Gli schiavi accorrevano verso il guaritore. La lamentazione si
prolungava per gli anditi tortuosi. Gli infermi apparivano, portati a
braccia dai parenti, agitati, illuminati di speranza. Gridavano i loro
mali, le loro piaghe, le loro angosce. Chiedevano d'essere sanati,
d'essere liberati. Chiamavano a testimonianza quelli di loro che
nascondevano nelle pieghe del saio i rotoli delle Scritture, perché
quelli conoscevano i miracoli operati dal dio novello. Ed ecco, tutte le
guarigioni erano noverate, l'una dopo l'altra: il lebbroso era mondo, il
paralitico camminava, il cieco vedeva, il lunatico e l'ossesso avevano
pace, l'idropico era alleviato delle sue acque, il figlio della vedova di
Naim sorgeva dalla sua bara. Ma un dei leggitori di rotoli ripensava il
miracolo più profondo, ripensava il cadavere quatriduano, e gridava:
«Ti sovvenga di Lazaro!» E l'incredulità di Didimo era addotta.
Didimo voleva vedere le ossa disgiunte ricongiungersi e favellare. Il
Cristo gli aveva risposto: «Le ossa disgiunte io te le mostrerò
ricongiunte. Vieni a Betania, Didimo, vieni con me. Gli occhi di
Lazaro vuotati della putredine, io te li mostrerò pieni di visione. Vieni
con me, Didimo. Le labbra imputridite su i denti di Lazaro, le vedrai
muovere, le udirai favellare. Vieni a Betania, Didimo, se vuoi vedere
e udire, vieni con me.» Queste testimonianze adducevano gli schiavi,
per volere il segno. E allora Sebastiano balzava a ghermire con mano
terribile l'anima dei miseri. Egli medesimo evocava il Risuscitato,
sembrava con la sua voce far presente il miracolo nell'ombra calda di
aneliti. Come il pargolo nelle fasce, il cadavere era avvolto nelle
bende. «Lazaro vieni fuori!» Primo, fuor della pietra, sorgeva il
ginocchio...
Le genou surgit le premier.
M'interruppi, perché avevo sentito il vecchio sussultare e levarsi. Egli
era in piedi davanti a me, sconvolto, senza colore, affannoso. Era
l'uomo di fede, il servo di Dio, lo spettatore ideale a cui si
manifestava il mio poema con le virtù della musica e dell'apparizione.
Ebro, imaginai dietro di lui una moltitudine che gli somigliasse. E non
volli dargli tregua. Anche la mia parola fu come il tizzo che incendia
la stoppia quando rinforza il vento.