Il rapporto tra Industria Alimentare e GDO in Italia e all’Estero
Master in Food&Beverage Management 2019-2020
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incentivare quest’ultimo a inserire o a mantenere in assortimento i prodotti della propria
impresa, di assicurarsi una rotazione efficace dei prodotti all’interno dei punti vendita, evitando
rotture di stock. Questa strategia di sell-in supportata dal marketing è funzionale ad
incrementare la penetrazione della marca, aumentare la quota di mercato e attirare il maggior
numero di consumatori finali, accrescendo il fatturato (Cocuzza, Glossario Marketing, 2019).
Nel 2013, l’Antitrust ha condotto un’indagine conoscitiva che ha messo in luce alcuni aspetti
relativi al ruolo della GDO all’interno della filiera agroalimentare, e non solo. Lo studio ha
prodotto un lungo documento nel quale sono state catalogate le complesse pratiche
commerciali messe in atto nei contratti tra industria alimentare e modern trade. Dall’indagine,
infatti, sono state individuate le diverse tipologie di sconti generalmente applicati: sconti
condizionati (di fine periodo o anno), dipendenti da un target di fatturato o volume di vendita,
e incondizionati; sconti logistici, sconti finanziari e recupero marginalità.
Inoltre, sono stati riportati i vari tipi di contributi pattuiti, noti anche con il termine di trade
spending poiché dal lato dei fornitori rappresentano delle voci di spesa. Al tavolo di
contrattazione i contributi negoziati fino all’ultimo centesimo sono: operazioni volantino,
versamenti per l’inserimento di uno o più prodotti del fornitore all’interno di flyer promozionali;
attività di co-marketing e operazioni promo-pubblicitarie, operazioni attivate in collaborazione
tra distributore e industria per sviluppare piani promozionali e pubblicitari con l’intento di
potenziare le vendite di determinati prodotti, sfruttando il vantaggio di ripartirsi i costi. In questo
tipo di operazione rientrano, ad esempio, la vendita di prodotti del fornitore in formato speciale,
la vendita con gadget od operazioni a premio che prevedono l’affiancamento di loghi o prodotti
dell’industria a quelli del retailer (AGCM, 2013).
Tra le voci di contributo maggiormente conosciute rientra il listing o slotting fee, tariffa di
accesso richiesta al fornitore per inserire a scaffale nuovi prodotti. Il pagamento di questa fee
impegna il distributore a vincolare uno specifico spazio a scaffale (slot) per un prodotto ancora
sconosciuto ai consumatori, pronto per essere lanciato sul mercato per la prima volta.
Trattandosi di un prodotto il cui potenziale di vendita risulta ignoto, il listing fee viene
corrisposto a titolo di copertura del rischio commerciale assunto dal distributore, il quale
“sacrifica” una referenza, di cui è già noto il tasso di rotazione, per una la cui performance a
scaffale è ancora un’incognita. La somma versata varia in relazione a diversi fattori: il potere
contrattuale del fornitore che si traduce in brand awareness, la posizione e il tipo di esposizione
nel punto vendita, e il livello di copertura garantito dal trade (Cocuzza, 2019).
A questi si aggiungono: l’esposizione preferenziale, collocazione dei prodotti del fornitore in
punti particolarmente “caldi” del punto vendita, come ad esempio testate di gondola,
avancasse e isole; servizi di centrale, fee concessi per remunerare le attività delle centrali e
delle supercentrali. I contributi vengono versati per remunerare altri servizi tra cui la gestione,
il presidio e il mantenimento dell’assortimento, le nuove aperture e i cambi insegna; gli
anniversari, le fiere, le manifestazioni e gli eventi; il controllo qualità e la cessione dei dati.
L’indagine dell’Antitrust sopra citata ha stabilito che sconti e contributi incidono del 24,2% sul
fatturato che il fornitore ha con l’insegna cliente (AGCM, 2013). La numerosità delle poste da
trattare ai tavoli di negoziazione conferma quanto possa essere complessa la relazione tra i
due attori oggetto di studio, caratterizzata anche da rapporti piuttosto muscolari e da questioni
spinose.
4.3. Marca del Distributore o Private Label
La marca del distributore (MDD) è costituita da prodotti che si trovano nei punti vendita della
GDO con lo stesso marchio dell’insegna o con un marchio di fantasia. Si differenzia dalla
marca industriale (MI) la quale, al contrario, è un brand creato da un’impresa di produzione
(per esempio Barilla, Alce Nero) (ADM, 2019).
Come si può osservare in Figura 3, in Italia i prodotti MDD raggiungono nel 2018 una quota di
mercato media del 20%. Questa percentuale aumenta se si prendono in considerazione altri