Fìlvia. L'ironia no; si ricordi, l'ironia non la tollero!
Andrea. Ma allora, certi suoi dolori, intimi, perchè viene proprio a
confidarli a me... qui, perchè viene a dirli proprio a me, a me, a me,
e proprio qui?
Fìlvia. Perchè se non vengo a dirli a lei, a chi potrei andarli a dire?...
A chi? Forse a mio padre? Ah! Ah! Un marito anche lui, e un altro bel
campione come sopra! Tutti gli uomini sono uguali... Tutti una risma
e tutti una lega: avrebbe preso le difese di Alberto. La mamma? —
Mia madre crede che le donne sieno state create e messe al mondo
soltanto per far visite, far toilette e far figliuoli! — Mi avrebbe
imposto la rassegnazione ed il perdono. Le mie amiche? — Oh
povera Fulvietta! Oh povera la nostra Fulvietta! — Per sentirmi
compiangere e vederle beate?... Dunque, vede, per confidarmi e per
confortarmi, non avevo che lei! Non avevo che lei per potermi
sfogare... Cioè, lo credevo e lo speravo! Invece no! Anche lei non
sente che il suo risentimento, il suo orgoglio, ed io non ho nessuno,
nessuno al mondo, più nessuno, al quale poter aprire la mia anima e
il mio cuore, col quale potermi lamentare, gridare e piangere.
(Scoppia in un pianto dirotto di dispetto e di dolore, buttandosi sul
canapè). Sì, piangere, piangere, piangere!
Andrea (Calmandosi a sua volta e dopo una lunga pausa, si appoggia
dietro il canapè e accarezza Fulvia sui capelli). E io? E il mio cuore?
Vedendoti a piangere così per... un altro? (Le dà un bacio).
Fìlvia (Si alza e si allontana con un profondo sospiro). Il torto è mio,
tutto mio!
Andrea (Conciliante). No, no! Anch'io, forse, sarò irragionevole...
Fìlvia. Il torto è mio! A questo mondo, soprattutto, bisogna sapersi
risolvere. O una cosa, o un'altra...
Andrea. Ma Fulvia!
Fìlvia. Sì! Sì! Io, invece, sono un complesso di indecisioni, di
contradizioni e così ho fatto infelice me, faccio infelice lei..
Andrea (Per abbracciarla). Io infelice? Ma soltanto una tua parola...