Missis Eyre, — terzo piano, camera di dietro, senza balcone, —
riceve un inchino, niente più del necessario.
— Scusi; sono in ritardo; ho la corrispondenza ancora da guardare...
Il signor Trüb, si avvicina alla scrivania, e comincia ad aprire, a
sfogliare le lettere che vi sono ammucchiate.
Missis Eyre, tien duro.
— E così?... I D'Orea e i Moncavallo, verranno da Aigle o da Bex?
— Vedremo. Secondo... il tempo.
— Vedere?... Piove che Dio la manda! Che cosa volete vedere? Il
Diluvio universale?
— Che diluvio? Domani, sole! Garantito!
— Cià. A Villars sempre così. Piove oggi, e fa bel tempo... domani!
Brontola, brontola, ma a missis Eyre, poco importa della pioggia o
del bel tempo. Ella, invece, vuol sapere se i D'Orea e i Moncavallo
faranno la salita da Aigle, in carrozza, e con quanti landò, oppure da
Bex in ferrovia elettrica, con un treno espresso, o con l'ordinario.
Vuol sapere il numero delle persone di servizio, il numero dei bauli, e
se i D'Orea e i Moncavallo pranzeranno à table d'hôte o al
restaurant, a pensione o alla carta. Vuol sapere, se a quella grande
«baraonda italiana» è stato fissato il solo appartamento del primo
piano, oppure anche le camere disponibili del secondo. Vuol sapere,
ed è questo che più le preme, se la «marmaglia del servidorame»
sarà mandata su, al quarto piano, come è l'uso e la convenienza,
oppure se quel vero oste esoso e volgare del signor Trüb matura
nell'animo l'indelicatezza e la prepotenza di cacciarne una parte
anche al terzo e persino... nel suo corridoio!
È tutto questo che la turba, che l'agita, che la tiene in ansia e in
curiosità. Ed è così tutti i giorni e tutto l'anno: il suo divertimento, i
suoi discorsi, le sue dispute, le sue scommesse, sempre lì! Chi arriva
e chi parte dall'albergo. Il suo mondo, d'estate, è la Tête-pointue;
d'autunno, Villa d'Este, sul lago di Como; d'inverno, l'hôtel-Royal a