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Se posso permettermi quello che hai detto è molto interessante, perché dove le persone vanno, già per
un motivo, come le dice la mediateca o una biblioteca o altro, lì è proprio il luogo ideale, quindi questo
può essere effettivamente per i piccoli musei, questa cosa di pensare a come avvicinarsi a un luogo dove
già le persone vanno.
Ci sono esperienze nei paesi emergenti dove negli spazi dedicati ai musei sono magneti di altro tipo, non
culturale, per esempio lo studio di un medico o lo studio di un parrucchiere o di un barbiere. Se c'è una piccola
community che frequenta questi spazi, fa la fila, aspetta e poi magari si va in giro, abbiamo un moltiplicatore
gratuito che cresce in modo esponenziale se i sa coinvolgere. Per questo dico che i musei devono fare grande
attenzione a quali sono le attività di cui sono circondati, gli esercizi commerciali, gli studi medici, gli studi dei
professionisti e le persone che vivono intorno; è molto importante, sono i primi moltiplicatori. L'altro
fenomeno che conosce Bolzano, che è nato in questo modo, nell'affezione del pubblico, coinvolgendo i
commercianti, è stato il Teatro Cristallo, tutti i negozi di vicinato del teatro sono stati loro i primi promoter, e
oggi è un quartiere di 33 mila abitanti, in gran parte sotto la soglia dei servizi sociali, per la metà abbonato al
teatro, è una cosa strabiliante.
E cosa ne pensa della nuova figura del curatore digitale?
Sicuramente è importante, è un nome appropriato, perché negli anni 90 l'abbiamo denominato semplicemente
webmaster, oggi si parla appunto di ambienti digitali, il web è solo una parte, è anche la parte meno interattiva,
è la parte anche che vuol dire ti aspetto se mi vieni a trovare, mentre invece gli altri ambienti digitali entrano
nella tua vita quotidiana e quindi ti vengono a prendere. È molto importante in qualunque tipo di
comunicazione uscire dal fatto che “ti sto aspettando per quando mi vieni a trovare” a “ti vengo a prendere”,
oppure mi faccio trovare nel tuo percorso quotidiano. Oggi moltissimi strumenti digitali arrivano in questo
modo e poi esistono tante manifestazioni del cosiddetto “marketing non convenzionale” di cui siamo stati
grandi utilizzatori come curatori museali, anche proprio quello di andare fisicamente davanti alle persone nel
loro percorso per dire “oh guarda che io sono qui, e puoi dedicare un po' di tempo a te stesso imparando”.
Pensa che la nuova definizione di museo, quindi allargata, aiuterà o appesantirà il sistema museale
italiano?
Né uno né l'altro, i musei sono anime, sono macchine vive e, nel momento in cui le hai definite, hai fatto sì un
esercizio giuridico e sociale ma i musei sono proprio come delle strutture vive, un po' come la pubblica
amministrazione degli ultimi anni. Sono delle realtà vive, che si muovono per dinamiche legate anche al sapere
delle persone che le compongono, alle risposte del pubblico. Sono quasi delle realtà biologiche e come tali non
sono spinte dalle definizioni, sono spinte appunto dall’interazione con l'ambiente circostante. I musei hanno
ormai intrapreso una strada di espansione verso la società, un ruolo sociale sempre più forte e credo che la
definizione, che è sicuramente molto buona, sia una fotografia. Nella strategia museale non succede che, dal
momento che sta scritto così, io mi comporto così.