In Italia, la percentuale di persone con elevate necessità di cura che ricevono servizi
di assistenza domiciliare è superiore alla media europea. Il dato, però, nasconde il
fatto che l’intensità dei sostegni, in termini di frequenza e ore, è molto più ridotta
(spesso limitandosi a pochissimi, brevi accessi a settimana). L’offerta di servizi
domiciliari è infatti molto inferiore al fabbisogno o al di fuori della portata di molti
cittadini: la percentuale di coloro che non ne usufruiscono perché i servizi sono del
tutto assenti è in Italia la più elevata dell’Unione europea, fino a quasi un italiano su
tre (rispetto a una media europea al 10 per cento), e altrettanti dichiarano di non
poterselo permettere.
Il più diffuso servizio domiciliare in Italia è l’assistenza domiciliare integrata (Adi)
delle Asl. La sua durata è sovente breve (2-3 mesi) ed eroga in media per ogni
anziano assistito 3 ore di lavoro del terapista della riabilitazione, 10 dell’infermiere e
3 di altre professioni (fra cui l’Oss – operatore socio-sanitario), per un totale di 16 ore
medie annue, a cui si aggiungono 2 accessi medici. L’80 per cento degli anziani
assistiti a casa riceve da uno a tre accessi mensili. I dati, dunque, mostrano che il
modello prevalente è quello prestazionale (e non della presa in carico), con singole
prestazioni volte a rispondere a specifiche, e contingenti, esigenze sanitarie, non
pensate per affrontare in modo olistico la non autosufficienza.
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La legge delega 33/2023 prevedeva l’introduzione di un servizio domiciliare pensato
per la non autosufficienza, che oggi in Italia non esiste, caratterizzato da unitarietà
delle risposte, interventi di intensità e durata adeguate e coinvolgimento di diverse
professioni, seguendo la logica del care multidimensionale. Nel passaggio dalla
legge delega 33/2023 al decreto attuativo 29/2024 la riforma dell’assistenza a
domicilio è stata cancellata, limitandosi ad annunciare linee guida per l’integrazione
socio-sanitaria. Ciò finirebbe col confermare l’assenza in Italia di un servizio
domiciliare per la non autosufficienza, avendo quelli esistenti di Adi e Sad altre
funzioni. Nei futuri decreti attuativi occorrerà pertanto ripartire da qui, riorganizzando
o integrando l’esistente, per arrivare a un sistema realmente in grado di rispondere
alle esigenze di long-term care a domicilio della crescente popolazione anziana.
Nessuna indicazione sui servizi residenziali
Il tasso di ricovero in strutture residenziali si è attestato a lungo in Italia intorno al 2
per cento della popolazione over 65 (scende all’1,6 per cento se si considerano i soli
ricoverati non autosufficienti), facendo registrare solo di recente un certo incremento.
Il dato colloca il nostro paese al di sotto della media europea, pari al 3,6 per cento, e
soprattutto al di sotto di quella dei principali paesi a welfare più avanzato.
La legge delega 33/2023 indica i punti chiave su cui agire in questo ambito,
seguendo le indicazioni prevalenti a livello internazionale, che suggeriscono non
tanto di incrementare la quantità di utenti accolti in strutture residenziali, quanto di
migliorare la qualità dei servizi offerti da queste ultime. La legge delega affidava al