Ligeri, appellato oggidì la Loire. E mossosi dalla Dacia e Pannonia,
dove allora gli Unni con diverse nazioni sue suddite dimoravano,
passò nel cuore della Germania a quella volta. Allora Torismondo,
novello re de' Visigoti, presentito il disegno del Barbaro, non fu pigro
ad accorrere con tutte le sue forze in aiuto degli Alani, e a prevenire
l'arrivo d'Attila. Giunti colà gli Unni, si venne ad un fatto d'armi, che
riuscì quasi simile al precedente, in guisa che l'altero Attila scornato
fu costretto a ritornarsene senza trionfo e senza gloria alle sue
contrade. Ma, come dissi, niun altro storico fra gli antichi dice una
menoma parola di questo fatto. Nulladimeno, avendo Giordano avuta
sotto gli occhi la storia perduta di Prisco, non se gli dee facilmente
negar credenza in questo. E tanto più verrebbe ad essere credibile il
di lui racconto, se la morte del feroce Attila fosse succeduta nell'anno
susseguente, come vuol Marcellino conte [Marcell. Comes, in Chron.],
perchè non avrebbe il re barbaro lasciate in ozio le sue armi
nell'anno presente. Aggiungasi che Fredegario [Oper. Gregorii Turonens.
Ruinart, Fragment., pag. 707.] racconta due battaglie succedute fra Attila
e i Goti; e benchè vi sia della confusione in quel racconto, sì pel
tempo, come pel luogo, pure si scorge ch'egli mette il secondo
conflitto fatto da Torismondo, essendo già morto suo padre. Ma san
Prospero [Prosper, in Chron.], Prospero Tirone [Prosper Tito, in Chronic.],
Idacio [Idacius, in Chron.], sant'Isidoro [Isidorus, in Chronico Gothor.],
Cassiodoro [Cassiodor., in Chron.] e l'autore della Miscella [Histor. Miscell.,
lib. 15.], senza narrar punto alcun ritorno d'Attila nella Gallia, dicono
sotto il presente anno ch'egli, appena tornato al suo paese, finì di
vivere e d'inquietare il mondo. La maniera della sua morte fu da
bestia. Marcellino scrive che fu scannato da una donna, se pure i
nostri storici italiani non han qui per odio alterata la verità. Merita
maggior fede Giordano [Jordan., de Reb. Getic, cap. 49.], che cita ancor
qui la storia di Prisco autore contemporaneo, allorchè narra che
avendo voluto il crudele e libidinoso re menare una nuova moglie,
per nome Ildicone, fanciulla, quantunque, secondo il rito della sua
gente, innumerabili altre ne avesse, s'imboracchiò talmente nel
convito nuziale, che, pien di vino fino alla gola e oppresso dal sonno,
fu posto in letto; e quivi dal sangue che gli soleva uscir dal naso,
rimase la notte soffocato. Essendo passata buona parte del mattino