Mario Pasinetti, Giuseppe Magrin, "Il cappellano degli alpini. Don Giovanni Antonietti"

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About This Presentation

Mario Pasinetti, Giuseppe Magrin, "Il cappellano degli alpini. Don Giovanni Antonietti. 1892-1976.
Soldato di Dio e della Patria".
post 2001


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k-S
o
4-0
• il Cappellano
degli Alpini
on
Giovanni
Antonietti
Soldato di Dio
e della Patria

«Fu lì tra quelle montagne sconvolte dalle bombe,
macchiate di sangue, rimbombanti
di imprecazioni, di preghiere disperate,
di maledizioni, di urla laceranti, di bestemmie,
che si impegnò davanti agli uomini,
a quegli uomini, e davanti a Dio,
di ridare ai loro figli un sorriso,
un filo di fiducia e di speranza per cantare
comunque e sempre alla vita.
Ed il canto alla vita fu davvero un inno
di ringraziamento in quella prima sera
del lontano 24 giugno 1925 nel constatare
che i primi 45 ospiti della Casa dell'Orfano
nei loro lettini, sognavano il papà,
ormai nella luce eterna di Dio».
Giulio Ghisleni
Settembre 1969: Don Antonietti (77 anni) e Giulio ansimi sulle scale di
Adamé verso il Rifugio Lissone. Sullo Sffindo il Corno Lendeno.

A tutti gli Alpini
"andati avanti"
e in cammino
lungo il sentiero della Pace

Mario Pasinetti e Giuseppe Magrin
Don Giovanni Antoniettí
Soldato di Dio e della Patria
1892 - 1976
Presentazione di Luciano Viazzi
Prefazione di Mario Pedranzini

MONSIGNOR GIOVANNI ANTONIETTI
FONDATORE, DIRETTORE, PRESIDENTE
DELLA «CASA DELL'ORFANO» DI PONTE SELVA (BG).
SOLDATO DI SANITÀ (1915-16),
TENENTE CAPPELLANO (1916-17-18).
FONDATORE E PRESIDENTE DELLA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE CAPPELLANI MILITARI D'ITALIA (1955-69).
CAMERIERE SEGRETO DI SUA SANTITÀ IL PONTEFICE DAL 1959.
PLURIDECORATO AL VALOR MILITARE:
DUE MEDAGLIE D'ARGENTO AL V. M.
E DI CROCE DI GUERRA AL MERITO.
MEDAGLIA CAMPAGNA CON 4 STELLE FIE.
MEDAGLIA INTERALLEATA, DELL'UNITÀ D'ITALIA,
DI CAPPELLANO BENEMERITO.
ENCOMIO SOLENNE, CROCE DI CAVALIERE DELLA CORONA D'ITALIA
PER MERITI DI GUERRA.
FU INIZIALMENTE ALLO STELVIO, SUCCESSIVAMENTE AL MONTE
NERO, ALL'ALTIPIANO DI ASIAGO, BASSANO DEL GRAPPA.
IN SEGUITO VENNE ASSEGNATO AL BTG. MONCENISIO IN LINEA
SULL'ADAMELLO, AVVICENDANDOSI SU QUES lE NOSTRE MONTAGNE
DALLA VALLE ADAME FINO AL TONALE.
Cirano di Gandino (Bergamo), 7 febbraio 1892
t Ponteselva - Casa dell'Orfano, 23 novembre 1976

Mons. Giovanni Antonietti.

Santa Messa di tkin Giovanni Antonietti in una baracca sulla Cima di Radisca (1915, zona Stelvio)

Indice
8 Presentazione di Luciano Viazzi
9 Prefazione di Mario Pedranzini
17 Nota biografica
26 H Battaglione Tirano nel 1915
31 H Battaglione Monte Stelvio
36 Natale di guerra al Monte Nero
44 H Cappellano del Monte Nero
52 Lettera testamento di don Antonietti alla madre
61 H Battaglione Moncenisio nel 1918
68 Dopo la guerra
87 Don Giovanni e la montagna

8
Presentazione
Non sembri irriguardosa, per un uomo di fede e di preghiera, la
definizione di «Soldato di Dio e della Patria» per tratteggiare la
solenne figura del cappellano militare don Giovanni Antonietti:
fulgido eroe alpino!
Un uomo d'azione, così compenetrato dalla sua alta missione di
assistenza spirituale ed umana per i suoi figli e fratelli alpini, da
non esitare a mettersi alla loro testa e guidarli anche al
combattimento, votato al sacrificio e indissolubilmente legato ai
destini del suo reparto, senz'altra arma che uno scarno crocefisso,
come avvenne più volte, sulle aspre balze di Monte Nero e nella
desolata pietraia dell'Ortigara.
Non ebbi l'onore di conoscerlo personalmente, ma solo
l'occasione di assistere - relegato in un angolo - ad alcune vibranti
messe al campo, che celebrava ogni anno al Sacrario del Tonale in
occasione dei tradizionali Raduni «Adamellini». In quelle
occasioni, egli sapeva trasfigurare la funzione religiosa in qualcosa
di più suggestivo e profondo anche per chi non aveva vissuto con
lui quelle tragiche esperienze: il suo sguardo imperioso e solenne,
la sua voce tonante quasi come il rombo delle artiglierie,
l'autorevolezza ed il cameratismo con i quali si rivolgeva ai
compagni di tante battaglie e sacrifici, sembravano rinnovare le
tragiche atmosfere dei lontani anni di guerra e le non meno dure
traversìe di pace e di speranza del primo e secondo dopoguerra:
ricordiamo ed onoriamo per l'eternità la sua vita feconda ed il suo
esempio inimitabile.
Luciano Viazzi

9
Prefazione
A Mario Pasinetti va il merito di aver raccolto negli anni
numerosissimi residuati bellici che con il disgelo e con il ritiro della
fronte emergevano e continuano a emergere dal ghiacciaio dello
Stelvio.
Dai ritrovamenti occasionali alla ricerca metodica il passo è stato
breve: il materiale esposto presso il Museo Carlo Donegani della
Banca Popolare di Sondrio al Passo dello Stelvio ne è testimonianza.
Grazie a lui coloro che transitano sul Passo più alto d'Europa
possono rendersi conto delle condizioni nelle quali si svolse la Prima
Guerra Mondiale sul fronte lombardo.
Nella ricerca di testimonianze di quelle mitiche battaglie fra i
ghiacci, Pasinetti si fa emotivamente coinvolgere e, spinto
dall'entusiasmo, indirizza via via i suoi interessi al recupero della
memoria storica di coloro che la guerra l'hanno vissuta in prima
persona.
Di qui l'idea, insieme con il Maggiore degli Alpini Giuseppe
Magrin, noto studioso e cultore della storia della Guerra Bianca, di
rievocare la figura di Don Giovanni Antonietti, soldato di Dio e
della Patria, nel 25° anniversario della scomparsa.
La puntuale rappresentazione degli avvenimenti degli anni di
guerra fa da trama per esaltare con sincera partecipazione lo spirito
nobile del cappellano militare che, stando in trincea con i suoi
Alpini, condivideva la loro sorte, dando e traendone sostegno. La
sua opera, al di là del periodo bellico, testimonia poi lo spirito del
prete-soldato, uomo e alpino in mezzo alla sua gente: tra i reduci per
ricordare e con gli orfani e i giovani per costruire una convivenza
civile e fraterna, tra figli dello stesso Padre.
Mario Pedranzini

10 Don Giovanni Antonietti
Celebrare il sacerdote acceso di fede, ricordare l'alpino,
l'uomo forte, coraggioso, schietto che fu don Giovanni
Antonietti, a questo serve questa pubblicazione che nasce
dal rispetto, dall'ammirazione e dalla riconoscenza di Giulio
Ghisleni, figlio acquisito, ma anche figlio d'elezione di don
Giovanni Antonietti per averne raccolto l'eredità morale.
Messa in montagna: il momento della Consacrazione (Furcla Surlej - Silva Plana, Svizzera).

Soldato di Dio e della Patria 11
«Giovanni Antonietti,
soldato di Dio e della
sua Patria»:
nella frase si
vorrebbero
riassumere 86 anni
di intensa
militanza di un
uomo forte ed
esemplare,
impegnato a
perseguire, con
saldissima certezza
nei propri ideali, le
grandi opere che
ancor oggi
rimangono a
testimoniare
l'opera di questo
grande uomo che
seppe camminare
diritto in mezzo ad
infinite difficoltà ed
al tormento di due
guerre mondiali.
Il credo e gli
ZEDDETERIA DI STATO
DI 14JA SAPITTTis
£aidinza ihornrieNtrulea,
imeigims. 4 te <Ano. rityp
piuiwI t S. Fidi v L'Aiuto di Ddrat Cideogra Animo* Wlitsk
• Allari dd•-•r•PI -
Si Lo Asme, impadilo oradon di paratia/a perssaabstrok ist
~key MI* Tdr.Ardt. Udienza rffiltifiridg sistassir ai Copprlians HiliktA isswisis,
il nailon!. idupiaorr +zaini smz• dighbidtiittd9diuFiww ged iiiSo•htdis4d.
tllii odili di omoni!' CA.. lA so Pod.ffifir g rirecha i .idji Im,prAtiaskri
HIUSULCiPrildi rimpagid e di ctumpiarimenh.il ;NO ?anta.
VOlifil a h ladlIZA igdillkdr: dito CriS 422 Plkitàfid. Ire-
Sztrand. raligiodio cdist il Vicario di Gni CrUls MIA,* prreA2 a gas /dir» ~Vai
ILiliffgd sisma* di Une •Vendemi bmu odia eltruh dida saio sksgs
sisrpsassiri, mi Le Uni codirt ibileli tttly 2AMOZEMI IO* sa-rifiria, i ~doli
innanzi:ad di Isa rari dgissmate./
Sin Sdanfildà, isattr., filudorda i Dsa Alibmiudrí: i ill'Atd~adw dei Cd~
Joe Mih,,ui sa edietado, di od dì il ,ddind heiddraddr, te ilssimso Apaussirss EIr•r-
ésisisse uiaupirie di »pio ,rraErs raraspour LLj
ui rArt rsisfenaarms cuis :rivi di diardoto dd,,,dred
A Si.. Esralleisaa arsa..
24crAirror GIUSEPPE PIAZZI
Vnas... d4
rtEEGAMO
d,ll'Ercellensa Vostra. Amata
Des.mo
Pii + A. DELL'ACQUA
Sortimi&
GHISLEN1 GIULIO
Vi Fiorine. 94
24c2 CLUSONE (90)
ideali di don Antonietti furono come le rotaie al
potentissimo motore di quella volontà che sembrava creata
per andare là dove il disegno divino chiedeva si andasse.
Su don Giovanni Antonietti altri e ben più
autorevolmente di noi hanno scritto, dunque questo
modesto contributo alla ricostruzione del suo «caso» umano
Lettera riguardante don Antonietti dal Vaticano al Vescovo di Bergamo (arch. G. Ghisleni).

12 Don Géovanni Antoníetti
deve essere considerato soltanto come un gesto spontaneo
di ammirazione e di reverenza verso l'uomo-alpino-prete-
soldato. I cenni biografici, tratti dalle carte raccolte e
conservate da Giulio Ghisleni, sono anche rinvenibili nella
pubblicazione della Associazione Allievi e Amici di
Monsignor Antonietti («In Memoria») ed in quella di
Ferdinando Aronica uscita nell'anno 2000 a cura del Circolo
Culturale don Brizio Casciola di Montefalco (PG), che
tuttavia non sono facilmente reperibili.
Un'altra non trascurabile ragione che ci porta a ricordare
don Antonietti e a condividerne lo spirito, è la comune
appartenenza a quella particolare specie di esseri umani -
oggi purtroppo in via di estinzione - che sono gli Alpini,
parola qui scritta non a caso con la A maiuscola.
Tra i suoi Alpini del Battaglion Tirano, nel 1915 in zona Stelvio.
A destra: sentinella alpina al crepuscolo sul fronte dello Stelvio.

14 Don Giovanni Antoniettí
La stima e l'ammirazione degli Alpini, bergamaschi in
particolare, per il «loro» cappellano non vennero mai
meno. Nell'occasione della fondazione della Sezione ANA
di Bergamo il 15 giugno 1922, don Giovanni scrisse per
l'Eco di Bergamo ricordando i giorni della trincea:
«Il distintivo degli Alpini non è tanto la penna sul cappello,
quanto l'anima diritta come una saetta, sdegnosa di tutte le
tortuose vie degli arrivisti, non tanto le fiamme verdi sul bavero
della giubba, quanto la perenne giovinezza di fede e di speranze
che traspare dai loro occhi profondi e pensosi anche dopo le ore più
trepide. Apparentemente ruvidi, intimamente aperti ai sentimenti
più nobili e gentili. Nel loro cuore non vi fu che amore per il
fratello, per soccorrerlo ferito o per raccoglierlo morto, si calarono
nei crepacci dei ghiacciai, si spinsero nei canaloni e sui picchi più
inaccessibili, strisciarono fin sotto le mitragliatrici nemiche una,
Giornalisti in visita al Passo Forcola, zona Stelvio 1915.

Soldato di Dio e della Patria
due, dieci volte,
anche a costo della
vita. Non vi fu
odio nemmeno per
il nemico. Al
prigioniero, dopo
averlo snidato,
offrivano il caffè e
la pagnotta come
ad uno di loro.
Gente dall'animo
semplice e retto,
che non ebbe i
gesti degli eroi da palcoscenico, non si affannò in lunghe
discussioni, non chiese molti perché, ma ubbidì ai superiori e
compì in silenzio il dovere sino anche al sacrificio di sé.
Quegli Alpini ispirarono la loro vita ai principi tradizionali, ai
valori supremi che conosce la gente di montagna: l'ordine, il
lavoro, il dovere; valori umani alti e solidi come i loro monti e che
sono fonte di benessere, di grandezza, sono sapienza e religione nei
secoli. Dai monti dove siete nati - scrisse ancora don Giovarmi
Antonietti - scendano alla pianura non solo le acque che
fecondano il piano, ma anche i principi eterni che possono
garantire alla nostra Italia un avvenire migliore!».
Ma don Giovanni era anche un uomo schietto che non
accettava compromessi di sorta, nella stessa occasione ebbe
infatti a dire ai numerosissimi Alpini convenuti a Bergamo
da tutte le vallate della provincia:
«Anche se siete stati traditi da molte promesse fattevi da coloro che
non sacrificarono che la saliva, ricordatevi che la coscienza del
dovere compiuto vi assiste e da tale coscienza traete gli auspici per
la conquista dei vostri diritti...!».
15
Ufficiali svizzeri e italiani nei pressi della IV Cantoniera, zona Stelvio 1915.

Ti

17
Nota biografica
Giovanni Antonietti era nato fra i monti della Val Seriana
(BG) a Cirano, frazione di Gandino che sorge ai piedi del
monte Farno, il 7 febbraio del 1892. Sette mesi prima la
mamma Caterina Nodari da poco sposata, era rimasta
vedova. Il padre, Giovanni Antonio, era morto di polmonite
ed il piccolo nasceva quindi già orfano.
Dopo la tragica scomparsa del marito, la giovane
Caterina ritorna presso la casa paterna dove conduce vita
modestissima. Il piccolo Giovanni, cresciuto con gli zii
materni, ad otto anni è già pastorello sulle baite in
montagna, dove d'estate conduce all'alpeggio il bestiame
della famiglia e d'inverno aiuta nei piccoli lavori e raccoglie
la legna per la propria casa e per il fornaio del paese dal
quale riceve in cambio qualche etto di pane. Il giovane
cresciuto sulle sue montagne, entrò
in seminario a 12 anni. Gli studi
non gli furono facili, a quel tempo
le famiglie degli aspiranti sacerdoti
dovevano accollarsi l'onere del
mantenimento dei figli e le poche
risorse di mamma Caterina non
erano sufficienti. Ma il giovane
seminarista, che già conosceva per
averle ben sperimentate le fatiche
della vita, dedicò parte del suo
tempo a fare l'assistente al Collegio
di Sant'Alessandro, la famosa Casa
Bonomelli e all'Istituto per i
sordomuti, per pagarsi gli studi
rimanendo così in seminario come
Don Giovanni Antonietti a inizio guerra e, a destra, la sua casa natale.

18 Don Giovanni Antonietti
Fra i suoi più stretti parenti il giorno della consacrazione sacerdotale.

Soldato di Dio e della Patria 19
convittore anche per l'ultimo anno di Teologia (1913-14),
ossia fino alla ordinazione. Tra l'altro il giovane ebbe tra i
suoi insegnanti del seminario il prof. Angelo Roncalli di
Sotto il Monte BG: il futuro Papa Giovanni XXIII.
Fu dunque ordinato sacerdote nella imminenza della
entrata in guerra dell'Italia, mentre il conflitto era già in atto
dall'agosto del 1914. A don Giovanni Antonietti era stata
assegnata la parrocchia di Chiuduno, ma appena scoppiata
la guerra con l'Austria Ungheria, il 27 maggio del 1915, il
giovane prete, raggiunto dalla cartolina precetto che allora
arrivava anche agli appartenenti al clero, indossa la divisa
di soldato di sanità poiché è assegnato all'ospedale di
Milano.
In zona Stelvio nel 1915.

20 Don Giovanni Antonietti
Tale destinazione che pure avrebbe evitato i disagi ed i
rischi della guerra guerreggiata, tuttavia non poteva essere
confacente al carattere ed alle aspettative di don Giovarmi,
che, attivo ed intraprendente com'era ma anche animato di
un forte amor patrio, voleva in tutti i casi rendersi davvero
utile alla causa della Patria e sentirsi effettivamente tale.
La domanda subito presentata, tendente ad ottenere di
essere impiegato in zona di operazioni, viene accolta e don
Giovanni il 27 luglio 1915 giunge ai Bagni di Bormio, dove
c'è il Comando del Sottosettore Valtellina e viene assegnato
alla 49
7
Compagnia del Battaglione Alpini Tirano, già da
qualche tempo operante nella zona, col compito di vigilare
sul valico alpino dello Stelvio e sui monti altissimi dello
spartiacque Lombardo-Tirolese. La grande passione per la
Inizio guerra: trasporto del primo morto (bergamasco). Sullo sfondo la Cima Rosa.
A destra: squadra portaferiti. Sullo sfondo il Piz Umbrail.

22 Don Giovanni Antoniettí
montagna, che
don Giovanni
nutriva fin da
quando,
ragazzo, saliva
sugli alpeggi
della propria
valle, ha qui
modo di
combinarsi con i
doveri del
ministero
sacerdotale e del
servizio militare di guerra. I reparti del Tirano sono infatti
dislocati sui valichi e sulle cime lungo la frontiera svizzera e
tirolese, nell'alta corona rocciosa e glaciale che cinge da nord
la Valtellina, quello che diventerà il più elevato fronte di
tutta la guerra europea. Il cappellano militare salirà dunque
sulle cime di Radisca, sulla Forcola, sull'Umbrail, sullo
Scorluzzo... alle posizioni tenute dagli alpini del Tirano in
una zona
climaticamente molto
avversa, dove le
giornate di bel tempo
e di temperatura
accettabile si contano
sulle mani e dove ci
si appresta a vivere,
sopravvivere e
combattere contro gli
uomini e contro le
avversità della
natura, la più dura,
In alto: la III Cantoniera dello Stelvio, con il piccolo cimitero di guerra.
In basso: attendamenti d'alta quota in zona Stelvio.

Soldato di Dio e della Patria
la più incredibile, la più alpina di tutte
le guerre. Il giovane cappellano con il
suo passo da montanaro, col suo
entusiasmo che è quello della giovane
età e dei grandi ideali, con una fede
pari alla sua forza fisica e morale,
celebra le sue funzioni lassù, sulle
misere baracche dove
quotidianamente si lotta col freddo,
con la neve e col nemico, dietro
provvisori ripari, su altari di fortuna o
più semplicemente costruiti con le
casse delle munizioni. Le presenze di don Antonietti sono
documentate da alcune rare foto che lo ritraggono nell'atto
23
In alto: altare da campo.
In basso: La prima messa di don Antonietti celebrata sul campo nella prima guerra.

24 Don Giovanni Antoniettí
di celebrare o, più
semplicemente, con
quegli alpini coi
quali si apprestava
ad affrontare i
rischi e le durezze
della guerra. Anche
al confine svizzero,
il previdente
generalissimo
Cadorna aveva
voluto dislocare
reparti a vigilanza
del confine e ciò ad
evitare le sgradite sorprese avute dai francesi quando i
tedeschi avevano aggirato le linee ed erano entrati in
Francia occupando il Belgio.
Quando successivamente in Valtellina gli alti comandi
determinarono la formazione di un nuovo Battaglione
alpino, il Btg. Monte Stelvio, don Giovanni, che a quel
In alto: ufficiali italiani sul Filon del Mot.
In basso: sentinella alpina nei pressi della IV Cantoniera dello Stelvio.

Soldato di Dio e della Patria
tempo era già stato nominato tenente anche per
interessamento del vescovo di Tortona Monsignor Grassi
che ben conosceva Antonietti dai tempi del seminario,
divenne cappellano del Battaglione e si apprestò, con
l'entusiasmo che gli conosciamo, a seguirne la sorte.
Qui di
seguito,
attraverso le
vicende vissute
dai reparti ai
quali
appartenne
don Giovanni,
possiamo
ricostruire i
suoi
spostamenti
negli anni della
Grande Guerra.
25
In alto: trasporto svizzero di materiali lungo la strada dell'Umbrail.
In basso: costruzione di baracca svizzera sulle pendici del Piz Umbrail.

26 Don Giovanni Antonietti
Il Big. Tirano nel 1915
Il Battaglione Tirano era
dislocato in alta Valtellina fin
dall'inverno del 1914.
Con il complicarsi dei
rapporti tra gli stati europei e
soprattutto dopo lo scoppio
della guerra europea, lungo le
frontiere Svizzera e Tirolese, il Battaglione, che già compiva
frequentemente marce ed esercitazioni nelle prossimità della
frontiera, aveva stabilito alcuni posti di osservazione che
In alto: preparazione di una trincea nei pressi della IV Cantoniera dello Stelvio.
In basso: ufficiali italiani del Btg. Tirano in zona Stelvio.

Soldato dí Dío e della Patria
vennero prontamente rinforzati nel maggio del 1915 quando
anche l'Italia, rotti gli indugi, entra nel conflitto schierandosi
contro l'ex alleato Austroungherese.
I presidi già stabiliti dal Battaglione Tirano alla testata
della Valtellina erano i seguenti: I Cantoniera della strada
dello Stelvio, Tettoia del Palone, Ca' Bruciata, Fortini,
Ricovero del Braulio, Capanna Cédè, Rifugio del Gavia.
Dallo scoppio delle ostilità le pattuglie sugli altissimi
monti di confine vengono fortemente intensificate. Alcune
di queste vengono
distaccate a ridosso
del Giogo dello
Stelvio sulle pendici
dello Scorluzzo
(Filon del Mot), ai
passi dell'Ablés e
del Cevedale col
compito di prendere
In alto: Alpini del V sullo Stelvio.
In basso: soldati italiani e svizzeri sul confine.
27

28 Don Giovanni Antonietté
contatto col
nemico e per
dare tempo
alle artiglierie
italiane (5a
Divisione, III
Corpo
d'Armata) di
affluire nelle
posizioni
prestabilite.
Il 4 giugno gli imperiali occupano lo Scorluzzo che era in
precedenza rimasto abbandonato, e le pattuglie degli alpini
debbono attestarsi più in basso. Il 16 di giugno il Tirano
occupa con le forze necessarie, le posizioni ritenute idonee
alla difesa, e cioè: Bagni Vecchi e Bormio col Comando di
Settore, la I Cantoniera, la Galleria del Palone, i Fortini, il
Ricovero del Braulio, la IV Cantoniera, il Filone del Mot, il
In alto: militari svizzeri sulla vetta del Piz Umbrail.
In basso: Alpini sulle pendici del Filon del Mot. Sullo sfondo la valle dei Vitelli e il
ghiacciaio dell'Ablés.

Soldato di Dio e della Patria
passo del Crapinèl, Santa Caterina di Valfurva, il Rifugio
Gavia, la Capanna Cédè ed il passo dell'Ablés, ove i reparti
vengono impegnati nei lavori di fortificazione.
Il 26 luglio, la 46a Compagnia procede all'attacco della
posizione nemica dello Scorluzzo minacciandone i fianchi
dal Filone del Mot e dalle Rese, mentre la 48a e la 49a
agiscono
dimostrativamente
sulle Platigliòle e
verso la Nàgler e il
Giogo dello Stelvio.
Il giorno dopo il
giovane prete,
finalmente assegnato
secondo la sua stessa
volontà ad un
reparto operante alla
29
In alto: militari svizzeri sulla Dreisprachenspitze (Pizzo Garibaldi).
In basso: goniometro per l'inquadramento dei tiri di artiglieria.

30 Don Giovanni Antoníettí
frontiera, giunge a Bagni di
Bormio, assegnato alla 46'
Compagnia.
L'attacco allo Scorluzzo,
precedentemente occupato dal
tenente della gendarmeria
austriaca Andreas Steiner, che era
di servizio al confine fin da prima
della guerra, non sortisce esito
favorevole per gli alpini che,
nonostante il coraggio e
l'ardimento, sono costretti a
ripiegare con qualche perdita.
Il 13 agosto la 113' compagnia del
della 2' Compagnia Volontari alpini,
la Malga Paludei in Val del Monte, ma anche questa azione
fallisce. In seguito il Tirano si stabilizza sul fronte,
attendendo a difficili lavori di difesa e per la costruzione
della viabilità indispensabile alle esigenze belliche. Inoltre
numerose pattuglie si muovono per mantenere la
sorveglianza nel settore.
Col sopraggiungere dell'inverno, in quella zona assai
precoce, il 17 ottobre il Tirano assume la seguente
dislocazione che viene giudicata più adatta a prepararsi ai
rigori invernali: IV Cantoniera-Rese di Scorluzzo q. 2825,
Filone del Mot, Passo di Crapinèl, Le Buse, II Cantoniera,
Passo dell'Ablés, Lago Alto, Albergo Ghiacciaio dei Forni,
Capanne Cédè e Milano in Val Zebrù, Rifugio Gavia.
Nel mese di novembre, cedute le linee al battaglione
Valtellina, il Tirano scende a riposo a Cepina dove rimarrà
fino alla fine dell'anno.
Il tenente della gendarmeria austriaca Andreas Steiner.
Tirano con due plotoni
tenta un'azione verso

Soldato di Dio e della Patria
Il Battaglione
Monte Stelvio
Il Battaglione Monte Stelvio
si era costituito a Tirano il 10
gennaio del 1916 con la 89a,
113a e 137 Compagnia oltre al
Comando di Battaglione.
All'inizio della primavera (7
aprile 1916) giunge a Jezerka
in zona assegnata al IV Corpo
d'Armata e già l'indomani
prosegue per Ravna. Qui
viene raggiunto dalle
compagnie 89a e 113a che
erano reparti di vecchia formazione ed in precedenza
avevano combattuto col Tirano ed alle dipendenze del
Gruppo Alpini "A".
Quest'ultima unità, in data 20 maggio, aveva assunto la
denominazione di
1° Gruppo ed aveva
ricevuto il nuovo
Battaglione.
Il Monte Stelvio
si trasferisce il
giorno 17 a Planina
Za Kraju e nella
notte seguente si
porta in linea sul
Monte Nero e più
In alto: alpini diretti al M. Nero guardano un coetaneo in borghese che si allontana dal fronte.
In basso: salmerie in alta Carnia.

32 Don Giovanni Antoniettí
precisamente al cocuzzolo
del Vrsic e sul cosiddetto
«Costone Basso». Il giorno 23
dello stesso mese il
Battaglione può estendere
l'occupazione sino al fondo
della valle di Slatenik per
realizzare il collegamento coi
reparti dislocati sulle pendici
del Krasji Vrh.
La sera del 25 maggio, gli
imperiali sferrarono di
sorpresa un violento attacco; nelle trincee del Costone
gli alpini resistono, ma sul cocuzzolo del Vrsic gli attaccanti
hanno inizialmente il sopravvento. Accorrono rincalzi, don
Antonietti e il comandante del Battaglione, capitano de
In alto: in trincea al Vrsic.
In basso: il Monte Nero.
Basso

Soldato di Dio e della Patria
Giorgis, riorganizzano i difensori e
si lanciano al contrattacco. All'alba
del giorno 26, dopo una lotta corpo
a corpo quantomai furibonda, che
costa d'ambo le parti numerosi
caduti e feriti, la posizione viene
rioccupata dagli italiani.
Nel settore, fino ai primi di
settembre, non si hanno azioni di
rilievo; le compagnie sono
impiegate per la sistemazione
difensiva delle posizioni che
presidiano a turno, effettuando
frequenti ricognizioni di pattuglie.
Nel frattempo le truppe del settore Saga concretano la
conquista del monte Rombon, al primo gruppo è assegnato
33
In alto: scene di un assalto dalla «Illustrazione Italiana».
In basso: il costone salito dagli italiani durante la conquista del monte.

34 Don Giovanni Antonietti
il compito di impegnare l'avversario ed allo scopo il
battaglione Stelvio contrasta l'avversario specialmente sul
cocuzzolo austriaco del Vrsic; viene dunque sostituito in
linea da reparti del 93° Fanteria e
la sera del 12 settembre si
ammassa in posizione idonea per
un attacco in forze, mentre
l'artiglieria intensifica la sua
azione contro gli obiettivi previsti.
Il compito principale è affidato
alla 93' Compagnia rinforzata da
due plotoni della 113'. L'unità
tenta di superare i reticolati
predisposti dall'avversario, ma in
questo intento viene decimata dal
fuoco dei difensori e da una
quantità di mine sparse sul
In alto: Monte Nero. Ufficiale che arringa gli Alpini prima dell'assalto.
In basso: vita in trincea sul Monte Nero.

Soldato di Dio e della Patria
terreno che dilaniano molti alpini.
Gli assalitori sono così obbligati a
ripiegare con parecchie perdite. Il
monte Stelvio rimane quindi sulle
trincee italiane del cocuzzolo e su
quelle dell'ex osservatorio austriaco
che presidia a turno con due
compagnie mentre la terza si porta
a Planina in riserva. Su quelle
posizioni lo «Stelvio» rimarrà per
tutto l'anno, e se l'attività bellica si
limita alle azioni di pattuglia ed a
un continuo stillicidio di perdite per il cecchinaggio, le
avversità della montagna non mancano di provocare nuove
vittime con valanghe, congelamenti e quant'altro la
montagna invernale, nella sua estrema severità, può
procurare ai reparti che vi lavorano e la presidiano.
35
In alto: in trincea sul Monte Nero.
In basso: Alpini sul Monte Nero.

36
Don Giovanni Antonietti
Natale di guerra
al Monte Nero
Il Santo Natale del
1916, trascorso da Don
Giovanni assieme ai
suoi alpini sul Monte
Nero, rimase
profondamente inciso
nel ricordo del nostro
cappellano, tanto che
nel 1966 a mezzo secolo
di distanza, Monsignor Antonietti scrisse le righe che qui
sotto riproponiamo e che abbiamo tratto dal libro di
Ferdinando Aronica - pag 37, doc. n.4 -.
In alto: Monte Nero, inverno 1916. Don Antonietti con gli ufficiali del Btg. Stelvio.
In basso: baraccamenti sul Monte Nero.

Soldato di Dio e della Patria
Scrive don Giovanni:
«Sono passati
cinquant'anni, da quel
Natale, ma è vivo e
presente come se fosse ieri.
E' stato, per i miei Alpini
del Btg. Stelvio, uno dei
più sacrificati, dei più duri,
ma in fondo dei più
consolanti. Tutti gli altri
Natali di festa, di gioie
materiali sono presto svaniti nel tempo e nella memoria.
Mai come in quello ci sentimmo vicini al bambino Gesù e
meritevoli che Egli fosse disceso dal cielo per ognuno di noi. La
stalla, l'antro di Betlemme,
era ogni nostro cuore pieno
di tante speranze. Da tempo
sognavamo il Natale e
l'aspettavamo anche perché
avrebbe dovuto finalmente
portarci il cambio tante volte
promesso.
Eravamo nelle primissime
linee del Vrsic da otto mesi,
la punta estrema a dodici
metri dal nemico, presi nel
fuoco delle artiglierie di
fronte e di fianco.
Ogni giorno vi erano
feriti e morti. La vita era
durissima.
37
In alto: stazione di arrivo della teleferica sul Monte Nero.
In basso: in trincea sul Vrsic.

38 Don Giovanni Antonietti
Durante la Novena di Natale
poi, era diventata tremenda. La
tormenta e la bora avevano soffiato
sempre più violente, livellando
camminamenti, facendo scomparire
ogni traccia dei sentieri di accesso
alle gallerie e alle trincee, ostruendo
buche; la cresta dove erano tutti gli
avamposti, era diventata una lastra
di ghiaccio.
Pazzia pensare ai cambi di
reparto, non potevano arrivare
nemmeno le salmerie con i
rifornimenti. Unico conforto era
che vento, bora e tormenta
infuriavano anche presso il nemico,
ed a lui pure restava impedito ogni
tentativo d'azione. La Novena si svolse in queste condizioni, e così
pure il giorno solenne e santo del sospirato Natale.
Ma, potenza dei richiami delle grandi date, della giovinezza
della fede e
dell'altissima
coscienza del
dovere!
Gli alpini pure
accompagnando
più
frequentemente del
solito con moccoli
contro la "naja"
ogni loro attività,
rimasero vigilanti
In alto: trasporto di mitragliatrice Fiat.
In basso: vita di guerra al Monte Nero.

Soldato di Dio e della Patria
ai loro posti di vedetta,
in nicchie di ghiaccio,
razionarono viveri di
riserva, si pestavano i
piedi a vicenda per non
congelarsi, e... lavorando
come talpe, realizzarono
camminamenti per
collegare le varie trincee
e giungere fino alle
cucine e alla grande
galleria-riserva del Battaglione, destinata a posto di medicazione e
deposito munizioni e uomini, misero in comunicazione ogni
disponibilità di materiale e di energie fisiche e morali, e i più forti
lavorarono per i più deboli, i più giovani e spensierati tenevano
allegri i più anziani.
39
In alto: il traino di un pezzo d'artiglieria sul Monte Nero.
In basso: «veci» nelle trincee del Monte Nero.

40 Don Giovanni Antoniettí
Fu veramente una
novena eroica di
sacrifici e d'amore. E
nella grande
solennità, assicurati i
posti di vedetta, la
maggioranza poté
riunirsi per la santa
Messa di Natale nella
grande galleria. Non
venne celebrata a
mezzanotte, perché di
notte bisognava stare
in allarme, ma a
mezzogiorno dopo il sonno mattutino.
Forse mai come allora i miei Alpini ascoltarono la Messa con
tanta commozione e compresero come ogni redenzione si compia
con il sacrificio.
In alto: osservatorio di artiglieria.
In basso: vita al fronte sul Monte Nero.

Soldato di Dio e della Patria
La galleria, con le sue varie diramazioni, era illuminata con le
bombe Sipe attrezzate a lampade, con brandelli di camicia per
stoppino e alimentate dall'olio destinato alla pulizia e
lubrificazione delle armi.
Sull'altare due candele e il crocefisso e, dietro, la sacra bandiera
della Patria. Con la Messa incominciarono i canti al Bambino
Gesù, ben noti dalla
fanciullezza agli alpini, un
sergente abruzzese con la
fisarmonica a bocca li
accompagnò come e meglio
di un organo. Quando il
cappellano più con
l'espressione del volto e
degli occhi, rivolse ai suoi
alpini semplici parole, la
commozione prese tutti i
cuori, la comunione con
41
In alto: il Monte Nero visto da Drezenka.
In basso: teleferica sul Monte Nero.

42 Don Géovanni Anronietti
tutti i nostri cari lontani
fu piena e quasi
tangibile.
L'oscura umida
galleria parve
illuminarsi a giornata di
sole, trasformarsi come
una Cattedrale.
La privazione di ogni
elementare conforto
materiale apparve come
la mancanza di un giocattolo, le sofferenze, i sacrifici e le ansie dei
giorni precedenti, scomparsi; e in un impeto di slancio come
l'eterna giovinezza delle verità che esprimevano, gli alpini
intuirono la potenza delle virtù umane e divine, che con i loro
sacrifici, uniti a quello di Gesù avevano realizzato in
quell'eccezionale Natale di guerra al Monte Nero.
Don Antonietti».
In alto: vita al fronte sul Monte Nero.
In basso: baraccamenti sul Monte Nero.

Soldato di Dio e della Patria
Nel nuovo anno di guerra (1917) il comando Supremo
ordina la radunata del 1° e 2° Gruppo alpino a Tarcento, nei
giorni 25 e 26 gennaio il Monte Stelvio, dopo aver ceduto i
propri presidi
al 97° Fanteria,
scende ai piedi
del Monte
Nero: Ravna
Magozd e
Drezenca.
Prosegue poi il
28 per San
Pietro di
Natisone,
Remanzacco e
Reana di
Rojale; il 17
febbraio si
sposta
ulteriormente per giungere a Conegliano, Montagnacco e
Cassacco.
Don Antonietti seguirà tutti questi spostamenti del suo
Battaglione di appartenenza.
Ora il Battaglione effettua un preventivo periodo di
istruzioni prima di recarsi sull'Altipiano di Asiago col
gruppo alpino di appartenenza. Giorni durissimi e lotte
cruente aspettano lo «Stelvio» che parteciperà all'olocausto
dell'Ortigara. Il cappellano: tenente don Giovanni
Antonietti, rimarrà in quei giorni a prestare la sua opera
presso l'ospedale da campo 0157 dove maggiormente c'è
bisogno di aiutare, di assistere, di confortare.
43
L'Ordinario militare Mons. Angelo Bortolomasi al fronte.

44 Don Giovanní Antoniettí
Il cappellano del Monte Nero
Al Monte Nero don
Giovanni ebbe modo di
manifestare la forza del
proprio carattere, il coraggio e
la volontà di affermazione dei
propri ideali per i quali stessi
egli non avrebbe temuto di
dare tutto sé stesso fino al
sacrificio della vita stessa.
Il Monte Nero si trova in
quello che allora era l'estremo
settore orientale del lungo
fronte alpino che si estendeva per circa 600 km dal passo
dello Stelvio al mare di Trieste. Fin dagli inizi del mese di
In alto: Alpini dello «Stelvio» in Carina.
In basso: gruppo di Alpini del Battaglione Stelvio.

Soldato di Dio e della Patria
marzo 1916 intorno al Monte Nero era stato tutto un
susseguirsi di sparatorie e di colpi di mano. Il Battaglione
cui apparteneva il nostro giovane prete (comandato dal
Maggiore Aldo Cabiati, poi famoso storico della guerra), era
affiancato dal battaglione «Spluga». Insieme questi due
reparti alpini avevano tenuto testa per tutto il 1916 alla
costante pressione avversaria, dopo essersi impossessati
ancora nel giugno del
1915 del monte. Le
compagnie 88a e 104'
allora appartenenti al
Battaglione Morbegno,
avevano occupato fin
dai primi giorni del
mese il cocuzzolo del
Vrsic a 1897 metri di
altezza. Nel mese
45
In alto: baraccamenti in alta Carnia.
In basso: in trincea sul Monte Nero.

46
Don Giovanni Antoniettí
successivo (7 aprile 1916) le stesse compagnie unite alla 136a
da poco formatasi a Talamona, erano andate a costituire il
nuovo Battaglione Spluga. I reparti del nuovo battaglione
erano dunque già provati da settimane
di durissima lotta mentre col venire
della primavera la situazione non
migliorava poiché l'artiglieria nemica
dalle postazioni dello Javorcek e dello
Smogar continuava impunemente ad
infierire sulle linee italiane,
distruggendo sistematicamente i lavori
difensivi approntati con gravi sacrifici
dagli alpini di presidio sulla
montagna. Lassù le linee contrapposte
erano in taluni punti talmente vicine
che gli avversari avrebbero potuto
conoscere persino il colore degli occhi
In alto: salmerie in alta Carnia.
In basso: Alpini sciatori del Battaglione Stelvio.

Soldato di Dio e della Patria
dei propri antagonisti.
Il lungo protrarsi
della lotta ravvicinata,
l'esposizione al
costante pericolo ed
alle continue
reciproche insidie,
aveva fortemente
logorato gli animi, e
gli alpini davano
ormai palesi segni di
stanchezza e di insofferenza. Bastava infatti una minima
disattenzione per divenire facile bersaglio del tiro spietato
del cecchino. All'inizio di aprile, il fuoco delle artiglierie
dallo Javorcek e dallo Smogar, aumentò di intensità, in quei
giorni, alcune baracche italiane vennero centrate in pieno e
perse la vita il tenente Manlio di Faccio al cui nome gli
alpini dedicarono la quota 2133. Nelle azioni successive
persero la vita anche il capitano Sergio Giannello,
comandante della 104" e molti altri. La notte del 23 maggio
1916, mentre sulle Prealpi venete infuriava la
Strafexpedition, forti nuclei avversari tentarono di
sorprendere le difese
della 136a venendo
però respinti. All'alba
del 25 l'attacco
rinnovato con forze
molto superiori
intorno al cocuzzolo
del Vrsic, ora tenuto
dal battaglione
Stelvio, sortì
momentaneamente
47
In alto: Padre Semeria, famoso oratore in guerra.
In basso: il rancio dei prigionieri.

48 Don Giovanni Antonietti
l'effetto voluto
dagli attaccanti, i
quali, sopraggiunti
senza alcuna
preparazione di
artiglieria
strisciando
silenziosamente
nascosti nelle
anfrattuosità del
terreno, si erano
portati sottocresta
passando nei punti
non ancora predisposti a difesa e annientando le vedette. Il
capitano Santini, nell'intento di organizzare la reazione
venne colpito da una granata. La baracca comando della
137a fu occupata e l'intera posizione pareva tagliata fuori
avendo due plotoni isolati che tuttavia a nessun costo
vollero cedere le armi al nemico, anzi gli alpini, lottando
furiosamente corpo a corpo, si facevano largo tra i nemici
sgominandoli uno ad uno col fucile usato a mò di clava e
colle baionette.
La lotta
prosegue per
tutta la notte
con assalti e
contrassalti
che si
susseguono
nel caos e nella
semioscurità,
tra i bagliori
delle
In alto: traino di artiglieria sul Monte Nero.
In basso: le baracche degli Alpini a Zabario.

Soldato di Dio e della Patria
esplosioni provocate dal fuoco concentrato delle opposte
artiglierie che infieriscono nella breve striscia del terreno
della contesa. Alla mischia bestiale partecipano tutti gli
elementi disponibili, persino i cucinieri, muoiono tra gli altri
il sottotenente Antonio Sertoli comandante della Sezione
Mitragliatrici del Battaglione e il caporal maggiore Luigi
Bonomi. E' nel vortice di questa battaglia intorno al Vrisc
che don Giovanni Antonietti, visti caduti o feriti i
comandanti del reparto, verso le 4 del mattino prende con la
massima energia l'iniziativa per coordinare, assieme al
capitano de Giorgis, le forze ancora utilizzabili e far fronte
coi superstiti all'incalzare del nemico. Ancora una volta gli
alpini strisciano fin sotto la trincea ora occupata dagli
imperiali, poi all'improvviso si alza forte e rabbioso il grido:
«Savoia...!» Ancora un corpo a corpo disperato, finché gli
austriaci scappano. In breve la posizione è riconquistata e si
ritrovano ancora degli alpini, asserragliati in una galleria
semicrollata, che per tutta la notte si erano difesi
eroicamente. In quel mentre, dal telefono da campo ancora
49
Il posto di Landro e, sullo sfondo, il Monte Piano.

50 Don Giovanni Antonietti
rimasto
miracolosamente
collegato,
giungono a don
Antonietti gli
ordini imperiosi
di un generale
che comanda di
«crepare» sul
posto ma di non
cedere
assolutamente a
nessun costo. Il giovane prete, col carattere fiero che ha,
risponde «per le rime» al superiore facendosi forza del
dovere compiuto dal reparto intero fino al massimo dei
sacrifici. Quando poi giungerà al comando superiore la
proposta di medaglia d'oro per don Giovanni Antonietti,
per gli indubbi meriti conquistati sul campo nel
In alto: cerimonia in onore dei caduti sul Wrsic.
In basso: maggio 1916, bottino di guerra sul Monte Nero.

Soldato di Dio e della Patria
riorganizzare i difensori e
nel partecipare egli stesso
alla difesa, la medaglia
verrà commutata in
medaglia d'Argento sembra
proprio a causa delle
risposte non certo pavide
date a quel generale. In
quella occasione, le
contrapposte formazioni
persero circa 1'80% dei
propri effettivi. Una
medaglia d'Oro fu concessa
alla memoria del
sottotenente Antonio
Sertoli, ma i fatti di quella
notte tra il 25 ed il 26
maggio 1916 rimasero ben
scolpiti nella memoria dei
superstiti del Battaglione Stelvio che ricordavano, anche a
distanza di molti anni, l'eroismo ed il coraggio del loro
Cappellano don Giovanni. Certamente, quel prolungato
stare in trincea coi suoi alpini, quel condividerne i
sentimenti, i disagi, le apprensioni, fors'anche le «ostie»
contro la naja e contro il destino, in una scena
costantemente dominata dal pericolo e dallo spettro della
morte per varie cause incombente, aveva creato tra quegli
uomini un vincolo anche più forte degli stessi legami di
sangue, segnando profondamente ed indelebilmente la vita
e l'animo dei superstiti cioè di coloro stessi che nella
imminenza delle prove più dure, avevano inviato, come
don Antonietti, lettere di commiato di testamento e di addio
ai propri cari.
51
Zona Caporetto, 1919: cimitero militare.

52
Lettera testamento
di don Giovanni Antoníettí alla madre
Zona di Guerra 15.IX.1916
Carissima mamma
Domani forse i miei Alpini valorosi avanzeranno verso i confini
che Dio ha segnati alla nostra Patria diletta.
Io li seguirò, se anche non li accompagnerò.
Sono certo della vittoria, non sono egualmente certo di
ritornare. Ti saluto e ti bacio per l'ultima volta.
Mamma, coraggio.
Se cado è segno che Dio così vuole per il mio miglior bene e per
te. La tua fede grande, la tua squisita bontà d'animo ti faciliterà la
rassegnazione ed il conforto. Non importa se io - come mio padre -
cado a 24 anni e tu perdi il sostegno più valido di tutta la tua vita.
Guarda Maria Addolorata, di cui ricorre domani la festa e sii
degna di Lei.
Ti sia ancora di conforto il pensiero che sarò caduto sul campo
del dovere per i due grandi ideali che Dio ha stampato nel cuore
d'ogni sacerdote, amor delle anime e l'amore alla Patria.
Addio. Ti aspetto in cielo. Tuo affezionatissimo
Giovanni Antonio.

OSA v
j
-
c-,TElyírj
1:312,

54
Don Glovanni Antoniettí
Quando
finalmente il
prete-soldato
tornerà nella sua
terra, chiamato
nelle numerose
occasioni di
incontro, nelle
ricorrenze, nelle
commemorazioni,
avrà modo di
rivivere, con
quella grande
intensità emotiva che si trasmette immediatamente agli
astanti, quei momenti di vita vissuta sui campi di battaglia
R°. ESERCITO ITALIANO
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TLSSERNI riconoscimento
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.2,5"tgior
2.61 tií
In alto: Val Adamé, 1918.Ufficiali del Btg. Moncenisio - 3
0
Alpini.
In basso: tessera di don Antonietti degli ufficiali in congedo.

Soldato di Dío e della Patria
55
In alto: pattuglia di Alpini a Monte Fummo (sullo sfondo l'Adamello).
A sinistra: la puntina per il lancio delle bombe a mano al Passo dei Russi (2984 m).
A destra: prigioniero russo fuggito dalle posizioni nemiche in Val di Fumo.

56 Don Giovanni Anton ietti
della Grande
Guerra. Gli
incontri della
vita civile ed il
costante
confronto con la
società del suo
tempo, faranno
ancora meglio
comprendere
che cosa
significhi amare
e servire la
Patria.
Intanto però la guerra segue il suo corso che porterà il
battaglione ed il suo cappellano ad altri durissimi cimenti.
In alto: cimitero in Valle Adamé, 1918.
In basso: piccolo posto n. 1 al Passo di Monte Fumo.

Soldato di Dio e della Patria
Non è stato possibile appurare se
don Giovanni abbia partecipato
anche alle battaglie intorno
all'Ortigara, in ogni caso egli ne
visse il dramma forse
dall'ospedale da campo 0157
dove giungevano i feriti e i
moribondi di quelle battaglie e
dove don Giovanni fu a lungo
57
In alto: pattuglia di Alpini sulla vedretta di Adamé.
Asinistra: traino di un pezzo da 75 Krupp al Passo di Campo.
A destra: «Gran Guardia» in Valle Adamé.

sS Don Giovanni Anroniettí
presente. In questa
fase, e dopo i tragici
fatti di Caporetto,
egli si sentiva forse
in colpa verso i
commilitoni per non
essere fisicamente
presente accanto a
quei fratelli coi quali
aveva lungamente
condiviso la trincea,
ed i luoghi dove
massimo era il
pericolo. Forse i
superiori avevano
determinato che il
prete stesse accanto
ai feriti ed ai malati
e comunque lontano
In alto: distribuzione di indumenti di lana in Val Adamé, 1918.
In basso: Monte Re di Castello visto da Passo Forcel Rosso.

Soldato di Dio e della Patria 59
dalla mischia,
ma tale decisione
non era
condivisa da don
Antonietti che
chiese ed ottenne
di essere
assegnato di
nuovo ai reparti.
In un breve
appunto che
troviamo nel diarietto di don Giovanni, stilato nel 1918 quello
nel quale egli segnava con cura le celebrazioni delle funzioni
religiose, troviamo anche una sua nota autografa che dice:
ti/
In alto: al Passo Ignaga (m 2525).
A sinistra: il Rifugio Prudenzini.
A destra: dal quadernetto delle messe di Don Antonietti, M Valle Camonica.

6o Don Giovanni Antonietti
Ospedale da campo 0157/21 gennaio
1918 passato effettivo al Battaglione
Moncenisio.
Altre piccole note riguardano il
numero grande o piccolo degli
intervenuti alle funzioni, il luogo
ove queste si svolgono, per
esempio Il passo Adamè o il
Forcello Rosso. Una noticina
ancora riguarda la data del 16
giugno 1918 e precisa che la
funzione non si è svolta perché in
quel giorno ebbero a verificarsi i
noti fatti del Cavento. Una velata
polemica si potrebbe scorgere
nelle note, tra il giovane prete ed
il Maggiore comandante del
Battaglione (Luigi Viglieri) ove
questi, come scrive don
Antonietti, per ragioni di servizio
non concede ai militari di sottrarre
al servizio il tempo necessario per
assistere alle funzioni religiose che
quindi, in varie circostanze, non
vengono tenute. Possiamo
immaginare il non nascosto, anzi
sicuramente manifesto,
disappunto del cappellano
militare di fronte al superiore, e
tuttavia il suo militaresco
uniformarsi agli ordini.
Dal quadernetto delle messe di Don Antonietti, in Valle Camonica.

Soldato dí Dio e della Patría
Il Battaglione Moncenisio nel 1918
Il battaglione che si
era formato nel 1916
con la 85a la 102a e la
131a Compagnia a
Dierico (Zona Carnia)
apparteneva al
30
Alpini. Nel 1918 con il
14° Gruppo del quale
fa parte nell'ambito
della 66a Divisione, si
riavvicina alle prime
linee dopo un breve
periodo di riposo
trascorso a Liedolo per
ricostituirsi dopo le
battaglie sul Grappa. Il
12 gennaio il
battaglione è destinato
in rincalzo alle truppe
della Brigata Cremona
e giunge in vai delle
Foglie e poi alla
Osteria di Cibara e in
vai Damoro. Il giorno
15 dello stesso mese,
riceve ordine di
prepararsi a conquistare la q. 1486 del Grappa, ma l'azione
causa dei limitati risultati conseguiti in tutto il settore, viene
sospesa. In questa fase don Antonietti giunge al suo nuovo
reparto il quale stesso, dopo i numerosi spostamenti dei
a
61
Don Antonietti con ufficiali del Btg. Moncenisio - 3
0
Alpini in zona Adamello nel 1918.

Soldato di Dio e della Patria 63
A sinistra: Alpini al lavoro nei pressi della «Ridotta Adamé».
In alto: postazione per mitragliatrice in caverna verso il Corno di Grevo.
In basso: la costruzione del cimitero militare di Isola

64
Don Giovanni Antoniettí
La caserma Campellio al Lago d'Arno e, in basso, trasporto delle vittime della
valanga travolte mentre attendevano la distribuzione della posta.

Soldato di Dio e della Patria
giorni precedenti
dovuti alle
contingenze dei
combattimenti, il
22, cedute le
proprie posizioni
ai sopravvenuti
reparti di
fanteria, ritorna
a Liedolo. Pochi
giorni dopo,
unitamente al
raggruppamento
che si trasferisce
in Valcamonica,
il battaglione si
mette ancora in
marcia per Bienno. Qui giunto provvede al suo
completamento ed incorpora gli elementi del disciolto
battaglione Courmayeur. Nel marzo seguente troviamo il
battaglione a presidio delle trincee di Monte Fumo e Passo
65
In alto: presidio di Forcel Rosso.
In basso: canalone Forcel Rosso durante l'inverno, quota 2598.

66 Dori Gioratilli A n ton ictti
di Campo in Adamello. Gli alpini del Moncenisio, col loro
cappellano, rimarranno per tutta l'estate in questa zona ed il
18 settembre, passando per Malonno e Vezza d'Oglio
andranno a sostituire il battaglione Monte Tonale sulle
posizioni del Castellaccio e di Punta Lagoscuro a ridosso del
Presena. Su quelle altissime trincee, il Moncenisio verrà
sostituito, il 23 ottobre, dal battaglione Val d'Intelvi e potrà
quindi scendere a Vezza d'Oglio da dove, appena qualche
giorno dopo, al cessare delle ostilità, potrà superare il passo
del Tonale e scendere in vai Vermiglio con le altre truppe
del 14°
Gruppo (5'
Divisione)
per
proseguire
verso Malè,
Trento e
Bolzano.
In alto. presidio al Passo della Porta.
In basso: ridotta Adamé.

Soldato di Dio e della Patria 67
In alto: Canalone Forcel Rosso, ridottina in cresta sotto quota 2385.
In centro: Passo di Forcel Rosso (m 2598), segnalazioni coon bandiere.
In basso: camminamenti nella neve a Forcel Rosso.

68 Don Giovanni Antonietti
Dopo la guerra
Lo spirito col
quale don
Giovanni torna
alla vita civile nel
1920 e riprende il
suo normale
ministero
sacerdotale, in
anni ancora
molto difficili per
la Nazione, è
quello di un
uomo forte dal
carattere deciso e dalle idee chiarissime. Il prete-soldato non
ha dubbi circa i veri valori che debbono informare la vita e
l'azione quotidiana, si tratta di difendere ancora i diritti
In alto: pattuglia di Alpini al Passo Salarno.
In basso: Passo Salamo e testata di Val Salamo.

Soldato di Dio e della Patria
della Patria, di perseguire con
fede l'ideale cristiano e di
sostenere il valore del sangue
versato e dei sacrifici
compiuti. L'Intesa, in quegli
anni del dopoguerra, com'è
noto «scarica» l'Italia e
concede ben poco di quanto
era stato promesso nei patti
segreti a Londra. La situazione
interna dopo le prove strenue
della guerra che avevano
logorato in tutti i sensi la
Nazione, prosciugando le sue
ricchezze e immolando sui
campi di battaglia una intera
generazione con oltre 600mi1a
uomini validi caduti e
moltissimi mutilati, malati o in
varia misura debilitati, era particolarmente difficile. Inoltre
nel 1919 vi era stata la devastante epidemia di febbre
69
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e•3 4.44-4.4.
ea-lis.." • %.1---.-••••:-.11
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In alto: il Capitano Medico Amilcare Bertolini, classe 1882, nato a Sanremo.
In basso: schizzo dal diario del dott. Bertolini.

70 Don Giovanni Antonietti
spagnola che aveva aggiunto altri lutti, lo stesso don
Antonietti, col suo forte impegno a favore degli ammalati,
aveva compromesso la propria salute e di ciò porterà le
conseguenze fino alla fine. Il fascismo si affermerà in quegli
anni in Italia anche per la incapacità politica della
Monarchia allora regnante a gestire la difficile situazione
In alto: Passo di Forcel Rosso, a quota 2680.
In basso: Monte Folletto e Caré Alto, dal Passo della Porta di Buciaga.

Soldato di Dio e della Patria
interna e relativa alla posizione
internazionale dell'Italia.
Don Giovanni in quegli anni del
dopo guerra aveva fatto a sé stesso
la promessa di provvedere
concretamente al sostegno dei molti
orfani di guerra, dei figli cioè dei
suoi stessi compagni di trincea. Era
questo per Lui un debito morale e
l'affermazione concreta dei valori
per i quali in guerra tanto si era
dato. Da Alpino, da uomo cioè
semplice e concreto, non bastavano
le parole, occorrevano i fatti,
insomma bisognava fare f
Dal 1925 in avanti don Giovanni
comincia a raccogliere gli orfani di guerra e, grazie anche
alle esperienze acquisite in tanti anni, alle conoscenze
71
In alto: onori militari alla salma di un commilitone caduto in Valle Adamé.
In basso: teleferica da Malga Lincino all'Adamé.

Don Giovanni Antonietti
importanti fatte in guerra e dopo, ad edificare a Ponte Selva
quella grandiosa opera che resterà negli anni prova
tangibile dell'impegno, della tenacia, della volontà, del
valore umano di don Giovanni Antonietti. L'idea era
grandiosa ed i mezzi pressoché inesistenti, ma l'ideale, la
costante tenacia, il personale sacrificio volto ad esclusivo
beneficio dell'Opera varranno a far nascere e a dar vita alla
Fondazione Casa dell'Orfano di Ponte Selva, che ebbe in
seguito i più alti riconoscimenti sia in Italia che all'estero.
L'esperienza militare che aveva contribuito alla formazione
personale del giovane prete, ed il carattere forte e volitivo,
nonché le grandi difficoltà incontrate nell'intero corso della
vita, impressero alla fondazione uno stile che poteva sapere
un po di militare, e non poteva essere diversamente nel
condurre un apparato così articolato. Certamente quanti
vissero nella Casa, e soprattutto le migliaia di orfani che vi
ricevettero il sostentamento ed una educazione, conobbero
il calore, l'affetto, la generosità del grande cuore di don
In basso: l'aquila scolpita sul granito della Cima di Lesena, vicino al luogo ove Don
Antonietti recitava la Santa Messa.

Soldato di Dio e della Patría
Cappellano
militare
Soldato della spada
e della Croce,
anche nel sonno vigili).
La voce ascolta.
Parlo a Dio
che i cuori ammalia.
Dico; -« Signore! »
e tu rispondi.« Italia'
Giovanni che pure aveva conservato dal tempo della guerra
quel modo di agire piuttosto sbrigativo ed autoritario che
consente tuttavia di governare positivamente le compagini
per quanto grandi, con la necessaria efficacia.
Gli anni del fascismo vedono il nostro prete, impegnato a
fondo nella sua opera di educatore, spesso chiamato ai
grandi raduni patriottici, dove la sua parola calda e
vibrante, avvince e commuove, le sue rievocazioni asciutte
eppure tali da incidere profondamente sulle persone che
ascoltano, sono riportate con appunti veloci dietro le pagine
strappate dal calendario a muro (anche la carta andava
risparmiata). Discorsi e discorsi che mai sono ripetitivi e che
traggono spunto dalla storia e dal vangelo. Parole taglienti e
dirette, che colpiscono allo stesso modo l'intelligenza ed il
cuore e una viva forza che traspare da ogni scritto di don
73

74
Don Gíovanní Antoniettí
emndmut ScriidD
ASSOCIAMI AlliEli d
ilticedettoI952,
di MOUS, M/agili
Agli Alpini di ogni ordine e grado, che appnriennem durante in prima
guerra mondiale al l tartagliane " Stelein „ Ltd 5' Reggimeturo.
e continuano o &ero e matir panni, in quoto mondo di birbanti
Alpini del
g.
« STELVIO a adunata per il 2$ maggio, deemidett, nella pineta di Ponte Mos in
quel ert Bergamo.
Liane oggi, prinogiorne di primavera, e sacro a Benedetto do NOM,- ano' dei Santi pia grandi ielbs
leo" quote messaggi" O seme ci pala sicuro di recarvi nattlitittkiiare conferte, ha orme fare riprodurre k
stenuem del Battaglione, stemma idea» nd 1916 a Monte Nere per la miro wrae da kora. Quanti. quali anni
ed eventi sono posati da ama
Il primo Cappellani, del Etg., Luodt+ pri reprime inorim del .ka ~Imre il CIMI~O carissime
Dote Angelo 12•41MIE, Vi giorno con i casies fectrevicA brITAII &Mari ai podi do rei conseguiti e ai chilo-
grammi raggianti, dille dee s dai ••go,kr. remi • !coma, dem ri thee
Urge ritrovarci, per rivaderri,' per rindifnorroaro onelorn una mito, prima ar gii anni albe von. inesora-
bilmente pm«onsk, appeoraimane uni:. 4 nemro osi si.. rirntif rimi e num del ruour, e n tastino il fiato mon-
Dark. E pn.to rit ricevere la bassa per ridiamo puz~..
Non toni, onernicen sotta di nerme gomme . ei• la sumer% dm ai mricirrn cirpo mero bulbi hanno, là kit
perrie non pud avere dubbi ealtappaisourrnia. e. ristanuicr. i/ pro-trame é firmar* dal r appellane: non
i Ali th. cerromcim gleg mai più o MINA e. nume ourieru gli affari. Per gilette inreurre mmando .2 cuore, dm
iii.Platl ffi eine sua nata odi. Cani a rki panca
non Rosai. mi im
jaao »atm., iv icusancroppe i musi 4t. mintscii chearrnii, Jair ticaracctico• inno
~a <diari el laame pe DIA,11141. IIce Vici tlipirecen, I n llitana i.
ri,»as ira pre"td, dm. ramnairirris a pasco ofiii larciatrarea e fante temimene pii d mirassimo
:Indire:m. Il mio lionfina noi i remi.. rmcm. Timm en/i frulla dei C114.1. rardmi qunf i nprl MIMO folli romro
sai — mrprasiagsai — ricamo& • .1 curdmAde. Eri chi igoto.a•-• .nfm reo dir vi bere ddrodumun,
gi~a a radi a Clar autra. i a ben O roti. La numi, i. mio ad chiami. mi orla col treno Olio Yoli•
:gni... No 11.41. méneratin Kfí MIMp•111., LI pie.. e LI esita munii/.
li Orme, Io rimai anche per ti pic &ie. i Velasti J.Liceercine di maggio, chR egair il pesa Pomo dem
il 1.1 maicia indignare/iride.
Solai :lepri...sa. lei grande giorno" MA« ceri fuma
PROGRAMMA
Dalle mv9,314 dia 11145 airricaraso manapiac l pieni che norces.
Oetimeanse i pini. e ~da" sua emtiJsi i eineaata,
Osi te - 8. i. ailfragia di uva I 4.4ffitd. dal •
t...i ~e pone. g4e,riek a por iffi alisi mi NIT.... 'maturali*, «m% du..1.1.
menai pomi d.14 Novembe
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S. lkosa, anca di tiaea,
• ere SUi - ~la imi_saga. E—aa licei« di 14~ [un.
eli aia ai leispee}
Oet, 14 Ilicaeoickid eisl
Commenti* k mare esigenze, per poter sempeakomente disp.r•re m Ano allo 444434, è indispensabile dm
raderione, accompagnata dalla qtiatu per il rancio di L 500 lriosecoo) — spero due non vi lamenterete — 1111
pervoga entro il 15 maggio p. v.
Siamo d'accordo? Avete do mesi per disporre nei miglioro ivi simili e per fare testamento se credete. Neo
di Iena. Deaut•ti vado alle sode della Casa a ridare un quadrrn, int ilinaca. in ordine di arrivo, le ma..
aderioni. Oarinsinti, in alto i cori, tonto fede, sempre 44.4121i noi nume di Di. e &Intera:.
Altra°
DON GIOVANNI ANTOr'll Erri
9.8. - letia amata. 1..ied telepatici. La oenripicileme va badaste il Perline en veriampiliameata della Piatte di P•ote
Sete.., per lui. Stia remar ~Me ~Ed
GIOVANNI ooromorn - era dall'Odio*
PONTE SELVA (Bepiese)

Soldato di Dio e della Patria
Antonietti. Impossibile trovare luoghi comuni o banalità nei
discorsi del prete-soldato.
Per cogliere il tratto e lo stile personalissimo di don
Giovanni, basti vedere come il nostro scrive agli alpini del
Battaglione Stelvio per convocarli ad uno dei classici raduni
di combattenti e reduci che frequentemente si tenevano
nella stessa Casa dell'Orfano di Ponte Selva, con l'invito che
qui riproduciamo.
Nel 1955 don Giovanni sarà il promotore-fondatore della
Associazione Nazionale dei Cappellani Militari Italiani, sarà
anche primo presidente e rimarrà in carica fino al 1969. In
quegli stessi anni - 1959 - Papa Giovanni XXIII suo ex
professore in seminario, lo nominerà Cappellano d'Onore di
Sua Santità.
Negli anni del dopoguerra esce un libro intitolato «Altare
da campo» alla prima edizione del quale don Giovanni farà
una prefazione che è una sorta di testamento ed insieme un
codice di vita che l'autore vuol trasmettere ai giovani, in
esso trova anche giustificazione il titolo che abbiamo voluto
dare a questo piccolo libro. La prefazione autografa di don
Giovanni così recita:
La Sezione Bergamasca dell'Associazione Nazionale Cappellani
Militari in congedo ha voluto e curato questa pubblicazione
documentaria, riguardante il contributo dei chierici e dei sacerdoti
della nostra diocesi, al servizio della Patria in armi, al fine di
onorare la memoria dei caduti sul campo o in seguito a ferite, e
come devoto omaggio a S.S. GIOVANNI XXIII, già Confratello
carissimo, maestro ed esempio nel compimento di quel santo
servizio.
75

76
Don Giovanni Antonietti
Nessuna apologia, nessun panegirico. Una semplice elencazione
di nomi, di date, di località, di reparti sacri al sacrificio ed alla
gloria, riproduzione di documenti ufficiali.
Fatti, non parole.
Quando la Patria nell'ora della grande prova chiamò tutti i suoi
figli più validi, i sacerdoti lasciarono i seminari, le loro chiese, i
loro conventi e si affiancarono e si fusero fraternamente alla
gioventù dei campi, delle officine, degli Atenei, ad uomini di tutte
le categorie e posizioni sociali.
Non erano preparati; spesso, in principio, furono accolti anche
male e sospettati, ma non reagirono, compresero che era una
conseguenza della situazione politica di cui l'Italia soffriva da
anni. Fecero proprio il motto paolino: "Vince il bono malum" e
quelli che conoscevano il sacerdote solo attraverso deformazioni e
caricature, quando nelle trincee, negli ospedali videro il sacerdote
all'opera e furono in ogni circostanza testimoni della sua
devozione, dei suoi sacrifici e del suo valore, lasciarono cadere i
pregiudizi e le prevenzioni. E per reazione naturale della anime
oneste, l'odio ed il disprezzo, cedettero il posto alla simpatia, al
rispetto e all'ammirazione.
Sull'opera e sulla vita di ogni Cappellano e Prete-soldato, si
possono dare soltanto brevi notizie per conoscenza degli uomini.
Ciò che esse rappresentano di sacrificio, di sofferenza, di intimo
dramma è noto solo a Dio.
Nel grande quadro della guerra e della Nazione, questi oltre
trecentotrenta sono una minuscola pattuglia, ma per la chiesa
bergamasca, sacra al Legionario romano S. Alessandro martire,
sono una nobile e gloriosa Compagnia, ricca di cristianissime e
civiche virtù e ben degna di affiancarsi a tutti i migliori
combattenti, di tutte le Armi e specialità e di tutte le guerre.

Soldato di Dio e della Patria
Insieme questi combattenti, i chierici ed i sacerdoti, pur
curando il loro ministero divino destinato alle anime, ed
affrontando più volte la morte per essere ovunque presenti, non
hanno dimenticato l'umanità e la fraternità del sangue ed hanno
sentito la grandezza, la dolcezza, la forza che contiene il nome di
Patria, e la devozione ed i sacrifici che essa può chiedere quando il
suo onore, la sua indipendenza, la sua vita, le sue tradizioni sono
minacciate. Così hanno sentito, ed hanno obbedito, anche se la loro
quotidiana e fervorosa preghiera per l'Italia e per ogni nazione del
mondo, saliva a Dio, invocando il grande prodigio: "Auferens
bella usque ad finim terrae". La pubblicazione non è completa, né
perfetta, ma è quanto di meglio si poteva fare, considerati il tempo
ed i mezzi a disposizione, e lo spaventoso logorio del tempo, che
cancella in fretta ogni ricordo, specialmente di coloro che se ne
vanno.
3
A. SOCIO 7:
NAZ NAL( I)
GENNAIO 1~
1961
vs../
77
Z1ONE
Tessera di Angelo Roncalli (Papa Giovanni X)(III) dell'Associazione Nazionale
Cappellani Militari in Congedo, di cui era presidente nazionale don Antonietti.

78
Don Giovanni Antoníettí
A questa pubblicazione si è dato il titolo: "Altare da Campo".
Ai tempi della Lega dei Comuni Lombardi, il Carroccio sintetizzò
gli scopi e le speranze dei nostri valorosi antenati, fu il centro
attorno al quale si adunarono per le supreme difese, la fonte
inesauribile della loro resistenza.
Nelle ultime guerre l'Altare da Campo sostituì il Carroccio.
Davanti all'Altare si schieravano le truppe e presentavano le armi,
si inchinavano le gloriose Bandiere dei reggimenti, si portavano i
Caduti, si pregava prima e dopo i combattimenti, si ricordavano i
vivi ed i morti, ed i parenti lontani. Da quell'Altare furono dette le
Don Antonietti a fianco al suo maestro ed amico Papa Giovanni XXIII. A destra
Mons. Prosperini. Tutti e tre Cappellani Militari d'Italia in congedo.

Soldato di Dio e della Patria
più alte parole sul Dovere, sul sacrificio, sulla fortezza, sulla
giustizia e sulla pace.
L'Altare era ovunque il soldato operava: sulle vette nevose sotto
l'immenso azzurro dei cieli, nei rifugi, nei camminamenti, negli
antri, nelle gallerie più anguste, fangose e gocciolanti, sulle navi
da guerra e navi ospedale, sotto fragili tende, negli aperti campi
dell'Aviazione, negli ospedaletti da campo, nei posti di prima
medicazione e smistamento, dove i feriti non gravi attendevano il
trasporto agli ospedali lontani, ed i gravi spesso la morte. Non
poche volte l'Ostia si alzò in mezzo ad ostie viventi; il "Dominus
vobiscum" era invocazione, conforto, incitamento per l'ultimo
istante della vita terrena e viatico per l'eternità; l'Amen" il sigillo
di una fiorente giovinezza che si spegneva.
L'Altare veniva collocato sui materiali più diversi e impensati,
sulla neve, sul ghiaccio, sulla nuda roccia, sui sacchi di viveri,
sulle casse di munizioni, zaini, persino sopra rudimentali casse da
morto sovrapposte. Sotto la piccola pietra sacra con i frammenti
79
Messa di don Antonietti sulla Cima Lesena, in Valle Adamé, a quota 2668.

80 Don Géovanní Antonietti
del martire caduto per la fede di Cristo, vi erano spesso le spoglie
benedette dei fratelli caduti per la Patria. E non una sola volta, le
piccole bianche tovaglie si macchiarono del loro sangue.
Il sacrificio divino si rinnovava sopra il sacrificio del soldato.
Tutti usavano l'Altare da Campo: il Vescovo, il Cappellano
Militare, il Sacerdote-soldato. Per tutti era l'uguale, l'unica fonte
di rinnovate energie, di speranze, di certezze. L'esistenza che si
logorava ogni ora, ogni giorno attraverso fatiche, freddo, stenti,
fame, umiliazioni, pericoli, sacrifici, visioni di morte, drammi di
anime, disperazione di deboli che non resistevano più, si rinnovava
sull'Altare, rinasceva in giovinezza spirituale di certezze e di
generosi propositi.
L'Altare da Campo era il sacerdote stesso, di ogni ordine e
grado, nei posti dove la Provvidenza l'aveva collocato. Ed ogni
posto era egualmente meritorio. Nelle costruzioni sono necessarie
le pietre angolari, ma sono pure indispensabili tutte le altre di ogni
forma e misura che formano l'ossatura dell'edificio. A tutti i
soldati il sacerdote appariva senz'anni, con una croce rossa sul
petto e, al cordone dove ogni ufficiale teneva appesa la rivoltella,
egli aveva il Crocefisso. Il sacerdote era la pietà, la fraternità, il
dono, la vita, proprio là dove imperavano gli strumenti di morte.
Si piegava sui feriti per fermare le emorragie più gravi e salvare
talora la vita, sui morenti per porgere i conforti e la grazia di
Cristo, assicuranti la vita immortale. Era in grigioverde, come
l'ultimo fante, sempre presente per incoraggiare con l'esempio e
con la parola, per rialzare gli spiriti, per confortare le anime, per
santificare in Cristo la vita e la morte.
In queste pagine risuona l'eco degli alti principi e degli unici
valori della vita: principi e valori non teoricamente proclamati, ma
vissuti in silenzio per mesi e per anni, in un quotidiano martirio
davanti alla morte. Esse, pure nell'apparente monotonia
dell'elencazione e della ripetizione di nomi e di gesta, richiamano
Una delle prime messe di don Antonietti, nel 1915. Cima Radisca, fronte dello Stelvio.

82 Don Giovanni Antoníettí
idee e virtù che non
mutano, che furono il
tessuto connettivo e
la gloria consacrata
di tutta la migliore
generazione del
passato, che possono
talora oscurarsi, ma
mai tramontare.
Richiamano a quanti
intorpidiscono nella
volgarità della
materia e degli
egoismi, l'assoluta
supremazia dello
spirito, che domina
tutte le tecniche
moderne, tutte le
atomiche e sempre e
solo si afferma
creatore:"Vicit
crea tor spiritus".
L'elenco dei nomi è
come una sacra
litania che si ripete per quelli che non videro, per quelli che
verranno e per quelli che hanno volentieri e presto dimenticato,
per nascondere la loro assenza e il loro tradimento verso tanti
sacrifici compiuti.
Il mondo corre sempre più in fretta, immemore, abbagliato in
alto e in basso da effimere meteore e pare non abbia più tempo per
riflettere, per riaccendere la propria lampada all'unica luce e nelle
illusioni dimentica il sole e l'eterno.
804001a/g
Rbbiamo ricevuto la richiesta
relativa al militare tare
i 1,7
E.4 chk
g. L esito delle ricerche che fa-
▪ -
in proposito e che auguriamo
▪ favorevole. le verrò comunicato pie"
r~fte Seihipma-dier..4~,Zule
z
Tipo O - C
Fronte e retro di cartolina dell'Ufficio per Notizie alle Famiglie dei Militari di Terra e
di Mare, spedita a don Antonietti nel marzo del 1917.
L' UFFICIO CENTRALE
-

Soldato di Dio e della Patria 83
"Moriamur in semplicitate nostra" fu la divisa, il programma
di quanti vissero la guerra. E, non è colpa dei sopravissuti se, più
volte mitragliati, non sono caduti.
Raccogliendo questi ricordi, dando ordine alle fotografie
riproducenti luoghi e momenti di guerra, fisionomie di fratelli, più
volte abbiamo sentito un fremito di ardente e dolorosa
commozione.
Accanto ad ogni nome ricordato sono improvvisamente apparsi
i letti delle piccole infermerie avanzate, le barelle dei portaferiti, le
tende dei posti di medicazione con il caratteristico odore
proveniente dalle farmacie improvvisate e dai disinfettanti.
Abbiamo visto le corsie dei grandi ospedali e sentito le invocazioni
dei feriti, degli ammalati, abbiamo rivisto volti e sguardi più
eloquenti di ogni parola. E poi trincee, camminamenti e soldati,
soldati ed ufficiali che abbiamo conosciuto ed amato, tutti fratelli
della nostra fede, del nostro sangue, del nostro cuore.
UFFICIO PER NOTIZIE AL
-)EI MILITARI DI TERR

84 Don Giovanni Antonietti
Chiudendo questa prefazione non era possibile non rievocarli,
non ricordarli, non rendere a tutti-il più alto e sincero omaggio, ai
Caduti, a quanti riposano nei cimiteri, ai combattenti vecchi e
giovani. La trincea fu una grande scuola, palestra di civiche e
cristiane virtù, focolare della più alta fraternità.
Quei combattenti possono avere avuto ore di profonda
amarezza; momenti di intima ribellione: dalle loro labbra possono
talora essere state pronunziate imprecazioni e bestemmie, ma
sempre e su tutte le debolezze ha vinto il senso del dovere. Nell'ora
del cimento i più ribelli erano i più generosi, i primi ad offrirsi.
Quanti episodi si potrebbero raccontare...!
Ed affermiamo con orgoglio e fierezza la gioia di avere non solo
vissuto con loro quegli anni, quegli eventi, ma di essere ancora al
loro fianco per rivendicarne la memoria e tener vivi gli ideali per i
quali combatterono e caddero.
5,30STP RTOLINA
k.ug k
059,
401,11x N
ESENZIONE
Nvispondenza di feriti in guerra
I920
POSTALE
DA TASSA
Fronte e retro di cartolina spedita a don Antonietti da un suo Alpino ferito in guerra.

Soldato dí Dio e della Patria 85
I giovani che si sono formati subito dopo la prima guerra
mondiale, raccolsero vicende e lezioni, e quando suonò la loro ora,
molto degnamente operarono, emulando e spesso superando
nell'eroismo i loro padri. La fortuna poté negare loro il trionfo, non
la gloria. Queste pagine di sacrifici, di ricordi, di gloria di due
generazioni, noi le offriamo ai giovani chiamati al sacerdozio, e a
tutti gli altri giovani che si affacciano alla vita, la quale non è un
gioco, ma una missione ed un dovere, alla vita che deve essere
valorizzata, alla vita che, come scrisse un sapiente: "Ci è data in
dono e noi la meritiamo offrendola".
Indicano un cammino non facile e piano, ma in ascesa verso la
meta. E noi abbiamo ferma fede che i giovani, nauseati e delusi di
tante volgarità, illuminati dagli esempi generosi di virtù fioriti
nelle stesse loro case e nei loro paesi, sentano ancora il fascino
degli alti nobili richiami.
Dio - Patria - Famiglia sono le tre idee consacrate in guerra e in
pace dalla devozione, dai sacrifici quotidiani, dalle lacrime e dal
Dalhmredale
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86 Don Giovanni Antoniettí
sangue di tante generazioni e non possono perciò essere che tre
realtà immortali, eterne.
Ordinando queste memorie, abbiamo appreso particolari
commoventi anche dalle famiglie dove le vocazioni al sacerdozio si
erano manifestate. E perdonate se qui ci attardiamo nel ricordo e
nel racconto. Il fratello di un sacerdote, morto di spagnola in
servizio, inviando il logoro ritratto dello scomparso, ha scritto:
"Quando il mio don Callisto morì, io ero ancora fanciullo. Mio
padre era un povero calzolaio e mia mamma allevò tredici figli e si
prestò nutrice per altri undici del paese. Per mantenere il fratello
in seminario i miei fecero tanti sacrifici. Quando era infine, fui
chiamato soldato, e quando la guerra finiva, morì. Mia mamma
pianse tanto, ma l'offrì al Signore perché ci avesse a benedire tutti.
Giovani! Dai caduti, dai combattenti della stessa terra che
abitate e dai migliori che voi stessi avete conosciuto, viene a voi
questo ammonimento: "Per le vere conquiste della vita, per le
ascese dell'anima, per l'eroismo e la santità che pur sempre si
impongono alla ammirazione e alla venerazione, e anche per la
nostra stessa intima pace e gioia vera, per ogni giornata della
nostra esistenza e nelle varie posizioni dove la Divina Provvidenza
ci ha collocato, la via diritta è una sola: "Per aspera ad astra - Per
crucem ad lucem". Sempre!
Don Giovanni Antonietti
Il volume stesso fu curato da don Antonietti ed il primo
medaglione, a firma di don Piermauro Valoti fu quello
dedicato al sergente (poi tenente cappellano) don Angelo
Roncalli, salito allora agli onori del Supremo Pontificato.

Soldato di Dio e della Patria 87
Don Giovanni e la montagna
(liberamente tratto da uno scritto di Enzo Caffi, suo ex allievo)
La vita di don Giovanni Antonietti è legata alla
montagna, essa è lo sfondo naturale nel quale fin dalla
prima giovinezza si muove ed opera il futuro prete. Ad
appena otto anni il piccolo Giovannino va all'alpeggio con
le mandrie degli zii e rimane per tutta la stagione estiva in
«baita», più avanti il soldato assegnato prima al
«Battaglione Tirano» poi allo «Stelvio» si muoverà sui monti
posti ai due estremi del fronte alpino: quelli che dominano il
valico dello Stelvio e quelli del Monte Nero. Nell'ultimo
anno di guerra don Giovanni, cappellano del Battaglione
Moncenisio, è sui monti del Tonale, dunque sull'Adamello,
un vastissimo gruppo di cime rocciose e glaciali che
affascinano per i loro vasti spazi bianchi e per i loro silenzi
ed anche annichiliscono per le bufere, il gelo e le tormente
invernali. E' sempre il mondo incantato ed affascinante
della montagna il terreno d'azione di don Giovanni, il cui
animo sensibile, l'intelligenza viva ed attenta sotto la rude
scorza dell'alpino temprato ai più duri cimenti della vita e
della guerra, non
può non essere
particolarmente
sensibile al
richiamo delle
vette. Don
Giovanni è un
uomo forte, che
non teme le
fatiche delle
grandi
Messa di don Antonietti sul Monte Livrio, estate 1928.

88 Don Giovanni Antoniettí
camminate e delle dure salite, ma è anche un prudente che
conosce le insidie dei passi difficili, della roccia friabile, del
gelo, degli abissi glaciali. Negli anni centrali della sua vita,
quando tutte le risorse fisiche e morali di don Giovanni
sono rivolte alla condotta della Casa di Ponte Selva la quale,
è bene ricordarlo, vedrà passare tra le sue mura ben 20mi1a
giovani orfani e bisognosi, il prete educatore non dimentica
il valore formativo per il fisico e il morale che ha la
montagna. Potrà dunque unire il piacere personale di
tornare tra le vette scintillanti dei suoi monti conosciuti fin
La prima costruzione della Casa dell'Orfano a Ponte Selva.

Soldato di Dio e della Patria 89
dalla giovinezza, con l'effetto tonificante per il corpo e per
lo spirito delle gite in montagna. Le Orobie e tutti i loro
rifugi, la Presolana, il Ferrante, l'Arera, l'Alben, il Vaccaro, il
Pizzo Formico, conosceranno ancora dunque il passo deciso
e cadenzato del prete soldato che sale, ora nella veste di
educatore, accompagnatore dei giovani della «Casa».
Allegre schiere di ragazzi si avvicenderanno per anni sulle
montagne senza che accada mai il minimo incidente, eppure
don Giovanni per lo più nelle sue gite non disponeva di
accompagnatori. Ma don Giovanni conosceva davvero bene
le sue montagne, dunque si poteva però star certi che ad
ogni passaggio difficile, egli avrebbe arrestato per tempo la
comitiva, disponendosi personalmente a «far sicura»
laddove era necessario, aiutato anche dal fatto di conoscere
uno per uno i propri rampolli e quindi di poter guardare
con la necessaria attenzione ognuno di loro, dal più pavido
al più coraggioso e d'incitarli o di frenarli a seconda del
bisogno.
Quando poi i suoi allievi si fecero più grandi e sovente
chiedevano di poter andare da soli per le montagne alle
quali erano stati iniziati, don Antonietti non esitava a
consentire che andassero e tenendo per sé ansie e
preoccupazioni e le trepidazioni che erano le medesime di
quelle di un padre per i propri figli, procurava le biciclette,
gli spiccioli per il viaggio e talvolta persino prestava il
proprio zaino che era quello del Monte Nero, delYAdamello
e di altre infinite peripezie, pur di consentire ai propri
ragazzi di appagare l'ansia di provare di conoscere le gioie
della grande montagna. Da Ponte Selva i ragazzi della casa
salirono varie volte le Prealpi Orobie, le cime dell'Adamello-
Carè Alto-Presanella, del Disgrazia e del Bernina, e perfino
il Monte Bianco e il Cervino. Si può immaginare la

90 Don Giovanni Antoníettí
apprensione di don Giovanni quando qualcuna di queste
comitive tardava a ritornare, che di solito era celata da una
burbera accoglienza cui seguiva immancabilmente, una
volta lavati e ristorati, l'ascolto attento della relazione delle
vicissitudini e dei percorsi seguiti. Qui don Giovanni poteva
intervenire con precisazioni e ricordi personali, perché le
montagne le conosceva, e da questo poteva trarre motivo di
nuovi spunti mentre la gioia dei suoi ragazzi gli gonfiava il
cuore e si rifletteva moltiplicata sui suoi occhi.
Ma oltre che ai piccoli e agli sconosciuti Egli ebbe modo
di essere vicino anche ai grandi della montagna come
Umberto Balestreri di cui fu amico e compagno d'armi e che
divenne in seguito Accademico del GAI; con lui Antonietti
ebbe occasione di compiere alcune grandi traversate in
montagna. Con Antonio Locatelli compì ascensioni nelle
Alpi Orobie ed in Presolana. Fu anche amico del
ghiacciatore e uomo della montagna che fu Giuseppe
Pirovano, magnate e promotore dello sci estivo allo Stelvio,
di Angelo Manaresi soldato-intellettuale alpinista che fu ai
massimi vertici del sodalizio alpino durante il ventennio, di
Gennaro Sora, capitano degli alpini che aveva conosciuto fin
dai tempi della guerra in Adamello e che poi fu notissimo
esploratore polare. Con lui compose le parole della nota
preghiera dell'alpino e di molti altri nomi dell'alpinismo
bergamasco e nazionale. Si può anzi dire che don Giovanni
ebbe rapporti con tutti coloro che contarono nell'ambito
della montagna, molti passarono nella Casa dell'Orfano ed
alcuni, anche da anziani, vi tornavano ogni volta che
potevano.
Nella sua attività collegata alla vita in montagna, non si
può omettere un cenno alle numerosissime celebrazioni alle
benedizioni in occasione di posa di prime pietre, lapidi

Soldato di Dio e della Patria 91
Don Giovanni Antonietti con tre dei 20.000 orfani che sono passati alla «Casa».
(Olio su tela, Pietro Servalli, 1958)

92 Don Giovanni Antontettí
celebrative ed inaugurazioni di
rifugi e opere alpine. Resta
memorabile la presenza di don
Giovanni alla benedizione della
prima pietra del Rifugio Livrio
di proprietà del CAI di
Bergamo, ma anche alle
inaugurazioni del rifugio Calvi,
del Brunone, del Carlo Locatelli
alla Tuckett, del Magnolini ecc.
Impossibile enumerare le
occasioni nelle quali fu presente
in veste di oratore e quelle in
cui celebrò la funzione religiosa,
benedisse promosse nuove
occasioni di incontro ecc.
Benedisse la lapide esterna alla
Grotta dei Pagani che ricorda la
salita di Papa Ratti alla Presolana, le cui parole aveva lui
stesso dettato. Dette il
via alla prima edizione
del Trofeo Parravicirú
di corsa in montagna.
Dalla fine del 1969, a
78 anni, lasciate ad
altri le maggiori cure
per la direzione della
casa dell'Orfano, che
comunque non
abbandonò e continuò
a seguire, intensificò
l'attività alpinistica
In alto: rifugio C. Locatelli al Passo delle Baite (Tuckett - Gruppo dell'Ortles), del 1936.
In basso: benedizione della prima pietra del rifugio Livrio (in 3117) allo Stelvio.

93 Soldato di Dio e della Patria
partecipando a gite in
montagna degli anziani
del CAI e giunse allora
ai ghiacciai del
Bernina, sul Monte
Grappa, sulle Dolomiti.
Ad ottantatre anni
suonati, volle
attraversare ancora una
volta il Pizzo Formico
da Clusone a Gandino
per celebrare alla
«Tribulina di Fogarolo»
e ritornare sui suoi
monti di Valpiana.
Nel settembre del
1976 quando
mancavano solo due
mesi alla morte, dopo che don Giovanni aveva anche subito
tre mesi prima, una piccola paresi dalla quale si era ripreso
bene, volle ancora prender parte ad un raduno dei
Cappellani Militari a Bassano del Grappa, ritornando così
sul teatro della Grande Guerra da lui combattuta e che gli
aveva segnato l'anima
e sulle montagne che
pure erano state legate
indissolubilmente alla
sua nobile e vigorosa
esistenza.
Santa Messa per la posa della prima pietra al rifugio Livrio, 15 luglio 1928.

Don Giovanni Antoníettí
NELLA SERENA DIMORA DI PONTE SELVA
RIPOSA
MONS. GIOVANNI ANTONIETTI
COLTIVÒ LA FEDE IN DIO E L'AMORE DI PATRIA
CAPPELLANO MILITARE PLURIDECORATO
CON SPIRITO DI SACERDOTE E CUORE DI SOLDATO
CONDIVISE LE SORTI DEGLI ALPINI
IL 24 GIUGNO 1925 APRIVA LA CASA DELL'ORFANO
CUI PRESIEDETTE CON SOLLECITUDINE PATERNA
PER OLTRE 50 ANNI
L'ANIMA INTREPIDA ATTENDE LA RISURREZIONE
PER RIVIVERE IL GAUDIO DELLE BEATITUDINI.
Lapide che chiude il sepolcro di Mons. Antonietti, a Ponte Selva, nella chiesa di Cristo Re.

Soldato di Dio e della Patria
25 novembre 1976. Il commovente addio a Mons. Giovanni Antonietti.
In alto: l'Arcivescovo, Mons. Caddi, mentre tiene la commemorazione.
In basso: una veduta del cortile della Casa dell'Orfano, a Ponte Selva.

RINGRAZIAMENTI
Gli autori desiderano ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla buona riuscita di questa memoria:
Giulio Ghisleni, don Arturo Spelgatti attuale Direttore della Casa dell'Orfano,
Prof. Vittorio Ravelli presidente dell'Associazione Allievi e Amici di Mons. Antonietti,
Ilde e Mario Testorelli del Museo Vallivo di Valfurva, Konrad Knoll del Museo di Solda,
Walter Belotti del Museo della Guerra Bianca in Adamello a Temù, Domenico e Rino Ferri
con Alberto Bonomelli Guide Alpine di Val Saviore conoscitori e conservatori delle vestigia
di guerra in Val Adamé (BS), Mario Dei Gas e tutti gli amici del Rifugio Livrio,
Domenico Capitanio, il CAI di Bergamo, Rudy Confortola e Fabio Monti, gli Alpini di Valle
di Saviore, Ernst Schweizer, la Società Storica per la Guerra Bianca, la Banca Popolare di
Sondrio ed il suo Direttore dott. Mario Alberto Pedranzini, la società Pirovano (Università
dello Sci) e il suo Presidente Cav. Renato Sozzani ed inoltre Luciano Viazzi,
Isella Bernardini e Giovanni Peretti, Livia e Silvano Malaguti, Betty e Nadine Pasinetti.
Le fotografie sono tratte dagli archivi di:
Giulio Ghisleni, Giuseppe Magrin, Mario Pasinetti, Ricardo Oswald, Luciano Viazzi,
Domenico Ferri, Giovanni Peretti, Walter Belotti Museo della Guerra Bianca in Adamello,
Associazione Allievi e Amici di Mons. Antonietti, Circolo Culturale Don Brizio Casciola.
MUSEO STORICO CARLO DONECANI
pAsso !mio MIMO
www.popso.it/donegani
LA GRANDE GUERRA / LA STRADA / GLI AVVEN~
Banca Popolare di Sondrio
IL GRUPPO BANCARIO AL CENTRO DELLE ALPI
Banca POPCAArg %ma Ponour. Pirowà,e
di szedno c0 sc.arto SUISSEI SA at,act 2310D Sondno - Plagza Garibaldi. 16- Tel CO42-528.111

Giuseppe (Bepi) Magrin 1948, Maggiore degli Alpini, guida militare
alpina, accademico del GISM, è autore di numerosi libri e articoli
sull'alpinismo e sulla storia della Grande Guerra in montagna. Come
guida militare ha partecipato nel 1995 alla spedizione nazionale per le
ricerche scientifiche in Antartide dell'ENEA-CNR Nella primavera del
1998 ha preso parte alla spedizione vicentina che ha conquistato la vetta
del Dhaulaghiri (8167 m) sulla catena dell'Himalaya.
Collabora con /1 Giornale di licenza.
Dal 1996 è vice presidente dell'Associazione Ricerche Storiche IV
Novembre. E' stato insignito del secondo ordine della Croce Nera
Austriaca. Tra i suoi libri: Uomini e
rocce delle piccole Dolomiti (198 I );
La più alta battaglia della storia
(1995); I palloni della guerra (1999);
Il cappellano del Cadore, don Emilio
Campi (2000); Il Capitano sepolto nei
ghiacci, lettere e diari del Capitano
Arnaldo Remi (2001).
Mario Pasirietti Classe 1948,
camuno della Valsaviore, lavora
d'estate alla reception del Pirovano
allo Stelvio e d'inverno all'hotel
Miramonti del Tonale.
Scialpinista e fondista, ha partecipato
a più di 200 rallies e manifestazioni
scialpinistiche ed ha un primato di
305 km alla 24h di Andato (TN).
Conosciuto come «il cercatore dei
grandi ghiacciai», ha recuperato
molti cimeli della Guerra Bianca,
spesso assieme a Giuseppe Magi-in.
Questi cimeli sono visibili nel Museo
Donegani allo Stelvio, nel Museo Vallivo della Valfurva, nel Museo
della Guerra Bianca di Temu, nel Museo di Solda, nel Museo del Forte
Strino di Vermiglio (Vai di Sole), nel Museo della Caserma Tonolini al
Tonale, nel Museo di Iseo (BS), nel Museo di Valle di Saviore, nel
Museo di Caporetto e nel Museo di Irmsbruck. Decorato con la Croce
Nera Austriaca. LI suo motto è «per non dimenticare».
Giuseppe Magrin e Mario Pasinetti
nella zona del Passo dello Stelvio.

"Gli eventi obbediscono
al cenno di
non ai progetti degli uomini"