di savi di siffatto genere. C'è margine! Che cosa sono 1800 milioni
di nomenclature? Ma non toccate il sacro quintale della sua
onorevole persona.
Fremeva.
â Onor evole senatore â disse poi, forte, il poeta Emme
â, io sono della sua opinione.
â Oh, oh, sentiamo.
â Il concetto di un'ùnica patria germanica â disse i l poeta
Emme â è tut t'altro che disprezzà bi le. à una soluzione,
come un'altra, del problema della felicità . E infatti i tedeschi non
dicono di combà t tere per la felicità del genere umano? La Germania
porge al genere umano la medicina della perfetta igiene. Non
vediamo noi i germanici come sono belli, forti, floridi? Fra un paio di
generazioni, saremo anche noi spaventosamente sani, forti, floridi:
coi nervi in perfetto òrdine, con lo stòmaco capace di inghiottire,
in perfetto orario, pinte di birra, e molti Würsten con Sauerkraut, e
Delicatessen, cinque volte al giorno: l'ideale dei nostri buoni
proletari! Ogni cèllula uomo è Stato, lo Stato è Dio: tutto con
lettera maiuscola, senatore. Dunque io sono Dio. Ma non capisce,
senatore, che io sono io, io, io? Ah, c'è nu guajo, senatore. Che ne
faremo del nostro pallido pensiero? à una tabe i l pensiero; è una
maledizione l'idea. Che ne faremo di Amleto, di Dante, di San
Francesco, di Leopardi? Li affideremo a voi, eruditi signori; e voi li
terrete bene in prigione affinchè non scà ppino a spa ventare la
umanità . I nostri occhi si faranno piccini: ma il ventre sarà ben
pingue. Noi non sorrideremo più dubitosamente; rideremo a
scosse, facendo ballare i grossi ventri: Ah, ah, ah! E invece di dire
sì, diremo: Ja, ja, ja! Si prepari, senatore, a scrivere qualche suo
ghiotto contributo â si dice così, vero? â nel la lingua del
ja.
â Ma non diciamo sciocchezze, â ripetev a il senatore, â
ma non facciamo dello spirito. Ma non mi faccia il poeta.