retail& food - aprile 2018 52
E
vocare l’autenticità dei va-
lori di uno dei più antichi
brand al mondo è un’im-
presa straordinaria, richiede
grande rispetto, sensibilità e ac-
cortezza nel rendere omaggio al-
le origini di un’idea che si è im-
posta ovunque con semplicità
e personalità distintive. L’uomo
che dal 1930 in Pennsylvania gi-
rava per miniere e campi a vendere i suoi filati e ab-
bigliamento da lavoro, creò dal nulla, attorno a una
sorgente d’acqua, un intero villaggio per i suoi lavo-
ratori organizzato e funzionale, costruito su misura e
comodo come i vestiti che realizzava. Infine quel suo
nuovo paese prese il nome di Woolrich, fondendo
per sempre così quel prezioso materiale al suo no-
me e alla sua arte. Il mondo della lana di John Rich.
Aveva creato valore umano, il calore che avvolge-
va quel paese era fatto di socialità, onesto lavoro e
sane abitudini intessute ai telai, a contatto con una
natura gelida ai confini col vento, le foreste e i laghi
del grande nord.
John Rich ha scaldato i cuori del mondo che lui stes-
so aveva creato e ha portato questo suo messaggio
ovunque ci fosse bisogno di tenere al caldo qual-
cuno, un soldato, un esploratore, un cacciatore, un
uomo.
Lo spazio Woolrich del primo flagship store a Mila-
no (in corso Venezia 3) racchiude ed espande quel
luogo, come un piccolo villaggio in cui ci si sente
subito accolti e ospitati con cura.
L’interpretazione di Masamichi Katayaka dello
Studio Wonderwall penso che nasca da questa
consapevole scelta: trasferire il calore che il brand
esprime attraverso quella
grande arte astrattiva giap-
ponese abile a restituire at-
mosfere sobrie ed epurate
da stilemi, per raccontare
una storia di semplici acco-
stamenti materici, di am-
bienti e di arredi costruiti
a maglie ortogonali in ac-
cordo con le trame filate
dei plaid, del tartan come autentico avatar del brand.
Si respira quel villaggio, pulsante di vitalità, ordine ed
efficienza, tutto appare nitido e fresco, creato con sa-
pienza artigiana, col lavoro buono e sincero dell’uo-
mo. Ogni stanza è una casa di quel villaggio, racconta
il legno ruvido e naturale dei boschi a soffitto, il legno
levigato e bianco come neve a pavimento, e quel-
la vera neve, chiusa in una stanza “Extreme Weather
Experience Room”, che sembra un angolo d’inverno
portato da lontano per provare i capi e lasciarli espri-
mere nel loro habitat ideale.
Persino l’immaginario della foresta ai margini del vil-
laggio prende vita attraverso lo spazio dedicato alla
verde arte di Green Fingers, un giardino illuminato
dalla luce naturale creato da Satoshi Kamawoto.
Si avverte in tutto questo scenario il richiamo della
foresta di Jack London, il focolare acceso nella baita e
il clima di quei luoghi dove tutto ebbe origine. La tes-
situra degli arredi contrappone, sempre in contrasto
termico, elementi e materiali freddi in connubio col
legno. Metallo, pietra e cristallo: la miniera, la mon-
tagna, l’acqua, diventano citazioni tattili in quell’am-
biente in cui il fascino morbido della lana trova un
contesto ideale in cui presentarsi e offrirsi abbrac-
ciando gli ospiti con discrezione e stile.
Si avverte il piacere di carezzarla, conoscerla, indos-
sarla e renderla viva. L’esperienza è compiuta e gra-
tificante, lo spazio si racconta per gradi, dall’ingres-
so al museo, al salotto, alla sartoria, la storia di John
Rich e della sua preziosa arte è pienamente narrata,
come in una fiaba, e viverla è un fattore unicamente
umano, personale e olistico, che supera l’asetticità
dell’acquisto digitale per attingere ai valori essen-
ziali di un brand che si fa luogo iconico, toccandoli
con mano e portandoli con sé come una giacca co-
moda e calda.
Ma interpretare e raccontare la storia che si è volu-
ta narrare in uno spazio di 700 mq non è facile e lo
abbiamo subito notato.
Il direttore del negozio è abile, simpatico, empati-
co e sa entusiasmare con proprietà di linguaggio, i
suoi sorrisi aperti e la sua conoscenza di ogni mini-
mo dettaglio che va dai capi, allo spazio ai valori del
brand, ma purtroppo è il solo a saperlo fare.
Gli altri venditori, che abbiamo interrogato per capi-
re quanto conoscessero la storia del brand e quan-
to potessero raccontare del loro reparto, li abbia-
mo trovati piuttosto impreparati, nell’esprimersi con
quella modestia mista a timidezza inadatte a narrare
gli sforzi dei progettisti che hanno creato aree espo-
sitive veramente interessanti.
Diciamo spesso che ogni brand tramite lo spazio fisi-
co, il suo modello di servizio, gli arredi, l’illuminazio-
ne, la materia, le immagini e l’atmosfera deve creare
quella brand experience che riporta alla luce i valori
e l’anima del brand e che poi si tramuta in “ricordo”.
Solo allora lo spazio diventa “luogo” da raccontare
agli amici in quel passaparola sussurrato che lo tra-
sforma in un contesto speciale che incuriosisce la vi-
sita. Sappiamo come sia essenziale per tutti i brand
la scelta e la formazione delle persone, ma nello spa-
zio fisico, il vero protagonista resta l’essere umano
con i suoi sentimenti, la sua anima e il suo cuore che
sono i veri ambasciatori del brand.
Ci aspetteremmo quindi di trovare ambasciatori
preparati, sensibili, gentili, sinceri e capaci anche
di sorridere.
Marco Michele Rossi e Alberto Pasquini
Retail Design Italy
Il flagship Woolrich a Milano
New concept storer&fr&f