parlare. Tu non hai pregiudizii... Tu sei libera, pura, immune da ogni
ipocrisia, da ogni imposizione di scuole, di dogmi. Anche tu, sei una
bella, una cara vittoria mia! (accarezzandola, ecc.) la più bella... la
più cara!... (ridendo) Ah! Ah! Carboni voleva fare di te una sarta, o
una modista: Rissone, una maestra comunale: io no. Io no! ed ho
fatto della mia figliuola, uno spirito moderno... ed ho voluto... ho
voluto renderti forte contro il male... e forte... forte contro il dolore.
— Io ho sofferto, sai? — Ero giovane come te; ho molto sofferto!
SOFIA
(con l'incanto della tenerezza e della grazia infantile) Quando è
morta la mamma?
FRANCESCO
(ha un fremito, un lampo negli occhi, si alza e poi) Sì... allora...
allora!... (scotendosi di nuovo, esaltandosi) E da allora... pensa...
pensa... pensa!... Quanto lavoro!... Quante battaglie!... Quanta
strada percorsa! — Io non avevo talento, no; ma avevo cuore. Io
non potevo, non sapevo, non volevo scrivere libri: volevo fare, ed ho
fatto. Tutto ciò che gli altri avevano soltanto pensato, meditato,
predicato, io l'ho messo in pratica: e perciò, ogni mio passo è stato
una conquista vera, definitiva. Ed oggi... Ah! Ah! Guarda, guarda da
quella finestra: le nostre officine sono vaste, lunghe come contrade.
Ora non sono più un illuso, un sognatore, un pazzo. (Le indica il
drappo e l'iscrizione) Ah! Ah! Ah! Oggi, dodicimila coscienze sono
con me!
SOFIA
Non ti ho mai visto, così. Sei pallido. Hai l'occhio acceso. (Gli passa
la mano sulla fronte con sollecitudine materna) Non lavorare più,
stamattina! Accompagnami. Vieni con me!
FRANCESCO
È