vagabonda dei viaggiatori arabi, che vi s'incontravano dappertutto,
avendo già dinanzi a sè gran parte della terra omai più o meno
scoperta. Ovvero, come i Polo veneziani, trovaronsi involti nelle
correnti del mondo mongolico e furono portati sempre più innanzi
sino ai piedi del gran trono dei Tartari. Anche nel mare Atlantico noi
troviamo assai per tempo singoli Italiani associati a questa o a quella
scoperta; furono infatti i Genovesi, che ancora sin dal XIII secolo
trovarono le Canarie,
[1] e genovesi pur furono quelli, che nello
stesso anno 1291, quando appunto andava perduta Tolemaide,
ultimo avanzo dell'oriente cristiano, fecero il primo tentativo, che si
conosca, di trovare una via marittima alle Indie orientali:
[2] sotto
questo riguardo adunque Colombo non fu il solo, ma il più grande in
una schiera numerosa di Italiani, che navigarono in mari remoti al
servizio delle potenze occidentali. Ora, se vero scopritore non è già
colui, che casualmente approda pel primo ad un paese, ma chi, dopo
averlo cercato, lo trova, e se costui soltanto raccoglie la gloria di tutti
gli sforzi de' suoi predecessori e acquista il diritto di portar pel primo
la parola sugli altri, non v'ha dubbio che gl'Italiani, quando anche si
volesse loro contrastar la priorità dell'arrivo in qualsiasi spiaggia,
rimarranno pur sempre il popolo scopritore per eccellenza durante
tutto il periodo ultimo del medio-evo.
Il corroborare questa asserzione con prove spetta alla storia speciale
delle scoperte. Ma non per questo verrà mai meno l'ammirazione
dovuta alla grandiosa figura del Genovese, che divinò, cercò e ritrovò
un nuovo continente al di là dell'oceano, e che pel primo potè dire: il
mondo è poco, la terra non è così grande, come si crede. Mentre la
Spagna dava all'Italia un Alessandro VI, l'Italia dava alla Spagna un
Colombo: poche settimane prima della morte di quel Papa (7 luglio
1503), questi scriveva dalla Giamaica quella splendida lettera agli
ingrati re cattolici, che la posterità non potrà mai leggere senza un
senso di profonda commozione. E in un codicillo, datato da Valladolid
nel 4 maggio 1506, lascia egli «alla sua diletta patria, la repubblica di
Genova», quel libro di preghiere, che gli fu regalato da papa
Alessandro, e dal quale attinse «sommo conforto nel carcere, nelle
lotte e in ogni specie di avversità». Si direbbe quasi che con ciò il