Una furibonda agitazione l'invase. Egli discese le scale, vide l'uscio
aperto, si percosse la fronte, irruppe fuori urlando, chiamando in
torno a sè i lavoratori, chiedendo a tutti se avessero visto il porco, se
l'avessero preso. Egli moltiplicava le querele, sollevava ognora più le
voci; e il doloroso schiamazzo, risonando per tutta la riviera, giunse
fino agli orecchi di Ciávola e del Ristabilito.
Se ne vennero dunque costoro placidamente, in accordo, per godersi
lo spettacolo e per continuare la beffa. E come furono giunti in vista,
Mastro Peppe, rivolgendosi a loro, tutto dolente e lacrimante,
esclamò:
— Uh, pover'a me! Me l'hann'arrubbate lu porche! Uh, pover'a me! E
coma facce mo? E coma facce?
Biagio Quaglia stette un poco a considerare l'aspetto
dell'infelicissimo, con socchiusi gli occhi tra la canzonatura e
l'ammirazione, con china la testa verso una spalla, quasi in atto di
giudicare un effetto d'arte mimetica. Poi, accostatosi, fece:
— Eh, sì, sì.... nen ze po' di' de no.... Tu le fi' bbone la parte.
Peppe, non comprendendo, levò la faccia tutta solcata di gocciole.
— E, sì, sì.... sta vote li si fatte proprie da furbe — seguitò il
Ristabilito, con una cert'aria di confidenza amichevole.
Peppe, non comprendendo ancora, levò di nuovo la faccia; e le
lacrime negli occhi pieni di stupore gli si arrestarono.
— Ma, pe' di' la verità, accuscì maleziose nen te credeve — riprese a
dire il Ristabilito. — Brave! brave! Me rallegre!
— Ma tu che dice? — dimandò tra i singhiozzi La Bravetta. — Ma tu
che dice? Uh, pover'a me! E coma facce mo a rijì a la case?
— Brave! brave! Bena! — incalzava il Ristabilito. — Dajie mo! Strilla
forte! Piagne forte! Tirete li capille! Fatte sentì! Accuscì! Falle créde'.
E Peppe, piangendo:
— Ma i' diche addavére ca me se l'hann'arrubbate. Uh die! Pover'a
me!