quadrata, a due piani; al tempo di questo cronista mancava il solo
lato occidentale, e degli altri rimasti in piedi si vedevano ancora
molte stanze dell'ordine superiore, essendo l'edifizio interrato: otto a
mezzogiorno, sette a levante e quattro a settentrione; ora non
restano altro che le vôlte di qualcuna di queste stanze, e per vederle
bisogna scendere sotterra, al lume delle lanterne, in quelle che il
popolino chiama Grotte di San Pantaleo, e che sono veri antri dove il
piede non trova più l'antico pavimento a grandi lastre di pietra
calcare, per due ragioni entrambe molto concludenti: la prima è che
l'acqua perennemente stagnante in quei luoghi non permette al
visitatore d'inoltrarsi; la seconda è che l'antico lastricato, quando il
monumento scompariva, ne fu strappato e servì poi a pavimentare il
secondo atrio del museo Biscari. Gli unici avanzi, ormai anch'essi
sepolti, della Curia, della Basilica, della Zecca e via dicendo, sono
probabilmente le vôlte e i portici sui quali fu costruito il convento di
S. Agostino: solo le colonne trovate in questi dintorni esistono
ancora, e sono le trentadue che formano i portici di piazza Mazzini.
Catania ebbe anche un Ippodromo o Circo, decorato di statue,
incrostato di marmi, bagnato da due ordini di canali, i maggiori
denominati Nili, i minori Euripi: nulla più ne resta, ad eccezione degli
obelischi che ne segnavano la spina e le mete. Uno sarebbe quello
che si custodisce, rotto, nel museo Biscari; l'altro quello che sorge in
piazza del Duomo, sulla fontana dell'Elefante; monumento singolare
dove sono rappresentate o simboleggiate tre civiltà: la punica,
dall'elefante che i Catanesi tolsero a stemma — come si vede fin da
un suggello del conte di Paternò — per avere respinto gli assalti dei
Cartaginesi, nonostante che la loro cavalleria fosse provveduta d'uno
squadrone di questi spaventosi pachidermi; l'egizia, dall'obelisco che,
o servisse di meta nel circo, o fosse invece qui trasportato al tempo
delle Crociate, viene presumibilmente dalla terra dei Faraoni, e forse
dalle cave di granito di Siene, e ne parla con i geroglifici che vi sono
scolpiti; e da ultimo la cristiana, dal globo, dalle palme, dall'Epigrafe
angelica e dalla croce che lo incoronano.