sei della mattina, ed in qualunque luogo egli si fosse ritirato, era nel
suo diritto.
D'altronde venne al giovane questa idea, che restando nelle
vicinanze del luogo ov'era accaduto l'avvenimento, otterrebbe forse
qualche schiarimento su questo misterioso affare. Alla sesta bettola,
come si disse, d'Artagnan dunque si fermò, chiese una bottiglia di
vino di prima qualità, si appoggiò al gomito nell'angolo il più oscuro;
e si decise di aspettare così il giorno; questa volta pure la sua
speranza fu delusa, e quantunque ascoltasse ad orecchie tese, non
sentì, in mezzo alle imprecazioni, ai lazzi ed alle ingiurie che si
andavano scambiando fra di loro gli operai, i lacchè e i birocciai che
componevano l'onorevole società di cui egli faceva parte, niente che
potesse metterlo sulle tracce della povera donna rapita. Gli fu di
necessità, dopo dì avere bevuta la sua bottiglia, tanto per ingannare
il tempo, come per non risvegliare sospetti, di cercare in un angolo la
posizione più possibilmente soddisfacente, e addormirsi o bene o
male. D'Artagnan, si sa che aveva vent'anni, e a questa età il sonno
ha dei diritti imprescrittibili che reclama imperiosamente, anche nei
cuori i più disperati.
D'Artagnan si risvegliò verso le sei ore del mattino, con quel
mal'essere che d'ordinario accompagna la punta del giorno, dopo
una cattiva notte. La sua toaletta non era lunga da farsi; si tastò per
assicurarsi che non avevano approfittato del suo sonno per rubarlo,
ed avendo ritrovato il suo diamante al suo dito, la borsa nella sua
tasca, e le sue pistole alla cintura, si alzò; pagò la sua bottiglia, e
sortì per vedere se sarebbe stato più fortunato nella ricerca del suo
lacchè la mattina, di quello che la notte. In fatti, la prima cosa che
scoperse, a traverso la nebbia umida e grigiastra, fu l'onesto
Planchet, che con i due cavalli alla mano, lo aspettava davanti una
piccola bettola oscura, innanzi la quale d'Artagnan era passato,
senza neppure sospettare della esistenza di lui.