? Che cosa è più necessario quanto l’avere sempre pronta un’arma con cui tu possa difendere te stesso e attaccare
gli altri senza tuo danno e vendicarti se provocato?

Istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Lo scrivere, (…) la lettura e (…) l’esercitazione orale (…) sono tutti connessi e indivisibili tra loro, tanto che, se ne mancherà uno,
invano ci saremo affaticati negli altri (…) Otteniamo il reciproco vantaggio di parlare, a forza di scrivere, con più diligenza e di
scrivere, a forza di parlare, con più facilità (…) La lettura e l’ascolto sono necessari non esclusivamente per amore delle parole,
perché gli esempi di quanto insegniamo sono più efficaci dei precetti stessi (…) E dovranno essere letti a lungo solo i migliori
scrittori (…) con attenzione e (…) persino arrivando a scrivere quanto si legge (…)È lecito rileggere più volte (…)Un libro letto fino
in fondo e accuratamente deve essere assolutamente ripreso in séguito, e tanto più lo sarà un’orazione, i cui pregi sono spesso
nascosti anche volutamente. Infatti l’oratore spesso prepara, finge, tende insidie e pronuncia nella prima parte del suo discorso cose
che gioveranno nell’ultima. Per questo a noi piacciono meno nel punto in cui sono dette, quando ancora non sappiamo perché siano
state dette, e quindi dovranno essere riprese quando tutto sarà conosciuto. Ma la cosa davvero più utile è (…) leggere le arringhe
dell’una e dell’altra parte: come quelle di Demostene e di Eschine, tra loro contrarie (…) Chi legge, però, non creda ciecamente che
quanto hanno detto i classici dell’eloquenza sia assolutamente perfetto (…) Bisogna tuttavia (…) pronunciarsi con un giudizio
moderato e circospetto, per evitare di condannare (…) le cose non capìte (…) Teofrasto afferma che un valido contributo alla
formazione dell’oratore sia costituito dalla lettura dei poeti (…) La mente (…) viene ristorata e tonificata (…) Cicerone pensa che
questa lettura distensiva sia necessaria (…) Anche la storia può dar nutrimento all’oratore (…) Ma anch’essa va letta in maniera che
sappiamo che la maggior parte delle sue virtù devono essere evitate dall’oratore. Infatti (…) è scritta per narrare (…) C’è un’altra
utilità, che deriva dalla lettura delle opere storiche, (…) costituita dalla conoscenza di fatti e di esempi, di cui prima che di ogni altra
cosa un oratore deve essere fornito (…) La lettura dei filosofi (…) prepara (…) il futuro oratore con discussioni ed interrogazioni
(…) Livio (…) riassume il numero degli autori da leggere, scrivendo che questi “erano Demostene e Cicerone e quindi quelli che
fossero loro più somiglianti” (…) Io credo doversi Demostene leggere prima degli altri, se non addirittura imparare a memoria (…)
Cicerone definisce l’esercizio scritto “il miglior formatore e maestro di eloquenza” (…) Occorre, dunque, scrivere con la massima
attenzione e quanto più è possibile. (…) Lì sono le radici, lì i fondamenti (…) donde trarli anche per le improvvise evenienze, quando
le circostanze li richiederanno, (…) perché la natura stessa ha voluto che niente di grande si realizzasse d’un sùbito (…) Bisogna
leggere e rileggere più volte quel che si è finito appena di scrivere (…) Esaminiamo ripetutamente le pagine scritte con sospetta
facilità (…) Dobbiamo, in sostanza, prefiggerci e ottenere (…) lo scrivere nel migliore dei modi: sarà l’abitudine che permetterà di
comporre con sveltezza. Un po’ alla volta le cose ci si offriranno più facilmente, le parole risponderanno ai nostri pensieri, e la
composizione verrà dietro da sé, infine tutto sarà al suo posto (…) Ma dobbiamo cercare di esprimerci (…)secondo le nostre
capacità: per profittare, infatti, c’è bisogno di applicazione, non di rabbia impotente e (…) non ce ne resteremo supini a guardare il
soffitto e a farfugliare pensieri sulle labbra in attesa di qualcosa che ci venga in mente, ma ci volgeremo a comporre con umano
equilibrio dopo aver osservato che cosa il fatto richieda (…) Il sistema migliore di correzione si realizza, se per un po’ di tempo
mettiamo da parte quel che abbiamo scritto, così da ritornarvi, dopo la pausa, come a composizione nuova e scritta da altri (…) Ci
sia, dunque, una buona volta qualcosa che piaccia o che almeno ci basti, affinché il lavoro di lima rifinisca, non consumi l’opera
nostra. (…) Oltre (…) al parafrasare i testi altrui, ci sarà utile ristudiare in più modi i nostri (…) Io penso, poi, che la facilità di
espressione si ottenga, per la massima parte, dagli argomenti più semplici (…) Segno di bravura è ampliare quanto è naturalmente
ristretto, ingrandire le cose piccole, dare varietà alle somiglianti, piacevolezza alle comuni e dire bene molto su di un argomento
limitato (…) Talvolta la ricchezza degli argomenti di storia deve essere usata come uno dei mezzi per esercitare il proprio stile e
bisogna lasciarsi andare alla libertà della forma dialogica (…)
Nessun giorno è tanto occupato che non possiamo (…) scrivere o leggere (…) e, se tanto non ci sarà concesso, parlare da soli o (…)
pensare (…) La riflessione (…) compone tutta l’orazione in modo che nulla le manchi, tranne l’impiego della mano (…) Ma
nemmeno a questa capacità di riflessione si può giungere o sùbito o presto (…)
Il frutto più grande e il profitto più ricco della lunga fatica è la capacità d’improvvisare (…) Occorre (…) avere davanti agli occhi ed
accogliere tra gli affetti tutto ciò di cui parleremo (…) È per questo che anche agli inesperti, solo che siano commossi da qualche
affetto, le parole non mancano (…) Aggiunge stimolo al dire anche l’amor proprio, (…) giacché (…) il desiderio di piacere dà sempre
più vigore ai suoi felici sforzi (…) La facilità dell’improvvisare (…) non può essere completa né mantenuta se non con l’esperienza.

Parlare l’italiano (E. L. Vallauri)
La qualità del pensiero dipende dalla qualità della lingua (…) Se non ti sforzi di scegliere le parole giuste, non hai chiaro quello che
pensi (…) Se vogliamo confrontare due sensazioni diverse cominciamo a servirci delle parole con cui “etichettarle” (…) Non si può
ricordare un ragionamento fatto in precedenza se non in forma linguistica ed è tanto più impossibile senza servirsi delle parole,
mettere in relazione ragionamenti diversi e trarre deduzioni (…) Se dentro di me percepisco che il comportamento di una persona non
mi piace, posso tradurre questa sensazione in pensieri più o meno precisi, a seconda che disponga di un lessico più o meno ricco (…)
Questo guiderà meglio le mie previsioni sui comportamenti che posso aspettarmi da quella persona, e dunque l’atteggiamento da
tenere nei suoi confronti (…) Ci sono poi situazioni in cui qualcuno usa accortamente la lingua per influenzarci ed è bene sapersi
difendere o contrattaccare (…) Un buon allenamento è la scrittura. Chi scrive ha più tempo per cercare le parole (…) Questo fa sì che
molti termini diventano disponibili anche per quando parla (…) Il dilagare di termini di moda è solo un aspetto di quella che è stata
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chiamata la “lingua di plastica”, cioè l’affermarsi di un linguaggio banale e standardizzato (…) Per acquisire uno stile senza difetti e
senza ingenuità, la strategia generale (…) è scegliere bene i propri modelli esponendosi al contagio dei buoni libri e del modo di
parlare delle persone colte (…) e riflettere sempre su ciò che si legge o si ascolta, notando le cose che non suonano familiari,
cercando di spiegarsele e farle proprie (…) Si può dosare il grado di formalità mescolando i registri (…) L’importante è essere
coscienti del valore che hanno le varie alternative (…) Un discorso che procede da premesse, ne deduce degli argomenti e ne
conclude delle conseguenze risulta più convincente di un discorso che salta disordinatamente di palo in frasca. E dà anche una
migliore impressione di chi lo ha prodotto (...) Bisogna rendersi conto che il nostro parlare avrà comunque un effetto, e sapere bene
che effetto vogliamo. Se non sappiamo cosa vogliamo, se “ci lasciamo parlare”, se parliamo a caso, l’effetto sarà fuori del nostro
controllo (…) Bisogna non limitarsi a imitare, ma mediare fra ciò che ci si aspetta da noi e ciò che ci suggeriscono i nostri desideri e
la nostra creatività; essere adatti all’ambiente, ma non un mero prodotto di esso; adattarci, ma solo quanto basta per non incontrare
troppi ostacoli nell’essere noi stessi (…) All’inizio ogni progresso è frutto di impegno, ma poi il processo accelera. Meglio si domina
la lingua e più diventa veloce il miglioramento. E meno sforzo costa.

La politica e la lingua inglese in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
La lingua (…) diviene brutta e trascurata perché i nostri pensieri sono vacui, ma la sciatteria della nostra lingua favorisce ancor di più
l’avere vacui pensieri. Il punto è che il processo è reversibile (…) Liberandosi di queste abitudini, si può pensare in modo più chiaro,
e pensare in modo chiaro è il primo passo necessario per una rinascita politica (…)
L’attuale caos politico è legato al declino della lingua, e (…) forse si può determinare qualche progresso anche partendo da una
terminazione verbale (…) Non è possibile cambiare tutto ciò in un istante, ma si possono almeno modificare le proprie abitudini (…)
È preferibile (…) cercare di rendere i propri contenuti così chiari come se fosse percepibili con i sensi (…) Scegliere – e non
semplicemente accogliere – le espressioni che rendono meglio il significato (…) Quest’ultimo sforzo mentale eliminerà ogni
immagine confusa o usurata, tutte le frasi fatte, le ripetizioni inutili, la generale vaghezza e imprecisione (…)
La scrittura moderna al suo peggio non consiste nello scegliere le parole in ragione del loro significato e di ricercare delle immagini
per rendere il significato più chiaro. Essa consiste nell’incollare insieme delle lunghe sequenze di parole che sono già state messe in
ordine da qualcun altro, e nel rendere con mero inganno il risultato presentabile. Motivo d’attrazione di una scrittura del genere è che
essa è molto facile (…) Usando espressioni, similitudini e metafore stantie, risparmieremo molta fatica mentale, ma al prezzo di
lasciare i contenuti nel vago, non soltanto per il lettore ma anche per noi stessi (…) Uno scrittore scrupoloso, per ogni frase che
compone, si porrà almeno quattro domande, e cioè: cosa sto cercando di dire? Quali parole possono esprimerlo? Quali immagini o
espressioni lo renderanno più chiaro? È questa immagine fresca abbastanza da suscitare un certo effetto? E poi probabilmente se ne
farà altre due: posso dirlo più in breve? Ho scritto qualcosa di inutilmente brutto? Ma non si è obbligati a farsi tutti questi problemi,
dato che li si può aggirare con semplicità spalancando il cervello e lasciandovi ammucchiare tutte le espressioni belle e pronte. Esse
costruiranno delle frasi al posto vostro, penseranno in qualche misura al posto vostro e alla bisogna vi renderanno l’importante
servizio di nascondere, anche a voi stessi, il significato di quanto state dicendo. È a questo punto che il particolare legame tra politica
e degrado della lingua diviene chiaro (…)
L’ortodossia, di qualsivoglia colore, pare richiedere uno stile smorto e imitativo (…) Quando si osserva qualche stanco politicante sul
palco che ripete certe espressione abusate come atrocità bestiali, tallone di ferro, tirannia sanguinaria, popoli liberi del mondo, stare
fianco a fianco, si ha la strana sensazione che non si sta guardando un essere umano, bensì una sorta di manichino (…) E questo
ridotto stato di consapevolezza, se non indispensabile, è in ogni caso favorevole al conformismo politico.
Ai giorni nostri il discorso e la scrittura politica rappresentano ampiamente la difesa dell’indifendibile. (…) È così che il linguaggio
politico deve essere composto in gran parte da eufemismi, dimostrazioni scontate e da nebulose imprecisioni (…)
Quando esiste uno scarto tra lo scopo reale e quello dichiarato, ci si rivolge istintivamente ai paroloni e a vecchi luoghi comuni (…)
Questa invasione del cervello di espressioni preconfezionate (…) può essere evitata soltanto se si è costantemente in guardia contro
di esse, altrimenti ciascuna di tali frasi fatte anestetizzerà una parte della nostra mente.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Oggi non ci serviamo più del linguaggio solo per comunicare, ma attribuiamo perlopiù alle parole lo stesso significato che ha il
denaro: astrazioni delle vere esperienze (…) Usiamo le parole per riempire i buchi, il vuoto in noi stessi e nella comunicazione tra noi
e gli altri. Se nella comunicazione interpersonale fate attenzione al tono di voce, vi renderete conto di quanto sia astratta (…) Oggi gli
esseri umani scambiano parole senza comunicarsi alcunché della realtà di cui stanno parlando (…) Dopo non hanno la sensazione di
aver condiviso qualcosa, ma provano piuttosto lo stesso senso di vuoto (…) Ci si sente seccati e umiliati per aver perso tanto tempo
in modo così sciocco.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Nello studio della psicoterapia il racconto di dettagli circostanziale, ossessivo, emotivamente vuoto è una forma di resistenza
inconscia.
L'arte di ascoltare (E. Fromm)
Riascoltando il monologo della paziente, io e il mio collega quasi ci mettemmo a ridere (...) Nello studio dello psicologo il
nervosismo (...) l'innaturalità del contesto (...) spingono molti a parlare a vanvera.

Ti prego, lasciati mandare al macero e altro dal blog Cercando Oblivia (P. Russo)
Quale significato dobbiamo dare ai premi letterari nell’Italia di oggi? L’interrogativo è attuale più che mai dopo l’assegnazione del
Premio Bancarella a ** (…) La solita fascetta acchiappa-lettori (…) è particolarmente allusiva: “Se è un caso letterario ci sarà un
perché” (…)
Questo libro è davvero un caso letterario perché ci dice in maniera inequivocabile quale sia il livello toccato dall’industria editoriale
italiana. Premi letterari compresi, che di quell’industria sono ormai stracca appendice. La storia non merita soverchia attenzione,
perché oltre a essere scritta in modo imbarazzante è d’una banalità ai limiti dell’insulto (…) Stereotipi della più grossolana fattura
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(…) Le vicende si svolgono in una Londra della quale viene menzionata soltanto qualche fermata della metropolitana (…) Ma ciò
che davvero fa di questo prodotto librario un “caso letterario” è lo stile (…) Il libro ha un incipit desolante (…) L’autrice utilizza
delle similitudini imbarazzanti, (…) saccheggia la lista delle formule stereotipe (…)
Ciò che davvero fa di ** un caso letterario sono gli strepitosi nonsense (…) La sua editor, che l’ha invitata a rileggere il libro
“soppesando ogni singola parola” non ci trova nulla da ridire. E i giurati del Bancarella, anziché suggerire all’autrice di tornare alle
elementari, la premiano (…)
Viviamo un’epoca in cui la comunicazione si fa un po’ troppo smart. Talmente da dimenticare le regole elementari della forma scritta
del discorso (…) Da comportamenti così disattenti verso la correttezza formale nella composizione di un testo, e dal loro diffondersi
capillare, si ha come conseguenza un lassismo linguistico di massa. Il vero Millennium Bug che sta disarticolando lentamente la
nostra capacità di scambiarci comunicazione e informazione (…) Purtroppo coloro che scrivono i libri, e soprattutto coloro che li
editano, hanno perso totalmente consapevolezza di quella che è la loro principale responsabilità sociale: la manutenzione della lingua
quotidiana. Quanto più un prodotto editoriale è diffuso, e/o quanto più si veda assegnare una legittimità culturale rilevante, tanto più i
suoi eventuali difetti formali avranno ricadute devastanti quanto a uso della lingua.

On writing (S. King)
Il ricorso a similitudini, metafore e immagini scontate (…) fa apparire o pigrio ignoranti (…) Quando è riuscita, una similitudine ci
riempie di piacere quanto trovare un vecchio amico in una folla di sconosciuti (….) Una volta svezzati dall’effimero bisogno della tv,
si scopre di solito tutta la gioia della lettura. Vorrei aggiungere che spegnere quella scatola blaterante migliorerà con tutta probabilità
non solo la vostra scrittura, ma anche la qualità della vostra vita.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Come c’è una certa somiglianza tra gli atti e le parole di un individuo, così capita che il linguaggio di un’epoca sia lo specchio dei
costumi quando un popolo si è abbandonato ai piaceri. È un indice di corruzione il linguaggio affettato quando non è solo di una o
due persone, ma è generalmente gradito (…) L’eccesso di prosperità dà le vertigini e ciò può capitare sia a un uomo sia a una
generazione (…) Quando l’anima comincia a provare nausea per le abitudini tradizionali, come se fossero meschine, essa cerca anche
nel linguaggio ogni forma di stranezza (…) Considera un’eleganza l’uso frequente di ardite metafore. Ci sono quelli che troncano le
frasi e sperano di conquistare l’uditorio quando esso intravede appena il senso del pensiero lasciato in sospeso (…) Come cuochi
ovunque alla ribalta (…), banchetti sontuosi, (…), abiti lussuosi, (…) aderenti, (…), trasparenti (…) o dai colori insoliti (…) sono
indici di una società malata, così la licenza del linguaggio, quando è generale, attesta che nelle anime si è prodotta un’analoga
corruzione (…) Non c’è da meravigliarsi che la corruzione del linguaggio sia accettata anche dalla classe colta (…) Scrittori di
grande rinomanza (…) seguono le mode (…) Molti chiedono in prestito vocaboli da un’altra epoca (…) Altri, al contrario, non
volendo che parole comuni, cadono nella trivialità. Sono aspetti diversi del cattivo gusto, come la mania di non usare che termini
splendidi e risonanti (…) Talora si vuole la frase spezzata e dura (…) E che dire di quelle frasi dove le parole distanziate possiamo
recuperarle solo alla fine di un lungo periodo? (…) Alcuni vogliono farsi notare anche al prezzo del biasimo (…) e cadono in vizi
stilistici in piena consapevolezza (…) per una profonda decadenza morale.

Il Battito (I. Fossati)
Dopo tanta letteratura (…) dateci parole poco chiare, (…) una cultura rapida ed estetica (…) E il pensiero sarà un colore, il colore un
suono, il nostro suono un battito.

Fahrenheit 451 (R. Bradbury)
Le opere dei classici ridotte così da poter essere contenute in quindici minuti di programma radiofonico, poi riassunte ancora in modo
da stare in una colonna a stampa, con un tempo di lettura non superiore ai due minuti; per ridursi alla fine a un riassuntino di non più
di dieci, dodici righe di dizionario. Ma erano molti coloro presso i quali la conoscenza di Amleto si riduceva al “condensato” d’una
pagina in un volume che proclamava: Ora finalmente potrete leggere tutti i classici. Non siate inferiori al vostro collega d’ufficio!
Capisci? Dalla nursery all’Università e da questa di nuovo alla nursery. Questo l’andamento intellettuale degli ultimi secoli. Basta
seguire l’evoluzione della stampa popolare: Clic! Pic! Occhio, Bang! Ora, Bing! Là! Qua! Su! Giù! Guarda! Fuori! Sali! Scendi!
Uff! Clac! Cic! Eh? Pardon! Etcì! Uh! Grazie! Pim, Pum, Pam! Questo il tenore dei titoli. Sunti dei sunti. Selezioni dei sunti della
somma delle somme. Fatti e problemi sociali? Una colonna, due frasi, un titolo. Poi, a mezz’aria, tutto svanisce (…) Offri al popolo
gare che si possano vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione o la
quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato. Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti”, al punto
che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d’essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di
pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questi genere
sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con
questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza. Chiunque possa far
scomparire una parete TV e farla riapparire a volontà, e la maggioranza dei cittadini oggi può farlo, sarà sempre più felice di
chiunque cerchi di regolo-calcolare, misurare e chiudere in equazioni l’Universo, il quale del resto non può esserlo se non dando
all’uomo la sensazione della sua piccolezza e della sua bestialità e un’immensa malinconia (…) Per cui, attàccati ai tuoi circoli
sportivi e alle tue gite, ai tuoi acrobati e (…) a ogni altra cosa che abbia a che fare coi riflessi condizionati. Se la commedia non vale
niente, se il film non sa di nulla, se la musica è sorda, punzecchiami col pianoforte elettronico, fragorosamente. Io crederò di
rispondere alla musica, quando invece si tratta solo di una reazione tattile alla vibrazione (…) Quando non guidate la macchina a più
di cento all’ora, a un massimo in cui non potete pensare ad altro che al pericolo, allora ve ne state a giocare a carte o sedete in
qualche salotto, dove non potete discutere col televisore a quattro pareti (…) Vi dice lui quello che dovete pensare, e ve lo dice con
voce di tuono (…) Vi spinge con tanta rapidità e irruenza alle sue conclusioni che la vostra mente non ha tempo di protestare, di dirsi:
“Quante sciocchezze!” (…) - Mia moglie dice che i libri non sono “reali”. - E Dio sia lodato per questo. Li si può almeno chiudere,
dire “Aspetta un momento” (…) Se ci dimentichiamo quanto siano vicine la notte e le selvagge solitudini, diceva sempre il nonno,
qualche giorno il deserto verrà a prenderci, perché avremo dimenticato quanto terribile e reale possa essere (…) Io semplicemente ho
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bisogno di qualcuno che stia a sentire quello che ho da dire. E forse, se mi si desse agio di parlare un po’, potrei anche dire qualcosa
di sensato. Ecco perché vorrei che voi m’insegnaste a capire quello che leggo.

M. Rigoni Stern
Che fare? Spegnete la televisione e leggete un buon libro.

Radio Song (R.E.M.)
Ho acceso la radio, ma non riesco a sentirla (…) Cosa dici, cosa suoni, a chi obbedisci giorno dopo giorno? Baby, baby, baby. Quella
roba mi sta facendo diventare pazzo. I Dj comunicano alle masse sesso e classi violente. Adesso i ragazzi crescono prigionieri,
vivendo tutta la vita come ascoltatori di radio (…) Ho tutto da mostrare, ho tutto da nascondere. Guardami negli occhi, ascoltami (…)
Ho tentato di cantare da solo, ma non quella canzone alla radio.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Chiarire le nozioni, discreditare le parole intimamente vuote, definire l’uso delle altre attraverso analisi precise è per quanto possa
sembrare strano un lavoro che potrebbe risparmiare delle vite umane.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
La ricchezza del pensiero esige ricchezza di linguaggio (…) È necessaria l’attenzione (…) non solo (…) quando parliamo e
scriviamo, ma (…) quando ascoltiamo e leggiamo (…) La ricchezza delle parole è una condizione del dominio sul reale e diventa,
inevitabilmente, strumento del potere politico (…) Come contravveleno, (…) non per pedanteria, (…) bisogna combattere
l’impoverimento della lingua, la sciatteria dell’omologazione.

Che effetto fa a un contemporaneo (V. Woolf)
Il solo consiglio che possono offrire è di rispettare i propri istinti, di seguirli impavidamente e, piuttosto che sottometterli al controllo
di qualsivoglia critico o recensore vivo, controllarli continuando a rileggere i classici del passato (…) Ci sentiamo veramente spinti
verso di loro, costretti non da un calmo discernimento ma da un qualche imperioso bisogno di ancorare la nostra instabilità alla loro
fermezza (…) Credere che le proprie impressioni siano valide per gli altri significa essere affrancati dal crampo e dal confino della
personalità (…) Domandiamo loro di essere generosi di incoraggiamenti, ma economi di quelle ghirlande e corone che tanto
facilmente finiscono di sghimbescio e appassiscono, e in capo a sei mesi rendono chi le porta un po’ ridicolo. Che assumano una
visione più ampia e meno personale della letteratura moderna, e guardino veramente gli scrittori come se fossero impegnati in una
vasta costruzione (…) Dicano qualcosa di interessante sulla letteratura in sé.

Come dobbiamo leggere un libro? (V. Woolf)
Perfino il più recente e il più inferiore dei libri ha il diritto di essere giudicato accanto ai migliori (…)Lasciarci dire come leggere, che
cosa leggere, che valore assegnare a ciò che leggiamo, sarebbe distruggere quello spirito di libertà che è l’insegna di simili santuari
(…) Se mi perdonate tuttavia questo luogo comune, dirò che per godere la libertà bisogna sapere controllarsi. Non dobbiamo
scialacquare le nostre forze, disorientati e ignoranti (…) Questa è forse una delle prime fra le difficoltà in cui ci imbattiamo non
appena entrati in una biblioteca. Qual è il “punto esatto”? A prima vista c’è soltanto una confusione, una folla, un mucchio
disordinato di libri (…) Da dove cominciare? Come possiamo fare ordine in questo affollato caos, per poter trarre da ciò che
leggiamo il piacere più profondo e più ampio possibile?

Zibaldone (G. Leopardi)
La nostra rigenerazione dipende da una (…) ultrafilosofia, che conoscendo l’intiero e l’intimo delle cose, ci ravvicini alla natura (…)
L’imperio della pura ragione è quello del dispotismo (…) La pura ragione (…) conduce per mano l’egoismo (…) E laddove parrebbe
che quanto più questo mondo (…) si accresce e si diversifica, tanto più ampio e vario per l’uomo dovesse essere il fondo delle
occupazioni interne (…) e la noia tanto più rara, nondimeno vediamo accadere tutto il contrario. Gran lezione (…) vuol riconoscere
la natura come sorgente quasi unica di felicità, e l’alterazione di lei, come certa cagione d’infelicità (…) Tanto è possibile che l’uomo
viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e
fruttifichi (…) Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento
senza limiti. Ma se non torneremo indietro, i nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri (…)
Della natura abbiamo tutto perduto fuorché i vizi (…) E tanto più malvagi quanto non sono contemperati colle virtù e con altre
qualità che la natura avea poste in noi (…) Di tutte le (…) opere della natura è dimostrato (…) che non si possono perfezionare, ma
alterandole si può solamente corromperle (…) Confondendo la natura colla ragione (…) l’uomo (…) si ammazzerà (…) Non bisogna
estinguer la passione colla ragione, ma convertir la ragione in passione; fare che il dovere la virtù l’eroismo ecc. diventino passioni.
Tali sono per natura (…) Ma la ragione è così barbara che dovunque ella occupa il primo posto, e diventa regola assoluta, da
qualunque principio ella parta, e sopra qualunque base ella sia fondata, tutto diventa barbaro (…) La ragione spesso è fonte di
barbarie (…) l’eccesso della ragione sempre; la natura (…) mai, perché (…) è barbaro (…) ciò che è contro natura (…) Chi non ha o
non ha mai avuto immaginazione, sentimento, capacità di entusiasmo, di eroismo, d’illusioni, (…) di forti e varie passioni, chi non
conosce l’immenso sistema del bello, chi non legge (…) i poeti (…) sarà (…) di penetrazione scarsa, per diligente, paziente e sottile
(...) ch’ei possa essere (…) Non già perché il cuore e la fantasia dicano sovente più vero della fredda ragione, (…) ma perché la (…)
ragione ha bisogno di conoscere (…) queste cose se vuol penetrare nel sistema della natura, e svilupparlo (…) La (…) analisi (…)
dev’essere fatta non già dall’immaginazione o dal cuore, bensì dalla (…) ragione che entri ne’ (…) segreti dell’uno e dell’altra (…)
Gli immedesimati con (…) il puro raziocinio (…) errano a ogni tratto (…) ragionando colla più squisita esattezza (…) La scienza
(…) e tutti i progressi (…) consistono nello scoprire i rapporti. Ora, (…) l’immaginazione è la (…) feconda e meravigliosa
ritrovatrice de’ rapporti (…) Colui che ignora (…) una faccia della natura (…) ignora un’infinità di rapporti (…) Ci vuole (…) un
influsso dell’entusiasmo passato o futuro o abituale, piuttosto che la sua presenza (…) Spesso è adattissimo un momento in cui dopo
(…) un sentimento provato, l’anima sebbene in calma, (…) richiama (…) la sensazione passata (…) L’opinione comune (…)
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considera l’entusiasmo come padre dell’invenzione (…) e la calma come necessaria alla buona esecuzione; io dico che l’entusiasmo
(…) impedisce (…) l’invenzione (…) e piuttosto giova all’esecuzione.

Tempi difficili (C. Dickens)
La setta numero uno diceva che dovevano credere in tutto. La setta numero due diceva che dovevano considerare ogni cosa sotto
l’aspetto dell’economia politica. La setta numero tre scriveva per loro libri massicci come il piombo per dimostrare che il fanciullo
prodigio buono arriva alla cassa di risparmio invariabilmente, mentre quello cattivo finisce in deportazione invariabilmente. Ma tutte
le sette erano d’accordo che non bisognava mai stupirsi. (…)
** si torturava il cervello per ciò che si leggeva in quella biblioteca. Era per lui una circostanza tristissima che tutti questi lettori
persistessero nel meravigliarsi.

Avere o essere (E. Fromm)
I poteri della ragione, dell’amore, della creazione artistica individuale, insomma tutti i poteri essenziali, crescono grazie al processo
del loro esprimersi. Ciò che si spende non va perduto, ma al contrario va perduto ciò che si conserva.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Nessun mezzo più sicuro di sottrarsi al mondo che l’arte, e nessuno più sicuro di collegarsi al mondo che l’arte.

Zibaldone (G. Leopardi)
La monotonia è insoffribile. Ma un grande e forse sommo rimedio di questo male, è lo scopo (…) L’uniformità del diletto, senza uno
scopo, produce inevitabilmente la noia, e perciò il desiderio continuo di (…) passare (…) da un libro a un altro (…) Al contrario lo
studioso che della lettura si prefigge sempre uno scopo.

La vita felice, La tranquillità dell’animo, La brevità della vita (L. A. Seneca) Libri Scheiwiller
Procuriamoci i libri per servircene, non per metterli in mostra. (…) Se tornerai agli studi, sfuggirai al tedio e non ti sentirai di peso a
te stesso e inutile agli altri (…) e saranno i migliori a venire da te. Perché la virtù, per quanto nascosta, viene a galla. Chi ne sarà
degno potrà scoprirne le tracce (…) Grazie alle fatiche altrui, veniamo guidati verso grandi verità strappate alle tenebre e portate alla
luce (…) e possiamo così spaziare attraverso i secoli.
(…) Nessun autore (…) nessuno dei cultori della vera scienza, si farà negare, nessuno mancherà di congedare più felice, più amico, il
visitatore, né lo lascerà andare via a mani vuote; e tutti potranno andarli a trovare, di notte e di giorno (…) Nessuno di costoro ti
spingerà alla morte, ma tutti ti insegneranno ad affrontarla; nessuno sciuperà i tuoi anni, anzi aggiungeranno i loro ai tuoi. Non dovrai
temere alcun pericolo dalla loro conversazione e amicizia, e non ti costerà caro onorarli. Che felicità, che bella vecchiaia attendono
chi diventa loro amico! Avrà qualcuno con cui consigliarsi sulle sue decisioni, dalle più piccole alle più grandi (…) Qualcuno da cui
ascoltare la verità senza timore d’offesa e una lode senza timore di adulazione; qualcuno da cui prendere esempio. Si suol dire che i
genitori non ce li possiamo scegliere (…) Ebbene, gli ingegni più nobili formano delle famiglie: scegli a quale vuoi appartenere. E
con l’adozione, riceverai non solo un nome, ma anche un patrimonio di conoscenze, che non dovrai custodire con parsimoniosa
diffidenza; anzi, diventerà più ricco quanto più lo dividerai con altri.

La vita solitaria (F. Petrarca)
Non tutti devono tenere la stessa via (…) A questo proposito ognuno deve seriamente pensare a che cosa sia portato dalla natura o
quali esigenze egli si è creato (…) A molti la solitudine è carcere, esilio e tormento. Studia e la solitudine ti diviene patria, libertà,
dolcezza (…) Con te qui si sta bene! Tu hai ricchezze non pesanti e non oziose, ma agili e disinvolte. Hai una ricchezza né angolosa
né sordida, ma nobile e lieta (…) Tu hai una buona raccolta di libri e facoltà di intendere e di ricordare accresciuta da studio assiduo
(…) La città se la godano altri (…) Loro amino le piazze (…) A loro sono grati i diletti dei sensi e il guadagno, a noi sono cari gli
studi. Anche un uomo di mediocre cultura, pensando e leggendo, può avere l’animo occupato in cure tranquille e pronto a servire lo
spirito (…) Qui staremo divinamente.

Epitteto
Ciascuno è fatto per cose diverse (…) Non essere come i bambini: (…) per ogni azione esamina gli antecedenti e le conseguenze e
solo allora intraprendile. Altrimenti, inizialmente, le intraprenderai con entusiasmo, perché non hai considerato le cose che le
seguono. Ma poi, quando ci saranno delle difficoltà, vi rinuncerai.

Dei doveri (Cicerone)
Non è lecito combattere contro la natura o andar dietro ad alcunché che non potresti raggiungere. Dal che maggiormente emerge che
s’intenda per conveniente, poiché nulla si addice contro il voler di Minerva, come si dice, cioè contro l’esigenza della natura. Se
qualcosa è conveniente, niente lo è certamente più della coerenza della vita nel suo complesso e delle singole azioni, coerenza che
non puoi mantenere se abbandoni la tua natura per imitare quella d’altri (…) Ciascuno dunque conosca la propria indole e si faccia
acuto giudice delle proprie virtù e dei propri difetti; né gli attori sembrino avere maggior avvedutezza di noi. Costoro infatti non
scelgono i drammi migliori, ma quelli loro più adatti; (…) né dobbiamo sforzarci tanto a seguire quelle virtù che non ci sono
concesse quanto, piuttosto, a fuggire i difetti (…) In primo luogo occorre stabilire chi e quali vogliamo essere e con qual genere di
vita; decisione questa difficilissima tra tutte. Infatti all’inizio dell’adolescenza, proprio quando maggiore è la debolezza di giudizio,
ciascuno si sceglie quel suo genere di vita che più ama; e pertanto si trova impigliato in una determinata vocazione e in una carriera
prima di poter giudicare quale fosse la migliore (…) Per lo più imbevuti degli insegnamenti dei genitori siamo indotti a seguire le
loro abitudini e il loro costume; altri si lasciano portare dal giudizio della folla e soprattutto desiderano quel che sembra più bello alla
maggioranza; alcuni tuttavia, o per una certa fortuna o per bontà d’indole, s’incamminano in una retta strada della vita anche senza
l’ammaestramento dei genitori. Rarissima è la categoria di coloro che, o per assoluta eccezionalità d’ingegno o per insigne cultura e
dottrina o forniti di ambedue queste doti, ebbero anche il tempo di decidere qual genere di vita specialmente seguire; e in questa
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decisione ogni attenzione va rivolta da ciascuno alla propria indole (…) Ha grandissima importanza la condizione della fortuna,
occorre tener conto di ambedue nella scelta della vocazione, ma più specialmente della natura; è questo l’elemento molto più stabile e
costante (…) Chi dunque avrà commisurato ogni suo piano di vita al genere della propria natura in quanto ha di non vizioso, questi
potrà considerarsi coerente (…) a meno di accorgersi di aver sbagliato nella scelta. In tal caso (…) si deve mutar costume a proposito.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Amo restare solo (…) Di solito la compagnia è troppo da poco (…) Non mi sono mai sentito solo o minimamente oppresso da un
senso di solitudine, meno che una volta, cioè poche settimane dopo che ero venuto nei boschi, ma (…) all’improvviso mi resi conto
della benefica e dolce compagnia della Natura (…) Così da allora non ci pensai più (…) Gli amici possono aspettare un po’ (…) Lo
studente realmente studioso è un solitario (…) Su quelli che erano obbligati ad andare in società o a teatro per divertirsi, io, nella mia
maniera di vivere, avevo per lo meno il vantaggio che la mia vita era divenuta il mio divertimento e che non cessava mai di essere
nuova (…) Seguite abbastanza da presso le vostre inclinazioni e non mancheranno di mostrarvi d’ora in ora nuove prospettive (…) Di
che tipo è lo spazio che separa un uomo dai suoi simili e lo rende solitario? Ho visto che nessuno sforzo delle gambe può far
avvicinare due monti tra di loro. A cos’è soprattutto che vogliamo essere vicini? Alla sorgente perenne della nostra vita, donde, in
tutta la nostra esperienza, abbiamo scoperto che lei deriva.

Operette morali (G. Leopardi)
Nelle città grandi, tu sei lontano dal bello: perché il bello non ha più luogo nessuno nella vita degli uomini. Sei lontano anche dal
vero: perché nelle città grandi ogni cosa è finta o vana. Di modo che ivi tu non vedi, non odi, non tocchi, non respiri altro che falsità,
e questa brutta e spiacevole. Il che agli spiriti delicati si può dire che sia la maggior miseria del mondo.

Zibaldone (G. Leopardi)
Nei paesini non esistono amicizie ma solo partiti.

Viaggio intorno alla mia camera (X. de Maistre)
Alcune persone dalle quali io dipendo pretendono di restituirmi la mia libertà. Come me l’avessero mai tolta! Come se fosse in loro
potere togliermela per un solo istante (…) Essi mi hanno proibito di percorrere una città, un punto, ma mi hanno lasciato l’universo
intero (…) Oggi non farò più un passo che non sia a misura di dovere e di galateo. Felice ancora se qualche dea capricciosa non mi
farà dimenticare l’uno e l’altro e se sfuggirò a questa pericolosa attività (…) Proprio per punirmi mi avevano relegato nella mia
camera (…) Tanto valeva confinare un sorcio in un granaio.

Astrella
L’occhio destro del drago è una stella che può dare una natura geniale. Genialità che si esprime anche nell’affrontare la vita di tutti i
giorni in modo originale (…) Giudicati a volte strani, mirano solo al giudizio di persone all’altezza e sfruttano la solitudine per
leggere, studiare, conoscere (…) L’ispirazione definisce il legame tradizionale che il segno del Sagittario ha con la parola scritta e
pronunciata (…) Il Sagittario rappresenta il principio di rinascita celato nell’inverno.

Fuori dal tunnel (del divertimento) (Caparezza)
Sono fuori dal tunnel del divertimento. Quando esco di casa e mi annoio sono molto più contento. (…) Sbuffo pensando a serate tipo
“Che facciamo?” Gli scontri, gli incontri, gli scambi di opinioni, persone che sono fatte di nomi e cognomi; vengano, qui c’è il vino
buono, le pagine del libro e le melodie del suono. Si vive di ricordi, di giochi, di abbracci sinceri, di baci e di fuochi, di tutti i
momenti, tristi e divertenti, e non di momenti tristemente divertenti.

I Buddenbrook (T. Mann)
Un libro un po’ cercato un po’ per caso gli era capitato tra le mani (…) Voltava pagina su pagina, profondamente assorto (…)
Leggeva (…) e un’immensa riconoscenza gli empiva l’animo. Provava la soddisfazione incomparabile di vedere come una mente
poderosa e superiore si fosse impossessata della vita, di questa vita così forte, crudele e beffarda, per sottometterla e condannarla… la
soddisfazione di colui che soffre e che di fronte alla durezza e alla freddezza della vita ha sempre tenuto nascosta la sua sofferenza,
con vergogna e con cattiva coscienza, e a un tratto, dalla mano di un saggio si vede elargito il diritto razionale e solenne di soffrire
per colpa del mondo.
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BISOGNO DI SCRIVERE DEI DIVERSI

Resurrezione (L. Tolstoj)
Da principio lottò, ma era una lotta impari, perché tutto ciò che gli sembrava buono quando credeva a se stesso, era disprezzato dagli
altri e viceversa. La lotta finì con la resa di **, che smise di credere a se stesso per credere agli altri. L’impressione sgradevolissima
che provò in un primo tempo durò poco. Provò sollievo nell’abbandonarsi al nuovo genere di vita (…)
Dopo che ebbe compreso, (…) decise di scrivere un diario per esprimere il suo io spirituale e rafforzarlo con il tempo.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Di questi foglietti ** ne cominciò a scrivere molti Costituivano una specie di diario con l’aiuto del quale egli si proponeva di
conservare al suo cervello una limpidità che sentiva in pericolo (…) Dopo averle scritte quelle annotazioni gli sembravano,
naturalmente, molto meno importanti di prima (…) ** pensava ancora alla domanda di *** : “Perché scrivi?” e ripeté: “In pochi
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giorni sono riuscito a capire me stesso, la mia morale, il centro della mia vita e il mio comportamento meglio di quanto, in passato,
non sia mai riuscito a fare nel corso di mesi. Ho anche capito di aver fatto molti progressi rispetto a qualche anno fa.”

Prefazione di Franco Cordelli a La mia Africa di K. Blixen
La mia Africa (…) non è un libro di memorie né un libro di viaggi, ma un libro d’amore per il destino, disegnato con la perfezione e
l’assolutezza che solo la privazione può dare (…) C’è un brano (…) in cui ** racconta di un documento che scrive per un
indigeno,***, in cui è racchiuso tutto il senso del suo destino di scrittore: “Ma appena lessi il suo nome mi lanciò un’occhiata ardente
e appassionata, un’occhiata esuberante di risa che mutò il vecchio in un ragazzo, nel simbolo stesso della giovinezza. Uno sguardo
come quello che volse Adamo al Signore quando egli lo plasmò dalla polvere, soffiò nelle sue narici il soffio della vita e l’uomo
divenne un essere vivo. Io l’avevo creato e mostrato a se stesso: ***, dall’anima immortale. Il documento era una prova della sua
esistenza: una cosa compiuta da ***, una cosa che avrebbe serbato il suo nome per sempre: la carne era mutata in verbo e dimorava
tra noi piena di grazia e verità. Il passato, che era stato tanto difficile rievocare e che probabilmente nella memoria appariva ogni
volta diverso, ora era riafferrato, riconquistato, inchiodato davanti ai suoi occhi. Era diventato Storia”.

L’incertezza in Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Tutti gli uomini desiderano l’espressione nel travaglio della loro anima, (…) lasciare una traccia nel mondo, erigersi un monumento
(…) Io ho fatto qualcosa: una parte della materia si è legata a me. Anche soltanto chiacchierare di qualcosa ha lo stesso senso di
appropriarsi del mondo, (…) di improntare l’incerto di sé.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Come in quelle patetiche e miserabili relazioni che talvolta sopravvivono a lungo a se stesse perché uno dei due compagni attende di
trovare la parola, il gesto o la situazione che faranno della sua avventura una storia terminata formulata nel “tono giusto”, ognuno si
crea e si propone la parola finale (…) Non basta vivere, occorre un destino (…) Questa è la febbre di unità (…) Religione o delitto,
ogni sforzo umano obbedisce a questo desiderio (…) Il romanzo è l’universo in cui l’azione trova la sua forma; dove i personaggi
corrono fino in fondo al loro destino (…) e il passato può ritrovarsi in un presente imperituro più vero e più ricco (…) La scelta e il
superamento della realtà sono la condizione del pensiero e dell’espressione (…) Bisogna vivere (…) secondo la norma, non formale,
né sottomessa alla storia, della creazione artistica (…) Quando il grido più lacerante trova il suo più fermo linguaggio, la rivolta trae
dalla fedeltà a se stessa una forza di creazione (…) Il genio è una rivolta che ha creato la propria misura (…) Ceda all’oscurità
formale o al realismo crudo o ingenuo, l’arte moderna è di tiranni e di schiavi, non di creatori (…) L’arte insegna che l’uomo non si
riduce alla sola storia (…) La sua rivolta più istintiva, nell’affermare il valore della dignità, rivendica, per appagare la sua fame di
unità, la bellezza. Si può rifiutare tutta la storia, e accordarsi con il mondo delle stelle e del mare, (…) un mondo pronto ad appagare
la fame di libertà e di dignità (…) La norma della bellezza, che nell’atto di contestare il reale, gli conferisce unità, è anche quella
della rivolta.

M. Kundera
Era il senso della bellezza che la liberava di colpo dall’angoscia e la riempiva di un rinnovato desiderio di vivere.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
L’arte tratta della realtà più vicina esiste (…) e il suo campo d’azione è forse il più vasto (…)
Uno strano richiamo sentito come una promessa che la mia vita vana non era almeno del tutto compiuta e che esiste qualcosa di
diverso dal niente provato in tutti i piaceri, qualcosa la cui realizzazione era affidata probabilmente all’arte (…) In società ero sempre
troppo agitato e distratto per poter fermare la mia attenzione su qualcosa di bello. Ci sarebbe voluto, per catturarla, il richiamo di una
realtà che si rivolgesse alla mia immaginazione o (…) qualcosa di generale, comune a diverse apparenze e di esse più vero, capace di
risvegliare, in quanto tale, in me lo spirito interiore assopito, il cui riemergere (…) mi dava gioia.

Introduzione a Il fascismo di M. Franzinelli, edizione Mondadori (I. Silone)
Quando Silone cominciò a scrivere aveva 34 anni: un’età tarda per l’attività letteraria, ma fu per un impulso profondo (…) In una
lettera di quel periodo scrive: “Mi sento ringiovanire (…) Provo una gioia intensa (…) Mi sembra che tutte le esperienze precedenti
siano state una maturazione segreta di questa”.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Quando (…) rileggeva, si sentiva vendicato! In un certo senso (…) la letteratura è più vera della vita: (…) ** mi avvelena l’esistenza
e io gli faccio sorrisi. Sulla carta invece si va fino in fondo ai propri sentimenti. Si ammazza nei libri (…) Quando si crede davvero a
qualcosa, la giustizia ha un senso.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Cosa fare? Sentiva il peso delle responsabilità, ma si costrinse a raddrizzare il busto. Raccontare delle storie!(…) abbandonare il
bisogno di certezze ,(…) mantenere la mente aperta, (…) attenersi ai sensi (…) faticosamente, lentamente, (…) attraversare desolati
luoghi lontani, per tornare più saggi, (…) insegnare, (…) dire la verità, (…) vivere pienamente per aver qualcosa di vero da
raccontare (…)
"Leggevi la bussola in virtù della grazia e puoi riconquistarla con l’impegno (…) Potrai leggerla meglio dopo una vita di riflessione e
di sforzi (…) La grazia conseguita così è più profonda e piena di quella che arriva gratuitamente, inoltre non ti abbandonerà più".

I Fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Basterebbe non disprezzare troppo (…) e parlare a chi crediamo non capirebbe: se non capirà subito, capirà probabilmente in seguito.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
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Molte persone (…) elogiano questo o quella per provare la propria bontà, ma si guarderebbero come dal fuoco da parole benefiche,
così rare a sentirsi, capaci di far regnare la pace.

Prefazione di N. Hawthorne a La lettera scarlatta
Bisognerebbe scrivere come se ci si stesse rivolgendo a un amico.

Il giovane Holden (J. D. Salinger)
Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che, quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue, vorresti che l’autore
fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
Cosa volete che facciano dei profughi dalla mattina alla sera? Essi passano il meglio del loro tempo a raccontarsi le loro storie. Non
sono storie divertenti, ma se le raccontano per rendersi conto e insegnare, perché qualcuno possa riuscire meglio.

Middlemarch (G. Eliot)
La sua brama di sapere rientrava nell’ambito del desiderio di agire per altri (…) ** non voleva indossare la cultura come una veste
elegante (…) e se avesse scritto un libro l’avrebbe fatto come Santa Teresa, spinta da un’autorità che era padrona della sua coscienza.
Anelava a un’opera (…) piena di ardore e razionalità nello stesso tempo.

La peste (A. Camus)
Quelli che hanno lo stesso animo del maestro di scuola sono più numerosi di quanto si pensi (…) C’è sempre un tempo in cui
ammettere che due e due fanno quattro comporta anche la morte, ma la questione è se due e due fa o no quattro (…)
Redigere il racconto per non essere di quelli che tacciono, per testimoniare a favore degli appestati, per lasciare almeno un ricordo
dell’ingiustizia e della violenza che erano state fatte loro (…) e per testimoniare di quello che hanno dovuto e dovranno fare contro il
terrore e la sua arma, nonostante gli strazi personali, gli uomini che non potendo essere santi e rifiutando di consentire ai flagelli, si
sforzano di essere dei medici onestamente. Lo ignora la folla, (…) ma si può leggere nei libri che il bacillo della peste non muore
mai, ma aspetta pazientemente.

1984 (G. Orwell)
Gli parve come se stesse vagando per le foreste nel fondo del mare, perduto in un mondo mostruoso nel quale lui stesso era il mostro.
Era solo (…) Il passato era morto. Il futuro era inimmaginabile. Quale certezza poteva avere che anche una sola delle creature allora
viventi era dalla sua parte? (…) Per chi, si domandò improvvisamente, stava scrivendo quel diario? (…) Psicoreato, lo chiamavano
(…) Per qualche minuto rimase attonito a guardare il foglio. Non aveva che da trasferire sulla pagina quell’interminabile instancabile
monologo che gli s’andava dipanando nella testa, nel vero senso della parola, da anni. In quel momento tuttavia anche il monologo
gli s’era prosciugato (…) Passavano i minuti. Era cosciente solo del vuoto della pagina davanti a sé (…) Tutt’a un tratto cominciò a
buttar giù lo scritto in preda al panico, soltanto in parte cosciente di quel che scriveva (…) Non sapeva cosa gli aveva fatto buttar giù
quella serqua di stupidaggini. Ma la cosa più strana era che, intanto, il ricordo d’un fatto completamente diverso gli s’era andato
riordinando nella mente fino al punto da fargli credere di essere capace di scriverne. Era, ora si rammentava, proprio per quest’altro
incidente che aveva improvvisamente deciso di venirsene a casa quel giorno e di cominciare il diario (…) In seguito scoprì che,
mentre se ne stava seduto in quella sorta di meditazione impotente, aveva pur scritto qualcosa, senza avvedersene, in modo del tutto
automatico. E non era la calligrafia goffa e incerta di prima (…) Era un solitario fantasma che proclamava una verità che nessuno
avrebbe udito. Ma per tutto il tempo impiegato a proclamarla, in qualche modo misterioso, la continuità non sarebbe stata interrotta.
Non era col farsi udire, ma col resistere alla stupidità che si sarebbe potuto portare innanzi la propria eredità di uomo. Se ne tornò al
tavolo, intinse la penna e scrisse (…) Gli sembrava che era solo allora, quando aveva cominciato a essere capace di formulare i propri
pensieri, ch’egli aveva fatto il passo decisivo (…) Ora che si era identificato con un uomo morto, l’importante era restare in vita più a
lungo possibile (…) Si chiese se non fosse malato di mente. Forse malato di mente era chi pensava cose diverse da quelle degli altri.
Un tempo, credere che la terra girasse intorno al sole costituiva un segno certo di pazzia (…) Alla fine il partito avrebbe proclamato
che due più due fanno cinque (…) Eppure lui aveva ragione. Le cose vere dovevano essere difese (…) Il primo passo era stato un
pensiero segreto e involontario, il secondo passo era stato l’inizio del diario. Egli era passato dal pensiero alle parole e ora dalle
parole alle azioni (…)
Il libro che leggeva non gli insegnava nulla ch’egli non sapesse già e questo costituiva appunto parte dell’attrazione. Diceva
esattamente quel che egli stesso avrebbe detto, se gli fosse stato possibile di mettere un po’ d’ordine nei suoi delusi pensieri (…) Era
il prodotto di una mente simile alla sua, ma più potente, più sistematica e meno intimidita (…) I libri migliori, gli pareva di capire,
sono proprio quelli che ci dicono quello che già sappiamo (…) Aveva posto un ordine in una serie di conoscenze che egli possedeva
alla rinfusa. Dopo averlo letto, seppe, con più sicurezza di prima, che non era pazzo. L’essere in minoranza, anche l’esser rimasto
solo, non voleva dire affatto essere pazzo. C’era la verità e c’era la non verità e se ci si fosse aggrappati alla verità, anche mettendosi
contro tutto il mondo intero, non si era pazzi (…) L’intelligenza non è soggetta alla statistica (...) Due e due non fanno cinque.

2+2=5 (Radiohead)
Sei un tale sognatore da voler mettere a posto il mondo? Io resterò per sempre a casa dove 2+2 fa sempre 5. Giacerò lungo linee già
tracciate. Mi mimetizzerò.

Apocalisse (La sacra Bibbia)
E Dio sputò il tiepido.

I Demoni (F. Dostoevskij)
Tutti sono schiavi e nella schiavitù sono eguali. A Cicerone si taglia la lingua, a Copernico si cavano gli occhi, Shakespeare viene
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lapidato...gli schiavi devono essere uguali (…) Non occorre l’istruzione, basta con la scienza. Al mondo manca una cosa sola:
l’obbedienza. La sete di istruzione è aristocratica (…) Noi sradicheremo il desiderio, diffonderemo l’ubriachezza, i pettegolezzi, le
denunce, una corruzione inaudita e spegneremo ogni genio. Piena obbedienza, piena assenza di personalità (…) e ogni 30 anni ci
divoreremo per allontanare la noia. La noia è aristocratica.

Se questo è un uomo (P. Levi)
Ma misi me per l’alto mare aperto. Sono in grado di distinguere perché “misi me” non è “Je me suis”, è molto più forte e più audace,
è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto (…) Del
viaggio al di là delle colonne d’Ercole ho salvato un verso: (…) “Acciò che l’uom più oltre non si metta”. “Si metta”: dovevo venire
in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima “e misi me” (…) Ecco: “considerate la vostra semenza: fatti non foste a
vivere come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”. Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba,
come la voce di Dio. Forse ** ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in traguardo e noi in
specie: e che riguarda noi che osiamo ragionare qui di queste cose.

I sommersi e i salvati (P. Levi)
Il bisogno di parlare, di raccontare quanto era successo nel lager era per me forte come la paura o la fame ed è stato uno dei motivi
per cui sono riuscito a uscirne.

Perché scrivo in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Penso che vi siano quattro importanti ragioni per scrivere (…).
1. C’è una minoranza di gente dotata e volitiva che è determinata a vivere la propria vita per intero, e gli scrittori appartengono a
questa categoria (…)
2. (…) La percezione della bellezza nel mondo esterno o (…) nelle parole e nella loro giusta disposizione (…)
3. L’impulso storico (…) di scoprire la verità (…) e di registrarla (…)
4. (…) Il desiderio di spingere le parole in una certa direzione, per cambiare l’idea altrui di quale sia il genere di società per cui
lottare (…)
Patii povertà e senso di fallimento. Ciò rafforzò il mio odio innato per l’autorità e mi rese (…) consapevole (…)
Quando mi siedo a scrivere un libro, non mi dico: “Adesso farò un capolavoro”. Lo scrivo perché c’è qualche menzogna che voglio
denunciare (…)
Se non fossi stato indignato non avrei mai scritto il libro (…)
Non bisognerebbe mai intraprendere un’attività del genere a meno di non essere guidati da un qualche demone incomprensibile al
quale non si può resistere (…) E riguardando la mia opera, mi accorgo che è invariabilmente lì dove ho trascurato l’intenzione
politica che ho scritto libri privi di vita.

L’odore dei soldi (E. Veltri – M- Travaglio)
Questo libro può essere utile per molte ragioni. I fatti che racconta, nonostante la loro gravità, sono conosciuti solo da una ristretta
cerchia di politici, magistrati e forze dell’ordine. I partiti e quasi tutti gli organi di informazione hanno una consegna al silenzio, che
rispettano con impegno inusuale e compattezza granitica (…) Hanno scelto la strada, come si dice, dell’inciucio (…) Negli altri Paesi
dell’Unione Europea i fatti di cui parliamo provocherebbero un terremoto politico e comunque costringerebbero i responsabili ad
abbandonare la vita pubblica (…) Finora (…) chiunque ne aveva scritto era stato seppellito dalle denunce e aveva visto sparire in un
baleno tutte le copie della sua opera dalle librerie (…) L’informazione di Berlusconi fa più danni della pistola!

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Non è difficile far dire a qualsiasi libro quel che fa comodo, prendendo qua e là frasi staccate e mettendole abilmente assieme (…)
Con la stessa facilità potrete motivare la soffocazione della libertà di stampa e così ha proceduto Stalin mediante i processi montati su
accuse di complotti orditi dalla polizia (…)
** ha detto che il malessere della vostra civiltà è un indebolimento di raziocinio e di senso critico. C’è un conflitto tra la vita e la
ragione e la gioventù moderna presta il suo culto idolatrico alla vita (…)
Il fatto che se un dirigente politico che rifiuta di incontrarsi a contraddittorio pubblico con gli avversari rischia di squalificarsi ha
accelerato il fallimento del fascismo svizzero (…) Quello che rende ancora più azzardata l’impresa dei totalitari in questo paese è la
scarsa simpatia del popolo per l’eloquenza (…)
Uno slogan efficace per un aspirante dittatore potrebbe essere anche: “abbasso la dittatura”.

Per la critica del lavoro (1962) (G. Anders) in Ribellarsi è giusto
Nell’odierna Repubblica Federale Tedesca (il cui rapido processo di rifascistizzazione è ben noto) c’è tutta una letteratura in cui viene
esaltata la Resistenza tedesca contro Hitler. Questa letteratura è approvata e salutata con favore anche dai fogli reazionari e perfino
dalle autorità ufficiali. Come dobbiamo interpretare questo fatto? Risposta: si tratta di un alibi. Per mascherare il fatto che lottano
contro gli odierni movimenti di libertà e di resistenza, costoro si presentano come avvocati difensori della libertà.

La banalità del male (H. Arendt)
La gioventù tedesca a ogni passo della vita è circondata da tutte le parti da uomini che oggi rivestono cariche pubbliche importanti e
che sono colpevoli, ma non sentono nulla (…) La reazione normale sarebbe lo sdegno, che però è un ostacolo alla carriera (…) I
giovani quindi (…) si rifugiano in un sentimentalismo a buon mercato.

Disobbedienza come democrazia (H. Zinn) in Ribellarsi è giusto
Ci hanno allevati con quest’idea: (…) la legge è importantissima. Stiamo parlando di obbedienza alla legge, questa fantastica
invenzione dei tempi moderni, che attribuiamo alla civiltà occidentale, e di cui parliamo con orgoglio. Lo Stato di diritto, oh, che
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meraviglia vedere dappertutto questi corsi sulla cultura occidentale. Vi ricordate i tempi bui in cui la gente era sfruttata dal sistema
feudale? Tutto era terribile nel Medioevo ma adesso c’è la civiltà occidentale, lo Stato di diritto. Lo Stato di diritto ha sistematizzato e
amplificato l’ingiustizia preesistente.

Il Connecticut yankee in King Arthur’s Court (M. Twain)
Il paese è la cosa reale (…) la cosa da proteggere, da curare, da rispettare; le istituzioni sono estranee, sono semplici abiti, e l’abito
può (…) non essere più comodo (…) Essere fedele a dei cenci, gridare il nome di questi cenci e venerarli – questo è lealismo
all’irragionevole, puramente animale; (…) il cittadino che crede di vedere che l’abito (…) della comunità è logoro, e ciononostante
sta tranquillo e non combatte per un abito nuovo (…) è un traditore. Il fatto che possa essere il solo a vedere questa decadenza, non lo
scusa: è suo dovere combattere a ogni modo.

O. Wilde
Se dici qualcosa che non ha offeso nessuno non hai detto niente.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Conosco una quantità di persone diverse, e ho voglia di mostrare a ciascuno, per davvero, come sono gli altri. Si raccontano tante
menzogne (…) A vent’anni ho capito che tutti mi mentivano: mi venne una grande collera; dev’essere per questo che ho cominciato a
scrivere e che continuo (…)
Quand’ero giovane, un libro mi pareva magia (…)
Le cose che uno ha da dire, non sono mai precisamente le stesse che hanno da dire gli altri: ciascuno ha la propria vita, i suoi rapporti
con le cose, con le parole (…) Non dà fastidio pensare a quelli che hanno scritto meglio: si è arroganti, finché non si è scritto nulla,
ma poi, una volta cominciato, ci si interessa a quel che si scrive e non si perde più il tempo a far paragoni (…) Non pensava che la
gente l’avrebbe letto eternamente eppure scriveva (…) e quel che gli riusciva di fissare in parole gli sembrava salvo in assoluto. Cosa
c’era di vero? (…) Quello di cui era certo, era di provare una pietà quasi angosciosa per tutte queste vite che non tentavano neppure
di esprimersi (…)
Non si può scrivere niente nell’indifferenza: bisogna risalire alla superficie della vita, dove gli istanti e gli individui contano, uno a
uno (…) Rispettando tutti si condannava all’insignificanza e in questo modo contribuiva ad addormentare la gente (…) L’indifferenza
non esiste (…) E un intellettuale che non fa niente, fa pena (…) Avrebbe potuto giustificarsi dicendo di non saperne abbastanza per
parlare, (…) ma avrebbero potuto obiettargli che non ne sapeva neppure abbastanza per scegliere di tacere. L’ignoranza non è un alibi
(…) Aveva voluto scrivere un libro gratuito (…) senza ragione; niente di strano che se ne fosse disgustato così presto …) Aveva
preteso di parlare di se stesso senza situarsi né nel passato né nel presente: mentre la verità della sua vita era fuori di lui, negli
avvenimenti, nelle persone, nelle cose; per parlare di sé, bisogna parlare di tutto il resto(…) Un lavoro datato, ambientato, significava
qualcosa (…) Raccontare una storia d’oggi, in cui i lettori ritrovassero le loro preoccupazioni, i loro problemi. Non dimostrare né
esortare, ma testimoniare (…)
** aveva bisogno di mettere il mondo in parole.

Nel ventre della balena in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Sembra quindi che per un artista il possesso della “verità” sia meno importante della sincerità emotiva (…) Uno scrittore ha bisogno
anche di talento, il quale poi, consisterebbe nel potersela prendere, nel credere veramente alle proprie opinioni (…) Una differenza
d’intensità emotiva è la differenza fra l’autentica disperazione e una disperazione che è, almeno in parte, posa.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
Il bisogno di capire si è impossessato interamente di me e non m’ha lasciato tregua (…) A un certo momento scrivere ha significato
per me assoluta necessità di testimoniare, bisogno inderogabile di liberarmi da una ossessione, di affermare il senso di una più sincera
fedeltà. Lo scrivere non è stato, e non poteva essere per me, salvo in qualche raro momento di grazia, un sereno godimento estetico,
ma penosa e solitaria lotta (…) E le difficoltà con cui sono alle volte alle prese nell’esprimermi non provengono certo
dall’inosservanza delle famose regole del bello scrivere, non da una coscienza che stenta a rimarginare alcune nascoste ferite e che
tuttavia, ostinatamente, esige la propria integrità. Poiché per essere veri non basta evidentemente essere sinceri.

Del mentire in Saggi (Montaigne)
Non sto innalzando qui una statua da erigere nel crocicchio d’una città (….) ma se scrivo è per intrattenere un vicino, un parente, un
amico (…) E anche se nessuno mi leggerà, ho forse perduto il mio tempo? Modellando su di me questa figura, mi è stato necessario
tanto spesso acconciarmi e compormi per ritrarmi, che il modello si è rassodato e in qualche modo formato anch’esso (…) I piaceri
più deliziosi si digeriscono nell’intimo, evitano di lasciare traccia di sé e fuggono la vista non solo della folla, ma di ogni altro.
Quante volte quest’occupazione mi ha distratto da pensieri noiosi! E devono essere considerati noiosi tutti quelli frivoli (…)
Dobbiamo una parte di noi alla società, ma la parte migliore a noi stessi. Allo scopo di obbligare la mia mente a fantasticare secondo
un certo ordine e disegno e di impedirle di perdersi e di andare vagando dietro al vento, non c’è che dare corpo e prendere nota di
tutti i minuti pensieri che le si presentano (…) Quante volte, rammaricandomi di qualche azione che le buone creanze e la ragione mi
proibivano di biasimare apertamente, me ne sono sfogato qui, non senza propormi di istruire la gente! (…) Che cosa c’è da ridire, se
presto un po’ più attentamente l’orecchio ai libri, da quando sto all’erta se posso sgraffignarne qualcosa per abbellire o puntellare il
mio? (…) Non per formare le mie opinioni, ma per sostenerle, essendo già formate da molto tempo, secondarle e servirle.

Montaigne (V. Woolf)
“Perché non è lecito a chiunque di ritrarre se stesso con la penna, come costui ha fatto con la matita?” (…) Gli altri possono eluderci,
ma i nostri tratti ci sono quasi troppo familiari. Al lavoro. E poi, quando ci accingiamo al compito, la penna ci cade dalle dita; è
un’impresa di profonda, misteriosa e schiacciante difficoltà (…) Perché al di là della difficoltà di comunicare con se stessi, c’è la
difficoltà suprema di essere se stessi.
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On writing (S. King)
Le parole creano periodi; i periodi creano paragrafi; talvolta i paragrafi accelerano e cominciano a respirare (…)Voi costruirete un
paragrafo alla volta, costruirete usando il vostro vocabolario e la vostra conoscenza di grammatica e stile. Finché sarete equilibrati e
sinceri come la vostra livella e userete a dovere il filo a piombo, potrete costruire di tutto, interi palazzi anche, se ne avete l’energia
(…)
Certi giorni scrivere è un penoso arrancare che dà scarsa soddisfazione. Certi altri (…) sento quel brusio di felicità, il piacere di aver
trovato le parole (…) È una cosa che mi rende felice, perché è ciò per cui sono stato fatto (…) Scrivere non c’entra niente col fare
soldi (…) Alla fine è soprattutto un modo per arricchire la vita di coloro che leggeranno i tuoi lavoro e arricchire al contempo la
propria. Scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene. (…) È un incitamento: potete, dovreste, e se siete abbastanza coraggiosi da
cominciare, scriverete.

Ritratto di un artista da giovane (J. Joyce)
Era in parte la mancanza di un rito prescritto che l’aveva sempre costretto all’inazione sia quando aveva permesso al silenzio di
coprirgli collera ed orgoglio, sia quando aveva subìto un amplesso che aveva desiderato dare (…) La sua mente, svuotata di teorie e
di coraggio, ricadeva inerte nell’indifferenza (…) Il suo pensiero era un crepuscolo di dubbio e di sfiducia in se stesso, illuminato a
tratto dai lampi dell’intuizione, ma lampi di uno splendore così fulgido che in quei momenti il mondo gli rovinava ai piedi (…)
Avrebbe creato superbamente attingendo alla libertà e al potere della sua anima (…) La sua anima si abbandonava in un nuovo
mondo.

Vino e pane (I. Silone)
“In un tuo scritto parlavi dell’uomo che arriva penosamente alla coscienza della propria umanità. Solo ora mi sento in grado di capire
cosa intendevi”. “Questo vale anche per chi scrive. La coscienza ha infinite gradazioni, come la luce”.

Conversazioni su di me e tutto il resto (W. Allen)
Non leggere quello che scrivono di te, non infilarti in grandi dibattiti sul tuo lavoro, bada solo ad applicarti con scrupolo a quello che
fai. E non pensare ai benefici del mestiere. Non pensare ai soldi né agli elogi. Meno riesci a pensare a te stesso e meglio è. È un po’
come per il pitcher nel baseball: meno pensi consapevolmente al movimento, più efficace riuscirà il lancio (…) Bada solo a fare un
buon lavoro (…) Se il pubblico detesta le tue opere, dagli credito… potrebbe aver ragione. Oppure no. E quando gli spettatori ti
definiscono un genio, è ancora più importante tapparsi le orecchie (…) Se invece vengo a sapere che non ha incontrato il favore degli
spettatori me ne dispiaccio, ma in fondo i due esiti non sono molto diversi per quanto mi riguarda. Il vero divertimento è stato nel
farlo… l’ideazione, la realizzazione, l’impegno profuso. Dopo, non voglio più saperne nulla (…) Mi resi conto che mi divertivo a
farli ma che, una volta usciti nelle sale, il gradimento o meno da parte del pubblico non significava nulla per me. Certo, meglio quello
che avere dietro la porta quattro delinquenti, con una corda. Comunque, il sabato sera mi ritrovavo lo stesso da solo a casa (…) Nel
mondo del cinema sei costantemente assediato da persone che hanno tutte le risposte, ma devi continuare a ragionare con la tua testa.
Ti ritrovi ogni volta nella condizione di provare a fare un buon lavoro malgrado tutte le pressioni e i consigli (…) finché alla fine vai
immancabilmente a cozzare contro l’ostacolo più grande, il tuo talento limitato. Realizzare un buon film è difficile per chiunque.
Devi contare sui tuoi familiari, o sugli amici più cari che condividono molti dei tuoi valori – il che è probabilmente ciò che ti lega a
loro – e crearti il tuo microcosmo di valori, gusti, criteri, e a quel microcosmo restare fedele. Se ci riesci, scopri che non è un limite,
ma un aiuto. Quando tutto il mondo celebra la tale canzone o la tale commedia, devi aggrapparti alle tue convinzioni, anche se vanno
in direzione opposta (…) Quando finisco un film, non vedo l’ora di ascoltare l’opinione, riflettere sulle osservazioni di quelle due o
tre persone di cui rispetto i gusti, anche se sono diversi dai miei (…) Se anche ritenessi fondato un giudizio negativo, il film
successivo non ne risentirebbe. Non posso farci niente, non cambio di certo il mio stile o i miei temi perché qualcuno li ha criticati.
Non ci riuscirei nemmeno se lo volessi. Sono limitato o, come dice benissimo Marshall Brickman: “Sei fottuto da quello che sei”.
L’opera esiste indipendentemente dai discorsi che la circondano. Se è buona, rimane buona malgrado tutto il bla bla bla, pro o contro.
Se non è buona, è comunque destinata a scomparire lentamente, per quanto sul momento possa sembrare di successo (…) Restiamo
tutti a galla solo perché il pubblico non è molto esigente e il successo non è necessariamente subordinato al livello qualitativo. Io,
oltretutto, devo essere particolarmente fortunato (…) Oltretutto, non sono una persona particolarmente modesta. Quando faccio
qualcosa di buono, so apprezzarmi. Non voglio apparire dolente o ideologicamente masochista, ma sono abbastanza intelligente da
capire che ho sfruttato al massimo i miei limitati talenti, ho guadagnato bene rispetto a mio padre e, la cosa più importante, ho goduto
finora di buona salute.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Devo lavorare, e il successo è una perdita di tempo (…) Preferisco la stima delle persone oneste e una mia felicità tutta privata a
qualche elogio o qualche scudo uniti a ingiurie e calunnie (…) Il pubblico si interessa soltanto ai successi che non stima.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Ma l’errore più strano è quello che riguarda noi e le nostre forze: che ci si dedichi ad un nobile compito, a una degna impresa che
eccede le nostre capacità, che tendiamo ad una meta che non raggiungeremo mai. Il supplizio di Tantalo, il tormento di Sisifo che ne
deriva, ognuno lo risente tanto più amaro quanto più onesta era l’intenzione. E tuttavia spesso quando ci vediam preclusa per sempre
la meta agognata, abbiam già trovato lungo il nostro cammino un’altra degna meta a noi proporzionata, a cui eravamo destinati dalla
nascita di stare contenti.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
per quanto riguarda i libri, è notoriamente difficile fissare delle targhette di merito in modo tale che queste poi non si stacchino. E le
recensioni letterarie, non sono forse una perenne dimostrazione della difficoltà di giudicare? “Questo grande libro”, “questo libro
privo di valore”: lo stesso libro viene definito in tutti e due i modi (…) Finché scrivete ciò che desiderate scrivere, questa è la sola
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cosa che conta; e se questo conta per secoli interi o solo per poche ore, nessuno può dirlo. Ma sacrificare un frammento del vostro
sogno, una minima sfumatura del suo colore, per compiacere un preside con una coppa d’argento in mano o un professore con un
righello da misura nascosto sotto il braccio, è il più vile dei tradimenti.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Insegnando, impara (…)
Un amico è un teatro abbastanza grande.

Baudolino (U. Eco)
In quello che ti ho detto c’erano cose che le mie compagne non avevano ancora capito e che io ho capito cercando di spiegartele.
Così ciascuna di noi, facendosi maestra alle compagne, apprende (…)
Non si tratta di ricordare i fatti ,(…) ma di dare ai fatti un senso (…)
Sei diventato la mia pergamena su cui scrivo tante cose, che avevo persino dimenticato, quasi come se la mano andasse da sola.
Penso che chi racconta storie debba sempre avere qualcuno a cui le racconta e solo così può raccontarle a se stesso (…) Solo quando
ho potuto raccontare mi sono sentito libero. Ormai mi sei necessario come l’aria.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Sentii per lui quello che avrei potuto provare per un fratello (…) Lontani, avremmo diviso gli stessi pensieri. Disse: “Scrivimi la
prima frase del libro”. “Perché?” – “Perché fai parte del gruppo”. “Non credo. Odio i gruppi” (…) “Ci sosteniamo a vicenda anche se
non conosciamo i nostri nomi. Ma ci sosteniamo sempre (…) Mi capiterà di prendere in mano un libro e dire: “Ah, così l’ha già
scritto lei? Meglio così. Benissimo, così non dovrò scriverlo io” (...)
Non sapevo che l’avrei detto finché non l’ho fatto. Ma ora capisco che era a questa lettera che mirava il mio discorso e che per
questo, uscendo, avevo preso la lettera, che ora ebbe l’effetto di aiutare ** ad aprirsi (…)
Durante le ultime settimane di “pazzia”, (…) sapevo, anche se non c’era modo di tradurre in parole quel che sapevo (…) Momenti
intensi come illuminazioni di un sogno quando ci si sveglia (…) Gioco con le parole sperando che una qualsiasi combinazione,
magari casuale, possa esprimere ciò che voglio dire (…) La realtà non si può descrivere (…) Ma (…) bisogna (…) inchinarsi con
la cortesia che si riserva a un vecchio nemico (…) Forse la sola condizione per cui esistiamo è che (…) creiamo degli schemi.

Martin Eden (J. London)
Avendo analizzato e imparato l’anatomia della bellezza, egli era più atto a ricrearla a sua volta. Era fatto così: non poteva lavorare
senza capire (…) D’altra parte egli apprezzava gli effetti inattesi delle parole e delle frasi che si affacciavano facilmente al suo
cervello (…) meravigliato.

Taccuino del 1943 (C. Pavese)
S’indaghi bene, e si vedrà che non si cambia idea, ma che sotto sotto si aveva già presentito il pensiero nuovo. Che certe tue idee del
passato non fossero quel che sembravano ti risulta dal fatto che allora credevi di averle ma non te ne interessavi (…) Ora che nelle
tragedie hai visto più in fondo (…) hai scoperto (…) il “vero” interesse, che non è più (…) futili chiacchiere, ma il destino (…)
Boden und Blut - (…) Se nel ’40 ti sei messo a studiare il tedesco (…) era per l’impulso del subcosciente a entrare in una nuova
realtà. Un destino. Amor fati.

Del parlare spedito e lento (M. Montaigne)
L’anima troppo legata e intenta al suo proposito (…) comprime (…) fiacca, (…) come accade all’acqua che, a forza di spingere con la
sua violenza, non riesce a trovare l’uscita in uno sbocco (…) Non vuole essere scossa, ma sollecitata (…) riscaldata e sorvegliata da
occasioni esterne, attuali e fortuite (…) Io non sono del tutto padrone di me stesso (…) Il caso vi ha più potere di me. L’occasione, la
compagnia, il tono stesso della mia voce traggono dal mio spirito più di quello che ritrovo quando lo sondo e lo uso per conto mio
(…) Mi accade anche che non mi trovo dove mi cerco e trovo me stesso più per caso che per l’indagine del mio giudizio. Posso aver
buttato là qualche arguzia scrivendo. L’ho perduta, e un estraneo l’ha scoperta prima di me.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Simone Weill ha mostrato di avere costantemente bisogno di un interlocutore, occasionale o privilegiato, per poter pensare (…)
Scriveva molte lettere.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Il bello era che non ** ma lei stessa aveva fatto quell’asserzione. Del resto, molte cose che lui diceva ella le aveva già pensate, senza
parole però, perché opinioni così precise, sola con se stessa com’era prima, ella non se le sarebbe mai fatte (…)
Quella espressione salitagli spontaneamente alle labbra era piaciuta anche a lui; come il primo verso di una poesia , la frase lo
spingeva avanti prima che egli ne avesse colto il senso (…) Il ritratto da lui tracciato gli dava sollievo come la riuscita di un’opera
d’arte; egli non l’aveva messo fuori da se stesso ma, legate alla misteriosa efficacia di un inizio, le parole all’esterno s’erano apposte
alle parole, e intanto nel suo animo si disfece qualcosa di cui non aveva coscienza.

L’interpretazione dei sogni (S. Freud)
È necessario (…) che rinunci alla critica dei pensieri. (…) Fobie e (…) ossessioni (…), spiegarle coincide con l’eliminarle, (…) ma
(…) la facoltà critica (…) porta a respingere (…) idee, (…) a interrompere (…) serie di pensieri, (…) a comportarsi (…) in modo tale
che le idee non diventano affatto coscienti (…) L’autosservatore deve invece solo prendersi il fastidio di interrompere la sua attività
critica (…) Non è difficile (…) Io posso farlo perfettamente, aiutandomi con lo scrivere le idee come mi vengono in mente (…) in
relazione a qualche particolare argomento (…) Un atteggiamento analogo è richiesto dalla creazione poetica: (…) “Quando c’è una
mente creativa la ragione ritira la sua guardia dalla porta e le idee irrompono alla rinfusa, e solo allora la ragione le esamina in
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massa”.

Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere (J. Gray)
Scrivendo avrete la possibilità di prestare ascolto ai vostri sentimenti senza temere di ferire (…) Diventerete più equilibrati (…)
Mettere per iscritto i sentimenti negativi è un modo eccellente per rendersi conto di quanto si possa apparire poco affettuosi al partner
e, grazie a questa maggiore consapevolezza, di correggersi. Inoltre scrivere ha una funzione catartica: liberando il campo dalla
emozioni negative, si dà spazio a quelle positive. Dopo sarà possibile rivolgersi al compagno e parlargli in modo più affettuoso,
accrescendo così le nostre opportunità di capire e di essere capiti. È probabile che dopo aver scritto, non proviate più il bisogno di
parlare e vi sentiate invece desiderosi di mostrarvi affettuosi con il vostro partner. Che le scriviate per esternare i vostri sentimenti o
semplicemente per sentirvi meglio, si tratta comunque di uno strumento molto utile (…) Spesso scrivendo si comprende se si è
arrabbiati con il partner e se ci si rivolge a lui davvero o se si sta pensando in realtà ad altri, magari ai genitori.

Marte e Venere si innamorano di nuovo (J. Gray)
Scrivete anche la risposta che vorreste ricevere (…), quello che vorreste sentirvi dire, qualsiasi cosa vi faccia sentire ascoltati e
accuditi (…) Come abbiamo bisogno di comunicare i sentimenti attraverso le parole, è altrettanto importante esprimere sotto forma di
parole l’aiuto di cui abbiamo bisogno per sentirci capiti e sostenuti.

Creatività (E. Balconi e M. Erba)
Alcuni studi (…) hanno rilevato un effetto protettivo della competenza narrativa sul rischio di sviluppo di disturbi mentali a seguito
di eventi stressanti, e un effetto positivo sulle possibilità di guarigione, ovvero di recupero del benessere (…) Insomma, narrare e
saper narrare fa bene al nostro cervello (…) Produrre note autobiografiche in relazione a esperienze traumatiche fa bene: parlare e
raccontare i propri guai riduce la gravità dei sintomi fisici nel corso di malattie croniche quali asma (…) o artrite reumatoide. Questa
è la potenza del linguaggio, della narrazione e, quindi, della creatività (…) Raccontare(…) con originalità e creatività, aiuta a stare
meglio, a elaborare lo stress derivante da un trauma, e a superare il nodo patogeno (…) L’integrazione delle narrazioni
autobiografiche e quelle esterne al soggetto costituisce parte del processo che contribuisce alla conservazione della continuità
esperienziale del sé (…) Lo sviluppo della competenza narrativa svolge (…) un ruolo protettivo nelle situazioni per cui la continuità
esistenziale del sé è minacciata da un evento esterno, che può essere di natura catastrofica, traumatica o logorante (come episodi di
abuso, maltrattamento o discriminazione).

Solo bagaglio a mano (G. Romagnoli)
Andai in analisi da uno psicologo (…) A convincermi fu il fatto che potevo parlare in inglese anziché nella mia lingua, mettendo una
distanza tra me e la mia storia; (…) Ho scoperto molto tempo dopo che era una scelta condivisa.

Da una pagina internet sulla sessuologia clinica
Gran parte delle coppie “bianche”, cioè che non hanno rapporti sessuali, tende a trasferire la propria carica sessuale su obiettivi legati
alla carriera e alla realizzazione professionale. E non solo. Ci sono coppie che condividono una passione politica o un impegno
sportivo o un interesse per l’arte, per i viaggi, per la letteratura o, ancora più semplicemente, condividono la sfera delle relazione
sociali. Questi soggetti si conoscono, si piacciono, (…) realizzando un perfetto incastro costruito sull’erotizzazione di qualcosa di
diverso dal sesso, che può anche variare nel corso del tempo. Possono dare luogo a coppie assolutamente stabili, sposandosi e
restando insieme per decenni; (…) non esprimono alcun disagio, anzi sembrano soddisfatti della loro modalità esistenziale.

L’io e l’inconscio, parte II, cap. 5 credo in Due testi di psicologia analitica
Colui al quale, in virtù di particolari capacità, è consentito individuarsi deve sopportare il disprezzo della società, finché non avrà
prodotto l’equivalente che essa attende da lui (…) L’individuazione esclude la rinuncia al consenso collettivo, fintantoché non sia
stato prodotto un equivalente (…) L’anima lo porta dinanzi al “Dio” (…) e “Dio” fa un dono (…) che l’anima porta all’uomo e
l’uomo dà all’umanità. Oppure la strada può anche essere diversa: per estinguere la sua colpa l’uomo affida il suo bene, il suo amore,
(…) a un uomo che per lui sostituisce l’anima e attraverso quest’uomo il dono giunge a “Dio”.

Operette morali (G. Leopardi)
Io stimo che codesta tua meravigliosa acutezza e forza d’intendimento, codesta nobiltà, caldezza e fecondità di cuore e
d’immaginazione, sieno di tutte le qualità che la sorte dispensa agli animi umani, le più dannose e lacrimevoli a chi le riceve.
Ricevute che sono, con difficoltà si fugge il loro danno (…) Ma il nostro fato, dove che egli ci tragga, è da seguire con animo forte e
grande (…) Amore (…) quando viene sulla terra, sceglie i cuori più teneri e gentili (…) empiendoli di affetti sì nobili, di tanta virtù e
fortezza (…) Rarissimamente congiunge due cuori, (…) suscita e rinverdisce (…) l’infinita speranza e le belle e care immaginazioni
degli anni teneri (…) Nè d’altro in particolare sono puniti i fraudolenti e gli ingiusti e i dispregiatori degli Dei che di essere alieni
dalla grazia di quelli.

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POTERE DELLA SEMPLICITÁ

Lettera del 17 settembre (Cesare Pavese)
Prima di te tutte le mie pagine non erano che sfoghi sforzati e tremendi, fulminei, di lunghe sofferenze grigie che a un tratto
culminavano in una irresistibile potenza di spasimo, o cose morte, stentate e sofferte in segreto e con immensa vergogna.
Ma ora, dopo la tua apparizione azzurra, (…) la poesia è diventata una cosa sola colla mia esistenza.
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Il seme sotto la neve (I. Silone)
La presenza degli ospiti suscita il ricordo di amici lontani e dimenticati, ed egli si stupisce della precisione, freschezza di certi
improvvisi ricordi, della facilità con cui gli tornano a mente visi, modi di parlare, cose per tanti anni sepolte. Ci sono vini che fanno
dimenticare e intorpidiscono, altri che fanno ricordare e rinfrescano. Nel “gruppo” l’amicizia era addirittura malvista, perché
sinonimo di cricca (…) Ora vi sono momenti di pace che fanno dimenticare anni di angustie e di aridità (…) “Restiamo svegli, forse
non avremo più la nostra anima di questa notte”.
Cominciò a leggergli il capitolo.

F. Schiller
Strinsi la natura finché a respirare e scaldarsi essa iniziò nel mio cuore, (…) trovò un linguaggio (…) Con sforzo potente espanse in
divenire un petto angusto.

Cronistoria di Lessico familiare (D. Scarpa)
R. Ammaturo, nella prefazione alla ristampa: Quando l’adesione alla verità dei fatti (…) è tanto intensa e piena, tanto priva di
sotterfugi, (…) inventa spontaneamente il proprio stile.

Prefazione del 1930 a Fontamara (I. Silone)
Non c’è alcuna differenza tra questa arte del raccontare, tra questa arte di mettere una parola dopo l’altra, una riga dopo l’altra, una
figura dopo l’altra, di spiegare una cosa per volta, senza allusioni, senza sottintesi, chiamando pane il pane e vino il vino, e l’antica
arte di tessere, l’antica arte di mettere un filo dopo l’altro, un colore dopo l’altro, pulitamente, ordinatamente, insistentemente,
chiaramente. Prima si vede il gambo della rosa, poi il calice, poi la corolla; ma fin da principio ognuno capisce che si tratta di una
rosa. Per questo motivo i nostri prodotti appaiono cose ingenue, rozze.

Reform Papers (H. Thoreau)
Gli uomini di lettere, direttori di giornale e i critici pensano di saper scrivere perché hanno studiato grammatica e retorica ma si
sbagliano di grosso. L’arte della composizione è semplice come l’esplodere di una pallottola da un fucile e i suoi pezzi forti
implicano una forza ancor maggiore dentro di sé.

Viaggio in Italia (J. W. Goethe)
Nella piccola brigata di Filippo Neri ci si raccoglieva e parlava sempre in argomento di immediata attività: le esercitazioni dialettiche
e sofistiche erano costantemente proibite (…) Quando pareva che uno si compiacesse del suo proprio discorso, Filippo lo
interrompeva sul più bello per prendere la parola in sua voce, poi comandava di continuar la predica ai meno capaci, i quali spesso,
colti di sorpresa, avevano la fortuna di improvvisare più felicemente che mai altre volte.

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ATTRAZIONE DEI LIBRI GIUSTI

Il viaggio testuale (M. Corti)
Questo richiamo alle relazioni nuove, inedite, addirittura imprevedibili dell’immagine è un modo di rendere per sommi capi il
cammino dell’opera verso la costituzione di nessi (…) non sempre prevedibili dallo scrittore, generati più che da una Logica, da una
divina Prensilità del creare verbale (…) È curioso che anche in ambito scientifico oggi si insista molto sull’imprevedibilità del
viaggio di ricerca: “Non c’è dubbio – afferma Bateson in “Verso un’ecologia della mente” – che livelli più profondi della mente
guidino lo scienziato o l’artista verso esperienze e pensieri attinenti ai problemi che in qualche modo sono suoi, e sembra che questa
azione di guida si esplichi assai prima che lo scienziato acquisti una qualunque nozione conscia dei suoi fini. Ma come ciò accada,
non lo sappiamo”.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Il caso dei ricordi d’infanzia e di copertura: (…) nel caso della dimenticanza di nomi è l’oblio, qui è la conservazione del ricordo che
desta la curiosità. (…) Si tratta in entrambi i casi di un procedere errato del ricordare (…) La memoria non produce quel che
correttamente dovrebbe ma un sostituto, per via di uno spostamento lungo un’associazione superficiale (…)
Il suo inconscio era orientato verso il “trovare” (il denaro per l’oggetto desiderato) anche se il relativo pensiero – essendo la sua
attenzione rivolta anche altrove (“assorta nei suoi pensieri”) – poteva non essere chiaramente presente alla sua coscienza (…) Analisi
di casi simili permettono di sostenere che se la disposizione a trovare è inconscia, essa è molto più atta a condurre al successo che
non l’attenzione guidata dalla coscienza (…)
Ci sono gesti casuali e compiuti senza intenzione cosciente, solo apparentemente maldestri e in realtà abilissimi e sicuri, che
colpiscono il loro bersaglio con una sicurezza che in generale non si può ascrivere ai movimenti volontari e coscienti (…) Violenza e
sicurezza di mira di sbadataggini di questo genere (con cui ad esempio si rompe un oggetto senza danneggiare gli oggetti preziosi che
gli sono vicini) sono caratteri comuni alle manifestazioni notorie della nevrosi isterica e in parte al sonnambulismo (…)
La scelta di un numero “a caso” non è mai davvero casuale: (…) la mente nello sceglierlo compie molto velocemente operazioni
matematiche dall’esito preciso del tutto inconsciamente.

Come funziona la legge d’attrazione (M. J. Losier)
Legge d’Attrazione non è un termine inventato o un’arte magica new age. È una legge della natura cui il vostro essere reagisce in
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continuazione che ne siate consapevoli o no (…) che ci crediate o meno.

Astrella
Jung spiegava la validità del metodo dei tarocchi con la legge di attrazione (…)
Einstein riteneva la legge della sincronicità per niente sciocca.

La sincronicità come principio di nessi acausali in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Impiego (…) il concetto generale di sincronicità nell’accezione speciale di coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un
rapporto casuale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo (…) in opposizione a “sincronismo”, che rappresenta la
semplice contemporaneità di due eventi (…) Significa (…) la simultaneità di un certo stato psichico con uno o più eventi esterni (…)
Le mie esperienze relative al fenomeno della sincronicità si sono andate accumulando di anno in anno (…) Si tratta perlopiù di cose
delle quali non si parla a voce alta per non esporsi al rischio di un’irrisione sconsiderata. Non ho mai smesso di stupirmi nel vedere
quante persone hanno fatto esperienze di questo genere (…)La prova decisiva dell’esistenza di nessi acausali tra eventi è stata data
(…) in maniera scientificamente adeguata, dagli esperimenti di Rhine (…) Si è cercato in tutti i modi (…) di contestare questi
risultati (…) Tutti questi tentativi però sono naufragati nel confronto con i fatti (…) Un’esperienza ricorrente in questi esperimenti sta
nel fatto che (…) la partecipazione, l’aspettazione positiva, la speranza e la fede nella possibilità delle ESP (…) migliorano i risultati
e sembrano perciò le vere condizioni per la loro riuscita in generale (…) In conseguenza dell’effetto restrittivo esercitato sulla
coscienza dall’affetto, si manifesta un calo dell’orientamento cosciente corrispondente alla durata dell’affetto, calo che a sua volta
offre all’inconscio un’occasione favorevole per inserirsi nello spazio lasciato vuoto (…) L’affettività si basa in larga misura sugli
istinti, dei quali l’archetipo è l’aspetto formale (…) I casi di coincidenze significative (…) sembrano basarsi su un fondamento
archetipico (…) Sembra (…) che la spiegazione vada cercata da un lato in una critica del nostro concetto di spazio e tempo, dall’altro
nell’inconscio (…) Spazio e tempo sono grandezze costanti in un sistema definito solo se vengono misurati prescindendo da
condizioni psichiche. È quanto accade di regola negli esperimenti che hanno per oggetto le scienze naturali (…) Per quanto (…)
possa riuscire incomprensibile, si è costretti alla fine a supporre che esista nell’inconscio un che di simile a una conoscenza a priori
(…) Un’immagine già presente, esatta ma inconscia, del risultato (…) e una conoscenza inconscia (…) di una situazione di fatto che
non poteva essere nota (…) Dobbiamo (…) trovare il coraggio di dare una scossa alle prevenzioni della nostra concezione attuale del
mondo, se vogliamo tentare di allargare le basi della nostra conoscenza della natura (…) Quante volte s’è vista condannare la verità!
È triste ma purtroppo vero che l’uomo non impara niente dalla storia (…) Nel caso della sincronicità siamo di fronte non a una
concezione filosofica, ma a un concetto empirico che postula un principio necessario per la conoscenza. Non si tratta né di
materialismo né di metafisica (…) Lo spirito filosofico ha supposto da tempi antichissimi e fino al diciottesimo secolo una misteriosa
correspondentia degli eventi naturali, ossia un legame significativo tra di loro (…) Ciò ci costringe non certo a correggere i princìpi
fino a oggi in vigore per interpretare la natura, ma ad aumentarne il numero (…) Gli uomini si servono da epoche ormai remote del
numero per stabilire la coincidenza significativa, ossia una coincidenza che può essere interpretata (…) La proprietà più elementare
dell’oggetto è certo la sua unità e molteplicità. Il numero (…) è (…) l’elemento ordinatore più primitivo dello spirito umano (…) Il
numero (…) ha uno sfondo archetipico (…) Nei mandala (…) l’inconscio usa il numero come fattore ordinatore (…) La grande
maggioranza degli “esperti”, cioè psicologi e psichiatri, sembrano non avere la più pallida conoscenza di questi fatti.

L’uomo e i suoi simboli (C. G. Jung)
La luce in certe condizioni si comporta come onda, in altre come particelle (…) e anche l’apparato calcolatore esercita un’influenza
(…) Non sapremo mai cos’è la luce, (…) come non sapremo mai cos’è di preciso l’inconscio (…) Ci sono solo tendenze (…) in certe
condizioni psichiche (…) È probabile che materia e psiche siano lo stesso fenomeno osservato dal di fuori o dal di dentro (…)
In un evento sincronicistico (…) in effetti c’è una concordanza significativa di fatti psichici e di fatti esteriori (…) Eventi di questo
tipo sono stati anche i (…) moltissimi casi in cui notizie relative alla morte di un parente o alla perdita di una proprietà sono state
recepite per mezzo di percezione extrasensoriale, (…) quelli del tutto autentici secondo cui alcuni specchi si sono rotti, quadri sono
caduti e (…) orologi si sono fermati nell’attimo della morte del loro proprietari (…) o oggetti si sono rotti all’improvviso in una casa
dove qualcuno era assalito da una crisi emotiva, (…) ma anche quelli numerosi di invenzioni e scoperte scientifiche simultanee (…)
La legge della sincronicità potrebbe spiegare perché una specie di animali, sotto l’urgenza di una grande necessità, possa produrre
modificazioni significative, ma acausali, nella propria struttura materiale esteriore (…) Molti fisici moderni si preoccupano più di
appurare le connessioni naturali che non le leggi causali (…) I numeri sono una tangibile connessione fra la sfera della materia e
quella della psiche: (…) possiamo provare contando che nel tal luogo ci sono due pietre, tre nel tal altro, ecc. (...) ma i numeri sono
prodotti spontanei dell’inconscio (…) e non concetti inventati ai fini del calcolo (…) Basate su calcoli matematici sono
l’interpretazione a scopo pronostico dei segni del classico cinese I Ching, (…) l’astrologia, la numerologia, ecc. (…) che sono state
esaminate da Jung alla luce della teoria della sincronicità (…) e in cui il motivo di fondo (…) è il chiedersi, davanti a un evento, non
che cosa lo abbia causato, ma piuttosto che cosa “ama” verificarsi con esso (…) In virtù di questi collegamenti, persone con
particolare affinità finiscono per incontrarsi (…) Il legame tra corpo e mente è mostrato anche dalle malattie psicosomatiche (...) Gli
eventi “sincronici” accompagnano quasi invariabilmente le fasi cruciali del processo di individuazione (…) Si può attendere ai doveri
quotidiani e al contempo fare attenzione ai segnali (…) in armonia con i propri sogni significativi.
Da una pagina online
Nella meccanica quantistica (…) i quanti sembrano muoversi casualmente (…) e potrebbero spostarsi e raggrupparsi in base alla
legge d’attrazione o sincronicità.
Da http://www.slideshare.com/guida-per-gli-utenti-delle-biblioteche
Relazioni tra corpo e mente: (…) l'ipotesi junghiana e di alcuni scienziati che la legge della sincronicità sia alla base dell'evoluzione
delle specie in molti casi a partire da impulsi alla sopravvivenza ostacolati; l'ipotesi junghiana che la coscienza umana, attraverso
riflessività e scrittura, abbia dato in un certo qual modo maggiore grado di esistenza alle leggi della realtà esistenti solo
potenzialmente prima di essa ed che sia quindi un evento sorto in corrispondenza sincronicistica a queste ultime, se ho ben compreso
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quanto Jung afferma su questo argomento nell'autobiografia.
Il libro dell'Es (G. Groddeck)
Lei non riesce a comprendere, mi dice, che certi pensieri ed emozioni possono produrre mutamenti fisici in una persona o addirittura
farla ammalare e ancora meno comprende come una persona possa guarire scoprendovi determinate relazioni. Anch'io non
comprendo tutte queste cose, ma le vedo con i miei occhi, le vivo (...) Psichico e organico sono denominazioni che servono solo a
comprendere meglio certe peculiarità della vita, ma in sostanza si tratta della stessa cosa, perché entrambi sono soggetti alle stesse
leggi e fanno parte della stessa vita (...) Una casa di legno è diversa da una casa di pietra, ma lei non dubiterà che è una differenza di
scopi e non di abilità a indurre l'architetto a costruire l'una piuttosto che l'altra. Con le malattie organiche, funzionali e psichiche
avviene la stessa cosa (...) Per l'Es non esiste alcuna differenza tra organico e psichico (...)
Lei non immagina quanta parte abbiano gli istinti sessuali nelle abitudini quotidiane (nel modo spontaneamente diverso in maschi e
femmine di correre, raccogliere, cucire, sdraiarsi, pulirsi la bocca ecc.) (...) E ostacoli gravi si pongono contro potentissimi impulsi,
anche sessuali, come sono l'amore per se stessi, l'amore tra madre e figlio e il rapporto sessuale durante alcune fasi del mese e della
vita, (...) perché, a quanto pare, la natura o Dio ha bisogno di divieti (...) Il divieto può reprimere il desiderio, ma non può
distruggerlo, così lo costringe solo a cercare soddisfazione altrimenti. Ed esso la trova in ogni immaginabile forma di attività umana
(...) e anche, a volte, nella malattia (...) Di fronte alla natura e ai pensieri segreti dell'Es si può provare paura o un ammirato stupore
oppure si può sorridere. L'importante è combinare queste tre reazioni: chi riesce ad armonizzarle, quello sarà amato, poiché sarà una
creatura degna d'amore (...) Vi sono strade misteriose nella vita, che a volte sembrano circoli viziosi, ma in ultima analisi a noi
mortali non resta che una sola cosa, lo stupore.
Altre voci, altre stanze (T. Capote)
Davanti a lui lo stelo di una rosa gettava ombra come una meridiana: tracciò un’ora, un’altra, la linea d’ombra si dissolse, tutto il
giardino cominciò a confondersi, a muoversi. Fu come se egli avesse contato mentalmente e, giunto a un certo a un certo numero,
stabilito per intuizione, avesse pensato: ora. Perchè d’improvviso si alzò e levò gli occhi alla finestra del Landing. Aveva la mente
perfettamente chiara e vide (…) e vide un viso che tremò, come una splendida farfalla bianca (…) Seppe di dover andare via.

Psicologia dell’inconscio in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
L’inconscio può diventare pericoloso (…) Uno dei pericoli più diffusi e comuni è quello di causare incidenti. Incidenti di ogni genere
(…) hanno una causa psichica: si comincia con piccoli incidenti – si inciampa, ci si urta, ci si scotta le dita – e si finisce con gli
incidenti automobilistici e con le catastrofi in montagna (…) Analogamente possono sorgere o perdurare malattie fisiche (…) Un
dolore fisico può coinvolgere la psiche (…) Così è raro che una malattia fisica non sia complicata dall’intervento della psiche, anche
se la sua origine non è psichica (…) L’inconscio è (…) pericoloso soltanto perché noi siamo disgiunti e quindi in contrasto con esso
(…) Il distacco dall’inconscio significa quindi privazione di istinti, mancanza di radici (…) Se (…) si abolisce questa disgiunzione, si
può quindi attingere al lato favorevole dell’inconscio. Allora l’inconscio fornisce tutti gli appoggi e gli aiuti che una natura benevola
può dare in sovrabbondanza all’uomo. L’inconscio può essere quindi una guida senza uguali per l’uomo.

Liside in Dialoghi socratici (Platone)
Sempre una divinità conduce il simile verso il simile.

Il magico potere del riordino (M. Kondo)
Per un libro il tempismo è un fattore vitale: il momento giusto per leggerlo è quello in cui lo incrociate sul vostro cammino. Per non
perdere quell’istante prezioso, vi consiglio di non tenere a portata di mano più libri del necessario. (...) Molte persone non avrebbero
mai preso in mano questo libro. Voi, al contrario, ci siete stati indirizzati dal fato e ciò significa che desiderate ardentemente cambiare
la vostra situazione attuale, resettare la vostra esistenza, migliorare il vostro stile di vita, trovare la felicità, brillare. (…) Nel
momento stesso in cui avete preso in mano questo libro avete fatto il primo passo.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Le cose che sono importanti nella vita saltano fuori quando uno non ci pensa o non se l’aspetta o non ha dato loro una forma precisa
(…)
Nel suo diario incappai in una frase che mi terrorizzò perché l’avevo scritta io, grazie a chissà quale intuizione, nel mio taccuino. Mi
spaventa il fatto che, quando scrivo, io ho come una seconda vista; come se entrasse in gioco un tipo di intelligenza di cui sarebbe
troppo doloroso servirsi nella vita comune; non si riuscirebbe a vivere se si dovesse usarla sempre.

La storia infinita (M. Ende)
La casa che muta è molto vivace. E le piace molto partecipare a modo suo ai discorsi che sente fare (…)Vuole dirti qualcosa (…)
** fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo (…) Doveva avere quel libro, a ogni costo! (…)
Adesso gli era chiaro che proprio a causa di quel libro era venuto qui, era stato il libro a chiamarlo in quella sua misteriosa maniera
(…) perché in fondo era già suo (…)
Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare e coloro che non hanno mai
provato nulla di simile non le possono comprendere (…) Alcuni sacrificano ogni cosa per un’idea fissa che mai potrà diventare realtà
(…) Per ** la passione erano i libri. Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino
su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo; chi non ha mai letto sotto
le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile; (…) chi non ha mai versato lacrime perché una storia
meravigliosa era finita (…) non potrà comprendere.

C. Bukowski
Ero giovane, saltavo i pasti e le mie letture andavo a farle nella biblioteca, (…) ma niente di quello che leggevo aveva alcun rapporto
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con me, con le strade o con la gente che le percorreva. Poi, un giorno presi un volume e capii subito di essere arrivato in porto (…)
Mi parve che mi fosse capitato un miracolo grande e inatteso.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
La natura sembra, assai stranamente, averci provvisti di una luce interiore, attraverso la quale formulare un giudizio sull’integrità o
mancanza di integrità del romanziere. O forse accade piuttosto che la Natura, nei suoi momenti più irrazionali, abbia tracciato con
inchiostro invisibile sui muri della mente un messaggio premonitore che questi grandi artisti confermano (…) Ma è proprio quello
che ho sempre sentito, e saputo, e desiderato! E ci si sente traboccare dall’emozione, e allora, chiudendo il libro con una sorta di
reverenza, come se si trattasse di qualcosa di molto prezioso, un punto di riferimento al quale tornare per tutta la vita, lo si rimette
sullo scaffale.

Martin Eden (J. London)
Si rendeva conto che camminava e si comportava goffamente (…) Maledì il momento in cui aveva accettato di recarsi in quel luogo
(…) Poi vide i libri sulla tavola. Nei suoi occhi balenò rapidamente un malinconico desiderio, simile a quello di un affamato alla vista
del cibo. Istintivamente (…) si avvicinò a grandi passi verso la tavola e si diede ad osservare i libri, prendendoli in mano quasi con
affetto (…) Prese per caso un volume e cominciò a leggerlo attentamente, dimenticando il luogo in cui si trovava (…) Orbene, subito
l’indomani, sarebbe andato in biblioteca.

328 (E. Dickinson)
Un uccello discese sul sentiero (…) e volò verso il nido, più labile dei rami che dividono il mare, troppo argenteo, perché vi resti
impronta o come dalle rive meridiane si gettano farfalle, senza suono nel volo.

Ritratto di un artista da giovane (J. Joyce)
Un dubbio inquieto gli svolazzava qua e là davanti alla mente. Ricordi mascherati gli passavano rapidi dinanzi: riconosceva scene e
persone, pure si accorgeva di non essere riuscito a individuare in esse un qualche particolare vitale, (…) l’essenza (…)
Avanzavano strane figure come da una caverna (…) Attraverso l’immagine intravide una strana caverna di speculazione (…)
Era un silenzio incantato di pensiero (…)
Era quell’ora immota dell’alba, quando la follia si risveglia, strane piante si aprono alla luce e la falena prende il volo silenziosa. Un
incanto del cuore! Era stata una notte d’incanti (…) L’attimo era balenato come un punto di luce (…)
Una frase (…) gli attraversò il cervello, poi si misero a svolazzare qua e là pensieri informi (…) sulle corrispondenze tra gli uccelli e
le cose dell’intelletto (…)
“Luminosità cade dall’aria”, (…) ricordò il verso.
I gridi degli uccelli erano stridenti, limpidi e sottili e cadevano come fili di luce serica dipanati da rocchetti turbinosi (…)
Un’immagine (…) gli sarebbe venuta incontro (…) Si sarebbero trovati come se si fossero conosciuti (…) in qualche luogo segreto,
(…) circondati dall’oscurità e dal silenzio.

Stephen Hero (J. Joyce), introduzione di M. Praz (ed. Newton Compton)
Per epifania ** intendeva un’improvvisa manifestazione spirituale o in un discorso o in un gesto o in un giro di pensieri degni di
essere ricordati (…) Sono stati d’animo delicati ed evanescenti (…) L’occhio spirituale (…) cerca di mettere a fuoco la sua visione, e
nel momento che questo fuoco è raggiunto, ecco, l’anima, l’identità, dell’oggetto balza fuori a noi dai veli dell’apparenza (…)
Dapprima riconosciamo che l’oggetto è una cosa integrale, poi riconosciamo che è una struttura organizzata e compiuta, una “cosa”,
un fatto; finalmente, quando la relazione tra le parti è perfetta (…) riconosciamo che quella è la cosa che è e (…) l’anima dell’oggetto
(…) ci appare radiante.

Lettere sull’educazione estetica dell’uomo (F. Schiller)
Mentre alla celeste gravità rapiti ci abbandoniamo, la celeste autosufficienza ci fa indietreggiare sgomenti. In se stessa riposa e sta
tutta la figura, una creazione perfettamente chiusa, e come se fosse al di là dello spazio, senza cedimento e senza resistenza: là dove
non c’è forza che combatta con altre forze, non c’è nessun vuoto per dove la temporalità possa far breccia. Da un lato
irresistibilmente afferrati ed attratti, dall’altro mantenuti a distanza, noi ci troviamo contemporaneamente nello stato della suprema
quiete e del supremo movimento, e sorge quella mirabile commozione, per la quale l’intelletto non ha alcun concetto e la lingua alcun
nome.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Nessun oggetto, nessuno, nessuna forma, nessun principio è sicuro (…) Il presente non è che un’ipotesi non ancora superata (…) Il
passo (…) è condotto sempre più avanti. E se a un certo momento si crede di avere l’ispirazione giusta ci si accorge che una goccia di
fuoco inesprimibile è caduta sul mondo e il suo brillare cambia l’aspetto della terra (…) Tutto questo (…) si collegava con il
particolare concetto di “saggio” (il genere letterario) (…) Un saggio è il definitivo e immutabile aspetto che la vita interiore di una
persona assume in un pensiero decisivo. Nulla gli è più estraneo che l’irresponsabilità e la mediocrità delle idee, che si suole
chiamare soggettività, ma anche il vero e il falso, il ragionevole e l’irragionevole non sono concetti applicabili a tali pensieri tuttavia
sottoposti a leggi severe.

ANALIZZARE SE STESSI E TROVARE CONFORTO E SOSTEGNO ATTRAVERSO LE
RIVISTE DI ASTROLOGIA
MERCURIO: Al primo posto devono esserci la capacità di concentrarsi, analizzare e comunicare, pensiero flessibile, mobilità, abilità
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nel gestire il tempo rapidamente, desiderio di conoscere, di viaggiare e anche di fare attività fisica per il piacere di farla. Una cattiva
comunicazione con se stessi e con gli altri è alla base dell’essere fuori tempo, degli sbagli più pericolosi, del mostrarsi generosi
quando non è il caso, del non riuscire ad apprendere ciò che serve o del risultare antipatici senza apparenti motivi.
Osservare i desideri profondi urlati dalla voce delle emozioni, senza stancarsi di dare un significato a tutto ciò che si sta vivendo,
aumenta la capacità di accettare i cambiamenti, perché dà anche la chiara consapevolezza di trattenere e sfruttare la saggezza del
passato. Anche mantenere la distanza con gli altri è più facile con l’aumento della consapevolezza, perché diventa più facile attendere
per parlare nel modo e alle persone con cui la comunicazione possa avere più risultati e perché fermarsi e analizzarsi più del solito
porta a dubbi nuovi, a capire cose che sorprendono tanto da provocare in sé un involontario cambiamento dell’ atteggiamento,
avvertito poi dagli altri: le persone saranno così meno incoraggiate ad approfittarsi, e forse si ridimensioneranno o comunque
troveranno nuovi ostacoli, dato che, non solo si diventerà più lucidi e vigili, ma si organizzeranno meglio le attività e si sfrutteranno
bene alcuni dei propri svantaggi, attirando probabilmente anche imprevisti fortunati.

SATURNO: la parte più analitica e conservatrice della personalità è un freno alle emozioni o all’avanzamento o porta a esaltare un
materialismo o un razionalismo eccessivi, ma permette di potare i rami secchi o sterili e porta a rivedere il passato per capirlo:
attraverso il dolore della rinuncia e la libertà dell’essenziale, si compiono i passaggi particolarmente importanti dell’evoluzione
interiore e si arriva a isolare ciò che conta e a sciogliere i nodi.

PLUTONE: energie sottili operano in modo sotterraneo per trasformare profondamente la personalità e la vita. I poteri della
trasformazione sono guidati dalla forza propulsiva e creatrice dell’immaginazione, che deve affiancarsi alla razionalità per evitare di
essere vittima di un razionalismo povero, inefficace. Gli orizzonti vanno immaginati e non analizzati. Le preoccupazioni circa la
casa, la salute e il lavoro possono poi distogliere da ciò che conta ancora di più, cioè da un’evoluzione senza la quale non si può
sentirsi se stessi e sentirsi liberi e soddisfatti. Leggere, meditare, cogliere la bellezza e un edonismo controllato attivano
l’immaginazione, come l’esprimere ciò che si sente e non solo quello che si pensa oppure il farlo senza immaginare se verrà
apprezzato. Una cooperazione profonda tra concretezza e fantasia può mettere le ali al pensiero, rendere lungimiranti le costruzioni,
regalare successo alle azioni e un’aura di genialità, non certo solo quindi inquietudine e ansie verso non si sa bene cosa.

URANO: anche chi ha poca pazienza e gestisce male o poco volentieri i piccoli cambiamenti, può scoprirsi in grado di reggere bene
cambiamenti radicali e improvvisamente trovare il proprio percorso, magari originale e davvero imprevedibile

LILITH, LUNA NERA: gesti inconsueti, aiutano nel processo di individuazione delle fragilità per poterle superare. I principi
dell’indipendenza e dell’uguaglianza, dell’equilibrio e dell’autonomia delle parti nelle relazioni sono alla base del risveglio del potere
personale, magari deposto sotto strati di desideri frustrati, ed agli antipodi dell’essere iperattivi agli stimoli esterni, del disperare e
del rinnegare impulsi e istinti. Si deve guardare l’interlocutore dritto negli occhi, esigere pari rispetto e superare la crisi con azione e
rinnovato vigore.

LUNA, NETTUNO: sono necessari frequenti periodi di ripiegamento su se stessi prima di vivere periodi in cui l’energia è
particolarmente adatta a espressione o stimoli nuovi. Bisognerebbe avere sempre presente alcune considerazioni fondamentali legate
a una concezione sana dell’emotività come onere e dono: l’importanza di leggere le emozioni con distacco in modo simbolico e non
letterale, di contenerle o moderarle e insieme accettarle, di valorizzarle, canalizzarle per renderle strumenti e guide e non dannosi
tiranni; l’importanza di non farsi condizionare dal bisogno deleterio di fusione con l’altro o dalla stasi delle emozioni del passato (che
in certi periodi possono permanere anche quando sono state analizzate ed elaborate da tempo); la necessità, a volte, di equivoci e di
subire a lungo una certa confusione dalle conseguenze dure per aver poi una visione lucida di trappole tese e dei propri valori e
desideri profondi, un particolarmente profondo e sano radicamento e attaccamento alla vita e a se stessi; il sostegno che fornisce
ricordare che una profonda malinconia, se accettata in una visione d’insieme e amore per se stessi, spesso si trasforma in una
sensazione di energia profonda e calore (attraverso le maree delle emozioni è necessario muoversi in modo non lineare e lasciar fluire
la corrente sopra e sotto di sé, senza ostacolarla, come fa il granchio).

ASCENDENTE: a volte attività, pensieri e legami sono il risultato di un modo di vivere creato dall’abitudine di indossare una posa
difficile da riconoscere, anche per chi la assume, perché condizionata dallo sguardo altrui che la riflette e perché dettata anche da
tendenze innate, anche se non in sintonia con la parte di sé più profonda o con tutti gli aspetti originari del carattere. Questa
“maschera” può integrarsi con il tempo con il nucleo della personalità con più o meno facilità e in modo più o meno saldo e
complesso a seconda delle affinità tra le due modalità di essere, ma in ogni caso può divenire preziosa e fornire una serie di mezzi
con cui raggiungere l’obiettivo di felicità corrispondente alla propria essenza o natura fondamentale, portando a una naturale - e forse
predestinata - evoluzione e alla stratificazione e strutturazione delle componenti della personalità (o alla sua stabilizzazione).

ASPETTI DI SESTILE, TRIGONO, CONGIUNZIONE, QUADRATURA e OPPOSIZIONE: un incontro di energie affini, non
stimola e può bloccare in una posizione, mentre conflitti e nodi da sciogliere, se possono bloccare l’espressione, possono anche
impegnare in una continua lotta che può costringere a tirare fuori energie nascoste inaspettate. Il rapporto con una fonte di
caratteristiche sia comuni che del tutto opposte e complementari sollecita lo sforzo per integrare certe doti estranee nel proprio modo
di essere, rendendo più completi ed equilibrati. Elementi che con armonia si completano, senza prevalere l’uno sull’altro, formano un
punto di forza della personalità in grado di compensare eventuali squilibri dovuti ad “aspetti” dissonanti. La fusione di valori molto
simili può legare tali valori in modo tale da dare come risultante non la loro somma, ma una nuova energia, che può sia rafforzare che
destabilizzare e che a volte innesta nel vivo della personalità il suo potere.

NODI DEL DESTINO: la vita sembra chiamare a lasciare il noto per l’ignoto, trasformare ciò che si conosce e si sa fare bene in un
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bagaglio di esperienze utili da usare come un “pass” con cui accedere a un campo nuovo che rappresenta il punto di arrivo in un
percorso di autoperfezionamento.
A ogni uomo appartiene un profondo bisogno di riscatto o di migliorarsi più o meno consapevole, che strappa ai marosi e conduce
verso un porto dove trovare una dimensione vera e soddisfacente. C’è una chiave per conoscere il significato della propria esistenza.

SEGNO D’OMBRA: c’è una sfera della vita, che è come l’ombra di sé, in cui si è stati limitati o arrestati alla crescita, in cui si può
sentirsi ipersensibili, inadeguati e goffi, in cui i difetti emergono di più perché si intensificano le paure e ci si sente spinti non ad
affrontarle ma alla compensazione, tentando di mostrare magari una facciata coraggiosa e talvolta insensibile. Il lato in ombra di sè
irrompe con effetti negativi ed azioni incontrollate se ignorato, perciò esso va reso il più possibile accessibile alla coscienza: il lato
oscuro va trattato come un alleato per la crescita personale.
Il dialogo con il segno d’ombra può portare ad almeno quanto segue: ad ammettere esigenze ed ambizioni senza futili sensi di colpa
in modo che, amandosi di più, si sia più rilassati e aperti anche verso gli altri (rif. ad Acquario – Leone); ad accettare di concentrarsi
meno su di sé e a sentirsi al sicuro in un rapporto (rif. ad Ariete – Bilancia); a comprendere che troppo controllo serve solo a perdere
ciò che si ama e che per fecondare bisogna a volte distruggere lo status quo che fa ristagnare le emozioni più vere (rif. a Toro –
Scorpione); a imparare che il passato non va trattenuto perché serve solo a dare un tesoro spendibile nel futuro di insegnamenti e di
senso di protezione (rif. a Cancro – Capricorno); ad ammettere che il mondo è grande e che ci sono tante cose di cui occuparsi
anziché di sé (rif. a Leone – Acquario); a vedere ogni stabilità o situazione limitata come un punto di partenza (rif. ad Bilancia –
Ariete); a vincere il rifiuto per le idee elevate e le proprie riflessioni quando il loro rifiuto dipende solo dal bisogno di trovare
modalità espressive adatte a condividerle senza sentirsi ridicoli (rif. a Gemelli – Sagittario); a percepire nell’eccessiva volubilità e
sensibilità e nel senso del dovere eccessivo, la propria paura di non meritare amore per ciò che si è (fragilità comprese) e quindi a far
sì che ci si determini a vedersi abbastanza strutturati e autonomi da non temere di affidare le emozioni agli altri e da coltivare un sano
edonismo (rif. a Capricorno – Cancro); a guardare in faccia il fatto che, se pure non è un atteggiamento sbagliato cercare di
guadagnare più soldi e lottare per avere una casa e un posto di lavoro o un partner stabile, non va bene che la ricerca diventi
un’ossessione, un’ancora di salvezza dalla propria intensità, ovvero un mezzo per evadere da se stessi e dagli affetti (rif. a Scorpione
– Toro); a scoprire che lo spirito giocoso ammorbidisce la passionalità del carattere ricco di entusiasmo ma a volte privo di sfumature
e che prendersi in giro con ironia e saper sdrammatizzare sono qualità fondamentali per vivere bene, migliorare i rapporti, affrontare
le sfide con grinta maggiore (rif. a Sagittari – Gemelli); a ricordare che se ci si butta nell’azione, perché spaventa scoprirsi a non
sapere cosa fare, l’effetto è ritrovarsi a gestire le conseguenze di un’azione che si sarebbe dovuta soppesare meglio e ad agire in
modo arruffone e impreciso, mentre occorre fidarsi di se stessi, concedersi lo spazio per una riflessione e non aver paura di rimanere
fermi e passivi a comprendere i propri ritmi interiori e ad accordarsi come uno strumento musicale per poi riuscire a vivere con più
audacia, coraggio e passionalità (rif. a Ariete – Bilancia).
CASE QUINTA, SESTA E SETTIMA: Bisogna tener presente che per non diventare vecchi a forza di aspettare la fortuna di un
amore ideale e vivere l’unica vita che si ha, bisogna essere pronti a godersela alla faccia dei propri ideali di felicità. Molti tendono a
farsi un’idea astratta della felicità e di ciò che realmente li rende felici e, perseguendola, diventano freddi e non vedono la felicità
possibile nel momento presente. La realtà è più bella e appassionante di qualsiasi idea preconcetta e la felicità del resto è un
patrimonio interiore che a volte cresce in certe difficoltà. Quando l’amore diventa attaccamento e nevrosi, a causa dell’egocentrismo
e delle debolezze dei componenti, compassione e passione forniscono l’antidoto per un percorso interiore in cui la relazione possa
sviluppare radici sane. Spesso si afferma che prima di poter star bene con un partner bisogna aver raggiunto un proprio equilibrio
altrimenti si rischia di portare nella relazione solo le proprie debolezze e di appoggiarsi troppo all’altro, creando i presupposti di un
rapporto di dipendenza e non di scambio, ma se si aspetta di essere perfettamente a posto con se stessi prima di innamorarsi,
probabilmente si avrà la prima relazione a ottant’anni o forse mai. Ogni relazione è un incrocio di bisogni dove si cerca nell’altro ciò
che manca e del resto mostrare i punti deboli è sano e la sicurezza spesso si trova lavorandovi su insieme.

SOLSTIZIO D’INVERNO: Nella grotta nasce il bambino come un tesoro, un cristallo distillato in secoli dalla terra e che racchiude
potere ed energia, mentre all’esterno il buio trionfa: si tende a chiudersi in casa o nella propria interiorità che è piena di luci e ha al
centro il focolare dell’ispirazione, cosicché dall’inconscio emerge la propria verità e l’amore senza preoccupazioni per le apparenze.
Il simbolismo della stella natalizia è pressoché infinito perché si richiama alla stella a cinque punte, il simbolo della manifestazione
divina presente in ogni uomo: la stella danzante del filosofo Nietzsche, ma anche la stella a cui uno dei più noti ed eccentrici
esoteristi del Novecento faceva riferimento dicendo che ogni uomo e ogni donna è una stella e che in ogni creatura c’è un principio
interiore luminoso con cui ognuno si dovrebbe identificare.
È il riferimento al Sé della psicologia junghiana, alla possibilità dell’uomo di elevarsi che viene celebrata in questa notte: nel
simbolismo cristiano Cristo è appunto Dio che si è fatto uomo e questa nascita può essere identificata con la nascita interiore del Sé
in ciascuno, il potere personale che si manifesta nella psiche che ha imparato a gestire gli opposti.

BIANCO: “Come tutti i colori sono presenti nel bianco (la purezza e l’emotività) che riflette la luce intera, così c’è un silenzio tanto
pieno da contenere tutte le parole”. Dato che un fiume inarrestabile di parole porta a essere poco lucidi e a rischiare fraintendimenti
pericolosi, bisogna ascoltare i silenzi, contemplare fino a restarne affascinati ciò che brilla in sé e recuperare o imporre un linguaggio
autentico ed efficace: contenere/si è riempire e tenere insieme e privilegiare gesti ed emozioni, anziché parole, quando non ci si sente
capaci di esprimerle

AZZURRO, BLU, Azzurrite, lapislazzulo, chakra della gola: Il senso di colpa e le sue somatizzazioni fisiche spesso derivano dal non
andare a fondo di emozioni e riflessioni e dal non esprimerle: mettere in equilibrio la parte emotiva con quella razionale è possibile,
aiutando la comunicazione interiore e insegnando a esternare emozioni e sentimenti con armonia e serenità.
Se il dialogo con se stessi è sereno ed equilibrato, l’atteggiamento verso il mondo esterno è più aperto e suscettibile di un entusiasmo
non nevrotico, ma pacato e rassicurante. Comunicare stimola una visione ampia e profonda per attivare un collegamento diretto tra
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ciò che finalmente si riesce a vedere della propria vita e il modo di comunicarlo, promuove un senso profondo di amor proprio e
onestà, e diminuisce la collera repressa, la suscettibilità agli incubi, il timore di parlare in pubblico, le somatizzazioni spesso a livello
di mandibola, gola e cervicale. Bisogna solo tenere presente che la comunicazione può diventare anche troppo chiara, diretta e
destabilizzante per chi sta intorno.

ARANCIO, ROSSO, Corniola: la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità calma l’ira, placa l’ansia del futuro e combatte la paura
della morte perché, mettendo in contatto con le emozioni, dà gioia di vivere, dà senso alla vita e fa riscoprire il piacere di vivere nel
presente; essa stimola la capacità di portare a termine ciò che si è intrapreso, infonde coraggio.

VIOLA, Ametista: la meditazione, è considerabile la chiave per comprendersi con calma, diventare se stessi, stare centrati e sentirsi
forti e realizzati, esprimendosi.

LA LETTERA SHIN (KABALA): Il fuoco dell’emozione e del cambiamento (basi perché gli avvenimenti possano essere compresi e
perché si possa vivere appieno) è come il fuoco dello Spirito Santo cristiano o la pietra angolare biblica: nella struttura di sé un
insieme di informazioni vive indipendentemente dalla personale capacità di percepirle o verificarne la funzionalità.

LA LETTERA ALEPH (KABALA): “considerare la mente non un nemico da combattere, ma come “un drago nero che va
addomesticato e trasformato in uno splendido cigno bianco”. Se il processo di dispersione crea confusione e blocca la realizzazione
dei propri desideri, si può sempre portare a galla il potenziale creativo che giace nell’inconscio e veicolarlo nella direzione giusta
connettendosi a sé e alle correnti sotterranee del mondo come al “Prana”, quale elemento informativo che avvolge ciascuno.

I CIGNI SELVATICI: nelle favole di Andersen i fratelli, che solo alla fine si ritrasformano in cigni consentendo alla sorella di parlare,
rappresentano il potere inconscio che fa superare ogni blocco della comunicazione e porta all’espressione autentica e alla
realizzazione.

IL PIFFERAIO MAGICO: le infestazioni della città del Pifferaio Magico sono i legàmi di cui non si riesce a liberarsi, la rabbia
repressa o i piani di vendetta che non si riesce a realizzare e le tare o le pulsioni inconscie… Anche quando li si annega nelle acque
dell’inconscio permane sempre qualcosa dello spirito vendicativo.
I bambini non sono altro che le idee, la creatività e la capacità di generare che vengono rabbiosamente rinchiusi nell’inconscio
cosicché muoiono: il bambino zoppo che nella fiaba sopravvive, è un essere irrealizzato, incompleto, squilibrato: le sole scintille di
creatività che sopravvivono in questo atteggiamento sono idee che non stanno in piedi, ma le idee si può farle morire o si può farle
uscire fuori, abbandonando i luoghi dove non ci sente desiderati.

LA BELLA ADDORMENTATA: la storia della Bella Addormentata è quella del rifiuto del mondo con le sue imperfezioni e le sue
cattiverie, in favore di uno stato di pura grazia: i genitori dimenticano di invitare al battesimo la strega, che rappresenta la bruttura del
mondo e che si vendicherà. La protagonista è risvegliata a una nuova consapevolezza dopo che la morte è divenuta sonno e che il
principe ha sconfitto il drago: la soluzione attiva di lotta contro il dolore si affianca a quella del ritiro in se stessi che sfocia
nell’accettazione luminosa che il mondo va trasceso.

IL MAGO DI OZ: gli amici di Dorothy hanno da sempre ciò che desiderano, ma avranno bisogno di una certificazione del Mago di
Oz per rendersene conto e anche la bambina scopre solo alla fine che sarebbe potuta tornare a casa fin dal primo giorno grazie alle
scarpette magiche: il messaggio, chiaro e semplice, è che non ci si rende conto delle proprie qualità e possibilità se non si vivono
percorsi complicati ma necessari per la crescita interiore.

PINOCCHIO: questo racconto di Collodi rappresenta la voglia di scoprire il mondo, la coscienza che guida verso più alte aspirazioni
tra difficoltà, angosce e aiuti provvidenziali. Il viaggio è quello che in realtà conduce al ritorno, a scoprire la cosa lasciata, il cuore
degli affetti e quindi serve a far scoprire che la meta è il punto di partenza e ad arricchire lungo il percorso.

ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE: Alice è alla ricerca di un equilibrio, la giusta altezza che il fungo che mangia per
cambiare dimensioni non riesce a regalarle e la domanda fondamentale è quella del Blucaliffo: “Chi sei?” Il Cappellaio Matto e la
Regina di Cuori non hanno mai trovato il proprio equilibrio e anche Alice rischia di perdere la propria testa, ma il dialogo distaccato
con lo Stregatto dà la soluzione: egli infatti solo se disconosciuto- quando non si resta consapevoli della sua esistenza, delle sue
esigenze e dei suoi messaggi o del fatto che risiede in un piano ben separato dalla realtà - interviene facendo fare gaffe ed errori.

BIANCANEVE: la Regina cattiva che è invidiosa della bellezza di Biancaneve che si trasforma in una vecchia megera per offrirle la
mela incantata è forse quello che ogni donna può diventare se non viene amata: si dovrà quindi cercare il Principe e consentire il
risveglio da quel sonno emotivo in cui di tanto in tanto si può cadere e che fa trascurare quello che è più importante (l’amore e i
sentimenti) in favore di una logica implacabile che dà un posto a tutto.

CENERENTOLA: in Cenerentola la parte femminile della personalità è espressa in modo armonico e non si trasforma nella matrigna
cattiva, ma è in parte sacrificata a favore di un piglio austero o dell’accettazione degli umili compiti e preferenze semplici, vicine alla
natura. Tutto ciò però germoglia (sulla tomba della madre) in forma di qualità che le rendono la sua vita meno gravosa di quanto
sarebbe per altri e che la portano a una compensatoria ambizione: al ballo vuole andarci a tutti i costi e non le importa quali prove
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affrontare e al momento del bisogno trova in sé risorse insospettate sotto forma di colombe, tortore e della fata.
L’atteggiamento di Cenerentola, come quello di Biancaneve, è di vivere ciò che non piace senza resistenza, senza mollare e senza
ordire diaboliche rivincite, ma preparandosi a ricevere come prescrive la legge d’attrazione.

URANO, SATURNO, NETTUNO, PLUTONE, MERCURIO, LILITH, ERIS, OTTAVA CASA, DODICESIMA CASA, LUNA
BLU, LUNA NERA, DEMETRA, RUOTA DELL’ANNO, FASI LUNARI, RETROGRADAZIONI DI PIANETI, PORTA DELLE
OMBRE, RUOTA DELL’ANNO, MANDALA, RUOTA DELLA MEDICINA, CARTA NATALE, CHAKRA, CRISTALLI,
CABALA, TAROCCHI, SOGNI, FIABE, SIMBOLI TRADIZIONALI DI RINASCITA PRIMAVERILE E INVERNALE,
SIMBOLI DI EVOLUZIONE O TRASFORMAZIONE DI EPOCA MEDIEVALE O PRECLASSICA (altri concetti di riferimento:
legge di attrazione, saggezza buddista, pratiche di meditazione orientale, Misteri eleusini, mitologia antica greca e latina,
interpretazione classica di tarocchi e sogni): scegliere il futuro esprime la fiducia nel sentirsi sostenuti dalla vita giorno dopo giorno.
A volte si vive la mancanza di tempo come giustificazione per non affrontare la complessità o per sfuggire alle responsabilità e allora
si può rischiare di diventare schiavi del tempo: cogliere il valore del tempo è cambiare direzione, riprendersi il tempo necessario a
ritrovare quello perduto, fermarsi, scendere nei paesaggi interiori del proprio essere, riscoprire il tempo interiore, riannodare i fili che
legano ciò che è dentro e ciò che è fuori secondo legami chiari di causa-effetto.
Quando l’immaginazione e la connessione interiore sono attivi, l’intuito è esatto ed è giusto fidarsene e non mancherà la forza per il
mutamento, ma potrà mancare un contatto saldo con la realtà e si dovrà, per muoversi, trovare un solido punto fermo nel proprio
carattere da cui poter far partire i cambiamenti. La meditazione è uno dei modi migliori per far emergere dal profondo le risposte alle
proprie domande. Avere un obiettivo preciso è il primo passo per ottenere ciò che si desidera nella vita. Ognuno racchiude in sé
un’inesauribile forza e con la determinazione può attivare questo potenziale: questa forza attiva si può far coincidere con il “maestro
interiore” (voce interiore, intuito, istinto, ragione) che guida e fa comprendere chi si è e qual’ è la direzione di crescita personale e fa
trovare soluzioni e nuovi punti di vista per realizzare i propri desideri.
Se le energie mentali sono disperse su troppi fronti sarà difficile poter sperimentare il senso di pienezza che si prova raggiungendo
ciò che ci si era prefissato, ma quando si comincia a capire quali sono i propri desideri più importanti, cui subordinare e indirizzare il
resto, si intravede come raggiungerli e allora il mondo esterno risuona con l’universo interno. Avere un obiettivo chiaro e concreto
facilita l’individuazione di priorità, consentendo di gestire meglio il tempo a disposizione e facendo sentire pieni di energia, mentre
avere la consapevolezza che ogni giorno si sta facendo qualcosa per avvicinarsi alla realizzazione del proprio obiettivo farà sentire
motivati e soddisfatti, perché impegni, doveri e anche riposo e distrazione assumeranno un nuovo significato e perché appariranno
nella mente lampi, ricordi dimenticati che dimostreranno che l’energia attivata dal pensiero e dalle emozioni ha aperto la strada a
nuove realtà.
Quando c’è un desiderio sincero e profondo e attraverso l’intenzione si dà origine a una serie di eventi anche fortuiti finalizzati al
raggiungimento dell’obiettivo e si ottengono risultati sperati, si rafforza la propria consapevolezza e la comprensione della legge
universale di causa-effetto, e ci si sente collegati al flusso dell’esistenza. Il primo passo da compiere è organizzare i propri pensieri in
vista di uno scopo preciso, tenendo conto che maggiore sarà il livello di dettaglio, più grande sarà l’impronta energetica che si saprà
costruire in sé e che si inizierà a emettere come un’onda che si propaga nel mondo esterno: 1. fare una lista scritta di desideri (da 5 a
10) ordinati per importanza 2. sul primo desiderio va concentrata l’attenzione con la profonda convinzione che sia possibile
realizzarlo e che si è in grado di farlo 3. il pensiero deve seguire il desiderio e l’emozione di gioia che ad esso si associa 4. Come il
pensiero, anche le azioni dovranno essere indirizzate coerentemente al suo raggiungimento.
Il percorso nel quale pensiero ed energia si fondono può essere agevolato oppure rallentato, ostacolato, deviato. L’educazione
ricevuta può scollegare dall’intenzione e l’abitudine consolida nella mente schemi di cui è necessario liberarsi per riappropriarsi di
una visione personale delle cose. Riconoscere la verità che muove le proprie azioni è la chiave per far scorrere l’energia. La creatività
è la condizione essenziale di tutti, è in tutti e quando è latente e soffocata dai blocchi psicologici o da routine o pigrizia mentale, può
essere facilmente riportata alla luce, se si ha il coraggio di riconoscerla e l’entusiasmo per esprimerla.
Diventare adulti può significare a volte accettare di non poter condonare o perdonare, ma anche smettere di limitarsi ad attendere o
presumere servizi o compensi o mappe (anche se essenziali) o di incontrare chissà chi e chissà cosa prima di iniziare a vivere,
godendosi il godibile senza farsi condizionare dai gusti o dalle pretese altrui e affrontando con tutte le energie i problemi: mirando
alto e adeguandosi ai propri limiti del momento per superarli poi, si deve osservare tutto considerandone l’estraneità profonda
rispetto a sé e chiedere e attivarsi per ottenere dagli altri e dalla vita ciò che si vuole a piccoli passi imperfetti, accettando anche di
trovare sostegno “nel come, anziché nel cosa”. Un adulto non è chi si arrangia (nessuno si arrangia) ma chi ha un atteggiamento
attivo, conta su di sé anche quando non è al livello dei più e si impegna a partire dai gradini più bassi senza fare e premunirsi più del
necessario, sicuro di essere nel giusto nel scegliere il sentiero più semplice per sè pur di restare sulla strada giusta per portare a
termine tutto ciò che ha intrapreso (dalla realizzazione di un progetto in parte ostacolato all’osservazione-analisi di un’intuizione):
chi ha davvero autostima può scegliere regolarmente tra le strade moralmente sane la più facile, come una persona davvero in
armonia con se stessa e indipendente sceglie la taglia più comoda di un abito nuovo con la massima tranquillità.
Per vivere pienamente l’importante è liberarsi presto dell’eredità emotiva del passato, rimuovere le convinzioni ristrette su chi si è e i
blocchi che si frappongono tra sé e la parte più autentica e vitale e che hanno lì le loro radici. Molta energia è sprecata per trattenere
ricordi o situazioni lasciate in sospeso: sciogliere le questioni insolute e riconciliarsi con ciò che è stato è uno dei modi più efficaci
per recuperare una grande quota di questa energia, da utilizzare per i propri obiettivi: alcuni gesti non si possono perdonare, perché le
conseguenze potrebbero essere state troppo dolorose e perdurare, ma, meditando regolarmente, si può arrivare a pensare ciò che è
avvenuto in uno stato di calma, aprirsi al nuovo, sperimentando leggerezza e benessere (per distaccarsi dalla paura, ad esempio del
“padre-padrone”, provare a scrivere ciò che ha creato paure durante la giornata, rileggerlo prima della meditazione del giorno
successivo accogliendo le paure senza giudicarle e perdonandosi per il provarle e subirle). Se un genitore o un marito non si rende
conto di cosa sia l’amore e tende a bloccare dal punto di vista sentimentale e pratico, l’atteggiamento migliore poi è ignorarlo senza
rispondere alle provocazioni ed evitando di vivere in funzione di ciò che fa o dice ,perché per far giungere un futuro diverso occorre
nutrire la chiara intenzione di abbandonare il presente e il passato, senza dimenticare ma anche senza farsi trascinare e contaminare.
Ogni incontro inoltre porta con sé un messaggio, perché può essere uno specchio del mondo interno proiettato al di fuori di sé: può
essere utile decifrare questo messaggio, comprendendo quale sia lo stimolo di cui si ha bisogno in un certo momento per risolvere un
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problema, per dare impulso al lavoro, attuare quei cambiamenti da tempo in programma. In questa prospettiva, i nemici a volte sono
in parte complici. In ogni caso trovare una soluzione ai conflitti è possibile in generale quando si rifiuta la fretta, non si danno limiti
di tempo arbitrari, si riflette sul punto di vista dell’altro senza abbandonare il proprio a caso, ma anche senza arroccarsi sulle proprie
posizioni come in guerra: così nasce la possibilità di creare e le tensioni diventano stimoli e non solo sventure e a questo punto si può
parlare di ascolto.
Resta vero comunque che è indispensabile liberarsi legami che si sono trasformati in buona parte da risorse in ostacoli o impedimenti
per valorizzare ciò che apporta benessere e avvicina alla personale realizzazione, per quanto di poco si disponga. Le relazioni più
significative con gli altri possono creare limiti nell’espressione di alcune parti di sé: le persone possono aumentare le energie,
fornendo sostegno e positività, o possono sottrarle, in un processo di svalutazione e sabotaggio. Spesso alcune persone compaiono in
momenti particolari della vita, offrendo la possibilità di un cambiamento (e può trattarsi anche di un cambiamento necessario, ma che
non li deve né assecondare, né coinvolgere per apportare beneficio): l’intuito, se è il riflesso di un’armoniosa connessione interiore,
mette nelle giuste condizioni per riconoscere la persona che è entrata, anche solo un frammento di tempo, nella propria vita e le
emozioni che essa suscita (per esempio fiducia nell’altro e in sé, amore o appunto paura e disagio, sospetto o dipendenza) sono un
sistema interiore da utilizzare per interpretare il significato dell’incontro, purché non si basi il giudizio solo su di esse. Un altro modo
di interpretare bene un incontro è osservare gli esiti delle azioni eseguite su consiglio della persona conosciuta o in relazione a lei:
incidenti o esiti particolarmente negativi spesso indicano che frequentare quella persona avrà conseguenze deleterie e non indicano
solo che non sa comprendere il carattere e le esigenze di chi essa pretende di guidare o coinvolgere nelle sue personali iniziative o
che questa manca di saggezza o equilibrio, ma spesso anche che inconsciamente si sente di dover allontanarsene e così a livello non
cosciente si provoca da sé lo sbaglio o la sfortuna, un po’ come quando si cerca di attuare un proprio progetto senza sentirsela o
sentirlo davvero.
A volte è proprio indispensabile allontanarsi in fretta, proprio come è fondamentale frenare il proprio modo di essere più esteriore
quando tradisce profondamente l’io interiore. Una delle cose peggiori da fare è bloccare o cristallizzare la comunicazione per paura
di destabilizzare la relazione o una situazione, perché tacere è mortificarsi e pone il seme di astio e recriminazione e indebolisce e poi
perché meccanismi troppo razionali e controllanti contrastano il concetto di spontaneità che è alla base del benessere e di una
relazione appagante: una relazione di qualsiasi genere (anche di coppia) solida non è una relazione ferma, ma un rapporto in grado di
assorbire i cambiamenti, le perturbazioni, le novità, cambiando di poco o molto, ma senza stravolgere la propria natura e rimanendo
soddisfacente mantenendo intatto l’essenziale (la stima, l’apprezzamento reciproco al di là della consapevolezza dei difetti dell’altro,
la disponibilità all’ascolto, la fiducia nella capacità dell’altro di venire incontro a desideri e bisogni diversi dai suoi).
A volte un comportamento o un rapporto risultano deleteri anche solo perché non hanno una precisa e valida giustificazione, perciò
quando non si vede un buon e chiaro motivo per stare in un ambiente che crea anche disagi bisogna allontanarsi e, se nel frattempo si
è subito un danno grave, si deve ricordare che ci sono molti modi a distanza di sicurezza e col tempo per informarsi quanto basta per
inquadrare l’accaduto, distaccarsene emotivamente, trarne insegnamento e magari anche combattere chi è responsabile del male
ricevuto e delle sue conseguenze, mentre restando si può rischiare un danno profondo e duraturo e indebolirsi al punto da non poter
più reagire in alcun modo: occorre seguire non solo i ragionamenti altrui, ma anche, dall’esterno, gli sviluppi delle loro vicende per
giudicare secondo un metro non personale e così fermare il flusso delle cose anziché seguirlo; inoltre con gli altri è importante non
rendere tutto problematico, non tentare di capire ciò che non si riesce a capire, guardare solo ai fatti, alle azioni nel complesso
mantenendo sempre una certa distanza, senza voler scandagliare l’animo e le recondite motivazioni di chi dice una cosa e poi ne fa
un’altra e si comporta ambiguamente in modo contraddittorio, perché ciò non solo è tempo perso, ma spesso significa cadere e
rimanere impigliati in una trappola tesa dagli altri, consapevolmente o meno.
Commenti e critiche possono stimolare a rendere più efficaci il punto di vista e le azioni, ma se alla base di queste pressioni c’è una
volontà di comando e di prepotenza che non rispetta le esigenze e la natura personali, queste possono trasformarsi in una gabbia
mentale: per adeguarsi alle aspettative degli altri si sprecano inutilmente molte energie…
Limitazioni potrebbero derivare anche dai modelli proposti dai media, dalle scuole o dalle religioni e allora bisogna essere fermi nel
riconoscere che la propria direzione può discostarsi di molto dai percorsi intrapresi dalle altre persone e imparare da soli (attraverso
letture adeguate e non dogmatiche) a gestire le emozioni senza frequentare chi cerca di imporre agli altri la sua ricetta contro i mali
del mondo o si presenta come santo o esperto in intimità magari perché professa una fede o ha conseguito una laurea in Psicologia e
facoltà affini.
Anche quando si tratta di semplici gusti come musica e letture, è necessario darsi il tempo di conoscersi bene, facendo per esempio
periodicamente il vuoto di attività e interessi, come condizione perché i più adatti a sé emergano in modo naturale.
Ritrovare se stessi e vivere su un piano di assoluta autenticità è il modo più diretto per sentirsi ed essere liberi. Libertà significa
essere se stessi pienamente in ogni luogo, in ogni momento, è arricchire l’universo con il proprio punto di vista: passare dalla teoria
alla pratica significa assumersi la responsabilità di essere liberi in quanto veri, a costo di scontentare qualcuno, di rinunciare a
qualcosa e di commettere errori, di fare meno ma fare subito e così aggiornare lo stile di vita alla realtà interiore e conoscere i propri
limiti, in modo da non andare in panico o sentirsi inetti e indifesi a ogni compito difficile o che non si sa se sia alla propria portata.
Deambulando si sospende un equilibrio acquisito e, attraverso una fase di squilibrio controllato, si acquista un nuovo equilibrio, ma
stando un passo avanti a prima. Così si può muoversi nella vita, affinando via via l’abilità e aggiungendo grazia ed eleganza
all’efficacia.
L’acqua scorre e prende la forma di ciò che la contiene, pur rinnovandosi continuamente, nasce, scorre, si fa strada senza fatica tra
macigni aggirandoli, scava il letto che agevolerà il suo fluire e mentre cammina, agisce, non sta mai ferma, muta continuamente
eppure rimane sempre se stessa, anche sotto forma di ghiaccio o vapore, e vive libera dalle tossine psicologiche nel mare, che,
quando è mosso, porta a riva messaggi lanciati da chissà quale sponda: occorre far muovere le cose fuori di sé, rimuovendo tutto ciò
che è cristallizzato e che si è fermato dentro e facendo tanti piccoli progetti, tenendo conto che il segreto per una vita ricca consiste
nel sostituire al possesso lo scambio e gioire del flusso infinito della realtà e che un atteggiamento mentale fluido e consapevole è
davvero la chiave per vivere serenamente, affrontando con entusiasmo le sfide che la vita propone ogni giorno.
Una visione rigida delle cose blocca su posizioni che tolgono ogni possibilità di ripensamento e di cambiamento, perciò essere
flessibili e attenti ai mutamenti rappresenta una strategia efficace, oltre che per raggiungere i propri obiettivi, per vivere in modo più
rilassato e nello stesso tempo in contatto profondo, leggero e libero con le cose, percependone il valore in relazione alle esigenze
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personali.
Cambiare punto di vista fa sperimentare nuovi aspetti della realtà e scoprire aree inesplorate del proprio carattere.
Allenare se stessi ad attraversare le esperienze in modo fluido fa sentire nutriti da esse e arricchiti, perché la ricchezza è una forma
mentale, un modo di pensare e di comportarsi riguardo il modo in cui si tratta se stessi e gli altri e l’abbondanza che si è disposti a
vedere nel mondo.
Spesso la società con le sue costruzioni culturali crea degli ideali che a volte si trasformano in miti, i quali allontanano da questa
dimensione ciclica e trasformativa secondo dinamiche frequentemente legate al concetto di possesso e che si portano dietro paure
legate alla perdita:si innescano lotte vane per mantenere tutto sempre uguale a se stesso, con grandissimo consumo di energie, ma i
cambiamenti avvengono nonostante tutti gli sforzi per contrastarli.
Cambiare è la chiave per scoprire nuove parti di sé, nuovi modi di essere, per vivere… È abbandonare i vecchi schemi e le inutili
paure e aprirsi alla sperimentazione: sarebbe possibile, al di fuori del mutamento, dare valore e significato alle cose? Cambiare è
quella risorsa irrinunciabile che porta con sé l’esperienza che si trasforma nella saggezza che dà profondità alle percezioni, offrendo
una ricchissima variabilità e facendo sentire parte dell’esistenza.
Imparare l’arte di lasciar accadere le cose è essenziale: fare andare le cose esattamente come si vuole è impossibile, dato che
l’imprevisto scombina sempre i piani. Occorre seguire delle linee guida e poi essere elastici, inserendo l’imponderabile nei propri
piani, evitando una eccessiva reattività ovvero di reagire con battutine, dispetti e testardaggini a tutto. Creare continuamente
categorie, ordinare e progettare comporta poi che anche quando tutto funziona si avrà la sensazione di non potersi mai rilassare,
perché si percepirà di vivere in un mondo stretto. Si può però mantenere il controllo in una condizione di maggiore apertura e
rilassamento lasciando vivere le emozioni senza farle trasparire e inoltre passando dalla modalità logica di usare la mente a quella
metaforica, perché esiste la verità del collegamento oltre a quella più superficiale della separazione: si può fissarsi sulle differenze
oppure aprirsi a ciò che unisce per quanto sia meno evidente. Un primo passo è quello di sforzarsi di superare l’identificazione con i
propri pensieri per poter imparare a osservare tutto da diversi punti di vista e arrivare a conoscersi al di là degli impulsi automatici o
condizionati: è come passare da guardare dal buco della serratura a guardare il mondo da una cima di una montagna attivando una
vista laterale e panoramica. Anziché sforzarsi di controllare la realtà dall’esterno se ne diviene partecipi, fluendo con la corrente e gli
eventi, anziché cercare di deviarli o tenerli fermi, cosicché si può finalmente rilassarsi, godersi il paesaggio, annusare profumi portati
dalla brezza. Un altro passo è superare l’idea che le facoltà razionali siano l’unico modo per interpretare la realtà e, senza rinunciare
alla razionalità, ampliare le possibilità della mente allenandola a osservare ciò che rende simili due manifestazioni e integrando
nell’osservazione, oltre al livello affettivo ed esteriore, il piano simbolico: ogni persona, evento, situazione è un segnale sulla strada
al di là del male e del bene, a volte attirato da un zona profonda di sé e è potenzialmente rilevabile dalla mente allenata man mano
che aumenta l’esperienza e familiarità con la voce dell’intuito e delle emozioni. Si può non essere sostenuti dalla famiglia e da chi si
ha intorno e indeboliti da limiti creati oltre che dall’ambiente dalla propria natura innata, ma si è pur sempre sostenuti dalla realtà,
che spesso, per le sue leggi impersonali intrinseche, dona davvero le informazioni e occasioni desiderate, almeno se si persevera e si
prova davvero a ottenere, anche se soli, ciò che si desidera e di cui si necessita di più, di volta in volta, appena e come si può. Basta
esporsi del tutto e senza adagiarsi in nessuna situazione per imparare a conoscere i vari limiti posti dalle leggi della realtà e dal
destino.
La zona di comfort è un termine usato in psicologia per designare quel senso di benessere che si prova quando ci si muove in un
ambito di cui si conosce tutto per cui ci si comporta in modo sicuro, tutto appare routine e si è molto consapevoli delle proprie
capacità e dei propri punti di forza, punti di riferimento e abitudini consolidate che mettono a proprio agio, complice a volte un senso
di inadeguatezza e un’identità penalizzata che possono impedire di vedere il cambiamento, novità e sorprese come opportunità.
Occorre lasciare tale zona di comfort per entrare nella zona sana e naturale dell’apprendimento, accantonando scetticismo e
diffidenza a favore del coraggio e della propria forza di volontà. L’istinto, il cui scopo è la conservazione della vita di una specie e
non la realizzazione individuale, ha in sé dei meccanismi coattivi e ripetitivi che spingono a un eccesso di protezione rispetto ai
propri spazi vitali, ad assumere schemi rigidi che garantiscono stabilità più che felicità, sicurezza anziché comunicazione e che allo
scambio e all’intuito fanno preferire l’impulso, alla percezione la sensazione, all’elasticità la rigidità, alla creatività l’istinto
protettivo: esso porta a chiudere i canali della vita anziché a mantenere un corretto equilibrio tra differenti piani di percezione, mentre
la conoscenza vera implica l’essere disposti ad avere poche certezze e a mettersi in discussione e imparare attraverso continui scambi
con il mondo.
Non si deve pretendere di basarsi su un sistema di cassettini per ogni cosa dove chiudere tutto, perché non spaventi, perché il vero
ordine è nella natura, dove ogni cosa ha un senso e si combina con ordine ma senza freddezza. Nemmeno si può dare un significato a
tutto ciò che accade (anche perché i veri segnali sarebbero così soffocati) o pensare di farsi valere davvero attraverso una competenza
priva di autoindulgenza.
Anche vedere il mondo in modo schematico, tutto bianco o nero, risponde in modo similmente sbagliato al bisogno di sicurezza e di
costruire solide categorie mentali di riferimento: sviluppare la coscienza dello spazio interiore aiuta a mantenere un equilibrio
dinamico, a trovare un rapporto migliore con energie e pulsioni particolarmente intense. Chi tende a estremizzare, a perseguire
obiettivi con determinazione estrema, a cercare l’intensità e magari la teatralità ha particolarmente bisogno di comprendere la
relazione tra gli opposti (spazio-tempo, potenzialità-potere, conscio-inconscio, espansione-contrazione, vuoto-pieno) e di allenarsi a
percepire le sfumature e apprezzarne il valore.
Se i modi indecisi non sembrano dare sicurezza, bisogna considerare poi che un modo di fare molto sicuro o spavaldo spesso rivela
menefreghismo, sentimenti poco profondi e inaffidabilità.
Molti provano imbarazzo a mostrarsi emotivamente coinvolti di fronte al dolore altrui e ciò non dipende dal distacco degli altri ma
dalla difficoltà a esprimere le proprie emozioni: da bambini la libera manifestazione delle emozioni non è stata ancora raffreddata,
perciò occorre avvicinarsi a quella dimensione dell’infanzia e la sensibilità aiuta a farlo.
Una persona emotiva, se è fortemente motivata, può diventare forte e creare una corazza impenetrabile a critiche e dubbi e d’altra
parte il mondo è così pieno di gente che è o vuole apparire super sicura di sé, che una persona che non ha paura di mostrarsi
ipersensibile può suscitare anche interessi e istinti di protezione.
Poi si deve considerare che, come per i difetti fisici non correggibili che anziché cercare di nascondere è meglio a volte rendere più
visibili, ironizzandoci su e facendone punti di richiamo, così è meglio investire le proprie energie non nell’insistere nel cercare di
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cambiare caratteristiche fastidiose del carattere con cui si è nati o che ormai fanno troppo parte di sè, ma cercare di limitarne le
conseguenze con azioni mirate e farsi perdonare con autoironia e con le proprie qualità e con programmi non lontani generosi per il
momento in cui si sarà superata una certa fase problematica, quando lo stress le accentua.
Anche quando tutti gli sforzi per far emergere la parte migliore di sé vengono fraintesi e nessuna delle proprie relazioni dà la gioia
che vi si ricerca, non si deve considerare la fragilità una condanna, ma un’indicazione di ciò su cui porre l’attenzione in particolare
per chiedersi per esempio “Se non ci si ama perché dovrebbero farlo gli altri? Se ci si ritiene insicuri e non si riesce a gestire le
debolezze perché gli altri dovrebbero sceglierci come amici e punti di riferimento?”
Tutti sono deboli, nessuno escluso, ma alcuni sanno accettare le proprie fragilità trasformandole in peculiarità degne di nota e,
partendo dai difetti costruiscono su di essi la loro unicità, altri si lasciano travolgere dalle proprie fragilità, ingigantiscono le paure e
sono incapaci di gestire positivamente le proprie emozioni: intraprendendo un “lavoro” sulle proprie emozioni, non si avrà più col
tempo bisogno di cercare rassicurazioni nell’occhio dell’altro, ci si sentirà forti e sicuri nelle proprie insicurezze e si sarà capaci di
mostrare ciò che si vale. Una sensibilità fuori dal comune è capace di produrre molti frutti, di capire il prossimo e col tempo di
rassicurare coloro che si trovano nelle difficoltà vissute personalmente e poi superate o in altre situazioni dolorose.
Paure e dubbi possono spingere però ad assumere un atteggiamento di sospensione e attesa per cui le questioni paiono irrisolvibili e
l’altro irraggiungibile, così il desiderio di solitudine si accentua. A una chiusura emotiva che porta a dare risalto agli aspetti negativi
si reagisce trovando il modo giusto di esprimere ciò che si sente e ciò che si pensa, dando il giusto risvolto alla comunicazione: gli
strumenti possono essere i più disparati, l’importante è riuscire a comunicare ciò che si è per essere pronti a vedere le opportunità.
A causa della legge d’attrazione di energie simili (che risponde non solo alle azioni, ma alle intenzioni, alle emozioni e all’attenzione
ovvero al pensiero e alle parole), dopo un evento doloroso e sfortunato occorre accogliere tutto senza voler ignorare ed eliminare a
forza l’accaduto, ma anche senza pensare a ciò che manca o a principi di merito che portano a coltivare l’attesa (cioè la sensazione di
mancanza che “attirerà” eventi che impoveriscono): bisogna concentrarsi subito sulle possibilità del momento di stare meglio e quelle
future di gestire diversamente le cose e sulle sensazioni positive di una situazione sbrogliata e serena evitando di rimuginare con i
seguenti pensieri tipici nello sconforto: a) cosa ho fatto di male per meritarmi questo?; b) una cosa del genere non mi capiterà mai
più; c) perché sono stato così stupido ? d) la sfiga mi perseguita; e) ho un brutto presentimento e avrà pur un significato…
Un aiuto contro i pensieri negativi è metterli tutti insieme, dopo averli accolti e ascoltati con accettazione e lucidità insieme (senza
disprezzo, ribellione, prediche), e lasciarli poi fluire, volgendo l’attenzione ad altro (magari svolgendo un’attività qualsiasi),
accettando il fatto che non si può ingannare la mente, che bisogna evitare di fingere utilizzando parole che nascondono disperazione e
risentimento: presi in una spirale negativa occorre entrarci ed esplorarla, infatti, perché altrimenti i pensieri e gli impulsi rifiutati
escono in modo spiacevole (in incubi, automatismi deleteri o eventi molto negativi).
L’atteggiamento fatalistico blocca la realizzazione mettendo in una condizione di attesa e di dipendenza dagli altri. Davanti a un
problema, in sintesi, non bisogna rimandare il momento di affrontarlo né evitarlo ma essere flessibili e ripetersi: “OK, oggi sta
andando così… ma io posso farcela e non mi spezzerò”, così da sentire di avere il controllo della situazione- perché la si affronta
anziché crogiolarsi nella rabbia- e da sostituire un pensiero negativo con uno positivo.
Quando poi la sensazione è quella di sentirsi del tutto paralizzati nonostante gli sforzi di procedere come in certi incubi, bisogna solo
aver chiaro che si tratta solo di una sensazione e restare presenti a se stessi, consapevoli di quello che si prova e si vuole e coscienti
che l’impossibilità di realizzare i progetti è solo attuale: non mollare, individuare i punti deboli e raddrizzare il tiro.
Due domande da porsi quando si soffre a causa del fatto che un desiderio importante non si realizza: “Sono psicologicamente e
fisicamente in condizione di incontrare e gestire l’oggetto desiderato?” “Accetto l’eventualità di non incontrarlo?” Se la risposta
anche a una sola delle domande è no, c’è la possibilità che la strada sia ostacolata da una propria inconscia volontà. Ad esempio si
può avere un’enorme bisogno di libertà, una libertà prima di tutto mentale, e non essere pronti a diventare indipendenti, autonomi,
non aver ancora davvero liquidato il passato (tornando sugli errori) e non aver trovato ancora un motivo per vivere tali da voler
davvero cambiare, mettere a frutto quanto si è capito e affermare le proprie verità, personalità, esigenze di gioie e amore (quindi della
libertà e dello spazio per viverli). Se la risposta alle due domande indicate invece è sì, bisogna fare spazio (anche esteriore) a quanto
si vuole ricevere e allenare la mente a vivere come se l’oggetto del desiderio ci fosse. Se un desiderio è irrealizzabile o e troppo
difficile da realizzare, troppo oneroso o non si realizza da tempo nonostante l’atteggiamento migliore, bisogna forse lasciare una
porta aperta, ma puntare su altro per essere felici, ricordando che del resto i desideri non sempre corrispondono ai bisogni più
profondi e a quelli che, essendo stati creati dalle esperienze più forti vissute, richiamano la maggior parte delle energie inconsce e che
forse sono stati “scritti” da un destino che non ammette molto altro e che del resto dà abbastanza.
A volte poi la caduta di un sogno porta – per reazione dell’energia distoltavi di colpo – alla realizzazione in breve di altri sogni (più
realizzabili) e pertanto non è cosa troppo negativa, anche se bisogna passare momenti in cui tutto è confuso e ci si sente in balìa degli
eventi.
Altre volte si sognano legàmi sentimentali quando si vive una fase di rivoluzione, un momento di passaggio tale da aver bisogno di
spazio e per cui i legàmi sono freni: essi perciò diverranno dannosi o poco gestibili, tanto che genereranno problemi da sbrogliare
inevitabilmente in futuro, cioè quando invece si potrebbe ottenere dei legàmi adatti e opportuni grazie all’esaurirsi di quel momento
di tesa evoluzione.
Può essere inutile combattere o sognare quando nessuna delle sponde appare in grado di accoglierci: meglio calmarsi, fidarsi di stessi
e del tempo e lasciarsi andare con serenità al corso delle cose, consapevoli che la soluzione giusta deve emergere con naturalezza
nella mente.
C’è poi, chi, per natura ha un bisogno particolare di entusiasmo e tende a farsi fiction mentali, a proiettarsi sempre avanti e a colorare
il presente e il futuro, fraintendendo e conservando ciò che non merita attenzione in realtà e impedendo che arrivi ciò che serve e ciò
che, insegnando ad amare, radica nella realtà e cancella un’indifferenza, magari poco consapevole ma dannosa.
Per chi ha passione, come per chi tende a riflettere molto, non c’è niente di più importante di toccare con mano la realtà… soprattutto
quella che gli altri intravedono come realtà, uscendo ed esponendosi alle critiche, a verifiche attive circa l’opportunità di certi
desideri, gestendo le situazioni in modo indipendente da schemi, toccando il cuore e il corpo di chi si ama.
La soluzione al fatto che l’originalità e la diversità sono percepiti come minaccia dai più, è fare il prima possibile i conti con i lati
imprevedibili di sé, accettando ad esempio i cambiamenti d’umore, i momenti di esaltazione e chiusura, prendendosi per mano e poi
cominciando ad aprirsi al mondo senza aspettative o pretese. Mantenere un costante contatto con la consapevolezza dei propri
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automatismi e con le proprie reali emozioni e progetti è indispensabile: emozioni per troppo tempo soffocate, come possono
divampare in modo pericoloso e prendere il sopravvento, possono creare una confusione interiore che brucia sul nascere ogni
iniziativa.
Essere pronti a cambiare punto di vista per una qualsiasi piccolezza o non saper preservare i rapporti dagli sbalzi d’umore significa
essere influenzabili: per non essere facili prede delle illusioni e non sbagliare con facilità, bisogna rilassarsi e imparare ad apprezzarsi
per quello che si vale, ricordando che si può essere emotivi, soggetti ad alti e bassi d’umore, e un po’ lenti nel rendersi conto di ciò
che accade ( trascinati da voglia di vivere e da entusiasmi affettivi), ma nello stesso tempo essere lucidi, critici e profondi nei giudizi
e capaci di darsi e amare e che il materiale per l’evoluzione e le risorse più profonde nascono proprio da innati curiosità e
entusiasmo: l’entusiasmo è una carica evolutiva da manipolare e utilizzare in modo originale e, se è vero che richiede cautela (è bene
avere i piedi per terra), non si deve impedirsi di godere pienamente degli stati d’animo e di realizzare quello che si ha in mente.
Se non si è del tutto coinvolti in quello che si fa, la vita può diventare frenetica perché si tenderà a correre forsennatamente nel
tentativo di trovare quella partecipazione emotiva che purtroppo in questi casi può essere solo frenesia: bisogna accogliere il
messaggio di quella frenesia e svagatezza, che spesso nascondono la cosa più bella che ciascuno ha, ovvero il desiderio di essere se
stessi, di esprimersi, di lasciarsi guidare da emozioni e istinti meglio corrispondenti ai desideri, evitando quanto inchioda nella
solitudine, nella passività e in un doloroso stato di attesa e dipendenza. Dalla frenesia poi è facile passare alla vera e propria
alienazione e poi al fare troppo spesso qualcosa che si considera insensata e sbagliata per sé, il che porta a un grave squilibrio
mentale.
Riassumendo, quando tutto sembra uguale in una dimensione finta e senz’anima, basta invece aprire la porta, immergersi in sé e
nell’acqua delle emozioni: si capirà quali sono i punti deboli della personalità e gli schemi che impediscono di evolvere, che non si è
voluto vedere, le ragioni per cui non si è riusciti ancora a ottenere ciò che si voleva. Non si deve fermarsi solo all’idea di aprire la
porta, ma essere convinti di farlo, mettersi in gioco senza alcuna limitazione e proseguire oltre la prima tappa per aprirne uno
spiraglio. Non bisogna farsi prendere dalla fretta per nessuna ragione nè autocommiserarsi, ma disidentificarsi dai propri pensieri.
Bisogna anche tenere ben separati i concetti di conflitto e confronto, aprendosi al dialogo, pur difendendo con tenacia e in parte con
aggressività le percezioni, le idee, le intuizioni nelle quali si crede di più. In ogni caso se si inizierà il cammino con la mente carica di
convinzioni, esse diventeranno presto fumose finché la nebbia che limita il passo sarà spazzata via dalla consapevolezza: alcune idee
torneranno valide ma saranno più le novità che le conferme. Fatta chiarezza nel cuore, il pensiero acquisterà peso, diverrà vibrazione
ed emozione: l’aria diventerà acqua, all’intuizione si sommerà il sesto senso, all’intelligenza si potrà aggiungere valore grazie al
cuore. Dopo essere state messe alla prova e quindi raffreddate dal confronto con gli altri o nella mente, le idee si tramuteranno in
sensazioni e forse in qualche momento molte cose funzioneranno all’unisono e ottime idee e intuizioni incontreranno la situazione
perfetta per diventare creatività, intesa non come capacità di produrre effetti artistici, ma come l’essenza dell’uomo e della vita.
Quando le contraddizioni tra i propri impulsi e il contrasto tra convinzioni e modo di vivere vengono osservati con mente aperta, ci si
mette in discussione e si viene portati anche a mettere in dubbio il mondo intorno: la realtà appare un calderone, dove tutto può
succedere e dove diventa percepibile un sentiero con i suoi segnali da decifrare per capire la strada più adatta a sé, per esprimersi, per
non essere soli e per stare meglio senza tradirsi: poichè l’indifferenza non esiste e non si può scegliere cosa è in sintonia con la
propria natura particolare, aver chiaro ciò che piace e fa sentire vivi e ciò che non piace o che porta il cuore a rivoltarsi è come la
luce sulla strada giusta. I segnali e la capacità di coglierli e interpretarli in tempi utili infatti aumentano man mano che aumenta
attenzione interna, coraggio e disponibilità; ciò che interessa e occupa di più diventa l’inclinazione della mente, cosicché crescono le
capacità e si superano, oltre alle illusioni, anche molti limiti, fino a che seguire diviene proseguire, poi inseguire e quindi perseguire.
Si può arrivare così a conoscersi sempre più intimamente, come in certi sport o nel Tai Chi, in cui l’allievo che corregge i propri
errori davanti allo specchio e con l’aiuto del suo maestro, piano piano sviluppa dentro di sé una sensibilità, una sorta di sesto senso,
che gli fa intuire subito se il movimento è corretto e rende più veloce ed esatta la percezione dei movimenti e delle intenzioni di
movimento altrui. Vivere con autoconsapevolezza e autonomia è anche il mezzo per arrivare a capire ciò che si desidera più
profondamente, nel senso di quel motivo personale per vivere la propria vita che si impone da sé con forza lungo quella strada a un
certo punto. A volte si potrà percepire un filo che lega agli altri e che sembra far filare tutte le cose: non è quello del procedere
razionale, che si ha paura di smarrire. In ogni fase del processo è indispensabile tenere nota delle intuizioni importanti per dare
realizzazione alle idee (anche solo su un foglio).
NOTA: Chi crede nell'utilità dei simboli può trovare utile leggere http://www.slideshare.com/analisi-dei-sogni-con-
mitologia-e-alchimia.
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