Ma io m'avvedo che mi accade ciò che pur era da prevedere come
inevitabile: la figura di Napoleone è tanta parte degli avvenimenti di
questa età che mi trae ad invadere il campo altrui: torniamo ai
Francesi ed all'Italia.
*
Incominciò nel mese di aprile con impeto meraviglioso questa
memoranda spedizione: la rapidità de' suoi avvenimenti — farò mie
le parole di Alessandro Verri — ne rende breve il racconto. I Francesi
col ferro, senza artiglierie, guadando fiumi, correndo veloci benchè
scalzi, senza tende e vettovaglie, per quindici giorni continui
sconfissero due eserciti, il piemontese e l'austriaco, e li separarono.
Inseguirono il primo e al re di Sardegna, omai non più sicuro nella
sua stessa reggia di Torino, dettarono i patti di Cherasco: poi gloriosi
e sicuri alle spalle si volsero prontamente contro gli Austriaci, li
sorpresero con la rapidità dei movimenti inaspettati, li batterono e li
costrinsero ad indietreggiare, finchè ebbero dinanzi la fortezza di
Mantova: era tutto ciò che alla fine di maggio restava della
dominazione austriaca in Italia!
La Corte di Savoia per bocca del suo ministro degli affari esteri,
aveva ammonito l'Austria: “Se i Francesi abbattono il Piemonte,
l'Italia è perduta anche per la Corte di Vienna.„ E così fu. Posto che
ebbero i Francesi il piede in Lombardia, nè cinque formidabili
eserciti, nè i migliori generali dell'Austria, il Wurmser, l'Alvinzi,
l'Arciduca Carlo, valsero a cacciarneli, o a fermarne la marcia
vittoriosa su Vienna, e ad impedire che, fatto centro della Lombardia,
dirigessero punte audaci tutt'all'intorno a dettar leggi alla penisola
intiera, occupando città col solo presentarsi, traendo i popoli a sè
con lo specchietto della libertà, facendo con lo spauracchio della
guerra fuggire o scendere a patti i sovrani e tremare i governi.
Così, s'erano appena i Francesi affacciati all'Emilia, che già il Duca di
Parma era prostrato ai loro piedi ed offriva milioni, quadri, buoi,
viveri, foraggi, purchè non entrassero nella sua capitale. Buon per