CITAZIONI UTILI PER AVVIARE UN PROCESSO DI MATURAZIONE.pdf

nadinebenedetti1981 39 views 184 slides Apr 22, 2025
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About This Presentation

IL DOCUMENTO MIRA A FAR CONOSCERE CLASSICI DELLA LETTERATURA, DELLA PSICOLOGIA, DELLA FILOSOFIA E DELLA STORIOGRAFIA E ALTRI TESTI UTILI COME libri di testo liceali, DIVERSI MANUALI UNIVERSITARI, ALCUNI ROMANZI E SOPRATTUTTO SAGGI RECENTI, RIVISTE E PAGINE ONLINE CON L'INTENTO DI AGEVOLARE LA ...


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Corretto e completato il giorno 22 aprile 2025
In queste ultime date sono state fatte poche aggiunte significative, ma sono stati
corretti tutti o la maggior parte dei non pochi errori di battitura
e quelli nel posizionamento di poche citazioni,
nonchè le occasionali ripetizioni.
CITAZIONI UTILI PER AVVIARE UN
PROCESSO DI MATURAZIONE
1

CITAZIONI UTILI PER AVVIARE UN PROCESSO DI
MATURAZIONE
CITAZIONI DA CLASSICI E ALTRI TESTI UTILI
Presentazione
IL DOCUMENTO MIRA A FAR CONOSCERE CLASSICI DELLA LETTERATURA ,
DELLA PSICOLOGIA, DELLA FILOSOFIA E DELLA STORIO GRAFIA E ALTRI TESTI
UTILI COME LIBRI DI TESTO LICEALI , DIVERSI MANUALI UNIVERSITARI ,
ALCUNI ROMANZI E SOPRATTUTTO SAGGI RECENTI, RIVISTE E PAGINE
ONLINE CON L'INTENTO DI AGEVOLARE LA RIFLESSIONE SU
PROBLEMI FONDAMENTALI E SEMPRE ATTUALI.
NOTA: Possono esserci errori poco significativi di trascrizione, mentre l’ordine delle affermazioni all’interno di ogni singola
citazione e la punteggiatura spesso non rispettano quelli dell’originale e ciò per rendere più chiaro possibile il messaggio trasmesso a
chi non conosce i libri di riferimento: assicuro il rispetto del senso di questi ultimi e consiglio a chi avesse dei dubbi in proposito di
confrontare ogni singola citazione con la sua fonte (i testi si trovano quasi tutti nelle biblioteche e online). L'unico dubbio riguarda
una delle citazioni da L'uomo in rivolta, che ho tratto da Ribellarsi è giusto a differenza delle altre citazioni da questo libro di Camus
qui inserite: non ho il tempo di rileggere il testo e fare un confronto, tuttavia il senso della citazione rispetta il pensiero di Camus.
Raramente i giudizi dei brani riportati sono ironici (credo che l’ironia in questi casi appaia facilmente anche a chi non ne conosce il
contesto), ma in genere essi corrispondono al vero o almeno a ciò che ho osservato per esperienza personale e a quanto scrittori
notevoli di ogni epoca hanno elaborato. Trovo che sia senz’altro lecito e utile estendere questi giudizi di valore e analisi ad attuali
situazioni e categorie, professionali e non, certamente molto affini ai soggetti presi in esame.
La disposizione dei brani nei vari raggruppamenti ha subito modifiche nel tempo e anche di recente, a causa dei ripensamenti volti a
rendere questo documento più chiaro e utile possibile, oltre che degli errori di distrazione.

ARGOMENTI DEI GRUPPI

GIUDICARE: STAMPA E VERITÁ (LA MANOMISSIONE DEI FATTI E DELLE PAROLE); INGIUSTIZIA NEI
TRIBUNALI E SISTEMATICHE DISTORSIONI DELLA RE ALTÀ; TEORIE E VERITÁ (PSICHIATRIA, POLITICA E
CONOSCENZA); COMPASSIONE (DOLORE E VERITÁ); L’INCENSAMENTO DI CHI FA FIGLI; OSTRACISMO
(BRUTALITÁ DELLE FOLLE E VERITÁ); POLITICA E GIUSTIZIA (CINISMO DIFFUSO E VERITÁ); CRUDELTÁ
DELLA PSICHIATRIA E DIRITTI E POSSIBILITÁ DEI DIVERSI; CHIESE E GIUSTIZIA (RELIGIONE, GRUPPI,
VERITÁ E MORALE); OBIETTIVITÁ E IMPARZIALITÁ

INTELLIGENZA E CORAGGIO: ANTIDOTI NATURALI ALL’AFFANNARSI E AL RAZIONALISMO; NICHILISMO
DELL’APPARIRE ED ESPRESSIONE VITALE ; IL DIVENTARE ADULTI E IL CORAGGIO; DIVERSE FORME DI
INTELLIGENZA E ABILITÀ; RIBELLIONE METAFISICA

L’IMPORTANZA DI SCRIVERE: COME SI LEGGE E SI STUDIA COMUNEMENTE; SCRIBACCHIARE PER NON
SAPER ATTENDERE O PER NON SAPER VIVERE; POCHI E BUONI LIBRI NELLA SOLITUDINE; BISOGNO DI
SCRIVERE DEI DIVERSI; POTERE DELLA SEMPLICITÁ; ATTRAZIONE DEI LIBRI GIUSTI
PER CHI VOLESSE STAMPARLO (IN FUTURO LE AGGIUNTE SARANNO POCHE E BREVI) ESISTE UNA
VERSIONE IN CARATTERE 8 SU HTTP://WWW.SLIDESHARE.COM/CITAZIONI-UTILI-PER-AVVIARE-UN-
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PERCORSO-DI-MATURAZIONE, DOVE LA DIFFERENZA È SOLO NEL TERMINE "PERCORSO"
NELL'INDIRIZZO.
CI SONO DELLE RACCOLTE BREVI IN HTTP://WWW.SLIDESHARE.COM/CITAZIONI-SULLA-PSICHIATRIA, IN
HTTP://WWW.SLIDESHARE.COM/CITAZIONI-SU-INTELLIGENZA-E-CORAGGIO E
.HTTP://WWW.SLIDESHARE.COM/CITAZIONI-SU-STAMPA-E-ALTRO.
CITAZIONI INTRODUTTIVE

Quanto è difficile per lo psicanalista trovare qualcosa di nuovo che qualche artista non avesse già saputo prima di lui. (S. Freud)

Le buone leggi, l’educazione e la cultura conservano nella società giustizia e mansuetudine. Non invece le immaginazioni
minacciose, come suol far la moltitudine e crudeltà dei supplizi, che accresce la viltà e la ferocia. (G. Leopardi)

Deponi la speranza di poter per sommi capi gustare le opere degli uomini di più alto ingegno; devi esaminarle, studiarle per intero
(…) L’opera dell’intelligenza è connessa nei suoi tratti principali. (L. A. Seneca)

Una dittatura è un regime in cui, invece di pensare, gli uomini citano. Essi citano tutti lo stesso libro che fa testo. A nostro vantaggio
possiamo almeno dire di citare autori diversi. (I. Silone)

Ah, buon Dio, la terribile tirannide della maggioranza! Tutti abbiamo la nostra canzone da intonare. E sta a te ora sapere con quale
orecchio ti convenga ascoltare (…) Non è stato il Governo a decidere; non ci sono stati in origine editti, manifesti, censure, no! Ma la
tecnologia, lo sfruttamento delle masse e la pressione delle minoranze hanno raggiunto lo scopo, grazie a Dio! (…) Non è che
ognuno nasca libero e uguale, come dice la Costituzione, ma ognuno vien fatto uguale. Ogni essere umano a immagine e somiglianza
di ogni altro; dopo di che tutti sono felici, perché non ci sono montagne che ci scoraggino con la loro altezza da superare, non
montagne sullo sfondo delle quali si debba misurare la nostra statura! (R. Bradbury)

L’utile è il grande idolo del tempo, e ad esso tutte le forze devono servire e tutti i talenti prestare ossequio. Su questa rozza bilancia, il
merito spirituale dell’arte non ha nessun peso. (F. Schiller)

Noi, che cerchiamo i modi con i quali l’animo possa procedere con equilibrio e essere in pace con se stesso, (…) decidiamo dove
andare e come andarci con l’aiuto di persona esperta che abbia già fatto il percorso sul quale procediamo: qui sono proprio le strade
più battute e conosciute a trarci maggiormente in inganno. (L. A: Seneca)

Se non si vuole rinunciare a pensare, bisogna accettare la solitudine. Per quanto mi riguarda, non ho altra speranza che quella di
incontrare qua e là, di tanto in tanto, un essere umano, solo come me, che per parte sua si ostini a riflettere, al quale possa offrire e dal
quale possa ricevere un po’ di comprensione. Solitudine, certo, i tempi la impongono, ma aperta al confronto e alla condivisione del
frutto della propria riflessione (…) Il pensiero, per non risultare sterile, ha bisogno di qualcuno che veda la realtà da un altro punto di
vista, (…) di essere messo alla prova dal confronto. (S. Weil)

Se la sorte ti esclude dai ruoli di primo piano, resisti con la tua parola e (…) anche con il tuo silenzio (…) L’opera di un buon
cittadino non è mai vana: lo si vede, lo si ode; per fare del bene basta lo sguardo, il gesto, la silenziosa tenacia, il fermo equilibrio
(…) In nessun caso ci parranno chiuse tutte le strade al punto che non resti spazio per un’attività moralmente buona. (L. A. Seneca)

Lodare di vero cuore le belle azioni è in certo qual modo parteciparvi. (la Rochefoucauld)

Credo che evitare volontariamente di parlare di libri equivalga a bruciarli. (Truffaut)

Chi non sa pensare criticamente è in realtà esposto a tutte le influenze, le suggestioni, gli errori e le menzogne che vengono diffuse e
che lo indottrinano sia dall’inizio. Non si può essere liberi, autodeterminarsi e scoprire la centralità del proprio essere se non si sa
pensare criticamente, diventando in un certo senso anche un po’ cinici (…) Il pensiero critico non è un hobby, ma una facoltà (…) E
per critico non intendo assolutamente ostile, negativo o nichilista. È esattamente il contrario: il pensiero critico è al servizio della
vita, e in particolare serve, a livello individuale come a livello sociale, a rimuovere gli impedimenti che ci paralizzano o che sono di
ostacolo (…) Pensare criticamente è possibile persino a chi vive sotto una dittatura. Chi non vuole mettere a repentaglio la vita non
manifesterà la sua critica, ma potrà sempre pensare in modo critico, e si sentirà un po’ più felice e libero di chi è prigioniero di un
sistema di pensiero, nel quale non crede neppure lui. Si potrebbero scrivere interi libri sul rapporto tra pensiero critico e salute
mentale. (E. Fromm)

Ogni uomo che possiede l’intelligenza del proprio fare e ha raggiunto così l’accesso all’inconscio esercita involontariamente
un’azione sul proprio ambiente. L’ampliamento e l’approfondimento della coscienza genera l’effetto che i primitivi chiamano mana.
Si tratta di un influsso involontario sull’inconscio degli altri, in certo senso di un prestigio inconscio (…) Lo sforzo verso
l’autoconoscenza non è mai vano. (C. G. Jung)

Il libertario (…) da subito attinge (…) alla forza naturale che è in lui, (…) continuando ad esistere e operare in modo naturale e
libero. Il libertario (…) quando crea, vince; quando corregge i suoi pregiudizi e le sue abitudini, vince; quando sa resistere e
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sopportare, vince. Dico questo per esortare le persone oneste a non scoraggiarsi quando sembra che il loro lavoro sincero e onesto
non abbia influenza. (P. Goodman)

Contro la massa organizzata può resistere solo chi è organizzato nella sua individualità altrettanto bene di come è organizzata la
massa. (C. G. Jung)

La posizione espressa (...) da una minoranza, proprio perché è inaspettata, (...) suscita attenzione e riflessione e spesso fa cambiare
idea (...) Meccanismi di difesa inconsapevoli (...) a volte permettono di negare l'influenza minoritaria anche a se stessi, ma non
impediscono di riflettere attentamente su quello che la minoranza propone (...) Le fonti minoritarie dissidenti hanno la capacità di
sollevare autonomia (...) e strategie alternative e spesso migliori (...) Le minoranze devono (...) proporre (...) valide alternative (...) e
adottare uno stile di comportamento concorde, coerente nel tempo e deciso (...) poi non fare continue recriminazioni e dimostrare
invece responsabilità e competenza (Catellani-Sensales come curatrici)
Non ci rendiamo sufficientemente conto del fatto che una delle peggiori sofferenze nella vita è la noia (…) Perciò dobbiamo
confrontarci con le contraddizioni della nostra esistenza e dare un senso alla nostra vita (…) Noi desideriamo ardentemente un
contatto con la realtà della vita proprio perché la nostra realtà è fatta solo di prodotti artificiali (…) Quasi tutti confondono le parole
con la realtà (...) Non c’è migliore fondamento per qualunque senso di sicurezza e per un sentimento dell’Io in grado di sostenere da
solo l’identità personale, di essere a stretto contatto con la realtà (…) Ormai siamo in contatto solo con artefatti e routine sociale (…)
Non abbiamo più alcun rapporto con i nostri sentimenti, con quello che proviamo veramente (…) Nell’opinione pubblica è diffusa
una grande paura, se non una vera è propria fobia, per tutto quello che ci pone a confronto con noi stessi (…) Il sentimento che è
nelle persone cerca uno sfogo; così piangono non appena ne hanno l’occasione, senza avere alcun rapporto con qualcosa di reale (…)
Accade al cinema, alle partite di calcio o in altre occasioni analoghe, dove improvvisamente sui loro volti si dipinge un’intensa
emozione, una grande eccitazione, o una forte reazione che sembra gioia o dolore; eppure, a ben vedere, l’espressione del loro viso è
vuota. C’è una grande differenza tra una gioia manifestata in uno stato di relazionalità, e la gioia sentimentale provocata da una
particolare situazione che sembra in qualche modo stimolare un sentimento di gioia; in questo caso, infatti, la persona è totalmente
distaccata da tutti e da tutto, e non prova nulla (…) Quando siamo insieme a qualcuno che amiamo o quando leggiamo qualcosa di
molto interessante ed eccitante. In tal caso non proviamo alcun senso di stanchezza (…) Si può riscontrare una straordinaria e
sconvolgente carica di vitalità e di energia, che nulla hanno a che fare con la chimica (…) Tutto dipende dall’intensità della relazione
che abbiamo con la realtà dei nostri sentimenti e con gli altri (…) Possiamo percepire noi stessi come entità autonome (…) Il
pubblico televisivo non deve far altro che starsene seduto e premere un pulsante. Se osserviamo la pubblicità di qualsiasi prodotto,
ecco ripresentarsi la lusinga dell’assoluta pigrizia (…)Dolore e tragedia sono più facili da sopportare della noia, in cui si manifesta
soltanto la mancanza di relazionalità con il mondo e con l’amore (…) Un individuo può prendere completa coscienza della sua
identità solo quando prende coscienza della situazione sociale complessiva in cui vive, con tutte le influenze e i fattori che agiscono
su di lui. Sono convinto che la psicoanalisi sia per sua natura un metodo per pensare criticamente. Ma questa è una cosa molto
difficile, perché è in conflitto con la nostra tendenza al guadagno. (E. Fromm)

Il più delle volte c’è ristrettezza di coscienza e pavida rigidità di atteggiamento. Proprio a persone come queste dovrebbe essere
procurato un bagaglio di conoscenze psicologiche il più esteso possibile. Una reale intelligenza di psicologia salva vite. (C. G. Jung)

Ho cercato nell’immaginazione un mezzo per raggiungere una conoscenza extraindividuale (…) Siamo bombardati da tale quantità di
immagini prefabbricate da non saper più distinguere l’esperienza diretta da ciò che abbiamo visto per pochi secondi alla televisione.
La memoria è come un deposito di spazzatura (…) Stiamo correndo il pericolo di perdere una facoltà umana fondamentale: (…) il
potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi (…) su una pagina bianca. Penso a una possibile pedagogia dell’immaginazione che
abitui a controllare la propria visione interiore senza soffocarla e senza d’altra parte lasciarla cadere in un confuso, labile fantasticare
(…) Si tratta di una pedagogia che si può esercitare solo su se stessi con metodi inventati volta per volta e risultati imprevedibili. (I.
Calvino)

Oggi le scienze sociali, a parte alcune lodevoli eccezioni, sono impressionate dal successo e dal prestigio delle scienze naturali, e
dunque cercano di applicare i metodi delle scienze naturali anche allo studio dell’uomo. Non solo non si chiedono se un metodo
valido per studiare le cose possa essere applicato anche all’uomo, ma neppure si pongono il problema se tale concetto di metodo
scientifico non sia ingenuo (…)Strettamente connesso con il problema del fraintendimento della metodologia scientifica è il
relativismo di cui sono impregnate le scienze sociali (…) per il quale i valori sono considerati una questione di gusto, senza alcuna
validità oggettiva. Poiché è difficile provare la validità oggettiva dei valori, le scienze sociali hanno optato per la via più facile:
eliminare il problema (…) L’uomo viene visto come un foglio bianco sul quale ogni cultura scrive il proprio testo (…)Per i relativisti,
ogni norma – che si tratti di omicidio o di amore – è valida se è stata approvata dalla società. L’umanesimo invece afferma che
determinate norme ineriscono alla situazione esistenziale dell’uomo e che la loro violazione provoca effetti che ostacolano la vita
(…)Dal momento che il successo dipende in larga misura da come l’individuo vende la propria personalità, egli sperimenterà se
stesso quale una merce, o, meglio, insieme quale venditore e merce offerta in vendita (…) La finalità del carattere mercantile è il
completo adattamento, in modo da apparire desiderabile in tutte le situazioni del mercato delle personalità (…) I sentimenti, buoni o
cattivi che siano (…) interferirebbero con lo scopo principale (…)“È evidente a chiunque” scrive [Albert Schweitzer] “che siamo in
pieno processo di autodistruzione della cultura (…) Dal momento che la società con la sua complessa organizzazione esercita un
potere senza precedenti sull’Uomo, la dipendenza dell’Uomo da essa è giunta a tal punto che egli ha quasi cessato dall’avere
un’esistenza intellettuale [geistig] autonoma… Siamo così entrati in un nuovo Medio Evo. Con un atto di volontà collettivo, la libertà
di pensiero è stata messa fuori gioco, poiché molti rinunciano a pensare come liberi individui, per lasciarsi guidare dal collettivo al
quale appartengono… In una con il sacrificio dell’indipendenza di pensiero, abbiamo perduto – e come potrebbe essere altrimenti? –
la fede nella verità” (…)È un gravissimo problema se, con la ricchezza culturale in cui viviamo, e con il patrimonio di libri e di
conoscenze scientifiche e non, una persona vive come se tutto questo non esistesse, e come se il mondo fosse completamente vuoto,
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come se non ci fosse nulla di importante e, a parte qualche piccolo, misero evento personale, non ci fosse nulla di veramente
interessante (…)
In un’epoca in cui la ricchezza culturale è accessibile a chiunque: musica, libri, arte, qualsiasi cosa (…) chi ha interesse solo per se
stesso e i propri problemi non può vivere in modo aperto, con gioia e indipendenza. Occorre tenere entrambi i piedi sul terreno della
realtà (…) Si può stare in piedi così, ma soltanto su un terreno ampio e fertile (…) Il punto è quello di mantenere un rapporto di
partecipazione verso ciò che ci circonda (…) Tutta l’infelicità che oggi molti provano è causata non dal fatto di essere chissà come
malati, quanto di essere separati da ciò che rende la vita bella, interessante, stimolante (…)Concentrarsi sui problemi personali
include anche un interesse sempre più ampio e intenso per la vita (…) Non penso tanto a una formazione puramente intellettuale,
quanto a un arricchimento. In concreto si deve chiedere: che cosa leggi? Io consiglio sempre di partire dalle letture (…) Nulla che sia
veramente valido si può fare o apprendere senza sforzo, sono sempre necessari un certo sacrificio e una certa disciplina (…) Ho
l’impressione che la gente non legga quasi più nulla che sia legato alla tradizione, perché è convinta di dover arrivare a tutto
individualmente. Questa è una convinzione sciocca che denota ignoranza, come se si potesse riunire in sé la genialità delle figure più
significative della storia e scoprire tutto da soli. Ciò dimostra soltanto superficialità (…)Chi prima o poi non arriva a una propria
concezione della vita, a un orientamento, a valori e a convincimenti non mutuati da altri, ma scaturiti dall’esperienza individuale,
anche se acquisiti con l’aiuto di una lettura attiva, produttiva, critica delle opere delle grandi guide dello spirito umano, penso non
arriverà mai ad acquistare sicurezza, a percepire la centralità del proprio Io (…) Ritengo sempre barbaro e sciocco rinunciare a far
tesoro delle conquiste dell’umanità. (E. Fromm)

Il più folle di tutti gli errori è quello di alcuni giovani intelligenti che credono di perdere la loro originalità quando riconoscono certe
verità che furono già da altri riconosciute. (W. Goethe)

L’obiezione di coscienza (…) è la capacità di dire di no al potere, (…) rifiutare di apportare il proprio contributo anche coattivo,
anche estorto con la legge e a volte con la violenza un po’ oltre la legge, che ci farebbe essere dei pezzetti di un ingranaggio, (…) ma
anche la capacità di obiezione anti-consumistica, di obiezione al conformismo televisivo. (A. Langer)

Mio fratello è figlio unico perché non ha mai criticato un film senza prima vederlo e (…) .perchè è convinto che nell’amaro
benedettino non sta il segreto della felicità, (…) che anche chi non legge Freud può vivere cent’anni, (…) che esistono ancora
sfruttati, malpagati e frustrati. (R. Gaetano)

Gli spazi di confronto si sono ridotti, quasi del tutto chiusi, e ridotta enormemente è la stessa agibilità politica delle istituzioni (…) Al
manganello si è sostituito lo spettacolo (…) che scoperta! Ma il “politico” è sempre, per definizione, stare in “pubblico”! (immanente
a ogni momento della vita e del quotidiano). La nuova persuasione concede spazio a forme di dissenso: purché esse non parlino il
linguaggio dei valori e dell’alternativa. (…) Grave è il rischio che di questo strumento della nonviolenza si spunti l’incisività e la
forza, nello scontro terribile con la violenza contemporanea. (…) Diciamo allora subito che quel che si contrappone alla violenza non
è la nonviolenza. (…) La forza che si oppone all’istituzionalizzazione della violenza è altro: è il diritto. (…) Allo stesso scopo non
arriva neanche la nonviolenza senza oggetto quale stile e pratica autosufficiente (…) La nonviolenza al positivo è il rigoroso richiamo
al valore e alla prassi continua del diritto e dell’etica (…) Circola un’insensibilità al valore delle parole che è segno palese di una crisi
culturale e politica di proporzioni troppo vaste per essere tollerate (…) I valori vengono intesi come degli “assoluti” (…) non laici,
fuori del tempo politico, irrealizzabili per definizione, (…) mentre invece discendono da una puntuale analisi del dramma storico (…)
nell’odierna lamentata incapacità dei partiti ad esprimere valori. (A. Bandinelli)

La paura è un cattivo consigliere, soprattutto dove non c’è coscienza: nell’avversità, come nella felicità, non v’è misura che nella
morale. Dove la morale non guida, la felicità s’annienta nella demenza, l’avversità nello scoramento. (B. Constant)

Meditate che questo è stato: vi comando queste parole, scolpitele nel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi,
alzandovi, ripetetele ai vostri figli. (P. Levi)

La storia non è che una ripetizione degli stessi fatti applicati a uomini ed a tempi diversi. (Chateaubriand)

Se vogliamo cambiare il futuro ci sono solo due maniere; conoscere la storia e conoscere la psicologia, ma la storia è quello che è
veramente successo, non quello che ci farebbe tanto piacere che fosse accaduto così da dimostrare il nostro teorema (…) Ogni tanto
ci guardiamo in faccia e ci chiediamo come abbiamo fatto a bruciare le streghe in piazza o mettere i bambini sui treni per Auschwitz.
Ci siamo riusciti grazie al conformismo (…) Non solo in ridicoli film, ma addirittura sui libri di scuola il fascismo e il nazismo sono
descritti come branco di lupi su un inerme popolo di agnelli (…) La realtà è l’opposto. (De Mari)

Il crimine, sia vecchio di molte generazioni, o si sia prodotto ai nostri giorni, esso rimane il sintomo di una disposizione sempre e
dovunque presente e sarà quindi bene avere una immaginazione del male, perché solo gli sciocchi possono trascurare a lungo le
premesse della propria natura. Anzi, questa trascuranza li rende più atti a diventare uno strumento del male (…) L’essere inoffensivi e
ingenui, anzi, ci porta a proiettare negli altri il male non riconosciuto (…) Inoltre la perdita dell’introspezione ci toglie la facoltà di
“trattare col male”. (C. G. Jung)

Libertà vai sognando e servo a un tempo vuoi di nuovo il pensiero (....) Nobile natura è quella che a sollevar s’ardisce gli occhi
mortali e che con franca lingua confessa il mal che ci fu dato in sorte, (…) porgendo valida e pronta (…) aita negli eterni perigli. (G.
Leopardi)
Gli esseri umani sono impotenti e smarriti – e questo accade in larga misura perché la nostra civiltà non informa correttamente sulla
vita. (E. Fromm)
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Il nostro tempo (…) pone esigenze altissime (…) ai capi e alle persone influenti, (….) ma non trattandosi di un intendere puramente
intellettuale, bensì della conclusione morale che ne deriva, non ci sono molti motivi di ottimismo (…) Formulare come esigenza
morale il compito che il tempo e il mondo ci impongono non ha senso. Si può semmai chiarire la situazione psicologica mondiale al
punto che la vedano anche i miopi, e pronunciare parole e concetti che siano intesi anche dai duri d’orecchio. Dobbiamo (…) non
stancarci mai di ripetere i pensieri e le convinzioni necessarie. (C. G. Jung)

Vorrei, con questo mio scritto, non risparmiare ad altri la fatica di pensare, ma stimolare qualcuno a pensare da sé. (.L. Wittgenstein)

Quando un argomento è molto controverso (…) non si può sperare di dire la verità. Si può solo mostrare come si è giunti ad avere
una qualunque opinione. (V. Woolf)

Se non troviamo niente di piacevole, almeno troveremo qualcosa di buono. (Voltaire)

Nei secoli passati gli uomini non erano ancora così lasciati a se stessi e privi di indicazioni su come indirizzare la loro vita; avevano
un più accentuato senso dei valori, delle finalità e degli obiettivi, perciò era la loro cultura a fornire anche rimedi, idee e direttive.
Oggi non esiste più nulla di simile; per questo si ha l’impressione di non sapersela più cavare da soli. (E. Fromm)

Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il tempo e l’appetito. Ero turbato e commosso (…) Come doveva essere stato buono
e coraggioso lo scrittore che aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza. Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava
una compassione superiore all’ordinaria pietà dell’uomo che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne distoglie lo sguardo per
non soffrire (…) Mi parve incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a conoscenza di una storia come quella soltanto per caso.
Perché non veniva letta e commentata nelle scuole? (I. Silone)
Nella letteratura si trova una quantità infinita di insight profondi, e proprio a questi dovrebbe mirare la psicoanalisi riguardo al
singolo. (E. Fromm)
La condizione della scuola italiana è oggi profondamente in crisi. I riformisti ritengono che essa sia in tale stato perchè fornisce un
sapere non solo inadeguato alla società attuale, ma anche statico (...) I descolarizzatori affermano che la crisi della scuola è
rappresentata dal fatto che essa ha del tutto esaurito la funzione storica assegnatale dalla società tradizionale. Oggi è la stessa società
che, attraverso una miriade di agenzie educative, è diventata una comunità educante. (P. Boccia, Concorso DSGA. Manuale completo
per tutte le prove 2018)


GIUDICARE

STAMPA E VERITÁ (LA MANOMISSIONE DEI FATTI E DELLE PAROLE)

I cosiddetti sani: la patologia della normalità (E. Fromm)
Per usare una metafora particolarmente efficace, oggi la democrazia è come una scommessa alle corse: con tutta l’eccitazione, tutti i
rischi e tutte le componenti irrazionali che ci fanno puntare sul cavallo numero tre solo perché ce lo siamo sognato la notte prima.

I persuasori occulti (V. Packard)
Napoleone istituì un organismo di stampa e propaganda (…) Suo compito era di fabbricare su ordinazione dei movimenti d’opinione.
Perfino in Machiavelli si possono già trovare interessanti spunti in tal senso (…) Oggi c’è un completo arsenale pubblicitario a
disposizione di quei candidati che vogliono servirsi della televisione, di cortometraggi animati, di brevi annunci radiofonici
sceneggiati, di lettere circolari, interviste lampo (…) fumetti propagandistici (…) belle ragazze in chioschi agli angoli delle strade
(…) selezione scientifica degli slogan; ripetizione pianificata (…) pattuglie di volontari che faranno squillare i campanelli e i telefoni
(…) Un tecnico pubblicitario di New York dichiarò che se egli e i suoi colleghi avessero avuto veramente via libera, avrebbero potuto
spostare a piacere un numero decisivo di voti in qualsiasi campagna, indirizzando messaggi in profondità alla massa degli incerti e
degli indifferenti (…) servendosi, per sondare il loro sottofondo emotivo, degli stessi test di proiezione usati per individuare possibili
affinità tra l’immagine di un prodotto e il consumatore (…) Gli americani considerano la politica come un genere di consumo. Ciò li
induce a preferire il candidato che si presenta meglio; e la scelta di un contenuto politico dipende in misura crescente dalla forma che
esso prende in pubblico (…) Come, in campo commerciale, la suggestione esercitata dalla confezione e dalla pubblicità si sostituisce
alla convenienza del prezzo (…) È comune la pratica di trattare gli elettori come consumatori-bambini che cercano l’immagine del
padre (…) I candidati, oltre a possedere una voce sonora e una buona dizione, dovranno essere in grado di apparire naturali di fronte
alle telecamere (…) Adlai Stevenson (…) disse: “Il fatto che si pretenda di vendere i candidati alle massime cariche dello Stato come
se si trattasse di dentifrici costituisce l’estrema indegnità del processo democratico”.

Citazione da Kenneth Bouldin dell'Università del Michigan contenuta in I persuasori occulti di V. Packard
Si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel quale tuttavia siano state mantenute le forme
esteriori del governo democratico.

Pagina Wikipedia su Diocleziano
La figura dell’imperatore ebbe un’autorità trascendente, un uomo al di sopra delle masse. Il suo apparire era gestito in ogni dettaglio.

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Storia della guerra del Peloponneso (Tucidide)
Le persone presenti a ciascun fatto non dicevano le stesse cose riguardo agli stessi avvenimenti, ma parlavano secondo la loro
simpatia verso l’una o l’altra parte, o secondo la loro memoria. Forse l’assenza del favoloso dai fatti li farà apparire meno gradevoli
all’ascolto: ma se quanti vorranno vedere la verità degli avvenimenti passati e di quelli che nel futuro si saranno rivelati, in
conformità con la natura umana, tali o simili a questi giudicheranno utile la mia narrazione, sarà sufficiente. È stata composta come
un possesso per sempre piuttosto che come un pezzo per competizione da ascoltare sul momento (…) Cose che avverranno sempre
finché la natura umana sarà la stessa.

La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
Da noi i fatti non contano. Mentre il giornalista li indica, tutti gli guardano il dito e cominciano a discutere se sia un dito di sinistra o
di destra. Se quel che indica può favorire questa o quella parte (…) Notizie poche, confusione tanta (…) e i direttori stessi dei TG Rai
hanno nei partiti l’unico punto di riferimento e il pubblico non sanno neppure cosa sia.
Il giornalista deve tacere particolari scomodi (per sé o per altri) o (…) ribaltare i fondamentali della notizia (…) In questo caso, la
somma della sua cronaca e di quelle degli altri come lui non è pluralismo: è un ammasso informe di bugie e mezze verità. E
sommando due mezze verità non si ottiene una verità intera (…) Informare chi non sa nulla di un fatto è molto più facile che
informare chi già lo conosce falsificato o manipolato. In questo secondo caso bisogna prima convincerlo che è stato preso in giro
(circostanza che umanamente è difficilissima da ammettere), scrostare dalla sua mente l’informazione falsa e poi sostituirla con
quella vera.
Dall’oggetto allo scandalo (…) verso falsi problemi e aspetti collaterali che nulla avevano a che fare con il nocciolo della questione
(…) Il dibattito prosegue giungendo a conclusioni che mai avrebbe sortito se i fatti fossero rimasti al centro dell’attenzione.

Avere o essere (E. Fromm)
L’informazione costituisce un elemento cruciale in una effettiva democrazia (…) La maggioranza dei media forniscono informazioni
estremamente limitate (…) È vero che i cosiddetti grandi giornali informano meglio, ma è anche vero che disinformano più
efficacemente, a esempio non pubblicando imparzialmente tutte le notizie, giocando con i titoli, i quali per di più sovente non
corrispondono al relativo testo; ancora, mostrandosi parziali negli articoli di fondo, assai spesso paludati da un linguaggio in
apparenza ragionevole e dagli intenti moralizzatori. In effetti, i giornali, i periodici, la televisione e la radio forniscono una merce –
la notizia – ricavata dalla materia prima costituita dagli avvenimenti. Soltanto la notizia è vendibile, e i media stabiliscono quali
avvenimenti “fanno notizia” e quali non possono essere trasformati in tale merce. Nella migliore delle ipotesi, l’informazione è
preconfezionata, riguarda soltanto la superficie degli avvenimenti, di rado dà modo al cittadino di penetrare più sotto della superficie
stessa, cogliendo le cause profonde degli avvenimenti.
La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
Nel 2003 veniva approvata la legge 140, (…) poi dichiarata incostituzionale, (…) denominata lodo Schifani e (…) diretta a impedire
la celebrazione di ogni processo a carico dell’imputato Berlusconi (…) Non si trattava di lodo (un compromesso in una controversia
(…) proposto da una persona imparziale) (…) Era un’imposizione, (…) non esisteva controversia e (…) il proponente era persona di
riconosciuta parzialità, (…) ma chiamando lodo ciò che lodo non era si comunicava falsamente un’idea di bonaria, imparziale,
autorevole sistemazione con reciproca soddisfazione delle parti in causa (…)
Nel 2010 la Cassazione (…) confermò la sussistenza del reato di corruzione dell’avvocato di Berlusconi in atti giudiziari, del quale
reato però dichiaravano la prescrizione (…) Ma Il Giornale (…) definì l’avvocato “praticamente assolto” e informava che Berlusconi
non avrebbe più dovuto “presentarsi in tribunale per discolparsi”.

http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri
Tecniche per non rispondere (con riferimento a Psicologia politica di P. Catellani): 1) ignorare la domanda; 2) riconoscere la
domanda senza rispondere; 3) rispondere con un’altra domanda; 4) attaccare la domanda; 5) attaccare l’intervistatore; 6) rifiutare di
rispondere magari con la scusa di non voler farsi spingere a fare profezie; 7) affrontare una questione più ampia; 8) dare una risposta
incompleta, anche troncando a metà una frase per passare a fare esempi o ad altro; 9) ripetere la risposta a una precedente domanda;
10) affermare che la domanda ha già avuto risposta; 11) scusarsi (anche dilungandosi).
Sua Santità (G. Nuzzi)
Ci vorranno settimane perché si ristabilisca la verità (…) Ecco coniate nuove allocuzioni come “metodo Boffo” per far intendere che
certa stampa di destra non fa informazione, prende di mira qualcuno, lo distrugge solo perché è in rotta di collisione con il proprio
politico di riferimento (…) Gli avversari vengono colpiti pubblicando notizie già uscite, infarcite di balle colossali, per annientare il
nemico. Insomma, si attribuisce una volontà intimidatoria a certi articoli: chi osa criticare il grande capo viene diffamato come Boffo.
Che valga per tutti.

La fabbrica delle notizie (V. Roidi) del 2001. Alcune mie brevi aggiunte poste tra parentesi quadre servono solo per aiutare a
tener presente che la data di pubblicazione del libro non è recente e ci sono probabilmente e, in certi casi, certamente stati dei
cambiamenti nell'ultimo ventennio
"Traffici vergognosi, (...) corruzione, inefficienza, sperperi, assistenzialismo (...) I potentati, economici, divenuti anch'essi 'partiti' (...)
si servono dei mass media, acquistati con i proventi della corruzione, per svolgere una funzione di narcosi collettiva e di pura
propaganda (...) Le notizie vengono filtrate sapientemente, mentre viene alimentata un'opposizione falsa che vive solo di sterili e
inconsistenti operazioni di immagine" (F. Imposimato) (...)
Gli editori sostengono che l'imprenditore, visto che rischia i propri soldi, ha diritto di scegliere il direttore e la linea politico-editoriale
(...) e per questo [peraltro] non hanno mai accettato un veto dei redattori alla nomina del direttore (...) Se accade che in modo
sotterraneo la linea politica sia modificata e anche stravolta in corsa, (...) il redattore, allorché se ne accorge, non può fare nulla (...) e
i lettori vengono lasciati all'oscuro (...) E nei piccoli centri il giornale è espressivo dei poteri dominanti più ancora che nelle grandi
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città (...) In Parlamento sono stati presentati progetti per separare la proprietà dei giornali da quelle di altre aziende industriali, (...) ma
non si vede come essi potranno realizzarsi (...) Un po' in tutto il mondo giornali e televisioni sono finiti in mani potenti (...) e sono in
atto connubi finanziari di portata internazionale (...) con una logica di mercato in cui sopravvivono solo i giganti (...)
Il controllo delle notizie è operazione eseguita (...) senza verifiche rigorose. "Tanto gli altri pubblicheranno" si sente dire in redazione
(...) e la maggioranza dei redattori è addetta al desk: nessuno ha il tempo o la voglia di andare sul posto (...) La tecnologia (...) fa
sbagliare più spesso. Di panzane è piena la storia del giornalismo. La globalizzazione favorisce la diffusione del virus (...) La
decisione di far leva sui pruriti e le morbosità (...) ha favorito (...) le bufale (...)
Il dovere di correggere le informazioni sbagliate è contenuto in numerose leggi, (...) ma il meccanismo non funziona (...) I giornali
non accettano la versione dei fatti data dal cittadino interessato oppure, quando lo fanno, non rispettano l'obbligo di pubblicare nella
stessa pagina e con la medesima evidenza (...) e spesso aggiungono un corsivetto al veleno (...)
Grave è non comunicare al lettore la fonte della notizia (...) Correttezza vorrebbe che venisse spiegato se l'informazione viene dal
pubblico ministero, da un avvocato della difesa, da un poliziotto (...)
Norme deontologiche non proteggono dai danni di un'informazione invadente malati e donne vittime di violenza sessuale (...) C'è a
volte [stato?] eccessivo ricorso a dettagli intimi (...) dando l'impressione di poter partecipare alle indagini, creando un divertimento
(...)
E può [poteva?] succedere che persone prive di preparazione siano [fossero?] incaricate di seguire (...) un fatto di cronaca denso di
risvolti umani e sociali (...) [Infatti] una legge (...) del 1963 ha [aveva?] concesso agli editori di assumere (...) chiunque avesse il
diploma di scuola media superiore (...) [Ancora nel 2000 era] basso il numero dei laureati (...)
[La legge ha anche permesso a lungo ai giornalisti di informare sulle indagini in ambito giudiziario senza] aspettare le sentenze
definitive, (...) così sono state diffamate molte persone (...) Durante le inchieste di Tangentopoli (...) la distruzione dell'onorabilità
avveniva sui giornali in anticipo sui tempi e metodi della giustizia (...) e alcuni inquisiti eccellenti si suicidarono sia per il
meccanismo della carcerazione preventiva che per la gogna creata dai mass media (...) Nel 1989 un medico disse che una bambina di
due anni aveva sul corpo i segni di una violenza sessuale (...) e quando si comprese l'errore del medico e i giornali cambiarono
versione (la bambina aveva invece un tumore) la dignità del padre accusato della violenza era stata distrutta (...) Un giudice (...) può
chiedere miliardi solo perché un giornalista si è permesso di criticare il suo operato, (...) valanghe di procedimenti giudiziari proposti
da uomini politici sono accompagnate da richieste di risarcimenti miliardari (...) e alcune sentenze hanno stabilito che il risarcimento
doveva essere proporzionato (...) anche alla notorietà (...) dell'uomo politico (...), mentre se il giornale offende un poveretto (...)
sconosciuto (...) paga poco.

La forza delle cose (S. De Beauvoir)
Di me sono state create due immagini. Sono una pazza, una mezza pazza, un’eccentrica (…) Ho abitudini dissolute; una comunista
raccontava, nel ’45, che a Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle botti; ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia
vita è un continuo carnevale ecc… Somiglio a un caposquadra dei boy-scout. Passo la mia esistenza tra i libri o a tavolino, tutto
cervello (…) L’essenziale è presentarmi come un’anormale (…) Una vita (…) ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si
possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente. Di solito il pubblico, se scopre che non siete sovrumani, vi
considera al di sotto della specie umana (…) Tra il ’45 e il ’52 la nostra posizione si prestava moltissimo alle distorsioni soprattutto
perché non eravamo classificabili (…) un’assenza di etichette che sconcertava e irritava.
C’erano (…) sfide e malafede frutto della lotta dei sessi, che è proprio il contrario dell’onestà intellettuale.

Diritto di resistenza e nonviolenza (A. Bandinelli) in Ribellarsi è giusto
La rivendicazione del diritto all’identità esige la rivendicazione del diritto all’informazione; io ho diritto a che l’informazione su di
me sia tale da restituire agli altri la mia identità, così come gli altri hanno il diritto di conoscermi.

La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
La britannica Bbc (…) accusa il governo Blair di aver ritoccato il rapporto sulle presunte armi di sterminio di Saddam (…)
trasformando ipotesi in fatti accertati (…) Nelle numerose ispezioni in Iraq, gli ispettori dell’Onu non ne avevano trovato traccia.
Inesistenti sul versante iracheno, le armi proibite c’erano eccome negli arsenali dei cosiddetti liberatori (…) Documentati i
bombardamenti al fosforo (…) Il Pentagono smentisce (…) accusando la Rai di “propaganda antiamericana” (…) Il presidente –
fantoccio – iracheno definisce le notizie “propaganda terroristica” (…) Le bugie che compongono la grande menzogna della guerra
preventiva sono infinite (…)
In principio erano le armi di distruzione di massa. Per prevenire il terribile attacco di Saddam al resto del mondo, partì la guerra
all’Iraq. Poi si scoprì che le armi non c’erano (…) Allora si disse che bisognava colpire, a Baghdad, il più temibile alleato alleato e
foraggiatore di Al Qaeda. Poi si disse che eravamo lì per liberare gli iracheni da Saddam e dai suoi aguzzini della Guardia
Repubblicana. Poi si scoprì che molti dei suoi aguzzini della Guardia Repubblicana, appena catturati, venivano travestiti da ufficiali
del governo provvisorio insediato dagli angloamericani e rimessi in pista. Allora si disse che bisognava restare perché gli iracheni lo
volevano, infatti ci accoglievano come liberatori. Poi si scoprì che ci sparavano addosso. Allora si disse che eravamo lì per esportare
la democrazia. Poi si scoprì che, già che c’eravamo, esportavamo anche la tortura (…) Allora si disse che bisognava restare per
riportare la pace in Iraq, contro una guerra che avevamo scatenato noi. Poi si scoprì che la pace faceva più morti che la guerra. Allora
si disse che bisognava restare per combattere il terrorismo. Poi si scoprì che di terroristi, in Iraq non ce n’erano prima dello sbarco
delle truppe occidentali (…) e che il terrorismo, da quando lo combattiamo, aumenta. Allora si disse che bisognava restare perché
altrimenti sarebbe scoppiata la guerra civile tra sciiti e sunniti. Poi (…) si scoprì che la storia irachena non conosce guerre civili (…)
Continui spostamenti del dibattito sempre più lontano dai fatti. Dalle armi di sterminio (…) alla difesa (…) addirittura della Chiesa
Cattolica, e via di questo passo, all’infinito.

Lo straniero misterioso (M. Twain)
Le monarchie, le aristocrazie, la religione sono tutte basate sulla diffidenza di ogni individuo verso il prossimo e sul desiderio di
ognuno di mostrarsi, per motivi di sicurezza e di comodità personale, sotto una buona luce agli occhi del vicino (…) Voi sarete
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sempre, e resterete, schiavi delle minoranze (…) che fan baccano. Il pulpito, dapprima, si opporrà alla guerra: cautamente, senza
compromettersi troppo; poi i pochi grideranno più forte. Un paio di uomini onesti, dall’altra parte, discuteranno e ragioneranno
contro la guerra, con la parola o la penna; (…) gli altri grideranno più forte di loro e ben presto il fronte dei pacifisti si assottiglierà e
diverrà impopolare; di lì a poco assisterete a questo spettacolo curioso: oratori presi a sassate sul podio, la libertà di parola soffocata
da orde di uomini furibondi che, nel loro intimo, sono ancora dalla parte degli oratori contro cui hanno scagliato pietre: solo non
osano dirlo; (…) Quindi i politicanti inventeranno meschine bugie, dando colpa alla nazione attaccata, e ognuno sarà felice di quelle
falsità che placano ogni rimorso, (…) rifiutando di prendere in esame ogni argomento atto a confutarle, e così, a poco a poco,
convincerà se stesso che la guerra è giusta (…) in questo grottesco processo di autoinganno.

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Se poi vorrete promuovere la guerra a un popolo, sosterrete che esso costituisce una grave minaccia.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
I francesi vanno in estasi per la spedizione di Napoleone in Egitto e non rilevano che essa feriva tanto la probità quanto il diritto
politico; in piena pace con la più vecchia alleata della Francia l’attacchiamo, le portiamo via la sua feconda provincia del Nilo (…)
Quando esso si arma per sua legittima difesa, fieri, gli domandiamo che cos’ha e perché se la prende; dichiariamo di aver preso le
armi solo per mettere ordine in casa loro (…) Del resto l’antica monarchia fu altrettanto colpevole quanto la repubblica: gli archivi
degli affari esteri conservano numerosi piani di colonie francesi da stabilirsi in Egitto; lo stesso Leibniz aveva consigliato a Luigi
XIV la colonia egiziana. Gli inglesi, non apprezzano che la politica positiva, quella degli interessi, la fedeltà ai trattati e gli scrupoli
morali sembrano loro puerili.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
Molto spesso il sentimento di essere minacciati, e la violenza reattiva che ne consegue, non sono fondati sulla realtà, ma sulla
manipolazione della mente umana; i leaders politici e religiosi persuadono i loro adepti di essere minacciati da un nemico, e
provocano (…) ostilità reattiva (…) Di solito ogni partito ha buon gioco nel presentare la propria posizione come una difesa contro
gli attacchi. Difficilmente esiste un caso di guerra aggressiva che non possa essere volto in termini di difesa. Il problema di chi esiga
giustamente la difesa viene deciso di solito dai vincitori, e talora, solo molto più tardi, da storici più obiettivi (…) Non è difficile
convincere milioni di persone che corrono il pericolo di essere attaccate (…) Tale convinzione dipende soprattutto da una mancanza
di indipendenza di pensiero e di sentimento (…) Purché tale dipendenza esista, quasi tutto quello che verrà presentato con forza e
persuasione, sarà accettato come reale (…) Chi abbia una convinzione abbastanza salda per reggere l’opposizione della folla
rappresenta piuttosto l’eccezione che la regola, un’eccezione spesso ammirata secoli più tardi, e per lo più derisa dai contemporanei
(…) È su questo assunto – che gli uomini siano pecore – che i Grandi Inquisitori e i dittatori hanno edificato i loro sistemi.

La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
L’informazione (…) specializzata nella complicazione delle cose semplici e nella confusione sulle cose chiare, riesce a intorbidare le
acque e le idee anche su uno scandalo (…) evidente e devastante (…)
Svuotiamo o ribaltiamo il significato delle parole per nascondere meglio i fatti o (...) per pigrizia, perché tutti fan così e pare brutto
disturbare i manovratori.

I Promessi Sposi (A. Manzoni)
A voler impiparsi delle “Gride”, la prima cosa è di parlarne con grande riguardo (…) Gli uomini dell’esecuzione (delle Gride) erano
generalmente dei più abietti e ribaldi soggetti del loro tempo (…)
La collera aspira a punire (…) le piace più di attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa fare le sue vendette, che di
riconoscerli da una causa con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi (…) Chi avesse negata l’esistenza di una trama, passava
per cieco, ostinato (…) se pur non (…) complice (…) Oh le forze mirabili e dolorose di un pregiudizio generale! (...) Ed è difficile
che tutti o moltissimi credano a lungo che una cosa strana si faccia, senza che venga alcuno il quale creda di farla (…) Gran parte
hanno la credibilità, l’ignoranza, la paura, il desiderio di scusarsi d’aver così tardi riconosciuto il contagio e pensato a mettervi riparo
(…) In principio, dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri
pestilenziali: l’idea si ammette per bieco in un aggettivo. Poi, non vera peste; vale a dire peste sì, ma in un altro senso; non peste
proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma gia ci s’è
attaccata un’altra idea, l’idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l’idea espressa dalla parola che non si può più
mandare indietro. Non è, credo, necessario d’essere molto versato nella storia dell’idee e delle parole, per vedere che molte hanno
fatto un simil corso (…) Chi forma la massa (…) è un miscuglio (…) d’uomini (…) un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a
una certa giustizia, come l’intendono loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti a (…) detestare e ad adorare,
secondo che si presenti l’occasione di provare con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere,
qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno o d’urlargli dietro.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
La peggiore tirannia è quella delle parole (…) Si deve apprendere di nuovo e serenamente a pensare nel nostro linguaggio (…)
Sono i grandi semplificatori che portano alla dittatura (…) cioè i grandi confusionari (…)
Non si può fare opera di verità senza la più franca spregiudicatezza e irriverenza.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Il crimine, Simone Weil lo scorge in una sorta di semplificazione, di appiattimento della realtà, al pari di ciò che avviene nel sogno di
cui cadono preda coloro che si identificano (…) in una guida (…)
Scrive: “l’idea che nega la guerra è l’idea che l’individuo rappresenta il valore più alto che esista (…). Ogni uomo può diventare un
barbaro se si trova inserito in un gruppo che si autoproclama la ragione del bene, se si obbedisce a delle autorità, spirituali o meno, se
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si sente esonerato dalla responsabilità di dover scegliere, indotto a identificare il male nella parte avversa (…) Nel male come nel
sogno non vi sono letture multiple (…) Cosa c’è di più orribile che morire in un incubo? (…) Si crede alle notizie più inverosimili, si
cambia rapidi opinione, ci si lascia guidare da parole d’ordine invece di aderire a spiegazioni logiche e argomentate”.

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Se un partito si chiama radicale è senza dubbio moderato; un gruppo scissionista si chiamerà partito unitario; se un partito riceve
sovvenzioni e direttive dall’estero parlerà in ogni occasione d’indipendenza nazionale (…) L’invio di truppe per alimentare la guerra
civile in un paese amico si chiama intervento. L’arresto di avversari politici destinati ad assassinio si chiama camera di sicurezza. I
tribunali di partito incaricati di terrorizzare l’opinione pubblica si chiamano tribunali popolari. Gli armamenti si giustificano
dappertutto col pretesto della pace, la mancanza di parole col pretesto di difendere il proprio onore; l’Italia asservisce l’Abissinia per
sopprimervi la schiavitù; il Giappone invade la Cina per aiutare il popolo cinese a liberarsi della dittatura. L’atto di suggestionare gli
altri è sovente accompagnato da effetti di autosuggestione. Può accadere che ripetendo spesso la medesima menzogna, l’oratore
politico finisca lui stesso per credervi (…)
Non c’è espediente più economico e più innocuo di risolvere i problemi che alternare la loro denominazione.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Le parole sono vere e proprie espressioni di potere, (...) dispositivi di controllo più o meno silenziosamente al servizio del potere.
Considerazioni sui discorsi di Machiavelli (F. Guicciardini)
Spesso e’ cittadini vogliono farsi grandi per via del popolo cioè proponendo cose che piaciono alla moltitudine; la quale considerando
la superficie e e’ titoli, non el fine a che si tenda, è prima condotta alla servitù che si accorga dove sia menata.

La politica e la lingua inglese in Nel ventre della balena e altri saggi (g. orwell)
Le parole democrazia, socialismo, libertà, patriottico, realistico, giustizia hanno ciascuna differenti significati che non possono
conciliarsi tra loro (…) È quasi generalmente inteso che quando definiamo un paese democratico ne stiamo tessendo le lodi: di
conseguenza i difensori di una qualsiasi forma di governo pretenderanno che la loro sia una democrazia e temono che dovrebbero
smettere di usare tale parola se questa fosse circoscritta da un significato preciso. Parole di questo genere sono spesso usate in modo
scientemente disonesto (…) Altre parole usate in vario senso, nella maggior parte dei casi più o meno disonestamente sono: classe,
totalitario, scienza, progressista, reazionario, borghese, uguaglianza.

L’illusione fascista (A. Hamilton)
Giovanni Gentile considerava (…) il fascismo come “lo stato democratico per eccellenza”.

La banalità del male (H. Arendt)
Tutta la corrispondenza dei nazisti relativa allo sterminio doveva rispettare un determinato gergo che fu di enorme utilità per
mantenere l’ordine e l’equilibrio negli innumerevoli servizi la cui collaborazione era essenziale. Gergo vale per menzogna. Un
effetto: i nazisti si rendevano ben conto di quel che facevano, ma la loro attività ai loro occhi non coincideva con l’idea tradizionale
del delitto. Il sistema era un usbergo contro la realtà ed Eichmann, suggestionabile com’era dalle parole d’ordine e dalle frasi fatte e
insieme incapace di parlare il linguaggio comune, era l’individuo adatto da questo punto di vista (…) Si parlava di battaglie per
indicare le torture e la soppressione di donne, bambini, vecchi e altri, ritenuti “bocche inutili” (…) Si parlò di lotta fatale per indicare
la guerra dichiarata senza motivo, per distogliere l’attenzione dal fatto che era arbitraria e far sembrare che se non l’avessero fatta
loro, l’avrebbero fatta gli altri e che si trattava di difesa.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
“Una collettività politica si unisce intorno a ciò che ha in comune: storie, valori condivisi, simboli. Non richiede uniformità di
vedute, ma riconoscimento di ciò che è comune (…) Julienne scriveva che a differenza dell’uniforme il comune non è il simile (…)
La stessa realtà (…) viene osservata da diversi punti di vista. Da ciò derivano (…) sistemi di credenze molto diversi (…) tutti muniti
di elementi di verità (…) Coerente con questo pluralismo (…) è il concetto di comunità (…) “Popolo” è invece parola (…) ambigua
e pericolosissima (…) Per i populisti, il popolo è sempre unito e moralmente nel giusto e può essere rappresentato da un solo
rappresentante (…) Salvini e (…) Grillo si presentano come salvatori del popolo (…)
La lingua (…) è per natura ricca perché si piega a esprimere tutte le esigenze, tutti i sentimenti, (…) ma la lingua totalitaria, invece, è
povera (…) Se la lingua nazista è costruita sulle frasi fatte, forte della loro ripetizione stolida, (…) la politica negli ultimi trent’anni in
Italia è stata più che mai dominata dalla ripetizione di slogan volgari virali (…) Berlusconi e Bossi sono stati particolarmente abili a
sfruttare slogan grossolani (…) Il linguaggio di Berlusconi è stato volto a infantilizzare il pubblico con la metafora del calcio e ad
aizzare le parti con la metafora della guerra (…) e con contrapposizioni elementari e vuote (amore-odio, vecchio-nuovo, bene-male)
(…) in una coesistenza fra (…) rivendicazione di buoni sentimenti e violenta indiscriminata aggressione. Con Grillo (…) il registro
linguistico si è abbassato fino al (…) turpiloquio e hate speech (…) Con svuotamento analogo delle parole, (…) la parola “bacioni”
da parte di Salvini (…) è brandita come una parola d’ordine (…) per scatenare campagne di denigrazione e odio, (…) è un nulla osta
all’aggressione social da cui sono derivati anche (…) auguri di stupro e irripetibili insulti (…) È anche il caso dell’uso di parole come
“amici”, “sorriso”, “voler bene” (…) da parte di Salvini (…) e Renzi, (…) mentre foto di gattini appaiono di tanto in tanto sui profili
social di Salvini (…) E manipolazione retorica sono anche le metafore trite come “testa alta” (…) e “non accettiamo lezioni”, (…)
espressioni (…) di ottusa coerenza comportante (…) incapacità di riconoscere la fallibilità (…) È una lingua totalitaria quella che
(…) nutre con le parole le minacce, le allusioni a complotti e i tentativi di creare tensione e (…) fa appello a emozioni elementari,
(…) a istinti e non al ragionamento”.
Storia della guerra del Peloponneso (Tucidide)
E gli uomini cambiarono il significato abituale delle parole in rapporto ai fatti secondo il modo in cui ritenevano d’interpretarlo.
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L’audacia irragionevole fu ritenuta coraggio pieno di fedeltà verso i compagni politici, l’esitazione prudente divenne viltà con una
bella apparenza, la moderazione, il manto che copriva la codardia, e l’intelligenza in ogni cosa ignavia sistematica, l’ardore folle fu
aggiunto alle caratteristiche virili, e il riflettere attentamente ai fini della sicurezza fu considerato un pretesto ragionevole per
rifiutarsi di agire. Chi era adirato godeva sempre di fiducia, e chi lo contraddiceva era sospettato. Se uno preparava insidie e aveva
successo era intelligente, e se lo sospettava era ancora più abile, ma se prendeva prima delle misure perché non vi fosse bisogno di
tali trame, era un distruttore della sua fazione politica e uno che si lasciava spaventare dai nemici. In poche parole, colui che
preveniva chi stava per far del male era lodato, come lo era colui che incoraggiava a far del male chi non ne aveva l’intenzione (…)
Chi infrangeva un giuramento acquistava in premio la fama d’intelligenza. La maggior parte degli uomini si lasciano più facilmente
chiamare abili se sono mascalzoni che stupidi se sono onesti e di questo si vergognano, mentre di quello si vantano (…) Quelli che
nelle città capeggiavano le fazioni, ciascuno servendosi di nomi di apparenza onesta, dicendo di preferire l’eguaglianza di diritti
politici per il popolo o l’aristocrazia prima di moderazione, benché a parole curassero gli interessi della comunità, li consideravano il
premio delle loro contese; e lottando in tutti i modi per sopraffarsi a vicenda osarono commettere le più grandi atrocità e spinsero le
vendette a una crudeltà ancora maggiore (…) I cittadini che stavano in una posizione intermedia venivano messi a morte dalle due
parti, o perché non le aiutavano nella loro lotta o per invidia della loro sopravvivenza, (…) e la semplicità, che consiste soprattutto
nella nobiltà d’animo, fu derisa fino a sparire (…) Poiché in questa crisi la vita della città era sconvolta, e sulle leggi ebbe il
sopravvento la natura umana, questa, abituata a commettere ingiustizie anche violando le leggi, volentieri si mostrò incapace di
dominare la sua collera, rivelandosi più forte della giustizia e nemica di ciò che è superiore alla media.
Stalin
“Un morto è una persona, un milione di morti è una statistica”.

Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
Tornerà in sé, poi sua madre la butterà fuori di casa. Dopo tre anni sarà un rudere e in tutto avrà avuto 18 anni da vivere. Non ne ho
forse visto oltre? E come avevano fatto a diventare così? (…) Così dev’essere, dicono. Una certa percentuale, dicono, deve andarsene
ogni anno (…) chissà dove, poi (…) al diavolo, probabilmente, per dar sollievo a quelli che restano e non esser loro d’impaccio. Una
percentuale! Graziose, davvero, queste loro parolette: così riposanti, così scientifiche. Una percentuale, si è detto, dunque non è il
caso di preoccuparsi. Se fosse un’altra parola, bè, allora (…) magari sarebbe più inquietante (…) E se anche ** un giorno o l’altro
finisse nella percentuale?

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Nodier doveva riassumere la posizione difesa da Sade: “Uccidere nel parossismo della passione si può capire. Fare uccidere nella
quiete di una seria meditazione e sotto pretesto di ministeri o azione onorevole, questo non lo si capisce”. Sade, come si vede, era più
morale dei nostri contemporanei (…)
Il regolamento che precisa i rapporti tra la volontà di potenza e l’uomo-oggetto sono lezioni che i teorici della potenza ritroveranno
quando dovranno organizzare quest’epoca degli schiavi (…)
Per il Führer l’uomo è uno strumento o, se nemico, un prodotto di consumo dell’apparato (…)
Il fascismo è disprezzo. Inversamente ogni forma di disprezzo, ove intervenga nella politica, prepara o instaura il fascismo (…)
Leitmotiv della difesa di Goering al processo di Norimberga: “Il vincitore sarà sempre giudice e il vinto accusato” (…)
Il terrore si propone la distruzione non solo della persona, ma delle possibilità universali della persona, la riflessione, la solidarietà
(…) e deve avere la colpevolezza della vittima, perciò solo le pietre sono innocenti (…)
L’impero presuppone la negazione della natura umana e l’affermazione dell’infinita plasticità dell’uomo. La propaganda serve a
misurare questa plasticità e tenta di far coincidere riflessione e riflesso condizionato. Perciò rifiuta il mondo dell’irrazionale di cui
però si serve (…)
L’intelligenza contemporanea, pretendendo all’universale, accumula le mutilazioni dell’uomo (…)
A forza di persecuzioni resta solo l’unico universo in cui l’efficacia possa ergersi a giudice supremo: l’universo del processo (…)
Le fonti di vita e di creazione sembrano inaridite (…)
La paura agghiaccia un’Europa popolata di fantasmi e di macchine.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
L’ironica nostalgia, (…) era un aspetto della sfiducia e della distruzione (…)
Un senso di nostalgia falso (…), di giungla, d’abbandono. (…) La nostalgia (…) profonda. (…) Non c’è niente più forte di questo
nichilismo, di questa rabbiosa smania di buttar tutto a mare (…). Questa emozione è una delle ragioni più valide perché le guerre
continuino (…)
Il tono sbagliato in una volontà di castigarsi è una mancanza di sensibilità o un rifiuto a comporre insieme cose contrastanti per
ricavarne qualcosa di unitario che, per quanto terribile fosse, ci permettesse di viverci dentro. Il rifiuto vuol dire che non si può né
cambiare né distruggersi; il rifiuto vuol dire in sostanza o la morte o l’impoverimento dell’individuo (…)
I conflitti (…) invece di maturarlo, finirono col distruggerlo in poco tempo. (…) Lavoravamo, (…) ma al lavoro s’accompagnava un
cinismo. (…) Ho imparato a osservare come scherza la gente. Un tono leggermente malizioso, una punta di cinismo nella voce
possono svilupparsi nel giro di dieci anni in un cancro che ha distrutto tutta la personalità. L’ho notato spesso e non solo nelle
organizzazioni politiche (…)
Pieni di buonumore, sì, è questa la loro caratteristica: il buonumore. E sotto c’è l’isterismo, la paura di essere coinvolti. (…)
Freddezza, freddezza, freddezza, è questa la parola. Questa è la bandiera (…)
L’uomo che veniva dal proletariato e che era un medico (…) era stato sostenuto nella lotta da quella sua ironia critica e amara, la
stessa ironia contro cui aveva lottato e che aveva finito lentamente col distruggere l’idealismo che c’era in lui.

I demoni (F. Dostojevskij)
Consideravano la loro scellerataggine allegria e il cinismo più banale intelligenza.
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Fontamara (I. Silone)
La loro allegria faceva schifo.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Dicono tutti che questo spirito nuovo non deve contenere molti pensieri (…) Mi sono chiesto se non è semplicemente lo spirito
militarista (…) Se non si ha niente da fare e non si sa dove sbattersi, si è pieni di energia, si strepita e si tormentano gli uomini (…) Il
peso della vita (…) cade nei momenti in cui gli eventi ci rapiscono, quelli senza senso (…) Qualche volta desiderava essere travolto
da avvenimenti assurdi e delittuosi, purché validi e definitivi, senza la permanente precarietà che hanno quando l’anima resta
superiore alle proprie vicende.

Tempi difficili (C. Dickens)
Il risultato di tutte le svariatissime noie che ho conosciuto è la convinzione (a meno che la parola non sia troppo impegnativa) che
ogni gruppo di idee finirà per fare la stessa quantità di bene e la stessa quantità di male di un altro gruppo di idee. C’è una famiglia
inglese che ha uno “splendido” motto italiano: “Sarà quel che sarà. Questa è la sola verità corrente” (…) Questa erronea presunzione
di onestà e di disonestà è un vizio così pericoloso, così fatale eppure così comune.

I. Silone
Non sono i critici che mancano in Italia, ma la fede (…) Gli italiani sono un popolo di scettici
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INGIUSTIZIA NEI TRIBUNALI E SISTEMATICHE DISTORSIONI DELLA RE ALTÀ

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
In materia di crimini, quando il colpevole corre dei rischi le confessione sono dettate dall’interesse. Per le colpe prive di sanzione,
invece, dall’amore proprio (…)
Quando, nel 1898, il colonnello Henry confessò di aver falsificato un documento che era stato usato per condannare Dreyfus, e il
giorno dopo si uccise, gli antidreyfusisti considerarono il suo «falso» un nobile sacrificio per la vittoria di una giusta causa.

A. Moravia
Quando non si è sinceri a forza di fingere si finisce per crederci: questo è il principio di ogni fede

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Tutti intenti a mentire a se stessi e agli altri. (…) a una caccia alle streghe di un tipo o dell’altro. Pochissimi si preoccupano
veramente della libertà e della verità. Pochissimi hanno fegato, quel fegato sul quale si basa la vera democrazia. (…) La società
libera, muore, non può nascere.

I sommersi e i salvati (P. Levi)
Non bisogna mai confondere vittime e carnefici (…)
Un ricordo troppo spesso evocato tende a fissarsi in uno stereotipo che si installa al posto del ricordo e cresce a sue spese. Il ricordo
di un trauma è esso stesso traumatico e disturba sia che si sia la vittima che il carnefice, ma se i due sono nella stessa trappola, è
l’oppressore che l’ha approntata e se soffre è giusto. L’offesa è insanabile. Non vogliamo confusioni, freudismi spiccioli, indulgenze,
perché l’oppressore resta tale e così la vittima. Tutti coloro che compiono delitti orrendi dicono che non potevano fare altro (…) C’è
chi mente consapevolmente, ma più numerosi sono coloro che si allontanano dai ricordi scomodi e si fabbricano una realtà di
comodo. L’uomo finisce col credere al racconto anche falso, che continua a fare, ritoccandone qua e là, dettagli meno credibili. La
malafede è diventata buona fede. Nel caso limite arrivano a dimenticare la colpa commessa (…) A forza di negare la realtà si diventa
pazzi.

Sua Santità (G. Nuzzi)
Monsignor Williamson, alla vigilia dell’ufficializzazione della remissione della scomunica, aveva rilasciato alla tv di stato svedese
un’intervista in cui ribadiva la sua posizione (…): “Io credo che le prove storiche – aveva detto – siano fortemente in contrasto con
l’idea che sei milioni di ebrei siano stati uccisi nelle camere a gas, a seguito di un’indicazione di Adolf Hitler. Credo che le camere a
gas non siano esistite.”

Libro del riso e dell’oblio (M. Kundera) citato in Solo bagaglio a mano di G. Romagnoli
Tutti dicono sempre di voler creare un futuro migliore, ma non è vero (…) La sola ragione per cui si vuole governare il futuro è
avere la possibilità di governare il passato, (…) riscrivere (…) la storia stessa.
La dimensione psicologica per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
La ricerca scientifica recente smentisce l'esistenza di un inconscio come lo intendeva Freud (...) Nell'inconscio delle scienze
cognitive non si agitano oscure volontà ribelli.
Psicologia della comunicazione (Di Giovanni)
L'inconscio di cui parla la psicanalisi non esiste.
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Civiltà in transizione dopo la catastrofe (C. G. Jung)
La parola è diventata il nostro dio (…) La divinizzazione della parola ha un pericoloso lato d’ombra (…) La credenza nella parola
diventa credulità nella parola, e la parola stessa un’infernale parola d’ordine, slogan capace di ogni inganno (…) e la menzogna
assume dimensioni inaudite.

1984 (G. Orwell)
E se tutti gli altri accettano quelle menzogne e i documenti le ripetono, essa diventa verità (…)
Era come se si fosse costretti a lottare contro qualche spossante sforzo fisico, contro qualcosa che si sentiva di avere il diritto di
rifiutare e che s’aveva, ciononostante, un nervoso desiderio di esaurire (…) Il peggior nemico era il proprio sistema nervoso (…) **
era malaticcio (…)
Non c’era nessuna idea cui aderire che (…) non avesse già da lungo tempo conosciuta e respinta (…)
L’unica cosa efficiente era la psicopolizia (…)
Noi non ci contentiamo di distruggere gli uomini, noi li trasformiamo, (…) li convertiamo, (…) ci impossessiamo dei loro pensieri,
(…) gli diamo un’altra forma (…) e poi distruggiamo le menti (…) La verità era quanto loro affermavano (…) Il passato è quello che
(…) lì si decide che sia (…) Lo psichiatra è l’inquisitore (…) Ogni forma di conoscenza e di intuizione, così come ogni forma di
benessere e di virtù, si ritiene che provengano direttamente dalla sua guida e dalla sua ispirazione (...)
Perfino i nomi mostrano una impudenza nel rovesciare la verità dei fatti che presiedono (…) Il Ministero della Verità si occupa della
menzogna, il Ministero dell’Amore della tortura (…) Poiché solo conciliando tra loro le contraddizioni, il potere si può tenere in
pugno indefinitamente (…)
Controllo della realtà: (…) sa che sottopone la realtà a un processo di aggiustamento, ma riesce a persuadersi che la realtà non è
violata.
Il procedimento ha da essere conscio, (…) ma anche inconscio: (…) spacciare deliberatamente un dogma e credervi, dimenticare ogni
avvenimento che è diventato sconveniente, e quindi, allorché diventa necessario, trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna,
negare l’esistenza della realtà obiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata.

Il primo cerchio (A. Solgenitsin )
Anche la prima condanna se l’era presa in modo balordo. Al principio della guerra l’avevano messo dentro per “propaganda
antisovietica” in base a una denuncia dei vicini che miravano al suo appartamento (e poi l’avevano ottenuto). È vero che era stato
accertato che lui non aveva svolto nessuna propaganda del genere, però avrebbe potuto farlo, dato che ascoltava la radio tedesca. È
vero che lui non ascoltava la radio tedesca, però avrebbe potuto farlo, dato che aveva in casa un apparecchio radio proibito. È vero
che non aveva un apparecchio del genere, ma avrebbe potuto perfettamente averlo, dato che per professione era un ingegnere
radiotecnico e dopo la denuncia lo avevano trovato in possesso di due valvole radio.

Pagina Wikipedia su Diocleziano
Nella propaganda imperiale del periodo, la storia recente minimizzò e distorse il significato dei tetrarchi come “restauratori”. I
successi di Aureliano vennero ignorati, la rivolta di Carausio fu retrodatata all’impero di Gallieno, rendendo implicito che il progetto
dei tetrarchi producesse la sconfitta di Aureliano dei Palmireni (…) Diocleziano venne indicato come il “fondatore della pace eterna”.
La tematica della restaurazione era congiunta con l’enfasi sull’unicità e sul genio degli stessi tetrarchi” (…) Si perfezionò così il
processo di esautoramento del Senato romano come autorità decisionale.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
L'impunità giudiziaria va di pari passo con la demonizzazione dell'altro (...) Negli Stati Uniti (...) Molti bianchi si diedero al
linciaggiodi gruppo (...) impunemente (...) e si facevano fotografare con i cadaveri.
Diritto di resistenza e nonviolenza (A. Bandinelli) in Ribellarsi è giusto
Rischia di diventare grottesco anche il ricordo del Tribunale di Norimberga, che condannò i responsabili dei delitti nazisti (…) Non si
è mai cittadini di un solo Stato e rispetto a una sola legge.

La banalità del male (H. Arendt)
Gli “esperti della psiche” avevano definito Eichmann non solo normale ma ideale (per l’atteggiamento verso la famiglia) e dietro la
loro commedia c’era che Eichmann non era pazzo (…) Ogni burocrazia tende a trasformare gli uomini in funzionari e in semplici
rotelle dell’apparato amministrativo e cioè tende a disumanizzarli. (…) Dotti americani hanno affermato con sconcertante ingenuità
che tentazione e coercizione sono in fondo la stessa cosa e che non si può pretendere che uno resista alla tentazione (se uno ti ordina,
pistola alla testa, di uccidere il tuo migliore amico, devi farlo). L’accusa di presunzione mossa a chi giudica è vecchia quanto il
mondo, ma non per questo è valida (…)
La psicologia ci ha abituati a vedere la responsabilità di chi agisce alla luce di questo o quel determinismo, ma non sempre ciò è
corretto e nessuna procedura giudiziaria si potrebbe basare su ciò. Hitler diceva che un giorno la professione del giurista sarebbe stata
considerata “una disgrazia”. (…) La teoria dell’azione di stato dice che uno stato non può essere giudicato da un altro, per cui Hitler
non poteva essere giudicato da nessuno – il che violava il senso di giustizia più elementare. Dietro il concetto dell’azione di Stato si
cela la teoria della ragione di Stato che si appella all’idea di necessità di certi compiti di un governo per conservarsi, intesi come
misure di emergenza e cioè eccezioni, mentre nel Terzo Reich è l’azione non criminosa a essere l’eccezione, una concessione imposta
da una realtà inevitabile (es. la sconfitta). (…) Qui sorge la questione: che sovranità ha uno stato di questo genere? Possiamo
rispettare un regime in cui il crimine è legale ed è la regola? (…) Secondo i codici penali e militari di vari paesi civili, agli ordini
manifestamente criminali non si deve obbedire. (…) Anche se gli ordini superiori possono turbare il normale funzionamento della
coscienza, si può scegliere di ridurre o aumentare il condizionamento assumendo o meno incarichi dal regime, e del resto esistono
culture, legalità precedente e una moralità istintiva cui appellarsi, per quanto essa possa essere debole nella maggioranza. Ed esiste la
possibilità di andare a vedere, quando gli slogan o il gergo hanno l’aria di tutto ciò che è comodo perché non definisce. (…) Che i
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reati furono commessi in massa e il grado in cui ciascuno dei tanti criminali era vicino o lontano dall’assassino materiale non
significa nulla, per quanto concerne la misura della responsabilità. Al contrario, in generale il grado di responsabilità cresce quando
più ci si allontana dall’uomo che uccide con le sue mani (…)
Un altro modo di evadere dal campo dei fatti accertabili e della responsabilità personale consiste nel ricorrere a una delle teorie
astratte e mai verificabili, schemi che “spiegano” tutto senza spiegare nulla, come l’idea di mentalità del ghetto, di colpa collettiva, di
innocenza collettiva (…), clichés per rendere superfluo ogni giudizio e che possono essere adoperati senza alcun rischio. Se potessero
essere validi, nessuno potrebbe mai essere innocente o colpevole. Con ciò non si nega la responsabilità politica, ma questa è
indipendente, un tribunale penale si pronunzia sulla colpevolezza o sull’innocenza di un individuo (…)
E quelli che oggi parlano di carità cristiana sembrano avere idee confuse anche su questo. La chiesa evangelica tedesca ha dichiarato
che era stata corresponsabile dei crimini del Reich di fronte al Dio di misericordia. Un cristiano invece è colpevole di fronte al Dio di
misericordia se ripaga il male col male, ma le Chiese furono corresponsabili di un crimine non provocato, quindi sono colpevoli di
fronte al “Dio di giustizia”. La giustizia, non la misericordia, è una questione di valutazione, ma l’opinione pubblica approva che si
giudichino solo entità generiche in modo che non si facciano nomi e con aria di superiorità far rilevare come segno di intelligenza
ragionare in termini di quadro generale dove tutti i gatti di notte sono bigi e dove tutti siamo ugualmente colpevoli, tirando in causa
anche tutta la cristianità e a quel punto, con un altro passo oltre, dire “certo, le colpe sono gravi, ma l’imputato è l’umanità intera”.

Sommersi e salvati (P. Levi)
Non era un misericorde; la sua razione di strage quotidiana era trapunta di episodi arbitrari e capricciosi segnata da sue invenzioni di
raffinata crudeltà, ma neppure lui era un monolito. Se fosse vissuto in un ambiente ed in un epoca diversi è probabile che si sarebbe
comportato come qualsiasi altro uomo comune. Fu impiccato e questo fu giusto.

L’odore dei soldi (E. Veltri – M.Travaglio)
Alla Camera chiunque parli di legalità è insultato, i deputati inquisiti o condannati per qualsiasi reato vengono dichiarati
“insindacabili”; le richieste di arresto vengono considerate persecutorie e rispedite al mittente (…) Quando si attacca
sistematicamente la parte migliore della Magistratura e la più esposta sul fronte della lotta antimafia (…) definendola “assassina”
(…) per salvare se stessi e i propri amici, quando la Guardia di Finanza viene definita “un’associazione per delinquere” (e da chi l’ha
corrotta, per giunta), è difficile che la criminalità non si rafforzi di pari passo con il dilagare del senso di impunità. Il resto lo fanno le
leggi ipergarantiste approvate per favorire i colletti bianchi inquisiti dentro e fuori il Parlamento che hanno finito per favorire tutta la
criminalità (…) leggi “salvaladri” (…) la legge vale per tutti. Scassinatori, scippatori, corrotti, falsificatori di bilanci, evasori fiscali,
pedofili.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
Nel 2001 la legge 367 (…) e la legge 61, (…) nel 2002 la legge 248, (…) nel 2003 la legge 140 e (…) la legge 352, (…) nel 2004 la
legge 112, (…) nel 2005 la legge 251, (…) nel 2008 la legge 124, (…) nel 2010 la legge 51 (…) e la legge 73 (…) Sono leggi
approvate per difendere gli interessi di Berlusconi, soprattutto relativamente ai processi in cui era imputato (…) La metodica
adozione di leggi personali ha messo in crisi il principio (…) di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, enunciato
(…) nella nostra Costituzione e (…) pilastro dello stato di diritto in ogni paese democratico (…) La nozione di democrazia è stata
esposta storicamente alle manipolazioni più pericolose, (…) come ha segnalato fra gli altri Luciano Canfora (…) Giovanni Sartori
disse: “Se uno stesso vocabolo può nobilitare pratiche tanto opposte e ripugnanti, è chiaro che quel nome non significa più nulla e
che non sappiamo di cosa stiamo parlando”.

http://www.slideshare.com/guida-alla.salute-nel-contesto-italiano
Raccogliete informazioni scritte sulle leggi riguardanti correzioni di referti o rimborsi di referti di visite mediche (pare siano rese
impossibili dai costi della procedura che non si proporzionano alla semplicità e alla fondatezza evidente di ciò che viene richiesto per
una delle leggi in assoluto più ingiusta che conosco).
Il tribunale del medico, IRFEA
In Italia ogni anno si stima che circa il 4% delle persone ricoverate in ospedale, mediamente circa 8 milioni, riportano danni o
malattie dovuti a errori nelle cure o disservizi ospedalieri. I morti sono 50 mila (...) secondo la rivista edita da Assinform.
Il contesto (L. Sciascia)
I colpevoli aspettavano a piede fermo (…) Gli innocenti invece fuggivano. E a maggior ragione (…) **, entrato innocente con labili
prove nell’ingranaggio poliziesco, senza nemmeno che la sentenza riconoscesse l’insufficienza di prove.

La banalità del male (H. Arendt)
È nota la prassi comune nei regimi nazisti e simili di proteggere e favorire, anche tra i prigionieri, i criminali – i “cattivi” – e punire e
far soffrire i buoni.

Donna moderna (rivista)
I detenuti (…) anche quelli colpevoli dei reati più gravi (…) hanno diritto a risiedere in case famiglia (…) e a disporre di spazi
attrezzati per cavalli e con forniture di gelato, dove accogliere i figli in visita.
David Copperfield (C. Dickens)
- "Mi sento assai meglio qui di quanto non mi sentissi fuori di qui. Ora comprendo le follie che ho commesso", disse il Ventisette.
Alcuni dei signori erano molto commossi (...) Affinchè noi venissimo ancor più innondati di luce fu dato da ** l'ordine di far uscire
anche il Ventotto (...) Provai una specie di rassegnata meraviglia (...) Tanto io quanto *** traemmo un sospiro di sollievo quando lo
vedemmo nuovamente rinchiuso (...) Sarebbe stato inutile cercare di far comprendere a un uomo come il degno signor ** che il
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Ventisette e il Ventotto erano rimasti perfettamente uguali a se stessi, che nessun mutamento era possibile in loro, che quegli ipocriti
astuti malviventi erano proprio i tipi più capaci di simili manifestazioni in un simil luogo, che sapevano al pari di noi il valore pratico
del loro pentimento e i vantaggi che avrebbe potuto procurare loro. " É forse un bene, dissi a ***, che quando uno è colto da una
insana mania la spinga agli estremi. Così c'è la probabilità che mandi tutto a catafascio."
Social learning theory (A. Bandura) citato in La dimensione psicologica per il secondo biennio del liceo delle scienze umane
Una esposizione a trasgressioni impunite tende a incrementare in chi osserva il comportamento proibito (...) La maniera migliore di
fare prevenzione è combinare deterrenti con lo sviluppo di alternative più funzionali.
Zibaldone (G. Leopardi)
Lo spirito del tempo è (…) di moderazione, vale a dire d’indolenza e noncuranza (…) Considerando un uomo come (…) scellerato, la
virtù (…) non interessa tanto come una volta, da volerlo punito.
I sommersi e i salvati (P. Levi)
La Chiesa ha fatto seppellire i criminali nazisti in terra consacrata in nome del perdono cristiano (...) Io posso perdonare solo chi si è
pentito, ma costui non è più un nemico.
La perizia psicologica (L. Sammichieli)
Per legge la perizia deve mirare al recupero del condannato (...) Nei processi non c'è obbligo di deposito dei risultati di una
consulenza disposta dal consulente di parte se essi sono sfavorevoli alla difesa (...) Nei processi penali (...) in virtù della (falsa)
garanzia del contraddittorio in aula al momento dell'audizione del perito, vengono sottovalutate tutte le garanzie del contraddittorio
nel corso delle operazioni peritali, (...) ossia nel procedere della conoscenza scientifica, (...) anche se sono quelle che contano (...) Il
perito è equiparato a un testimone (...) e da ciò consegue la rigidità del principio della centralità della prova orale in aula, con i suoi
corollari di applicazione delle norme sui testimoni (...) come l'obbligo che a porre domande al perito sia non il consulente tecnico
esperto, ma l'avvocato, che non conosce la materia, e (...) quello che le domande debbano essere rivolte su fatti specifici, (...) quando
invece il perito non espone fatti ma solo interpretazioni (...) sulla base di un'ipotesi, che (...) può peraltro essere a sua volta oggetto di
dibattute interpretazioni (...) Alla Facoltà di Giurisprudenza non esistono esami di Psicologia (...) e tra i giudici è frequente
riscontrare (...) la tendenza a sopravvalutare le neuroscienze, (...) quando invece il comportamento resta pur sempre un dato non
materiale e (...) quindi interpretabile in modi diversi.
La moglie scomoda in Racconti africani (D. Lessing)
- “Cosa vuol dire se n’è andata?” Il Lungo si strinse nelle spalle. Ora, la donna proveniva da Nyasaland, che distava giorni e giorni di
duro cammino. Mio padre meditò un po’ su quella strana faccenda, poi non ci pensò più. Non erano affari suoi. Era semmai contento
che il suo mandriano più in gamba potesse ora lavorare con la mente sgombra da ogni preoccupazione (…) Quando avevano tirato su
il penultimo secchio vi avevano trovato un braccio, poi pezzo per pezzo era venuta su lei, la strabica, la prima moglie del Lungo. Alla
fine il Lungo stesso si era calato nel pozzo per recuperare la testa, che mancava (…) Mio padre alzò di colpo lo sguardo e gli rivolse
una lunga occhiata (…) Anche tempo dopo mio padre fu udito mormorare tra sé: “Preferirei sbagliarmi, però… Comunque resta il
fatto che è un ottimo mandriano”.

Millenium (S. Larsson)
Non avrebbe pagato. Era troppo utile.

Dialogo del reggimento di Firenze (F. Guicciardini)
Io non negherò che Lorenzo in verità desiderava ordinariamente che la città e el paese stessi quieto e che nessuno fussi oppresso e
che si osservassino la legge e si vivessi senza scandali; ma pure quando e’ delitti erano fatti, gli bisognava fare avere rispetto a’ suoi e
passare le cose loro con gli occhi chiusi, overo terminarle molto leggermente; e questi suoi erano tanti, che infiniti casi nascevano
l’anno che si risolvevano con questi fini: sapete quanti capi, quanti parentadi intratenevano nel dominio per potersene servire a’
bisogni, cioè per avere forze da tenere soffocati e cittadini: a tutti questi si conveniva avere rispetto, e a’ parenti e amici e partigiani di
questi. El medesimo dico in Firenze; e per questa ragione non solo si procedeva spesso dolcemente contro alle ferite e l’altre
violenze, ma si tollerava che e’ nostri cittadini o questi tirannelli di fuora usurpavano e’ beni de’ vicini, degli spedali, delle
communità e delle chiese (…) E quanti soprusi (…) non venivano in notizia, perché gli oppressi tacevano, dubitando col querelarsi
degli uomini potenti ma trovare più presto nuovo danno che rimedio. E che sdegno, anzi disperazione crediamo che si generaro negli
animi (…) E quanto era inumana e tirannica quella parola con la quale pareva loro scaricare, anzi per dire meglio ingannaro la
coscienza, e che già era venuta come in proverbio: che negli stati si avevano a giudicare gli inimici con rigore e gli amici con favore;
come se la giustizia ammetta queste distinzioni (…) L’ingiustizia è sempre pericolosa.

Dei delitti e delle pene (C. Beccaria)
Non è l’intensità della pena che fa il maggiore effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa; perché la nostra sensibilità è più
facilmente e stabilmente mossa da minime, ma replicate, impressioni che dà un forte ma passeggero movimento. L’impero
dell’abitudine è universale sopra ogni essere che sente, e come l’uomo parla e cammina e procacciasi i suoi bisogni col di lei aiuto,
così le idee morali non si stampano nella mente che per durevoli e reiterate percosse.

La congiura di Catilina (Sallustio)
Cesare (…) tenne all’incirca questo discorso: “(…) Ho grande abbondanza di memorie (…) sulla quantità di cattive decisioni prese
da te e popoli, spinti dall’ira o dalla pietà (…) Quelli forniti di (…) potere (…) compiono azioni esposti alla conoscenza di tutti (…)
Per mia parte, o padri coscritti, ritengo ogni supplizio inferiore ai loro crimini. Ma i più dei mortali ricordano le ultime impressioni; e
anche essendo in causa degli scellerati, si dimentica il loro delitto per discutere la loro pena, se sia stata un po’ troppo severa (…)
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Tutti gli abusi sono nati da buone misure. Ma quando il potere pervenne agli ignari di esso, o a disonesti, quell’abuso straordinario,
da colpevoli che lo meritavano, si applica a innocenti che non lo meritano (…) Dicevano giustamente soppressi dei criminali (…) ma
in una grande città molte e varie sono le indoli. In un altro tempo (…) se poggiando sul nostro precedente, un console (…) snuderà la
spada, chi gli porrà un limite, chi potrà moderarlo?” (…) Quando venne per M. Porcio Catone il turno di esprimere un parere, egli
tenne un discorso di questa guisa: “La libertà e la vita nostra sono in gioco (…) Da tempo (…) abbiamo disimparato il vero senso
delle parole (…) L’audacia nelle ribalderie si chiama bravura (…) Siano pietosi (…) ma non largheggino col nostro sangue, e mentre
risparmiano pochi scellerati, non mandino tutti i galantuomini in rovina (…) E voi ancora indugiate ed esitate nella punizione da
infliggere a nemici catturati dentro le mura della città? (…) Sono ragazzi, errarono per ambizione (…) Liberateli armati: purché
questa vostra mansuetudine e pietà (…) non si mutino in rovina (…) Per inerzia e mollezza d’animo voi prendete tempo (…) Ma non
con voti (…) si ottiene il soccorso (…) bensì con le veglie, con l’azione, con le sagge decisioni, tutte le cose volgono al meglio (…)
Se potessimo (…) rischiare un errore, lascerei volentieri che voi foste corretti dagli eventi, poiché spregiate le parole (…) Poiché la
repubblica è stata gettata nei più gravi rischi (…) essi stessi hanno confessato il proposito di (…) turpi e crudeli atti contro i cittadini”
(…) Cesare, (…) Catone (…) Del primo era lodata l’indulgenza, del secondo la fermezza (…) Catone (…) ambiva la misura (…) ma
soprattutto la severità (…) Preferiva essere che sembrare buono.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
Tucidide descrive la guerra civile di Corfù e annota: “Cambiarono a piacimento il significato delle parole in rapporto ai fatti.
L’audacia sconsiderata fu ritenuta coraggiosa lealtà (…) il prudente indugio viltà, la moderazione schermo della codardia,
l’intelligenza di fronte alla complessità del reale inerzia; (…) chi avesse avuto fortuna in un intrigo era intelligente, ma provvedere in
anticipo ad evitare tali maneggi significava apparire (…) terrorizzato”. Sallustio fa dire a Catone: “Davvero abbiamo smarrito il vero
significato della parole. Profanare i beni altrui vien detto liberalità, la spregiudicatezza nelle male azioni è sinonimo di forza
d’animo”.

Catilina (M. Fini)
Catilina l’assassino, lo stupratore di vestali (…) aveva una morale profonda, non bigotta e limitata…

Introduzione alle Verrine di Cicerone
La storiografia contemporanea tende a scagionare Nerone dall’accusa di aver incendiato Roma.

Gli arancini di Montalbano (A. Camilleri)
Andiamoci piano: con tutti i revisionismi di moda, capitava che t’imbattevi in uno che ti veniva a contare che Hitler era stato in realtà
uno pagato dagli ebrei per farli diventare vittime compatite in tutto il mondo.

Bel-Ami (Maupassant)
“Ma hai almeno una vaga idea di chi sia Tiberio?” – “Sì, una vaga. Non studiavo molto a scuola e sono stato bocciato” – “Non
importa, una vaga idea basta, nessuno ne sa di più. La gente è stupida (…) Puoi iniziare a lavorare qui al giornale domani”.

Il giorno della civetta (L. Sciascia)
Questo qui, caro amico, è uno che vede mafia da ogni parte: uno di quei settentrionali con la testa piena di pregiudizi (…) Ma io dico:
perdio, un po’ di serietà… Voi ci credete alla mafia? (…) Noi due, siciliani, alla mafia non ci crediamo (…) Col tempo vi
convincerete che è tutta una montatura (…) E ammettendo che la mafia esista, io posso dirvi: è una associazione di segreto mutuo
soccorso (…) Ci sono uomini rispettati: per le loro qualità (…) e il vento della calunnia, subito si leva a dire “ecco i capi mafia…”
(…) Questi uomini hanno (…) il senso della giustizia..,, istintivo, naturale: un dono… questo senso della giustizia li rende oggetto di
rispetto…

Ritorno alle origini in La prima indagine di Montalbano (A. Camilleri)
I sistemi sono profondamente cangiati (…) Ora i mafiosi preferiscono travagliare sott’acqua e con le amicizie giuste nei posti giusti.
E per prima cosa, queste amicizie giuste vanno in giro a dire che la mafia non c’è più, è stata sconfitta, quindi si possono fare leggi
meno severe, si può abolire il 41 bis ecc. (…) Alcuni imprenditori onesti avivano addeciso di fare gruppo costituendo una piccola
associazione antiracket. C’era una legge regionale che incoraggiava la formazione di queste associazioni con aiuti in denaro. Era
macari un modo di mettere in evidenza i nomi degli imprenditori che non avivano nenti da spartire con la mafia (…) Con la nuova
legge l’importo dei lavori per il quale non c’è bisogno della certificazione antimafia è salito a 500.000 euro. Basterà perciò frazionare
i subappalti in modo che ognuno non superi il mezzo milione di euro. Inoltre i subappalti ora sono possibili nella misura del
cinquanta per cento dal trenta che erano e il gioco è fatto. Macari chi porta scritto in fronte che è mafioso può ottenere il subappalto
(…) È successo che noi che volevamo costituire l’associazione antiracket siamo andati a Palermo. Nessuno sapeva dirci l’ufficio
giusto. Una via crucis che durò tre giorni, ci mandavano da Ponzio a Pilato. Finalmente ci trovammo davanti a uno che si disse che
bisognava iscriversi all’apposito albo in dotazione nei municipi dei capoluoghi di provincia. Allora siamo rientrati a Montelusa e io,
che sono il presidente di questa associazione, sono andato in Comune. Macari qua nessuno sapeva niente. Poi trovai un impiegato che
mi spiegò che l’albo non c’era in quanto da Palermo non erano ancora arrivate le norme per la sua costituzione. Sono passati due
mesi e ancora non arrivano. Una sullenne pigliata per il culo. Mentre spuntano come funghi nuove società che non trovano ostacoli
burocratici: macari se tutti sanno che sono fatte da prestanome (…)Un mafioso si è precipitato apposta qua dagli USA. Qua è
diventata una pacchia (…) Al ministero ora non si devono più comunicare relazioni dettagliate sullo stato dei lavori ma “note
informative sintetiche con cadenza annuale” (…) Una volta ho letto un romanzo sul cui titolo faccio confusione (…) Questo romanzo
conta la storia di un discendente di una famiglia di mafiosi (…) nato e cresciuto in America, che studia, diventa una persona colta e
dai modi fini, entra a far parte della buona società e si marita con una ricca americana. Vanno a fare una vacanza a Palermo. Qui (…)
il marito perde progressivamente cultura, finezza, eleganza per acquistare astuzia, violenza, volontà omicida (…) Palermo lo fa
tornare alle sue radici.
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L'orma del califfo (W. Smith)
- "Non tenevo conto di organizzazioni come l'Interpol, alle quali leggi suicide impediscono di intervenire in caso di delitti politici (...)
Per due volte riuscii a prevenire un atto terroristico e a informare le autorità; ma l'intenzione non è un crimine, mi fu detto, ed
entrambi i colpevoli furono (...) liberati perché potessero prepararsi a colpire ancora" (...) La punizione che la società intorpidita
infliggeva ai terroristi pluriomicidi si limitava di solito a pochi mesi di prigione, spesso condonati (...) La cattura sarebbe stata un
invito a commettere altre atrocità (...) tra vendette e ritorsioni". Per la vita di un feroce predatore in trappola, centinaia di persone
avrebbero sofferto e decine sarebbero morte (...) in un modo (...) privo di ogni dignità umana (...) in preda al terrore. I massmedia
avevano sprecato smancerie e apprezzamenti per la terrorista Leila Khaled (...) trattandola come una celebrità (...) È difficile
convincere un uomo a uccidere una bella donna (...) - "Il terrorismo è un'industria in espansione (...) anche in caso d'insuccesso i
partecipanti hanno un buon 50% di possibilità di sopravvivere".

La legge del deserto (W. Smith)
- "Dovrebbero coglierli nel corso di un'azione di pirateria. Non possono neutralizzare le navi mentre sono all'àncora nella baia (...) A
intralciare il tutto ci sono poi i cavilli del diritto marittimo, i falsi scrupoli dei perbenisti e il chiasso di tutti i paesi socialisti, più
preoccupati dei diritti umani dei pirati che delle loro vittime (...) Che nobiltà d'animo e che correttezza! Nel frattempo, però,
imperversano sugli oceani. Gli equipaggi dei mercantili sono disarmati, come impongono le clausole delle polizze assicurative delle
compagnie".

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Dagli anni '90 (...) c'è stato un aumento delle denunce di giovani non imputabili (minori di 14 anni): ciò è leggibile anche come
strategia delle organizzazioni criminali che in tal modo utilizzano soggetti non penalmente perseguibili e quindi facilmente
sostituibili (...)
Nelle cooperative sociali possono lavorare (...) condannati che debbono scontare una pena detentiva non superiore ai 3 anni e (...)
alcune categorie di condannati a pene detentive non superiori ai 4 anni (es. minore di 21 anni o (...) donna madre di minori di 10
anni).
La jolanda furiosa (L. Litizzetto)
Una volta ho sentito una giornalista chiedere al padre di una ragazza da poco assassinata: "perdona gli assassini di sua figlia?" Ho
dovuto cambiare canale per riprendermi. Ma è possibile che sempre, sempre, sempre si faccia questa domanda così cretina? (...)
Tanto dopo un po' escono tutti. In effetti se adesso ti dessi una roncolata, tempo due anni sarei già fuori con l'indulto (...) Adesso la
maggior parte dei processi non servirà a niente (...) Un mucchio di parlamentari dice che la legge dell'indulto è una "boiata". Ecc. E
allora perchè l'hanno votata? (...) oltretutto alla giustizia mancano pure i fondi (...) Adesso riducono le forze dell'ordine. Ma perchè
invece di fargli fare le scorte a cani e porci non mettete più forze dell'ordine a presidiare il territorio e no garantite la sicurezza della
pena?
Due testimonianze sulla rivista F
Era un ragazzo gentile e premuroso (…) La violenza è all’ordine del giorno (…) I suoi tacciono come se fosse tutto normale.
(…) Sento ogni gradino pestare con forza contro le ossa della schiena, poi arrivano i calci nella pancia, le ginocchiate nello stomaco,
i pugni. Ho il naso rotto e sono una maschera di sangue. A volte penso che voglia ammazzarmi (…) Poi mi porta in bagno e mi sbatte
la testa contro tutti gli spigoli. Una volta mi colpisce in modo così violento da schiacciarmi due vertebre (…) Questa volta i medici
prendono atto delle violenze: prognosi di 20 giorni. Poi vado al Commissariato per la denuncia, ma non incontro le persone giuste.
“Non avrà visto troppe puntate di Romanzo Criminale?”, chiede un poliziotto. Ride dei miei racconti. Torno a casa dai miei. Mi ci
rinchiudo come in una tomba, porte e finestre sbarrate. Ma il mostro prende di mira la mia famiglia, pedina mia sorella. E quando me
lo ritrovo sotto casa, mi dice che lei farà una brutta fine se continuo a evitarlo (…) Denuncio nuovamente il mio ex e (…) il mio
persecutore viene arrestato. Non ha potuto usare quelle due taniche di benzina che mi aveva mostrato in garage, dicendo: “Una è per
te e una è per me, non ti azzardare a scappare” (…) È stato condannato a otto anni di carcere. In appello la pena è stata ridotta a sei
anni e tre mesi di arresti domiciliari…
Rivista Io donna marzo 2022
É lui per primo che chiede conto ai genitori. Ha 21 anni ed è stato ai domiciliari con l'accusa di aver stuprato Bianca (...) durante la
notte di Capodanno (...) La madre, dal figlio informata, non denuncia (...) Un altro genitore legato al caso si affida a un boss di
periferia per togliere il figlio dai guai. Nessuno spende una parola per Bianca, la sedicenne stuprata da un gruppo (...) La difesa
impulsiva di un ragazzo da parte del genitore è interpretata come tacito assenso (...) A scuola vediamo adulti (...) che liquidano come
ragazzate il gesto di un figlio che butta il compagno in un bidone della spazzatura (...) Ci sono tanti episodi simili (...) in cui si tende
ad attaccare e sottomettere chi si identifica come portatore di una fragilità intollerabile, una ragazza, un disabile, una persona diversa
per il colore della pelle o altro. É stato sempre così (...) La fatica oggi è vissuta come un peso (...) e l'insofferenza per il non vedere
subito ripagato l'impegno genera nei ragazzi comportamenti inadeguati (...) Per trovare un'identità autonoma i ragazzi si rifugiano in
quella di gruppo. Se si sentono inadeguati o confusi, nel gruppo scelgono comportamenti devianti per fare propria un'identità forte e
compensativa (...) I reati sono spesso possibili per i meccanismi di disimpegno morale, quei trucchi che la mente usa per minimizzare
ciò che si fa, attribuire la colpa alla vittima o deumanizzarla (...) La sopraffazione è alimentata anche da una sottocultura mediatica
(...) Secondo Lancini, se dopo i 20 anni non usi internet sei spacciato e sotto i 20 anni se lo usi sei dipendente (...) La rete è un luogo
dove puoi sentirti onnipotente a patto che per esistere tu l'abbia fatta grossa (...) L'individualismo, ovvero la cultura del successo
anche sui social, la competizione e l'assenza di dialogo sono i modelli che proponiamo. I genitori ascoltano di più i figli, ma non i
loro fallimenti (...) E se c'è gente pronta a chiamare i vigili in pieno pomeriggio per 10 minuti di percussioni suonate da un ragazzo,
quando branchi di adolescenti minacciano o fanno chiasso a tarda notte restiamo in silenzio e immobili per paura di ritorsioni (...) La
cultura dello stupro è alimentata poi dal porno, dalle pressioni dei pari e da moderne e sbagliate idee sulla sessualità maschile (...) E il
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modo in cui trattiamo i bambini ne modella il cervello. Chi si sente amato e accudito sarà in grado di resistere meglio alle pressioni
del branco (...) Non è giusto ricorrere a giustificazioni semplicistiche come "i maschi sono maschi", I maschi non hanno sentimenti",
"il testosterone rende i maschi sconsiderati e nervosi" (...) e affermare che i maschi non parlano è solo un alibi. Uno sguardo di dolore
non ha bisogno di parole.
L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
La giustizia non può essere che naturale o convenzionale: naturale, in quanto si attua secondo il valore intrinseco di ciascuna cosa
(…) Perché la violenza contro la violenza e la legge del taglione non hanno in sé nulla di ingiusto contro colui che fu il primo ad
arrecare il danno; e non, perché le cose sono pari, è giusto anche quel che avvenne prima (…) La giustizia convenzionale si realizza
nella legge, nell’uso, nel giudicato, nell’accordo (…) Riescono assai piacevoli (…) le virtù della cordialità, della condiscendenza,
della moderazione, della benevolenza: ma all’uomo onesto si addicono anche le qualità contrarie, cioè l’odio contro i malvagi, la
partecipazione commossa alle pubbliche vicende, il desiderio di punire delitti e offese e, come ho detto al principio, tutti i sentimenti
onesti (…) Se non è lecito far pagare il fio dei delitti, poco manca che i delitti siano permessi e dar licenza ai malvagi significa,
senz’altro, agire contro i buoni.
Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes)
La vitalità e la sensibilità intaccano la capacità di passare sopra le cose. Non siete cattivi se non perdonate né siete sante se ne siete
capaci (...) La decisione di perdonare o no dipende da vari fattori: la consapevolezza (...) e le intenzioni future di chi ha nuociuto (...)
Perdonare un'incomprensione è diverso che perdonare un assassinio, violenza, (...) tradimento, trattamento ingiusto, furto. È difficile
perdonare una violenza ripetuta (...) In certi casi si trova più forza nel non perdonare, e anche questo è accettabile.
Psicologia della politica (a cura di P. Catellani e G. Sensales). Forse si tratta però invece di Psicologia politica di Catellani
Chi durante la crescita ha subito grave danno da criminali da adulto ha la convinzione che il mondo è molto pericoloso, perciò
desidera che nello Stato vi sia la possibilità dell'ergastolo e della pena di morte, perchè se non ci sono punizioni le leggi non sono
regole.
http://www.slideshare.com/come-conoscere-bene-la-storia
Se oggi qualcuno raccogliesse le massime con cui i giudici italiani giustificano le loro sentenze, emergerebbero versioni elaborate
delle seguenti affermazioni probabilmente spesso ipocrite e sempre irragionevoli in modo evidente e celanti con ogni probabilità
direttive governative: la galera peggiora le persone (nel caso si discuta se imprigionare un criminale); la galera migliora le persone
(nel caso si discuta se liberare l'autore di un crimine particolarmente efferato prima del termine previsto o se non dare l'ergastolo); gli
immigrati criminali non sono cattive persone ma povere vittime della loro cultura o di traumi e i giovani italiani violenti non sono che
povere vittime di internet, della televisione, dell'età e dell'assenza di figure genitoriali autorevoli (gli immigrati e i giovani che si
conformano alle regole nonostante famiglie, vissuti e situazioni non ideali non spingono ad alcuna riflessione); non è giusto tenere i
bambini lontani dai genitori (i bambini uccisi da criminali o dagli stessi genitori e quelli rapiti anche a causa delle condizioni
familiari dei casi di cronaca su tutti i giornali non sono presi in considerazione); chi lavora è comunque utile alla società (il futuro
lavorativo delle vittime dei lavoratori violenti, disonesti e ladri non è contemplato); è troppo difficile giudicare quando si tratta di
coppie (allora sarebbero di conseguenza insensati i processi stessi che portano all'assoluzione di partner estremamente violenti); le
galere comportano una spesa ingente per lo stato (sono considerati insignificanti i costi economici, morali e sociali dell'assenza di
punizioni – quindi di regole – e non sono nemmeno presi in esame lavori forzati, pena di morte ed eliminazione delle poche ma
costosissime carceri di lusso presenti in italia); per i familiari delle vittime nessuna pena è sufficiente (si sorvola sul fatto che non
sono affatto solo i famigliari delle vittime ad aver bisogno e volere che in uno stato ci siano regole e che di conseguenza i criminali
vengano puniti); la legge del taglione non è giustizia perciò ergastolo e pena di morte non sono giusti (si finge di dimenticare che
l'ergastolo è nato come provvedimento mite rispetto alle torture fisiche di innumerevoli tipi tradizionalmente previste per i criminali e
che la pena di morte è un procedimento sia economico che giusto quando la violazione delle leggi della società è dimostrata e grave o
recidiva).
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TEORIE E VERITÁ (PSICHIATRIA, POLITICA E CONOSCENZA)

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
L’irresponsabilità aggrava le colpe e persino i crimini (…) e ciò anche quando a una tendenza che sopravvive a dispetto degli ostacoli
(…) corrisponde (…) un affinamento delle qualità morali.

Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
Allorché le autorità hanno collocato una categoria di esseri umani al di fuori della cerchia di coloro per i quali la vita ha un prezzo
(…) e si sa che si può uccidere senza incorrere in alcun castigo, allora si uccide, o quanto meno si circonda di sorrisi di consenso
coloro che uccidono (…) La subordinazione della società all’individuo costituisce la definizione stessa della democrazia.

La regina dei castelli di carta (S. Larsson)
Gli psicologi non ascoltano mai.

Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Schafer (1954) individuò alcuni tipi di intervistatori, (...) con caratteristiche che possono anche essere aspetti del medesimo in
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momenti diversi (...): incerti della propria identità, socialmente inibiti o chiusi, dipendenti, rigidamente difesi dai bisogni di
dipendenza, rigidamente intellettualizzanti, sadici, rigidamente difesi contro l'ostilità, masochisti (...) Molti intervistatori reagiscono
con contromisure di sicurezza alle misure di sicurezza attuate dagli intervistati anche inconsapevolmente (...) o non riconoscono i
meccanismi di difesa primitivi (...) coatti e spesso inconsci (...) Tutti siamo tendenzialmente inoltre soggetti alle distorsioni percettive
che costituiscono il cosiddetto incoscio cognitivo (...) Un sincero ed empatico interesse per l'altro è indispensabile per l'intervistatore
(...) "Ecco come sembra che si comportino in generale gli psichiatri: basandosi sulle informazioni preliminari, essi formulano un
numero limitato di ipotesi (...) nei primi momenti dell'intervento (...) Quindi pongono domande chiuse come verifica"(...) (Nussbaum
2013) ha proposto delle linee guida per svolgere i colloqui psichiatrici in 30 minuti.

Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Generalmente, i libri tecnici e in particolare quelli di argomento psicologico, partono da dotte disquisizioni sulle patologie prese in
esame e poi, eventualmente, presentano un caso a riprova di quanto affermato. Si tratta di casi "addomesticati" utilizzati per avallare
una realtà che sta nell'esposizione e nelle opinioni dell'autore, non già nello squallore della realtà. Sembrano quasi affermare "Non
permetterò che la realtà dei fatti contraddica la mia teoria" (...) Anni fa (...) la mia didattica era usata a spiegare in termini operativi
quanto era confusamente e astrattamente scritto in testi di cui io stesso, a volte, non riuscivo appieno a comprendere alcuni passaggi
(...) Indimenticabile il caso del bambino autistico le cui iniziali del nome erano O.O. Lo specialista mi fece dottamente notare la
"vuota specularità" di queste iniziali, il profondo senso del nulla che emanavano quelle due lettere che "comunque orientate, non
davano che lo zero. Questo era chiaramente il segno di un abisso psicotico di cui i genitori, che avevano scelto il nome del bambino,
erano in qualche modo responsabili"... Oggi O.O. ha vent'anni e un'analisi del DNA, eseguita un paio d'anni fa, ha permesso di porre
la diagnosi di X-fragile all'origine del suo autismo.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Il tedesco è sicuro di sé nel modo più disgustoso e inesorabile, perché è ciecamente convinto di sapere la verità: una scienza, cioè, da
lui stesso elaborata, ma che per lui è il vero assoluto.

Uscita di sicurezza ( I. Silone)
Anche la rivolta per impulso di libertà può essere una trappola, mai peggiore però della rassegnazione (…) Le teorie sono transitorie,
ma i valori sono permanenti. (…) Vi sono certezze irriducibili. La distinzione tra teorie e valori non è ancora abbastanza chiara nelle
menti di coloro che riflettono a questi problemi, eppure mi sembra fondamentale. Sopra un’insieme di teorie si può costruire una
scuola e una propaganda, ma sopra un insieme di valori si può fondare una cultura, una civiltà. Non concepisco più teorie, ma una
fede sì…Forse le mie certezze sono troppo poco per una professione di fede, ma abbastanza per una dichiarazione di fiducia. Mi è
rimasto un bisogno di effettiva fraternità, un’affermazione della superiorità della persona su tutti i meccanismi economici e sociali
che la opprimono, la certezza che siamo esseri liberi e responsabili e che l’uomo ha assoluto bisogno di apertura alla realtà degli altri.
(…) e un reverente sentimento verso ciò che nell’uomo tende incessantemente a sorpassarsi. (…)
Nichilista è la convinzione che dietro tutte le fedi e teorie non ci sia nulla in fondo e che quindi conti solo il successo, il coraggio,
ecc. indipendentemente dalla causa. (…) Nichilista è la generale tendenza a identificare la storia con i vittoriosi (…) Bisogna essere
sempre pronti a mutare di parte come la giustizia, questa fuggiasca dal campo dei vincitori. .

La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
Qui religione e legge si identificano al punto che tanto il più mite quanto il più crudele atto della vita pubblica assumono lo stesso
aspetto venerabile e tremendo (…) La più brutta e quindi la più severa tra quei giudici improvvisati gridò: “** ha gettato la vergogna
su tutte noi e quindi deve morire” (…) “Sarebbe il caso di strapparle via quel vestito” (…) Il vestito esprimeva, con il suo aspetto
pittoresco e fantastico, il disperato abbandono dell’anima di ** (…)
**, perdendo la sua personalità, sarebbe diventata per loro un simbolo.

Il bambino dal cuore gentile (N. Hawthorne)
Un lungo interrotto gemito espresse l’angoscia del suo cuore e non mancò di suscitare commossa partecipazione in molti, che però
male interpretarono questa involontaria virtù come un peccato.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Quando è impossibile tendere oltre le già tanto elastiche fila delle considerazioni storiche, quando l’azione è ormai troppo contraria a
quello che tutta l’umanità chiama giustizia, gli storici si rifugiano nel concetto di grandezza. Per il grande non esiste il male

Resurrezione (L. Tolstoj)
Deformare il concetto della vita e della morale per giustificare se stessi (…)
L’unico motivo per cui quest’organizzazione statale inutile e dannosa basata sulla violenza si protrae è che un certo ceto, casta,
gruppo intende mantenere così i suoi privilegi. (…)
Come i militari queste altre funzioni statali vivono nell’atmosfera dell’opinione pubblica, che non solo nasconde loro la criminalità
degli atti che compiono, ma glieli fa apparire eroici (…)
Il direttore ha soltanto eseguito l’ordine (…) l’ufficiale aveva il compito (…) “Nessuno” è colpevole. Ma quegli uomini sono stati
uccisi (…) Se non fossero stati direttori, ufficiali, ecc. alcuni avrebbero dimostrato un po’ di compassione. Invece non lo fanno
perché non vedono dinanzi a sé uomini, ma il servizio (…) Se ammettiamo, sia pure per un’ora e in un caso, che esiste qualcosa di
più importante del sentimento di umanità, possiamo impunemente commettere qualsiasi delitto. Sono tutti refrattari al più elementare
sentimento di pietà (…) perché considerano legge ciò che non lo è (…) Sono peggiori dei criminali. Il criminale può provare
compassione, costoro no (…) Affinché uomini possano commettere le più grandi malvagità basta farne direttori, ufficiali, ecc.
convincerli che esiste un servizio governativo in cui è lecito trattare gli uomini come cose e poi creare tra loro un legame di omertà
tale che nessuno possa sentirsi responsabile separatamente dagli altri nei suoi atti. Verso le cose si può agire senza amore, ma tra
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uomo e uomo l’amore è indispensabile come è indispensabile la prudenza nel trattare le api per le caratteristiche delle api (…) È vero
che l’uomo non può costringere se stesso ad amare il prossimo, come invece può costringersi a lavorare. Ma non ne consegue che sia
lecito trattare gli uomini senza amore, soprattutto se si esige da loro qualcosa. Se non ami il tuo prossimo, òccupati delle cose che ti
piacciono, non dei tuoi simili (…) Giudici e funzionari percepivano lauti stipendi, succhiati al popolo per leggere in certi libri scritti
coi medesimi fini da altri uguali a loro, quali provvedimenti usare e mandavano delle persone in luoghi dove, in assoluta balìa di
carcerieri e direttori crudeli e abbrutiti, morivano spiritualmente e materialmente (…) I vizi diffusi in tali prigioni non sono le
manifestazioni anormali di un preteso tipo, come blaterano ottusi “scienziati”, ma le conseguenze di tale aberrazione mostruosa nata
dal presupposto che alcuni hanno il diritto di giudicare e trattare così altri (…) I vari giudici e funzionari se ne lavavano le mani della
giustizia e del bene della comunità di cui tanto parlavano, e miravano ad intascare gli stipendi: ciò era evidentissimo (…)
Procedevano come nella pesca con le reti, in cui si tira a riva tutto ciò che càpita (…) imprigionando centinaia di innocenti,
evidentemente incapaci di nuocere, e li tenevano talvolta per anni in stabilimenti dove si ammalavano, impazzivano o si suicidavano.
Li trattenevano a volte solo perché non c’era ragione di rilasciarli. La sorte di questi individui, spesso innocenti persino dal punto di
vista del governo, dipendeva dall’arbitrio, dal buon tempo, dall’umore del funzionario, della spia ecc. Se il tale impiegato si annoia o
vuole mettersi in mostra, fa la retata, e a seconda dell’umore suo o dei suoi superiori, trattiene la gente o no. Il funzionario capo poi,
anch’egli conforme al suo bisogno di prestigio o potere, chiude in segregazione cellulare o condanna a lavori governativi.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Tutte le ideologie professionali sono nobilissime e i cacciatori non si sognano certo di definirsi i macellai del bosco, così come i
commercianti che hanno lo stesso dio dei ladri. Al quadro di un’attività nella coscienza di coloro che la esercitano non bisogna
prestar fede (…)
S’è cominciato nel XVI secolo a non sforzarsi più di penetrare i segreti della natura, bensì ad accontentarsi di esplorarne la superficie
(…) con Galileo, il cui modo di considerare le cose ha dato poi origine in brevissimo tempo, come alle macchine utensili, alla
psicologia fisiologica ecc. (…)
Prima che il mondo intellettuale scoprisse la sua passione per i fatti materiali, questa passione era propria soltanto dei guerrieri, dei
cacciatori e dei mercanti, cioè di temperamenti astuti e violenti (…) Le qualità che conducono a invenzioni e scoperte sono spirito
d’iniziativa e di distruzione in egual misura, esclusione di considerazioni morali, paziente mercanteggiamento del minimo vantaggio,
diffidenza di fronte a ogni cosa incerta, ovvero gli antichi vizi dei cacciatori, dei soldati e dei mercanti (…) L’elemento del male
originale non scompare anche quando il vantaggio da conseguire non è più solo personale, (…) è il piacere di dar lo sgambetto alle
grandezze e vederle a terra (…) C’è nella scienza tutta una preferenza diabolica per la delusione, la coercizione, l’inesorabilità o
l’asciutta censura (…) Trovano un preconcetto favorevole per acquistare validità scientifica speciale sempre concetti come
l’attribuire i moti dell’animo a secrezioni interne, rilevare affinità tra l’ebbrezza e l’alienazione mentale, considerare la bontà solo
una forma di egoismo particolare, equiparare l’ano e la bocca come l’estremità della stessa cosa ecc. Questa mania di rimpicciolire
tutto è come il piacere di vedere il bene abbassarsi e lasciarsi distruggere con facilità (…) Parole come costringere e maniera forte
hanno un suono gradevole e convincente (…) In non pochi uomini c’è una disposizione al tumulto e una diffidenza verso tutto ciò
che si venera, che hanno trovato espressione poi nella scoperta che con qualche cucchiaio di olio di ricino fatto sorbire a un idealista
si possono rendere ridicole le più incrollabili convinzioni.

Il problema dei tipi nella poesia “Prometeo ed Epimeteo” di Carl Spittaler in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Il pensiero del diavolo (…) si compendia in un “null’altro che” che riabbassa ogni essere vivente al nulla iniziale.

Le mie prigioni (S. Pellico)
“Non si fidi (…) Sono proprio coloro che sembrano più semplici a essere i peggiori (…) Coloro che svolgono quel tipo di professioni
possono avere molte qualità, ma la virtù mai.”

Per la critica del lavoro (G. Anders) in Ribellarsi è giusto
Il lavoro è considerato come cosa che non olet (…) C’è un motto foggiato in origine contro la nobiltà: “il lavoro non disonora”. Il
significato di questo motto è stato pervertito nel modo più pauroso. Poiché oggi serve giustificare il lavoro in ciò che ha di più
infame. E questo lavoro disonora di certo. (…) Anche la liquidazione di bambini ci può essere imposta come lavoro (…) Essere degli
Eichmann (…) lo esige la morale attuale, che pretende da noi che riconosciamo il lavoro come qualcosa di “moralmente neutro”.

Avere o essere (E. Fromm)
Gran parte di noi non si rende conto di quanto mortifero sia lo spirito burocratico e fino a che punto pervada di sé tutte le sfere
dell’esistenza (…) Il metodo burocratico è dominato dalle statistiche: i burocrati formulano le proprie decisioni in base a regole fisse
elaborate sulla scorta di dati statistici, anziché basarle sulla risposta agli esseri viventi che hanno di fronte (…) Ciò non significa che
in Eichmann, come in molti altri burocrati, non vi fosse una componente sadica, vale a dire la soddisfazione di controllare altri esseri
umani. Ma questo risvolto sadico è secondario rispetto alle componenti primarie del burocrate, vale a dire la sua incapacità di risposta
umana e la sua adorazione delle regole (…) Tra i burocrati ci sono molti Eichmann, l’unica differenza consistendo nel fatto che non si
sono trovati a dover sterminare migliaia di persone (…) È un atteggiamento che ha corso non soltanto tra amministratori, ma che si
ritrova anche tra medici, infermieri, insegnanti scolastici, nonché in molti mariti per quanto riguarda i rapporti con le loro mogli e in
molti genitori nei confronti dei loro figli. Una volta che l’essere umano sia ridotto a numero, i veri burocrati possono giungere a
commettere atti di aperta crudeltà, non perché siano mossi da una crudeltà pari alle loro azioni, ma perché non sentono alcun legame
umano con i loro sottoposti (…) e ai loro occhi, gli esseri umani quali oggetti di empatia e compassione semplicemente non esistono.
Il burocrate vecchio stampo, freddo e ostile è reperibile tutt’oggi in certe vecchie aziende o in grandi organizzazioni come enti
assistenziali, ospedali e carceri, in cui un singolo burocrate esercita un considerevole dominio su individui poveri o per altri motivi in
stato d’impotenza. Ma i burocrati dell’industria moderna non sono affatto di questo tipo, e probabilmente hanno ben poco del sadico,
per quanto possano ricavare piacere dall’esercizio del potere sui loro simili. Ma, una volta ancora, in loro troviamo quella lealtà
burocratica a una cosa, che nel loro caso è il sistema: essi credono in questa cosa. L’azienda è il loro focolare, e le sue regole sono
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sacrosante perché le regole sono “razionali”. Ma né i vecchi né i nuovi burocrati possono sussistere in un regime di democrazia
partecipatoria, dal momento che lo spirito burocratico è incompatibile con quello dell’attiva partecipazione degli individui.

Il buio a mezzogiorno (A. Koestler)
La linea è stata determinata dal principio “Il fine giustifica tutti i mezzi” (…) Per il Partito l’Io era sospetto (…) e non si poteva
guarire un malato con pie esortazioni (…) ma solo con la lama del chirurgo e i suoi freddi calcoli: ma ovunque il bisturi era stato
applicato, una nuova malattia aveva preso il posto della vecchia. E ancora l’equazione non reggeva (…) C’era un errore
nell’equazione? No, l’errore era nell’intero pensiero matematico (…) Forse non si addiceva a un uomo liberarsi completamente dei
vecchi ceppi, (…) dal “tu non devi”(…) Non era giusto pensare ogni pensiero fino alla sua logica conclusione.

L’avventura di un povero cristiano (I. Silone)
L’aspirazione a comandare, l’ossessione del potere è, a tutti i livelli, una forma di pazzia. Mangia l’anima, la stravolge, la rende falsa,
(…) soprattutto se si aspira al potere a fin di bene (…) C’è solo il bene; non c’è a fin di bene (…) Non si può ammazzare a fin di
bene. Ogni comunità genera aspirazioni di potenza (…) Allo scopo di servire l’incremento della comunità, vengono accettati continui
compromessi per ambizioni dei capi ed esigenze del gruppo. Gli egoismi si sommano. Un ricco donatore criminale diventa
impossibile condannarlo (…) Ogni grande amministrazione ha bisogno di finzioni.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
** era considerato un grande conoscitore della follia criminale, anche se un po’ strambo (…) La sua tendenza naturale era di trattare
ogni criminale, la cui sanità mentale fosse posta in dubbio, come una palla che attraverso i buchi della scienza dev’essere spinta verso
la meta, cioè la condanna (…) “ (**) possiede (…) tutto quello che ha a che fare con le sentenze capitali degli ultimi venti o
trent’anni (…) Un buon osservatore potrebbe forse scorgervi qualcosa come rivalità, trionfo cerebrale, astuzia sessuale…
Naturalmente tutto nei limiti del lecito e dello scientificamente ammissibile. Ma si può ben dire che l’aver a che fare col pericolo
rende pericolosi (…) Si può quasi dire che è un cacciatore innamorato delle sue prede.”

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Il piacere riposto nel completo dominio su un’altra persona (…) è proprio l’essenza della spinta sadica (…) Scopo del sadismo è
trasformare l’uomo in una cosa, (...) poiché sotto un controllo completo e assoluto l’essere vivente perde una qualità essenziale della
vita: la libertà (…) Chi abbia sperimentato in pieno la intensità e la frequenza della violenza (…) sadica (…) può comprendere che
(…) è una facoltà intensa e forte nell’uomo (…) Chi ama la morte ama necessariamente la forza. Per costui (…) l’impiego della forza
non è una azione transitoria, cui è costretto dalle circostanze: è un modo di vivere (…) La persona necrofila è spinta dal desiderio
(…) di accostarsi alla vita meccanicamente, come se tutte le persone viventi fossero cose (…) Egli ama il controllo, e nell’atto di
controllare uccide la vita, (…) perché per sua propria natura essa è disordinata e incontrollabile (…) “Legge e ordine” per loro sono
idoli; tutto ciò che minaccia la legge e l’ordine viene sentito come un attacco diabolico contro i valori supremi (…) Connessa a
questo fatto, è la sua brama di certezza. Ma la vita non è (…) mai prevedibile, mai controllabile; per renderla controllabile, la si deve
trasformare in morte (…) La persona altamente necrofila (…) è ordinata, (…) pedante. Questo aspetto del necrofilo è stato mostrato
al mondo nell’immagine di Eichmann (…) Egli trasportava Ebrei come avrebbe trasportato carbone (…) Anche il problema se egli
odiasse o no le sue vittime diventa irrilevante (…) Il desiderio di uccidere, l’adorazione (…) per la morte e per il sudicio, il sadismo,
il desiderio di trasformare l’organico nell’inorganico mediante l’ “ordine”, fanno tutti parte dello stesso orientamento di base (…)
Ognuno dei tratti qui citati può essere più pronunciato in una persona che in un’altra (…) Il livello a cui è consapevole delle tendenze
necrofile o le razionalizza, varia considerevolmente da persona a persona (…) La persona che ama (…) la vita è attratta dal processo
di vita e di crescita in tutte le sfere (…) Vede il tutto più che le sole parti (…) Vuole plasmare e influenzare con l’amore, la ragione,
l’esempio, non con la forza, separando le cose, amministrando burocraticamente le persone come fossero cose (…) La maggior parte
delle persone sono un misto particolare di orientamenti necrofilo e biofilo, e quel che conta è quale delle due tendenze predomini.
Coloro nei quali l’orientamento necrofilo prende il sopravvento (…) si lasceranno indurire (…) L’istinto di vita (…) ha la funzione di
legare (…) Se si deve sviluppare l’amore per la vita, deve esserci libertà “per”; libertà per creare e per costruire, per voler sapere e
per osare. Tale libertà esige che l’individuo sia attivo e responsabile, non uno schiavo o un ingranaggio ben lubrificato di una
macchina (…) L’amore per la vita si svilupperà (…) in una società dove ci siano (…) giustizia nel senso che nessuno possa essere un
fine per gli scopi di un altro (…) Il nostro approccio alla vita diventa oggi sempre più meccanico (…) Le persone vengono trattate
come numeri. Qui il problema non è se la gente (…) sia ben nutrita (anche le cose possono essere trattate bene); il problema è se le
cose siano cose o essere viventi (…) L’approccio agli uomini è astratto, intellettuale. Ci si interessa alle persone come ad oggetti (…)
alle regole statistiche del comportamento (…) non agli individui viventi (…) L’uomo, (…) se diventa una cosa viene distrutto, e
ancor prima che questo avvenga, egli è disperato e vuole uccidere la vita (…) L’intelligenza e il carattere diventano standardizzati per
l’uso crescente dei test (…) Come si riconosce la persona narcisista ? (…) Di solito non ascolta ciò che dicono gli altri, né se ne
interessa effettivamente (…) Si può riconoscere la persona narcisista anche dalla sua sensibilità ad ogni genere di critica; sensibilità
che può esprimersi negando la validità di ogni critica, oppure reagendo con rabbia (…) Il giudizio di valore narcisistico, è prevenuto
e pregiudiziale. Di solito questo pregiudizio viene razionalizzato in una forma o in un’altra, e questa razionalizzazione può essere più
o meno ingannevole secondo il grado di sofisticazione e d’intelligenza della persona in causa (…) Di solito la persona è convinta che
non ci sia pregiudizio, e che il suo giudizio sia obiettivo e realistico. Il che porta a una grave distorsione della sua facoltà di pensare e
di giudicare (…) Il mondo esterno (…) è inferiore, pericoloso, immorale (…) La sua auto-esaltazione (…) minacciata (…) sfocia in
furia intensa (…) Soltanto la distruzione del critico (…) può salvare dalla minaccia contro la propria narcisistica sicurezza (…)
Questa persona narcisistica teme la depressione che segue il narcisismo ferito (…) L’intensità del narcisismo aumenta al fine di
schivare la minaccia (…) Non possono tollerare la minaccia che costituisce per loro la voce della ragionevolezza (…) L’elemento di
squilibrio (…) rende (…) capaci di successo, conferendo (…) libertà dal dubbio (…) Dobbiamo spostare il nostro sforzo educativo da
un orientamento prevalentemente tecnico ad uno scientifico; cioè, verso, un più avanzato pensiero critico, verso l’oggettività e
l’accettazione della realtà, e un concetto di verità che non sia soggetto ad alcuna restrizione e sia valido per ogni possibile gruppo.

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Tesina online su Il potere psichiatrico di M. Foucault
[Nel potere disciplinare] (…) l’individuo non esiste a prescindere dai rapporti di potere (…) Della disciplina manicomiale (…) la
formalizzazione più significativa (…) è il Panopticon di Bentham (1787) (…) che (…) è (…) un intensificatore di potere (…) Questo
meccanismo (non si sa mai se si è osservati) (…) può essere ritrovato in tutte quelle istituzioni che sono al contempo luogo di
esercizio di potere e luogo di formazione di un sapere (…) Il manicomio è una macchina panottica (…) Caratteristiche del
Panopticon sono: sorveglianza permanente (…) isolamento (…) punizione ininterrotta, assicurata dal personale e da una serie di
strumenti (…) Nel 19° secolo appare un nuovo tipo di strumenti (…) (camicia di forza, collare di ferro) (…) Dopo la legge [del 1838]
l’interdizione viene scavalcata dall’internamento (…) Con l’internamento si viene in possesso direttamente del corpo e può essere
deciso (…) senza l’intervento della famiglia (…) Case private si sviluppano a fianco di quelle pubbliche (…) Il malato è una fonte di
profitto (…) [Nel] 19° secolo lo psichiatra diventa (…) detentore della verità (…) Due tipi di discorsi: nosologico (…) eziologico
[fungono] da garanzie di verità rispetto a una pratica psichiatrica che pretendeva che la verità le fosse data una volta per tutte (…)
[Supplementi di potere] (…) sono l’addestramento alla gerarchia con un linguaggio che deve lasciar trasparire un ordine [e
l’esistenza di] un potere che si impone sul folle (…) [la creazione] di bisogni [nel malato, la gestione] delle carenze che esso fa
esistere (…) [e l’] imposizione di un’identità statuaria nel quale il malato dovrà riconoscersi (…) Né il regime disciplinare, né la
calma imposta ai folli né l’anatomia patologica hanno permesso al potere psichiatrico di fondarsi su una base di verità (…) La prova
psichiatrica tale da rispondere all’esigenza di dare una diagnosi assoluta (…) si sviluppa in 3 tecniche (…) Interrogatorio (“Dammi i
tuoi sintomi e io ti libero dalla colpa”) (…) Droga (…) il malato all’interno dell’automatismo della droga non può opporre il suo
potere a quello del medico (…) Ipnosi e magnetismo: neutralizzazione delle volontà del malato e presa di potere totale sul suo corpo.
Articolo sull'attrice Frances Farmer (rivista F)
Era stata sua madre a consegnarla agli aguzzini (...) "È diventata matta. Matta e comunista" (...) Per ammansirla, gli specialisti di una
clinica privata cominciarono una inutile terapia a base di devastanti shock insulinici quotidiani e di farmaci sperimentali, prima di
proporne l'internamento nel manicomio criminale di Steilacoom, nello stato di Washington (...) È quasi certo che abbia subito
violenze, abusi fisici e sessuali, ma non è stato provato che i chirurghi siano arrivati davvero a lobotomizzarla per annientare la sua
aggressività. Ne uscì comunque a pezzi, nel 1950 (...) Aveva 37 anni e una madre anziana da assistere, per amore o per forza. E in più
nessuna voglia di combattere. Accettò lavori modesti, nella lavanderia di uno degli alberghi in cui aveva alloggiato negli anni dorati
(...) prima di morire di cancro a 57 anni.
Diario di un curato di campagna (G. Bernanos)
Mascherano con l'avidità di denaro ciò che è in realtà sete di sangue.
Voce Lobotomia in Wikipedia
La lobotomia (...) era usata (...) per (...) una vasta gamma di malattie psichiatriche come la schizofrenia, la depressione o la psicosi
maniaco-depressiva (...) Nel 1890, il dottor Sarles praticò lobotomie parziali su sei pazienti (...) Un paziente morì durante
l'operazione ed un altro venne trovato morto in un fiume dieci giorni dopo. Gli altri manifestarono comportamenti alterati (...)
Freeman (...) sviluppò una versione che prevedeva di raggiungere il tessuto del lobo frontale attraverso i dotti lacrimali (...) Veniva
usato (...) una sorta di rompighiaccio (...) Freeman raccomandava questa procedura anche ai pazienti con lievi sintomi ed egli stesso
la praticò su migliaia di persone (...) Nel 1977 (...) la Commissione Nazionale per la Protezione dei Soggetti Umani della Ricerca
Biomedica e Comportamentale (...) aveva il compito di indagare (...) la possibilità che fosse utilizzata per controllare le minoranze e
restringere i diritti individuali (...) Alcuni Paesi hanno continuato ad applicarla su scala drasticamente ridotta anche negli Anni
Ottanta (...) Nel Regno Unito almeno 15 all'anno, 70 in Belgio (...) Rosemary Kennedy (...) a (...) 23 anni fu sottoposta alla lobotomia
quando suo padre si lamentò con i medici degli sbalzi d'umore (...) e del suo interesse per i ragazzi. Il padre, inoltre, nascose
l'operazione al resto della famiglia (...) Rosemary (...) divenne incontinente e trascorreva ore a fissare le pareti. Le sue abilità verbali
si ridussero a parole senza senso (...) confinata sulla sedia a rotelle (...) Josef Hassid, violinista prodigio (...) fu sottoposto alla
lobotomia in seguito alla diagnosi di schizofrenia e morì in seguito a una meningite a soli 26 anni.
Rivista Io donna (autunno 2021)
Erano tante le donne che venivano portate nella sala operatoria per la lobotomia del dottor Watts da padri, mariti, fatelli, qualche
volta figli, disturbati dai comportamenti disinibiti delle loro congiunte o dai loro sbalzi d'umore o dalla mancanza di arrendevolezza.
Non ci voleva molto all'epoca anche per finire in manicomio: difficile dimostrare che il pater familias aveva torto e, una volta aperte
le porte dell'inferno, uscirne per una donna era quasi impossibile (Rosemary Kennedy fu ridotta così in stato semivegetativo a 23 anni
(...) nel 1941 (...). E morta nel 2005.
Recensione online di L. de Mango a Le terapie folli: come riconoscere terapeuti e pseudoterapeuti su Psicoterapie folli:
conoscerle e difendersi di M. T. Singer e J. Lalich, a cura di P. Michielan
Non si sa (...) quanti siano gli psicologi/psicoterapeuti che non sono né accreditati né autorizzati, per non parlare di quelli che,
nonostante siano in possesso di titoli, propongono terapie bizzarre e che svolgono attività che hanno ben poco a che fare con quanto
viene generalmente definito "aiuto". Queste terapie folli fondano il proprio successo sulla conquista della fiducia del paziente, fragile
e confuso (...) Tra i Crazy Therapist, Singer e Lalich annoverano nella loro guida per riconoscere un incompetente (...) immorale o
ciarlatano, lo sfruttatore (...) che ha già capito il problema senza fare l'anamnesi, il nevrotico che parla al paziente dei propri problemi
(...) e cerca di farlo lavorare per lui. E ce ne sono tanti altri, che abusano della fiducia che le persone ripongono nella figura del
terapeuta, attivando su esse abusi, soprusi e manipolazioni emotive e mentali (...) Hanno (...) in comune di porre spesso (...) la causa
(...) in qualche evento traumatico del passato, (...) la profonda mancanza d'interesse per la verità o per la precisione e la (...) proposta
di una tecnica terapeutica unica e uguale per tutti (...) Alcune delle metodologie e degli strumenti di cui si servono sono (...)
l'allontanamento del paziente dalle sue relazioni (...) e il ricorso a riti magici o spirituali (...)
Il comportamentista John B. Watson e la studentessa Rosalie Rayner, prendendo spunto dalle ricerche di Ivan Pavlov, (...) nel 1920
pensarono di condurre un esperimento sull'induzione di paura. (...) Il protagonista (...) Douglas Merritte, un bambino di 9 mesi (...) fu
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esposto ad una serie di stimoli. (...) Non furono in grado di eliminare la paura nel bimbo, che (...) morì all'età di 6 anni. (...) La teoria
della regressione e della rigenitorializzazione di Sechehaye e Rosen, usata da Jacqui Schiff col ritorno a succhiarsi il pollice e
indossare pannolini per esempio, ha causato la morte di un ragazzo di 16 anni, John Hartwell, ustionato in una vasca da bagno perché
rifiutatosi di regredire e prendere il biberon, e numerose altre violenze (...) e ingiurie. (...) Sandra Roy e Bob Mandel ritengono che i
problemi psichici siano dovuti al modo in cui si è venuti alla luce e (...) hanno applicato la teoria su una bambina di 10 anni, Candace
Newmaker (...) Quattro persone (per un totale di 300 kg.) si sono sedute a cavalcioni sulla piccola, che pesava 31 kg., imballata in
una coperta e bloccata; le sue lacrime e il suo scalciare sono stati interpretati come crisi di ira ed ignorati. (...) E ce ne sono tante altre
di folli teorie: (...) Janov (...) ha deciso, senza il minimo accenno di prove scientifiche, che tutti i problemi fisici e mentali sono
dovute a teschi non allineati e i suoi metodi di premere su orbite degli occhi, crani e mandibole sono stati descritti come "tortura" da
parte dei genitori dei bambini che aveva in cura per la dislessia.
Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca)
Il compito primario del supervisore è aiutare il professionista a trovare la giusta distanza dall'azione professionale (...) per evitare la
rigida applicazione di scuole di pensiero (...) Probabilmente è possibile abbandonare la rigida certezza delle teorie sol quando siano
davvero possedute in profondità (...) É questo, in buona sostanza, che evita un certo particolare eclettismo "fai da te", che impedisce,
di fatto di imparare a pensare.
Elenco di bias dei clinici tratto da una rielaborazione su http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
di quello fornito in Modelli di colloquio in psicologia clinica (Del Corno-Lang-Menozzi)
1) scegliere un'ipotesi perchè è la prima venuta in mente o quella cui sono legati gli esempi più numerosi che si ricordano o un
articolo letto da poco tempo; 2) fare ipotesi troppo generiche o farne per ogni indizio rilevato, magari dando anche soluzioni
immediate per ogni problema emerso; 3) accumulare troppi dati senza metodica semplificazione; 4) adottare un'ipotesi sbagliata per
semplificare la comprensione e facilitare la decisione; 5) non tener conto di quanto è difficile per ogni paziente dare risposte sia
chiare che corrette; 6) non considerare o non richiedere il giudizio del paziente sull'esito del colloquio o dell'eventuale test o
trattamento e sulla sua volontà/capacità di sottoporvisi; 7) fare troppe domande chiuse e all'interno dello stesso schema di
riferimento, sacrificare alla teoria informazioni discrepanti e in generale abusare di termini, teorie e prototipi di stili di personalità e
di disturbi mentali, facendosi condizionare dal supervisore per ansia da prestazione o ambizione, dal proprio orientamento
professionale, da stanchezza e preoccupazione, dall'abitudine a osservare un certo disturbo in ospedale, da narcisistica convinzione di
infallibilità, da bisogno di mantenere il potere in un'istituzione ecc.; 8) mettere in atto una psicologizzazione rituale, cioè "da
compito" e non decisa di volta in volta in base alla situazione e al paziente; 9) fare colloqui e test troppo lunghi o troppo corti
generando approssimazione; 10) sopravvalutare o sottovalutare l'incidenza di un disturbo o il carattere patologico o normale – in
certe situazioni e con certe personalità – di un comportamento; 11) valutare un disturbo dell'umore in base a un tono d'umore
standard e non allo standard individuale; 12) dare per scontato che il collega criticato dal paziente sia adeguato o inadeguato oppure
non tenere conto delle aspettative e delle ambivalenze di tale inviante o ancora evitare una corretta collaborazione con lui per
difficoltà di carattere personale; 13) mostrarsi sempre molto intelligenti o molto incoraggianti e attenti per ansia, subire un contagio
emotivo – in modo lineare o meno - , liberarsi rapidamente di emozioni fastidiose senza prima analizzarle, lasciarsi indurre ad
assumere un ruolo inadeguato (per esempio da genitore), farsi sedurre, permettersi di sedurre o di lasciar trasparire disprezzo o rabbia
nell'atteggiamento e in generale "vivere" il colloquio, quindi non utilizzare tutte le informazioni e le emozioni (anche quelle personali
disturbanti) per conoscere meglio il paziente e il problema; 14) ostentare freddezza e distanza per apparire neutrali oppure, per
fastidio o ansia, spingere all'autonomia precocemente e rifiutarsi a legittime richieste o ancora mantenere per partito preso o pigrizia
una posizione di attesa passiva creando nel paziente senso di abbandono, confusione, ansia e conseguenti discorsi sconclusionati e
vagolanti o perdita di fiducia; 15) non tenere in considerazione la necessità, idealmente implicata dalla diagnosi psicodiagnostica e
dalla psicoterapia, di confrontarsi con altri colleghi, di usare anche strumenti diversi dal colloquio e standardizzati e di mantenere nel
paziente un atteggiamento fiducioso e attivo attraverso programmate e periodiche "restituzioni" dei risultati dei colloqui e dei test e
valutazioni dei possibili interventi o dell'eventuale interruzione del rapporto; 16) giudicare eventuali risultati contraddittori dei test o
discrepanze tra colloquio e strumenti alternativi senza chiederne spiegazione al paziente, senza tener conto dell'ansia e della
stanchezza che molti test creano di per se stessi o in rapporto ai test precedenti, delle diverse reazioni provocate da interlocutori e
ambienti diversi, dai diversi orientamenti teorici, da spiegazioni insufficienti o date in un linguaggio tecnico, ecc.; 17) farsi
condizionare da opinioni e rivelazioni di familiari, amici e colleghi del paziente; 18) non rilevare le contraddizioni nella
comunicazione o la poco frequente ma molto importante discrepanza, in alcuni individui e in certi frangenti, tra comportamento e
conversazione; 19) accettare dei termini nelle descrizioni dei sintomi da parte del paziente senza verificare che il significato da lui
attribuito loro corrisponda a quello che esso ha per gli psicologi e non verificare di aver capito bene di fronte a idee insolite o ad
abitudini eccentriche; 20) fare domande ingenue, cui molto spesso conseguono falsi negativi nelle risposte, anche a causa di
inadeguate scale e interviste semistrutturate (io aggiungerei anche falsi positivi, perché le domande che il mio manuale sui colloqui
clinici riporta per la diagnosi del delirio di persecuzione sono in modo evidente assurde, indipendentemente dal giudizio dei suoi
autori, dato che tutti hanno nemici più o meno dichiarati). Il bias più comune è quello detto anche autoconvalida o errore di
persistenza.
La dimensione psicologica per il secondo biennio del liceo delle scienze umane
I coniugi Chapman hanno dimostrato che la tendenza a conservare le proprie idee a dispetto delle prove contrarie c'è (...) anche nei
professionisti della psicologia.
Codice deontologico degli Psicologi Italiani
Lo psicologo (...) deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare
l'uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei
committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale (...) Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la
dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta
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opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione (...) La violazione
dell'obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare (...) Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto
solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo
impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o
utente, aspettative infondate (...) Non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale (...) Lo
psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale
intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla
riservatezza (...) Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente e non utilizza il proprio
ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi (...) Lo psicologo, nella fase iniziale (...)
fornisce (...) informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse (...) Se la prestazione
professionale ha continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata (...) Lo psicologo si astiene
dall'intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con
l'efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte (...) Lo psicologo valuta ed
eventualmente propone l'interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e
non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa (...) Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo
professionale e vita privata (...) Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o
di psicoterapia, rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di
natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel
corso del rapporto professionale (...) Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa
produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito
(...) Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere
quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Le possibilità di malpractice sono molte (...)
Nello split treatment, lo psichiatra prescrive i farmaci, mentre un terapeuta non medico conduce la psicoterapia (...) e lo psichiatra
deve mantenersi pienamente informato dello stato clinico del paziente, come anche della natura e della qualità del trattamento a cui il
terapeuta sottopone il paziente (...) dedicandovi tempo sufficiente (...) periodicamente (...) Lo split treatment è usato sempre più dalle
compagnie di assistenza sanitaria e rappresenta un campo minato per potenziali casi di malpractice (...) Una relazione in cui il medico
svolge solo il ruolo marginale di prescrittore di farmaci non soddisfa gli standard (...)
La psichiatra è tenuto a fornire il trattamento appropriato (...) ma, in caso di stipula di assicurazione privata, le polizze di assistenza
che non rimborsano appuntamenti di follow-up frequenti potrebbero indurre lo psichiatra a prescrivere delle elevate quantità di
farmaci (...)
Da un punto di vista pratico, sono vari i problemi specifici che coinvolgono gli psichiatri. Tra questi violazione dei confini sessuali e
non sessuali, violazioni della riservatezza e attività illegali (assicurazioni, fatturazione, negoziazione di titoli da parte di un insider).
Le violazioni dei confini non sessuali sono di natura approfittatrice e gratificano il medico alle spese del paziente. Esse possono
essere raggruppate in alcune categorie sovrapponibili o mutualmente esclusive: business, discussioni ideologiche, ambito sociale,
ambito economico (...) Una condotta professionale non corretta è anche definita una pratica fraudolenta e con negligenza o
incompetenza marcata o nonostante la capacità di praticare sia ormai compromessa (...) da disturbi psichiatrici o medici o da abuso di
sostanze (...)
Quando un paziente è senza denaro (...) abbassare la parcella (...) può provocare un controtransfert rancoroso (...)
Nel caso di stipula di assicurazioni private sull'assistenza sanitaria, gli psichiatri devono essere attenti a non dimettere pazienti
violenti in modo prematuro solo perché la compagnia che fornisce le cure assistenziali non approva un ricovero troppo prolungato
(...) Inoltre con il bisogno di inviare report periodici (...) per il rimborso del trattamento, alcuni psichiatri potrebbero esagerare la
sintomatologia (...) così un medico consultato in seguito leggerà delle note cliniche fuorvianti (...) La divisione della parcella è
illegale (...) facendo infatti sembrare che un proprietario dell'ufficio sfrutti il fatto di procacciare pazienti per un collega dell'ufficio
(...) Questo si applica anche agli avvocati che segnalano ai clienti uno psichiatra forense (...)
Il consenso informato del paziente al trattamento dovrebbe essere ottenuto ogni volta che viene modificata una terapia e viene
introdotto un nuovo farmaco (...) Da un punto di vista pratico, tuttavia, il paziente querelante che non è stato informato non otterrà
molto dalla giuria a meno che il trattamento non abbia prodotto conseguenze avverse (...)
Nel caso dei minori, il genitore o il tutore sono abilitati a fornire il consenso (...) In condizioni di emergenza, un medico può trattare
un minore senza il consenso dei genitori (...)
In America le corti hanno emesso sentenze multimilionarie contro professionisti della salute mentale. Un'accusa fondamentale in
questi casi è che il terapeuta aveva abbandonato la posizione di neutralità per insinuare, persuadere, instillare falsi ricordi di abuso
sessuale nell'infanzia (...)
L'ipnosi e l'uso dell'Amytall vanno evitati se non chiaramente indicati e previa consulenza (...)
Si stima che (...) forse fino al 50% dei pazienti trattati con farmaci neurolettici per più di un anno mostri sintomi di discinesia tardiva
(...) I pazienti con discinesia tardiva potrebbero non avere l'energia fisica e la motivazione psicologica per iniziare una causa (...)
Le persone affette da disturbi mentali sono spesso percepite dal pubblico come in controllo delle loro disabilità o responsabili di
averle causate (...) Anche quando vengono viste da un medico, le loro malattie fisiche spesso rimangono non diagnosticate. I fornitori
di cure primarie potrebbero interpretare erroneamente le lamentele mediche di questi soggetti come "psicosomatiche" o potrebbero
non essere in grado di trattare con questa popolazione o sentirsi a disagio nel farlo (...) Inoltre i professionisti sanitari potrebbero non
avere esperienza nel trattare con le loro necessità, minimizzare o interpretare erroneamente i sintomi somatici e utilizzare in modo
inappropriato misure di contenzione o sedativi o non considerare le possibili interazioni tra farmaci psicotropi o altri farmaci. Molti
psichiatri non sono in grado o non vogliono effettuare esami fisici e persino neurobiologici o non sono aggiornati sulla gestione di
malattie fisiche anche comuni (...) In caso di stipula di assicurazioni private, le persone affette da malattia mentale hanno una
probabilità doppia di vedersi negare l'assicurazione a causa di una condizione preesistente rispetto alle persone non affette da questi
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disturbi.
Recensione online
Nella serie The Shrink Next Door basata su una storia vera, uno psichiatra acquisisce il dominio sulla vita dell'ingenuo paziente e
arriva a trasferirsi a casa sua.
Trattato sulla tolleranza (Voltaire)
Se un (…) innocente vien dato in balìa dell’errore o della passione o del fanatismo; se gli arbitri della vita dell’accusato non
rischiano, mettendolo a morte, che d’ingannarsi; se possono uccidere impunemente con una sentenza, allora insorge la pubblica
protesta, ciascuno paventa per sé, ci si rende conto che nessuno è sicuro della propria vita davanti a un tribunale istituito per vegliare
sulla vita dei cittadini e tutte le voci si uniscono per chiedere vendetta.

Pagina online su Improvvisamente, l’estate scorsa (T. Williams)
Promise al direttore dell’ospedale psichiatrico un grande finanziamento, purché egli praticasse la lobotomia sulla nipote che la
infastidiva col suo silenzio e dolore dopo quel trauma (…) Lo psichiatra accettò, pensando di ampliare lo stabile grazie a quel denaro.
Pagina online
Mussolini riteneva per sé necessaria quella decisione (…) e la moglie venne internata.

Manuale di psichiatria (Sarteschi-Maggini)
Gli antichi trattamenti riservati ai folli (...) si proponevano (...) la reazione di spavento, (...) ritenuta di utilità terapeutica preminente
(...) Esempi sono il salto di Leucade, le docce fredde e le sedie rotanti (...) I trattamenti moderni (...) inducono primariamente un
effetto biologico (...) La malioterapia o pireoterapia, fin dal 1917, è stato il primo trattamento somatico moderno (...) e consisteva
nell'induzione di una serie di accessi febbrili (...), che si consideravano efficaci con temperature a 39° C. (...) e a giorni alterni (...) La
terapia insulinica venne introdotta nel 1932 (...) ed ebbe, come la pireoterapia, diffusione notevole fino agli anni 50-60 (...) Una
quantità crescente di insulina genera uno stato di coma (...) Un ciclo completo prevede 40-60 coma con frequenza 2-5/settimana. Il
miglioramento, quando c'è, si palesa dopo 25-30 sedute (...) Per alcune casistiche italiane dei soggetti che rispondono positivamente
(30%) solo poco più della metà si manterrebbe in buon equilibrio dopo 5 anni (...) Dopo l'inoculamento di insulina prende avvio una
fase di 90 minuti con sonnolenza crescente, disorientamento, attivazione psicotica e stati di angoscia, poi di sonno con (...) anche
accessi convulsivi (...) In queste fasi si verificano (...) anche tachicardia (...) scialorrea, gastrosuccorrea e ipotermia. Fa seguito la fase
di coma in cui non c'è reazione nemmeno agli stimoli più dolorosi (...) La mortalità è anche dell'1,6% e fa del coma insulinico il più
pericoloso tra i processi di shock (...) Complicazioni sono accessi convulsivi generalizzati, tachicardia o bradicardia spiccate, edema
polmonare, (...) coma tardivo o stati ipoglicemici con irrequietudine e (...) disorientamento. Risale al 1934 (...) la scoperta delle
proprietà terapeutiche delle crisi convulsive da Cardiozol (...) Esperienze angosciose e terrifiche (...) si accompagnano alla sua
somministrazione (...) La terapia elettroconvulsiva (ECT) o elettroshock consiste di un ciclo di applicazioni, solitamente in numero di
6-10 con frequenza bisettimanale (...) in associazione a terapia preventiva con sali di litio o di mantenimento con antidepressivi (...)
Se per la mania i vantaggi dell'ECT rispetto alla farmacoterapia sono discutibili, (...) in passato la mania era trattata comunemente
con procedimenti definiti di "annichilimento" (...) Anche la schizofrenia cronica è stata trattata in passato con la terapia regressiva
(...) Nella terapia di annichilimento o regressiva, le applicazioni vengono realizzate quotidianamente, talvolta anche più di una al
giorno fino all'instaurarsi di una sindrome confusionale acuta psicoorganica (...) con amnesia retrograda anche della causa scatenante
della psicosi (...) e disfunzione cerebrale generalizzata miglioranti solo la trattabilità del paziente (...) Prima dell'uso dell'anestesia e
della premedicazione succinilcolinica, l'ECT poteva avere come conseguenze fratture, complicanze cardiocircolatorie e crisi
convulsiva tardiva (...) e creava intensa paura, ansia (...) e senso di minaccia di morte imminente (...) Da alcune malattie non
diagnosticate e, quindi, da un uso improprio dell'ECT, derivano broncopolmonite da ingestio, apnee e complicazioni gravi o mortali.
Tra le complicanze della psicochirurgia sono sempre state da annoverare (...) irreversibili inerzia, disinteresse, riduzione delle
capacità critiche superiori e deterioramento psichico (...) e inoltre non rari casi di mortalità operatoria, crisi convulsive epilettiche e
lesione cerebrale a focolaio.
Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
I manicomi erano (...) cittadelle autosufficienti, dove il lavoro interno (affidato ai soggetti tranquilli) veniva ideologizzato come
ergoterapia (cura mediante il lavoro) (...) Il potere del direttore era assoluto (...) Nelle istituzioni chiuse (tutti i manicomi prima della
riforma degli anni '80 e '90) si manifestavano una serie di azioni che impoverivano l'identità sociale e personale degli internati. Ciò
avveniva attraverso vari processi di socializzazione istituzionale: la spogliazione dei ruoli, attraverso le barriere fra internato e mondo
esterno; le procedure di ammissione che avvengono attraverso rituali di degradazione (fotografare, pesare, assegnare numeri, ritirare
gli oggetti personali ecc.); "test di obbedienza" per ottenere attitudini collaborative da parte degli internati; "deturpazione
fisica"(mortificazioni corporee del sé che comportano la perdita del senso della sicurezza e uno stato di ansietà per la propria integrità
fisica, come punizioni, elettroshock); perdita dell'identità personale attraverso la degradazione della propria immagine, come
l'obbligo di utilizzare un abbigliamento uniforme; "esposizione contaminante"(con la violazione della difesa del proprio mondo
privato), la violazione fisica (costrizione a dormire in luoghi collettivi, gabinetti senza porte, perquisizioni personali) e l'impossibilità
di vita privata e di evitare contatti con compagni indesiderabili.In conclusione i rituali organizzativi dell'ospedale psichiatrico
creavano una degradata immagine del sé che aggrava ulteriormente il malessere determinato dalla sofferenza psichica (...) Durante il
fascismo l'aspetto repressivo e di controllo sociale della psichiatria si accentuò notevolmente: ci fu una crescita dei ricoverati e si
applicarono le tecniche fisiche di trattamento come l'insulinoterapia (1934) e l'elettroshock (1937-38), che non trovavano alcuna
limitazione d'uso e che venivano applicate su pazienti, come abbiamo visto, del tutto privi di diritti: queste forme di cura si
collocavano in una visione organicistica della malattia mentale, ovviamente, e avevano aspetti tanto lugubri quanto violenti; diedero
vita, tutto sommato, a un'ulteriore fase di sofferenza per i malati. I parenti dei malati venivano invitati a firmare preventive
dichiarazioni di autorizzazione a questi trattamenti e questa circostanza confermava nei loro animi un'istintiva prevenzione a
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proposito di quei "supplizi terapeutici" (...) Occorre tenere in debito conto tutti questi fattori per interpretare le difficoltà attuative dei
nuovi servizi e le reazioni violente che vi sono state con l'introduzione della nuova legislazione psichiatrica (...) La legge 431 del
1968 mostra il primo affievolirsi dell'ideologia manicomiale ma anche la persistente forza dei gruppi professionali che ostacolavano
più incisivi cambiamenti. L'emanazione della legge 180 (apertura e riforma dei manicomi) ha sollevato reazioni violente, di ostilità e
sgomento, (...) di sorpresa e avversione soprattutto in quelle Regioni e Province prive di significative esperienze di lotta
antimanicomiale (...) La legge 180 va letta nel quadro dell'esigenza di chiudere con gli abusi, che erano resi possibili e legittimi con
le leggi del 1909 (governo Giolitti) (...) L'attuazione della "legge 180" ha incontrato molti ostacoli di natura soggettiva, come i
comportamenti e le culture professionali di operatori e amministratori che si muovevano meglio all'interno del vecchio sistema, ma
anche di natura oggettiva. I servizi possono certamente influire in modo progressivo sui modelli socio-culturali, ma la "scommessa"
dei tecnici innovatori era soprattutto quella che vi fossero corrispondenti mutamenti nella società e nella politica. Questa connessione
è stata molto problematica e oggi si potrebbe dire non realisticamente fondata (...) I nuovi servizi, quando sono stati realizzati, sono
andati a soddisfare i nuovi bisogni di cura e trattamento che si formavano sul territorio. Per almeno 15 anni ben poco è cambiato per i
pazienti ricoverati nei manicomi, se si esclude qualche sporadico miglioramento delle condizioni di vita grazie a lavori di
ristrutturazione e ammodernamento ambientale. Dopo un lungo periodo di immobilismo, nel decennio Novanta il Parlamento e il
Governo hanno promosso e realizzato un reale processo di smantellamento dei manicomi. Un primo passo è stato compiuto con il
Progetto Obiettivo "Tutela della salute mentale 1994-96", che, oltre a emanare disposizioni volte a colmare le lacune nei nuovi
servizi territoriali, sollecitava le Regioni a "promuovere progetti specifici per il superamento del residuo manicomiale". Constatata la
scarsa efficacia di tale invito, il Parlamento è successivamente intervenuto con le leggi finanziarie degli anni 1995, 1997, 1998. Nella
prima venivano indicati alcuni orientamenti di politica organizzativa dei servizi: proibizione delle "dimissioni selvagge", tramite la
trasformazione solo formale delle realtà istituzionali (come il passaggio dei pazienti a strutture non valide sul piano assistenziale e
riabilitativo) (...) Poiché di fatto molti ospedali psichiatrici risultavano ancora aperti, le leggi finanziarie 1997 e 1998 hanno
introdotto sanzioni per le Regioni inadempienti e altri provvedimenti (... ) Gli ospedali psichiatrici giudiziari (o manicomi criminali)
(...) sono gestiti dal Ministero di Grazia e Giustizia e non sono stati inclusi nelle procedure della legge 180. In questi istituti si deve
organizzare una situazione tendenzialmente contraddittoria: quella di mediare fra le esigenze di custodia e il bisogno di cure. Una
parte dei pazienti/detenuti entra negli ospedali psichiatrici giudiziari più per piccoli reati legati a situazioni di disagio sociale che per
gravi delitti. (...)
Le nuove strutture residenziali (SR) sono strutture ispirate al modello comunitario, destinate ad accogliere a tempo pieno pazienti con
gravi disturbi psichici, basso grado di autonomia e famiglie assenti o con grosse problematiche. Offrono trattamenti terapeutici
prolungati nel tempo e ad ampio raggio: farmacologico, psicologico, sociale. I requisiti fondamentali sono la piccola dimensione e il
collegamento con le altre realtà del DSM e sono necessari per evitare il rischio di far rinascere, sotto nuove spoglie, le vecchie
istituzioni manicomiali, ma tali requisiti non sono sempre soddisfatti (...)
Anche l'aziendalizzazione degli ospedali e delle USL ha determinato regole amministrative che si avvicinano alle forme di mercato:
infatti l'azienda USL deve garantire buoni livelli assistenziali anche attraverso modelli concorrenziali. Queste nuove modalità di
funzionamento sollevano problemi nell'organizzazione dei servizi di salute mentale, dove il mantenimento delle strutture pubbliche,
indispensabili per garantire i servizi, può entrare in conflitto con le esigenze di "utilità" e "profitto". In particolare sembra difficile
poter conciliare una logica di mercato, nella quale pubblico e privato sono fra loro in competizione, con la previsione del Progetto
obiettivo, che definisce un modello organizzativo a gestione pubblica (...) Il Progetto Obiettivo 1998-2000 affrontava il tema della
salute mentale in età evolutiva (...) e i dati rilevati in esso forniscono le seguenti indicazioni: per circa 2 soggetti su 100 sono
prevedibili interventi terapeutici superiori agli 8 anni e circa 6 soggetti su 100 tendono a richiedere interventi meno intensivi, ma
diluito in un periodo che oscilla tra i 2 e i 5 anni (...)
In questa fase storica inoltre il Welfare State fa i conti con la necessità di un contenimento economico e ricolloca in posizione
centrale la famiglia quale principal carear (...) Le istituzioni sanitarie di fatto tendono ad abbandonare i malati e la famiglia proprio
nei momenti di maggior bisogno assistenziale (...) Il non poter avere una ragionevole sicurezza sul "dopo", sulle varie tappe
esistenziali che il proprio figlio disabile dovrà affrontare spesso determina nei genitori di disabili sfiducia, distacco e un rapporto a
volte conflittuale con i servizi (...) Per i genitori di figli sani del resto aumentano i costi di mantenimento (alloggio, formazione...) e
quelli psicologici (concorrenza con altri obiettivi di autorealizzazione).
Il welfare state è ancora sostenibile? (RBA)
L'Italia ha varato riforme molto radicali del suo welfare state a partire dal 1990, seguendo le direttive dell'Unione Europea in due
diverse fasi (...) con il trattato di Maastricht e (...) con la crisi economica del 2008.
La felicità è un cucciolo caldo (C. M. De Oca)
I bambini autistici sono in grande aumento ed è in crescita anche il numero di minori affetti da altre patologie mentali.
L’uomo in rivolta (A. Camus)
Nečaev decide che si possono ricattare o terrorizzare gli abitanti e ingannare i fiduciosi (…) Quanto agli oppressi, poiché si tratta di
salvarli una volta per tutte, si possono opprimere maggiormente (…) Nečaev esige a principio che si debbano spingere i governi a
misure oppressive (…) volte ad accrescere sofferenza e miseria (…) “Che diritto abbiamo di togliere la vita” gli si chiese, e Nečaev
rispose: “Si tratta del nostro dovere (…) Non ci sono piů diritti” (…)
L’accelerazione propria del nostro tempo investe anche la fabbricazione della verità, che diventa un puro fantasma. Come nella favola
popolare in cui gli artigiani di una città intera tessevano il vuoto per vestire il re.

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Buona intenzione (…) serve a tutto giustificare. Con gli occhiali di Stato si entra in pieno illusionismo: essi permettono di vedere ciò
che non esiste, e di non vedere ciò che esiste, ingrandiscono i fatti senza importanza e impiccioliscono gli avvenimenti gravi. Gli
stessi risultati di un tempo si ottengono ora con le scenografie più semplici. Il mito della sovranità popolare le ha spogliate.

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D. Diderot
Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene.

Teoria e pratica della nonviolenza (M. K. Gandhi)
Un cittadino che scende a patti con uno stato dispotico o, il che è la stessa cosa, corrotto, è partecipe della sua corruzione e del suo
dispotismo

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Quanti oltraggi alla libertà dei cittadini sono stati sanzionati dal suffragio universale (…)
Il numero, senza la coscienza, è zavorra servibile a tutti gli usi. La democrazia, oggi dittatura della maggioranza, fino al 1848
indicava un potere appoggiato dalla parte povera della nazione (…)
Le riforme democratiche del re Umberto rispondevano a intenti reazionari. Il re pensò che un elettorato di 2 milioni di individui, in
gran parte poveri e ignoranti, poteva essere manovrato dal governo meglio di un elettorato di 150 mila persone.

Introduzione di G. Fofi a La disobbedienza civile di H. Thoreau
Il grande nodo di civiltà che il Novecento ha voluto disattendere nella duplice convinzione dell’assoluto dello Stato e dell’assoluto
del benessere, è il nodo del rapporto dell’individuo con lo Stato, che oltre alla presenza di stati particolarmente oppressivi, contempla
la contemporanea impotenza delle ragioni di Antigone e di quelle di Creonte (…) Il dovere di insorgere e quello di obbedire (…) Lo
Stato è stato capace di una castrazione collettiva, assistito dai suoi media e dalle attrattive del consumo.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Il vivere in uno stato ben ordinato ha qualcosa di assolutamente lugubre (…) Non si può uscire in strada senza mettere in moto un
gigantesco apparato di leggi e rapporti (…) L’uomo è travolto nell’incomprensibile meccanismo di una rete (…)
** udì implorare (…) Era stranamente inopportuno, quasi ridicolo quell’invocare da un funzionario un sentimento umano, dal
momento che le funzioni sono puramente oggettive.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
La metafora della gabbia d'acciaio è una delle immagini di Max Weber più forti per descrivere la condizione umana in un mondo
burocratizzato, (...) dominato dalla razionalità strumentale esclusivamente.
Zibaldone (G. Leopardi)
L’ordine (…) risulta dall’armonia e non dalla quiete e immobilità delle parti, né dalla gravitazione smoderata e oppressiva delle une
sulle altre (…) Dove tutto è tranquillo non c’è libertà, non (…) l’ordine ma l’ (…) immutabilità del disordine, e la nullità della vita.

Inizio di una ricerca (I. Silone)
“Da tempo si aspettava il tuo internamento”. “Mi ritiene pazzo?” “Mi ha detto con sicurezza: Chi allora? È sempre stato contro il
governo”.

La disobbedienza civile (H. Thoreau)
Ho detto all’esattore che non gli restava che dare le dimissioni, che era suo dovere (…) Forse è impossibile che un individuo abbia
ragione e un governo abbia torto? Forse che le leggi devono essere imposte solo perché furono fatte? O devono essere dichiarate
giuste da un qualsiasi numero di uomini quando essi sanno che sono ingiuste? E molti ben disposti ma pigri non possono pensare che
un uomo possa avere motivi più alti dei loro; e così decidono che quest’uomo è pazzo (…) Politicanti asseriscono che la sola maniera
per liberarli (gli schiavi) è diffondere quietamente sentimenti d’umanità, quasi che tali sentimenti esistessero, avulsi dai fatti.

Appendice a Se questo è un uomo (P. Levi)
Alcuni intellettuali dissenzienti vengono sbrigativamente dichiarati pazzi, rinchiusi in istituti psichiatrici, e sottoposti a “cure” che
non solo producono crudeli sofferenze, ma distorcono ed indeboliscono le funzioni mentali. Il dissenso (…) si cerca di demolirlo con
i farmaci (o con la paura dei farmaci) (…) Si tratta di una prostituzione imperdonabile da parte dei medici.

La violenza, la crociata, il lutto (S. Audouin Rouzeau – A. Becker)
Durante la prima guerra mondiale (…) nell’impossibilità di fuga (…) i medici erano i nemici peggiori (…), temuti, (…) odiati.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Durante la prima guerra mondiale il medico tedesco Kaufmann scoprì che soldati affetti da nevrosi di guerra potevano essere liberati
dal sintomo per mezzo di un elettroshock, col quale si colpiva profondamente il corpo. Il “trattamento Kaufmann” venne fatto
passare per una cura medica, ma in realtà si trattava di pura e semplice tortura, poiché Kaufmann sfruttava il fatto che il timore della
tortura era più grande della paura di dover tornare in trincea. In questo caso i sintomi venivano eliminati con l’aiuto di un metodo
terroristico. Ciò che succedeva ai soldati mentre scacciavano la paura con una paura ancora maggiore non interessava né al dottor
Kaufmann né tantomeno all’esercito.

Piccola storia naturale: i morti (E. Hemingway)
- Non mi piace sentirlo là dentro insieme ai morti.
- Non ascoltatelo (…) Credete che non mi serva ad altro la morfina? (…) Andate a sparargli. Prendetevi la responsabilità. Io farò
rapporto.
- Se prendessero anche qualcuno di voi medici sareste diversi.

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La banalità del male (H. Arendt)
Questa è l’idea della natura della scienza medica e dei compiti del medico. Al cosiddetto processo dei medici di Norimberga, emerse
che i medici non si preoccupavano di conoscere del resto l’opinione comune, ritenendo che il loro atteggiamento oggettivo e
scientifico fosse molto superiore a ogni idea della gente (…)
Poiché il crimine era legge, l’unico modo per limitare il proprio coinvolgimento nel crimine e le proprie responsabilità era astenersi
da ogni incarico pubblico.

Tecniche della nonviolenza (A. Capitini) in Ribellarsi è giusto
La non collaborazione non esce dall’ambito della legalità (…) I pubblici dipendenti danno le dimissioni; (…) boicottaggio di
pubbliche istituzioni; (…) ostracismo, cioè esclusione di persone; (…) sviluppo di parallele funzioni, (…) cercando di renderle così
solide da ottenere la maggior cooperazione possibile dal pubblico. (…) Una lotta nonviolenta poggia principalmente non sulla
quantità, ma sulla qualità, (…) sulla padronanza di sé, sullo spirito di sacrificio, insomma sul valore morale di ciascuno.(…) che può
essere anche in donne e ragazzi (…) Non ci sono né capi né seguaci (…) Deve essere fatto il tentativo di offrire una via d’uscita
dignitosa all’avversario e di presentare una soluzione costruttiva del problema (…)
È necessaria la pubblicità delle iniziative. Il principio risale al dovere che ognuno ha di collaborare alla formazione dell’opinione
pubblica. Kant affermò nel ‘700, in un famoso saggio sull’Illuminismo, il dovere e il diritto di ogni cittadino di contribuire, con
l’espressione dei propri pareri al miglioramento delle strutture, delle leggi, dei princìpi in qualsiasi campo (…) Può anche darsi allora
che il risultato più importante della campagna sia non tanto il fine raggiunto quanto un progresso di vita nonviolenta nella società
circostante.

Il dottor Zivago (B. Pasternak)
Il male peggiore fu la perdita della fiducia nel valore della propria opinione. Si credette che il tempo in cui si seguivano le
suggestioni del senso morale fosse passato, che bisognasse cantare in coro e vivere di concetti altrui imposti a tutti.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
“Se un malato può fare a meno dell’impiastro perché volerlo costringere?” “Ma non dovrebbe essere permesso chiedersi se si possa
fare a meno delle persone. Se l’eloquenza è obbligatoria, perché non la farmacia? Un tuo parente ha perso l’impiego per aver rifiutato
di assistere a una conferenza (…) L’errore, il più pernicioso che si possa immaginare, è di partire dall’individuo”.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
A un uomo abituato a dormire soltanto con qualche droga, un’ora di sonno naturale (…) svelerà l’immensità mattutina di un
paesaggio altrettanto misterioso e più fresco. Variando l’ora, il luogo in cui ci si addormenta, provocando il sonno in modo artificiale,
(…) variando le condizioni nelle quali si prende sonno, (…) la facoltà stessa di sognare e persino di addormentarsi può esser persa
(…)
I farmaci (…) compongono un simulacro di malattia che l’abitudine del paziente finisce per stabilizzare (…). Poi i farmaci perdono
efficacia, se ne aumentano le dosi, non fanno più per niente bene, ma (…) hanno cominciato a far male (…)
Dalle malattie naturali si guarisce, ma da quelle create dalla medicina mai (…)
Nei mesi che precedettero la sua morte, ** soffriva di insonnie e consultò i medici i quali (…) videro nelle sue doti di gran lavoratore
(erano vent’anni che non faceva più niente), nell’eccesso d’impegno, la causa dei suoi malesseri. Gli consigliarono di non leggere
racconti terrificanti (non leggeva niente), di giovarsi maggiormente del sole, “indispensabile alla vita” (s’era guadagnato qualche
anno di relativo miglioramento soltanto confinandosi in casa), di nutrirsi di più (cosa che lo fece dimagrire, e nutrì soprattutto i suoi
incubi). Uno di questi medici aveva un forte spirito di contraddizione ed era particolarmente dispettoso; quando ** lo vedeva in
assenza degli altri e gli sottoponeva come idee proprie ciò che gli altri gli avevano consigliato, il medico dispettoso, convinto che lo
scrittore cercasse di farsi prescrivere qualcosa che gli piaceva, si affrettava a proibirglielo, e spesso con motivazioni fabbricate così in
fretta per le necessità dell’argomentazione che, di fronte all’evidenza delle obiezioni materiali mossegli da **, era costretto, nel giro
della stessa frase, a contraddire anche se stesso, riuscendo tuttavia, ma per ragioni opposte, a ribadire il divieto (…)
C’è nel nostro corpo un certo istinto di ciò che è salutare, così come, nel cuore, di ciò che è il dovere morale (…)
Sappiamo che i bagni freddi ci fanno male, ma li amiamo: troveremo sempre un medico per consigliarceli, non per impedire che ci
facciano male. Da ciascuno dei suoi medici ** prese qualcosa di ciò che, per saggezza, s’era vietato da anni. In capo a qualche
settimana, i guai d’un tempo erano ricomparsi, i recenti s’erano aggravati. Sconvolto da una sofferenza d’ogni istante, cui
s’aggiungeva l’insonnia interrotta da brevi incubi, ** non chiamò più nessun medico e ricorse con successo, ma con eccesso, a vari
narcotici, di ciascuno leggendo fiduciosamente l’accluso prospetto che proclamava la necessità del sonno ma insinuava che tutti i
prodotti in grado di procurarlo (salvo quello ch’era contenuto nel flacone avviluppato dal prospetto, e che non causava mai
intossicazioni) erano tossici, il che rendeva il rimedio peggiore del male. ** li provò tutti (…). Dopo che s’era in tal modo affidato a
uno di questi amici, un amico (o nemico?) troppo potente, morì.

La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
Non si discute mai il rapporto costi-benefici, così tutto rimane nell’iperuranio delle questioni di principio (…) L’allarmismo
sull’aviaria causò malattie autoimmuni (…) ma la casa farmaceutica arricchì enormemente.

Rivista Io donna (gennaio e febbraio 2022)
Al mercato dei Green Pass per il Covid ci sono infermieri che fingono di vaccinare persone e poi inseriscono il loro nome nella
piattaforma del Ministero della Salute come fossero in regola; ci sono medici che mentono sul fatto di avere somministrato la dose al
paziente o di aver effettuato un tampone con esito negativo e subito rilasciano il certificato verde; altri loro colleghi falsificano l'esito
del test dichiarando la positività del cliente così da poter inserire – appena una settimana dopo – l'attestato di guarigione che prova
l'immunità per mesi (...) Sono pochissimi i denunciati rispetto a quanti riescono a farla franca (...)
Il governo ha speso moltissimo per le cure dei malati di Covid, nella maggioranza non vaccinati, denaro che poteva essere speso per
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(...) le cure ai malati di cancro (...) e altre patologie (...)
A Singapore chi non si vaccina non ha diritto alle cure mediche per l'infezione da Covid.
da un forum gestito da medici online
Domanda dell’utente:
Nello specifico per la duloxetina si parla di epatite con morte repentina nel giro di poche ore senza possibilità di porvi rimedio,
nonché di numerosissime segnalazioni di danno epatico severo, mentre non vi è segnalazione analoga per altre sostanze (…)
Il Dottor X. asserisce che ogni farmaco può avere effetti letali, però, esistono statistiche di effetti avversi molto diverse. Del resto, voi
psichiatri prescrivete SSR molto più dei vecchi triciclici o MAO, appunto perché più tollerabili (…)
Risposta del medico: Il medico che prescriverà il farmaco, qualunque esso sia, si assumerà tale responsabilità e può essere l’unico a
decidere (…) Ribadisco che ogni sostanza può avere effetti devastanti: pensi a chi è allergico (…) Abbia fiducia del suo medico e non
legga i bugiardini che ritrova nelle confezioni (…) A nessuno di noi sta cercare di capire a quale paziente verrà il blocco epatico (…)
Se preferisce, può farsi prescrivere l’antidepressivo più appropriato dalle vecchine (…) Lei cerca di strapparci un nome di un farmaco
da proporre al nostro collega al quale è affidato (…) e che il nostro consiglio metterebbe in difficoltà (…) Se lei porrà un altro quesito
le risponderò anche se lei non lo desidera.

Marte di ghiaccio e Venere di fuoco (J. Gray)
I farmaci soggetti a prescrizione per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività sono amfetamine altrettanto pericolose delle
droghe illegali (…) I ricercatori affermano che gli antidepressivi inibiscono il desiderio sessuale, favoriscono l’aumento di peso e
interferiscono con una sana produzione ormonale (…) che è il fondamento del benessere (…) Quasi tutti coloro che fanno uso di
antidepressivi registrano subito un incremento del livello di cortisolo (…) [l’ormone dello stress (…) mantenere i livelli bassi del
quale è indispensabile per conservare sonno regolare e profondo e in generale salute fisica e mentale] (…), che in vari soggetti si
aggiunge ad altri spiacevoli effetti collaterali (…) e, a lungo termine, con conseguenze dannose.

Solitudine. Il ritorno a se stessi (A. Storr)
Gli psicofarmaci inibiscono la fase REM (...) in cui si sogna (...) Nel sogno si realizza una specie di riordinamento e di
riprogrammazione che influisce positivamente sul normale funzionamento psichico.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
L'acatisia è associata a molti farmaci psicotropi (...) Occasionalmente acatisia e distonia possono presentarsi per anni anche dopo
l'interruzione del trattamento. La distonia va trattata spesso con benzodiazepine. Nel trattamento di disturbi del movimento indotti
dai farmaci, sono utilizzati soprattutto farmaci anticolinergici, che possono causare intossicazione colinergica con delirio, coma,
convulsioni (...) ipotensione, tachicardia (...) e inoltre per trattarli viene usata, spesso e a dosi elevate, la pericolosa clozapina (...)/ La
sindrome da neurolettici è una complicanza gravissima, pericolosa per la vita, in qualsiasi momento durante il trattamento con
antipsicotici. Le diverse evidenze di morte improvvisa durante il trattamento con i vari tipi di antipsicotici di prima generazione o
DRA potrebbero essere il risultato di aritmie cardiache, convulsioni, asfissia, ipertermia maligna, colpi di calore. È stato dimostrato
che, tra essi, la tioridazina è stata responsabile di 28 delle 46 morti improvvise da antipsicotici e in 15 di questi casi era l'unico
farmaco somministrato. Essa ha in passato provocato cecità. I DRA a bassa potenza sono particolarmente pericolosi. L'agranulocitosi,
che può portare alla morte, si verifica in circa un caso su 10.000. C'è la possibilità di grave discrasia ematica con tasso di mortalità
fino al 30%. La costipazione può progredire fino a ileo paralitico e la pilocapina utilizzata per trattarlo ha solo beneficio transitorio
(...) Ittero ostruttivo o colostatico può portare a interrompere la terapia con antipsicotici (...)/ Gli antipsicotici di seconda generazione
SDA causano spesso aumento del peso e dei livelli lipidici e diabete o della prolattina e quindi galattorrea, ginecomastia, impotenza e
amenorrea. Non è ancora chiaro se i farmaci SDA sono completamente scevri dalla complicanza della discinesia tardiva associata ai
DRA. Tra i farmaci SDA (...) clozapina induce molta ipersalivazione e ha effetti ematologici che determinano la necessità di fare
esami del sangue settimanalmente e a volte di un campione del midollo osseo o di un consulto ematologico, perché possono
prevenire un esito fatale. Tuttavia clozapina è utilizzata a dosaggi elevati (...) L'olanzapina iniettabile ogni due settimane agli
schizofrenici può causare PDSS fino al coma (...)/ Le benzodiazepine a elevata potenza, come triazolam, possono causare amnesia
anterograda e (...) la somministrazione di zolpidam è stata associata anche alla comparsa di (...) comportamenti automatici (...)
Zipresione e paliperidone possono causare aumento dell'intervallo Qtc. La somministrazione (...) di iloperidone può essere associata
ad aritmie e a morte improvvisa. Le benzodiazepine possono provocare apnea durante il sonno. In rari casi zolpidam può causare
allucinazioni e problemi comportamentali. Simili alle benzodiazepine sono farmaci che agiscono sui recettori GABAergici e le z-
drugs (...)/ L'antidepressivo Nefarodone non è più prodotto a causa soprattutto dei suoi effetti di epatotossicità fatale, sebbene rara,
tuttavia il generico è ancora disponibile negli Stati Uniti (...) Gli effetti simili a quelli anticolinergici e tachicardia sono le tipiche
reazioni avverse anche degli antidepressivi TCA e IMAO (...) L'antidepressivo mirtazepina stimola l'appetito, aumenta il livello dei
trigliceridi e del colesterolo e in alcuni casi quello dell'alanina transaminasi e inoltre potrebbe provocare neutropenia, infezioni e
ipertensione ortostatica. L'antidepressivo bupropione può causare molta agitazione, allucinazioni, deliri e catatonia e deficit cognitivi
(...) e (...) convulsioni (...) Del resto, molti antidepressivi abbassano la soglia convulsiva (...) Gli effetti benèfici degli SSRI sono a
volte limitati dagli effetti avversi soprattutto di nausea, aumento ponderale, disfunzioni sessuali e aumento della PRL con effetti sul
seno che si riducono anche in parecchi mesi. Alcuni di tali effetti forse non sussistono nel caso del Prozac (fluoxetina) che però a
volte aumenta l'ansia, crea insonnia e mal di testa (...) Se si assumono con un FANS, c'è un significativo aumento del rischio di
sanguinamento gastrico (...) Tuttavia a chi tratta i sintomi della fibromialgia con aspirina, paracetamolo, procaina o appunto FANS,
spesso si consiglia un SSRI (sertralina) anche se è vero che in genere le si preferisce qualche goccia di amitriptilina, almeno in Italia
(...) Nei bambini e negli adolescenti molti SSRI (...) possono provocare (...) un aumento di impulsi suicidi (...) La sindrome
serotoninergica è possibile se gli SSRI sono usati con alcuni altri psicofarmaci e perfino con degli integratori alimentari (es. 5-HTP)
e, se non trattata, porta alla morte (...) Il trattamento con antidepressivi del DOC è oggetto di controversie e molti pazienti vanno
incontro a una ricaduta appena tale terapia farmacologica viene interrotta I farmaci antidepressivi in particolare inibiscono il sonno
REM (...)/ Per potenziare terapie con antidepressivi vengono utilizzati anche agonisti dei recettori dopaminergici, (...) ma ne limitano
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l'utilità gli effetti avversi come aritmie cardiache e (...) movimenti distonici, (...) sincope, (...) deliri (...) Bronocriptina può produrre
fibrosi retroperitoneale, versamenti e ispessimenti pleurici e opinolo e pramipaxolo attacchi di sonno improvvisi e incontrollabili (...)
La carbamazepina è considerata utile per trattare il disturbo bipolare e i suoi effetti collaterali più rari, ma più gravi, sono discrasie
ematiche, epatite e gravi reazioni cutanee (...) pericolose per la vita. Lamotrigina, pur essendo un antiepilettico, è utilizzato anche nel
trattamento del disturbo bipolare e comunemente causa deficit cognitivo, (...) occasionalmente eruzione cutanea molto grave (...)
pericolosa per la vita o (...) una deformazione permanente (...) Il verapamil e il diltiazem possono causare (...) blocco cardiaco (...) Il
litio viene usato (...) anche per tenere sotto controllo bambini con disturbo della condotta. Più dell'80% dei pazienti che assumono
litio manifesta effetti collaterali. Il litio causa (...) aritimie, sindrome di Brugada, che è pericolosa per la vita ed ereditaria, (...)
diabete, (...) tumor cerebri benigno, convulsioni, coma, morte (...)/ Gli effetti avversi dei farmaci psicostimolanti sono in genere
trattati con vari psicofarmaci, tra cui DRA e benzodiazepine (...) Nel 2005 penitoina è stato ritirato (...) dopo aver causato (...)
epatotossicità. Atomoxetina, pur non essendo uno stimolante, viene utilizzato per trattare l'ADHD e in alcuni casi ha provocato gravi
danni epatici (...) I principali effetti collaterali (...) comprendono dolori allo stomaco, insonnia, (...) aritmie cardiache (...) crisi
epilettiche e (...) schizofrenia paranoide (...) L'antagonista dei recettori adrenergici prozosin è utilizzato per ridurre gli incubi in caso
di disturbo da stress post traumatico e causa mal di testa quasi nel 90% dei casi (...)/ Molti endocrinologi disapprovano l'utilizzo di
ormoni tiroidei come terapia di potenziamento del trattamento antidepressivo, poiché hanno rischi come osteoporosi e aritmie
cardiache. Sono tuttavia utilizzati con le persone trattate con litio (...)/ La cessazione dell'antiepilettico di nuova generazione
tiagabina può causare (...) stato epilettico e decesso improvviso e inaspettato (...) L'antiepilettico di vecchia generazione fenitoina
comporta il rischio di iperplasia gengivale, linfoma, morbo di Hodgkin, leucopenia, tossicità, discinesia. Gli effetti più gravi
dell'antiepilettico valproato (...) riguardano pancreas e fegato e (...) encefalopatia (...) può causare ovaio policistico, forse sindrome
metabolica e perdita dei capelli e, a volte, perdita totale dei peli (...)/ I barbiturici (...) causano effetti collaterali simili a quelli delle
benzodiazepine (...) e, più raramente, la grave sindrome di Steven-Johnson, anemia e neutropenia. Oggi causano di rado la porfiria
acuta, un tempo frequente (...) Diversi farmaci che agiscono come i barbiturici vengono utilizzati per trattare ansia e insonnia anche
se raramente (...)/ Gli agonisti dei recettori degli oppioidi o narcotici sono utilizzati soprattutto per trattare la dipendenza da droga e
(...) dolore cronico (...) Tra essi il tramadolo (...) può provocare crisi epilettiche (...) Per trattare la dipendenza da alcol si usa anche
Disulfiram che può comportare (...) la morte se durante la terapia si assumono alcolici (...)/ Per una persona su un milione assumere
farmaci stimolanti l'attività sessuale e l'erezione come il Viagra ha comportato la perdita irreversibile della vista (...)/ Poiché i
farmaci psicotropi utilizzati per i disturbi dell'umore e d'ansia e per le psicosi sono associati a un significativo rischio d'aumento
ponderale (...) vengono in concomitanza in genere prescritti farmaci dimagranti (...) Tra essi Qsymia può causare anche calcoli renali,
glaucoma e acidosi metabolica, topiramato (...) calcoli renali e (...) chiusura del glaucoma ad angolo chiuso. Gli effetti avversi di
Zonisamide possono comprendere, oltre a calcoli renali e acidosi metabolica, sindromi dermatologiche molto gravi. Un rischio grave
nell'uso di Metifornina è quello dell'acidosi lattica con mortalità del 50% (...) Questi e molti altri farmaci non dovrebbero essere
assunti durante una gravidanza.
http://www.slideshare.com/guida-alla-salute-nel-particolare-contesto-italiano
Gli effetti avversi elencati dei farmaci citati sono quelli più comuni e gravi descritti dai manuali e quindi non sono tutti quelli elencati
nei bugiardini e possibili. Trovo allarmante riguardo al quadro generale dato della farmacologia che anche nei manuali universitari
recenti non si faccia cenno ai casi di danno epatico provocati dalla duloxetina (Cymbalta), dato che nel bugiardino e nei forum online
sono riportati casi davvero preoccupanti. Nei manuali si afferma che le interazioni degli psicofarmaci con le malattie organiche non
sono in genere conosciute da molti medici generici e specialisti. Inoltre, non solo l'esperienza generale, ma anche i manuali di
psichiatria della Facoltà di Medicina stessi sottolineano che è molto difficile avere diagnosi obiettive e terapie per le malattie fisiche
(perfino per quelle più diffuse) negli ospedali comuni se si afferma o è risaputo che si sta assumendo psicofarmaci, e d'altra parte
spesso gli psichiatri o non sanno o non vogliono diagnosticare con esami e trattare con terapie aggiornate le malattie fisiche
nonostante gli studi fatti. Ricordate anche che chiunque assuma antidepressivi viene tenuto sotto controllo fuori dalla Psichiatria
anche con autorizzazione legale (in caso di psicofarmaci diversi o altre situazioni il permesso degli psichiatri è considerato invece
molte volte superfluo…). Ora sapete cosa accade quando si decide di "provare" gli psicofarmaci perché consigliati o per pigrizia pur
disponendo dei titoli dei migliori saggi di psicologia (anche forense) e farmacoterapia e cosa consegue al giudicare responsabilità
eccessive sia una sana diffidenza verso medici, psicologi e psichiatri sia l'apprendere e l'applicare da soli pazientemente le tecniche
comportamentali e cognitive e le conoscenze sull'inconscio e sull'arte di vivere offerte dai libri giusti e dalle ricerche online. Ora
sapete anche che tipo di persone sono coloro che consigliano o prescrivono psicofarmaci senza nemmeno essere psichiatri e a cosa
danno il consenso i familiari delle persone dichiarate incapaci e i tutori e gli insegnanti dei minorenni. E sapete infine cosa comporta,
anche solo per ignoranza e ingenuità, consigliare psicologi e psicofarmaci ai genitori rimasti vedovi o non vigilare sulle prescrizioni
di psicofarmaci a genitori anziani. Sapete ora soprattutto cosa permette il governo agli psichiatri nei casi di violenza sulle donne
adulte da parte dei familiari o del partner qualora esse non possano mantenersi e se è davvero giusto che sia permesso il TSO quando
un figlio esasperato e impossibilitato a pagare un affitto perde una volta la pazienza coi genitori, mentre quasi mai lo subisce un
genitore abusante e instabile (nemmeno in stato di mania violenta). Ora potete capire cosa significa spingere con le minacce e con
l'inganno a firmare per una pensione d'invalidità psichica (credo proprio che essa implichi l'obbligo di assumere psicofarmaci a vita,
dato che non sono ammesse forme d'internamento senza trattamento e che gli psichiatri non ne considerano le altre forme e inoltre
fanno tutto il possibile per mantenere la cosiddetta popolazione clinica in stato di dipendenza). La legge attuale prevede TSO con
farmacoterapia pesante obbligatoria anche per chi non è pericoloso né per gli altri né per sé, ma di certo le informazioni di questo
paragrafo vi consentono di essere obiettivi, nel vostro stesso interesse, in particolare riguardo alla legge che prevede ricovero
obbligatorio anche molto prolungato e prigionia in cella d'isolamento buia e vuota con telecamere e legacci per chi, a qualunque età,
abbia tentato il suicidio, sebbene di solito chi lo fa sappia controllarsi senz'altro e decida di morire a causa di insuperabili problemi
oggettivi (malattie terminali o croniche, impossibilità di pagare un affitto, lutti ripetuti, età avanzata, violenza domestica, bullismo in
fasce d'età in cui l'abbandono scolastico non è possibile o è molto difficile). E non dimenticate che la legge permette tutto questo
anche quando l'idea suicidaria è solo sospettata, che i maltrattamenti e la prigionia creano anche nella persona più forte ed equilibrata
episodi depressivi ed esasperazione e che in tali casi i "supplizi terapeutici" si diversificano e arrivano a comprendere la privazione
della libertà di fare scelte di vita autonoma (la violenza più distruttiva della personalità e forse più dolorosa che si conosca anche
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quando non implichi la rinuncia a degli affetti, a letture e alla libertà in presenza di malattie fisiche gravi), stimolazione cerebrale con
elettricità e, se riescono a carpire il consenso o ad aggirare il problema della sua necessità, anche chirurgia (il tutto seguìto da terapie
farmacologiche ancora più pesanti e pericolose, rese necessarie da questi complessi interventi). Quanto all’essere interdetti e agli
abusi gravi il cui rischio è comportato dall’avere un tutore, potete leggerne anche nell’autobiografia di Britney Spears e in La
ragazza che giocava col fuoco di Larsson. E non bisogna dimenticare nemmeno che l'incompetenza degli psicologi italiani,
specialmente in fatto di tecniche cognitivo-comportamentali, e la loro mentalità sono in genere tali che rivolgersi a uno psicologo
risulta spesso un passo avanti solo nella direzione che porta ad assumere psicofarmaci e al contatto con gli psichiatri. Mi è stato detto
più di una volta che la maggioranza delle persone e, in particolare, degli psichiatri, ritiene – per usare le stesse espressioni da me
raccolte – che "si può stare di qua o di là ma che non si può stare in mezzo" e che la psichiatria, con i mezzi illegali tanto diffusi e
quelli legali, mira soltanto a "portare le vie di mezzo di là e a mantenercele" e non credo che l'intenzione sia solo di liberarsi di un
individuo fastidioso e guadagnare con i farmaci, gli interventi chirurgici e gli stipendi statali, ma che al fondo ci sia un miscuglio
micidiale di sadismo vero e proprio e ignoranza deliberata, per quanto i manuali di psichiatria non mostrino sempre questo
atteggiamento riduttivo e criminale e siano, sotto alcuni aspetti, apprezzabili.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
In passato il Disturbo del deficit di attenzione/iperattività ADHD (o DDAI) ha avuto i nomi più diversi e fantasiosi (...) È una
patologia in aumento (...) La vita dei bambini di oggi è più convulsa e carica (...) e dà loro poche occasioni di organizzarsi da soli (...)
È necessario che lo psicologo tenga conto dell'esistenza di farmaci stimolanti, in particolare un'anfetamina, il metilfenidato, (...) per
la riduzione dei sintomi dell'iperattività. L'argomento è particolarmente dibattuto in Italia anche nella stampa e sui mezzi di
comunicazione di massa, spesso con i toni accesi della polemica rovente, perché il farmaco è stato ammesso nel nostro Paese solo
nella primavera 2001 (...) Il Modafinil (altro stimolante) risulta avere, rispetto al metilfenidato, minori effetti avversi come mal di
testa, perdita dell'appetito e di peso, disturbi gastrointestinali e... insonnia (...) L'anamnesi di Lorenzo – iperattivo – rivela disturbi
della regolazione nei primi anni di vita (...) con sonno dalla nascita sempre gravemente irregolare (...) In questi bambini è facile
trovare ansia generalizzata (...) spesso associata a (...) mal di testa e di stomaco (...) La percentuale di successo dei farmaci stimolanti
si riduce molto nel caso di comorbilità (...) È stata messa in luce la frequente comorbilità del deficit di attenzione/iperattività e altri
Disturbi (...) Stimolano le polemiche i problemi di dipendenza che un farmaco può indurre e i rischi di iperdiagnosticare un disturbo
per poi curare magicamente con una medicina anche normali comportamenti del bambino, magari solo un po' fastidiosi per l'adulto:
non a caso si è arrivati a parlare di "pillola dell'obbedienza" (...) Fino a qualche decina d'anni fa la Psichiatria non si occupava certo
di bambini un po'agitati a scuola o durante il gioco (...)
Con Lorenzo [iperattivo con un probabile Disturbo oppositivo (...) problemi sociali ed emozionali e personalità disarmonica] ho
cominciato una token economy centrata sui tempi d'attenzione e subito dopo (...) l'ho associata all'automonitoraggio, (...) con
rafforzamento informativo, (...) modellaggio, osservazione sistematica e autovalutazione (...) Tutto questo ha prodotto, nel giro di
qualche mese, incrementi dei tempi d'attenzione da quasi nulli (...) fino ai 45 minuti della seduta (...) Dopo questa, 15 minuti di
giochi (...) avevano la funzione di rinforzamento e di ulteriore opportunità per esercitare le capacità attentive e di autocontrollo (...)
Dopo un anno di lavoro con piccoli obiettivi comportamentali e con l'analisi funzionale, (...) iperattività e aggressività si sono ridotte
e le bizzarrie verbali e i ritualismi sono diventati quasi un'eccezione (...) Il bambino ha raggiunto anche qualche risultato dal punto di
vista scolastico (...) Anche le maestre sono più adeguate (...) Il successo porta successo, (...) anche se Lorenzo non è guarito (...) e ha
alti e bassi, (...) coerentemente con quel che si sa di questi disturbi.
Da una pagina online
L'episodio sui farmaci per ADHD della serie TV The Simpson ne mette in luce soprattutto gli avversi effetti psicologici e in
particolare la paranoia (Bart diventa paranoico e incapace di uscire di casa dopo un'iniziale grande miglioramento a scuola),
puntualizzando che era presente un accenno a essa nel bugiardino dello psicofarmaco prescritto. In questo episodio i genitori di Bart
rifiutano in seguito di sostituire il farmaco con un altro, nonostante il consiglio di due medici.
Pagina Wikipedia su Elvis Presley
Alla sua morte gli furono trovate tracce di 15 psicofarmaci diversi, tutti prescritti legalmente.

Le libere donne di Magliano (M. Tobino)
Ci sono oggi degli psicofarmaci che hanno talmente cambiato i manicomi che in certi giorni addirittura non si riconoscono più, le
urla sono taciute (…) Adesso accade che un uomo infuriato entra in manicomio e con poche pasticche, già il secondo e il terzo giorno
si placa. E può accadere che presto si stabilizza e esce (…) Ma altri, tanti altri, sulla soglia del manicomio, sembrano già guariti e non
lo sono (…) A questo punto ci vorrebbe l’aiuto da uomo a uomo, la psicoterapia, aggiungerla ai psicofarmaci (…) Oggi succede che
con alcune pasticche si riesce a parlare con i malati, si può spiegare loro cosa è successo, si può tentare di attenuare le nebbie che
ancora fanno aureola attorno alle loro tempie. Ora sarebbe proprio il momento che anche i sani fossero consapevoli di quel che
succede, e collaborassero e intervenissero – questi sani che a loro insaputa sono anch’essi fragili – per poter passare da uno stadio al
successivo, dalle nebbie alla luce. E senza questo esterno aiuto sarà molto difficile si oltrepassi la soglia. Ora ci vorrebbero tanti più
(…) dedizione, più giornaliera pazienza, più denaro, più denaro, se è vero che i matti sono anch’essi creature degne d’amore. Se si
pensa il contrario, allora lo si dichiari; si continui a tenere i pazzi in un oscuro antro, quasi abbandonato (…) E rievoco certe corsie
dove i ricoverati avevano l’espressione lontana, i volti depositati tra le lenzuola come teste di bambola (…) Mi sorgevano in ridda le
veementi interrogazioni contro quel dominio chimico, contro le pasticche cariche del psicofarmaco, capaci di mettere un’altra
camicia di forza, forse a nostra insaputa per i malati più dolorosa (…) Con lo stesso ardore dobbiamo essere armati di critica e di
speranza, se no cambiamo mestiere e disputiamoci con volgare furbizia il commercio nel mercato (…) È necessario non dare solo il
denaro, ma partecipare, sorvegliare, criticare.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
L’espressione deontologia medica significa che il medico (…) non può prescrivere droghe a individui sani, per esempio. Inoltre deve
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osservare il segreto professionale. Anche questi sono concetti che affondano le radici nell’insegnamento di Ippocrate.

Tu sei il mondo (Osho)
Non solo è vero che la stessa medicina prescritta da medici diversi ha effetti diversi, è anche vero che la stessa medicina produce
effetti diversi su pazienti diversi, in cura dallo stesso medico (…) Si è notato che la stessa medicina non è ugualmente efficace su tre
persone che hanno la medesima malattia (…) Se si prende in considerazione la dimensione interiore, il medico può avere un impatto
diverso con persone diverse fra loro, per motivi diversi (…) Se il paziente sente che il medico è indifferente – (…) le cure spesso non
sono efficaci (…) La scienza umana non è molto sviluppata (…) Negli ospedali e nelle facoltà di Medicina (…) ogni cosa che
sembrava giusta è risultata errata nell’arco di cinquant’anni (…) Ebbene, rispetto a ciò che si sta facendo ora, non ci si può sentire
così sicuri (…) Ma gli esperti hanno la tendenza ad essere autoritari.

Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Un episodio depressivo può colpire chiunque (...) Le tecniche comportamentali portano a un aumento di "autoefficacia" (...)
L'autoefficacia può essere definita come la percezione che abbiamo delle nostre capacità (...) È stato visto che un aumento di
autoefficacia per la gestione delle situazioni stressanti influisce positivamente sul funzionamento di alcuni neurotrasmettitori: la
sensazione di essere in grado di padroneggiare le abilità necessarie per fronteggiare situazioni minacciose normalizza il loro
funzionamento (...) e riduce il rischio di ricadute (...) Ci sono fattori biologici che influenzano lo sviluppo di Disturbi depressivi, (...)
ma questi fattori non sono indipendenti dagli altri e immodificabili (...) Ricadute future si hanno invece dopo la sospensione degli
psicofarmaci.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Nel giro dentato dell'ippocampo e in altre regioni cerebrali i neuroni possono essere generati negli adulti (...) Tale recente scoperta ha
un impatto potenzialmente importante sulla nostra conoscenza del normale sviluppo del ruolo delle esperienze e della capacità del
cervello di ripararsi (...) Alcuni dati supportano l'ipotesi che la rappresentazione interna del mondo esterno, sebbene statica nella sua
struttura più evidente, può essere continuamente modificata a livello della connettività sinaptica per riflettere esperienze sensoriali.
Simili risultati supportano inoltre l'ipotesi che la rappresentazione corticale dell'input sensoriale, o dei ricordi, può essere olografica,
piuttosto che fissata nello spazio: il pattern di attività, piuttosto che la struttura fisica, può codificare le informazioni. Nei sistemi
sensoriali la plasticità della rappresentazione corticale consente la guarigione da lesioni cerebrali: questo fenomeno potrebbe anche
essere alla base dell'apprendimento.
Manuale di logopedia in età evolutiva 1 (Castelli, Marotta, Gazzellini, Tarter)
Per la natura plastica del cervello, l'allenamento ripetuto con la pratica meditativa – atta a sostenere l'attenzione, riconoscere le
distrazioni e ridirezionare l'attenzione verso il compito – è associato a cambiamenti della morfologia cerebrale dei meditatori. I
principali effetti a carico di strutture che supportano la regolazione dell'attenzione in seguito alla pratica della mindfulness sono di
aumento di sostanza grigia nell'ACC e nella PFC (...) Studi (...) hanno mostrato miglioramenti dell'efficienza delle componenti di
orientamento e di allerta (...) e riportato efficacia nel ridurre il vagabondaggio mentale (...) Si sono osservati cambiamenti (...) di
strutture cerebrali coinvolte nell'inibizione e nell'estinzione di risposte condizionate di paura.
Voce Wikipedia su A. L. Huxley
In un discorso tenuto nel 1961 alla California Medical School di San Francisco, Huxley disse che "ci sarà in una delle prossime
generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire,
senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro
libertà, ma ne saranno piuttosto felici".

I persuasori occulti (V. Packard)
Le persone che si imbracano in gruppi, come ogni generale sa bene, sono più facili da guidare, controllare, domare (…)
L’apparizione nella società dell’uomo etero-diretto = l’uomo che tende sempre più a vivere la vita del gruppo – venne accolta con
molto favore da un vasto settore dell’industria (…) Nel 1956 la rivista Newsweek pubblicò (…) “I segugi dell’industria non vogliono
né topi di biblioteca né i fuoriclasse. Meglio un ragioniere di un filosofo – dicono – i geni è meglio che si dedichino alla ricerca
pura”. Ma anche in quest’ultimo campo, a quanto sembra, i geni non si illudano (…) La ricerca collettiva è alle porte (…) Charles
Wilson, una creatura della grande industria americana disse: “Chiunque non faccia il gioco di squadra e si permetta di metter fuori la
testa, può venirsi a trovare in una situazione pericolosa” (…) La rivista Fortune (…) si servì del termine orwelliano “pensiero
collettivo” per definire alcuni aspetti di tale tendenza (…) Si è giunti alla conclusione che l’individuo non ha di per sé nessun valore
se non in quanto appartiene a un gruppo (…) C’è un numero sempre crescente di “social engineers” sempre disponibili (…) all’idea
di manipolare esseri umani (…) E ben presto si videro i risultati (…) perfino nei romanzi, nelle trasmissioni televisive, nei libri per
l’infanzia (…) In fabbrica social engineers (…) applicarono ai problemi del personale tecniche della dinamica di gruppo (…) Uno
psicologo definì le persone ostinate (a non annullarsi nel gruppo) (…) ribelli deplorabilmente “suscettibili e permalosi” (…) e le loro
esigenze “capricci” (…) Varie aziende assunsero uno psichiatra (…) Cominciò a diffondersi l’uso di psicanalizzare in vari modi i
dipendenti durante il lavoro. In un grande magazzino di Boston le commesse servivano sapendo che alle loro spalle uno psicologo li
teneva in osservazione registrando ogni loro azione (…) sorrisi e minimi gesti (…) su uno strumento (…) Alcune aziende
cominciarono a sottoporre tutti gli aspiranti a cariche direttive a dei test psichiatrici (…) Talvolta la valutazione e la terapia
avvengono all’insaputa degli interessati (…) In apparenza i test sono questionari di ordinaria amministrazione (…) Uno dei metodi è
conversare dopo un paio di cocktails (…) Un altro è lo psico-dramma (…) In molte aziende viene psicanalizzata anche la moglie dei
dirigenti (…), che deve essere adattabile e socievole, perché il tempo e le energie del marito sono soprattutto dell’azienda (…) Nel
1954 la rivista Changing Times previde che entro il 1964 (…) una ristretta casta (…) avrebbe diretto ogni attività (…) Questi eletti a
loro volta (…) tutti sottoposti a minuziose inchieste psicologiche (…) A lunga scadenza probabilmente i biofisici assumeranno il
comando delle operazioni con il “biocontrollo”, la scienza che controlla i processi mentali, le reazioni emotive, e le percezioni
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mediante segnali bioelettrici. Al congresso nazionale di elettronica tenutosi a Chicago nel 1956, l’ingegnere Curtis R. Schafer (…)
lesse una relazione sulle prodigiose possibilità offerte dal biocontrollo. Egli affermò che l’elettronica è in grado di provvedere al
controllo di tutti gli individui in qualche modo facendo risparmiare agli specialisti tempo e seccature (…) Gli aeroplani, i missili,
talune macchine, sono già guidati elettronicamente (…) Gli scienziati attraverso il biocontrollo sono già riusciti ad alterare in soggetti
umani il senso dell’equilibrio. E hanno provocato artificialmente la sensazione della fame in animali sazi; in altri hanno provocato il
panico senza che nulla di visibile li minacciasse. La rivista Time riassumeva così il pensiero di Schafer: “Il limite ultimo del
biocontrollo potrebbe essere il controllo dell’uomo stesso… Ai soggetti controllati non si permetterebbe mai di pensare
individualmente. Pochi mesi dopo la nascita, un chirurgo sistemerebbe sotto la cute del bambino degli elettrodi collegati a
determinate regioni del cervello… Le percezioni sensoriali e l’attività muscolare del bambino potrebbero essere modificate o
controllate da segnali bioelettrici mediati da un trasmettitore azionato dalle autorità statali”.

Foglio illustrativo di Zyprexa
Indicazioni: (…) convinzioni sbagliate.

Teoria e pratica della nonviolenza (M.K. Gandhi)
Affrontare con decisione le cause che producono la guerra. La causa principale della guerra moderna è la corsa allo sfruttamento dei
più deboli (…) La democrazia occidentale è una forma diluita di nazismo e di fascismo o un paravento per mascherare le tendenze
naziste e fasciste (…)
L’ideale egualitario è che ciascuno ha diritto di realizzare se stesso, di forgiare la sua vita come vuole compatibilmente con l’eguale
libertà altrui (…)
Il compito di definire la verità spetta all’individuo, l’onesta ricerca della verità procede in modo differente da caso a caso. È per
questo che la nonviolenza ne è necessario corollario (…)
La minoranza deve seguire la maggioranza se vi è un programma da attuare quando non sono coinvolte questioni di principio (…)
Un seguace della verità è spesso costretto a procedere brancolando nel buio (…)
L’uomo che usa la coercizione è colpevole di una violenza deliberata. La coercizione non è umana. Coloro che sono pronti ad
abbassarsi a tutto pur di accumulare ricchezze, che sfruttano e che torturano commettono una violenza che può facilmente essere
evitata (…)
Ogni attività in certa misura implica la violenza, quel che possiamo fare è ridurre al minimo tale violenza (…)
Spesso da un male nasce un bene. Ma ciò avviene per volontà di Dio, non degli uomini. L’uomo sa che dal male può nascere solo un
male (…)
Quando si tratta di omicidio, la scelta si pone in modo categorico e non deve lasciare spazio ad alcuna considerazione di convenienza
(…)
La democrazia, finché è sostenuta dalla violenza, non può fare l’interesse dei deboli o proteggerli (…)
La disobbedienza civile è la violazione civile delle leggi immorali e oppressive, attira l’attenzione dello Stato, ed è un diritto
inalienabile di tutti (…)
La resistenza passiva non esclude del tutto l’uso della violenza.

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Poiché non è la verità ma l’efficienza che voi perseguite (…) la capacità persuasiva dell’ideologia ufficiale si regge sul prestigio della
polizia (…)
Il fascismo non è caduto dal cielo e non ha sottomesso uomini liberi, ma folle già predisposte a servire dal loro modo quotidiano di
vivere e già educate a ubbidire da tutte le forme di vita democratica (insegnamento scolastico, servizio militare, pratiche religiose e
addestramento ricevuto da sindacati e partiti centralizzati e burocratizzati come il resto) (…)
Anche l’istruzione superiore non è incompatibile con la credulità e la superstizione (…)
Esiste una disposizione atavica alla suggestione e alla soggezione (…) Che sia superata per far posto a una coscienza libera e
responsabile, è un fatto sgradevole per la maggior parte dei politici (…)
L’uomo che comincia ora a dominare, in confronto alla civiltà complessa da cui proviene, è un primitivo, (…) un uomo che può agire
solo in gruppo.
Contro la ragione “dissolvente” dei politicanti, il fascismo ha fatto appello (…) alla mistica dell’ovile (…)
Intellettualità e intelligenza spesso hanno poco a che fare tra loro… È colpa di molti intellettuali se democrazia è diventato sinonimo
di parlamentarismo dove esso ha distrutto la democrazia.

Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
“Io do valore a una sola parola: utile! Nobile, generoso, sono tutte sciocchezze (…) Ogni uomo ha il dovere di sviluppare le menti
altrui e far propaganda e quanto più è violenta meglio è”.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Il massimo cui sembrava poter pensare era la semplice utilità delle cose – dava cioè apprezzamenti di tipo animalesco; praticamente
questo è vero per la maggioranza degli uomini (…) Quanto ad acutezza intellettuale, imparai che non c’era molta differenza tra gli
idioti e le persone normali.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Se la verità scompare, immediatamente il principio di utilità ne prende il posto, perché l’uomo dirige il proprio sforzo verso un bene.
Ma questa utilità, l’intelligenza non può né definirla né giudicarla, può solo servirla. Da arbitro essa si fa schiava e i desideri
impartiscono ordini. E ciò che è ancora più grave, l’opinione pubblica diventa la padrona sovrana del pensiero, usurpando il posto
della coscienza, per il fatto che sempre l’uomo sottomette i suoi pensieri a un controllo superiore, sia esso rappresentato dal valore o
dalla potenza. Oggi ogni cosa è orientata all’utile, senza prendersi la briga di definirlo; siamo come tornati all’epoca dei sofisti,
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all’epoca in cui l’arte del persuadere – il cui corrispettivo moderno è costituito oggi dagli slogan della pubblicità, dalla propaganda, i
giornali, il cinema, la radio – regolava le sorti delle città e provocava i colpi di stato.
Un profondo rapporto collega le riflessioni sull’hitlerismo e sulla forza che trasforma gli uomini in cose, in oggetti morti, alle
considerazioni sulla moderna predilezione per procedure astratte, algebriche, che, nascondendo la realtà e impedendo la
consapevolezza, contribuisce ad asservire gli uomini (…)
La matrice violenta (…) non può comunque essere riscattata da una successiva riorganizzazione, quand’anche si potesse sostenere
(ipotesi del resto assai dubbia) che in fin dei conti di questa nuova sistemazione si sono avvantaggiati anche i vinti (…)
Sistematico uso della forza (…) propaganda abile nel rivestire con le parvenze del diritto ciò che conseguivano solo con la
prepotenza (…) convinzione di adempiere a una missione (…) costituiscono quanto Hitler ha perfezionato.

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Sono in molti a pensare che quanto credono onesto non sia nel contempo anche utile (…) Da una parte il concetto di utilità viene
neutralizzato da coloro che dicono che non solo l’onesto è preferibile all’utile, ma che non è neppure utile ciò che non sia onesto;
dall’altra, quel che noi chiamiamo onesto essi chiamano vano, ambizioso, stolido, accettabile più formalmente che in realtà (…)
Bisogna conoscere anche i metodi di condotta degli iniqui per difendere meglio ciò che è equo.

Dei doveri (Cicerone)
L’argomento di cui ora si tratta è quello appunto che trae la sua denominazione dall’utile. Scivolando su questo termine la pratica uscì
di via ed a poco a poco giunse a tal punto che, separando l’utile dall’onesto, definì l’onesto come qualcosa che utile non fosse, e
viceversa, del che non si poteva arrecare danno più rovinoso alla vita umana (…) giudicando la malizia come sapienza (…) Nulla è
utile se non ciò che nello stesso tempo è onesto (…) Quando ci si presenta una certa qual apparenza di utilità (…) si deve (…) capire
che laddove è disonestà non vi può essere utilità (…) Di qui nascono (…) le brame di una (…) intollerabile prepotenza, (…) passioni
delle quali non se ne potrebbe pensare alcuna di più ripugnante e laida (…) Niente che sia crudele è utile, ché la crudeltà è nemica di
quella natura umana cui ci dobbiamo conformare (…) Identica è la norma dell’onestà e dell’utilità. Se uno non si rende conto di
questo, non riuscirà a trattenersi da alcuna frode, da alcuna colpa.

Poesie (C. Pavese, edizione Einaudi)
I suicidi (…) li trattate da stupidi, da imbecilli, da vili, come se ciascuno di essi non avesse le sue ragioni terribili e immense. Tanto
volgare e grettamente utilitaria è proprio sempre la pietà umana e divina da mostrare sfacciatamente che tutta la “morale” altissima
non è che vilissimi interessi (…) Bestie, (…) negozianti di virtù (…) Certo è utilitarismo anche quello del suicida, ma almeno è un
utilitarismo diverso da quello del commercio di salami (…) Perché dev’essere obbligatorio blasfemare così?

Pagina online sul DP
Come vedete, sono moltissime le persone che conosciamo che possiedono o hanno presentato in un dato periodo almeno alcune di
queste caratteristiche. Si diagnostica il disturbo di personalità quando esse impediscono l’attività lavorativa.

I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Era un tipo strano, uno di quelli che tuttavia si incontrano abbastanza spesso, il tipo di persona non solo abbietta e depravata, ma
anche balorda, di quei balordi, però, che sanno gestire egregiamente i propri affari.

Martin Eden (J. London)
Il concetto più alto che essi si facevano della buona condotta era l’avere un mestiere. Era la loro prima e ultima parola. Costituiva
tutto il vocabolario (…) Un mestiere per loro era un feticcio d’oro (…) Questi borghesi (…) tutti buoni, con le loro meschinità
psicologiche e la superficialità della loro comprensione.

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
A causa di una serie di eventi aumentò il numero dei poveri, (...) che erano costretti a migrare alla ricerca di lavoro (...) Una nuova
politica assistenziale trova una completa teorizzazione in un libro del 1526 del gesuita J. L. Vives, De subventione pauperum: Due
assessori municipali dovranno visitare tutti i poveri sia nell'ospizio che a domicilio; (...) l'interrogatorio sarà fatto da un medico; (...)
dovranno lavorare; (...) nè i ciechi nè i vecchi dovranno rimanere oziosi (...) In Inghilterra tra il 1597 e il 1601 emerse uno statuto,
(....) un primo intervento dello Stato, conosciuto come la Poor Low, che (...) rimase in vigore fino al 1834 (...) e non corrisponde a
criteri filantropici e tanto meno sociali, bensì di ragioni di prstigio e di polizia (...) Negli anni successivi al 1790 la legilazione
assistenziale fu più chiaramente a vantaggio dei padroni con la Speenhamland Low (...) L'assistenza sociale serve alla classe che ha la
forza di sfruttarla (...) È in questo quadro storico che vanno inserite le workhouses, (...) che sorsero in tutta Europa (...) con lo scopo
di isolare e sfruttare (...) soprattutto vagabondi e mendicanti, (...) la mendicità e la carità a chi non accettava di entrarvi essendo state
proibite (...) Come "case del terrore" offrivano anche nuovi stimoli al mercato del lavoro: (...) i poveri dovevano essere così atterriti
dalla prospettiva di finire in questi luoghi, da accettare di esssere avviati al lavoro con un salario più basso possibile (...) unito ad una
lunga giornata lavorativa (...) A queste istituzioni va collegata la nascita dei grandi manicomi.
L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Se a cinquant’anni uno muore, neppure questo ha molta importanza per la società. Basta aver avuto il numero desiderato di figli e
aver messo a disposizione della società la propria forza-lavoro facendo del proprio meglio.

Il costo umano della flessibilità (L. Gallino)
Al presente, nel sistema del lavoro razionalizzato, l’etichetta di “troppo anziano” viene applicata sempre più spesso a persone che
non hanno ancora raggiunto i 40 anni. Dopo di che le probabilità di trovare nuovamente un’occupazione scendono verso lo zero (…)
In alcuni settori a 30 o 35 anni si è considerati troppo lenti e del tutto inadatti, quindi.
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Da due ricerche citate in Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Oggi molti giovani con una laurea hanno un profilo occupazionale basso; altri lavorano in modo precario o flessibile, altri vanno
all'estero; inoltre impiegati e operai hanno visto diminuire il loro potere d'acquisto, che, unitamente al venir meno del "posto fisso",
porta alla dissoluzione della classe media (...)
Dentro la cornice statuale e democratica (...) all'insegna della razionalità sociale e della modernità, (...) in un'area della provincia di
Salerno (...) i giovani (...) aspettano la raccomandazione, il protettore (...) anche se scolarizzati oltre il livello dell'obbligo (...) Hanno
struttura clientelare non solo i rapporti concernenti la ricerca di un lavoro, ma praticamente ogni altro tipo di rapporto o relazione
che ricada nella sfera pubblica: evitare la fila all'ufficio postale o all'Usl, (...) vincere un concorso, (...) la concessione di una licenza
edilizia o commerciale, (...) l'accettazione di un bambino in una sezione piuttosto che in un'altra della scuola dell'obbligo (...) Anche
la pratica del voto di scambio continua ad essere molto diffusa (...)
Il mafioso era un tempo un mediatore che (...) beneficava contadini e (...) proprietari terrieri (...) ricavandone profitto, (...)
mantenendoli isolati, (...) imponendo il suo ruolo con la violenza (...) É retorica (...) quando i governi enfatizzano la necessità di
garndi investimenti economici come unico modo per cambiare la realtà del sud d'Italia.
La banalità del male (H. Arendt)
L’introduzione dell’automazione renderà superflui anche in termini di lavoro grandi settori della popolazione mondiale.
Hitler cominciò la sua operazione di sterminio col concedere “una morte pietosa” ai malati di mente “incurabili” ed è noto che egli
intendeva estendere il programma di eutanasia ai tedeschi imperfetti (cardiopatici, tubercolotici (…) ). Nei campi risiedevano anche
omosessuali, “asociali”, oppositori politici, intellettuali contrari alla dittatura (…)
Nell’economia automatizzata di un futuro non lontano gli uomini saranno tentati probabilmente di sterminare tutti coloro il cui
quoziente di intelligenza sia al di sotto di un certo livello.

http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Riguardo a coloro che ricevono la pensione di invalidità dalla psichiatria e/o abitano negli appartamenti delle ASL, bisogna sapere
che spesso sono tenuti a lavorare e non possono scegliere l’attività da svolgere, quindi non possono nemmeno sperare in occupazioni
in cui sfruttare doti o interessi innati o acquisiti o in cui poter evitare umiliazioni. Esistono delle convenzioni per le quali chi li
assume avrà una serie di agevolazioni dal punto di vista economico e di esse si parla a coloro ai quali si chiede di firmare una
richiesta di pensione di invalidità: ciò che non si dice mai è che i titolari generalmente si guardano bene dall’assumere, per
collaborare alle loro attività avviate e mantenute con sacrificio, persone che si presentino con un tal biglietto da visita, non volendo
rischiare con un dipendente che può abbandonare il lavoro in ogni momento per motivi imprevedibili o comportarsi in modo strano e
imbarazzante per la ditta o tale da mettere a disagio eventuali colleghi (il rischio è reale, perché chi ha a che fare con la psichiatria
spesso deve gestire traumi e violenze causate dall’internamento, oltre a problemi di natura personale e spesso familiare e tutto questo
ha delle conseguenze di certo). Le attività “offerte” dalla psichiatria solitamente sono occupazioni ritenute dai più umilianti o
comportanti fastidi non indifferenti, come forti e cattivi odori che si appiccicano a pelle e abiti: soprattutto mansioni di aiuto-cuoco e
pulizie in pieno giorno di condomini e appartamenti o pulizie in orari di apertura di ospedali, bagni dei centri commerciali,
distributori di merendine e bevande, parchi e strade. Per spingerli a lavorare bene, viene spesso parlato loro di probabili assunzioni a
tempo indeterminato o di occupazioni regolari che permettano loro di guadagnare qualcosa, tenersi occupati o adirittura emanciparsi
dalla psichiatria stessa, ma questo tipo di contratti non vengono di norma mai effettuati, così gli addetti, una volta compreso di essere
stati presi in giro, spesso iniziano a svolgere regolarmente male il lavoro o lo lasciano a metà. Anche le assunzioni precarie del resto
sono poco frequenti, perché questo tipo di persone spesso non fa buona impressione ai proprietari dei negozi, ecc., che preferiscono
pagare un po’ di più per assumere altri o svolgere il lavoro da sé (ricordo di aver sentito i miei familiari, negozianti, parlare con
disprezzo e astio dell’aspetto fisico malaticcio di un gruppo di ragazze esili assunte per fare le pulizie nel loro condominio attraverso
le liste fornite dalla psichiatria). Ci sono giovani inquilini di case delle ASL intelligenti, sufficientemente equilibrati e dotati di una
discreta manualità, che sono costantemente frustrati nel bisogno di lavorare pur desiderando più di ogni altra cosa poter permettersi di
affittare almeno un monolocale (per legge non hanno diritto ad avere niente dai genitori o dai fratelli numerosi e odiano la loro
abitazione statale affollata, dove un pazzo può entrare in camera loro alle tre di notte - non potendo chiudere porte a chiave - e dove
sono costretti a mangiare cibo deciso da altri con persone che non stimano e con posate di plastica tutti i giorni, non possono leggere
o far qualsiasi altra cosa liberamente e in pace e si sentono spinti a passare più tempo possibile fuori, con tutte le tipiche e negative
conseguenze tra cui frequentazione assidua di bar e abuso di alcool). Sebbene dicano agli psichiatri tutto ciò che loro desiderano
sentirsi dire, in privato affermano con tono sicuro che, se potessero tornare indietro nel tempo, sopporterebbero qualsiasi sofferenza
pur di non firmare la richiesta di pensione e pur di evitare il più possibile contatti con la psichiatria, sui cui scopi non hanno illusioni
di sorta proprio come coloro che studiano, organizzano convegni e scrivono al riguardo.

Resurrezione (L. Tolstoj)
Le privazioni, anche messe insieme, non sono nulla rispetto a quel dolore e terrore che si prova la prima volta in carcere nel venire
trattati come oggetti.
I persuasori occulti (Packard)
Attraverso elettrodi impiantati nel loro cervello si sarebbe potuto al bisogno intervenire per alterare loro l'equilibrio facendo
risparmiare tempo agli psicologi (...)
Mentre i bambini osservavano i video (...) e giocavamo venivano osservati e ascoltati a loro insaputa per coglierne commenti utili
agli esperti psicologi del settore pubbliciatario e ai produttori.
Trama online del film The Truman show
Tutte le persone che ** incontra e con cui si relaziona sono attori, che hanno lo scopo di manipolare la sua vita secondo le esigenze
della produzione (oltre a commercializzare i prodotti del programma) (...) Quando *** cerca di dirgli la verità, (...) a ** viene detto
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che *** è una schizofrenica.
Gandhi
Essere disinteressati significa non cessare mai da un’azione per il timore che i risultati previsti potrebbero non essere ottenuti (…) Il
collaboratore a una legge violenta e ingiusta deve dare le dimissioni (…) Dobbiamo credere che tutti siano in grado di pensare con la
propria testa. Dando credito di una capacità autonoma di giudizio noi li rafforziamo e rendiamo loro facile assumere un
atteggiamento indipendente anche se fino a ora si sono dimostrati deboli.

Walden o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Le possibilità umane non sono mai state calcolate; né basandoci su precedenti esperienze noi possiamo giudicare di che cosa l’uomo
sia capace, ché assai poco è ciò che è stato fatto. Per quanti insuccessi tu abbia avuto finora “non affliggerti; chi mai potrà assegnarti
quello che ancora ti resta da compiere?” (…) “Chi mai potrà dire che prospettive la vita offra a un altro?”

Intrecci. Antropologia e sociologia per il terzo e quarto anno del Liceo delle Scienze Umane
Il titolo del film Il capitale umano di Paolo Virzì si riferisce alle stime usate dalle assicurazioni per valutare l'entità del risarcimento
da pagare alla famiglia della persona deceduta: il "valore" di quella persona viene determinato in base a parametri ben precisi, che ne
calcolano il "capitale umano" (non solo l'aspettativa di vita e le potenzialità di guadagno, ma anche la qualità dei legami affettivi).
Modelli di colloquio in psicologia clinica (Del Corno – Lang)
Le compagnie di assicurazione fanno riferimento al ICT 10.
Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Lei non voleva conoscere le modalità generali di una eventuale liberazione, ma in quale modo e con quali mezzi questa potesse
verificarsi per lei. Tali soluzioni si presentano secondo modalità individuali non prevedibili. Modi e mezzi non si possono escogitare,
perché un ragionare fondato sull’esperienza media può quindi nel caso individuale risultare inadatto o sbagliato. Se per lo più
teniamo conto dell’età è meglio rinunciare subito ad applicare soluzioni già fatte o a sciorinare verità generali. Una lunga esperienza
mi ha insegnato ad abbandonare in simili casi ogni presunzione e saccenteria per dare la precedenza all’inconscio. I nostri istinti
hanno superato un numero talmente infinito di volte e con successo le varie problematiche da indurci ad ammettere che i processi di
trasformazione dai quali la transizione è resa possibile sono già da lungo tempo preparati nell’inconscio e attendono soltanto di essere
attivati (…) La soluzione apparentemente migliore non può essere imposta all’individuo dall’alto, perché non c’è soluzione “buona”
se non è combinata a un processo di sviluppo naturale. La psichiatria così com’è si occupa solo di agire sui sintomi ed è quindi del
tutto inadeguata.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Falliremmo (…) se interpretassimo la psiche dell’individuo in base a opinioni preconcette (…) e teorie dogmatiche. Si può affermare
di aver compreso soltanto quando il paziente o il discepolo possono essere d’accordo con la nostra interpretazione (…) Col fatto di
sapere meglio e sapere prima si mina l’indipendenza spirituale del paziente, che è un bene preziosissimo (…) Non ci dobbiamo
concedere ingenuità. Ci sono persone, tanto fra i medici quanto tra i pedagoghi, che pensano nel loro intimo (non apertamente) che
chi si trova in una posizione autoritaria si possa comportare come più gli aggrada, e che il bambino, bene o male, debba
semplicemente adattarsi, visto che la vita reale si comporterà in seguito, col giovane, allo stesso modo (…) Credono che l’unica cosa
che importi sia un successo tangibile e che l’unica vera limitazione morale convincente sia il poliziotto.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
- "Ci dicono sempre quello che ha nostro figlio, ci rimbalzano da un centro all'altro, ma mai nessuno che ci spieghi come
comportarci. Solo una volta ci è stato consigliato un libro da leggere" (...) Mi càpita a volte di domandarmi con una certa angoscia
cosa diavolo facciano certi psicoterapeuti, che lavorano magari per anni, chiusi nel loro studio, concedendo col contagocce e spesso
di malavoglia qualche colloquio ai genitori e senza mai mettere il piede a scuola né parlare (neppure al telefono!) con un'insegnante.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Accade in proposito come nella storia naturale, dove il desiderio di semplificare ha prodotto classificazioni e suddivisioni. C’è voluto
naturalmente dell’ingegno per realizzarle, perché si è dovuto procedere ad assimilare e osservare dei rapporti. Ma il grande
naturalista, l’uomo di genio sa che la natura è prodiga di esseri individualmente differenti, e capisce l’insufficienza di suddivisioni e
classificazioni che pure risultano di così ampio usufrutto presso le intelligenze mediocri o pigre.

Le libere donne di Magliano (M. Tobino)
Un malato è diversissimo da un altro, anche se affetto dalla stessa malattia (…) I malati di mente in superficie sono tutti uguali, come
nell’inferno tutti sono dannati, ma ognuno vi arriva per una sua vita completamente vissuta.

Considerazioni generali sulla psicologia del sogno in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Ho visto spesso che psicoterapeuti di formazione medica cercano di esercitare la loro arte nel modo routinier che deriva loro dal
modo in cui si svolgono i loro studi. Gli studi di medicina consistono da un lato nell’ammassare una quantità enorme di materiale
mnemonico che viene semplicemente impresso in mente senza una reale conoscenza di ciò che ne sta alla base, dall’altro
nell’esperienza di certe destrezze pratiche che devono essere acquisite secondo il principio: “Non perdiamo troppo tempo (…)”
Succede così che, fra tutti i professionisti, sia proprio il medico quello che ha meno occasioni di sviluppare la funzione di pensare
(…) Si sono abituati a procedere secondo formule fisse e ad applicare meccanicamente metodi che non hanno assimilato
mentalmente con la riflessione personale. Questa tendenza (…) è quanto mai inadatta all’esercizio della psicologia (…)
Inoltre tutti i nostri rapporti umani brulicano di proiezioni (…) Chiunque non possegga in misura eminente capacità di riflessione non
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riesce a tenersi al di sopra delle proprie proiezioni (…) Tutti i contenuti del nostro inconscio sono proiettati costantemente nel nostro
mondo circostante, e solo nella misura in cui penetriamo determinate caratteristiche dei nostri oggetti come proiezioni, come
immagine, riusciamo a distinguerle dalle qualità reali (…) Si vedono sempre nell’avversario i propri errori che non si vogliono
riconoscere (…) L’errore più grande che un terapeuta possa fare è quello di supporre che la persona da analizzare possegga una
psicologia simile alla sua (…) Almeno i contenuti più importanti dell’inconscio dovrebbero essere consci per l’analista stesso,
affinché il suo giudizio non sia turbato da proiezioni inconsce (…) Ma scindere l’identità tra imago e oggetto (…) ha per
conseguenze (…): nessuno più da accusare, nessuno da rendere responsabile, da educare, migliorare e punire! In ogni cosa
occorrerebbe cominciare da se stessi, e le pretese che imponiamo agli altri dovrebbero essere rivolte solo ed esclusivamente a noi
stessi (…) Ma appunto: chi applica mai a se stesso criteri psicologici?

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Non c’era nulla di più nocivo, di più insufficiente, di più inapplicabile alle questioni di pubblico interesse delle decisioni proprie di
singoli individui e di corpi, anche quando essi sono onorati.

I cosiddetti sani: patologia della normalità (E. Fromm)
La maggior parte delle grandi scoperte scientifiche ha avuto luogo quando qualcuno ha messo in dubbio quello che fino ad allora tutti
avevano considerato indiscutibile (…) Nella fisica, che oggi può essere considerata la scienza più progredita, è ancora diffuso
l’antico atteggiamento scientifico che comporta grandi sforzi, molto lavoro e molta riflessione, e che è dominato da una grande
incertezza. All’opposto, per il cittadino medio – ma anche per la maggior parte degli studiosi di scienze sociali – oggi la scienza
dovrebbe assolvere il compito assolto qualche secolo fa dalla religione: fornire certezze assolute. Queste persone non sopportano
l’incertezza (…) Ma quello che il profano e lo studioso di scienze sociali intendono per scienza non è altro, in ultima analisi, che
intelligenza manipolatrice. Così è ritenuto scientifico tradurre un problema psicologico in cifre astratte, ovvero quantificarlo e
misurarlo, persino quando i dati sui quali ci si basa non hanno alcun significato. Ecco un esempio che riguarda la psicologia (…) In
realtà, in questo caso il metodo psicologico applicato non è scientifico, poiché non è descritto e studiato nei dettagli ciò che accade
nella situazione specifica e concreta. Ci si limita a un’osservazione superficiale del comportamento, e poi si conferisce alla ricerca
una parvenza di scientificità elaborando quei dati, tutt’altro che scientifici, con un metodo che si spaccia per scientifico solo perché
opera con delle cifre (…) Noi siamo soltanto indifferenti e disinteressati, e temo che ciò sia in un certo senso molto più pericoloso
della depravazione.

Detti e frecce in Il crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
Diffido di tutti i sistematici e li evito. La volontà di sistema è una mancanza di onestà.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Per solito le teorie non sono che il parto precipitoso di un cervello impaziente che vorrebbe sbarazzarsi dei fenomeni, e perciò
inserisce al loro posto imagini, concetti, o anche semplicemente parole. S’intuisce, e magari si vede chiaro, che ciò è soltanto un
espediente; ma forse che la passione e lo spirito partigiano non han sempre prediletto gli espedienti? E a ragione: ne hanno bisogno!
(…) L’osservatore serio e onesto scorge sempre più la propria limitatezza: quanto più il sapere si estende tanto maggior numero di
problemi si affacciano.

Prometeo o lo stato dell’umanità - Il volo di Icaro - Scilla e Cariddi o la via di mezzo in La sapienza degli antichi (F. Bacone)
La favola di Prometeo addita molte e gravi riflessioni (…) Una parte notevole della parabola dice che gli uomini non furono grati a
Prometeo del beneficio del fuoco e se ne lagnarono con Giove (…) Ogni accusa alla natura e all’arte è grata agli dèi. Significa
impetrare nuove elargizioni: l’accusa mossa a Prometeo, cioè al maestro e alle sue autorità, dagli uomini, per quanto aspra, è più utile
e giovevole che perdersi in congratulazioni, ponendosi l’illusione della ricchezza tra le cause maggiori della povertà (…) Coloro che
portano alle stelle la natura umana e le arti che hanno appreso e si diffondono nella ammirazione delle cose che posseggono
stabilmente, e vogliono assolutamente far passare come riverenti verso la natura divina alla cui perfezione quasi equiparano le loro
cose (...) Sono infruttuosi, perché, pensando di essere arrivati al sommo della perfezione, non cercano, come già sazi, cose ulteriori.
Al contrario quelli che denigrano e accusano la natura e le arti e sono pieni di lamentele, non solo estrinsecano un animo più
modesto, ma sono stimolati di continuo a nuove attività e a nuove scoperte (…) La verità è immersa in pozzi profondi, essendo
mirabilmente mescolato e unito il falso al vero (…) E questo sembra essere il succo della parabola di Scilla e Cariddi (che io
sintetizzo sebbene arrechi una infinita riflessione): che in ogni dottrina e scienza e nelle regole e assiomi, si mantenga una misura tra
gli scogli delle distinzioni e le voragini degli universali. Questi due estremi sono famosi per naufragi di sistemi e arti.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
In materia di psicologia non si comprende se non ciò che si è sperimentato a livello personale. Il che però non dissuade nessuno
dall’idea che il proprio giudizio sia l’unico vero e competente (…)
Se si portano alla coscienza contenuti inconsci, si produce artificialmente una condizione molto simile a una malattia mentale, (…)
perciò si deve sapere dove si possa rischiare senza danni un simile intervento. Se da questo punto di vista non ci sono rischi, non
siamo comunque ancora al riparo da qualsiasi pericolo. Uno degli effetti più consueti quando ci si occupa di contenuti inconsci è
quello che Freud ha definito traslazione/ transfert. In senso stretto la traslazione è una proiezione di contenuti inconsci su colui che
analizza l’inconscio.(…) Svariatissime dinamiche (….) creano nell’individuo da analizzare un legame con chi l’analizza. Questo
legame, se trattato nel modo sbagliato, può diventare un ostacolo estremamente increscioso. Spesso ha già perfino provocato dei
suicidi. (…) Possono diventare coscienti (...) conflitto e (…) odio (…) per i genitori. L’individuo cade così in un insopportabile vuoto
di relazioni e si attacca disperatamente all’analista, per avere perlomeno tramite lui un rapporto con il mondo (….)
Con la madre (…) una sorta di legame stretto, sotterraneo, (…) si esprime spesso (…) nell’attardarsi dello sviluppo. (…)
L’evoluzione della personalità rifugge da un simile legame inconscio e infantile, perché nulla è maggiormente d’ostacolo allo
sviluppo che restare in uno stato inconscio. (…) Perciò l’istinto afferra la prima opportunità che si presenta per sostituire la madre
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con un altro oggetto. (….) Questo bisogno naturalmente è ancora più grande in un caso in cui il legame infantile minaccia di
diventare nocivo.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
All’interno dell’analisi un importante fattore è costituito dalle condizioni di vita del paziente. La possibilità di superare una nevrosi
dipende totalmente dalla sua situazione (…) Con ciò sono arrivato all’ultimo fattore, la personalità dell’analista. Fra le molte cose
che si potrebbero dire in proposito, mi limito ad alcuni punti essenziali. Già Freud ne ha indicato uno molto importante: l’assenza di
finzioni e di inganno (…) Il paziente dovrebbe inoltre percepire che da lui non ci si aspettano banalità, e che l’analista gli segnalerà
tutte le volte che si perde in chiacchiere. Ma questo non deve capitare neppure all’analista, ragion per cui egli deve saper distinguere
tra ciò che è banale e ciò che non lo è, cosa che, specie nella nostra epoca, è alquanto difficile (…) Bisogna percepire dentro di sé ciò
di cui sta parlando il paziente. Se dentro di me, pur se in forma meno intensa, non riesco a provare cosa significhi essere (…)
mortalmente angosciati, non posso sapere di cosa il paziente sta parlando (…) Ricordo che Harry Stack Sullivan era solito dire che i
pazienti ansiosi non tornavano da lui una seconda volta perché non riusciva a mostrare né simpatia né empatia per quel genere di
sintomo. In casi simili sarebbe bene non prendere questi pazienti in analisi. Si è buoni terapeuti solo per quei pazienti coi quali si
riesce a entrare in sintonia (…) Se l’analista pensa: “Visto che paga, allora non è altro che un povero cretino malato”, egli si ferma
invece alla sfera razionale e il paziente non lo percepirà mai come convincente (…) Non esiste sfera in cui ci si possa atteggiare a
giudice o a moralista, o ci si possa scandalizzare (…) Nelle scienze naturali è possibile mettere sul tavolo il proprio oggetto di
indagine (…) In psicoanalisi non basta (…) È possibile conoscere realmente l’altro solo nella misura in cui si è fatta la sua stessa
esperienza (…) Se un terapeuta è narcisista al punto da non saper concentrarsi sul paziente, farebbe meglio a cambiare mestiere
(…)Definirei il transfert come un rapporto irrazionale con l’altro (…) In realtà l’analista e l’analizzando si incontrano su due piani
distinti. Uno è il piano del transfert, l’altro è quello del controtransfert. Per comprendere il secondo, occorre partire dal presupposto
che può darsi che anche l’analista abbia nei confronti del paziente atteggiamenti irrazionali (…)Studiando psicologia all’università
non si impara praticamente nulla sugli esseri umani (…) Se va bene si imparerà un po’ di comportamentismo, che per definizione
esclude fondamentalmente la comprensione degli altri, in quanto sostiene che si può indagare soltanto sui comportamenti esteriori e
sui metodi attraverso i quali è possibile manipolarli. Lo psicoanalista (…) deve sapere che cosa avviene nel mondo e deve avere un
atteggiamento critico nei confronti di quanto accade.

Il dolce morire (a cura di De Santis, Gallucci, Rigliano)
Nel modello del supporto psicologico (...) l'offerta di un rapporto finisce con l'essere vuota ed esterna a un dolore che non si riesce
mai a cogliere e condividere. Secondo il modello psicologico, il terapeuta è passivo e silenzioso, inaugurando un tempo vuoto in cui
implodono aspettative che non potranno che essere eluse e deluse per la mancanza di parole atte a definire ciò che è stato e ad aprire
su nuovi significati. Giacché, per questo fine, il terapeuta deve essere invece estremamente attivo e propositivo, impegnato a
combattere e criticare, offrire e indicare blocchi e varchi, strade senza uscita e spazi possibili, che non sono stati esplorati dalle
persone. Il tempo in questo modello si declina come attesa sterile (...) La persona ne ricava (...) l'ineluttabilità di un destino già
segnato.
Psicopatologia dello sviluppo. Storie di bambini e psicoterapia (F. Celi)
C'è da chiedersi cosa fanno durante l'ora questi psicologi.
Risposta alla lettera di una lettrice nella rivista F
Oggi questi problemi si possono risolvere e invece niente ha fatto il suo psicologo a parte esibirsi in battute di spirito discutibili.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
A questo o a quell’ufficio sono adibiti insufficienti per natura; la fretta e la presunzione sono pericolosi demoni che rendono
insufficienti i più capaci, fermano ogni attività, paralizzano il libero progresso. Questo è vero degli affari del mondo, ma in modo
speciale delle scienze.

Dotti, medici e sapienti (E. Bennato)
E nel nome del progresso il dibattito sarà aperto (…) Dotti, medici e sapienti tutti al capezzale di un malato molto grave (…) così
giovane, è un peccato (…) La parola al rettore della scuola: (…)”Per me il caso è lampante e costui è solo un commediante” (…)
“No, costui è un disadattato che va subito internato” “Ha già troppo contagiato, deve essere isolato (…) e subire un trattamento
radicale, prima che finisca male” (…) “Per me è un ragazzo immaturo: non ha fatto il militare!”. “Dopo quanto avete detto, io non
posso più stare zitto e (…) lo devo avvisare di alzarsi e scappare, anche se si sente male. Se si vuole salvare, deve subito scappare
(…) Scappa!

Il mulino sulla Floss (G. Eliot)
È credibile che ** non fosse colpevole verso di lui più di quanto una macchina ingegnosa, che eseguisce il proprio lavoro con grande
regolarità, sia colpevole verso l’imprudente, il quale, avventurandosi troppo vicino ad essa, è afferrato da una trasmissione o da
qualcos’altro, e improvvisamente convertito in una poltiglia inaspettata (…) *** era uno di quegli uomini che riescono ad esser
pronti senz’essere incauti, perché i loro motivi corrono su tracce prestabilite, senza ch’essi abbiano bisogno di conciliare delle
esigenze in conflitto, (…) una persona che sapeva sempre quali erano le pietre su cui mettere i piedi per attraversare i passaggi più
fangosi della professione. Una persona che s’era fatta una discreta fortuna, che aveva una bella casa tra gli alberi (…) doveva
naturalmente sentirsi all’altezza della pubblica opinione (…) Gli uomini fortunati si prendono di tanto in tanto una piccola vendetta,
così come si prendono una distrazione, quando capita comodamente a portata di mano, senza intralciare i loro affari; e queste piccole,
spassionate vendette hanno, nella vita, una portata enorme, offrendo a chi le infligge tutta la gamma delle soddisfazioni, sia che
facciano perdere il posto all’individuo designato, sia che ne diffamino il carattere con un discorso non premeditato. Ancor più: il
vedere della gente, che non ci ha fatto se non delle offese insignificanti, degradata nel mondo ed umiliata senza alcuno sforzo
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speciale da parte nostra, può avere un’influenza consolatrice e lusinghiera. La provvidenza o qualche altro signore di questo mondo,
pare essersi assunto il compito di punire per noi; e in realtà, per un piacevole organamento delle cose, i nostri nemici, chi sa perché,
non riescono ad aver fortuna (…) Il vedere un nemico umiliato dà una certa contentezza; ma ancora sterile, in confronto con la
soddisfazione molto più raffinata di vederlo umiliato da una vostra azione benevola o da una concessione in suo favore. È questa una
specie di vendetta che si ricopre con l’epidermide della virtù, e *** aveva tutte le intenzioni di mantenere rispettabilmente salve le
apparenze. Aveva avuto una volta il piacere di far entrare un suo vecchio nemico in uno degli ospizi per la cui costruzione aveva
sottoscritto una forte somma (…) Simili cose conferiscono alla prosperità una certa completezza, e le aggiungono gli elementi di una
soddisfatta coscienza di sé, quali una gretta e miope vendicatività, sempre pronta a scagliare una diretta ingiuria, e ad infierire, non
riesce nemmeno a supporre.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
D’inverno è difficile per un falegname trovare lavoro e spesso ** stava settimane per le strade, (…) evitando l’asilo notturno per le
cimici e l’umiliazione della tosatura (…) Si beve acquavite mancando cibo, non ci si lava a fondo per tanto tempo che la pelle si
indurisce impedendo gesti garbati e l’anima viva s’intorpidisce, la personalità è schiacciata e si cammina, (…) si dorme in un pagliaio
(…) Si accumulano le denunce per vagabondaggio e accattonaggio e ogni giurista nuovo apre l’incartamento delle condanne
precedenti con aria d’importanza, come se lì dentro ci fosse la spiegazione dell’uomo **(…) Le perizie mediche sul suo stato
mentale barcollavano sotto la pressione del soprastante mondo concettuale giuridico (…) La commissione era costituita da una
ventina di dotti ai quali era possibile assumere gli uni contro gli altri qualche migliaio di opinioni. Le nozioni psicologiche di costoro
erano rimaste indietro di 50 anni ma ciò avviene facilmente quando si è costretti a lavorare in parte con gli attrezzi del vicino (…)
Sempre arretrato poi è il cuore dell’uomo di sani principi. Mai l’intelligenza è così dura arida e stramba come quando ha un’antica
debolezza di cuore! (...) L’accordo doveva somigliare alle formule che riappiccicano con una bella frase un contrasto insanabile.
Parevano propensi ad accordarsi sulla definizione secondo cui si considerano responsabili dei loro atti quei delinquenti che per
qualità intellettuali e morali risultano capaci di compiere un delitto, il che ha il vantaggio di dare molto lavoro ai delinquenti e
permetterebbe di congiungere l’appellativo di ergastolano al titolo di dottore (…) Un giurista si appellò però alla concezione
sociologica che insegna che non si deve giudicare con principi moraleggianti ma secondo la pericolosità per la società. Ne consegue
con logica ferrea che i criminali più innocenti, cioè i malati di mente, devono essere minacciati dalle pene più dure perché meno
correggibili per loro natura (…) Un partito affermava poi che bisognava decidere in primo luogo inequivocabilmente se esiste o non
esiste capacità di intendere e volere nell’imputato, perché la diminuita capacità presuppone la capacità e se l’imputato è in parte
responsabile deve essere punito interamente perché non si può esercitare altrimenti la giustizia penale su quella parte (…) Contro
questo partito un altro osservava che la natura non osserva quel principio; producendo anche individui semi-infermi di mente per cui
si può solo mitigare la pena. Un giurista disse che si doveva assolvere l’imputato parzialmente infermo di mente se si può dimostrare
che i suoi vaneggiamenti giustificano l’azione. Un altro professore, forse perché collega e amico da troppo tempo del primo per non
arrivare a un contrasto, osservò che tale individuo, in cui non potendo giuridicamente ammettersi la coesistenza di due stati (la
giurisprudenza non si basa sulla natura), gli stati di responsabilità e irresponsabilità si susseguono rapidamente, sia da assolvere se si
può dimostrare che proprio nel momento del crimine era impossibile per lui dominarsi. È facile capire per il profano che al
delinquente può essere altrettanto difficile non lasciarsi sfuggire nessun attimo di volontà sana al momento dell’azione quanto nessun
pensiero che potrebbe motivare la punibilità; ma non è compito del diritto offrire un letto di piume al pensiero e all’azione etica (…)
Gli psichiatri legali dichiarano veramente malate solo le persone che non sanno guarire, il che è una modesta esagerazione perché
non sanno guarire neanche le altre (…) Essi dividono in inguaribili, in afflitti da malattie che col tempo migliorano da sé e altri le cui
malattie sono inguaribili ma evitabili al momento giusto con opportune considerazioni del seminfermo (…) La natura ha la strana
mania di produrre in abbondanza tali individui; la natura non fa salti e (…) anche in scala più grande ama tenere il mondo in uno
stato intermedio fra la sanità e l’idiozia (…) Coloro che appartengono al secondo e terzo gruppo sono quei malati di qualità inferiore
che l’angelo della medicina tratta come infermi se si presentano a lui come clienti privati, ma che abbandona all’angelo della
giustizia se gli capitano tra i piedi nella pratica giudiziaria (…) ** era stato ammesso e dimesso da infiniti manicomi e considerato
nella sua vita paranoico, epilettico e pazzo periodico prima che nell’ultimo processo due psichiatri particolarmente coscienziosi gli
restituissero la sanità. S’intende che nella grande aula non c’era una persona, compresi i due medici, che non fosse convinto della sua
malattia, ma egli non era malato nel modo conforme alle condizioni poste dalla legge, (…) perché la responsabilità, dicono i maestri
del diritto, è lo stato in cui si possiede la forza di determinarsi a uno scopo indipendentemente da ogni necessità coercitiva (…)
Inoltre la logica dei giuristi presuppone che in tutti i malati di mente esiste una minima capacità di disporre di sé e distinguere e di
resistere con uno sforzo agli impulsi (…) Viene da piangere nel constatare com’è scipito il sommo grado dello sforzo umano verso la
precisione (…) È un fenomeno noto che l’angelo della medicina dimentichi spesso la propria missione (…) Al processo ** per motivi
di dignità non ammetteva di essere infermo di mente, distribuiva approvazioni al procuratore e ai testi che asserivano di non aver mai
osservato in lui segni di irresponsabilità. E il giudice lo lusingava e tirava i lacci che ** si era messo (…) e appariva quasi benigno
nella sua premura per assecondarlo e suggerirgli idee (…) I motivi del crimine derivavano dall’aggrovigliata solitudine della sua vita,
che esisteva solo per lui (…) come una nebbia che muta contorni e forme continuamente. Certo ** avrebbe potuto chiedere ai suoi
giudici se la loro vita in sostanza fosse poi tanto diversa. Ma non gli venne neppure in mente (…) Il presidente, divenuto tutto
serenità, gli lesse la sua condanna a morte (…) ** non disse nulla perché non sembrasse paura e (…) poi il suo spirito cedette (…) e
gridò: “Sono soddisfatto ma debbo confessare che avete condannato un pazzo!”*** rimase senza fiato. Questa era follia evidente.
*** pensò: “Se l’umanità fosse capace di fare un sogno collettivo sognerebbe **.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
Appena si parla di libertà dell’uomo in generale più che di un individuo, se ne parla in un modo astratto che rende insolubile il
problema; e questo avviene appunto perché un uomo ha la libertà di scegliere, un altro l’ha perduta (…) L’idea della punizione (…) è
basata principalmente su quella che è (…) una misura di protezione per la minoranza degli “abbienti” contro la maggioranza dei “non
abbienti”, ed è un simbolo di potere punitivo dell’autorità (…) Si deve avere un responsabile (…) Il problema della libertà di scelta
non può essere risolto senza considerare che forze inconsce ci determinano, sebbene (…) lascino con la (…) convinzione che la
nostra sia una scelta libera (…) Gli argomenti a favore del libero arbitrio sembrano contraddire l’esperienza di ogni giorno (…) Si
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può effettivamente sostenere che un uomo cresciuto in miseria materiale e spirituale, che non ha mai sperimentato l’amore, il cui
corpo è stato condizionato (…) da anni di abuso (…), che non ha avuto la possibilità di mutare la sua condizione, sia “libero” di fare
la sua scelta?

Astro
Ho assistito a una conferenza di grafologia in cui una psicologa molto famosa ha affermato che attraverso la grafologia è possibile
identificare con tre indizi segni-grafici se una persona propende all’atto criminoso. Un’altra psicologa ha asserito l’importanza della
fisiognomica per decifrare dall’aspetto esteriore il probabile criminale: questa è una vera sciocchezza, sia perché la fisiognomica è
stata la cosiddetta “scienza” che ha fatto condannare streghe e stregoni per più di quattro secoli, sia perché è stata sconfessata dal
punto di vista antropologico e dal punto di vista criminologico. Invece hanno detto addirittura che chi cammina come Salvatore
Parolisi è un probabile omicida e deviato sessuale e che dall’esame della calligrafia Michele Misseri risulta colpevole in barba a sua
figlia. Tuttavia gli inquirenti hanno messo in contraddizione sua figlia.

Psicologia della comunicazione (P. Di Giovanni)
Le persone normalmente scoprono se uno mente con la stessa probabilità di chi tira ad indovinare (...) ed ad avere prestazioni
peggiori sonoproprio le persone che hanno teorie su come si riconoscono i bugiardi e pensano di poter scoprire la menzogna da
semplici indizi (...) forse perchè la menzogna può invce trapelare ora da un difetto di mascheramento ora da un eccesso di esso e (...)
perchè gli indizi di menzogna sono segno di tutt'altro (...) Inoltre si può tranquillamente mentire anche con la comunicazione non
verbale (...) solo non perfettamente (...) Sembra che mentire sia una capacità innata, eredità dell'evoluzione biologica (...) L'inganno è
aasi diffuso nel regno animale e c'è motivo di credere che la comunicazione sia nata per ingannare.
Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
Ci si sforzò a lungo di capire come mai l’imputato mentisse (…) Alla fine gli psicologi giunsero ad ammettere la possibilità che
davvero non avesse guardato nel borsellino (…) Ne trassero subito la conclusione che anche il delitto non poteva essere stato
commesso che sotto un impulso morboso e monomaniacale (…) senza idea di profitto (…) Qui cadde a proposito una nuova teoria
allora di moda, quella dell’alienazione mentale transitoria. Per di più, le vecchie ipocondrie di ** furono confermate (…) Tutto ciò
portò a concludere che ** non somigliava affatto al solito tipo di delinquente (…) ma che si trattava di qualcos’altro. Con grande
dispetto dei fautori di questa opinione, l’imputato non si sforzò quasi per nulla di difendersi (…) rispose con chiarezza che alla base
di tutto erano state le sue pessime condizioni di vita (…) e il suo carattere pusillanime. Infine, alla domanda: cosa lo avesse spinto a
confessare, rispose chiaro che si era trattato d’un sincero pentimento. Questo, poi, era addirittura banale…

Nei giorni del colore prismatico (M. Moore)
La complessità si agita per confondersi con l’orrendo sofisma che la misura del risultato è l’insistenza e che la verità deve essere
oscura (…) Il sofisma è ciò che è sempre stato, agli antipodi delle grandi verità fondamentali.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Tutto ciò che diceva (…) era così semplice, mentre ciò che proponevano loro era così complesso (…) da rendere loro indubbio che
** era stupido e vecchio mentre loro erano defraudati del potere

Smisurata preghiera (Fabrizio De André – Ivano Fossati)
China e distante sugli elementi del disastro delle cose che cadono al di sopra delle parole celebrative del nulla lungo un facile vento
di sazietà e di impunità, recitando un rosario di ambizioni meschine, di millenarie paure e di inesauribili astuzie e coltivando
tranquilla l’orribile varietà delle proprie superbie, la maggioranza sta, come una malattia, come una sfortuna, come un’anestesia,
come un’abitudine.

La disobbedienza civile (H. Thoreau)
Mi piace immaginare uno stato che non consideri in contrasto con la propria tranquillità il fatto che alcuni vivano in disparte.

Dialogo della natura e di un islandese in Operette morali (G. Leopardi)
Conobbi per prova come egli è vano a pensare, se tu vivi tra gli uomini, di potere, non offendendo alcuno, fuggire che gli altri ti
offendano; e cedendo sempre spontaneamente e contentandoti del menomo in ogni cosa, ottenere che ti sia lasciato un qualsivoglia
luogo, e che questo menomo non ti sia contrastato.

I persuasori occulti (V. Packard)
L’impiego della psicanalisi di massa nelle grandi offensive di “persuasione” sta ormai alla base di una industria multimiliardaria (…)
Vi sono specialisti che studiano sistematicamente le nostre segrete debolezze e vergogne nell’intento di influenzare più efficacemente
il nostro comportamento (…) E lo inducono un senso di apprensione e di scontento nei confronti del proprio fisico (…) Psichiatri
(…) psicologi e sociologi (…) prestano opera di consulenti “pratici” presso varie ditte oppure aprono per conto proprio degli istituti
di ricerca (…) È comune la pratica di manipolare i bambini prima che abbiano raggiunto l’età in cui sono responsabili delle proprie
azioni (…) e quella di subordinare la verità all’ottimismo lasciando il cittadino all’oscuro della reale situazione del paese (…) Di
analisti motivazionali e persuasori si servono (…) i produttori di beni di consumo (…) i produttori di beni di consumo, (…)
pubblicisti, uomini politici, istituti di beneficienza e addetti agli uffici personale (…) uomini di Chiesa e chiunque altro abbia
qualcosa da “promuovere” (…) Il comportamento degli uomini si controlla più facilmente attraverso le loro emozioni che attraverso
il loro intelletto (…) Tale manipolazione implica necessariamente il disprezzo dell’individuo (…) Sono convinto che la nostra
economia può continuare a espandersi senza psicanalizzare i bambini (…) e simili indegni espedienti. Ci resta un ottimo mezzo di
difesa contro questi persuasori: allorché impariamo a riconoscere gli espedienti dei persuasori si crea automaticamente in noi un
meccanismo di difesa (…) Talvolta è piacevole essere illogici, ma io preferisco essere illogico di mia libera volontà senza che
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nessuno mi ci induca con l’inganno. Il sopruso più grande che i persuasori commettono è il tentativo di insinuarsi nell’intimità della
mente umana (…) Essi sono nella condizione di esercitare una influenza benefica o malefica su scala senza precedenti e in
brevissimo tempo. Possono costoro giustificare la manipolazione delle masse con l’argomento che qualsiasi iniziativa atta a
incrementare la produttività nazionale è da considerarsi positiva o con l’argomento che la vecchia massima “il consumatore deve
saper badare a se stesso” li esime da ogni responsabilità nei confronti di tecniche antisociali?

Storia della guerra del Peloponneso (Tucidide)
Soprattutto quelli che fanno del male a qualcuno senza ragione persistono fino a distruggerlo, sospettando il pericolo della
sopravvivenza del nemico: chi infatti subisce del male senza necessità, se scampa è più duro di un nemico che gli sia pari.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Come ogni buona dittatura sa, bisogna spezzare le persone e spezzarle subito. Se la paura impedisce la messa in atto di una ribellione,
la vergogna rende impossibile anche solo pensarla

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Oggi la violenza consiste nel rendere pazzi e miseri i nemici attraverso il terrore e le umiliazioni.

1984 (G. Orwell)
Il potere consiste nel fare a pezzi i cervelli degli uomini, (…) nel creare automortificazione e dolore (…) Quel che soprattutto contava
era la polizia del pensiero, la cosiddetta Psicopolizia (…) Avrebbe potuto cogliervi in qualsiasi momento (…) Si doveva vivere
tenendo conto che qualsiasi suono prodotto sarebbe stato udito, ogni movimento sarebbe stato visto (…) Gli occhi avrebbero
guardato sempre (…) Da svegli o mentre si dormiva, mentre si mangiava, dentro casa o fuori, nel bagno a letto (…) non c’era modo
di sfuggirle (…) Un reato significava sparire (…) Nessuno – avrebbe potuto nominarvi.

Memorie (L. de Saint-Simon)
Luigi XIV si studiava con gran cura d’essere bene informato di quanto accadeva ovunque, nei luoghi pubblici, nelle case private,
nelle relazioni mondane, nel segreto delle famiglie e delle amicizie. Spioni e referendari erano infiniti. Ce n’era d’ogni sorta: parecchi
che ignoravano che le loro delazioni giungessero fino a lui, altri che lo sapevano, alcuni che gli scrivevano direttamente facendogli
pervenire le loro lettere per le vie che egli aveva loro prescritte (…); altri infine gli parlavano talvolta in segreto (…) Appunto a
questa curiosità si dovettero le pericolose funzioni del luogotenente di polizia. Le quali si facevano sempre più importanti (…) Oltre
ai rapporti di cose serie, attraverso di loro pervenivano le galanterie e le sciocchezze (…) La più crudele di tutte le vie per le quali il
re fu informato (…) fu quella dell’apertura delle lettere, prima che se ne accorgesse. Così ebbero tanto credito coloro che ne ebbero
l’appalto (…) onde vi si arricchirono enormemente alle spese del pubblico e dello stesso re. È difficile farsi un’idea della prontezza e
abilità di tale manovra (…) Il re era sensibile alla presenza continua delle persone più distinte, ma anche di quelle dei ranghi inferiori.
Guardava a dritta e a manca al suo levare, al suo coricarsi, a tutti i pasti e passando nei suoi appartamenti e nei suoi giardini (…) A
poco a poco egli ridusse tutti a servire, (…) all’uguaglianza e a trottare di pari passo con tutti (…) Per chi lasciava o evitava il
servizio la disgrazia era certa.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Non era un’implacabile nemica (…) Napoleone si credeva sfidato da tutto ciò che aveva in sé un’indipendente grandezza; la bassezza
gli pareva fedeltà, la fierezza rivolta (…) Infiniti particolari dell’oppressione di Bonaparte si sono persi nella generale tirannia: i
perseguitati temevano di incontrarsi con gli amici per paura di comprometterli; gli amici non osavano far loro visita nel timore di
attirare su di essi nuovi rigori. L’infelice proscritto, diventato un appestato sequestrato dal genere umano, viveva in quarantena sotto
l’odio del despota (…) Non gli restavano che le autorità in atto di spiarne amicizie e affetti, corrispondenza, spostamenti (…) Tra
dispotismo e uguaglianza ci sono segreti legami.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Come migliaia di innocenti erano state condannate come streghe nel Medioevo, così moltitudini di russi furono epurati (…) Fu
proprio perché non c’era niente da scoprire che gli arresti in Russia raggiunsero proporzioni così fantastiche (…) L’effetto della
caccia alle streghe americane è di produrre un livello generale di conformismo (…) da cui chi dissente lo fa a proprio rischio
economico.

Non ho parole (L. Goldoni)
Seguendo le cronache dei processi per le schedature Fiat e tutte le altre indagini personali che tante industrie hanno commissionato
prima di assumere un dipendente (…) La prima cosa che mi ha colpito è che in questo paese dove non funziona nulla (…) l’unica
organizzazione superefficiente è l’investigazione sulle idee degli incensurati. In qualche archivio c’è una cartella personale di tutti noi
(…) Le idee e la moralità personale non sono sufficienti: cito alcune schede affiorate dalle indagini della magistratura: “La fidanzata
di buona moralità, tuttavia simpatizza per il PCI”; “La madre notoriamente depravata risulta invece avere solo due amanti fissi” (…)
Si sarà suggerito di dire alla madre: mamma puoi fare con un amante solo se no non mi assumono?

Annali (Tacito)
Spie e delatori si arricchirono enormemente sotto il regno di Tiberio (…) e si moltiplicarono appena fu stabilito il reato di lesa maestà
(…) L’uomo prima creò un’atmosfera di falsa intimità dando e accettando confidenze (…) poi fece sfogare a lungo la sua vittima
mentre altri delatori ascoltavano appostati nella bassa soffitta oltre il soffitto della stanza (…) Nessuno si fidò più degli amici e dei
familiari.

Una manciata di more (I. Silone)
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Per il partito non esiste privato.

Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
“Abbiamo fatto molti passi avanti nelle nostre convinzioni: neghiamo molte più cose! In questi ultimi tempi si è dibattuta una
questione: un membro della comune ha diritto di entrare nella stanza di un altro membro, uomo o donna che sia, in qualsiasi
momento? Ebbene si è deciso che si ha questo diritto” (…) Egli si era messo a servire il progresso (…) anima e corpo (…)
Apparteneva a quella eterogenea e sconfinata schiera di individui banali (…) che hanno studiato male un po’ di tutto.

Ricordi (F. Guicciardini)
Conviene a ogniuno el ricordo di non comunicare e’ secreti suoi se non per necessità, perché si fanno schiavi di coloro a chi gli
comunicano, oltre a tutti gli altri mali che el sapessi può portare. E se pure la necessità vi strigne a dirgli, metteteli in altri per manco
tempo potete perché nel tempo assai nascono mille pensamenti cattivi (…) Lo sfogarsi qualche volta de’ piaceri e dispiaceri suoi è
cosa di grande conforto, ma è nociva: però è saviezza lo astenersene, se bene è molto difficile (…) Un uomo che non sia prudente
non si può reggere senza consiglio. Nondimeno gli è molto pericoloso pigliare consiglio, perché chi lo dà ha spesso più
considerazione allo interesse suo che a quello di chi lo dimanda: anzi prepone ogni suo piccolo rispetto e satisfazione allo interesse,
benché gravissimo e importantissimo, di quello altro. Però dico che chi si truova in tale grado bisogna che si abbatta in amici fedeli e
buoni; altrimenti porta pericolo di non fare male a pigliare consiglio, e male e peggio fa a non lo pigliare.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
All’ora di cena i bambini venivano mandati a spiare nelle altre case (…) Non era possibile parlare in due.

Villette (C. Brontë)
Era determinata e tenace nella conduzione dell’istituto (…) Spiava ogni movimento delle sue dipendenti (…) Frugava nei cassetti,
apriva le lettere personali. Poi riponeva tutto in perfetto ordine.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Concepiva la bontà innanzitutto nella forma d’un attaccamento incrollabile alle persone che amava, ai suoi, (…) a tutte le persone
(…) capaci di rispettare quelli che lei amava (…). Una concezione ristretta (…). Ma (…) sincera (…)
Era un uomo capace di tutto per spezzare tra i fedeli ogni legame che non avesse per scopo esclusivo la sempre più forte coesione del
gruppo.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
C’è un certo tipo di mentalità che è disposta ad accettare certe idee solo se gli sono esposte nel suo stesso linguaggio.

La banalità del male (H. Arendt)
Essere idealisti, secondo Eichmann, voleva dire essere pronti a sacrificare tutti alle proprie idee se necessario facendo in modo che i
sentimenti e la sensibilità non interferissero. La sua durezza lo giustificava ai suoi occhi provando che agiva secondo il dovere e non
secondo sentimenti e desideri (…) La coscienza di Eichmann quando funzionò (all’inizio della sua attività) lo fece in modo parziale:
si ribellava solo all’assassinio di persone provenienti dallo stesso ambiente culturale e questo tipo di coscienza era comune ai
tedeschi ed è sopravvissuto al Reich. Questo modo di pensare che distingue tra l’uccisione “primitive” e l’uccisione di persone
“civili” non è prerogativa del solo popolo tedesco come esemplifica per esempio il film Il dottor Stranamore che propone di
preservare solo persone con IQ superiore. Anche chi congiurò contro la vita di Hitler durante la guerra non lo fece per il rimorso per
le sofferenze inflitte ad altri esseri umani.

I Demoni (F. Dostoevskij)
I nostri non sono solo quelli che sgozzano o che bruciano, che fanno i classici spari o che mordono, (…) ma l’avvocato che difende
l’omicida istruito, dicendo che egli è più evoluto delle sue vittime e che per procurarsi denaro non poteva non uccidere è già dei
nostri. Gli scolari che ammazzano (…) per provare delle emozioni sono dei nostri. I giurati che assolvono tutti i delinquenti sono dei
nostri (…) Tra gli amministratori, tra i letterati dei nostri ce ne sono molti, moltissimi, e loro stessi non lo sanno (…) Gli educatori
scoppiano dalla bile, ovunque c’è una vanità di proporzioni smisurate (…) Il sangue altrui serve a cementare il gruppo (…) Ogni
membro della società vigila sull’altro ed è obbligato alla delazione. Ognuno appartiene a tutti.

Uscita di sicurezza ( I. Silone)
La tirannia dei mezzi sui fini è la morte dei fini. La riduzione dell’uomo a strumento e materia prima dà un carattere mistificatorio a
ogni pretesa di voler assicurare un bene.

Fontamara (I. Silone)
Ribelli al lavoro pesante, troppo deboli e vili per ribellarsi ai ricchi e alle autorità, essi preferivano servirli per ottenere il permesso di
rubare e opprimere gli altri (…) In gruppo malvagi, traditori. Sempre essi erano stati al servizio di chi comanda e sempre lo saranno
(…) ora con una divisa speciale.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
La vita del singolo è da considerarsi la cosa più importante.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Gli stoici contribuirono a diffondere la cultura e la filosofia greca a Roma, soprattutto grazie all’oratore, filosofo e uomo politico
Cicerone (106-43 a.C.), al quale si deve il concetto di “umanesimo”, cioè un atteggiamento nei confronti della vita che pone al centro
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di essa il singolo individuo. Lo stoico Seneca (4 a.C.-65 d.C.) disse alcuni anni più tardi che l’uomo è per l’uomo qualcosa di sacro,
affermazione che diverrà il motto di tutto l’umanesimo.

Autoritratto (F. Truffaut)
L’umanista è colui che ama l’individuo e non la società.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
In realtà la tolleranza dovrebbe rappresentare una mentalità transitoria e guidare a un pieno riconoscimento. Tollerare è offendere.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
La tolleranza non è per nulla attinente con la mia personalità.
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COMPASSIONE (DOLORE E VERITÁ)

Nicholas Nickleby (C. Dickens)
Non sono pochi i discepoli della carità che richiedono, nell'esercizio della loro vocazione, quasi gli stessi eccitamenti dei seguaci del
piacere. Accade ogni giorno che una simpatia morbosa, una compassione male ispirata vada a cercare degli oggetti troppo lontani (...)
La carità (...) vuole del romanzesco; è meglio ancora se nel romanzesco non c'è troppa vita quotidiana dura, reale e penosa.

Descrizione generale dei tipi in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Nell’atteggiamento estroverso la relazione psicologica si regola sempre su fattori obiettivi, su condizioni esterne. Ciò che un
individuo è interiormente non ha mai valore determinante. Per la nostra civiltà attuale è l’atteggiamento estroverso a servire da
principio normativo nel problema delle relazioni fra gli uomini.

Il problema dei tipi nella conoscenza degli uomini in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Il continuo emettere giudizi, mai basati su una vera riflessione, è l’estroversione di un’impressione fugace, la quale non ha nulla a che
fare con un pensiero vero e proprio (…) “Pensare è così difficile che la maggior parte degli uomini emette giudizi.” Riflettere
richiede innanzitutto tempo, perciò chi riflette non può continuamente esprimere giudizi. L’incoerenza e l’inconseguenza dei giudizi,
la loro dipendenza dalla tradizione e dall’autorità denunciano l’assenza di un pensiero autonomo; allo stesso modo la mancanza di
autocritica e di opinioni personali indica una deficienza nella funzione del giudizio (…) L’affettività, palesemente superficiale, è (…)
differenziata e (…) suscettibile di adattamento, a danno però della vita spirituale interiore (…) È (…) allo stato embrionale (…)
caratterizzato da infantilismo, (…) da continui (…) motivi egoistici malamente mascherati (…) Il modo di pensare e di sentire semi-
inconscio è (…) applicato incoerentemente e sconsideratamente, (…) spesso sotto forma di giudizi privi di riguardo (…) squallida
ferocia, rozzezza e stupidità (…) Se la passionalità introversa si esprime in azioni rozze, la volgarità dei pensieri e dei sentimenti
inconsci dell’estroverso agisce altrettanto brutalmente sull’anima della vittima e non so cosa sia peggio. Lo svantaggio, nel primo
caso, è che l’azione è visibile, mentre la bassezza di sentimenti del secondo si nasconde dietro la maschera di un comportamento
lodevole.

Descrizione generale dei tipi in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Come il “tipo di pensiero” estroverso si sottomette alla sua formula, così deve fare anche il suo ambiente, per il suo proprio bene (…)
Il suo ideale (…) è, secondo lui, (…) una verità universalmente valida, indispensabile (…) E ciò non per amore del prossimo, ma in
base al superiore punto di vista (…) A tutto ciò che appare per natura sua propria in contraddizione con una tale formula (…) viene
(…) provveduto con un’organizzazione speciale, ad esempio con case di ricovero (…) Quanto più ristretta è la formula tanto più
questo tipo diventa (…) un critico saccente che vorrebbe comprimere se stesso e gli altri in uno schema.

Confessione di un delitto (A. De Castiglione)
Come tutti i medici di chiara fama, il Prof. ** non stringeva la mano ai pazienti, non visitava a domicilio e, appena poteva, non
emetteva fattura (…) Ma a queste caratteristiche, se ne aggiungevano altre: ad ogni visita (…) ascoltava in silenzio, non perché
interessato a quanto gli veniva raccontato, ma perché, restando muto, poteva liberamente pensare a come avrebbe passato il weekend,
(…) ma con studiata lentezza leggeva invece lastre. In quell’attesa con sottile piacere sentiva la tensione crescere nello studio (…) gli
dava un’inebriante sensazione di potere. Tutte le sue soddisfazioni sembravano dipendere dalle sue molteplici specializzazioni (…)
Se avesse invece saputo osservare i suoi pazienti forse da loro avrebbe potuto imparare cosa è la vita o cosa può essere (…) E non è
forse solo l’amore per questa vita che ci permette di avere pietà di noi stessi, e di prenderci cura del prossimo? (...) E non era questo
che quella vedova cercava nel suo prestigioso studio? La povera donna si sarebbe accontentata di qualche ricostituente, di un periodo
di riposo raccomandato con calore o di un semplice day-hospital, dove qualcuno si sarebbe occupato, se non di lei, almeno della sua
salute. Naturalmente, il Prof. ** vide in lei solo una donna anziana, senza alcun sintomo degno di nota. Nel suo intimo pensava che
chi riusciva a trovare il tempo e la voglia di lamentarsi, dovesse sentirsi inconsciamente attratto dalle proprie disgrazie (…) Era
convinto che chi invecchia precocemente in realtà volesse invecchiare, così come i senzatetto non desideravano veramente una casa, i
disoccupati non cercavano con determinazione un lavoro e gli emarginati in verità stavano bene da soli.
Diagnosi: senilità
Terapie: nessuna
Totale: L. 400.000

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
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È semplicistico e pericoloso dire che avere aspettative positive possa guarire tutte le difficoltà; enfatizzare la responsabilità e la sceltà
arreca grave danno in vittime di abusi (...) Il benessere psicologico è un concetto non ancora compreso.

Il dolce morire (a cura di De Santis, Gallucci, Rigliano)
Secondo una nota sintesi attualmente ci si deve attendere "vite più lunghe e salute peggiore, malattie più lunghe e malattie più lente,
vecchiaia più lunga e demenza crescente" (...) Oggi che il cancro non provoca più morti rapide per malattia acuta, (...) il dolore che
esso provoca nelle fasi terminali è devastante e senza durata, persistente (...) L'OMS ha duramente stigmatizzato la desolante
situazione in cui versano milioni di ammalati di cancro che sono costretti a tollerare sofferenze indicibili nonostante siano disponibili
farmaci in grado di trattare con successo la maggior parte di questi dolori (...) Importanti progetti di ricerca hanno rivelato la
drammatica inadeguatezza dei trattamenti analgesici (...) E nelle cartelle cliniche si è rilevata a volte la mancata prescrizione di
qualsiasi analgesico nella fase terminale ad esempio di malati di AIDS (...) I medici hanno forti resistenze verso gli oppioidi (...) a
causa della mancanza di politiche nazionali sulla terapia del dolore e sulle cure palliative (...) e dei costi delle terapie, che in alcuni
casi non vengono coperti dai SSN (...) E i fondi disponibili per la sanità inevitabilmente diminuiranno ancora, a causa del crescente
numero di anziani (...) Assente o pregiudicata appare, d'altra parte, la ricerca di farmaci alternativi agli oppioidi. Ad esempio il
metadone è, in questi casi, alternativa efficace ed economica. A Londra si è sperimentata anche l'eroina, suscitando proteste
nonostante la sua efficacia (...) Nonostante numerosi organismi internazionali abbiano attivato, ormai da anni, programmi di
formazione per favorire l'uso degli oppioidi, in molti medici continua a prevalere la resistenza a utilizzarli (...) anche laddove, come
nel caso di pazienti affetti da patologie maligne, restano pochi giorni da vivere (...) e perciò l'assuefazione causata da essi non è
importante (...) E alcuni studi hanno rilevato che i medici ambulatoriali tendono a non prescrivere analgesici ai malati di AIDS
soprattutto quando sono donne o tossicodipendenti (...) E la depressione nei malati terminali è resistente al trattamento, specie per
l'alto numero di drop-out determinato dagli effetti collaterali degli antidepressivi (...) e a causa dello scarso margine di tempo.

Dott. Costantino Benedetti
Ogni anno in Italia si consumano 22 milioni di dosi di oppioidi per ridurre il dolore di 60.000 malati terminali e, nello stesso lasso di
tempo, ne muoiono 150.000. Ciò si traduce in 90.000 pazienti che muoiono soffrendo atroci dolori. Se a questi dati si aggiungessero
quelli relativi agli altri tipi di dolore cronico, si raggiungerebbe un numero di malati altissimo, pari quasi al 15% dell'intera
popolazione (...) Sono passati sette anni da quando l'allora ministro della Sanità Umberto Veronesi ha iniziato a rimuovere alcune
importanti barriere che potevano impedire ai medici di prescrivere più facilmente gli oppiacei, ma l'Italia resta ultima in Europa
nell'uso di questi farmaci, nonostante si collochi terza nella prevalenza del dolore cronico e prima per il dolore cronico severo.

Protocollo online d'uso clinico degli analgesici a cura del dott. Marco Visentin – Regione del Veneto
L'efficacia dei FANS è limitata da un effetto tetto per cui si raggiunge una dose massima al di là della quale possono aumentare gli
effetti collaterali ma non quello analgesico (...) È da evitare la somministrazione di più tipi di FANS perché, possedendo il medesimo
meccanismo d'azione, i loro effetti collaterali si sommerebbero (...) Gli oppioidi invece non presentano effetto tetto e quindi è
possibile aumentare l'effetto analgesico con l'aumento del dosaggio (...) Gli oppioidi deboli possono sostituire i FANS in caso di
controindicazione dell'uso di questi ultimi e si associano a essi in caso d'inefficacia (...) Avendo FANS e oppioidi meccanismo
d'azione differente, non danno luogo a sommazione degli effetti collaterali mentre gli effetti analgesici sembra che si sommino,
perciò hanno un ruolo nel dolore intenso (...) Gli effetti collaterali frequenti (...) non sono particolarmente preoccupanti e spesso
diminuiscono dopo i primi giorni. La depressione respiratoria non si verifica mai se gli aumenti di dosaggio vengono condotti
gradualmente (...) La necessità di aumentare il dosaggio per raggiungere l'azione analgesica è un effetto normale, ma spesso viene
confusa con la tolleranza la necessità di aumentare le dosi per controllare un dolore che cresce in conseguenza della crescita
neoplastica. E comunque ciò non costituisce un problema, dal momento che le dosi possono essere aumentate di molte volte. D'altra
parte si osserva che a volte i dosaggi efficaci si mantengono costanti a lungo. Talora per ovviare alla tolleranza si può inoltre passare
a un oppioide diverso (non sempre esiste la tolleranza crociata) (...) La sindrome di astinenza (...) è facilmente evitata mediante una
sospensione graduale (...) La dipendenza psicologica (...) è un'evenienza eccezionale tra chi assume tali farmaci per fini analgesici
(...) Può capitare anche che venga erroneamente considerato dipendente dagli oppioidi chi venga trattato con dosaggi insufficienti
soprattutto per frequenza (ad esempio con preparati a pronto rilascio ogni 6-8 ore quando la loro farmacocinetica fa prevedere la
necessità di somministrarli ogni 4 ore).

http://www.slideshare.com/guida-per-gli-utenti-delle-biblioteche
Quando si considera la malasanità italiana si deve riflettere soprattutto su quanto segue: i ginecologi attirano le critiche online più
aspre, rancorose e meritate in assoluto per gli anni di ritardo nelle diagnosi di malattie dolorose e/o serie per i rischi che comportano
(compresa la loro evoluzione in malattie sempre o potenzialmente letali o comunque gravi come nei casi tipici dell’endometriosi e
del lichen scleroatrofico), per la prescrizione di farmaci e di interventi chirurgici pericolosi senza la dovuta informazione e per
l’esecuzione di esami dolorosi senza anestetici o perfino brutale o di test-truffa come alcuni di quelli immediati per la candida non
ospedalieri e terapie costose e prive di evidenza scientifica (es. Monnalisa, radiofrequenza, ecc.), senza contare che non sono pochi i
processi intentati per negligenza o imperizia nell’assistenza al parto con esiti molto gravi e permanenti su bambini fino a quel
momento sani (anestesie, monitoraggi mal eseguiti, ecc.); i fisiatri (e i fisioterapisti) sono inutili e dannosi in moltissimi casi, anche
se spesso i dottori di base prescrivono visite fisiatriche quando non vogliono occuparsi di un disturbo anche molto doloroso di un
paziente e perfino quando risolvibile semplicemente dormendo con un bite e con l’uso occasionale di un miorilassante o di una
piscina termale calda (spiccano quelli delle prescrizioni di massaggi, busti o anche interventi chirurgici per scoliosi, di pilates e
manipolazioni per i fibromialgici e di agopuntura); i dermatologi a volte dicono di far controllare dopo 6 mesi un neo normalissimo,
spesso consigliano i prodotti in base a interessi economici personali nel prescrivere un certo marchio e ancora più spesso prescrivono
inefficaci e superflui interventi, integratori e creme senza cercare le cause del problema prescrivendo esami del sangue e
dell’intestino e informandosi sull’alimentazione del paziente e sui prodotti da lui usati per pelle, capelli e denti; gli allergologi non
fanno prevenzione di altre allergie oltre a quelle individuate e delle malattie correlate (es. quelle della pelle oppure autoimmuni), non
informano sempre sui farmaci disponibili e soprattutto a volte non fanno test completi e non dicono cosa evitare per curare le allergie
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(confondono, intenzionalmente o meno, allergie da contatto con quelle da alimenti riguardo a un elemento isolato dal test, danno
indicazioni solo riguardo ad alcune delle allergie emerse oppure informano solo in una busta chiusa separata dai referti così capita
che le istruzioni non vengano lette) oppure parlano a vanvera per ragioni di mercato spingendo a spendere per alimenti senza glutine
o lattosio e depuranti da tossine o da candidosi intestinale o a fare un’inutile idrocolonterapia, proprio come fanno diversi naturopati;
i dentisti sono pericolosi soprattutto quando prescrivono apparecchi per denti (es. i bite), chirurgia per la mandibola ed estrazione di
denti non cariati (es. quelli del giudizio) senza specificare nè i rischi e la durata del trattamento né la necessità di un apparecchio
finale immobilizzatore a vita oppure dando a intendere che non esistono rimedi alternativi e che le ragioni per questi interventi e
apparecchi non sono di tipo meramente estetico; non pochi gastroenterologi non informano per tempo sui sintomi delle infezioni
intestinali batteriche coloro che, avendo stipsi cronica e conseguente tendenza per lo meno a ragadi, rischiano di fraintenderli, e non
li avvertono del frequente buon esito di una breve terapia antibiotica anche in assenza d’infezione in alcuni casi di sintomi simili a
questi e del legame stretto tra intestino, utero e sistema immunitario, ma soprattutto non prescrivono adeguata terapia a pazienti con
stipsi, colite e sindrome del reflusso gastroesofageo, nonostante la gravità delle conseguenze a breve e lungo termine, tra cui è
compresa la morte per atonia intestinale (molto spesso la sindrome da reflusso non viene nemmeno diagnosticata); se molti
proctologi prescrivono la manometria senza alcuna motivazione clinica (per interesse economico), alcuni di loro fanno la visita
creando disagi in realtà evitabili, prescrivono una preparazione con peretta in genere impossibile (le perette in commercio oggi sono
fatte in modo da essere pressoché inutilizzabili), non prescrivono terapie efficaci per la stipsi e a volte perfino per i disturbi anali
visitati, non sono subito precisi nella diagnosi solo per spingere a una seconda visita con loro e non informano sull'inefficacia degli
antidolorifici prescritti in Italia per trattare le conseguenze della chirurgia nella sensibile zona anale; gli endocrinologi non di rado
prescrivono l'Eutirox troppo facilmente provocando una dipendenza dalle conseguenze rilevanti e che si potrebbe evitare quando i
sintomi hanno cause diverse e non sono molto rilevanti; i neurologi prescrivono spesso esami e farmaci inutili e molto dannosi e non
informano sui metodi migliori per trattare il dolore cronico; i cardiologi vanno temuti se prescrivono farmaci prima degli esami e se
rinviano per un esame a un luogo diverso dall'ospedale; gli urologi sono pericolosi soprattutto quando non si accorgono o non
rilevano a voce e per iscritto che esame delle urine e urinocoltura non sono tra loro coerenti (referto da annullare per errore di
consegna), prescrivono tamponi uretrali alle donne e non informano le donne con tenesmo e/o gonfiore e dolore in zona clitoride-
uretra o vescica che questi sintomi sono propri anche di malattie della pelle vulvare, infezioni vaginali, endometriosi o
infiammazione pelvica di competenza del ginecologo e del patologo vulvare e che chiunque lo ignori e stia soffrendo può facilmente
confondere piccole perdite ematiche vaginali con quelle che accompagnano la cistite (soprattutto se non ne ha mai avute prima);
qualunque medico prescriva antibiotici e raggi, psicofarmaci e psicoterapia oppure consigli qualcosa su ciò che non riguarda la sua
specializzazione o consigli o “prescriva” solo a voce esami e terapie o insista nel proporre terapie sperimentali può fare e spesso fa
danni notevoli e duraturi; in generale diversi medici prescrivono interventi chirurgici inutili o in centri ospedalieri non adeguati (non
specializzati) e probabilmente ancora oggi non pochi non informano sui rischi maggiori di alcuni tipi di anestesia (impedendo così al
paziente di sceglierla quando possibile) e sul fatto che il testo da firmare per il consenso informato elenca solo i rischi più probabili e
di solito tralascia di accennare anche a quei rischi e altre anche durature conseguenze negative dell’intervento che si verificano solo
dopo le dimissioni; la negligenza di un chirurgo può essere letale in ogni momento della sua attività, compreso quello delle
dimissioni dall’ospedale; i medici del Pronto Soccorso, come quelli delle case di cura e come gli psichiatri, attribuiscono molto
spesso a caso la diagnosi di somatizzazione da stress nonostante conseguenze gravi e letali con sistematico sprezzo delle norme
prescritte dai manuali di Medicina, e inoltre coloro che lavorano al Pronto Soccorso molto spesso consegnano esami del sangue altrui
(approfittano dell’abitudine dei pazienti di non leggere subito l’intestazione dei referti) e non sempre tengono conto delle prescrizioni
da seguire in caso di incidenti (in caso di trauma cranico, per esempio, credo abbastanza frequente che non lo facciano); tutti gli
specialisti possono essere dannosi quando sfruttano la raccolta dei dati che precede la visita vera e propria o per perdere tempo o per
aggredire o come test psicologico; i medici di base possono creare code interminabili con la disorganizzazione, allontanare i pazienti
dopo che hanno atteso per chiudere in orario e creare problemi con i permessi lavorativi o altri certificati, ma sono davvero pericolosi
soprattutto se rifiutano un nuovo paziente per raccomandata con indifferenza per la legge che richiede per questo atto l’esistenza di
ragioni serie e sfruttando il postino per diffamarlo oppure quando si fingono incompetenti o si mostrano intenzionalmente negligenti
e offensivi allo scopo di spingere il paziente a cambiare medico o quando suggeriscono a voce e senza compromettersi questo
passaggio e tutto ciò allo scopo di palleggiarsi tra loro il paziente per indebolirlo e farlo apparire incontentabile e ipocondriaco, per
impedirgli di concentrarsi solo su uno di loro nei suoi tentativi di difendersi o per solidarietà di casta; nonostante lodevoli eccezioni,
si può affermare che gli internisti, come non pochi medici di base, con pazienti sia adulti che bambini spesso non solo fingono di
ignorare fibromialgia e sindrome della stanchezza cronica, ma a volte non prescrivono né consigliano esami e non rimandano agli
specialisti giusti in caso di sintomi importanti di malattie serie e soprattutto non informano sulla dieta essenziale e sana per tutti,
sull’importanza degli integratori (quelli di vitamina D in inverno e quelli di B12 e acido folico servono a tutti), sulla prevenzione
delle allergie più comuni e sulle più gravi conseguenze di virus da MTS, alcolici e nicotina (in particolare sulle donne e sugli under
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gastroesofageo, sintomi da allergia, candida, herpes labiale, tiroiditi e ipotiroidismo, su cui qualsiasi farmacista e buon lettore non di
rado sa di più); gli oncologi e i medici che si occupano dei malati di patologie neurodegenerative e di AIDS sono pericolosi quando
prevedono con sicurezza entro 6 mesi una morte che non avverrà nemmeno dopo anni e, in Italia, sono oltremodo dannosi e inumani
quando assecondano i colleghi più ignoranti e il ministro della Sanità senza adeguata ribellione o addirittura con indifferenza fino a
lasciare la maggior parte dei malati terminali senza né un farmaco letale né oppioidi e quindi senza alcun antidolorifico,
abbandonandoli a mesi di sofferenza sempre crescente e alla morte tra dolori costanti e letteralmente atroci.
Una nota particolare richiedono gli ospedali di Milano, dove chi prenota senza risiedere in provincia o nelle immediate vicinanze
viene spesso aggredito e giudicato un ipocondriaco a priori: a Milano c’è la tendenza a ritenere i pazienti non milanesi degli individui
attirati nella grande città solo dalla vaga credenza che ivi si trovino i medici migliori e gli strumenti più aggiornati dopo aver avuto
negli ospedali del luogo di residenza esperienze deludenti soprattutto per propria colpa (a quanto pare conta poco che dei giornali
abbiano definito numerosa e spinta da necessità la folla che per avere le cure mediche si spinge a nord dal Meridione o anche dal
Centro Italia giungendo così a volte al fallimento economico).
Da medici, infermieri, impiegati e operatori di call center si deve prevedere sempre anche i seguenti comportamenti: modi bruschi;
domande invadenti, inappropriate o insistenti; richieste illegittime (anche relative al turno, allo spogliarsi e a dove fare la visita);
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cattivi consigli (un collega, un ospedale ecc.); l’affermare da parte del medico a torto di non trovare tra le stampe consegnate dal
paziente un referto o un’annotazione essenziale; invasione di conversazioni e spazi privati e delle visite mediche stesse con la
tecnologia e altri abusi della privacy (l’ingresso di medici e infermieri non necessari durante esami imbarazzanti come quelli
ginecologici è comune in ospedale, ma capita anche che venga aperta e passata sotto ispezione la borsa mentre si dorme o che un
medico di base posizioni microtelecamere o altro nella stanza, nel bagno o sul cellulare di un paziente durante una visita domiciliare
o che lo faccia un altro medico più o meno apertamente, cioè con il consenso dei parenti o con la complicità di coinquilini o
condòmini); truffe anche plateali e ripetute (ad esempio, come già accennato, è prassi o quasi consegnare esami del sangue intestati
ad altri pazienti al Pronto Soccorso e a volte lo si fa anche nelle case di cura); “accomodamenti” rischiosi (ad esempio riguardo al
dosaggio dei farmaci consegnati al Pronto Soccorso); errori causati da silenzio e passività (ad esempio sui guasti dei computer o dei
macchinari ospedalieri, su allegati di esami consegnati con errori di persona o su sbagli e abusi dei colleghi o dei superiori);
negligenza dalle conseguenze serie o umilianti (ad esempio riguardo alle necessità degli invalidi o ai permessi lavorativi, e ci si deve
aspettare anche appuntamenti rimandati di diversi giorni con un messaggio alla segreteria telefonica nonostante l’urgenza indicata per
iscritto); incompetenza (trovare medici incompetenti più ancora che indifferenti in endometriosi, lichen sclerosus vulvare, vaginismo
o fibromialgia è la regola, ma in generale sono deprimenti tutti gli interventi nei forum online di chi ha malattie croniche o rare
specialmente se femminili); menzogne plateali mirate ad accrescere le spese del paziente (anche sulla possibilità della convenzione).
Da chi non è né medico né infermiere ci si può comunque aspettare soprattutto dispettucci infantili ma fastidiosi, come il tenere
bloccate le porte automatiche quando il paziente sta per uscire finché si volta o torna sui suoi passi, il rifiutare o, peggio, dare
sbagliate le informazioni su come raggiungere un reparto, i bagni, l’uscita, ecc. La negligenza è frequente in generale, ma è più
prevedibile in caso di sintomi di malattie rare o che comunque comportino almeno in alcune regioni esenzione per visite, esami e
farmaci di più di una categoria: essa è il tal caso dovuta sia a indifferenza che al desiderio di far risparmiare il Sistema Sanitario
Nazionale (il fatto di non conoscere una malattia non giustifica che ci si astenga di farne notare i segni più evidenti e gravi e di
rinviare subito il paziente allo specialista del caso). Aggressioni, l’assenza di privacy e la passività sono la prassi degli impiegati agli
URP (soprattutto o almeno quello dell’USL che si occupa dei problemi con i medici generici) in diverse circostanze e possono
comprendere, oltre a modi volgari, richiesta dell’impiegato di accomodarsi mentre sta mangiando qualcosa e/o su una sedia
posizionata al centro della stanza e altre iniziative dello stesso ridicolmente basso livello (se esistono eccezioni non ho problemi ad
ammetterle, ma devono essere ben rare tutto considerato). Da alcuni avvocati delle associazioni e indicati come i punti di riferimento
nei casi di malasanità può capitare, anche spostandosi in città confinanti, di sentirsi rispondere che i medici in questione sono loro
amici e concittadini e di essere indirizzati a un medico legale dello stesso studio e anch’egli “amico”...
In situazioni particolari si deve aspettarsi però anche ben altro, a cominciare da ciò che segue: essere rifiutati come pazienti da parte
del medico di base (anche tramite raccomandata e senza spiegazione e perfino se tale medico è una conoscenza molto recente);
assentarsi del medico prima del proprio turno dopo che si è atteso e si è pagato la visita (almeno in ospedale); consegna di referti che
non contengono gran parte di ciò che durante la visita medica si è detto compresi una delle diagnosi e alcuni dei sintomi ad essa
connessi o la loro origine; mancata esecuzione di una o più terapie prescritte nell’impegnativa e esecuzione al loro posto di altro (a
chi non poteva difendersi per carattere e solitudine o problemi economici è successo); richieste di pagare il ticket ad alta voce fatte
senza necessità e rimproveri immotivati (il tutto fatto per le persone in attesa nella fila); mancato riferimento da parte di segretarie
dell’annullamento di una visita (nel caso delle visite private accade anche questo, ovviamente con lo scopo di creare tensioni con il
medico); aggressioni verbali o create con il numero dei medici e infermieri presenti durante una normale visita; ispezione del
contenuto della borsa anche solo se si è impossibilitati a muoversi per intervenire, oltre che mentre si dorme; violenze fisiche (tipiche
e più frequenti di quanto si immagini in genere sono penetrazione rapida e di forza durante visite ginecologiche e la scelta di non
usare fin dall’inizio un gel lubrificante in quelle proctologiche), esecuzione di test in modo arbitrario provocante danni non
indifferenti alla pelle (può essere il caso anche dei test allergici cutanei con cerotti).
Crimini molto gravi sono più infrequenti, ma non rari e non si deve escludere quelli seguenti: farmaci iniettati con la flebo e senza
consenso soprattutto o solo durante il sonno (è facile se il paziente accetta di tenerne l’ago); farmaci dannosi consegnati senza ricetta
a mano o consigliati facendo presente che la farmacia X è disponibile ad anticiparli senza regolare ricetta occasionalmente;
falsificazioni intenzionali dei referti degli esami soprattutto durante ricoveri ospedalieri, PAC e DH (magari per coprire errori e reati
precedenti propri o di colleghi della stessa ASL e non); modifiche radicali nella cartella clinica definitiva rispetto a quella provvisoria
senza spiegazioni e senza ragioni oneste; consigli e/o pressioni per fare interventi chirurgici non necessari e pericolosi e/o in ospedali
inadatti. Non più infrequenti, ma anzi la prassi generale sono gli abusi attraverso o contro le poche leggi su assistenza sociale e su
ASO, su ricoveri obbligatori e su ”cure” psichiatriche (sono spesso coinvolti gli psichiatri sempre presenti negli ambulatori MTS per
i test anonimi sulle malattie a trasmissione sessuale e al Pronto Soccorso, quelli ospedalieri in generale, i neurologi e i volontari in
Psichiatria avvocati oppure medici soprattutto se generici e attivi anche alla Guardia Medica e il sabato): nonostante le loro
conseguenze devastanti, è esattamente ciò che accade ovunque qui, perché l’Italia non ha seguito le grandi nazioni europee all’epoca
della riforma psichiatrica della fine degli anni ‘70 e si disinteressa delle affermazioni al riguardo della Commissione europea e in
proposito si deve tenere presente che nei manicomi non vengono in genere diagnosticate o ben curate le malattie fisiche e che i
maltrattamenti sono tali e tanto diversificati (contenzione in stanze buie, droghe a dosaggi elevati, terapia elettroconvulsiva tuttora)
da far spesso ammalare fisicamente in modo cronico o a volte con esiti letali perfino i giovani.
Ulisse (J. Joyce)
“Il mio cliente è un infante, un povero immigrato straniero (…) Il preteso reato fu dovuto a una aberrazione ereditaria (…) Mi
permettano di insistere sula questione dell’atavismo (….) Egli stesso è un relitto umano affetto dalla tubercolosi dei calzolai. La sua
scusa sta nel fatto di essere di origine mongolica e quindi irresponsabile delle sue azioni (…)
“Avrà la scuoiatura più spietata che mai si sia sognato” (…)
“Mettigli il pepe di dietro. Lega questo bastardo finchè non ha la lingua di fuori. Castralo. Vivisezionalo.”

Il Conte di Montecristo (A. Dumas)
Fai mostra di stimarti e sarai stimato: assioma mille volte più utile nella nostra società di quello dei greci: conosci te stesso, sostituito
ai nostri giorni dall’arte meno difficile e più vantaggiosa del conoscere gli altri. Per i suoi amici ** era un possente protettore; per i
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suoi nemici un avversario sordo, ma accanito; per gli indifferenti la statua della legge fatta uomo: aspetto altero, fisionomia
impassibile, sguardo fosco e appannato o insolentemente penetrante e scrutatore (…) passo grave e misurato, con cui era solito
andare in tribunale (…) Replicò **, “non sono un ipocrita, o almeno non faccio l’ipocrita, senza qualche ragione. Se la mia fronte è
severa, i molti infortuni la offuscarono, se il mio cuore si è pietrificato, è stato per poter sopportare i colpi che ho ricevuto (…) Ma da
quel tempo tutto è cambiato in me, ed intorno a me. La mia vita si è consumata a conseguire cose difficili, e ad infrangere nelle
difficoltà tutti coloro che volontariamente, o involontariamente, per determinata intenzione o per caso, incontrai sulla mia strada a
suscitarmi difficoltà. È difficile che ciò che si desidera ardentemente non sia conteso tenacemente da quelli che han voluto ottenerlo,
e ai quali si tenta strapparlo. Così, la maggior parte delle cattive azioni degli uomini sono venute loro incontro, mascherate dalle
sembianze della necessità; quindi commessa la cattiva azione in un momento d’esaltazione, di timore, o di delirio, si vede che si
sarebbe potuto passarle vicino evitandola. Il mezzo che sarebbe stato buono, e che non si è veduto, ciechi come si era, si presenta ai
nostri occhi facile e semplice, e diciamo a noi stessi: ‘E come mai non ho fatto questo, invece di fare quest’altro?’ (…) Ma infine, da
quando ho mancato a me stesso, e forse più degli altri, ebbene, da quel tempo, ho scosso le vesti degli altri, per stanare l’ulcera, e l’ho
sempre trovata, e, dirò di più, ho trovato con piacere, con gioia, questo suggello della debolezza e dell’umana perversità! Poiché
ciascun uomo che riconoscevo colpevole, e ciascun colpevole che colpivo, mi sembrava una prova vivente, una prova nuova, che non
ero una vergognosa eccezione! (…) Ebbene, quando lavoro, e lavoro notte e giorno, quando lavoro, vi sono momenti in cui dimentico
me stesso, e quando non mi ricordo di me, sono felice come lo sono i morti, ma questo è meglio che soffrire”.

I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
È raro che un uomo sia disposto a riconoscere in un altro un uomo che soffre (come se si trattasse di un un’onorificenza) (…) Non è
disposto a farlo, (…) perché, ad esempio, ho un cattivo odore, perché ho una faccia stupida, perché una volta gli ho pestato un piede.
E poi c’è sofferenza e sofferenza: una sofferenza degradante, umiliante come la fame, per esempio, il mio benefattore me la può
ancora concedere, forse, ma quando la sofferenza è a uno stadio superiore, quando, per esempio, si soffre per un’idea, quella non me
l’accetterà, perché, diciamo, dandomi un’occhiata, ha visto che non ho affatto la faccia che, secondo la sua immaginazione dovrebbe
avere una persona che soffre per un’idea (…)
(…) “E un uomo simile può soffrire? Gli uomini come lui non soffrono mai!” (…) Una nota di odio e repulsione sprezzante
risuonava nella sua voce. Eppure era stata lei a tradire lui (…)
“Lei non mi ha perdonato (…) e le sono grata per questo”.

Trattato sull’amore (S. Francesco di Sales)
La beffa è il peccato più grave in assoluto, più grave dell’omicidio, perché con la beffa si uccide la dignità umana della persona.

Il mantello in I racconti di Pietroburgo (N. Gogol)
Lo videro sempre al medesimo posto, tanto che finirono col convincersi che era venuto al mondo così. Non gli si testimoniava alcun
rispetto (…) Lui non si difendeva, e se lo scherno era troppo pesante, solo diceva: “Lasciatemi in pace. Perché mi offendete?” (…) E
qualcosa di strano era contenuto in quelle parole e nella voce con cui erano pronunciate vi risuonava qualcosa di tanto pietoso, che un
giovane di recente entrato in servizio, il quale, sull’esempio degli altri, s’era fatto lecito di beffarlo, si fermò a un tratto, come se tutto
fosse cambiato ai suoi occhi o si mostrasse sotto altro aspetto: una forza soprannaturale lo staccò dai colleghi che aveva presi per
gente ammodo. E a lungo dipoi, nel bel mezzo delle sue ore più allegre, gli si ripresentò l’immagine del piccolo impiegato dalla
fronte calva colle sue parole penetranti in cui risuonavano altre parole: “io sono tuo fratello”. E molte volte in seguito tremò vedendo
quanta feroce volgarità si nasconda nella mondanità raffinata e illuminata perfino negli uomini che il mondo ritiene nobili e onesti.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Nulla rivela meglio il carattere delle persone, di ciò ch’esse trovano ridicolo.

La fata (E. Bennato)
Immagini sogni da bambina e chiedi amore e sei sincera (…) Ma nessuno crederà (…) E forse è per vendetta e forse è per paura o
solo per pazzia, ma da sempre chi paga sei tu. Se vuoi volare, ti tirano giù e se comincia la caccia alle streghe, la strega sei tu.

La regina dei castelli di carta (S. Larsson)
A 16 anni mi ubriacavo spesso (…) ho provato alcune droghe. Ho avuto il mio debutto sessuale a 15 anni e a 20 avevo una relazione
con un ragazzo che mi legava le mani alla testata del letto. A 22 ho avuto una storia con un uomo di 47. In altre parole per lei sarei
dunque malata di mente?” (…) Non la riguarda, di che sesso siano, Dottore, i partner di ** o come faccia sesso con loro. Eppure lei
estrapola dettagli della sua vita e li usa come prove del fatto che ** è malata.

La fiera della vanità (W. Thackeray)
** non aveva avuto grandi occasioni di educare il gusto e l’intelligenza, sottoposta com’era stata a menti grossolane. Questa è del
resto la sorte di molte donne. E poiché ogni donna è una rivale per il resto della sua specie, la timidezza passa per stupidità nel
giudizio femminile e la gentilezza per goffaggine e il silenzio – questo timido diniego, questo tacito protestantesimo contro le
opinioni ben accette alla folla – non trova grazia agli occhi dell’inquisizione femminile.

Jane Eyre (C. Brontë)
Se fosse una bambina graziosa e simpatica si potrebbe aver compassione della sua miseria, ma non si può badare a un rospetto simile
(…)
Fino a quando non mi fossi impiegata a divenire più socievole (…) più vivace, più naturale (…) lei avrebbe dovuto assolutamente
escludermi dai privilegi destinati ai bambini felici e contenti. (…)
La odiai dalla prima volta che la vidi (…) una creatura malaticcia, piagnucolosa e senza nerbo, capace di piangere tutta la notte nella
sua culla (…) e non piangeva energicamente, ma vagiva e mugolava (..) Lui vezzeggiava e cullava la bambina come se fosse sua
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figlia (…) Lui era debole, debole per natura (…) **, che era caparbia ed egoista, veniva rispettata. ***, viziata, astiosa, pignola e
insolente nei modi, trovava dappertutto indulgenza. La sua bellezza sembrava dar gioia a tutti e giustificava ogni colpa (…) Io non
osavo commettere guai: mi sforzavo di compiere il mio dovere ed ero considerata impertinente e noiosa, chiusa e ipocrita (…)
Opposta per temperamento, per capacità e per tendenze, ero inutile, inadatta a servire i loro interessi e a far loro piacere.

La fiera delle vanità (W. M. Thackeray)
Il cavaliere ** giurava e spergiurava che quando *** passava per la via i fiori spuntavano sotto i suoi passi (…) Dirigeva
l’ambulatorio anche il giovane dottor **** (…) Quando il figlio di *** non stava bene, **** era pronto ad accorrere anche tre o
quattro volte al giorno senza nemmeno curarsi di mandare la parcella (…) Lui e il suo capo vegliarono due notti intere il bimbo nel
corso di quella settimana in cui ebbe il morbillo. Avrebbero agito così anche per gli altri? Si comportarono allo stesso modo per
quelli dei *****, quando si ammalarono dello stesso morbo? (…) Non lo fecero. Rimasero tranquillamente a dormire (…) e senza
nascondere la più assoluta indifferenza (…) Un bel faccino suscita simpatia nel cuore degli uomini.

Frankenstein (M. Shelley)
Le sue parole avevano uno strano effetto su di me. Sentivo compassione per lui e a volte persino il desiderio di consolarlo, ma
quando lo guardavo, quando vedevo quella massa ripugnante che si muoveva e parlava, il mio cuore si rivoltava e i miei sentimenti si
trasformavano in orrore e odio (…) I sensi dell’uomo sono barriere insormontabili.

Biancaneve (J. e W. Grimm)
Era così bella che il cacciatore ne aveva compassione.

Zibaldone (G. Leopardi)
Di molte sventure (…) vedrete (…) ridere di più (…) gli spettatori (…) dello stesso sesso del paziente (…) Nessuna compassione può
sperare chi non ha sortito dalla natura o acquistato dalla disgrazia una dolcezza e mansuetudine di carattere, almeno apparente.

La pelle di zigrino (H. de Balzac)
Alle acque di Aix (…) seduto accanto a una finestra e voltando le spalle alla gente, ** restò lungamente solo (…) felice di non sentire
alcun dolore (…) Nel momento in cui (…) la temperatura rinfrescò, egli lasciò il suo posto, spingendo la finestra. -“Signore – gli
disse una vecchia signora – avreste la compiacenza di non chiudere la finestra? Noi soffochiamo”. Questa frase lacerò il timpano di
** con (…) acredine singolare; essa fu come la parola che proferisce imprudentemente un uomo alla cui amicizia voi volevate
credere e che distrugge qualche dolce illusione di sentimento, palesando un abisso di egoismo. Il marchese (…) chiamò un valletto e
gli disse seccamente (…) -“Aprite quella finestra!” A queste parole, uno stupore insolito scaturì su tutti i volti. I presenti si misero a
bisbigliare, (…) come se avesse commesso qualche grave impertinenza (…) Subitamente (…) il passato gli apparve in una visione
(…) Riconobbe se stesso (…) vi seguì la propria vita (…) Vi si vide, non senza stupore, cupo e distratto in seno a quel mondo ridente;
sempre pensando alla propria sorte, preoccupato del suo male, parendo disdegnare il discorso più insignificante, fuggendo (…)
intimità effimere (…) Poi, per un raro privilegio di intuizione, lesse in ogni anima (…) Ogni volto gli rimproverava uno di quei torti
inesplicabili in apparenza, ma il cui crimine giace sempre in un’invisibile ferita fatta all’amor proprio. Aveva involontariamente
offeso tutte le piccole vanità che gravitavano attorno a lui. I convitati alle sue feste o coloro ai quali aveva offerto i suoi cavalli si
erano irritati del suo lusso; stupito della loro ingratitudine, aveva loro risparmiato quelle specie di umiliazioni: e quindi essi si erano
creduti disprezzati (…) Egli era invidiato, odiato; il suo silenzio ingannava la curiosità, la sua modestia sembrava alterigia a quella
gente meschina e superficiale. Indovinò il crimine latente, irremissibile, di cui era colpevole verso di loro; sfuggiva alla giurisdizione
della loro mediocrità. Ribelle al loro dispotismo inquisitore, sapeva fare a meno di loro; per vendicarsi di quella sovranità
clandestina, tutti avevano istintivamente fatto lega per fargli sentire il suo potere, sottometterlo a qualche ostracismo e insegnargli che
anch’essi potevano fare a meno di lui (…) Lungi dal raccogliere una sola di quelle parole indifferenti in apparenza ma che, per lo
meno, simulano una specie di compassione cortese (…) intese interiezioni ostili e lagnanze mormorate a bassa voce. La Società non
si degnava più nemmeno di truccarsi per lui, forse perché egli la penetrava (…) Per sottrarsi alla maledizione generale, passeggiò
nelle sale. Volle trovare protezione e tornò vicino ad una giovane, (…) ma al suo avvicinarsi ella gli voltò la schiena (…) ** (…) si
rifugiò nella sala da bigliardo. Qui nessuno gli parlò né lo salutò né gli lanciò il più lieve sguardo di benevolenza (…) Quella
gentuccia ubbidiva, forse senza saperlo, alla grande legge che governa il bel mondo (…) Il bel mondo bandisce (…) gli sventurati
(…) La gente aborrisce i dolori e le sciagure, li teme al pari dei contagi, non esita mai tra questi e i vizi; il vizio è un lusso. Per
maestosa che sia una disgrazia, la società sa sminuirla, sa renderla ridicola (…) Essa disegna caricature (…) Vive d’oro e di
scherno… Morte ai deboli! (…) Riunite dei fanciulli in un collegio? Questa immagine in scorcio della società, ma immagine tanto
più vera in quanto è più ingenua e più franca, vi offre sempre dei poveri iloti, creature di sofferenza (…) incessantemente poste tra lo
sprezzo e la pietà (…) Scendete più in basso nella scala degli esseri organizzati. Se qualche volatile è indolenzito tra quelli di un
pollaio, gli altri lo perseguitano a colpi di becco, lo spennano e lo assassinano. Fedele a questa Carta dell’egoismo, la gente prodiga i
suoi rigori alle miserie abbastanza ardite per venire ad affrontare le sue feste, per affliggere i suoi piaceri. Chiunque soffra di corpo o
di anima, manchi di denaro o di potere, è un paria. Che rimanga nel suo deserto! Se egli varca i confini (…) trova ovunque (…)
freddezza (…) Felice se non raccoglie l’insulto (…) Se il mondo tollera una sciagura, non è forse per foggiarla a suo uso, trarne
profitto e (…) una gioia? (…) Componetevi volti allegri (…) Lascia il tuo carattere a casa (…) Cadde in una malinconia profonda.
Pensava alla scarsa gioia che quello spaventoso ordinamento procura al mondo. Che cos’era? Divertimenti senza piacere, allegria
senza gioia (…) Il giorno seguente, il medico dello stabilimento venne a trovarlo con aria affettuosa e si interessò della sua salute. **
(…) trovò la fisionomia del dottore piena di dolcezza (…) - “Signor Marchese”, - disse dopo aver lungamente chiacchierato con **
(...) – “Le nostre acque (…) vi sono funeste (…) Il mio parere – disse lasciandosi sfuggire un gesto di modestia; - io lo do contro i
nostri interessi, poiché, se lo seguite, avremo la sfortuna di perdervi.” (…) L’ometto era senza dubbio stato incaricato dalla comitiva
(…) Alle acque (…) intraprendevano dunque di scacciarne un povero moribondo (…) Da qualche istante aveva dimenticato i gitanti
(…) quando sentì vicino a lui (…) la damigella di compagnia (…) – “Signore, la vostra vita è in pericolo, non venite più al Circolo” -
disse a ** (…) “Parecchi giovani che vogliono cacciarvi dalle acque si sono ripromessi di provocarvi, di costringervi a battervi in
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duello” (…) Un giovanotto (…) con lo sguardo fisso e impertinente della gente appoggiata su qualche potere materiale, uscì dalla
sala da bigliardo. – “Signore” - disse in tono calmo rivolgendosi a ** - (…) “la vostra faccia e la vostra persona dispiacciono qui a
tutti (…) Siete troppo cortese per non sacrificarvi al bene generale e vi prego di non presentarvi più al Circolo” (…) I giovanotti,
sorridenti o silenziosi (…) abbandonarono le loro carte per ascoltare una lite che rallegrava le loro passioni (…) In mezzo a quel
mondo nemico, ** cercò di mantenere il suo sangue freddo (…) – “Basta! Basta! Vi spiegherete domani” (…) ** uscì dal salotto,
passando per l’offensore (…) Il gran mondo trionfava.

Il bambino dal cuore gentile (N. Hawthorne)
Sotto molti aspetti ** aveva un bel temperamento, (…) ma ** traeva gioia dagli eventi di minor conto e (…), poiché la
predisposizione emotiva al piacere e al dolore si identificano, l’esuberante allegria che prevaleva nel temperamento del bambino si
trasformava talvolta in momenti di profonda depressione, (…) che il più delle volte pareva davvero da amore ferito (…) Alla
sventatezza della sua allegria erano spesso da ascrivere trasgressioni al decoro, (…) ma la minima parola di vera asprezza sembrava
andargli diritta al cuore e avvelenargli ogni diletto, finché non si accorgeva di essere perdonato del tutto (…) Alla sua mente
mancava sufficiente vigore per reggersi da sé: era una pianta che si sarebbe splendidamente sviluppata con grazia intorno a qualcosa
di più forte di lei, ma se respinta o strappata via, non avrebbe avuto altra scelta che di avvizzire al suolo (…) Il chiasso festoso si
spense nel momento stesso in cui lo videro e si misero a bisbigliare mentre egli si avvicinava tutt’a un tratto (…) Egli divenne il
centro di una nidiata di piccoli spiriti maligni che lo assalivano con bastoni e pietre, sfogando su di lui un istinto di distruzione ancora
più esecrabile della sete di sangue di un adulto. Nel frattempo, ***, l’invalido (…) che ** aveva curato, (…) si teneva lontano,
gridando “Non temere, ** vieni qui e prendimi la mano!” (…) Dopo *** (…) alzò il bastone e colpì ** sulla bocca con tale violenza
che il sangue cominciò a uscire a fiotti (…) Da allora il passo di ** fu lento, misurato (…) Il suo volto divenne grave, (…) la sua
attenzione era attirata in grado molto minore di prima dal mutare degli eventi ed egli pareva cogliere e capire quando di nuovo gli
accadeva con maggiore difficoltà.

Il richiamo della foresta (J. London)
**, con i suoi modi cordiali, cercò di fare amicizia con un cane eschimese (…) Non ci fu preavviso, soltanto un balzo fulmineo, lo
scatto metallico dei denti (…) e il muso di ** era squarciato (…), ma non era finita: trenta o quaranta eschimesi accorsero sul luogo e
circondarono i contendenti in un cerchio attento e muto (…) ** non riuscì più a mettersi in piedi. Gli eschimesi intorno a lei non
aspettavano altro: le furono addosso ringhiando e latrando e la seppellirono, urlante di dolore, sotto la massa irsuta dei loro corpi (…)
due minuti dopo, ** giaceva priva di vita (…)
La compassione veniva scambiata per debolezza e comportava la morte.

La goccia d’acqua (H. C. Andersen)
C’era di che far rizzare i capelli, ma la cosa più raccapricciante era vedere come si urtavano e si spingevano gli uni con gli altri, come
si pizzicavano e si pinzavano, si mordevano e si abbrancavano. Chi stava sotto a tutti doveva andare sopra, e chi stava sopra a tutti
doveva andare sotto! – Guarda! Guarda! Le sue gambe son più lunghe delle mie! Paf! Via! – C’era uno che aveva un bitorzolo dietro
l’orecchio, un piccolo innocuo bitorzolo, ma gli faceva male, e per questo doveva soffrire ancora di più.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Le emozioni più forti sono quelle negative (...) La vergogna (annidata nei livelli più recenti del nostro cervello) recente quanto
l'affiliazione al gruppo e ne è un'inevitabile conseguenza (...) La percezione della vergogna è sempre identica a se stessa (...) La più
potente, perchè irrisolvibile, è la vergogna dell'innocente ingiustamente punito (...) Quando veniamo puniti deduciamo che c'è stata
una colpa. Questo potentissimo processo, funzionale nel branco, diventa atrocemente disfunzionale dove il dolore sia inflitto senza
colpa. I reduci dei campi di sterminio e le sopravvissute alle violenze sessuali possono essere dilaniati dalla vergogna. Tutti gli afflitti
da malattie neuromuscolari si vergognano di cadere (...) Chi è aggredito improvvisamente da una condanna totale, assoluta,
inenarrabile e ingiustificata, oltre che da una paura costante, terribile, imvalidante è paralizzato da una vergogna totale, assoluta e
inenarrabile: deve ben essere colpevole di qualcosa!Come ogni buona dittatura sa, bisogna spezzare le persone e spezzarle subito.
(…) Ancor più grave della vergogna per la colpa altrui è la vergogna per la colpa inesistente (...) La vergogna assoluta perchè
appartiene non al nostro agire ma al nostro essere.

America (F. Kafka)
Tutto consigliava di parlare presto, chiaramente, esaurientemente; e che cosa faceva invece il fochista? La fatica che faceva per
spiegarsi lo aveva messo in sudore, e non poteva più afferrare con le mani tremanti le carte che aveva disposto sul davanzale; da tutte
le parti pareva che gli suggerissero nuove accuse contro **, ognuna delle quali secondo lui sarebbe dovuta bastare per seppellirlo
(…) Ma tutto quello che egli riusciva a dire al capitano non era che una triste confusione di mezze frasi (…) I suoi occhi pieni di
lacrime per le offese fatte al suo onore virile, per i tristi ricordi, per le gravi difficoltà presenti (...) Com’era possibile che egli
all’improvviso cambiasse il suo modo di parlare, (…) mentre era persuaso di avere già detto tutto quello che aveva da dire, senza
ottenere nessun riconoscimento? Non poteva certamente ricominciare da capo e pretendere che lo stessero ad ascoltare un’altra volta
(…) Era completamente fuori di sé (…) E ora il suo nemico gli stava di fronte, allegro e contento nel suo vestito di festa (…) I
signori furono subito suoi amici, perché, (…) dopo le noie che aveva dato al fochista, molto probabilmente non avevano più nulla da
dire contro **. Contro un uomo come il fochista non si poteva mai avere abbastanza severità e se c’era qualcosa da rimproverare a
*** era solo il fatto di non essere riuscito a domarlo in modo che non avesse avuto il coraggio di andare a protestare (…) Dovrebbe
essergli permesso al massimo di pulire i cessi (…)
“Sono venuto perché credo che il fochista mi accusi di qualche atto disonesto (…) Io sono pronto a ribattere ogni accusa in base ai
miei documenti, e anche con la deposizione di testimoni non prevenuti e non influenzati che aspettano fuori dell’uscio”. Così parlò
**. Era certamente un discorso chiaro e degno di un uomo (…) Non si accorgevano che quel bel discorso aveva i suoi difetti. Perché
la prima parola precisa che gli era sfuggita era “atto disonesto”? Forse che si sarebbe dovuto incominciare ad attaccarlo da questa
parte invece che dalle sue preferenze nazionali? Una ragazza di cucina aveva visto il fochista che si dirigeva verso gli uffici, e **
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aveva subito compreso? Non era la sua coscienza colpevole che gli acuiva l’intelligenza? E si era portato senz’altro dietro i testimoni
che per di più chiamava non prevenuti? (…) Perché aveva lasciato passare tanto tempo tra l’avviso che gli aveva dato la ragazza di
cucina e il suo ingresso nella sala? Certo per nessun altro scopo se non perché il fochista avesse tempo di stancare i signori in modo
che questi un poco alla volta perdessero il loro chiaro giudizio (…) E non aveva aspettato per bussare proprio il momento in cui
aveva potuto sperare, in seguito a domanda occasionale di quel signore, che il fochista fosse ormai liquidato? Tutto era evidente e lo
stesso ** senza volerlo lo faceva apparire, (…) ma, (…) a giudicare dal cambiamento del viso dei presenti, si sarebbe potuto credere
che sentissero per la prima volta dopo molto tempo una voce umana (…) Pareva veramente che il fochista non esistesse più (…) “Io
credo che di questo fochista ne abbiamo abbastanza, anche troppo”.

La foglia di Nieggle (j. R. R. Tolkien)
"Penso che fosse un povero sciocco che non valeva niente, di nessun utile per la società" disse il consigliere "Adibirei quelli come lui
a lavare i piatti in qualche mensa pubblica o qualcosa del genere e vigilerei affinchè lo facesse ammodo. Oppure lo manderei in
prigione nel gran mucchio di immondizie. La sua pitture era fuori moda, sogni privati a occhi aperti".

Madame Bovary (G. Flaubert)
Quando il mendicante cieco fece come al solito la sua apparizione in fondo alla salita, esclamò: “Non capisco proprio come l’autorità
tolleri ancora mestieri così vergognosi! Li si dovrebbe rinchiudere, certi disgraziati, e obbligarli a lavorare. Il progresso, parola mia,
va avanti a passi di tartaruga! Guazziamo ancora in piena barbarie!” (…) Poi gli domandò molto paternamente: “Amico mio, è molto
tempo che hai questo repellente malanno?” Lo invitava a consumare buoni vino, buoni arrosti (…) “Eccoti un soldo, dammi due
quattrini di resto e non dimenticare le mie raccomandazioni” (…) Sparse quindi la falsa voce che il cieco fosse un ladro (…) Finì che
lo fece chiudere in uno ospizio (…)
Dopo la morte della moglie **, *** divenne più debole di un bambino (…) Allora ognuno cercò di approfittare della situazione. La
signorina **** reclamò sei mesi di lezioni, di piano, sebbene ** non ne avesse presa nemmeno una;(…) quello della biblioteca
ambulante pretese tre anni di abbonamento; mamma ***** pretese il porto di una ventina di lettere (…) Ne arrivarono altri in
continuazione. (…) *** provò a riscuotere vecchie parcelle. Gli fecero vedere ricevute a firma di sua moglie. Allora gli toccò anche
chiedere scusa (…) A pentecoste la cameriera scappò rubando tutto quel che ancora c’era in guardaroba.

I Buddenbrook (T. Mann)
Il dottor ** era un ometto meschino (…) Conosceva l’alunno *** appunto perché si distingueva dagli altri per la condotta tranquilla e
sfruttava quella mansuetudine per fargli sentire l’autorità che non osava far valere con gli allievi sfacciati e insolenti. “Perfino la
compassione, a questo mondo è resa impossibile dalla bassezza – pensò *** - Io non coopero a torturarla e ad approfittare di lei,
signor **, (…) e lei come mi risponde? (…) Ma sarà così sempre e dovunque”. Nausea e paura gli salivano alla gola (…)
Era così facile, così poco rischioso, mostrarsi superiore alla povera ****, sempre umile, magra, limitata, che (…) ne sentiva la
volgarità (…) Non poteva darsi pace di come fosse possibile penetrare a fondo una situazione e tuttavia sfruttarla senza vergogna
(…) Eppure, diceva tra sé, saper approfittare spudoratamente delle situazioni significa saper vivere!

Una piccola nube in Gente di Dublino (J. Joyce)
Perché aveva sposato quegli occhi freddi? (…) Un sordo risentimento contro la sua vita si risvegliò in lui. Non poteva fuggire da
questa piccola casa? (…) Il bambino si svegliò e cominciò a piangere (…) Il pianto lamentoso del bambino divenne più acuto. (…)
Era inutile, non poteva leggere; non poteva fare niente. (…) Era inutile, inutile! Era prigioniero per sempre. Le sue braccia tremarono
di rabbia e improvvisamente, chinandosi sul viso del bambino, gridò: “Basta!” Il bambino (…) ebbe una contrazione di paura e
ricominciò a strillare (…) La porta si aprì bruscamente e una giovane si precipitò dentro, ansante (…) Il piccolo ** sostenne per un
momento lo sguardo degli occhi della moglie (…) e vi lesse odio.

I demoni (F. Dostojevskij)
Disse che la compassione dovrebbe essere illegale.

Annali (Tacito)
Furono trucidati anche i figli di Mitridate, perché avevano pianto sulla carneficina dei genitori (…)
Le donne (…) venivano accusate per lo loro lagrime: e la vecchia Vizia, madre di Fufio Gemino, fu uccisa per aver pianto la morte
del figlio (…)
Il veleno si diffuse per tutte le membra di Britannico in modo tale da togliergli ad un tempo la parola e la vita. Si spaventano i
commensali, gl’ignari si danno alla fuga: mentre quelli che vedevano più addentro rimangono immobili, fisso lo sguardo su Nerone.
Questi, sdraiato com’era e in apparenza estraneo a tutto, afferma trattarsi d’un fatto consueto, a causa dell’epilessia, cui Britannico
era soggetto fino dall’infanzia; e che a poco a poco avrebbe ricuperato la vista ed i sensi (…) Ignara di tutto (…), Ottavia, sorella di
Britannico vedeva sparire la sua risorsa suprema e delinearsi il disegno del matricidio. Anche Ottavia, pur nell’età dell’innocenza,
aveva imparato a nascondere il dolore, l’affetto, tutti i sentimenti. Così, dopo un breve silenzio, si ritornò alla letizia del convito (…)
Molti scrittori di quei tempi narrano che nei giorni precedenti all’assassinio Nerone aveva fatto ripetutamente oltraggio alla
fanciullezza del fratellastro Britannico (…) contaminato dalla violenza carnale prima che dal veleno (…)
Tiberio, eccitato dal sangue, ordinò di uccidere tutti quelli che erano tuttora in prigione, accusati di complicità con Seiano. Fu un
massacro immenso (…) Né si concedeva ai parenti o agli amici il permesso di avvicinarsi, di piangere, neppure di fermarsi a
guardare: soldati sguinzagliati in giro spiavano ogni segno di dolore (…) La violenza del terrore aveva spezzato ogni vincolo di
umanità, e quanto più la ferocia si accaniva, tanto più era cacciata in fondo la compassione (…)
Mnestere (…) stracciandosi gli abiti, gridava all’imperatore che guardasse i segni delle sferzate e si ricordasse di avergli comandato
egli stesso la più servile ubbidienza agli ordini di Messalina; (…) queste parole commossero Cesare, che già inclinava alla clemenza:
ma i liberti impedirono che si risparmiasse un istrione, quando tanti uomini illustri erano stati uccisi. Che colui avesse commesso
colpe così gravi volontariamente o per forza, non aveva importanza.
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I dodici Cesari (Caio Svetonio Tranquillo)
Costringeva i genitori ad assistere al supplizio dei figli, e quando uno cercò di evitarlo, dicendo di essere ammalato, gli mandò la
propria lettiga. Ne invitò un altro a pranzo, subito dopo l’esecuzione, e cercò con ogni arte di farlo ridere e scherzare, spiegando ogni
forma di buon umore e di cordialità (…) Non permise mai che qualcuno fosse giustiziato, se non con ferite multiple e numerose. Era
ben nota la sua raccomandazione: “Colpisci in modo che senta di morire”.

Storia Augusta
Antonino avrebbe voluto uccidere anche la madre di Geta, sua matrigna, colpevole di piangere il fratello, e altre donne che aveva
trovato in lacrime al ritorno dalla Curia. Era inoltre così crudele da mostrarsi particolarmente affabile verso coloro che aveva
destinato di uccidere, così che era visto con più timore un suo atto di benevolenza che uno scatto d’ira. Certo appariva a tutti strano
che egli si mettesse a piangere per la morte di Geta ogni volta che sentiva pronunziare il suo nome o ne vedeva un’immagine o una
statua. Tanto grande fu in Antonino Bassiano l’incostanza, anzi tanta l’insaziabile sete di sangue, che uccideva a casaccio ora i fautori
ora gli avversari del fratello.

Storia (T. Livio)
Vedendo il cadavere del fidanzato, la sorella pianse. Al fratello non piacquero quelle lacrime nel suo trionfo e la uccise.

La banalità del male (H. Arendt)
Se gli ebrei avrebbero potuto e dovuto difendersi. Io dicevo che tale questione era goffa e crudele, poiché dimostrava ignoranza delle
condizioni dell’epoca; ma lo psicologo Bruno Bettelheim ha sostenuto la tesi della “mentalità del ghetto” per spiegare un
comportamento che non era affatto caratteristica esclusiva del popolo ebraico. Poi qualcuno ha avuto l’idea di evocare la teoria
freudiana e di attribuire all’intero popolo ebraico un desiderio della morte, naturalmente inconscio: io avrei sostenuto che gli ebrei
avevano assassinato se stessi. E perché mai io avrei detto una menzogna così assurda e mostruosa? Per “odio di me stessa”
naturalmente (…)La verità è che tutti avremmo fatto lo stesso: la morte per gas era preferibile alle torture atroci cui la fantasia sadica
nazista sottoponeva interi gruppi oltre all’evaso dopo un tentativo di evasione o un gesto di insubordinazione (…)
Per scoraggiare e schiacciare la pietà si invitava a essere “sovrumanamente inumani” e si deviavano le istintive reazioni pietose verso
se stessi e così invece di pensare: “che cose orribili faccio al prossimo!”, gli assassini pensavano: “che orribili cose devo vedere
nell’adempimento dei miei doveri, che compito terribile grava sulle mie spalle!”

I sommersi e i salvati (P. Levi)
Ogni essere umano possiede una riserva di forze la cui misura gli è sconosciuta: può essere grande, piccola o nulla, e solo l’avversità
estrema dà modo di valutarla (…) non si è mai al posto di un altro. Ogni individuo è un oggetto talmente complesso che è vano
pretendere di prevederne il comportamento, tanto più se in situazioni estreme; neppure è possibile antivedere il comportamento
proprio (…) La denutrizione e gli altri disagi fisici e il terrore sono rapidamente distruttivi e, prima di distruggere, paralizzano, tanto
più quando sono preceduti da anni di umiliazioni, maltrattamenti, rotture dei contatti col resto del mondo (…) Perfino il pensiero del
suicidio oltre alla forza di attuarlo dipendono dal soddisfacimento di alcuni bisogni. Ma il reduce si sente imputato e spinto a
giustificarsi per non aver resistito (…) Nei paesi in cui i bisogni elementari sono soddisfatti, i giovani d’oggi infatti sentono la libertà
come un bene cui non si deve in nessun modo rinunciare (…) e nella coscienza comune, l’evasione lava ed estingue la vergogna della
prigionia (…) Per il prigioniero di guerra bolscevico rimpatriato non c’era guarigione né redenzione (…) Avrebbe dovuto morire
anziché arrendersi. Anche nel Giappone i prigionieri erano trattati in modo durissimo. Il concetto di evasione come dovere è ribadito
costantemente dalla letteratura romantica e popolare. Nell’universo cinematografico l’eroe incarcerato tenta sempre la fuga e sempre
ha successo (…) Il prigioniero tipico è visto come un uomo integro, nel pieno possesso del suo vigore fisico e morale, e isolato
rispetto agli altri prigionieri. Quest’immagine schematica assomiglia assai poco alla situazione dei campi (…)
Su questa identificazione o scambio di ruoli fra il soverchiatore e la vittima, si è molto discusso (…) La regista Liliana Cavani, a cui
era stato chiesto di esprimere in breve il senso di un suo film bello e falso, ha dichiarato: “Siamo tutti vittime o assassini e accettiamo
questi ruoli volontariamente (…) In ogni rapporto c’è una dinamica vittima-carnefice vissuta generalmente a livello non cosciente”.
Non mi intendo di inconscio e di profondo, ma so che pochi se ne intendono e che questi pochi sono più cauti, non so e mi interessa
poco sapere se nel mio profondo si annidi un assassino, ma di sicuro non volevo andare nel lager, (…) che vittima incolpevole sono
stato e assassino no, che sono esistiti e ancora esistono assassini e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o un
sinistro segnale di complicità; soprattutto è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della verità.
Confondere i due ruoli significa mistificare alla base il nostro bisogno di giustizia (…) Allo stesso modo non bastano gli errori o i
cedimenti dei prigionieri per allinearli con i loro custodi a causa dell’ambiente infernale e delle privazioni. Né bastano i dubbi o i
disagi o la sofferenza delle punizioni.

Ricordi (F. Guicciardini)
Un proverbio dice che el filo si rompe dal capo più debole. Vuole dire in sostanza che le cose al fine si scaricano sopra e’ più deboli,
perché non si misurano né con la ragione, né con la discrezione; ma, cercando ognuno el suo vantaggio, si accordano a fare patire chi
ha manco forze, perché gli è avuto minore rispetto. E però chi ha a negociare con più potente di sé abbia sempre l’occhio a questo
proverbio che a ogn’ora viene in fatto (…) Come gli uomini si accorgono che tu se’ in grado che la necessità ti conduca a quello
vogliono, fanno poca stima di te e ne fanno buono mercato, perché in loro comunemente può più el rispetto del suo interesse o la sua
mala natura che non può la ragione, e’ meriti tuoi, o la deligazione che avessino teco o el considerare che tu sia forse caduto per causa
loro o per satisfare a loro in queste male condizione (…) Non giova ai fuoriusciti che siano cacciati di casa per inclinazione a questo
o quello principe, quanto nuoce che poi che el principe gli vede fuora, dice: costoro non possono più fare senza me; e però con poca
discrezione gli tratta a suo modo.

Lo spleen (Baudelaire)
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Un mendicante mi tolse il cappello con uno di quegli indimenticabili sguardi che rovescerebbero i troni se lo spirito muovesse la
materia (…) Un buon demone che mi accompagna ovunque mi sussurrava così: “Pari di un altro è solo chi lo dimostra, e degno di
libertà è solo chi la sa conquistare.” Immediatamente saltai addosso al mio mendicante. Con un solo pugno gli colpii un occhio, che,
in un secondo, diventò grosso come una palla. Mi spezzai un unghia, rompendogli due denti, poi (…) per tramortire rapidamente quel
vecchio con una mano lo afferrai per il colletto del vestito, con l’altra per la gola e presi a scuotergli vigorosamente la testa contro il
muro. In seguito,dopo aver, con un calcio nella schiena sufficiente a spezzargli le scapole, messo a terra l’indebolito sessagenario, mi
impadronii di un grosso ramo che stava per terra e lo battei..D’un tratto – o miracolo! O godimento del filosofo che verifica
l’eccellenza della sua teoria – vidi quella carcassa rivoltarsi (…) Con le mie energiche medicine gli avevo quindi reso l’orgoglio e la
vita (…) Gli dissi: Signore, siete un mio eguale ..Ricordatevi, se siete un vero filantropo, di applicare con tutti i vostri confratelli che
chiedono l’elemosina, la teoria.

La fiera della vanità (W. Thackeray)
Gli uomini offendono chi più si umilia davanti a loro.

Prefazione di Ignazio Silone a Fontamara
Io so bene che il nome di cafone (…) è oggi termine di offesa e dileggio; io l’adopero in questo libro nella certezza che quando il
dolore non sarà più vergogna, esso diventerà nome di rispetto e forse anche di onore.

Fontamara (I. Silone)
- Perché ci trattano così? Perché siamo malvestite e basta? Non avete delle madri, delle sorelle?
- No, i vestiti non c’entrano. È che siete carne abituata a soffrire.

Il giro del mondo in 80 giorni (J. Verne)
È un sutty (…) La donna sarà arsa viva (…) assieme al cadavere del marito (…) e non sapete in quale stato la ridurrebbero i suoi
parenti se scampasse a questa sorte. Rapata a zero, nutrita con un pugno di riso, respinta da tutti, l’infelice sarebbe considerata
immonda e morirebbe in un cantuccio come un cane rognoso.

Crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
Consideriamo l’altro caso della cosiddetta, morale, il caso dell’allevamento di una determinata razza e specie. La morale indiana ce
ne fornisce l’esempio più grandioso, sanzionato a religione come “legge di Manu”. In essa è posto il compito di allevare in una sola
volta non meno di quattro razze (…) Questa organizzazione fu (…) terribile – nella lotta (…) con l’uomo non-da-allevamento, con
l’uomo-miscuglio, il Ciandala (…) Tra le misure preventive della morale indiana (…) il terzo editto (Avadana-Sastra I), quello sugli
“ortaggi impuri”, prescrive che l’unico nutrimento consentito ai Ciandala sia aglio e cipolla (…) L’acqua di cui essi han bisogno (…)
sia presa (…) solo dagli accessi agli acquitrini e dalle buche formate dagli zoccoli delle bestie. Ugualmente è loro proibito lavare i
propri panni e se stessi (…) Infine la proibizione alle donne Sudra di assistere le donne Ciandala durante il parto, e ugualmente,
ancora una proibizione per queste ultime, di assistersi l’un l’altra (…) Per abiti debbono avere solo gli stracci dei cadaveri, per
stoviglie solo vasi rotti, per ornamento ferro vecchio, per il servizio divino solo gli spiriti cattivi; debbono vagare senza requie da un
luogo all’altro. È loro vietato scrivere da sinistra a destra e servirsi per scrivere della mano destra (…) Queste disposizioni sono
sufficientemente istruttive: in esso abbiamo per una volta l’umanità ariana, affatto pura, affatto originaria.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Il Malleus Maleficarum era il manuale fai da te del perfetto torturatore (...) Tutto e il contrario di tutto (la strega piange, la strega non
piange; la strega supplica, la strega non supplica,ecc) è stato indicato come segno inoppugnabile di patto con il demonio. L'ipotesi
dell'innocenza era esclusa perchè altrimenti la Provvidenza avrebbe protetto la strega dall'arresto. Per evitare confessioni comode,
fatte solo per fare smettere la tortura,l'imputazione era tenuta segreta e la tortura cessava solo quando la condannata riusciva a
indovinare cosa ci si aspettava dicesse (...) L'importante era avere un nemico e che questo nemico fosse abbastanza perbene da
poterlo prendere a calci senza che ti pianti due proiettili nel cranio o ti decapiti. Grandioso l'attacco: si avverte l'inquisitore di non
guardare mai negli occhi la strega per non incorrere nel maleficio della pietà (...) La misericordia era d'obbligo, ma non per la strega,
per lo Stato che da lei occorreva difendere (...) La realtà è ingovernabile, ma ci sembra più rassicurante che lo sia. Quindi
concludiamo sia governabile da qualcuno che ha fatto la congiura (...) Una delle affermazioni che facciamo in continuazione è che il
denaro è il motore del mondo. Non è vero. É uno dei motori del mondo (...) I motori del mondo sono le emozioni (...) Un 'emozione
infinitamente più forte del denaro è quella di sentirsi superiore a qualcun altro, quella dell'odio. (…) La ferocia di un capo genera
ammirazione. (...) Il fascino che la ferocia esercita su di noi è arcaico. Se un capo è feroce è più facile sopravvivere essendone un
seguace che essendone un nemico. Tanto più alto è il numero di morti tanto più alto è il consenso (...) Ogni tanto ci ha fatto bruciare
le streghe in piazza e mettere i bambini sui treni per Auschwitz. Ci siamo riusciti grazie al conformismo (...) Dobbiamo sempre
ricordarci che tendiamo al conformismo (...) Il nostro cervello ha un'innata tendenza al manicheismo, alla semplificazione (...) Noi
siamo buoni, i cattivi sono qualcun'altro...

Se questo è un uomo (P. Levi)
Con queste nostre facce vuote, con questi crani tosati, con questi abiti di vergogna, fare un esame di chimica (…) I tre dottori hanno
deciso che sei candidati passeranno in mattinata (…) Quando ebbe finito di scrivere, il Doktor ** alzò gli occhi e mi guardò. Da quel
giorno io ho pensato a lui molte volte e in molti modi. Mi sono domandato quale fosse il suo intimo funzionamento di uomo; come
riempisse il suo tempo, (…) perché quello sguardo non corse tra due uomini; e se io sapessi spiegare a fondo la natura di quello
sguardo, scambiato come attraverso la parete di vetro di un acquario tra due esseri che abitano mezzi diversi, avrei anche spiegato
l’essenza della grande follia della terza Germania (…) – “ Mi sono laureato a Torino nel 1941, summa cum laude”, e mentre lo dico
ho la precisa sensazione di non essere creduto, a dire il vero non ci credo più io stesso, basta guardare le mie mani sporche e piagate
(…) Ecco quella (…)spontanea mobilitazione di tutte le facoltà logiche e di tutte le nozioni che i miei compagni di scuola tanti mi
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invidiavano (…) Il Kapo strofina la mano sulla mia spalla per nettarla, palmo e dorso, e sarebbe assai stupito (…) se qualcuno gli
dicesse che io (…) oggi giudico lui e ** e gli innumerevoli che furono come lui.

I sommersi e i salvati (P. Levi)
Per le camere a gas fu scelto quel particolare gas perché era quello utilizzato per uccidere le cimici.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Era peggio di quel che ascoltavamo nei più violenti giornali antisemiti (…) Parlò (…) di ebrei russi chiusi in gabbie create nel
medioevo apposta per la tortura e torturati con strumenti presi dai musei.

La banalità del male (H. Arendt)
In Romania i cadaveri degli ebrei venivano poi esposti nelle macellerie (…)
L’antisemitismo porta alle fabbriche di sapone.

Anabasi (Senofonte)
“Un gentiluomo stava per essere abbandonato lungo la via perché non era più in grado di camminare. Io sapevo di lui una cosa sola,
che era uno dei nostri. Perciò ti costrinsi a portarlo, perché non perisse miseramente: se ben ricordo, infatti, alle spalle avevano i
nemici (…) Ma non ti sorprendo di nuovo in mezzo alla retroguardia, dopo che ti avevo spinto innanzi? Mi avvicino. Stavi scavando
una fossa, evidentemente per seppellire il tuo uomo. Mi fermo e comincio a elogiarti di tanto zelo quando lì, in mezzo a noi che
assistevamo alla mesta cerimonia, non muove una gamba quel prode? I circostanti lanciano un urlo: ‘È vivo!’ ‘Sì, è vivo finché
vuole!’, rispondesti, ‘ma io per conto mio non lo porterò un altro passo’.

Le stagioni (M. Rigoni Stern)
Due giovani caprioli (…) erano ammalati e smagriti, forse cacciati dal piccolo branco proprio perché in quelle condizioni (…)
Lasciarli in vita con carote, foglie di verza e bucce di mele (…) non servì. Di uno trovarono pochi resti sulla neve dove le volpi lo
avevano trascinato e dilaniato, l’altro qualche giorno dopo sul sentiero dov’era stato sbranato dai cani randagi (…) da tempo un
partigiano ferito rantolava e si lamentava. I due che vennero ultimi si erano fermati a una giravolta del sentiero. L’alpino che dietro
portava le barelle disse sottovoce al compagno: “Questo sta per morire e io non ce la faccio più”. Aggiunse qualcosa e insieme,
urlando, girarono le barelle verso l’abisso. Subito vennero gli altri (…) “Andateci anche voi” disse e mentre lo spingeva, sparò al
volo con fucile automatico.

Come muoiono i poveri in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Nel 1929 trascorsi alcune settimane all’Hôpital X, nel XV arrondissement di Parigi (…) Cominciarono ad applicarmi (...)coppette,
che nel frattempo non erano state sterilizzate. Una vaga protesta da me formulata non ottenne maggior risposta che se a protestare
fosse stato un animale. Ero molto impressionato dal modo impersonale con cui questi due si occupavano di me. Sino ad allora non
ero mai stato nel reparto pubblico di un ospedale, ed era la prima volta che avevo a che fare con dottori, che vi maneggiano senza
neppur parlarvi, anzi senza neppur degnarsi di considerarvi un essere umano (…) Si ricevevano pochissime cure, sia utili che
dannose, a meno che la malattia di cui si soffre costituisse un caso clinico interessante e istruttivo (…) Provavo una strana
sensazione, strana a causa del contrasto tra il loro vivo interesse per il mestiere da imparare e l’assoluta indifferenza verso il paziente
(…) I letti erano molto vicini (…) e non usavano paraventi. (…) Vi si lasciava morire la gente come animali, con nessuno vicino,
nessuno che se ne interessi, nessuno che s’accorga della loro morte fino al mattino dopo (…)Vi lasciano morire sporco e costipato su
un letto non fatto per semplice pigrizia (…) Vidi due studenti uccidere un ragazzo di sedici anni (…) con uno spericolato esperimento
che (…) non si sarebbero mai permessi di compiere su un paziente che pagasse (…)
Se si scorrono libri scritti prima della fine dell’Ottocento si scoprirà che un ospedale è ritenuto dalla gente comune qualcosa di molto
simile a una prigione, e a una prigione all’antica, con segrete sotterranee. L’ospedale è un luogo di sporcizia, torture e morte: (…) La
professione del medico era considerata con orrore e terrore dalla povera gente (…) Quando si pensa a ciò che doveva essere
un’operazione senza anestetici, a ciò che era effettivamente, riesce difficile non intrattenere dei dubbi sui motivi che spingevano certe
persone a compiere certe azioni (…) Se il paziente non moriva di shock, generalmente moriva di cancrena (…) Anche oggi si
possono trovare dottori i cui motivi sono discutibili. Chiunque sia stato soggetto a lunghe malattie o abbia ascoltato i discorsi degli
studenti in medicina capirà a cosa alludo (…) L’assicurazione nazionale contro le malattie è riuscita in parte a eliminare l’idea che un
operaio malato sia un mendicante, che non merita molta attenzione. All’inizio di questo secolo era consuetudine che, nei grandi
ospedali, i pazienti che non pagavano i soldi dovessero farsi estrarre i denti senza anestesia. Niente soldi? Niente anestesia! (…) Si
può ancora avvertire una leggera traccia delle loro origini nell’architettura particolarmente sinistra degli edifici. Io non ho la minima
idea di lamentarmi per il trattamento ricevuto negli ospedali inglesi, ma (…) è un istinto sano quello che spinge la gente a tenersi
quanto più possibile alla larga dagli ospedali e soprattutto dalle corsie per chi non paga.

Cristo si è fermato a Eboli (C. Levi)
Il dott. ** è furente. La sua autorità, ahimè, pare assai scossa (…) Egli non sa assolutamente nulla e parla a caso. Una cosa egli sa,
che i contadini esistono unicamente perché ** li visiti, e si faccia dare denaro e cibo per le visite; e quelli ch gli capitano sotto devono
pagarla per gli altri che gli sfuggono. L’arte medica per lui non è che un diritto, un diritto feudale di vita e di morte sui cafoni; e
perché i poveri pazienti si sottraggono volentieri a questo jus necationis, un continuo furore, un odio di bestia feroce contro il povero
gregge contadino. Se le conseguenze non sono spesso mortali, non è certo mancanza di buone intenzioni, ma soltanto il fatto che, per
uccidere con arte un cristiano, ci vuole pure una qualche briciola di scienza. Usare questa o quella medicina gli è indifferente: egli
non ne conosce e non si cura di conoscerne nessuna, esse sono per lui null’altro che le armi del suo diritto (…) Il diritto di ** è
ereditario: suo padre era medico, suo nonno anche. Suo fratello, morto l’anno prima, era, naturalmente, farmacista. La farmacia non
ha trovato successori e avrebbe dovuto essere chiusa; ma è stato ottenuto attraverso qualche amico alla Prefettura che essa possa
continuare a funzionare, per il bene della popolazione, fino a esaurimento scorte, ad opera delle due figlie del farmacista, che non
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hanno fatto studi e quindi non potrebbero essere autorizzate alla vendita di veleni. Le scorte naturalmente non finiranno mai; un po' di
qualche polvere indifferente viene messa nei barattoli mezzi vuoti, così si diminuisce il pericolo di errori nelle pesate. Ma i contadini
sono ostinati e diffidenti. Non vanno dal medico, non vanno alla farmacia, non riconoscono il diritto. E la malaria, giustamente, li
ammazza.

Resurrezione (L. Tolstoj)
Il presidente dichiarò chiusa l’inchiesta, senza intervalli, ansioso di sbrigarsela. Il sostituto procuratore, ottuso per natura, aveva la
disgrazia di essere stato premiato per la sua tesi all’università e di aver successo con le donne. Era perciò stupido e tronfio al
massimo grado e, evitando di guardare gli imputati, parlò a lungo, cercando di rendere la sua requisitoria di portata sacrale come le
arringhe celebri (…) Nonostante la smania di sbrigarsi in fretta per andare dalla sua amante che lo stava aspettando, poi, il presidente
aveva talmente fatto l’abitudine al suo mestiere e tanto gli piaceva ascoltarsi che, una volta cominciato, non gli riusciva di smettere
(…) e dimenticò così di dire l’essenziale (…): “Guardate che controsenso nel verdetto. Lei è innocente”. “Bisognerebbe annullare il
verdetto. Che ve ne sembra?” Si rivolse il presidente al giudice dall’aria buona. Il giudice sommò le cifre del numero del foglio che
gli presentarono decidendo che se l’operazione fosse stata divisibile per tre avrebbe accettato. L’altro giudice rispose: “I giornali già
dicono che i giudici assolvono i delinquenti. Che direbbero se anche la Corte lo facesse? Il presidente guardò l’orologio: “Peccato,
ma che farci?” e invalidò il foglio.

Lo straniero (A. Camus)
Si decideva la mia sorte senza chiedere il mio parere (…) L’avvocato diceva io quando parlava di me. Questo significava eliminarmi
ancora un po’ dalla cosa, ridurmi a zero (…) Ha invocato la legittima difesa molto rapidamente e poi ha parlato della mia anima (…)
e il pubblico ministero diceva: “Lo accuso di aver seppellito sua madre con un cuore criminale. Fornirò le prove alla chiarezza
accecante dei fatti e poi nella luce tenebrosa, che mi fornirà la psicologia"…diceva che non vi aveva trovato nulla di umano (…)
Diceva che un uomo che uccideva moralmente sua madre radiava se stesso dal consorzio umano allo stesso modo di un parricida
(l’assassinio di un padre, il più abominevole dei misfatto (…) l’immaginazione secondo lui indietreggiava di fronte a un così atroce
gesto) (…) Ero colpevole anche del parricidio da giudicare l’indomani (…) Pena capitale è un triste dovere di fronte a un volto
d’uomo dove nulla non sia mostruoso.

The trial (Pink Floyd)
Buongiorno vostro onore il Verme, il procuratore della Corona dimostrerà chiaramente che il prigioniero al vostro cospetto è stato
colto in flagrante a mostrare sentimenti di natura quasi umana. Questo non è ammissibile. Convocate l’insegnante! (…) Se
m’avessero lasciato fare a modo mio, avrei potuto forzarlo in riga, ma avevo le mani legate. I cuori teneri e gli artisti l’hanno lasciato
continuare (…) Spero buttino via la chiave della cella (…) Non ho mai visto nessuno più meritevole della massima pena prevista. Il
modo in cui hai fatto soffrire la tua moglie squisita e tua madre suscita in me il bisogno di defecare (…) Tu hai rivelato la tua paura
più profonda. Io sentenzio che tu sia esposto davanti ai tuoi simili.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Simili domande che prescindono dalla sostanza del fatto, come tutte le domande che si fanno nei processi, avevano come unico scopo
di tracciare quella sorta di condotto lungo il quale i giudicanti volevano che scorressero le risposte dell’imputato, spingendolo verso
la meta desiderata. L’unico scopo del gruppo era accusarlo.
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INCENSAMENTO DI CHI FA FIGLI

Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
Negli ospedali c’è l’obbligo di accogliere le donne con un aborto cominciato, ma le si punisce sadicamente negando loro ogni
calmante durante i dolori e durante l’operazione. (Francia, 1949)
Dalla rivista Marie Claire
In Texas è stata da poco approvata una nuova legge che, in sostanza, rende illegale l'aborto (...) Il pericolo che diritti acquisiti
vengano cancellati esiste sempre. La nuova normativa pone il limite a sei settimane, quando potresti anche non sapere di essere
incinta, e vale persino se sei stata stuprata (...), ma anche nei Paesi dove l'aborto è legale, esso rimane complicato e anche in Italia.
Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Michael Bray ha appiccato il fuoco nel nome di Dio alle cliniche dove si praticavano aborti (...) Gruppi militanti del
fondamentalismo protestante che comprendono Operation Rescue e L'esercito di Dio sono entrambi impegnati tra l'altro contro
l'aborto. In America il movimento per il diritto alla vita è nato nel 1973 (...) quando si riconobbe il diritto di abortire (...) Alcune
frange fondamentaliste avevano già cominciato a utilizzare tattiche provocatorie, come il blocco agli ingressi delle cliniche
specializzate e azioni di disturbo nei confronti di chi praticava aborti.
Articolo di Guia Soncini (in una rivista di qualche anno fa)
Ogni tanto qualcuna dice l’indicibile: non solo ho abortito ma ne sono pure contenta. L’unico diritto di cui è dovere scusarsi non può
essere raccontato senza dirsi straziate dai rimpianti (…) No, abortire senza rimorsi non si può, non se lo si fa per la carriera e (…)
tantomeno ci si può vantare di essere state abbastanza lucide da non figliare a sedici anni. Zitta e vergognati.

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
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Perer l'interruzione volontaria della gravidanza (entro i primi 90 giorni, con motivazioni previste dalla legge) delle minorenni è
richiesto l'assenso di chi esercita la potestà.
Avere o essere (E. Fromm)
[Un] rifiuto mediante sovracompensazione è assai frequente (…) Si manifesta in casi come quelli di vegetariani fanatici che così
reprimono impulsi distruttivi, di fanatici nemici dell’aborto che reprimono i propri impulsi omicidi, di fanatici della “virtù” che
reprimono i propri impulsi peccaminosi (…) Al pari di tutti i fanatismi, questo legittima il sospetto che serva a coprire altri impulsi,
di solito di segno opposto.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Dopo la disgrazia di nascere, non ne conosco nessuna più grande di quella di dar la vita a un uomo.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Per distruttività non intendo manifestazioni essenzialmente difensive e indirettamente al servizio della vita come per esempio
l’invidia o la delusione, bensì quelle in cui il desiderio di distruzione è fine a se stesso.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Com’è che sotto il più efferato dispotismo continuiamo a riprodurci? (…) È perché il bambino sorride alla madre sotto Domiziano
come sotto Tito (…) È un peccato per gli uomini, ma una fortuna forse per i tiranni, che i poveri, i disgraziati non abbiano l’istinto o
la fierezza dell’elefante che non si riproduce quando si trova in cattività.

Il canto dell'elefante (W. Smith)
Quando le popolazioni umane erano frenate e limitate da fattori estranei, allora l'uomo comune era in grado di ritrovare la dignità e
un certo dominio sul proprio destino. Le (...) grandi epidemie medievali avevano spezzato il sistema servile e feudale dell'Europa.
Avevano falcidiato a tal punto la popolazione che i pochi uomini rimasti erano diventati preziosi – proprio in virtù del loro numero
ridotto – e avevano quindi potuto rivalutare il prezzo del loro lavoro. Le grandi guerre di questo secolo avevano distrutto il sistema
classista fondato sull'ereditarietà dei privilegi e delle ricchezze, aprendo in tal modo la strada all'età (...) dei diritti umani (...). Quando
la massa dell'umanità raggiungeva proporzioni tali da rendere irrisorio il prezzo della vita, era giunta l'era delle buone occasioni per i
grandi predatori (...) In India, in Cina, in Africa e nel Sudamerica (...) gli esseri umani brulicavano come api sciamanti.

Silas Marner (G. Eliot)
Frattanto, perché non poteva rassegnarsi alla mancanza di figli? Perché la sua mente volava senza pace a quel vuoto come se questo
fosse il solo motivo che gli impedisse di gustare la vita con gioia? Penso che così accada a tutti coloro che raggiungono l’età matura
senza la chiara percezione che la vita non può mai essere completamente felice: nel tedio vago delle ore grigie, l’insoddisfazione
cerca un oggetto definito e lo trova nella mancanza di un bene che non ha provato.
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OSTRACISMO (BRUTALITÁ E VERITÁ)

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Sotto la diagnosi di lebbra si raccoglievano anche altre affezioni croniche ripugnanti (...) I motivi che provocarono la reclusione di
questi malati non erano di ordine sanitario, in quanto la nozione di contagio sarà accettata in seguito (...) Una spiegazione è che il
malato ispirava repulsione e (...) faceva paura, era oggetto di scandalo (...) I lebbrosi subirono il destino di tutti i gruppi marginali
anche quando la società maggioritaria era l'unica responsabile della loro emarginazione: funsero da capri espiatori in occasione di
gravi eventi (...) Anche durante la peste nera del XIV secolo fu necessario inventare dei colpevoli (gli ebrei, gli zingari, ecc.) (...) Si
avviava così il processo di formazione dei ghetti.
Il problema dei tipi nella poesia “Prometeo ed Epimeteo” di Carl Spittaler in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Si vede la pagliuzza nell’occhio proprio come trave nell’occhio del fratello. (…) Questa idea è una proiezione (…) della percezione
inconscia che l’azione redentrice viene costantemente frustrata per la presenza nell’inconscio di un elemento non redento, (…) una
parte di noi stessi che non ha ancora percorso il processo di educazione cristiana (…) C’è una percezione inconscia di questo
elemento irriducibile, di cui si vorrebbe negare l’esistenza: di qui la proiezione. L’irrequietudine è un’espressione concreta della
mancata redenzione.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Si direbbe semplicemente che debbano esistere entità indesiderabili su cui si accumula l’uggia e il malanno (…) quell’odio così
caratteristico della civiltà odierna (…) Così lo stregone estraeva dal corpo del malato il feticcio accuratamente preparato prima e così
il buon cristiano carica le proprie colpe sul buon giudeo; (…) nel corso dei tempi la responsabilità è stata accollata al fulmine, alle
streghe, ai socialisti, agli intellettuali, ai militari (…) Il fatto è che il mondo ha smarrito non soltanto Dio ma anche il diavolo. Così
come trasforma il male in immagini indesiderabili trasforma il bene in immagini desiderabili che ammira perché fanno ciò che
ognuno ritiene impossibile di fare da sé. Si sta seduti sui gradini d’uno stadio a veder altra gente scalmanarsi, questo è lo sport; si
lascia dire al prossimo le più assurde esagerazioni, questo è l’idealismo; si scuote via il male e quelle che ne rimangono
impillaccherate sono le entità indesiderabili. Così tutto trova il suo posto nel mondo, e il suo ordine; ma questa tecnica di adorazione
dei santi e di allevamento di capri espiatori mediante l’espropriazione non è senza pericolo perché riempie il mondo delle correnti ad
alta tensione di tutti i conflitti intimi non risolti. Ci si sbudella o ci si affratella e non si può saper bene se lo si fa sul serio (…) Come
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una simulazione (…) La vecchia credenza demoniaca che ogni bene e ogni male imputava a spiriti celesti o nefasti funzionava assai
meglio (…) e si può solo sperare che (…) ritorneremo ad essa.

Il Fascismo (I. Silone)
Questa pratica (il boicottaggio) purtroppo antica in alcune regioni d’Italia, consiste in ciò, che le persone o famiglie boicottate non
possono trovare nulla di quanto occorre alla loro azienda o alla vita. Il proprietario o il colono boicottato non può avere manodopera,
non trova da acquistare derrate o indumenti, non trova da vendere i suoi prodotti, e in alcuni casi si è vista negata l’assistenza
sanitaria per sé e per la sua famiglia (…) Si tentò financo di impedire la locomozione e i trasporti attraverso le vie pubbliche. La
condizione di costoro era divenuta, specie in alcuni casi, intollerabile.
Un mese con Montalbano (A. Camilleri)
"E un omo che ** non vuole più vedere è un omo col quale non ci vuole più avere a che fare nessuno. Meglio che cangia paese. E
con paese non intendo solo questa zona." -"uno splendido esempio di comportamento mafioso" non potè fare a meno di commentare
Montalbano.
Da un forum online (risposta a una richiesta di consiglio e spiegazione in un caso di ostracismo in cui una donna è stata
aggredita per strada, nei negozi, in ospedale, ecc. della sua zona)
La lite per i confini di suo marito credo non c'entri niente. Suo marito deve avere pestato i piedi a una persona importante: gli abusi
che mi ha riferito sono tecniche intimidatorie di tipo importato...Vi si presta sempre facilmente una certa categoria di persone.

Annali (Tacito)
Tiberio verso i figli di Germanico ostentava il contegno di un giudice imparziale, mentre di nascosto istigava taluni a presentarsi in
veste di accusatori e perseguitava specialmente il più vicino alla successione, Nerone, che la gioventù, pur moderata, rendeva
immemore spesso di quello che per il momento era opportuno; tanto più che i liberti e i clienti, smaniosi di acquistare potenza, lo
incitavano a mostrare animo elevato e fiducioso (…) Ascoltando simili discorsi, egli, pur senza concepire alcun pensiero di
ribellione, si lasciava sfuggire talvolta parole superbe ed imprudenti; e poiché i custodi addetti alla sua persona le ascoltavano e le
riferivano esagerate, né a lui era dato difendersi, su di esse nascevano preoccupazioni di vario genere. Uno evitava di incontrarlo, un
altro, dopo avergli ricambiato il saluto, mutava sùbito direzione, moltissimi interrompevano il discorso incominciato, mentre gli
amici di Seiano, che si trovavano presenti, rimanevano lì a schernirlo. Tiberio poi gli mostrava un volto minaccioso oppure un sorriso
non sincero: sia che il giovane parlasse, sia che tacesse, gli si faceva colpa tanto dei suoi discorsi quanto del suo silenzio. Nemmeno
la notte era sicura, perché la moglie rendeva conto delle sue veglie, dei suoi sonni, dei suoi sospiri alla madre Livia, ed ella a Seiano,
il quale trasse dalla sua anche Druso, fratello di Nerone, facendogli sperare il principato, se avesse tolto di mezzo il primogenito, la
cui posizione era già vacillante (…) Tuttavia Seiano non favoriva tanto Druso da non gettare anche contro di lui il seme della rovina
futura (…)
Un soldato addetto alla loro sorveglianza annotava come in un diario i messaggi, le visite, gli atti compiuti in pubblico o in segreto di
Agrippina e dei figli; e veniva sobillato appositamente chi li esortasse a rifugiarsi presso gli eserciti di Germania, oppure ad
implorare l’aiuto del senato e del popolo, abbracciando la statua del divo Augusto, nel punto più frequentato del foro. Tali disegni,
benché essi li respingessero, venivano loro attribuiti, come se si preparassero ad attuarli (…) Venne chiuso in carcere un cavaliere
d’alto rango che (…) non aveva infatti tralasciato di onorare la vedova Agrippina ed i figli di lui (…) unico rimasto di tanti clienti, e
lodato per questo dai buoni, odioso agl’iniqui.

Il Re Sole (F. de Saint-Simon)
Il ministro aveva occasioni continue di preferire o mortificare chi voleva, e non mancava di preparare con astuzia i mezzi per
avanzare i suoi protetti, malgrado l’ordine dei quadri, e far restare indietro chi gli pareva. Se (…) si lasciava il servizio (…) era un
miracolo se, dopo anni di raddoppiati rifiuti, si riusciva a tornare a galla. Chi poi non faceva parte della corte (…) il ministro della
guerra ne faceva uno studio particolare: di costoro quelli che lasciavano il servizio erano sicuri, loro e la loro famiglia, di incontrare
nella loro provincia o città ogni sorta di mortificazioni che quasi sempre influivano sulle loro terre e i loro beni.

La fiera delle vanità (W. M. Thackeray)
Sembra che ** tentasse ripetutamente di rivedere il cognato *** (…) In attesa di *** quando ella vide che era in compagnia di **** e
i suoi occhi ebbero incontrato gli occhi di costui, ella si affrettò ad allontanarsi e da allora in poi ogni suo tentativo di abboccamento
(…) non ebbe esito felice (…) Non c’è dubbio che qualcuno si fosse preso la briga di istigare *** contro la cognata (…) Di lei ****
mostrava di sapere ogni cosa (…) Questa biografia era calunniosa e tendenzialmente menzognera (…) Una nobildonna (…) raccolse
tutte le sue forze non appena si accorse del sorrisetto ironico di ** (…) e le lanciò un’occhiata sprezzante, tale da assassinare
moralmente qualsiasi donna (…) ** si limitò a riderne ma (…) si sentì sola, tagliata fuori (…) Anche il contegno degli uomini nei
suoi riguardi aveva subito un sensibile cambiamento. ***** le rideva in faccia (…) ostentando un trattamento confidenziale tutt’altro
che apprezzabile (…) Il contegno insultante degli uomini era più sopportabile della simpatia che le tributavano certe donne (…)
Risero, scherzarono, cercarono di compiangerla e di sollevarle il morale, ma con un’aria di protezione che finì col farla smaniare di
rabbia (…) **, che pagava puntualmente all’albergo (…) fu invitata dal padrone ad andarsene senza indugio. Costui era stato
informato da qualcuno che si trattava di persona non confacente al buon nome del suo esercizio, dal momento che nessuna signora
inglese avrebbe accondisceso a sederle accanto a tavola (…) Ogni qual volta **, a costo di sofferenze e sforzi inenarrabili, riusciva a
crearsi una piccola cerchia di conoscenze, subentrava qualcuno che distruggeva con inaudita perfidia il frutto delle sue fatiche (…)
Le voci che correvano su ** erano il frutto della diffamazione operata da **** (…) A passeggio (…) trovò ******. L’uomo di
fiducia di Sua Signoria, il quale (…) disse “Ero certo di trovarvi qui. Vi ho seguito. Devo darvi un consiglio (…) Andatevene da
Roma, altrimenti vi ammalerete e non sopravviverete alla malattia.” ** scoppiò in una risata rabbiosa “Addirittura uccidermi!” (…)
Questa volta fu ****** a scoppiare a ridere “E chi vi difenderebbe? (…) Noi sappiamo tutto, abbiamo amici dappertutto (…) Avete
offeso una persona che conta.”
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Mobbing (D. Guglielmi)
Bisogna considerare straining, (...) bossing (...) e stalking sul lavoro (...) Non c'è accordo se le molestie sessuali siano considerabili
mobbing (...) La classificazione proposta dal Finnish Institute of Occupational Health sintetizza i comportamenti di mobbing in:
pettegolezzi e maldicenze; isolamento sociale; assegnazione di compiti al di sotto della professionalità; critica continua e
ingiustificata circa il lavoro svolto e i risultati raggiunti; violenza e minaccia di violenza; insinuazioni circa un forte disagio
mentale(...) I sintomi conseguenti fisici e psichici spesso permangono a lungo dopo l'uscita definitiva dall'ambiente lavorativo (...)
Uno degli esiti gravi e pericolosi è infatti il minare l'immagine che la vittima ha di sè e il creare la percezione di non poter uscire
dalla situazione. È uno degli esiti finali, (...) perché nell'ultima fase, di aggressione e distruzione, l'unico obiettivo del confronto
diventa quello di distruggere l'altra parte anche a costo di subire delle perdite (...) e c'è reiterazione ed escalation delle vessazioni (...)
Essa segue alla fase di razionalità e controllo nell'affrontare il conflitto e (...) quella di sospetto e ostilità reciproci (...) con ricerca di
supporto da ognuna delle parti per difendere la propria posizione (...) È difficile riconoscere il mobbing nelle fasi iniziali e, (...) dal
punto di vista giuridico, (...) non basta documentare la consequenzialità tra comportamento (azioni mobbizzanti) ed evento (danno
patrimoniale, biologico o altro), ma è necessario che l'evento rappresenti (...) una conseguenza normale del comportamento, il che è
un elemento difficile da dimostrare, (...) perché (...) il mobbing è multideterminato da fattori di varia natura (...) Inoltre in Italia
manca l'approvazione di una normativa specifica per il mobbing e (...) alla frequenza di attivazione (...) degli sportelli mobbing, (...)
non corrisponde sempre efficacia in considerazione delle competenze di chi li gestisce e dell'obiettivo (...) Non sempre infatti c'è un
obiettivo definito e chiaro (...) e non sempre il consulente è qualificato in funzione degli obiettivi dichiarati (...) (consulenza
psicologica (...) o legale e organizzativa) (...) Vi sono anche molte tendenze sia nei lavoratori sia nei responsabili del personale (...) a
considerare (...) i comportamenti discriminatori e vessatori (...) come responsabilità delle persone coinvolte e delle loro caratteristiche
e non dei processi organizzativi sottostanti. Questo rappresenta un ostacolo rilevante alla possibilità di apprendere dai propri errori,
oltre al fatto che per accertare le responsabilità personali effettuare un'analisi delle precondizioni organizzative è necessario, in realtà.

Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Si deve prendere in esame le seguente aree, oltre alle forme di stress e sovraffaticamento professionale: mobbing, bullying e bossing,
stalking e straining, harassment, conflitti distruttivi, forme di sadismo e masochismo morale, aggressioni psicologiche e fisiche,
competizione distruttiva, invidia generazionale e professionale, manifestazioni di angoscia e depressione, uso di sostanze psicotrope e
psicofarmaci, dipendenze da caffeina, tabacco, alcol e sostanze, work-addiction e dipendenze digitali (...) L'invidia si manifesta (...)
anche collegata ad aspetti soggettivi e personali (...) Sentimenti non positivi devono essere considerati fisiologici nella vita
soprattutto oggi, se si considera l'esistenza di una sorta di normale inciviltà diffusa nelle situazioni sociali e di lavoro, ma quando una
persona non riesce a contenere la propria distruttività e l'ambiente lascia fare si creano situazioni di forte sofferenza istituzionale (...)
I manager dovrebbero intervenire pesantemente, dopo essere stati formati nella gestione dei conflitti (vedi Rahim, 2002). Spesso si
innescano in relazione a fusioni e fasi di ridimensionamento, ma in realtà molti altri si innescano sull'incredibile diffusione del fattore
stupidità (...) Carlo M. Cipolla declinò le leggi fondamentali della stupidità (...) Nel nostro Paese (...) Psichiatria Occupazionale e
Criminologia del lavoro sono aree non particolarmente frequentate, né approfondite (...) In troppi casi le rilevazioni di disturbo
lavoro-correlato (...) hanno visto, da un lato, datori di lavoro a dir poco disinteressati e, dall'altro, pseudoesperti di stress
occupazionale, che hanno sbrigativamente somministrato questionari di dubbia provenienza (se non inventati lì per lì o scaricati dalla
rete), ottenendo risultati (...) distorti o distorcenti (...) È comunque sulla motivazione al cambiamento che è consigliabile concentrare
gli sforzi (...): ciò significa (...) soprattutto indagare i motivi di soddisfazione e insoddisfazione lavorativa all'interno del contesto
attuale (...) È dubbio che una tale apertura possa verificarsi nei confronti di chi – esponente della direzione del personale – potrebbe
un giorno utilizzare le informazioni ricevute per altri fini inerenti alla valutazione del soggetto (...) o per altre azioni (...) In Italia (...)
anche l'outplacement rischia di essere maneggiato superficialmente.
Lord Jim (J. Conrad)
L’intera regione marittima non parlava d’altro (…) Gente del tutto esterna si accostava familiarmente, tanto da sollevarsi la mente
parlando del soggetto. Ogni miserabile poltrone della città ha raccolto una messe di bibite grazie a questo affare (…) Vi era dello
sdegno, non pochi scherzi.
C. G. Jung
Pensare è molto difficile, per questo la maggior parte della gente giudica.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
Tutte le volte che nel passato l’aveva osservata gli era parsa un essere fiero, esaltato, impaurito, superbo e irritato. Circondata in
piazza dovette farsi strada a colpi di frusta. Le beghine le impedivano di entrare in chiesa. Seguita, si mise a correre come una folle
(…) È lei la stessa di cui tutta la contrada racconta l’incredibile storia? Questa ragazza dal sorriso di bambina, dallo sguardo limpido,
franco, leale?

L’esclusa (L. Pirandello)
Due signori sotto l’ombrello guardavano ** e lui: L’uno terreo in volto e con piglio fosco, l’altro più alto, magro, straniero all’aspetto
e con un’espressione scioccamente derisoria negli occhi chiari (…) Ma che volevano da lei tutti costoro? (…) La persecuzione
ancora, da lontano. Calunnie ancora e villanie.

Fermo e Lucia, Capitolo II, 6 (A. Manzoni)
I ragazzi le facevano mille versacci (…) nessuno le parlava, nessuno voglio dire della gente come si deve, perché i cattivi se le
avvicinavano per la via con una familiarità come se le fossero sempre stati amici e, fino, a parlare con poca riverenza, i birri la
salutavano ridendo, e le gettavano parole da non dire. Poveretta! Di tratto in tratto pareva più lieta che non fosse mai stata, ma le
lagrime che spargeva in segreto!
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La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
In cambio del suo aiuto non riceveva da nessuno alcuna gratitudine (…) I ragazzini la seguivano (…) e anche quelli beneficati da lei
la tormentavano.

Jane Eyre (C. Bronte)
“Insegnanti e ragazze, vedete tutti questa bambina? (...) Nessuna deformità rivela in lei un carattere particolare. Chi potrebbe pensare
che il maligno ha già trovato in lei un suo agente? (...) Questa bambina (...) è una piccola criminale:non un membro del vero gregge,
ma una piccola intrusa inopportuna. Dovete guardarvi da lei, dovete cercare di non assomigliarle; se è necessario evitate la sua
compagnia, escludetela dai vostri giochi, tenetela fuori dalle vostre conversazioni. Voi insegnanti dovete sorvegliarla: tener d'occhio
ogni sua mossa, soppesare le sue parole, valutare le sue azioni, punire il suo corpo (...) è qui per essere risanata come gli antichi ebrei
mandavano i loro malati alle ribollenti acque di Bethesda; insegnati, direttrice, vi prego di non permettere che le acque ristagnino
intorno a lei (...) Fatela stare ancora mezz'ora su quello sgabello e non lasciate che alcuno le parli per il resto della giornata.”

Il mulino sulla Floss (G. Eliot)
L’idea di poter ritrovare la felicità non balenava più, nemmeno per un momento (…) Ed era così indicibilmente, così morbosamente
stanca! (…) Ogni sguardo ostile era una pena (…) Ma ecco s’accorse che stava per passare accanto ad un gruppo di signori (…) e
non poté fare a meno di vedere il giovane ** (…) che le lanciava un saluto con l’aria disinvolta che avrebbe potuto dedicare a
qualche cameriera di caffè sua intima (…) Può venire da chiunque; il più grossolano, il più crudele, il più brutale monello dell’angolo
di strada (…) Le persone più incapaci di un travaglio di coscienza (…) sono proprio quelle che più probabilmente rifuggiranno non
potendo credere al travaglio di *** (…) Antipatica l’avevano trovata sempre; adesso la trovavano astuta e orgogliosa (…) Anche
nell’ipotesi che richiedeva la maggiore dose di buona fede: cioè che nessuna delle cose dette sul conto di *** fosse vera, tuttavia
quelle cose dal momento che erano dette, la mettevano in un certo odore da farla respingere (…) dalla società. Prendere *** per
mano e dirle: “Non voglio credere del male di voi senza le prove” (…) avrebbe richiesto coraggio, profonda compassione,
conoscenza di se stessi, generosa fiducia: avrebbe richiesto uno spirito che non gustasse l’acredine della maldicenza, che non si
sentisse inorgoglito nel condannare, che non si ubriacasse di grandi paroloni fino a credere che la vita possa avere una finalità morale
(…) senza che si debba lottare per una piena verità (…) Le signore di St. Ogg’s non erano frastornate da vaste concezioni
speculative; ma avevano un’astrazione prediletta, chiamata la Società, che serviva a mettere le loro coscienze perfettamente in pace
quando dovevano fare ciò che appagava il loro egoismo: pensare e dire le peggiori cose di ***: e volgerle le spalle (…)
Probabilmente anche St. Ogg’s aveva la sua equa proporzione di bontà, come qualunque altra piccola città (…) ma (…) dobbiamo
aspettarci di trovare della timidezza nella maggior parte delle donne buone: tanta timidezza da farle persino sospettare della giustizia
dei loro impulsi migliori, allorché questi le mettano in minoranza (…) Ogni apparenza di male (…) sempre dipende dalla media degli
spiriti circostanti. Quando questi spiriti sono bassi e grossolani, l’area di tale “apparenza” risulta estesa in proporzione.

Il castello( F. Kafka)
Colpevole o innocente, ella (…) ha attirato il disonore sul villaggio (…) e la punirono, anche se non con la legge (…) Non eravamo
in questione noi, ma il fatto in sé (…) Gli altri non volevano sentirne parlare, (…) o pensarci (…) Se avessimo dimostrato col nostro
contegno di aver superato l’accaduto in un modo o nell’altro, (…) tutto sarebbe tornato come prima (…) Invece (…) era ben naturale
che discutessimo della cosa rigirandola da ogni parte, (…) sempre più prigionieri della cosa da cui volevamo fuggire (…) Gli altri si
accorsero che non avevamo la forza di districarci da quella storia e ce l’imputarono a colpa. Capivano la gravità della nostra sorte
(…) Sapevano che forse non avrebbero superato la prova meglio di noi, ma appunto perciò trovavano necessario tagliare ogni legame
con noi (…) Non parlavano più di noi come esseri umani, il nome dalla nostra famiglia non fu più pronunciato, (…) perfino la nostra
casa acquistò una cattiva fama (…) e quando qualcuno ricominciò a mettere piede in casa nostra, arricciò il naso per cose di nessuna
importanza, per esempio perché la lucerna era appesa sopra la tavola. E dove mai si doveva metterla se non là? Ma la gente trovava
che era inammissibile. Se però le cambiavamo di posto, continuavano a manifestare la loro disapprovazione. Tutto ciò che eravamo e
facevamo incontrava lo stesso disprezzo.

Saggio sulla violenza (W. Sofsky)
Si giustificano le crudeltà verso il capro espiatorio in base agli effetti naturali di quelle stesse crudeltà.

Avere o essere (E. Fromm)
L’aspirazione a vivere in unione con altri ha radici nelle condizioni di esistenza specifiche e caratteristiche della specie umana (…)
Gli esseri umani hanno più paura di essere messi al bando che non, a volte, della morte.

Psicologia della comunicazione (P. Di Giovanni)
L'influenza normativa da parte dei gruppi (...) induce l'individuo a conformarsi alle aspettative che gli altri hanno nei suoi confronti
(...) per evitare reazioni repressive (...) o pensando che verosimilmente la maggioranza ha ragione, (...) anche quando non è così (...)
Ciò accade anche se non c'è motivo di temere ritorsioni successive, (...) cioè quando ci si trova tra perfetti estranei (...) A volte si
segue quella che Chaiken chiama euristica del consenso ("se tutti la pensano così è vero") (...) Inoltre, per il fenomeno di
polarizzazione, qualunque sia la discussione, i gruppi si (...) spostano verso uno dei poli estremi (...) per le conferme ricevute (...) o
per stanchezza (...) In generale in un gruppo il dissenziente spesso viene ignorato o è oggetto di comportamenti repressivi (...) e di
ritorsioni a distanza (...) Quando poi l'esigenza di evitare i dissensi e di salvare la coesione prevale su quella di capire come stanno
veramente le cose, si afferma un pensiero condiviso che unisce i membri del gruppo, ma è illusorio e può sfociare in gravi errori di
giudizio o decisioni disastrose (...) secondo la teoria del groupthink (...) specie se c'è un leader impositivo e (...) se il gruppo è
piuttosto isolato o sotto stress (...) Gran parte della comunicazione è automatica. Ci sono però passaggi che richiedono attenzione,
come interpretare un atto di cortesia scortese o rendersi conto che si è in un vicolo cieco dell'interdipendenza cognitiva (vedute
inconciliabili compromettono l'aiuto reciproco nel costruire ognuno la propria visione del mondo e il benessere della relazione) o che
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si sta sprofondando in un groupthink (...) Inoltre spesso i comuni biases (...) e difetti di sintonia (...) ci fanno commettere errori di
inferenza (...) riguardo ai significati impliciti da afferrare presenti in ogni comunicazione (...) La sintonia è indispensabile nella
comunicazione (...) e, se non si è sintonizzati, il ricevente arriva a conclusioni sbagliate, perché non ha in mente le stesse cose che ha
in mente l'emittente (...) E in generale non possiamo correggere malintesi e (...) comunicazioni inefficaci (...) se attribuiamo male la
causa di essi (...) Quando poi una comunicazione non perfettamente riuscita (miscommunication) è coperta anche da ideologia (...)
distorcente, può facilmente passare inosservata, (...) Solo se si mette in discussione l'ideologia, (...) certe disfunzioni sono percepite
(...) Vi rientrano quelle che mantengono disuguaglianze sociali.
Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
Tutti si lamentano della propria memoria; nessuno si lagna del proprio giudizio (…) La meschinità di spirito fa l’ostinazione; non
crediamo facilmente a ciò che è al di là della nostra vista (…) Accade per certe buone qualità come per i sensi: chi ne è privo non può
vederle né capirle (…) Troviamo poca gente di buon senso all’infuori di quelli che sono del nostro parere (…) Gli intelletti mediocri
condannano di solito tutto ciò che oltrepassa la loro portata (…) La facilità a credere il male senza esaminarlo abbastanza è oggetto di
orgoglio e di pigrizia. Si vogliono dei colpevoli, senza prendere cura di esaminare i delitti.

Frammenti (Eraclito)
I cani abbaiano a quelli che non conoscono.

Dialogo del reggimento di Firenze (F. Guicciardini)
El popolo, va alla grossa, non discerne né pesa sottilmente le cose, però con facilità è ingannato da chi si ingegna parere buono; pensa
ciascuno agli esercizi suoi, né fa diligenza di informarsi del vivere di questo e di quello; però non gli sono note le opere particolari di
ognuno; (…) facilmente si appiccherà e sarà creduta una infamia adosso a uno che non la meriti, come uno bene di uno che sia
l’opposito. Da non pensare alle cose e non ne tenere conto diligente nasce la delusione, perché ancora che uno si porti male in uno
magistrato e in modo che sia noto, nondimanco si dimentica presto (…) La ignoranza è cieca, confusa e senza termine e regola e però
dice el proverbio che spesso è meglio avere a fare col maligno che co’ l’ignorante (…) Le calunnie sono detestabili, ma tanto naturale
in una città libera, che è difficile e forse impossibile el lavarle; perché quando nasce uno carico falso contro a uno cittadino, che può
nascere per malignità di chi ne è autore e anche per errore, come si può provedere che non si allarghi nella moltitudine, la quale è più
inclinata al male che al bene? E anche non mancano molti che per odio o per invidia fomentino questi rumori (…) Però in ogni
popolo libero fue e sarà sempre abbondanza di calunniatori.

http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri
L'ostracismo è un fenomeno tipicamente mafioso. Peraltro l'ostracismo, ciclico o assoluto, compare in molte descrizioni delle società
primitive. L'ostracismo generale è cosa assai seria (...), tenendo conto che in tali situazioni capita di venire aggrediti molto spesso per
i pretesti più diversi e anche per motivi del tutto opposti fra loro da persone diverse e a volte dallo stesso individuo (...), perché il
disprezzo generale non è che mera decisione e pertanto non ha bisogno di fondarsi e è privo di riferimenti, così la vittima diventa
l'equivalente di uno spazio vuoto dove tutti sono tentati - e molti convinti - a gettare sassi. (…) La maggioranza non vuole rinunciare
a sognare che “la vita è bella” e al piacere di sfogare istinti violenti senza conseguenze e quasi nessuno vuole faticare o correre rischi
per un estraneo nemmeno fornendogli informazione scritta e anonima della semplicità di pochi indirizzi internet (…) Si deve
aspettarsi di tutto, dal continuo spiare e importunare dei condòmini agli attacchi dei passanti per strada o in negozi, Poste,
biblioteche, Comune, bar e soprattutto nei mezzi di trasporto pubblici, dalla negligenza e dagli altri abusi gravi di medici agli abusi di
potenziali o provvisori datori di lavoro, del personale di agenzie di lavoro interinale, ecc. (…) Un esempio tipico è che si venga da
molti considerati pretenziosi e maniaci dell'estetica a causa della necessità obiettiva di uniformare il proprio aspetto alle convenzioni
per sentirsi più a proprio agio tra le critiche generali (…) Altre cose che si prestano ad essere fraintese in modo simile sono l'impulso
a parlare spesso e senza veli di sé e di problemi sociali comuni e quello a migliorare, impulsi naturali e ovviamente particolarmente
forti in coloro nei quali l'altrui repressione ha acuito il bisogno di autoaffermazione. Certamente si verrà considerati intolleranti della
della libertà e della privacy altrui da chi usa la propria libertà per privare altri della propria con la reclusione immotivata e la tortura
(...) è poi frequente che si venga giudicati da alcuni a caccia di compassione o di aiuto – magari proprio per le conseguenze visibili
dell’impossibilità di risolvere i problemi in un momento, come se conoscenze precise e alcune altre condizioni non fossero necessarie
sia per superare i problemi sia per nasconderne agli altri le conseguenze vistose fastidiose (dall’abbigliamento inadeguato ad alcune
debolezze) – e che si sia considerati da altri invece disperati di ottenere comprensione da chiunque per atteggiamento "negativo" o
noncuranti di ricevere essa come ogni approvazione a causa di un'indifferenza innata per le opinioni della maggioranza; c'è poi chi
accuserà l'altruismo (...) come qualità ridicola e infantile e chi (...) presumerà indifferenza (…) a caso o per via del modo di
esprimersi "diverso" tipico di molte persone deboli o eccentriche (...) Se a volte di fronte ad altri non riuscirete a trattenere il pianto la
gente dirà che siete dei bravissimi attori o dei pazzi; se piangerete troppo a lungo in casa diranno che siete eccessivi e capricciosi
come bambini o che non avete riguardo per coinquilini o condomini, e ciò mentre saltuari pianti isterici nei violenti di cui siete stati o
siete la vittima verranno considerati espressione di sofferenza profonda (…) ; se poi reagirete con forza e maturità la gente dirà che
non state soffrendo affatto né avete mai realmente sofferto e che non c’è quindi motivo di credere che abbiate alle spalle realmente
una lunga serie di abusi, malattie, ecc. Ogni vostro gesto di esasperazione innocuo oppure sbagliato quanto mai compiuto prima dei
vostri recenti traumi e ogni vostra legittima difesa (...) scatenerà reazioni molto aggressive quasi generali (…) Se sentirete il bisogno
di evadere e lasciarvi andare, come moltissime persone fanno ubriacandosi a volte, non potrete e ogni vostro atto e parola
ridicolizzabile o sfruttabile per diffamarvi verrà usato. Se vi siete sposati con l'unica persona che vi ha aiutato a sopravvivere e siete
donne si dirà che siete puttane e parassite e lo si farebbe anche qualora con il partner non aveste rapporti sessuali, non riceveste da lui
informazioni e molto denaro e aveste con lui anzi un rapporto di aiuto reciproco (ciò almeno o soprattutto se non potete lavorare a
causa dell'ostracismo stesso e/o di malattie cronicizzatesi o che non potete curare); se non fate sesso e il vostro partner ha bisogno
piuttosto del vostro consiglio e del vostro affetto si userà ciò per dipingere o voi come nevrotiche affette da vaginismo o il vostro
matrimonio come il gioco di due bambinoni tardi (…) ; potete dare quasi per scontato che i genitori del vostro fidanzato/a o coniuge
tenteranno di farvi separare (…) e al partner che lo volesse basterebbe farvi internare in manicomio prendendo a pretesto le vostre
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affermazioni sulle violenze subite e non documentate, i sintomi derivanti da costituzione o da malattie organiche o funzionali simili a
manifestazioni nevrotiche che vi impediscono di lavorare, il dolore e reazioni violente in casa conseguenze tipiche di gravi abusi, ecc.
(...) e anzi questo è ed è sempre stato il mezzo per divorziare più spiccio e più economico. Ogni vostra qualità (…) verrà negata o
trasformata in difetto: chi ha letto fin dall'adolescenza e legge ancora molti classici di storia, letteratura e psicologia verrà identificato
con quegli individui negli artigli della psichatria, che riempiono il tempo leggendo a caso anche un libro al giorno; chi per sbloccare
l'emotività scrive in privato scempiaggini in un periodo di forte stress verrà giudicato solo da esse quanto a capacità anche se
contemporaneamente ha dato prova di capacità ben diverse in esami universitari, discussioni, ecc.; chi parla con amarezza in casa
propria delle leggi del governo che gli hanno rovinato la vita verrà paragonato a quei pazzi che per strada parlano (...) di quanto è
cattivo il governo e di ciò che tutti dovrebbero fare; chi impiega tempo e commette errori per scrivere una serie di scritti molto
lunghi, originali e complessi (...) verrà giudicato da ciascuna di quelle brutte copie anche qualora i risultati finali dovessero essere
eccellenti. Tenete presente che chi diffama qualcuno gravemente e riesce a scatenargli contro l'ostracismo generale mira sempre –
subito o nel tempo – a privarlo della possibilità di lavorare e ciò sia per costringerlo a svolgere lavori che molti considerano umilianti
e adatti solo a incapaci (pulizie di bagni, ospedali, ecc.) o che lo caricano di odori (aiuto cuoco e simili) sia per spingerlo al suicidio
che spesso consegue alla povertà, sia per usare il fatto che non lavora per ispirare invidia di lui in chi non stravede per il proprio
lavoro o per dipingerlo come un ladro o un parassita, anche come spiegazione dell'ostracismo in atto falsa quanto più adatta ad essere
espressa platealmente e con tutti della vera ragione per danneggiarne l'immagine e farlo soffrire si preferirà ovviamente che ottenga
tali lavori da psichiatri, che infatti “elargiscono” soprattutto proprio tali mansioni alle proprie vittime; si cercherà di controllarlo
mettendolo nell'impossibilità di risparmiare denaro e dimostrare le proprie doti; (...) una delle conseguenze più gravi dell'ostracismo
generale è che se ne sarete vittima non avrete le cure mediche, specialmente se non vi difenderete prontamente con molta
informazione, filmati e avvocati (...)
Non so come l’ostracismo si possa combattere con mezzi diversi dall’autonomia parziale ottenibile con l’informazione raccolta
attraverso Internet (wikipedia, forum, associazioni), saggi utili (libri di self help, testi universitari e liceali, classici di psicanalisi,
storia e al letteratura, ecc.) e altri beni essenziali acquistati online (farmaci, abiti, oggetti di arredamento, ecc.), la possibilità di far
prendere in prestito dei libri da altri in biblioteca, il sostegno economico di un partner o di un familiare, (…) almeno un’amicizia
profonda e salda, il contatto con la natura in luoghi poco affollati (colli e aree montane vicini con laghi, ecc.) e la compagnia del
meglio di Internet visitato con moderazione e senza partecipazione (le precauzioni per mantenere l’anonimato non sempre sono
sufficienti in questi casi).

Il drago come realtà (S. De Mari)
Il diverso è colui che ha seguìto le regole apprese e ugualmente viene punito con l’allontanamento dal gruppo (…) Se una nazione
subisce un atto coloniale, sono i suoi abitanti che diventano il diverso (…) Per il diverso il mondo non è prevedibile, come non lo è
per il figlio di una cattiva madre (…) Ma sono le nostre sconfitte, i nostri difetti, le nostre malattie che ci rendono forti e in grado di
resistere (…) Per questo i diversi sono da sempre invisi a tutte le dittature (…) L’elenco dei giusti (…) è molto povero di primi della
classe.

Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes)
Avete con la famiglia magari un rapporto solo genetico (…) Non è la vostra vera famiglia (…) Restiamo schiacciate quando la
famiglia (…) insiste per farci piegare sui nostri difetti invece di percepire la crudeltà che ci turbina attorno, all’interno della psiche o
fuori nella cultura (…) Cerchiamo di essere magari gentili quando invece dovremmo essere consapevoli (…) Ma il premio previsto
per la gentilezza nell’oppressione è a volte un trattamento anche peggiore (…) Vassilissa, come noi, non può svilupparsi restando tra
chi fa di lei il cavastivali di tutti (…) Donne cresciute senza una buona madre (…) spesso si lamentano: “Non ne posso più di badare
a me stessa” (…) Ma ci troviamo espulse da un comodo angolino, (…) perché qualcosa ci attende al di là ed è il nostro fato (…) Se
avete tentato di adattarvi a un certo stampo e non ci siete riuscite, probabilmente avete avuto fortuna (…) L’esiliata è allontanata da
tutti e nel contempo è sospinta proprio nelle braccia della sua vera pelle (…) Non è mai un errore cercare ciò di cui si ha necessità.
Mai. C’è qualcosa di utile in queste torsioni e tensioni: qualcosa si è temprato (…) Non è una situazione auspicabile, ma molti sono i
doni dell’esilio (…) Rimuove i piagnucolii, consente un’acuta introspezione, intensifica l’intuito (…) concede (…) la prospettiva che
l’insider non potrebbe mai ottenere, (…) fa desiderare ardentemente (…) una cultura adatta e (…) induce la donna a continuare a
cercare e, se non riesce a trovare la cultura che la incoraggia, decide di costruirsela da sé (…) Vi dicono che siete un’individualista,
(…) che un anticonformista è veleno per la società. Ma nei secoli è stato dimostrato che (…) restare ai margini (…) è dare un
contributo utile (…) Siate gentili, ma non ascoltate i consigli dei miopi (…) Le anatre sono anatre, e i cigni sono cigni (…) Se vi
hanno dato dell’insolente, dell’incorreggibile (…) siete sulla buona strada.
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POLITICA E GIUSTIZIA (CINISMO DIFFUSO E VERITÁ)

Storie (Tacito)
Era principale stimolo ai peggiori lo sgomento dei buoni (…) E intanto si sgonfiava la fervida adesione di quelli che, sul principio, si
erano sbracciati a esibire fedeltà e coraggio (…) Era il silenzio delle grandi paure e delle grandi collere (…) Gli altri gli dilaniarono
orrendamente gambe e braccia (il petto era protetto dalla corazza); molte ferite gli vennero inferte per disumana ferocia, quand’era
ormai un corpo smembrato (…) Le teste mozze, infisse su picche, venivano portate in giro, fra le insegne delle coorti, a fianco
dell’aquila della legione; a gara mostravano le mani lorde di sangue quanti avevano ucciso; chi era stato solo presente al massacro si
gloriava, mentendo o no, di quel crimine, come di un gesto bello e memorabile. Più tardi Vitellio ebbe a trovare più di centoventi
richieste avanzate da gente che reclamava ricompensa per una qualche partecipazione di rilievo ai fatti di quel giorno; tutti costoro
fece cercare e uccidere, non per onorare Galba, ma perché, secondo una politica ormai tradizionale dei principi, ciò vale come difesa
nel presente e vendetta nel futuro. C’era da pensare che il senato fosse diventato un altro, un altro il popolo. Si precipitavano in massa
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al campo (…) Più queste dimostrazioni erano false, più si sbracciavano a darle (…) Questi esigevano la morte di Mario Celso,
console designato e amico fedele di Galba fino all’ultimo, per odio alla sua efficienza e integrità, qualità criminose ai loro occhi.
L’obiettivo era chiaro: non cercavano che un pretesto per cominciare il massacro, il saccheggio, l’eliminazione di tutti i cittadini
onesti. Otone non aveva ancora il prestigio per impedire tale nefandezza, ma solo per ordinarla. Così, fingendosi invaso dall’ira, ne
ordinò l’arresto (…) Da quel momento tutto fu in balia dei soldati (…) L’ultima aberrazione di quella giornata trascorsa all’insegna
del delitto fu l’esultanza (…) Viene conferita a Otone la potestà tribunizia, il nome di Augusto e tutti gli onori imperiali, in mezzo
allo sforzo generale di far dimenticare i sarcasmi e gli insulti che da più parti, fino a poco prima, gli avevano rovesciato addosso; e
non c’era nessuno che si rendesse conto di come invece si erano impressi nel suo animo. La brevità del suo impero non ha consentito
di chiarire se queste offese le abbia lasciate cadere o se avesse solo rimandato la vendetta. Otone passò in mezzo al foro ancora
coperto di sangue tra i cadaveri là distesi e, portato in Campidoglio e di lì al Palazzo, consentì finalmente che i corpi fossero sepolti o
cremati. Quello di Pisone fu composto dalla moglie Verania e dal fratello Scriboniano, quello di Tito Vinio dalla figlia Crispina, ma
dovettero prima cercare di riscattare le teste che gli assassini si erano tenute per farne mercato (…) Sul cadavere di Galba,
abbandonato per ore, s’eran sfogati, approfittando del buio, in scempi d’ogni sorta (…) La testa, straziata e infilata da cuochi e
facchini su una picca (…) Questa la fine di Servio Galba che, in settantatré anni aveva attraversato, senza disavventure, cinque
principati, più fortunato sotto l’impero di altri che nel proprio (…) Il fatto che le due figure più abbiette per mancanza di senso
morale e di energia, oltre che per dissolutezza fossero state per fatalità scelte, se così si può dire, a rovinare l’impero, gettava in
evidente costernazione (…) Si poteva avere quest’unica certezza, che avrebbe vinto il peggiore (…)Otone ridusse alla calma quanti
non poteva costringere all’ordine. Tuttavia la tranquillità non era tornata a Roma: rumore d’armi ovunque, in un’atmosfera di guerra;
non più assembramenti di militari in piazza a provocare disordini, ma soldati infiltrati, travestiti, spiavano, nelle case private, quanti o
la nobiltà o la ricchezza o un qualche motivo di prestigio e notorietà esponeva alle chiacchiere della strada. E aveva credito la voce di
soldati vitelliani giunti a Roma a verificare le simpatie di cui godevano. Sicché a tutti si appiccava il sospetto e a stento l’intimità
della casa si salvava dalla paura. Ma soprattutto colpiva, nelle strade, lo smarrimento. Qualsiasi notizia arrivasse, la gente controllava
le reazioni dell’animo e del volto per non farsi vedere scoraggiata, se brutte, o troppo festosa, se buone. Ardua impresa poi per il
senato, convocato nella curia, trovare il tono giusto, tra un silenzio insolente e una franchezza sospetta; tanto più che a Otone, privato
cittadino fino a poc’anzi, era ben noto, per averlo sperimentato, il linguaggio dell’adulazione. Perciò, poiché si doveva dichiarare
Vitellio nemico e traditore della patria, si accavallavano pareri ed emendamenti di ogni tipo: i più cauti si contentavano di attacchi
banali, altri lanciavano pesanti e fondati accuse, però quando tanti parlavano e in mezzo al vociare, oppure coprendo essi stessi la
propria voce nella confusione degli interventi (…) Le fragorose acclamazioni della folla, per l’acquisito istinto all’adulazione,
suonavano eccessive e false (…) né già per paura o vero affetto ma per gusto di servilismo: come accade tra schiavi, ciascuno
pensava al proprio personale interesse (…) Nelle guerre civili non esiste una vera unione possibile tra vincitori e vinti ed era
assolutamente indifferente che la fortuna facesse sopravvivere allo scontro Vitellio oppure Otone. Il successo rende insolenti anche i
migliori comandanti; nel caso di quei due, già vittime della discordia delle loro truppe, della propria inefficienza e dissolutezza, oltre
che dei vizi loro personali, non potevano che finire l’uno distrutto dalla guerra, l’altro dalla vittoria (…) I migliori erano mossi dalla
preoccupazione per lo stato, molti dall’attraente prospettiva della preda, altri dalla precarietà della situazione personale. Così buoni e
malvagi, con motivazioni diverse ma con pari intensità, volevano tutti la guerra (…)
Non sembrava che fossero davanti all’Italia e al suolo della patria: bruciavano, devastavano, saccheggiavano quasi si trattasse di un
litorale straniero e città di nemici, con esiti tanti più terribili, perché da nessuna parte si erano apprestate difese contro possibili
pericoli. Tutti erano a lavorare nei campi e le case erano aperte; accorrevano i proprietari, accompagnati da mogli e figli, nella
sicurezza della pace, ed erano travolti dalla violenza della guerra (…) Disseminati per i municipi e le colonie, i Vitelliani
saccheggiavano, rapinavano, tutto insozzavano tra violenze e stupri d’ogni genere (…) Non mancò chi, approfittando della divisa
indossata, assassinasse nemici personali (…)Nelle province risuonava dunque il fragore per l’allestimento di navi, di soldati, di armi,
ma nulla le prostrava tanto quanto la requisizione di denaro: denaro che sarebbe il nerbo della guerra civile, stando alle ripetute
affermazioni di Muciano, che non guardava al diritto o alla giustizia nelle procedure di esproprio, ma alla sola consistenza dei
patrimoni. Le delazioni non si contavano e i più ricchi venivano tratti in giudizio a scopo di preda. Tali abusi gravi e intollerabili, ma
giustificati nell’emergenza della guerra, continuarono anche in tempo di pace: non che Vespasiano, nella prima fase del suo
principato, fosse senza freni in queste operazioni ingiuste; ma in seguito, con l’indulgenza della fortuna e la lezione di perversi
maestri, imparò come comportarsi ed allora osò. Muciano contribuì alla guerra anche con beni personali, prodigo del suo patrimonio
perché non finiva mai di attingere alle casse dello stato (…)Il popolo assisteva da spettatore ai combattimenti, come nei duelli del
circo, sostenendo con grida e applausi gli uni o gli altri. Quando una delle due parti cedeva, mentre pretendeva che fossero tirati fuori
e finiti quanti s’erano acquattati nelle botteghe o rifugiati nelle case, faceva man bassa della maggior parte della preda. Coi soldati
intenti al sangue e alla strage, le spoglie delle vittime finivano alla plebaglia. L’aspetto della città era tremendo e ripugnante insieme:
da un lato scontri e ferite, dall’altro gente nei bagni e nelle taverne (…) Si respirava un cinismo disumano (…) Tutti esultavano e
godevano, indifferenti a quale parte vincesse, lieti della sventura di tutto lo stato (…) I vincitori, armi in pugno, davano la caccia ai
vinti, per la città, con odio implacabile (…)Questa ferocia, finché l’odio era fresco, trovava sfogo nel sangue; poi finì l’avidità in
preda (…) Succedeva anche che i plebei più indigenti e gli schiavi peggiori denunciassero, di loro iniziativa, i ricchi proprietari; altri
erano segnalati dagli amici (…) I capi (…) apparivano incapaci di controllare la vittoria, perché nel torbido delle discordie maggiore
è l’influenza dei peggiori, mentre la pace e l’ordine richiedono doti e capacità.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Il cinismo dei costumi, annientando il senso morale della società, riporta in essa un nuovo tipo di barbari: i barbari della civiltà, fatti
come i Goti per distruggere, ma che non hanno come essi la forza di creare: enormi fanciulli di una natura vergine questi, aborti
mostruosi quelli (…) Danton, nel bozzolo della sua chiesuola (…) organizzò gli eccidi di settembre. Bullaud di Varennes propose di
dar fuoco alle prigioni e di bruciarvi quanto vi era dentro; un altro convenzionalista consigliò di annegare tutti i detenuti; Marat si
dichiarò per un massacro generale (…) Danton disse: “Me ne infischio dei prigionieri” (…) Danton (…) diceva: “Noi non
giudichiamo il re: lo uccideremo”. Diceva altresì: “Questi preti, questi nobili non sono per nulla colpevoli, ma devono morire perché
sono fuori luogo, ostacolano l’evoluzione degli eventi e sono d’impaccio all’avvenire”. Parole che (…) presumono necessariamente
che l’innocenza non è nulla e che l’ordine morale può essere avulso dall’ordine politico senza provocarne la fine, il che è falso (…)
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Danton fu intrappolato dal trabocchetto da lui stesso teso. Non gli serviva a nulla (…) ragionare con logica sui misfatti che avevano
creato la potenza stessa dei suoi nemici o esclamare: “Proprio io ho fatto instaurare questo infame tribunale: ne chiedo perdono a Dio
e agli uomini!” (…) L’infamia avrebbe dovuto essere dichiarata da lui prima di venire tradotto in tribunale! (…) Il diacono e il
sottodiacono di Danton, Camillo Desmoulins e Fabre D’Eglantine morirono nello stesso modo (…) D’Eglantine (…) dimostrò una
grande debolezza (…) Pare che uccidendo gli altri non si impari a morire (…) Non avevo trascorso che qualche mese sul suolo
straniero che già quegli amanti della morte si erano con lei consumati (…)Quando, prima della Rivoluzione, leggevo la storia dei
disordini politici presso gli altri popoli, non riuscivo a capire in che modo si potesse vivere in simili frangenti; mi meravigliavo che
Montaigne scrivesse tanto allegramente in un castello intorno al quale non poteva nemmeno andare a fare un giro senza correre il
rischio di essere rapito da bande di uomini della Lega o di protestanti. La Rivoluzione mi ha fatto capire che si può continuare a
vivere anche così. I periodi di crisi generano negli uomini un aumento di energie vitali. In una società che si dissolve e si ricompone
(…) passioni e caratteri si rivelano con una forza che non raggiungono mai in una civile organizzazione ben regolata. L’infrazione
delle leggi e la possibilità di sbarazzarsi di doveri, consuetudini e convenienze, i pericoli stessi aggiungono motivi di interesse al
desiderio. Il genere umano, sbarazzandosi dei suoi pedagoghi, passeggia in vacanza per le vie ritornando per un momento allo stato
naturale; e non riprenderà a sentire la necessità di un freno sociale se non quando porterà il giogo di nuovi tiranni generati dalla
licenza (…) Un gruppo avanzava per le strade con delle teste infilzate da picche (…) Cannibali.
Psicologia della politica (a cura di P. Catellani e G. Sensales)
Il conflitto nella ex Jugoslavia ha mostrato con quanta facilità una società possa diventare corrotta, degradata e polarizzata sotto
l'influenza di una minoranza al potere (...) La maggioranza voleva la pace e soprattutto la sicurezza personale (...) e per anni infatti gli
abitanti della Croazia avevano studiato e lavorato insieme, creato amicizie e famiglie senza badare all'appartenenza etnica e religiosa
(...) Per fare scoppiare il conflitto è stato necessario reclutare fanatici e delinquenti (...) liberati appositamente dall'esercito federale in
crisi (...) Il loro ricorso ad azioni disumane ha poi intensificato sempre più il conflitto (...) e i politici hanno saputo strumentalizzare le
diverse identità (...)poiché nulla avevano da guadagnare da un passaggio pacifico (...) di governo, (...) mentre i criminali di etnie e
religioni diverse hanno collaborato (...) e i traffici di armi e droga hanno arricchito (...) anche i gruppi mafiosi di mezzo mondo (...) E
dopo il conflitto, i leader politici hanno avuto solo vantaggi dal mantenere separazione e ostilità (...) Una volta iniziata una guerra, la
possibilità di uscire dalle dinamiche di conflitto e violenza si fanno esigue (...) offuscando le cause originarie e lasciando spazio a
nuove ragioni generatesi nel tempo.
Rapporto Oxfam 2018
Nel corso dell'ultimo anno (...) la ricchezza dei miliardari si è accresciuta di 762 miliardi di dollari nell'arco di 12 mesi, un
incremento che rappresenta 7 volte l'ammontare delle risorse necessario per fare uscire dalla povertà estrrma 789 milini di persone.
Di tutta la ricchezza creata nell'ultimo anno l'82% è andato al 1% della popolazione, mentre il 50 % non ha beneficato di alcun
aumento.
Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Come scrive Bales, "oggi gli schiavi costano così poco che sono diventati una merce usa e getta (...) Gli schiavisti tradizionali si
chiedevano : "Sono del colore giusto per essere schiavi ?", gli schiavisti moderni si chiedono invece. "Sono abbastanza vulnerabili
per essere ridotti in schiavitù?" (...) Il Ccem ha 5 criteri per la definizione di schiavo: confisca del passaporto; sequestro o
segregazione indotta; condizioni di vita e di lavoro difficili; rottura dei legami familiari; rottura dei legami culturali (spaesamento,
non conoscenza della lingua).
Presentazione di Introduzione alla politica mondiale (F. Fossati)
Nelle fasi più stabili del multipolarismo ottocentesco e del bipolarismo della Guerra Fredda, gli attori della politica mondiale
promuovevano soprattutto le diplomazie conservatrici per realizzare i propri interessi, con un ruolo limitato delle idee (con
l'eccezione del periodo tra le due guerre mondiali con l'influenza di comunismo e nazifascismo). Il sistema internazionale è entrato in
una fase di mutamento dopo l''89, non riuscendo a configurare una relazione stabile dei rapporti di potere. Negli anni '90 (...) i
governi occidentali hanno tentato di promuovere un ordine mondiale liberale (...) Con la guerra in Iraq del 2003 l'accordo è fallito
(...) ed è iniziata una fase d'instabilità fomentata soprattutto dai promotori del fondamentalismo islamico. All'inizio alcuni governi (tra
cui gli Stati Uniti) hanno reagito in modo ideologico (con il neoconservatorismo), ma a partire dalla presidenza di Obama le
diplomazie occidentali sono diventate incerte e passive, anche di fronte all'aumento dei flussi migratori, e non stanno più
promuovendo in modo coerente né interessi né valori.
La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
Viroli ha messo in luce come la libertà dei cittadini, a differenza della libertà dei sudditi, non sia una libertà dalle leggi, ma grazie o
in virtù delle leggi (…)
Ribellione può significare (…) narcisistico rifiuto delle regole: fare ciò che si vuole, ammantando questo atteggiamento egoistico di
una immagine eroica (…) L’idea nichilista della ribellione (…) unifica (…) i black bloc, i movimenti di rivolta fiscale, i terrorismi,
gli sfrenati neoliberismi e le orde di scalmanati che, su istigazione di (…) Trump, (…) assalirono il Campidoglio.
http://www.slideshare.com/come-conoscere-bene-la-storia
Carl Gustav Jung scrisse di come sia difficile a volte risolvere certi dilemmi morali anche per individui informati e fondamentalmente
onesti, mentre Ludwig Wittgenstein sottolineò come in ogni individuo esista una spinta a trattare in termini di assoluto verità morali
relative, deducendone che in ciò si esprime l'innato bisogno dell'uomo di superare se stesso... Chi sfugge al dogmatismo prodotto
dalla mancanza abituale di distacco e riflessione e a quello derivante dal narcisismo individuale e di gruppo, non dovrebbe aver fretta
di assumere posizioni relativiste o nichiliste: è doveroso riconoscere la possibilità di isolare alcuni valori morali validi che, pressoché
innati in alcuni individui, vengono confermati dall'esperienza di molti e coincidono inoltre col prodotto dell'analisi storica (vi
rimando almeno a Ribellarsi è giusto). Tuttavia si dovrebbe riconoscere che discernere la giusta applicazione di certi valori in
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situazioni specifiche non è sempre semplice e non può dar luogo a esiti del tutto prevedibili. La morale è indubbiamente, per usare
l'espressione di Joshua Greene, un prodotto e un mezzo dell'evoluzione per la conservazione della specie ed è costituita di atti
determinati da processi psicologici e neuronali complessi e in parte necessariamente variabili a seconda dei tempi e anche da persona
a persona... Si potrebbe definire la morale, con Joseph Conrad, come nient'altro che una delle regole del gioco, per quanto di grande
peso: le diverse tribù morali hanno in comune forse davvero solo l'aspirazione alla felicità, negli aspetti cangianti che essa assume per
ogni individuo o gruppo, e l'unico concetto comprensibile a tutti è forse che oggi la tecnologia (armi leggere e precise, esplosivi
mimetizzabili, spostamenti rapidi, visione simultanea ecc.) impone più che mai la necessità che ciascuno ponga dei limiti alla propria
aspirazione al bene apparente e consideri che in prospettiva il bene individuale è quello globale risultante dall'autolimitazione: ciò
che serve è una lucida personale rinuncia a perseguire a oltranza il proprio tornaconto immediato e a coltivare una fede illimitata
nelle proprie credenze (quelle condizionate come quelle frutto di una personale elaborazione). Dare il giusto rilievo al concetto di
limite autoimposto significa senpre anche sottolineare la necessità di accettare e comprendere la diversità. Se non interpreto male i
due commenti online di Alessandro Del Ponte su Tribù morali di Greene e su Giustizia. Il nostro bene comune di Sandel, è questo il
punto d'incontro possibile tra questi due testi recenti e si tratta di una riflessione che ha alle spalle il pensiero di grandi personalità
della cultura sia classica che moderna (ciò va notato per quanto non si debba sottovalutare la portata non indifferente delle attuali
superiori conoscenze ed esperienze) (...)
Le analisi contenute in I persuasori occulti fanno di questo libro molto letto di Packard un classico intramontabile, come si nota
subito leggendo la presentazione degli attuali manuali universitari di psicologia politica che ne riprendono i concetti principali: le
"scelte" e azioni politiche della maggioranza dei cittadini non sono decisioni meditate e nemmeno razionali, ma atti per lo più
inconsci e condizionati dal vissuto personale in modo irriflessivo o derivanti dall'umore e dagli accorgimenti dell'equipe di esperti di
pubblicità e spettacolo che circondano i politici da almeno la metà del secolo scorso (un po' come avviene quasi a tutti per almeno
alcuni tipi di acquisti più e meno superflui).
http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri
La violenza ottiene i migliori risultati proponendosi quanto segue:
- mirare a far impazzire di terrore con l’imprevedibilità e la ferocia delle aggressioni o sfruttando fobie e debolezze particolari;
- spingere la vittima a rimanere o a sprecare troppe energie per comprendere la personalità o i metodi dell’aggressore o per sforzarsi
di contraddirlo;
- creare e aumentare via via la distanza dalla vittima (formalità, divisa, camice e lessico settoriale hanno anche questo scopo; un
esempio tipico nei saggi sulla violenza è quello del pilota di aerei da guerra che sganciano le bombe);
- mettere a fuoco alcuni particolari ed evidenziarli per ridurre la possibilità di una visione d’insieme e di un giudizio obiettivo o
indulgente; se possibile anche disumanizzare;
- colpevolizzare di ciò che le aggressioni stesse hanno creato per sentirsi più liberi nello scaricare l’aggressività sul prescelto (è la
tecnica del capro espiatorio ed è tipica dell’ostracismo) oppure rivoltare sistematicamente l’accusa (affermare che la vittima ha fatto
all’aggressore il danno che ha in realtà da questi subìto);
- annientare progressivamente autostima ed energia personale nella vittima ignorandola, fissandola con insistenza od odio, facendo in
sua presenza discorsi su di lei o almeno per lei, rivolgendolesi come se fosse un incapace, un bambino o un cane, relegandola in
posizione marginale, avvicinandole un malato di mente, impedendole di prendere decisioni, cercando di intimidirla e/o di farla
apparire pericolosa con il rivolgersi a lei accompagnati da molte più persone del necessario oppure da uno o più uomini alti e
fisicamente prestanti, attraverso lo sfruttamento sessuale, con la violenza fisica, ecc. (le violenze più gravi sono in genere precedute
dalle minori di queste violenze, azioni che hanno la funzione di test per valutare la capacità di difendersi della vittima);
- parlare alla vittima dei problemi altrui per non risolvere i suoi quando il ruolo che si riveste lo imporrebbe;
- fornire alla vittima rispetto a parole e/o aiuti di poca importanza o troppo tardivi perché possa approfittarne e ciò per poter più a
lungo negarle beni essenziali, cioè per trattenere la vittima con la confusione e l’incertezza creata dai piccoli aiuti mentre la si
danneggia gravemente e per renderne meno credibili le accuse in generale o di fronte a un pubblico scelto (lo stesso si ottiene
comunemente anche presentandosi in coppia e assegnandosi un ruolo opposto come in ciò che è stato definito “la solita pagliacciata
del poliziotto buono e del poliziotto cattivo”);
- sfruttare, colpire anche pesantemente e diffamare affermando di farlo per il bene della vittima ed esprimendosi con molta cura in
questo senso senza esibire in modo diretto le malevole intenzioni: ciò si fa spesso nello scritto e nelle comunicazioni della cui privacy
non si è certi con chi potrebbe denunciare una manifestazione di aggressività aperta e facilmente dimostrabile, di fronte alle persone
delle quali si desidera addormentare le capacità di giudizio, con coloro ai quali non si desidera fornire un pretesto per sentirsi in
dovere di difendere la vittima o di criticare il comportamento dell’aggressore;
- mettere le vittime in uno stato precario e indefinito e attaccarla su più fronti (con l’appoggio di leggi inique, colleghi, allievi, amici,
parenti, ecc.);
- creare privazioni (quindi necessità) e soprattutto illusioni offrendo e poi negando alla vittima qualcosa dopo avergliela fatta apparire
come un valido sostegno o impedendo alla vittima di usufruire di un bene davvero essenziale prima permessole (es. dieta variata e
salutare, movimento, incontro con i figli o altre persone importanti, letture utili, ecc.), tutto ciò con lo scopo di poter colpirla più a
fondo attraverso la delusione e il senso di bisogno (nelle carceri e nei manicomi ciò un tempo era prassi, ma questa tecnica è tutt’ora
tra le più usate e apprezzate ovunque sia applicabile);
- premiare e punire (è la tecnica del bastone e della carota, probabilmente quella più usata in assoluto);
- dimostrare di poter ascoltare e/o osservare ininterrottamente o in momenti imprevedibili la vittima per limitarne spontaneità e
libertà, oltre che per sfruttarne ciò che se ne viene a conoscere, così riducendone però la concentrazione, esasperandone il bisogno
naturale di privacy e in ultima analisi minandone equilibrio, autocontrollo e attività di buon livello (questo sistema “panottico”, da
sempre tipico dei manicomi, è parzialmente anche alla base del funzionamento delle attività di controllo di certe attività lavorative e
nelle scuole; i condomìni e alcune abitazioni condivise con familiari ed estranei possono esserne gli esempi più deleteri anche grazie
alle nuove tecnologie).
Comunque da sempre si tortura e si ammazza soprattutto con la mancanza di informazione.
Questo paragrafo elenca con semplicità spregevoli pratiche di sempre che si possono rintracciare nei classici della letteratura e in
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saggi di ogni tempo e tipo e ciò che è emerso chiaramente dalla mia esperienza. Non esiste ambito in cui queste tecniche non
vengono impiegate e, sebbene esse non esauriscano quelle esistenti, non ve ne sono di più applicate e deleterie di queste: esse
possono essere alla base del comportamento di un genitore, fratello, partner, vicino, compagno, collega, stipendiato o titolare di
negozi, bar e pub, impiegato, segretario, datore di lavoro, insegnante, infermiere, medico, psicologo o psichiatra quanto la costante
individuabile facilmente nelle decisioni di un regime dittatoriale.
……………………………………………………………………………………………………………………………………………
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CRUDELTÁ DELLA PSICHIATRIA E DIRITTI E POSSIBILITÁ DEI DIVERSI
http://salute-regione-emilia-romagna.it/normativa-e-documentazione/leggi/regionali/delibere/dgr-1457-1989
Il TSO nei malati di mente non presuppone necessariamente lo stato di pericolosità. In psichiatria l'obbligatorietà è da ricercarsi non
nell'esigenza di difesa sociale nei confronti del folle pericoloso, ma nell'interesse precipuo della collettività a recuperare un proprio
consociato (...) La mancanza di consenso alla cura (...) darebbe luogo a un provvedimento obbligatorio a valenza fortemente punitiva
(...) Il superamento delle garanzie previste dalla legge per il regime di degenza ospedaliera può rendere l'ASO un surrogato più snello
e facilmente percorribile del TSO, diventando di fatto un "fermo di psichiatria".
Leggi e salute mentale (a cura di A. Fioritti) del 2002
Per la salute mentale (...) piani nazionali ne sono stati scritti centinaia e assai pochi sono stati messi in atto (...) Il 33% dei Paesi
europei, (...) non si è dotato di una politica di salute mentale, (...) come il 52% dei Paesi africani e (...) dell'Estremo Oriente (Cina
compresa) (...) Il 36% dei Paesi del pianeta spende meno dell'1% del proprio budget sanitario per la salute mentale (...) Escludere le
malattie mentali e le disabilità conseguenti dagli schemi pensionistici (...) è frequente sia nei Paesi africani sia in quelli dell'Estremo
Oriente (...) Il 75% dei Paesi del mondo ha una legislazione psichiatrica ma nella maggioranza dei casi (...) senza normare gli aspetti
legati all'organizzazione dei servizi (...) In Italia la legge 180 di riforma psichiatrica del 1978 sancì un radicale e atteso cambiamento
(...) e la legge 833/1978 di riforma sanitaria, che ne ha assorbito il dettato (negli artt. 33, 34, 35 e 64) persegue un sistema che a
parole molti condividono ma che per lo più è stato solo abbozzato (...) In Italia (...) i due Progetti Obiettivo e le leggi regionali (...)
degli anni '90 (...) si inseriscono nello spirito imperante in Europa della devolution (...) con notevole ritardo (...) e spesso alla struttura
delle leggi italiane si è appuntata un'incompletezza consistente nel non comprendere né (...) un organo che formuli un piano e (...) ne
controlli l'attuazione né norme specifiche per il funzionamento della legge (...) anche se una legge presuppone un organismo che
vigili sulla sua applicazione e (...) sanzioni la violazione (...) E se le stesse associazioni di utenti e familiari hanno propugnato un
modello strettamente legale (...) di disciplina dei trattamenti psichiatrici obbligatori (...) in Paesi (...) dove il modello legale vede una
notevole restrizione della discrezionalità del medico (...) e assicura certamente una maggior tutela (...) da qualsiasi abuso, (...) in Italia
culturalmente non esistono le condizioni per considerare oggi che un maggiore coinvolgimento dell'autorità giudiziaria (...) possa
risultare protettivo della libertà (...) Inoltre, a differenza, che all'estero in Italia con la legge 833/1978 una valutazione di pericolosità
non è il requisito essenziale per un TSO e (...) la cura (...) è un obbligo (...) esistente fin dalla presa in carico (...) e il TSO proviene
(...) dalla società (...) e non è altro che una variabile tecnica di questa obbligatorietà (...) In tutti gli altri Paesi (...) il principio della
pericolosità è sempre presente e spesso prevalente (...) e un criterio completamente aperto come quello italiano viene percepito come
eccessivamente paternalistico e sospettato di un potenziale di abuso (...) dell'istituzione psichiatrica (...) In Italia sopravvive anche il
concetto di pericolosità sociale da causa psichiatrica (...) nel sistema penale (...) e l'ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) (...) in cui
si privilegia il contenimento sul trattamento, (...) quando altre nazioni hanno da tempo integrato le strutture forensi nei (...) servizi
pubblici (...) e hanno un (...) corpus di conoscenze e competenze terapeutiche sul paziente aggressivo e violento (...) Infine per quanto
riguarda la protezione dei diritti (...) dei ricoverati contro la loro volontà, (...) le leggi europee (...) contengono disposizioni
sostanzialmente più garantiste rispetto a conservazione dei diritti civili e delle libertà personali, (...), il consenso, (...) la revisione
periodica (...) - anche per contenere al massimo il periodo di degenza onde non creare la cronicizzazione con l'ospedalizzazione - (...)
commissioni di vigilanza, (...) istituti di difesa, (...) pene gravi per i maltrattamenti e gli abusi verso i pazienti (...) e norme precise che
regolino il consenso al trattamento nel caso di terapie rischiose o irreversibili (...) E inoltre in Italia con la legge 180 si prevedono due
tipi di TSO e quello extraospedaliero (non di degenza, (...) che avviene nei servizi psichiatrici o a domicilio) (...), non richiede
nemmeno che siano indicati durata e motivazione né che sia proposto da più di un medico e deciso dal giudice tutelare oltre che dal
sindaco (...) Il ruolo del medico è cruciale: egli deve (...) saper valutare, attraverso un'osservazione limitata dal tempo e dalle
circostanze, se c'è capacità o impossibilità a esprimere consenso o rifiuto ai trattamenti a causa di un'alterazione psicopatologica
evidente o di un assetto cognitivo troppo povero o deteriorato (...) In Italia anche la famiglia, del tutto impreparata e spesso non
attrezzata, si è trovata a dover svolgere un ruolo strategico (...) In tale situazione un eccessivo sbilanciamento (...) porterebbe alle
famiglie un ruolo (...) di unici referenti delle iniziative (...) con il rischio di proposte e procedure (...) lesive (...) della dignità (...) e
libertà individuale, (...) dato che utenti e (...) famiglie nella maggioranza dei casi si ritrovano in esplicito conflitto di interessi (...) Le
strutture previste dai Progetti-Obiettivo sono state realizzate solo in parte, gli organici dei Dipartimenti DSM sono in alcune Regioni
italiane carenti (...) e già in tutta Europa si sta realizzando – non oggetto di dibattito e senza quasi essere notate – una
reistituzionalizzazione (...) e alcune proposte di legge nazionali sembrano voler stravolgere i princìpi alla base della legislazione: (...)
è in aumento il numero dei letti (...) per i trattamenti involontari nelle strutture giudiziarie (...) e anche quelli residenziali per i malati
di mente in generale (...) Anche la frequenza dei ricoveri e dei trattamenti obbligatori è andata aumentando ovunque e (...) nel Regno
Unito (...) secondo un approccio "assertivo", (...) si è cercato di fare trattamento obbligato non solo in ospedale, ma anche sul
territorio , mentre in Germania (...) hanno cambiato la legge vigente per far sì che possa essere usata più spesso (...) Infine le attuali
équipe d'intervento precoce (...) sui primissimi segni di disturbo psicotico (...) hanno lo scopo di far diventare (...) soggetti a
interventi terapeutici prolungati individui che altrimenti non verrebbero ancora trattati (...) Ci sono quindi tendenze comuni in Europa
(...) E tuttavia la lingua inglese porta facilmente a pseudo-accordi in cui tutti i rappresentanti di diverse nazioni assentono ma
intendono facilmente cose diverse (...) e la funzione delle leggi sembra avere una forte componente nazionale (...) Per esempio in
Germania, a causa di modalità organizzative o di finanziamento, uno psichiatra finirà spesso col fare ciò per cui le compagnie
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assicurative lo pagano o che è più redditizio o per l'istituzione o per lui stesso (...) invece di considerare l'efficacia (...) e all'inizio
degli anni '60 il tranquillante talidomide fu consigliato alle donne in gravidanza e causò circa 2000 casi di focomelia, ma un
cambiamento della legge sull'immissione nel mercato di nuovi farmaci richiese 18 anni per materializzarsi.
Articolo su Il foglio quotidiano
Chiedo ad Alberta come vorrebbe che fosse ricordato suo padre: 'Per quello che ha fatto veramente', (...) 'Si torna all'uso coercitivo
della psichiatria e ogni tanto leggiamo di qualcuno che è morto legato a un letto.'
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Alcuni Stati permettono ricoveri obbligatori quando i pazienti non sono in grado di provvedere a se stessi (...) Gli statuti che
governano l'ospedalizzazione di soggetti con malattie mentali solitamente sono stati definiti leggi di internamento (...) Internamento,
da un punto di vista legale, si riferisce a un mandato di detenzione (...) Nel Common Law inglese, parens patriae (...) Nel diritto
statunitense (...) lo Stato agisce per conto di soggetti affetti da disturbi mentali e per i minori (...) Un tutore può autorizzare il
ricovero ospedaliero (...)
Nel ricovero temporaneo (...) su richiesta di un medico (...) i pazienti non possono essere trattenuti contro la volontà, per più di 15
giorni (...)
Il ricovero obbligatorio spesso si ha con pazienti (...) pericolosi per sé o per gli altri (...) su richiesta di un parente o di un amico (...)
Esso permette di ospedalizzare il paziente per 60 giorni. Dopo questo tempo, se il paziente necessita di proseguire, il caso viene
riesaminato periodicamente da un collegio (...)
In passato pazienti psichiatrici venivano abitualmente obbligati a svolgere compiti servili senza compenso e a beneficio dello Stato
(...) Oggi alcuni programmi terapeutici occupazionali e riabilitativi potrebbero dover essere eliminati a causa della mancata
approvazione di leggi per lo stanziamento di fondi per gli stipendi dei pazienti che partecipano a questi programmi (...)
La contenzione è indicata anche per (...) ridurre la sovrastimolazione sensoriale e in aggiunta al trattamento come parte di una terapia
comportamentale in corso. Quasi tutte le controindicazioni non sussistono se ci sono (...) supervisione e osservazione diretta (...)
Quando i medici forniscono un parere sull'incompetenza, la sentenza di un giudice trasforma l'opinione in un dato (...) La Corte
solitamente nomina allora un tutore (...) Dopo essere stati dichiarati incapaci i soggetti vengono privati di alcuni diritti: non possono
stipulare contratti, sposarsi, avviare una richiesta di divorzio, guidare un veicolo, gestire i loro beni o praticare la professione (...) Un
contratto matrimoniale può essere annullato (...)
Uno psichiatra può ritenere giusto impedire a un depresso di fare scelte autonome in quanto potrebbero peggiorare la sua situazione e
portare a un aggravamento della sua depressione (...)
Un forte paternalismo prevede di agire secondo "beneficienza" anche quando l'autonomia del paziente sia intatta (...) Sono state
proposte delle linee guida perché il principio di beneficienza abbia la meglio sull'autonomia...
Descrizione DSM-IV su Wikipedia
Il manuale, secondo gli intendimenti degli autori e dell'APA, dovrebbe essere: nosografico: i quadri sintomatologici sono descritti a
prescindere dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche frequenziali; ateorico: non si basa su nessun tipo di approccio
teorico, né comportamentista, né cognitivista, né psicoanalitico, né gestaltico, ecc.; assiale: raggruppa i disturbi su 5 assi, al fine di
semplificare e indicare una diagnosi standardizzata; su basi statistiche: si rivolge a esse in quanto il sintomo acquista valore come
dato frequenziale; i concetti statistici di media, frequenza, moda, mediana, varianza, correlazione, ecc. giungono a essere essi stessi il
"solco" mediante il quale si valuta la presenza o meno di un disturbo mentale. I disturbi mentali vengono definiti in base a quadri
sintomatologici, e questi ultimi sono raggruppati su basi statistiche (...) Il DSM è al centro di numerose critiche, dal momento che
non a tutti sembra uno strumento adeguato per valutare la situazione clinica di una persona. Opinioni difformi da quella dell'APA
criticano la sua struttura rigidamente statistica, in particolar modo la scelta dei cut-off che porterebbero a diagnosticare un disturbo
mentale a una persona con tre delle caratteristiche richieste, allo stesso modo di una persona con sette di quelle caratteristiche e "a
scapito" di chi ne raccoglie solo due. In sostanza, si riproduce un modello neo-positivista di spiegazione, cioè, si riproduce la
cosiddetta "nosografia" che è un metodo descrittivo della malattia psichiatrica su basi di etichettamento non necessariamente
corrispondenti alla realtà. Inoltre l'approccio descrittivo del DSM impedisce di individuare qualche riferimento alle caratteristiche
soggettive del paziente, agli effetti della sua esperienza e la sua storia personale. Senza contare che un riferimento acritico a esso, non
supportato da ulteriori analisi cliniche, sacrificherebbe inevitabilmente ogni aspetto "psicologico-clinico", nella sua (ormai rara)
accezione di "intervento sul caso". Altre critiche riguardano più direttamente la dimensione etica: in uno studio che ha analizzato i
rapporti tra 170 membri estensori del DSM e case farmaceutiche, ha rilevato che circa la metà degli psichiatri che hanno partecipato
alla stesura del DSM ha avuto rapporti economici con le società farmaceutiche. Infine, più di recente sono state avanzate critiche
epistemologiche secondo le quali il DSM è entrato in un periodo di crisi scientifica a causa di una serie di vere e proprie "anomalie
kuhniane": eccessiva comorbilità, elevata eterogeneità interna delle diagnosi, ecc. Da queste analisi emergerebbe che queste anomalie
sono conseguenze necessarie dell'approccio neopositivista che sottende il DSM e sulla cui base sono strutturati i criteri diagnostici
operativi. In un comunicato del 29 aprile 2013 Thomas Insel, direttore del NIMH (National Institute of Mental Health), la maggiore
istituzione pubblica statunitense di ricerca nel campo psichiatrico, ha evidenziato l'intrinseca mancanza di validità dell'intero DSM
(sia dunque con riferimento alle tipologie inserite nella classificazione, sia con riferimento a quelle espunte dall'elenco delle patologie
nel corso degli anni), le cui diagnosi sono basate sul consenso su gruppi di sintomi clinici e non su analisi oggettive di laboratorio.
Secondo Thomas Insel, questo equivarrebbe, nelle altre branche della medicina, a creare sistemi diagnostici basati sul dolore al petto
o sul tipo di febbre. Secondo L. Cosgrove, et al., i membri del gruppo degli estensori del DSM avevano interessi finanziari
nell'industria farmaceutica, nel 56% degli estensori per il DSM-IV[8] e nel 68% per il DSM-5.
Recensione online di Gianni Soro di Primo. Non curare chi è normale. Contro l'invenzione delle malattie (A. Frances)
È un libro (...) sull'eccessiva facilità e superficialità con cui vengono diagnosticati sempre più frequentemente alcuni disturbi mentali
e (...) con cui spesso i medici di base prescrivono farmaci psicotropi travalicando la loro sfera di competenza professionale. (...) La
pubblicazione dell'ultima versione del DSM (il DSM-5), che già durante la lunga fase preparatoria aveva scatenato accesissime
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polemiche a livello internazionale, ha infatti introdotto un'ulteriore quantità di nuove patologie che hanno come oggetto i più
disparati comportamenti umani, comportamenti così comuni da far sì che le persone con disturbo mentale possano diventare
paradossalmente la maggioranza della popolazione (...) Il rischio di una inflazione diagnostica è già un dato di fatto se si pensa al
crescente e inspiegabile (...) aumento di diagnosi come ad esempio il Disturbo Bipolare negli adulti, o il Disturbo da deficit
d'attenzione e iperattività nei bambini, così come altrettanto reale è il continuo aumento del fatturato delle aziende farmaceutiche,
derivante dalla vendita sempre più su larga scala di psicofarmaci, in particolare antidepressivi e ansiolitici (talvolta di nessuna
efficacia, ma capaci di indurre grave dipendenza) (...) Il libro tratta della necessità urgente di domare lo strapotere dei colossi
dell'industria farmaceutica (...) e distogliere (...) psichiatri e medici di base (...) dal formulare la diagnosi già nel corso della prima
visita e indicando fin da subito un trattamento farmacologico.
Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca)
Sembra che gli studenti universitari conoscano sempre meno i termini utili ad indicare le sfumature emotive o che esista confsione tra
le espressioni di senso comune e le nosografie psichiatriche. Può accadere che (...) molti giovani studenti definiscano uno stato
d'animo come depressione invece che utilizzare termini come tristezza o malinconia, confondendone gradazioni e intensità (...)
Emerge spesso anche il rischio di un certo moralismo (...) Gli aggettivi spesso "scappano di mano" (...) ad esempio ricorrendo a facili
e immediate interpretazioni psicologiche in contesti e con competenze inappropriati (...) Si rischia di difendersi dall'ansia con una
certa onnipotenza e onniscenza (...) senza analizzare e comprendere la situazione prima di agire.
Intervento dello psichiatra Paolo Migone su F (la rivista)
Basta essere un po’ tristi per essere trattati con psicofarmaci, facendo guadagnare le case farmaceutiche. Gli antidepressivi, è
dimostrato, sono spesso simili a placebo, ma costano non poco al servizio nazionale e vengono prescritti anche a chi non ne ha
bisogno (…) E vengono spesso associati agli ansiolitici, le benzodiazepine, che creano dipendenza. Il paziente attribuisce l’effetto
positivo all’antidepressivo, innescando un meccanismo di assuefazione e aumento del dosaggio. I farmaci vengono dati “a tappeto”.
Fa comodo alle case farmaceutiche e anche al medico che dà una risposta rapida al paziente (…) La spinta a medicalizzare tutta la
sofferenza umana è molto forte, anche il normale lutto da alcuni può essere considerato depressione. Cito l’autorevole libro La
perdita della tristezza di Horwitz e Wakefield (L’Asino d’oro): si spiega come la psichiatria abbia trasformato la normale tristezza in
depressione. Prendiamo farmaci, ma siamo solo umanamente tristi. Per una diagnosi corretta, un criterio potrebbe essere la durata,
non solo l’intensità: uno stato d’animo negativo che dura ore o giorni non è vera depressione. Spesso i medici curano con i farmaci e
non con la psicoterapia, che è molto efficace. Tanto è vero che gli psicologi del servizio pubblico sono pochissimi.
Modelli di colloquio in Psicologia Clinica (Del Corno – Lang – Menozzi)
Definizione di "Farmacoresistenza": Alcune percezioni soggettive e alcuni vissuti relativi ai trattamenti psicofarmacologici possono
interferire con l'efficacia di questi ultimi...
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Se, in quella prima seduta, avessi insistito nella somministrazione della PM, avrei ottenuto risultati disastrosi: non validi sul piano
diagnostico, perché troppo influenzati dalla tensione emotiva, e dannosi sul piano della relazione
Un commento online
I guadagni delle case farmaceutiche e degli stipendiati tra psichiatri, psicologi ed educatori non sono le uniche cose ad aumentare
grazie alle decisioni dell'APA: gli aggiornamenti continui del DSM alimentano l'enorme mercato dei libri universitari che lo hanno
come riferimento e il grande apparente aumento della morbilità, dovuto alle nuove categorie diagnostiche e al nuovo metodo di
diagnosi, incrementa l'ammontare dei risparmi dei parenti delle vittime del TSO, del Fermo di psichiatria e delle comunità
psichiatriche.
I persuasori occulti (V. Packard)
Le vendite dimostrano che i test psicologici sono davvero attendibili solo se il campione è costituito da numerosi individui.

Test della personalità (E. Sanavio – C. Sica)
Il presupposto dell'ateoreticità (...) viene ribadito nell'introduzione del DSM (...) In realtà l'approccio symptom-behavior oriented dei
DSM rappresenta di per se stesso un riferimento teorico (...) L'impossibilità di una separazione netta tra salute e malattia e delle
malattie tra loro rende difficoltosa ogni operazione di catalogazione e diventa automatica una concezione individualizzata e
storicistica della malattia (...) È indispensabile una valutazione globale (...) conoscere la motivazione, la causa di un comportamento
(...) L'idea di fondo è che il DSM, ignorando la questione eziologica, di fatto scoraggi i tentativi di comprendere realmente il
disturbo, con il rischio di indicare un trattamento inefficace (...) Una psichiatria nosografico-descrittiva è orientata ai sintomi (...)
Esistono anche oggi sacche di conservatorismo soprattutto tra gli psichiatri (...) Anamnesi, colloquio e osservazione hanno in comune
una grande libertà di (...) errore. Lasciano grande spazio all'ingenuità, sofisticazione, attenzione e ambizione dell'operatore (...) Non
sempre gli strumenti alternativi ai colloqui tengono in sufficiente considerazione l'effetto disturbante di alcune domande (...) I
pazienti, nella maggior parte dei casi, forniscono risposte diverse a seconda del tipo di strumento, (...) della relazione con
l'interlocutore e (...) del contesto di osservazione (...) Quando si fa una diagnosi utilizzando esclusivamente il colloquio clinico, la
percentuale di accordo tra diversi valutatori varia tra il 32 e il 64% (Beck, Kendall) (...) Le domande adeguate e gli interventi utili
sono il prodotto di una sintonia, (...) di un clima favorevole, (...) sensibilità, (...) e capacità/abitudine introspettiva (...) Anche per
questo i colloqui strutturati (...) hanno un'utilità solo parziale (...) Di domande adeguate difettano molte scale e interviste (...) Negli
studi sui colloqui all'università prevale una tendenza imitativa (...) Quando non è possibile fare riferimento alla propria esperienza
(esiste per tutti una "prima volta") o quando questa è troppo ridotta per fornire una sufficiente sicurezza, il clinico dovrebbe trovare
sostegno nella propria formazione. Questo implica, ovviamente, che lo psicologo abbia avuto la possibilità di "imparare a fare i
colloqui": si tratta, tuttavia, di un addestramento non sempre tenuto in adeguata considerazione nei corsi di studio sia universitari che
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di specializzazione, per diversi motivi. In Italia la formazione in ambito testologico viene perlopiù erogata da istituti privati (...)
Senza entrare nel merito della qualità dell'offerta formativa di questi istituti, riteniamo utile precisare che, nel campo del testing, non
è solo importante acquisire solide basi teoriche, ma anche e soprattutto avere la possibilità di fare pratica ricorrendo alla supervisione
di un clinico esperto (...) I test non offrono nessuna informazione eziologica (...) La presenza di uno stato confusionale o la mancanza
di introspezione precludono infatti la possibilità di utilizzare i test. Bisogna poi ricordare che non tutti interpretano allo stesso modo
gli item (indici osservabili) (...) I test sono descrizioni della sola dimensione soggettiva di un costrutto multidimensionale (...) Alcuni
magistrati – resi edotti della soggettività e fallacia potenziale delle risposte – tengono in minor conto le perizie basate su questioni di
personalità rispetto alle perizie basate su test proiettivi. Sbagliano. La medesima soggettività si ritrova nelle risposte a un Rorschach
(...) Quei magistrati dovrebbero sollecitare un più ampio esame che sia realmente multidimensionale (...) ma i periti non sono pagati
abbastanza. Nel contesto italiano occorre riflettere sugli effetti del prevalere degli aspetti commerciali e della condizione di (quasi)
monopolio esistente nel campo della pubblicazione degli strumenti psicodiagnostici (...) Ancora oggi i questionari presenti sul
mercato raramente godono di una buona validità di costrutto e spesso i manuali riportano informazioni scarse e incomplete (...) A
volte si preferisce immettere sul mercato una misura dal significato incerto confidando nella ricerca futura [per la migliore
formulazione della teoria] (...) Questo può essere considerato lecito se vengono sottolineati (...) gli aspetti irrisolti (...) e se esiste un
filone di ricerca finalizzato a migliorare la validità del questionario stesso. Bisognerebbe insomma che i manuali dei questionari
fossero un po' come i foglietti di istruzioni allegati ai farmaci, dove il maggiore spazio è dedicato alle precauzioni d'uso e agli effetti
collaterali.
http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Sul testing psicologico dovreste ritenere soprattutto quanto segue: secondo i libri universitari in programma attualmente e altri saggi
meno recenti quando i test psicologici sono applicati sul singolo individuo il loro valore non dovrebbe risiedere in una loro capacità
ideale di permettere giudizi certi o definitivi e in fretta, ma piuttosto nel far riflettere la persona su determinati aspetti e problemi e
sulle ragioni che l’hanno spinta a non essere sincera o esauriente riguardo a una domanda particolare posta o riguardo a un test intero
rispetto ad altri test fatti nello stesso periodo; i test sulla calligrafia non sono ammessi e quelli sullo stile nello scrivere sono giudicati
non scientifici; quelli sui gusti in fatto di musica (per molti solo un sottofondo d'atmosfera o uno scudo contro il rumore),
villeggiatura e residenza non sono nemmeno contemplati dato il loro livello bassissimo di attendibilità; in genere non vengono fatte
domande sulle preferenze politiche e religiose; i test devono essere preparati quanto a contesto e modalità di somministrazione e
quindi strutturati e volontari per permettere riflessione e naturalezza-sincerità; il grado di affidabilità di molti dei test formalmente
accettati e in uso è classificato o come basso in generale o di troppo difficile somministrazione e soprattutto valutazione per essere
davvero utilizzato da psicologi e soprattutto da assistenti sociali, educatori, psichiatri; il loro uso in Psichiatria e nei processi
dovrebbe avere senso solo per limitare gli abusi dei clinici riducendone l'influenza. Il fatto che la prassi generale sia un’altra non può
cancellare queste osservazioni. Tenete presente che da un po' di tempo si riscontra la consuetudine di portarsi uno studente o un
laureato della facoltà di Psicologia o Scienze dell'Educazione all'appuntamento con un nuovo conoscente con il compito di testare in
10 minuti o più il nuovo incontro e che a volte lo si fa anche prima di chiudere con un amico/a o fidanzato/a e questo quando non ci
si serve di tali sedicenti esperti per fare di peggio con l'aiuto di telecamere economiche nascoste. I test più diffusi tra chi non ha letto
o non vuole tener presente i libri universitari sono inviti a firmare qualcosa (rimando alla parentesi più sopra sulla grafologia) o a
parlare o a scrivere in inglese con qualche pretesto oppure semplici domande sui gusti in fatto di musica e luoghi ideali di
villeggiatura o residenza e sulle preferenze politiche, oltre che sulla quantità di amici di cui si dispone (la difesa migliore consiste nel
fare il possibile per non far conoscere esplicitamente o indirettamente i propri gusti e le proprie capacità a chi non è un amico intimo
e non si desidera o non è probabile lo diventi, anche a costo di continue attenzioni alla privacy anche in casa, di silenzi frequenti, di
risposte generiche e noiose troncate dal fare le stesse domande, dall'allontanarsi o dal dire poche parole che chiariscano una propria
precisa conoscenza dei libri universitari sui test psicologici e di livello).
Intervento dello psichiatra Paolo Migone su F (la rivista)
La diagnosi può assumere il significato di profezia autoavverantesi.
Maggini, Lattanzi, Sbrana
Più che il risultato di una ricerca, in specie biologica, le attuali sistemazioni nosografiche sembrano il frutto di operazioni di
geometria fatte a tavolino (...) Si considera l'affidabilità e non la veridicità delle categorie diagnostiche.
Metodologia e tecniche della ricerca sociologica (P. Corbetta)
Prior sostiene (…) che ogni sistema di classificazione (…) è un’espressione delle regole e dei temi che predominano in un certo
contesto socioculturale (….) Secondo Blumer (….) ‘l’autentico scopo delle scienze sociali è comprendere il comportamento, non
quantificare, classificare o produrre dei modelli di comportamento (…) L’analisi delle storie di vita permette la ricostruzione di
itinerari esistenziali che in alcuni casi possono essere i soli in grado di far capire come determinate persone possano essere diventate
quello che sono e possono essersi comportate in un certo modo.
Voce Rorschach su Wikipedia
Critiche al Rorschach evidenziano il fatto per cui alcune interpretazioni date dagli psicologi possano in realtà essere proiezioni di loro
opinioni soggettive (...) È stato anche fatto notare che, come per molti altri strumenti psicodiagnostici, la validità del test dipende da
molte condizioni di contorno e dalla preparazione ed esecuzione dello stesso, che deve seguire delle condizioni standardizzate
(sempre rispettate dai rorshachisti esperti): come il paziente e l'esaminatore sono posizionati, le eventuali spiegazioni introduttive con
cui viene presentato il test, come le risposte del paziente vengono riportate, ecc.; lo stesso atteggiamento dell'esaminatore nei
confronti del paziente, più o meno freddo o più o meno cordiale, tende a modificare i risultati dei test. Per quello che riguarda il suo
metodo di interpretazione, Exner ha pubblicato nei suoi lavori istruzioni molto dettagliate su come eseguire il test, ma alcuni studi
critici hanno evidenziato come in diversi casi, relativi all'uso del test in campo giudiziario, queste indicazioni non sempre venissero
seguite; tale problema può comunque essere presente anche nella statistica non proiettiva (...) Il test è spesso utilizzato, unitamente ad
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altri reattivi, durante i procedimenti giudiziari e, in Italia, nelle consulenze tecniche d'ufficio e di parte relative all'affidamento di
minori figli di genitori in via di separazione o di divorzio (...) Negli USA, l'uso durante i processi e a sostegno di decisioni giudiziarie
è stato molto criticato. L'uso del test in questo ambito è enormemente cresciuto negli ultimi anni negli Stati Uniti, aumentando del
200% tra il 1996 e il 2005, rispetto ai 50 anni precedenti. Una delle critiche non è specifica sul Rorschach, ma è applicabile a tutte le
valutazioni psicodiagnostiche in ambito peritale e giudiziario: i test clinici nascono, in generale, per la diagnosi di eventuali
disfunzioni psicologiche. Una diagnosi errata ha come effetto una cura non efficace (o meno efficace), ma può essere
successivamente rivista quando ci si rende conto del problema; al contrario, invece, una diagnosi errata ma ritenuta erroneamente
corretta legata a una decisione giudiziaria, avrà conseguenze immediate e non sarà facilmente rettificabile.
La perizia psicologica e Neuroscienze e diritto (L. Sammichieli)
Un uso talora manipolatorio della psicologia all'interno del processo (...) è quello che, muovendo dalla sostanziale ambiguità
epistemologica della disciplina, tende talvolta ad alterare le regole del processo (...) In psicologia spesso si hanno antinomie, (...)
ovvero prospettive di interpretazione mutualmente autoescludentesi, e così (...) particolari contrasti peritali (...) possono originare non
solo da diverse teorie esplicative di fatti scientifici, ma anche dall'uso di differenti sistemi di riferimento nella loro costruzione (...) Il
neurodiritto si metta il più possibile al riparo da una contesa tra modelli di psicologia, ossia del tentativo di trovare nei tribunali (...)
una soluzione alle antinomie della psicologia, poiché sarebbe fallimentare, (...) una sabbia mobile di cortocircuiti argomentativi (...)
Inoltre è un errore concettuale attribuire ai fenomeni di una classe le categorie di una classe di fenomeni differente (...) e confondere
il piano dei significati del comportamento con il piano della loro biologia (...) Se la decisione di fare una risonanza magnetica
funzionale può essere condivisa, (...) possono non esserlo le conclusioni tratte da essa sulla coerenza anatomo-funzionale tra lesioni
cerebrali evidenziate e pattern di disturbi rilevati (...) Se si seguisse l'assioma neuroriduzionistico (...) si dovrebbe riscrivere il codice
penale, (...) essendo in gioco (...) una rivoluzione del "modello di mente"(...) Il giudice può valutare se accettare come valida una
scienza non consolidata, non può fare l'arbitro di scienze consolidate in conflitto tra loro, come vorrebbero infantilmente i loro
esponenti (...) La valutazione dell'attendibilità degli enunciati della scienza è aperta a vari pericoli: la mancanza di cultura scientifica
dei giudici; gli interessi che talvolta stanno dietro le opinioni degli esperti; le negoziazioni informali od occulte tra i membri di una
comunità scientifica; il carattere distruttivo delle affermazioni scientifiche (...) in particolare nel processo accusatorio; la complessità
e la drammaticità di alcuni grandi eventi e la conseguente difficoltà di (...) uno sguardo neutro; la provvisorietà delle opinioni
scientifiche; la manipolazione dei dati; addirittura, la presenza di pseudoscienza; (...) gli interessi dei committenti delle ricerche (...)
Le perizie del perito d'ufficio possono essere diverse da quelle svolte dal perito di parte, quelle delle indagini preliminari da quelle
dibattimentali, quelle del processo di primo grado da quelle di secondo grado (...) Una scienza inoltre può essere recente (...) e il
giudice si deve comportare come un buon epistemologo nel valutarla.
Changeling (C. Eastwood)
La polizia ha una soluzione semplice per liberarsi di chi racconta fatti scomodi o imbarazzanti: l'internamento in manicomio (...) con
la dicitura "Codice 12" (...) scomode alla polizia.
Modelli di colloquio in Psicologia Clinica (Del Corno – Lang – Menozzi)
La SCID-5-PD è la versione per i disturbi della personalità dell'intervista semistrutturata SCID (...) Per assegnare il punteggio "2"
(criterio presente e raggiungente o superante la soglia richiesta) il comportamento, l'emozione o l'affetto devono essere (...) presenti
da almeno 5 anni con esordio nella prima età adulta (...) e non devono essere manifestazioni o conseguenze di altri disturbi mentali o
attribuibili a effetti di sostanze o altre condizioni mediche (...) È possibile formulare una diagnosi di disturbo di personalità con altra
specificazione nei casi in cui il soggetto, che presenta una compromissione significativa del funzionamento, soddisfi alcuni criteri
caratterizzanti disturbi diversi oppure caratteristiche diverse dello stesso disturbo, senza raggiungere la soglia necesssaria per
formulare la diagnosi di un disturbo specifico (...) La SCID richiede (...) esperienza clinica (...) capacità di proprie valutazioni anche
sulla base di risposte che possono essere contraddittorie o imprecise.
Test della personalità (E. Sanavio – C. Sica)
I disturbi di personalità sono varianti non adattive di tratti di personalità che si confondono impercettibilmente con la normalità e tra
loro (...) Le diverse forme del MCMI non correlano con le più comuni interviste cliniche per i disturbi di personalità. Questo (...)
mette in luce le grandi difficoltà diagnostiche che si incontrano nel campo dei disturbi di personalità.
La perizia sulla personalità del reo (Pannain-Albino)
Argomenti adoperati dagli studiosi contrari all'introduzione della perizia psicologica in fase processuale prima dell'accertamento di
colpevolezza:
a) difficoltà dell'osservazione scientifica della personalità, oggetto complesso e solo parzialmente esplorabile; b) particolare difficoltà
di tale indagine allorché non si possa esser certi della collaborazione del soggetto; c) (...) particolare emotività dovuta alla condizione
dell'imputato; d) (...) il condizionamento dell'esame a causa (...) dei tempi tecnici e per esigenze formali; e) difficoltà ad avere un
quadro sufficientemente esatto dei fattori ambientali e situazionali; f) rischio dell'effetto sfavorevole che si può esercitare
sull'accertamento di colpevolezza.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
L'intervistatore competente non si lascia condizionare da ciò che sa e (...) non si aspetta nulla (...) e ciò per dare al soggetto la (...)
possibilità di emergere per ciò che veramente è, (...) senza cercare per lui un posto ove collocarlo nella galleria mentale dei soggetti
esaminati, senza procedere a repentine classificazioni o generalizzazioni e senza etichettarlo compiendo ciò che, già da tempo, è stato
ben definito come "assassinio del carattere" da Farber (...) Un buon intervistatore esclude la possibilità di sezionare e misurare le
caratteristiche significative del soggetto, che va invece colto nel suo sviluppo e inserito nell'ambiente sociale e culturale (...) Deve
essere chiara l'impossibilità di esaminare una realtà (...) di genere oggettivo (...) di fronte alla quale porsi come giudice asettico (...)
Gli psichiatri formulano (...) in media 4 ipotesi diagnostiche usualmente nei primi (...) 5 minuti. Quindi pongono domande chiuse"
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(Carlet 2012) (...) e i sintomi sono così confrontati con i pattern descrittivi dei criteri diagnostici (...) anche in 30 minuti. Le teorie
della personalità sono state oggetto di frequenti critiche, come in Mischel (1968), il quale ha discusso il tema dell'utilità del costrutto
"teoria della personalità" per spiegare e valutare il comportamento delle persone (...) The first interview (...) di James Morrison (...)
mostra fino a che punto sia facile cadere in errore, anche con anni di lavoro alle spalle (...) Attualmente si afferma che almeno 2
persone su 10 abbiano disturbi di personalità.
Diversità, devianze e terapie (A. Salvini – N. Galieni) del 2002 (DSM attivo IV)
Uno sguardo esplorativo all'intero fronte del DSM ci ha portato a formulare la considerazione (...) che l'utilizzo di un linguaggio
fortemente reificante rivelava l'ambiguità di alcune procedure diagnostiche e tutto ciò emergeva maggiormente nella categoria dei
disturbi mentali con meno implicazioni organiche, ovvero i Disturbi di Personalità (...) La sola descrizione dei disagi psichici, anche
per il genere di linguaggio utilizzato, porta inesorabilmente a scambiare il carattere "ideale" delle rappresentazioni presenti nel DSM
per casi reali (...) Si rivela la necessità di manipolare e controllare le persone attraverso la costituzione di una "personalità", la quale
può essere espressa solo da categorie stabili nel tempo, un'esigenza che implica la decontestualizzazione dell'azione (...) Inoltre, tra
gli enunciati definenti le caratteristiche sintomatologiche del DSM, 231 implicano una chiara attribuzione di valore sociale o morale,
(...) giudizi di valore che sono magari utili e funzionali, ma non necessariamente veri (...) e che pertanto possono condurre a inferenze
improprie nella pratica diagnostica e in particolare ai seguenti errori: l'attribuire leggi naturali a regole sociali; l'attribuire proprietà
della personalità a proprietà situazionali (...) in funzione di una neutralità, che è sì possibile in campo medico-biologico ma non in
ambito mentale, (...) dove si è costretti a riferirsi a una condizione ideale quanto mai difficile da delimitare (...) e senza tener conto,
del resto, che oggi in campo medico stesso si sa che differenti eziologie possono produrre gli stessi sintomi e sintomi differenti
possono essere prodotti da una stessa eziologia; (...) considerare dato di fatto quello che invece riflette un giudizio di valore (...) già
nella scelta stessa degli ambiti ritenuti sintomatici, (...) dato che nel DSM si nota la consistente rilevanza dell'ambito sociale,
nonostante la dichiarazione di neutralità dei suoi autori, (...) e ci sono riferimenti a regole sentimentali la cui comprensione non può
prescindere dal contesto; considerare (...) le trasgressioni civili e penali, ma anche quelle del mero senso comune (...) come indici di
sintomatologia patologica, (...) facendo passare infrazioni di norme prescrittive (sociali) per infrazioni di norme costitutive (naturali),
confondendo la devianza con la patologia; (...) anteporre una visione oggettiva alla visione soggettiva del paziente, (...) cosicché la
diagnosi non parte mai dalle difficoltà, dai disagi e dai bisogni dell'individuo, ma solo dalla denuncia di trasgressioni (...) e da un lato
c'è la sofferenza e dall'altro la malattia (...) Inoltre alcune espressioni del DSM mostrano come il disagio creato dal "paziente" agli
altri determini parte della diagnosi (...) e altri enunciati screditano fortemente l'individuo (...) Il clinico non utilizza le informazioni,
ma la sua verità su di esse (...) Il come e perché conosciamo stabilisce il cosa conosciamo (...) Se il ragionamento categoriale non
rileva contesto, intenzioni, ragioni, ecc. (...) lo fa invece chi si appresta a modificare il modo di agire e sentire invece che ad attribuire
diagnosi basate sul DSM.
Manuale di psichiatria (Sarteschi-Maggini), ancora nel 1989
Omosessualità perversa: omosessualità vissuta senza senso di colpa.
Leggi e salute mentale (a cura di A. Fioritti) del 2002
È indiscutibile la circostanza che le difficoltà di adattamento ai valori morali, sociali o politici, non devono essere considerate come
malattia mentale.
La perizia psicologica (L. Sammichieli) e L'esame della personalità del reo nel processo penale (A. Saponaro)
La criminologia assume come punto di riferimento il diritto positivo criminale, essendo ricompresi nel suo oggetto tutti i fatti
penalmente rilevanti, mentre i comportamenti antisociali non costituenti reato rientrano nel suo oggetto e nella sua indagine solo se
preliminari o prodromici o sintomatici rispetto a una condotta sanzionata penalmente (...) In sede forense è più corretto parlare di
psicopatologia che di psichiatria, perché (...) nei contesti peritali del diritto il focus di indagine non è indirizzato né alla causa della
malattia né alla sua cura, (...) ma solo alle manifestazioni psichiche abnormi (...) quando sono in grado di esprimersi in
comportamenti socialmente rilevanti (...) Se così non fosse, il diritto sarebbe immediatamente trascurato nelle paludi delle
interpretazioni cliniche, dove le malattie cambiano nome a ogni edizione del DSM (quando addirittura non compaiono o scompaiono)
e sulle cause delle medesime, dove da almeno centocinquant'anni si confrontano gli organicisti con gli psicodinamici (...) Questo
talvolta avviene. Si pensi, per esempio, al travaglio della "questione dell'imputabilità" dove le corti sembrano trascinate a ogni ciclo
di "mode psichiatriche" (...) Si deve considerare che per alcune prospettive teoriche il disturbo di personalità ha una sua autonomia
nosografica, per altre no; per alcune scuole ha una sua eziologia precisa, per altre no; la sua stessa configurazione è mutata da
un'edizione all'altra del DSM e così via (...)
Psicopaologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Alcuni autori arrivano a sostenere che la diagnosi di Disturbo di personalità possa essere fatta solo per gli adulti (...) Secondo altri
pare che i Disturbi di personalità (...) esistano anche nell'infanzia, ma è difficile parlare di personalità, (...) per definizione un tratto
stabile nel tempo, (...) in età evolutiva, quando tutto è trasformazione.
Wikipedia su DSM e Kernberg
Media gravità: es. Disturbi della personalità (...) Asse II: Disturbi di personalità (...) Disturbi stabili, strutturali e difficilmente
restituibili a una condizione pre-morbosa (...) Il DPI [del vecchio DSM] è diagnosticabile solo in chi non lavora, come molti altri
disturbi, perché molto controverso.
Elenco dei disturbi del settore V dell'ICD-ID
Sindromi comportamentali associate a fattori fisici (...) disfunzione sessuale non causata da disturbo o malattia organica (...)
Disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto: (...) Disturbi dell'identità sessuale, Disturbo della preferenza sessuale,
Problemi psicologici e comportamentali associati con lo sviluppo e l'orientamento sessuale (...) Disturbo non specificato della
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personalità.
Articolo di Emmelkamp e Kamphuis in Corso di psicologia per il biennio dei licei delle scienze umane
È probabile che vi venga diagnosticato un disturbo di personalità se nel lavoro e nella sfera intima avete difficoltà di relazione
persistenti. Il DSM lo definisce: Modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle
aspettative della cultura dell'individuo.
Preambolo della Costituzione e dichiarazione della Conferenza OMS/WHO del 1978
La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste solo nell'assenza di malattia (...) Un suo requisito
fondamentale è la capacità di condurre una vita socialmente ed economicamente produttiva.
Solitudine. Ritorno a se stessi (A. Storr)
La psicologia attuale dà eccessiva importanza alle "relazioni oggettuali" (interpersonali)
Il costo umano della flessibilità (L. Gallino)
Il precariato è un fenomeno irreversibile.
Dalla rivista Donna Moderna
Le cause della crisi occupazionale sono molte (...) La verità? Ci stiamo avviando verso un futuro sempre più difficile.
Convegno Dentro e fuori, Feltre 2013
Dopo la diagnosi di Disturbo di personalità (...) è stata trasferita da un manicomio all'altro per anni (...) Terribili gli effetti del Prozac
"comandato"...
Voce Prozac su Wikipedia
L'uso del Prozac è controverso (...) Il Prozac causa isteria.
Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Sotto il profilo chimico, non c'è sostanziale differenza tra i farmaci e le droghe (...) Gli psicofarmaci si dividono in neurolettici,
antidepressivi, ansiolitici. I primi sono potenti sedativi del sistema nervoso centrale che sono prescritti dai medici a persone che
soffrono di deliri, allucinazioni, stati d'angoscia (...) La caratteristica principale delle droghe e di certi farmaci è di produrre
sensazioni di dipendenza fisica, psichica e psicologica (...) Vari mix aumentano i rischi associati alle singole sostanze (...) Alcool +
benzodiazepine (ansiolitici) provoca effetti simili all'overdose da eroina.
Modelli di colloquio in Psicologia Clinica (Del Corno – Lang – Menozzi)
Alcuni dilemmi di natura etica sono destinati a rimanere parzialmente irrisolti (...) Le situazioni di ansia vissute dallo psicologo
clinico possono essere indotte da (...) scrupoli ed eccessive cautele (...) dovuti al fatto che "si impara sempre sulla pelle degli altri"
(...) Anche prima del colloquio ci sono fonti di informazioni (...) I familiari, gli amici, le cartelle cliniche dovrebbero essere esaminati
prima. Possono fornire dati che il paziente (...) non vuole fornire (...) La richiesta di pareri è a volte (...) fatta dai familiari. Il paziente
può (...) dissentirne completamente (...) In alcuni casi, il clinico può decidere di vedere i parenti all'insaputa del paziente (...) È
importante non brutalizzare i parenti (...) perché può darsi che in un secondo momento dobbiamo parlare con loro, i quali ovviamente
ci tratterebbero a pesci in faccia (...) A volte, il paziente è indotto all'appuntamento dai familiari preoccupati da (...) cambiamenti nel
suo tono dell'umore (...) sonno (...) peso (...) abitudini. Possono essere indotte (...) idee dei familiari sul suo funzionamento emotivo
(...) e su segni e sintomi (...) È utile soprattutto (...) quando si ha il sospetto dell'esistenza di un qualche "segreto di famiglia", (...) con
pazienti con qualche disturbo del carattere, (...) con bambini e anche adolescenti (...) Per i bambini e gli adolescenti è disponibile una
versione della scala di valutazione dei sintomi trasversali per genitore/tutore (...) Esiste una versione dell'IIC specifica per
informatore, qualora il coinvolgimento diretto del paziente non sia possibile o sufficiente (...) Talvolta si raccoglie l'anamnesi anche
con i genitori di giovani pazienti adulti (...) Una risorsa quasi altrettanto utile è (...) intervistare amici e colleghi (...) con il consenso
del paziente, se è in grado di prestarlo, oppure con il consenso di un'autorità tutoria (...) È fondamentale che il clinico conduca
un'indagine scrupolosa anche e soprattutto a proposito di eventi o delle relazioni di cui il paziente sembra minimizzare l'importanza
(...) È consentita qualche insistenza (...) nel raccogliere informazioni a proposito (...) dell'inizio dell'attività e dei pensieri a contenuto
sessuale, la frequenza della masturbazione, l'orientamento di genere, (...) il livello di soddisfacimento, (...) parafilie, (...) calo del
desiderio, eiaculazione precoce/tardiva, vaginismo (...) Gli autori dell'OPD hanno svolto una riflessione sistematica basata sullo
studio di colloqui clinici audioregistrati (...) Recentemente è stato incrementato l'uso delle videoregistrazioni (...) per PQS e studenti
(...) Esistono oggi differenti tipologie di cartelle cliniche elettroniche (...) con informazioni relative a ciascun paziente (...) sia in
ambito medico sia in ambito psicologico e psicoterapeutico (...) Il database include (...) l'anamnesi familiare a partire dai nonni, (...)
l'anamnesi fisiologica e quindi (...) ritardi/arresti dello sviluppo, (...) l'anamnesi scolastica e lavorativa l'anamnesi patologica e
psicopatologica, (...) la sessualità e le relazioni, (...) i life events e le abitudini, (...) cartelle anche di eventuali ricoveri, esami di
laboratorio, referti di test psicodiagnostici, prescrizioni di farmaci ecc. [vedi es. www.arpmilano.it]
La perizia psicologica (L. Sammicheli)
La delega peritale trasferisce al perito i poteri di indagine dell'autorità giudiziaria. Un esempio concreto può essere fatto rispetto alla
richiesta di copia delle cartelle cliniche, (...) pagelle scolastiche, relazioni dei servizi sociali (...) Può richiedere notizie all'imputato,
alla persona offesa e a soggetti terzi (...) Può avvalersi dei suoi ausiliari di fiducia.
Test della personalità (E. Sanavio – C. Sica)
Il Garante per la privacy ha concesso un'autorizzazione generale a trattare i dati personali. Tale autorizzazione si estende agli
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esercenti le professioni sanitarie (...) e agli organismi sanitari pubblici, agli organismi, alle case di cura e ai soggetti privati (...) Lo
psicologo (...) non ha l'obbligo di informare il Garante (...) Per quanto riguarda selezione del personale, ricerca, ecc., vige l'obbligo di
richiedere il consenso (...) ma non è chiaro (...) se sussista quello di comunicazione al Garante.
Codice deontologico degli psicologi italiani (Sito dell'Ordine degli Psicologi del Lazio), articolo 17
La documentazione [relativa al paziente]deve essere conservata per almeno i 5 anni successivi alla conclusione del rapporto
professionale (...) Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte, impedimento, tale protezione sia affidata a un collega
ovvero all'Ordine professionale.
Voce Privacy su Wikipedia
Di crescente rilievo è il tema della sicurezza informatica (...) La rete può costituire un luogo pericoloso per la nostra privacy (...)
considerando (...) programmi spyware, social engineering, cookie, HTTP, tracking, revenge porn e le occasioni offerte da Facebook,
Voice over IP, chat, indirizzo mail, smartphone.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
L'attività di head hunting (...) e outplacement hanno condiviso uno sviluppo modesto rispetto a quello che si è verificato in altri Paesi
(...) L'head hunting (...) vede oggi prassi improvvisate a opera di pseudoesperti che hanno inquinato il rapporto di fiducia, (...) vedi la
questione di riservatezza o del segreto professionale (...) Nel mondo del lavoro l'intervistatore è comunque una figura ibrida e
multiforme (...) Diverse persone collocate in ruoli diversi svolgono anche funzioni di intervistatore (...) Ci sono notevoli differenze
relative alla cultura di base e universitaria, (...) livelli di competenza e motivazione (...) E le occasioni di colloquio informale (...)
sfuggono ancor più di quelle di colloquio formale a ogni possibile controllo e classificazione.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Siamo sempre a rischio di condizionamento da parte di distorsioni percettive (il cosiddetto inconscio cognitivo), (...) meccanismi di
difesa primitivi e (...) misure di sicurezza.
La regina dei castelli di carte (S. Larsson)
Era facile penetrare nei computer altrui.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Il segreto professionale riguarda la segretezza (...) solo in caso di mandato di comparizione (...) al banco dei testimoni (...) Un
consolidato presupposto dell'età è (...) la riservatezza, che non si applica però (...) ad altri membri dell'equipe curante, ai supervisori
clinici e ai consulenti (...) un gruppo che quindi (...) condivide le informazioni tra i membri senza ricevere uno specifico permesso da
parte del paziente (...) Le rivelazioni di informazione necessaria per il trattamento, il pagamento e gli interventi di assistenza sanitaria
sono considerate di routine e per essi non è richiesto il consenso (...) In genere i medici non limitano il trattamento per ottenere
l'autorizzazione del paziente a rivelare informazioni per utilizzi non routinari (...) Per offrire la copertura, l'assicuratore eventuale
deve ottenere le informazioni su cui valutare (...) Il controllo di qualità non consente una riservatezza assoluta (...) Nel caso in cui il
trattamento sia stato imposto per decisione del tribunale (...) esso deve essere sottoposto a un dipartimento di salute mentale (...)
Tramite i loro scritti gli psichiatri possono condividere l'esperienza (...) ma è difficile scrivere o parlare di un paziente psichiatrico
senza violare la riservatezza tra medico e paziente (...) La mancata acquisizione del consenso firmato a ciò potrebbe condurre a una
querela (...) Le comunicazioni su Internet riguardo ai pazienti non rispettano i princìpi della riservatezza, sono soggette ad hacking e
a rischio di querela (...) Le mailing list in cui chiedono consiglio ai colleghi sui pazienti e inviano consulenze (...) sono facilmente
rintracciabili (...) Gli psichiatri che trattano pazienti violenti o potenzialmente tali potrebbero essere perseguibili per non aver
controllato pazienti aggressivi al di fuori del regime di ricovero (...)
Alcune giurisdizioni attribuiscono all'amministrazione sanitaria la responsabilità di monitorare le comunicazioni dei pazienti
psichiatrici (...) Alcune circostanze specifiche modificano i diritti alla comunicazione privata stabiliti in altre.
Gli psichiatri militari affrontano problemi etici peculiari, poiché nel codice di condotta militare non esiste la riservatezza.
Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Sia la cartella clinica, sia quella infermieristica, contengono "dati sensibili" idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le
convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni e organizzazioni a
carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. È
legale la diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute (...) se necessario per la prevenzione, accertamento o repressione di reati.
Rivista Io donna (autunno 2021)
Nel 2020 ci sono stati almeno 1.871 attacchi gravi a livello globale (dato sottostimato) da parte degli hackers con un aumento del
66% dal 2017: nell'81% dei casi con l'obiettivo di una richiesta di riscatto, il resto a scopo di spionaggio (...) La rete degli ospedali è
tra le più colpite.
Pagina online sul diritto alla privacy
In psichiatria la violazione di ogni spazio privato con telecamere è legale.
Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
L’autolesionismo e manie di ogni genere erano diffusissimi tra le ragazze.

La regina dei castelli di carta (S. Larsson)
- “Perché lo facesti?”
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- “Lui maltrattava mia madre.”
- “Cercasti mai di spiegare questa cosa a qualcuno?” (…)
- “Lo dissi ai poliziotti che mi interrogarono, agli assistenti sociali, all’ufficio minori, ai medici, a un prete e anche al dottor **
(…) ** non mi volle ascoltare. Sosteneva che mi stavo inventando tutto. Decise che sarei stata legata al letto finché non
avessi smesso di farlo e cominciò a farmi ingoiare psicofarmaci.
Metodologia e tecniche della ricerca sociologica (P. Corbetta)
Bandini, Gatti e Traverso hanno studiato nel 1983 a partire dall'analisi di 237 casi giudiziari (...) nell'arco di un quindicennio (...) a
Genova (...) ed é emerso che nel contesto studiato (...) la famiglia, nonostante le trasformazioni del mondo moderno, continua ad
essere un importante terreno di violenza e sopraffazione.
La ragazza che giocava col fuoco (S. Larsson)
** aveva notato che nessun giornale aveva rivelato che la forma più comune di cura nel rapporto di psichiatria infantile di cui il
dottor *** era responsabile consisteva nel rinchiudere i pazienti “inquieti e intrattabili” in una stanza definita “priva di stimolazioni”.
Dentro c’era solo una branda dotata di cinghie. Il pretesto accademico era che i bambini irrequieti non dovevano ricevere “stimoli”
capaci di scatenare reazioni. Quando era diventata più grande aveva scoperto che c’era un altro termine per descrivere la stessa cosa.
Sensory deprivation. Sottoporre i detenuti a sensory deprivation era classificato come inumano nella Convenzione di Ginevra. Quel
trattamento era un elemento ricorrente negli esperimenti di lavaggio del cervello cui diversi regimi dittatoriali si erano dedicati, e
c’era un’ampia documentazione che dimostrava come i prigionieri politici che confessavano i crimini più paradossali durante i
processi della Mosca degli anni trenta fossero stati sottoposti a qualcosa del genere (…) ** non aveva mai capito cosa ci aspettasse da
lei. All’inizio pensava di doversi sottoporre a quei trattamenti per poter diventare responsabile delle proprie azioni. Ma presto si era
resa conto che un paziente “inquieto e intrattabile” non era altro che un paziente che contestava le teorie di ***. ** aveva dovuto
scoprire che il trattamento psichiatrico più comune nel Cinquecento veniva ancora praticato alle soglie del Duemila (…) Lui era
incaricato dallo stato di legare al letto con le cinghie le bambine disobbedienti. E ogni volta che giaceva sulla schiena legata e lui
tirava un po’ di più le cinghie e lei incontrava il suo sguardo, ** poteva leggervi l’eccitazione. Lei sapeva. E lui sapeva che lei
sapeva. Il messaggio era arrivato a destinazione. La notte in cui aveva compiuto tredici anni aveva deciso che non avrebbe mai più
scambiato una sola parola con *** né con nessun altro psichiatra o neurologo. Era il suo regalo di compleanno a se stessa. Sapeva
che questo avrebbe frustrato profondamente *** contribuendo forse più d’ogni altra cosa a farla imbrigliare notte dopo notte al suo
giaciglio. Ma era un prezzo che era disposta a pagare. Imparò tutto sull’autocontrollo. Non ebbe più accessi d’ira e smise di lanciare
cose intorno a sé nei giorni in cui non era in isolamento. Ma non parlava con i medici. Parlava però cortesemente e senza riserve con
infermieri (…)
- Perché non parli con i dottori?
- Perché loro non ascoltano cosa dico.
La risposta non era stata spontanea. Quello era il suo modo di comunicare con i medici. Era consapevole del fatto che ogni suo
commento sarebbe stato registrato nella sua cartella personale a testimonianza del fatto che il suo silenzio era frutto di una scelta
assolutamente razionale. (…) Il dottore cercava in ogni modo di spezzare il suo testardo silenzio e costringerla a riconoscere la sua
esistenza. A un certo punto *** aveva stabilito che ** doveva assumere uno psicofarmaco, che le rendeva difficoltoso respirare e
pensare, cosa che a sua volta le provocava angoscia. **si rifiutò di prenderlo, e il dottore stabilì che gliene fossero somministrate con
la forza tre pastiglie al giorno (…) Aveva appena compiuto quindici anni quando d’improvviso era stata riportata a Stoccolma e
sistemata presso una famiglia affidataria. Il trasferimento era giunto come una sorpresa per lei. All’epoca tuttavia *** non lavorava
più lì e ** era convinta che quella fosse l’unica ragione per cui era stata inaspettatamente dimessa. Se *** avesse potuto decidere da
solo, lei sarebbe stata ancora legata alla branda in isolamento.

La felicità è un cucciolo caldo (C. Montes de Oca)
Molti anni fa, mi fu diagnosticata una depressione severa. Fui ricoverato in una stanza vuota con un materasso ricoperto di plastica
appoggiato sul pavimento, dove mi tennero per settantadue ore. Oggi sono il presidente della Psychriatic Rehabilitation Association
degli Stati Uniti e la mia missione è impegnarmi per cambiare il sistema, in modo che nessun altro debba passare attraverso
un'esperienza simile.
Intervento al convegno “Dentro e fuori”, tenutosi a Feltre nel giugno 2013 sulla psichiatria (A. Banfi)
Si stava giorni legati al letto (…) Gli psicofarmaci mi impedivano di pensare (…) Era come essere morti.

La regina dei castelli di carta (S. Larsson)
“Gli psicofarmaci mi rendevano fiacca. Non riuscivo a pensare, ero intorpidita per gran parte delle ore di veglia”.
The woman in me (B. Spears)
Gli scongiurai di scegliere come tutore chiunque altro piuttosto che mio padre (...) Se mi avessero lasciato vivere la mia vita, so che
avrei seguito il mio cuore e sarei uscita da sola dal mio periodo nero, risolvendo i miei problemi. Per tredici anni mi sono sentita
l'ombra di me stessa. Se ripenso a come mio padre e i suoi soci hanno controllato il mio corpo e i miei soldi per tutto questo tempo,
mi sento morire (...) Mi avevano talmente infantilizzata che a poco a poco stavo perdendo me stessa. Tutto ciò che mio padre o mia
madre mi dicevano di fare, lo odiavo (...) Tenevano sotto controllo il mio telefono, monitorando chiamate e messaggi privati tra me e
il mio ragazzo, il mio avvocato e i miei figli. Peggio ancora, mio padre aveva piazzato microfoni in casa mia, in casa mia! (...) Mio
padre monitorava tutto ciò che facevo, compreso quel che mangiavo (...) Nonostante la dieta e l'esercizio fisico, mio padre non faceva
altro che ripetermi che ero grassa (...) Così per due anni mangiai solo pollo e verdura in scatola (...) in modo che gli altri potessero
arricchirsi grazie al mio corpo e fui costretta a lavorare (...) mentre la mia famiglia si gustava ogni sera piatti prelibati in un
appartamento che io stessa avevo comprato per lei (...) La mia famiglia beveva e si divertiva mentre a me non era concesso neanche
un sorso di Jack e Cola (...) Venivano a visitarmi anche dodici diversi specialisti a settimana (...) e inoltre ero obbligata ad andare
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molto spesso alle riunioni degli alcolisti anonimi (...) Ero obbligata a fare tre concerti di due ore alla settimana (...) Mi minacciavano
di non farmi vedere i miei figli e di rivolgersi al tribunale (...) Ero stufa marcia di fare lo stesso concerto da anni, settimana a
settimana. Li scongiuravo di cambiare la scaletta o inserire almeno un nuovo numero (...) Ero esausta (...) Un anno annullarono la
mia vacanza con i miei figli (...) Avevo fatto centinaia di concerti (...) Mi ribellai (...) Mio padre e mia madre mi fecero rinchiudere
allora in una clinica per mesi (...) I medici mi tennero lontano dai miei figli, dai miei cani e dalla mia casa. Non potevo uscire. Non
potevo guidare. Ogni settimana mi facevano le analisi del sangue. Non potevo farmi il bagno da sola. Non potevo chiudere la porta
della mia stanza. Ero sotto sorveglianza anche mentre mi cambiavo (...) Per ore e ore ero costretta a subire sedute di terapia
obbligatorie (...) Mi tartassavano di domande ogni giorno (...) Cominciarono a somministrarmi del litio, un farmaco pericoloso che
non volevo e di cui non avevo bisogno (...) Per colpa del litio mi sentivo disorientata. A volte non capivo dove fossi e chi fossi (...)
Mi misuravano la pressione tre volte al giorno (...) Mi tenevano seduta sulla sedia per ore (...) Avevo bisogno di muovermi (...)
Sentivo l'ansia nel cuore, nelle gambe, nel cervello (...) Mi sentivo distrutta (...) Ingrassai (...) Mi estraniai dal mio corpo. Avevo
incubi terribili (...) Mi hanno trattata come una criminale. E mi hanno fatto credere di meritarmelo. Mi hanno fatto perdere la mia
autostima (...) Mi avevano fatto credere per tredici anni che non potevo scegliere io l'avvocato, che doveva essere una persona
approvata dal tribunale. Non era vero (...) L'avvocato * trovava terribile che per così tanto tempo mi fosse stato impedito di
scegliermi un avvocato. Mi disse che anche ai criminali più sanguinari era permesso di nominarne uno.

Convegno di Feltre Dentro o fuori, giugno 2013
In Italia ci sono 286 servizi psichiatrici (…) 7 su 10 dichiarano di legare al letto le persone e usare un camerino d’isolamento (…)
Anche i bambini vengono legati e trattati con dosi eroiche di psicofarmaci. Soltanto nel corso degli ultimi 2 anni, 3 persone morte a
causa di psicofarmaci e immobilità. (...) La contenzione è prassi e viene adottata in frangenti sbagliati e con chi ha bisogno di ben
altro (…) Violenze, umiliazioni (un paziente fatto strisciare), sporcizia, disordine, chiusure a chiave delle stanze, impreparazione e
noncuranza – un paziente finito in coma che subisce danni cerebrali irrimediabili (…) La psichiatria uccide (…) La passività forzata,
l’incuria e i maltrattamenti generano o mantengono “cronicità” (concetto, quello della cronicità, da rivedere senz’altro).
Test della personalità (E. Sanavio – C. Sica)
Gli studi psicologici sul sensation seeking [bisogno di stimolazione] provenivano anche dai sistemi di lavaggio del cervello che
attuavano in Unione Sovietica mediante l'isolamento totale delle persone.
http://www.ccdu.org/tso/trattamento-sanitario-obbligatorio#diritti-persona-durante-tso
Durante la settimana di TSO si assiste a un terribile stato di debolezza, confusione, spersonalizzazione e alienazione da parte del
paziente che, oltre a subire un grave trauma, viene sottoposto a pesanti terapie psico-farmacologiche che non fanno che annientarlo
come individuo, rendendolo "innocuo e docile" agli occhi degli operatori (...) In Internet potete trovare molte storie che illustrano
violazioni delle norme e delle procedure. Molte persone non sanno che possono fare ricorso contro il provvedimento (...) Sovente il
paziente viene lasciato all'oscuro del fatto che, allo scadere dei 7 giorni, può lasciare il reparto (...) e senza bisogno di firmare o di
qualcuno presente. Durante il ricovero l'unica possibilità che ha la persona di sottrarsi al TSO è quella di accettare la terapia, ma
capita che il provvedimento venga mantenuto anche se questa è accettata (...) Ci sono pazienti che, quando si recano in reparto
volontariamente, vengono poi trattenuti in TSO quando fanno richiesta di andarsene (...) La persona che viene portata via con
ambulanza, infermieri, vigili ecc. subisce una perdita di dignità e fiducia dal quartiere. Per il paziente che venga ritenuto ribelle si
ricorre sia alla contenzione fisica che all'isolamento. In alcuni casi l'uso della forza fisica è sproporzionato, anche nei confronti di chi
non oppone alcuna resistenza e in alcuni casi ciò ha causato la morte (...) Restano zone d'ombra relative ad aspetti quali il diritto
teorico di comunicare e la chiusura a chiave dei reparti (...) Non vi sono sanzioni specifiche per chi commette eventuali abusi (...)
(anche violenze fisiche e verbali) (...) La legge attuale stabilisce che chiunque possa fare ricorso contro il TSO, ma (...) molte persone
non sanno che possono farlo e (...) il ricorso avviene dopo che il TSO è già stato effettuato (...) In genere chi ha violato alcune norme
si appella all'art. 54 (stato di necessità) ed è assolto.
Rivista Io donna (autunno 2021)
Lo psichiatra decide se attuare la psicoterapia e/o il trattamento farmacologico; lo psichiatra decide che tipo di psicoterapia o farmaci
il paziente deve avere; lo psichiatra decide quanto tempo il farmaco va assunto; lo psichiatra decide infine quanto deve durare la
psicoterapia ed eventualmente a chi affidarla.
Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
La relazione schiavo-padrone poggia su tre fattori: quello sociale (l'uso o la minaccia della violenza nel controllo che una persona
subisce da parte di un'altra); psicologico (capacità di persuadere un'altra persona a cambiare il modo in cui percepisce i propri
interessi e le proprie condizioni); culturale (l'autorità per trasformare la forza in diritto e l'obbedienza in dovere).
Il dolce morire (a cura di De Santis, Gallucci, Rigliano)
L'etica medica tradizionale si è formata in un'epoca in cui molto poco poteva essere fatto per salvare la vita del paziente e quel poco
doveva essere fatto, (...) e inoltre le vite che la medicina non riusciva a salvare erano spesso di individui giovani e ancora piene di
promesse (...) Nel documento del Comitato nazionale per la bioetica si dice che occorre decisamente evitare di anteporre, tra noi e chi
"vive il morire" lo schermo delle nostre convinzioni, per quanto giuste si possano ritenere (...) In un mondo in cui la legittimità di
differenti stili di vita e di pensiero morale è ormai un irrinunciabile dato di fatto, la ricerca di senso non sfocia necessariamente in un
unico senso della vita e della morte immancabilmente tale da escludere l'eutanasia come modalità di buona morte.
Protocollo di presa in carico multidisciplinare delle vittime di violenza di genere online
Il medico deve spiegare ogni fase del percorso (...) e rassicurare sia sulla riservatezza sia sulla possibilità di scelta (...) Si deve creare
un contesto opposto a quello della violenza, restituendo quindi alla vittima la possibilità di acconsentire o meno a ogni fase dell'iter
clinico (...)
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Bisogna verificare sempre lo stato mentale della paziente con il supporto dello psicologo (...) o dello psichiatra...
Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Il dato emergente della normativa che regolava gli ospedali psichiatrici prima della legge 180 era l'assenza di decisionalità lasciata al
malato (...) Il grande internamento fu funzionale alla creazione del mercato della forza lavoro e alla nascita della medicina clinica (...)
Sotto la spinta della ragione illuministica avvenne la distinzione tra colpa e malattia (...) Inoltre il folle, anche se deresponsabilizzato
(...) perse ogni residuo di libertà, per decadere a puro oggetto della medicina e diventare il mezzo di affermazione di una nuova
categoria (...) Se la professione medica era richiesta, si trattava di una garanzia morale e non scientifica, (...) cioè tale richiesta non
era giustificata da un corpo di conoscenze oggettive (...) La legislazione, in sintonia con il ruolo (...) prevalentemente di custodia (...)
assegnato alle istituzioni di internamento, favoriva l'ammissione nei manicomi e ne rendeva difficilissima la dimissione (...) Anche la
dimissione non esentava dalle conseguenze dello stigma sociale (...) Il personale infermieristico aveva mansioni quasi esclusivamente
di custodia (...) e la formazione era affidata alla discrezionalità del direttore (...) Dopo un periodo di osservazione il più breve
possibile e non oltre i quindici giorni, il direttore trasmetteva una relazione circa la natura e il grado della malattia, esprimendo il
proprio giudizio sul trattenimento. Chiunque poteva chiedere l'internamento (...) Il modello ideale di servizi forti sul piano
quantitativo e con patrimonio tecnico diversificato e ad organizzazione flessibile oggi non si realizza quasi mai (...)
Dei modelli di "servizi forti" in senso quantitativo tecnicamente poveri e a organizzazione rigida il prototipo è quello dell'ospedale
psichiatrico, ma anche molti attuali servizi territoriali sono così organizzati (...) Vi è scarso l'impegno per decodificare le domande e
le risposte sono uniformi e in prevalenza farmacologiche (...)
È anche sempre forte la tentazione di perseguire solo il profitto sotto l'etichetta di impresa sociale (...) Un'inchiesta del 1996
individua 2.298 cooperative di tipo A, 1.326 di tipo B (finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate) e 223 fra
cooperative miste e consorzi. Le persone svantaggiate costituiscono, in genere, il 30% dei lavoratori (...) Gli utenti sono formati da
(...) pazienti psichiatrici per il 9,6% (...) Oggi le Regioni, attraverso le ASL, sono i principali attori istituzionali per l'attivazione dei
servizi sanitari e i Comuni lo sono per lo sviluppo dei servizi sociali. Questo assetto crea difficoltà operative nell'integrazione fra
l'azione sanitaria e quella socio-assistenziale. Premesso che le "attività a rilievo sanitario" sono a carico del fondo sanitario nazionale,
sono escluse da tale classificazione l'assistenza economica e domiciliare, gli interventi di inserimento lavorativo e scolastico, i corsi
di formazione professionale, i centri diurni, i soggiorni estivi, i ricoveri sostitutivi dell'assistenza familiare, i gruppi appartamento.
Per contro vengono fatte rientrare tra le attività a rilievo sanitario i ricoveri in strutture protette comunque denominate destinate a
malati mentali, come anziani, tossicodipendenti, handicappati. È facile intuire l'effetto di una simile normativa: si limitano i
finanziamenti finalizzati al reinserimento sociale, scolastico e lavorativo e si favoriscono quelli per le strutture di ricovero
residenziale (...) Per i servizi appartenenti alla rete socio-assistenziale gli utenti possono essere chiamati a contribuire parzialmente al
costo, unitamente ai Comuni di residenza, perché il fondo sanitario copre solo parzialmente gli orari del servizio (...) Il nodo critico è
quello dell'alternativa fra le grandi strutture tendenzialmente spersonalizzanti e i luoghi abitativi protetti inseriti nelle comunità locali.
Resta infine da chiedersi se hanno un futuro le grandi strutture residenziali per disabili. Se si guarda al presente, si dovrebbe dire sì:
tutte, infatti, o quasi tutte hanno una lunga lista d'attesa e quindi un futuro garantito. Le liste d'attesa diminuiranno soltanto soltanto se
si moltiplicheranno sul territorio le piccole comunità residenziali, ben gestite, ben conosciute, partecipate dalla popolazione (...) Negli
ultimi anni si stanno realizzando anche forme innovative di residenzialità per due o tre disabili e talvolta singoli, ma sono il frutto
delle scelte dei genitori che nel passato hanno avviato i processi di deistituzionalizzazione e si preoccupano del tipo di vita che
condurranno i figli (...) Molti bambini non sono accettati dalle coppie aspiranti all'affidamento familiare o all'adozione perché troppo
grandi o portatori di handicap psicofisici o perché hanno problemi di comportamento dovuti alle lunghe permanenze in istituto (...)
Era la tesi di Basaglia che l'istituzione manicomiale trasforma e deforma totalmente la malattia mentale, impedisce di vederla, di
rendersi conto di come essa sia.
Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca)
Una crisi economica, finanziaria e sociale ha investito i servizi sociali di tutta l'Europa (...) Il rischio è quello di uno svuotamento
delle funzioni tipiche dell'assistente sociale, il quale può trasformarsi facilmente in un mero esecutore di compiti burocratici (...) Nel
servizio sociale lo strumento colloqio (...) dispone di una lunga storia di uso che però ha lasciato scarse tracce nella comunità
professionale (...) e rischia, ancora oggi, di essere utilizzato con modalità poco (...) ispirate ai contributi delle scienze sociali.
Resurrezione (L. Tolstoj)
Li costringevano a un ozio assoluto; lontani dalla natura, dalla famiglia, dal lavoro, cioè da ogni condizione di vita naturale e morale.
Qui una quantità di umiliazioni inutili li privava della coscienza della dignità umana. Lì li costringevano a subire l’influenza di
viziosi o corrotti dalla vita degli stabilimenti e inculcavano con una serie di atti inumani – la tortura dei bambini, delle donne, dei
vecchi, la separazione, la coabitazione forzata - il principio che crudeltà e violenze di ogni sorta erano raccomandate dal governo e
perciò tanto più lecite a uomini privati della libertà - ridotti alla miseria e alla disperazione.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Non appena l’uomo permette alla libido di sottrarsi ai compiti necessari, essa diventa autonoma (…) Una vita oziosa e priva di
iniziative è afflitta più di ogni altra dalla coazione della libido, vale a dire da tutte le possibili angosce e le costrizioni involontarie.

I cosiddetti sani: la patologia della normalità (E. Fromm)
Una seconda categoria di esperimenti, che si occupa non dell’incremento degli stimoli ma della loro riduzione, ha fornito
un’importantissima conferma empirica alla tesi che l’uomo ha bisogno di stimoli (…) Molto più sofisticati e interessanti furono
l’esperimento di Bexton, Heron e Scott, e altri successivi. I soggetti dell’esperimento, 22 studenti universitari di sesso maschile,
furono pagati per trascorrere 24 ore su 24 sdraiati su un comodo letto in una cabina illuminata, dalla quale potevano uscire per
mangiare e andare in bagno. Per tutta la durata dell’esperimento dovevano portare degli occhiali di protezione, che lasciavano filtrare
una luce diffusa ma impedivano una visione nitida (…) La stimolazione auditiva era limitata dalla parziale insonorizzazione della
cabina (…) Risultò dunque difficile trattenere i soggetti per più di due o tre giorni, nonostante il fatto che il compenso (20 dollari al
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giorno) fosse più che doppio rispetto a quello che guadagnavano abitualmente. Di fatto molti soggetti abbandonarono l’esperimento
prima che potesse essere portato a termine (…) Più tardi i soggetti riferirono di aver provato “sensazioni confuse, mal di testa, un
lieve senso di nausea e di stanchezza; in alcuni casi tali condizioni persistettero per 24 ore oltre la fine della seduta (…) Durante la
permanenza in cabina erano stati incapaci di concentrarsi a lungo su un argomento (…) Di conseguenza avevano cominciato a
fantasticare, rinunciando ai tentativi di organizzare il pensiero e lasciando vagare la mente. Qualcuno riferì anche di “saltuari vuoti,
durante i quali avevano avuto l’impressione di non riuscire a pensare a niente” (…) Infine i soggetti riferirono di aver provato delle
allucinazioni durante la permanenza in cabina (…) In un saggio successivo, Scott e collaboratori (1959) dimostrarono con l’ausilio di
vari test che l’”isolamento percettivo produce un declino delle facoltà intellettuali”(…) I nostri risultati mettono ancora una volta in
luce l’elevato grado di disturbo provocato dal processo di isolamento realizzato nel nostro laboratorio e altrove. Allucinazioni
estremamente vivide, deterioramento dei processi mentali, alterazioni sensoriali e percettive, insieme a significativi cambiamenti
dell’EEG, documentano il notevole effetto sul funzionamento del sistema nervoso centrale, indotto semplicemente limitando la
normale varietà della stimolazione sensoriale (…) Sia nel sonno sia in questi esperimenti l’organismo è privato in tutto o in parte
degli stimoli esterni; e il cervello sembra perciò reagire creando i suoi stimoli con il ricorso ad “allucinazioni” e sogni (…)
Sfortunatamente esse sono per lo più tautologiche: l’isolamento provoca una sorta di regressione, e tale regressione favorisce i
“processi primari” inibendo i “processi secondari” (…) Gli autori degli esperimenti di deprivazione sensoriale hanno posto l’accento
sul significato che i loro esperimenti rivestono per la comprensione del funzionamento del cervello (…) In altre parole, la
conservazione di un comportamento normale, intelligente e adattabile richiede presumibilmente un’immissione continuamente
variata di stimoli sensoriali. Il cervello non somiglia a una calcolatrice alimentata da corrente elettrica, capace di reagire di colpo a
determinati ordini anche dopo un lungo periodo di inattività. Esso somiglia piuttosto a una macchina che deve essere riscaldata e
mantenuta attiva.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
In assenza di stimoli, l'allerta svanisce (...) e gli impulsi dell'interno del corpo e del sistema nervoso centrale possono divenire
predominanti, (...) assumere carattere allucinatorio (...) Il mantenimento di un accurato senso di realtà dipende necessariamente da
uno stato di allerta, a sua volta dipendente da una costante raffica di stimoli dal mondo esterno verso la corteccia cerebrale.
Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
Se a proposito di qualsiasi cosa sorgono dubbi si troverà sempre uno che, accompagnato da applausi di consenso, assicurerà che non
è accaduto nulla e che tutto procede nel migliore dei modi. Chi è capace di pensare e vivere in questo modo, vive in una dimensione
diversa dal presente (…) È sempre stato retaggio di pochi esprimere con chiarezza il tempo presente (…) Ma nessuno (…) può
sottrarsi all’azione inconscia e ineluttabile dell’atmosfera che promana da (…) una vita non vissuta. Ogni vita altrui non vissuta
rappresenta un potere distruttore. Ne segue che si (…) comincia a dubitare.

I Mandarini (S. de Beauvoir)
Avevo parlato con calore, ma ero scettica. ** era guarita, indubbiamente, ma la sua voce, i suoi gesti, la sua mimica, m’ispiravano lo
stesso imbarazzo di quei visi falsamente giovani che il trucco riesce a ricavare da vecchie carni; avrebbe sostenuto fino alla morte,
probabilmente, la sua parte di donna normale: ma era una parte che non la disponeva per niente alla sincerità (…) Scendemmo in una
cave calda e umida come la giungla di Chichen Itza; era piena di rumori, di fumo, di ragazzi e ragazze in tuta che non avevano affatto
la nostra età. ** scelse una tavola vicino all’orchestra, esposta a tutti gli sguardi e ordinò con autorità due doppi whisky. Non
sembrava accorgersi che noi due, lì, eravamo completamente fuori luogo (…) Avrei voluto dirle qualcosa di affettuoso: che ero
contenta di vederla felice, o un’altra cosa qualsiasi. Ma le parole mi morivano sulle labbra; quella voce volontaria, quel viso rigido,
mi gelavano. ** mi sembrava più strana e più estranea di quando era pazza (…) ** parlava a voce molto alta, per coprire il fracasso
dell’orchestra, e mi parve che degli sguardi sorpresi si voltassero verso di noi (…) La sua voce s’andava esaltando, gli occhi le si
appannavano – Voglio prendermi la mia rivincita. Non puoi immaginare quanto mi senta felice!
Le lagrime tracciavano solchi pesanti nella sua carne umida; lei le ignorava; forse ne aveva versate tante che la sua pelle era diventata
insensibile (…) Bevvi un altro sorso di whisky e strinsi più forte il bicchiere, come un talismano. ‘Piuttosto soffrire – pensai – che
finir per disperdere al vento, ridendo, le ceneri del mio passato’.
- “T’hanno fatto degli elettro-choc?”
-“Sì. Ero in uno stato così strano che sul momento non nemmeno avuto paura; ma l’altra notte ho sognato che mi tiravano una
revolverata alla tempia,e ho sentito un dolore intollerabile. *** m’ha detto che probabilmente era un ricordo” (…) Non dissi niente.
Conoscevo bene il genere di spiegazioni di cui s’era servito ***; anch’io me ne servivo, al bisogno, e le apprezzavo per quello che
valevano. Sì, per liberare ** avevano dovuto rovinarle il suo amore fino in fondo al passato; ma io pensavo a quei microbi che non si
possono distruggere senza distruggere l’organismo stesso che stanno divorando. **** era morto per **, ma anche lei era morta;
questa grossa donna dal viso sudato, dagli occhi bovini, che sorseggiava whisky accanto a me, io non la conoscevo (…) Certo,
un’analisi avrebbe potuto insegnarmi una quantità di piccole cose sul mio conto, ma non vedevo a che avrebbe potuto servirmi; e se
avesse preteso di andar più lontano, mi sarei ribellata; i miei sentimenti non sono malattie.

Da un articolo su Il foglio quotidiano di A. Benini, colonna "lettere rubate"
'Nell'elenco delle motivazioni di ricovero delle cartelle cliniche rientrano 'Si rifiuta di dormire con il marito, non vuole avere figli,
non acconsente a sposarsi (...) orfana (...) idee originali', in Cento giorni che non torno- storie di pazzia, di ribellione, di libertà (...)
Erano donne di cui i mariti o i figli volevano liberarsi (...) Scrivevano lettere a casa senza risposta (...) A. B. (...) entra nel manicomio
di Treviso nel 1952 con questi sintomi: "astenia, inappetenza, (...) gelosia (...) Le fanno nove sedute di eletrroshock per toglierle la
gelosia (...) trenta nel giro di pochi anni.
La signora Dalloway (V. Woolf)
“Io… io” cominciò balbettando **. Ma qual era il suo delitto? Non riusciva a ricordarlo. “Sì?” lo incoraggiò Sir *** (ma il tempo
passava)(…) “Cercate di pensare il meno possibile a voi” disse con gentilezza Sir ***. Veramente non lo si poteva lasciare in libertà
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(…) Mai in tutta la vita **** aveva sofferto una tortura simile! Aveva chiesto aiuto ed era stata respinta! Sir *** non era un
brav’uomo (…) Erano stati abbandonati (…) Ai suoi malati egli concedeva tre quarti d’ora (…) Invocate l’equilibrio e prescrivete
riparo in letto in un ambiente di solitudine nel silenzio, riposo senza amici, senza libri, senza messaggi (…) Venerando l’equilibrio,
sir *** prosperava, internando i suoi pazzi (…) rendendo improbabile agli inetti di diffondere la loro idea fino a che anch’essi non
arrivavano a condividere il suo senso di equilibrio. Quindi egli si guadagnava il rispetto dei colleghi, il timore dei dipendenti (…) col
suo infallibile intuito (questa è follia), col suo equilibrio. Ma l’equilibrio ha una sorella meno sorridente, meno formidabile, una dea
che anche ai nostri giorni ha il suo da fare (…) a rovesciare altari per ristabilire in loro vece la propria austera effigie (…)
Conversione è il suo nome (…) le piace imporsi (…) La troverete a predicare; sotto le spoglie dell’amore fraterno (…) tra le
fabbriche e i parlamenti; offre aiuto, ma anela al potere; brutalmente scaccia dalla sua via i dissidenti, gli scontenti; elargisce la sua
benedizione a coloro i quali, sottomessi, ricavano dai suoi occhi la luce dei propri. Questa dea (**** l’aveva indovinato) aveva preso
dimora nel cuore di Sir ***, anche se celata, com’è sua abitudine, sotto qualche plausibile spoglia, sotto qualche nome venerando:
amore, dovere, altruismo. (...) La conversione, questa dea sofistica, preferisce il sangue ai mattoni e la volontà umana è per lei un
cibo prelibato (…) Il sollievo di allontanarsi era, purtroppo, negato ai pazienti di Sir ***(…) Essi allora si accasciavano, si davano
per vinti (…) Perché vivere? domandavano. La vita è buona, replicava Sir ***. Vero è che il suo reddito ammontava grosso modo a
12000 sterline l’anno. Ma verso di noi, protestavano quegli altri, la vita non è stata così generosa (…) E poi, se alla fin fine Dio non
esiste? Sir *** scrollava le spalle. In breve questa faccenda non è forse strettamente personale? Ahi, qui casca l’asino (...) Coraggio e
carriera erano tutti argomenti che trovavano in Sir William un campione baldanzoso. E restavano sempre la polizia e il bene della
società (…) Queste ubbie antisociali, generate più che altro da sangue vizioso, venissero debitamente rintuzzate (…) Rapace Sir
William li faceva imprigionare. Era quella risoluzione mista a filantropia che rendeva Sir *** particolarmente caro alle famiglie delle
sue vittime (…) Sir *** era circondato (…) da un’aura malefica, uomo asessuale, estremamente gentile con le donne, ma capace di
oscuri misfatti: di violentarvi l’anima per esempio (…) Rendono la vita intollerabile uomini simili… (…) e quel giovane paziente si
era ucciso.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Le diagnosi più comuni di disturbi mentali nel mondo sono depressione e ansia generalizzata (...) Secondo le stime aggiornate per
l'anno 2030 i disturbi mentali e neurologici costituiranno il 14,4% di tutti i DALY (anni persi per disabilità e mortalità precoce) nel
mondo e il 25,4% di quelli dovuti a malattie non contagiose. Il posto occupato dalla depressione precederà quello delle malattie
cardiache ischemiche (...) L'OMS stima che nel mondo in una famiglia su quattro vi è almeno un membro affetto da un disturbo
mentale (...) Molti antidepressivi vengono utilizzati per trattare disturbi d'ansia; alcuni ansiolitici vengono impiegati nel trattamento
della depressione e del disturbo bipolare e farmaci appartenenti a tutte le categorie vengono utilizzati per trattare altri problemi clinici
quali i disturbi dell'alimentazione, il disturbo del panico e i disturbi del controllo degli impulsi. Molti farmaci vengono inoltre
impiegati per trattare una serie di disturbi mentali che non rientrano in alcuna classificazione (...) La valutazione complessiva da parte
di professionisti del settore sanitario dovrebbe tener conto, tra le altre cose, anche dell'età, del peso, del genere, dell'anamnesi, dei
medicinali assunti, dei dati di laboratorio e di altri fattori specifici per ciascun paziente (...) Il trattamento di prima scelta dovrebbe
essere comunque la terapia cognitivo-comportamentale (...)
L'elettroshock si è rivelato efficace nel trattamento dei disturbi parafiliaci (...) I metodi di stimolazione cerebrale sono innovazioni
quali la stimolazione transmagnetica e la stimolazione cerebrale profonda, sviluppate per guarire quei pazienti che non hanno risposto
alle terapie convenzionali (...) L'elettroshock è ritenuto efficace nel trattamento delle parafilie.Si assiste a un ritorno delle terapie che
sfruttano la stimolazione elettrica (...) Ci sono tecniche transcraniche che includono stimolazione elettrica cronica (CES), terapia
elettroconvulsionante (ECT), stimolazione transcranica a corrente diretta (TDCS) (...) stimolazione magnetica (TMS) e terapia
magnetica convulsiva (MST) (...) Le tecniche chirurgiche includono CBS, DBS e VNS (...) L'impiego dell'ECT si è ridotto a partire
da metà del XX secolo, tuttavia resta tra i trattamenti attivi (...) Viene impiegato per pazienti resistenti ai trattamenti (...) e
specialmente per individui con la depressione maggiore (...) quindi con riduzione di appetito, risveglio precoce, ritardo psicomotorio,
agitazione (...), per il disturbo bipolare I (...) e per chi si rifiuta di mangiare (...) o mostra intento suicidario (...) Molti psichiatri
credono che qualunque paziente abbia tentato il suicidio, indipendentemente dalla letalità, dovrebbe essere ricoverato (...) anche con
ricovero obbligatorio (...) e subire un trattamento aggressivo con antidepressivi e antipsicotici, (...) osservazione costante, isolamento
e contenzione (...) in reparto chiuso con finestre non apribili (...) Possono essere necessarie varie sedute di ECT (...) E i pazienti che
recuperano dalla depressione sono considerati particolarmente a rischio suicidario (...) La TMS è oggi oggetto di studio nel
trattamento di vari disturbi psichatrici tra cui depressione, ansia e schizofrenia (...) La prima MST è stata condotta su un animale nel
1998 e su un essere umano nel 2000. La MST potrebbe servire a indurre crisi epilettiche nel tentativo di mantenere l'efficacia
dell'ECT con meno effetti collaterali (...) La DBS e la VNS sono state approvate nel 1997 (...) La VNS (...) per l'epilessia, (...) la
DBS(...) per il trattamento dei sintomi del morbo di Parkinson (...) e dei movimenti involontari indotti dai farmaci. La VNS è usata
per il trattamento aggiuntivo a lungo termine della depressione cronica e ricorrente (...) o per prevenire ricadute (...) negli adulti (...)
anche di 18 anni (...) Inoltre sono in corso studi sugli esseri umani per convalidare l'efficacia dalla DBS nel trattamento della
depressione e del disturbo ossessivo-compulsivo (...) Il più grave effetto collaterale percepito dell'ECT è in genere la perdita di
memoria, (...) che è in alcuni casi persistente (...) Gli effetti avversi dell'ECT e dell'MST sono connessi all'anestesia totale e alla crisi
generalizzata (... ) La CES comporta rischi per chi ha aritmie o pressione bassa (...) La VNS, oltre al rischio di infezione, comporta
quello di paralisi delle corde vocali, bradicardia o asistole (...) CBS è un nuovo approccio (...) ed è oggetto di studio (...) La DBS
richiede craniotomia per impiantare degli elettrodi (...) per una stimolazione cerebrale profonda (...) Possibili complicanze della DBS
sono infezione, emorragia, crisi epilettiche (...) gravi o permanenti nell'1-5% dei casi, o alterazione dello stato mentale (...) Si
possono osservare sindromi frontali, confusione o lievi deficit cognitivi (...) I rischi di effetti avversi permanenti devono ancora
essere chiariti (...) I pazienti che non ne traggono beneficio sono a rischio particolarmente elevato di suicidio (...) Richiede squadre
altamente specializzate disposte e in grado di fornire assistenza a lungo termine (...) Richiede trattamento psichiatrico post-operatorio
intensivo (...) e successiva terapia farmacologica con dosi di farmaci psicotropi da aggiustare (...) e terapia comportamentale (...)
Occorrono diverse settimane per il riassorbimento dell'edema locale e la stabilizzazione di altri fattori prima della stimolazione. Poi
viene effettuato un aggiustamento dei parametri (...) con lungo procedimento che può durare più giorni (...) Si prevede poi un
frequente follow-up, soprattutto per i primi 6 mesi (...) Logistica e spese coinvolte sono ostacoli non trascurabili (...) Anche i familiari
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dei pazienti devono farsi carico di vari impegni (...) Ci si potrebbe attendere un miglioramento considerevole dei sintomi nel 25% dei
pazienti selezionati per DBS (...)
A volte la DBS è fatta per far rispondere alla terapia farmacologica e comportamentale e alla psicochirurgia (...) Si pratica infatti
anche la chirurgia ablativa , come ad esempio cingolotomia e capsulotomia nei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo (...)
I medici trattano la depressione, non la sofferenza (...) La natura della sofferenza non è stata sufficientemente studiata dagli psichiatri
e rimase materia di teologi e filosofi (...) Cancro (...) e altre malattie organiche (...) e alcuni farmaci possono provocare depressione e
spingere al suicidio (...) Ci possono essere problemi oggettivi, non superabili, che conducono a decidere il suicidio (...) Il numero di
suicidi è aumentato negli ultimi decenni (...)
Nel 1994 per primo in America lo Stato dell'Oregon ha approvato il suicidio assistito almeno per i malati terminali il cui decesso sia
previsto in 6 mesi (...) Tra il 2008 e il 2011 anche Washington, Montana e Vermont (...) Due terzi degli americani sono favorevoli (...)
L'opposizione precedentemente uniforme dei medici è sgretolata (...) Le associazioni degli psichiatri (...) APA, AMA (...) ABA, AAS
continuano a opporsi.
http://www.slideshare.com/guida-alla-salute-nel-particolare-contesto-italiano
Il suicidio deve essere una scelta razionale e deve essere pianificato scegliendo i luoghi adatti (alture di montagna e collina,
grattacieli, ponti e torri di città) e il momento adatto (non si deve mai farlo impulsivamente per via di una forte emozione, ma anzi è
necessario attendere sempre di avere una visione molto distaccata e ampia degli eventi che hanno fatto maturare il desiderio di
morire). Non se ne deve ovviamente parlare a nessuno (meno che mai a componenti della famiglia d'origine o amici) e se lo si fa col
coniuge ciò deve avvenire solo con estrema prudenza nella scelta della modalità. Bisogna anche tener conto del fatto che fare
testamento, trovarsi in grave disagio economico e avere una malattia fisica terminale invalidante o cronica sono tutti considerati dagli
psichiatri "fattori di rischio" e motivi di "legittimo controllo". Soprattutto si deve assolutamente considerare quanto è stupido e folle
tentare il suicidio con metodi sui quali non ci si è informati e che possono risultare inefficaci (i sonniferi, gli antiepilettici e quasi tutti
i barbiturici attualmente in commercio, i mix di farmaci o di farmaci e alcolici con cui altri, con peso e salute diversi, si sono suicidati
o le droghe illegali vendute da chi non è affidabile in proposito e ovviamente l'inutile tagliarsi le vene) o causare dolore fisico intenso
e percepito troppo a lungo o umiliazione (veleno per topi, pesticidi, annegamento dove lo sbalzo di pressione e le più rapide e fredde
correnti delle profondità dei laghi e del mare accrescono il dolore del soffocamento e dell’aggressione dell’acqua ai polmoni, ecc.) o
smettendo di mangiare, perché, se tra la gente, finireste in manicomio e lì sareste alimentati a forza (attraverso cannule inserite nel
naso) o spinti a mangiare (con droghe che creano ansia, angoscia o fame nervosa o con la minaccia di essere legati e chiusi in una
stanza buia almeno per diverse ore al giorno) e inoltre subireste più di una volta come minimo l'ECT (la terapia
elettroconvulsionante oggi più promossa che mai nei manuali universitari soprattutto per casi simili), mentre se isolati, sareste spinti a
mangiare dalla fame ossessiva degli ultimi stadi oppure rischiereste di venire divorati ancora vivi dai topi che sono sempre attratti dai
moribondi.
Di fatto coloro che affermano che il suicidio è sbagliato in sé e doverosamente illegale e che esso richiede il TSO, spesso sono quelli
che fanno di tutto per spingere altri al suicidio e che a volte lo consigliano anche esplicitamente quando si sentono sicuri da
determinate orecchie o protetti dall’anonimato se sono in gruppo. In molti oggi consigliano il suicidio con abili parole ad adolescenti
e giovani: lo si fa online (mi sembra sia la Polonia lo stato dove fu chiuso un grande social network dopo un buon numero di suicidi,
consigliati daglli utenti intervenuti per discutere problemi giovanili tipici e non); lo si fa in film recenti rivolti a ragazzi (in Lavorare
con lentezza una coppia di ragazzi nelle ultime scene si suicida per "vedere cosa c'è dall'altra parte", dato che la polizia ha reagito con
l'omicidio alle manifestazioni e che lo Stato ha dato come uniche due soluzioni ai problemi economici diffusi il suicidio o la
rassegnazione ad accettare tutto passivamente); lo si fa nei gruppi informali di amici e conoscenti ("Che si suicidi!", "E allora
suicidati!" sono frasi che si sentono dire molto spesso); lo si fa negli studi degli psicologi (è questo uno dei motivi principali per cui
la legge dovrebbe vietare di rivolgersi a loro prima dei 25 anni e per cui gli incontri dovrebbero essere fatti precedere da letture sui
tre principali indirizzi della psicoterapia e sui titoli di studio da esibire e dovrebbero essere di numero e programmi prestabiliti fin
dall'inizio, limitati e, in caso di dubbi sulla procedura, anche filmati); lo si fa negli spazi, privati e non, dove leader di gruppi di
facciata cristiana si raccolgono insieme ai loro accoliti (si tratta di gruppi dove le persone hanno a volte pochissimo in comune,
anche perchè spesso le quasi sempre giovanissime prede sono attirate al loro interno con pretesti diversi da quelli religiosi - ad
esempio la psicoterapia - e vi sono mantenuti dall'accoglienza successiva dei genitori, a volte contro espliciti patti, o dalla dipendenza
che spesso creano gli psicologi e da altre circostanze connesse all'età, perciò non tutti possono essere "formattabili" quanto li si
pretende: nasce facilmente in chi ha formato questi gruppi il desiderio di eliminare in ogni modo possibile chi vi è stato troppo
danneggiato)...Io credo che tutta questa insistenza sia un motivo in più per resistere, cercare soluzioni innovative e pazientare a lungo
prima di prendere tale decisione irrevocabile, orribilmente definitiva, soprattutto da giovani, perché la gente merita di essere
scontentata almeno in qualche cosa ogni tanto. La vita a volte sorprende davvero e per molti a 28 anni circa c'è una svolta.

Dialoghi ininterrrotti (P. Bastianoni)
Numerose persone, specialmente malate di malattie inguaribili (...) mi hanno detto che se l'eutanasia fosse legalizzata non ci sarebbe
bisogno di suicidarsi. La paura di soffrire, di non avere qualcuno che si possa prendere cura di loro in caso di malattia e vecchiaia fa
sì che si desideri porre fine alla propria esistenza per non vederla spogliata della sua dignità. Qualche anno fa , in Francia, fece molto
sclpore il suicidio di due coniugi di 86 anni (...) Economista e filosofo lui, insegnante di lettere e latino lei vissuti insieme per quasi
70 anni (...) Nella loro lettera d'addio avevano scritto di voler fare causa allo Stato per non avere permesso loro (...) una morte senza
dolore (...)
Nel 2011, l’Oms ha diffuso un rapporto sulla violenza e sui maltrattamenti alle persone anziane fra le mura domestiche. Ogni anno in
Europa sono più di 8300 le vittime di omicidio di età è pari o superiore ai 60 anni e 10000 anziani/e sono oggetto di abusi quotidiani
da parte di operatori sociosanitari, familiari o altre persone. Le violenze si consumano nelle case di riposo, negli ospedali, fra le mura
domestiche.
Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Dovunque c’è solo il terrore, e la paura di averne coscienza, che gela le persone (…) quest’atteggiamento acuto, calcolato, non
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impegnato, il rifiuto di dare per paura delle conseguenze (…) Una società piena di uomini spaventati che dosano le loro emozioni con
le bilance del farmacista (…)
Tutti quegli uomini intelligenti, nella loro vita sentimentale sono a un livello così basso rispetto a quello su cui lavorano, che
sembrano persone diverse.

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Viviamo in un periodo storico caratterizzato da un netto divario tra lo sviluppo intellettuale dell’uomo, che ha portato allo sviluppo
degli armamenti più distruttivi, e il suo sviluppo mentale-emozionale, che lo ha lasciato ancora in uno stato di accentuato narcisismo
con tutti i suoi sintomi patologici.

Avere o essere (E. Fromm)
L’intelligenza manipolatoria quale strumento per il raggiungimento di scopi pratici è comune sia agli animali che agli esseri umani
(…) In effetti, quanto più vivace e incontrollata è l’intelligenza manipolatoria, tanto più è pericolosa (…) La supremazia dell’attività
mentale cerebrale, manipolatoria, va di pari passo con un’atrofia della vita emozionale. Dal momento che questa non viene coltivata
né se ne ha bisogno, ma costituisce piuttosto un ostacolo al funzionamento ottimale, essa è rimasta sottosviluppata, non è mai riuscita
a raggiungere un livello di maturità superiore a quello infantile.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Nel campo della scienza e della tecnologia dell’industria gli uomini erano simili a dei, a demoni, tesi alle scoperte e risoluti a battersi
per ottenerle (…) Ma in fatto di emozioni e normali sentimenti umani, quegli uomini fattisi da sé erano paragonabili, dal punto di
vista mentale, a fragili ragazzini. Il divario era enorme e stupefacente. Che l’uomo scivolasse pure in una sorta di generale idiozia
(…) che andasse tutto in malora. A lui interessavano le tecnologie dell’industria mineraria (…) provava un senso di trionfo.
Finalmente era uscito dal suo isolamento. Aveva realizzato la sua segreta aspirazione di uscire da se stesso (…) Una donna come sua
moglie avrebbe potuto ferirlo mortalmente. Prese a nutrire nei suoi confronti un certo timore (…) Con la signora ** si sentiva invece
signore e padrone e la sua voce risuonava sciolta (…) e le permetteva di accudirlo proprio come fosse stato un bambino. Dagli
uomini, quando era fuori casa (…) dava prova di astuzia, di gran durezza e di quello che si dice un pugno in ferro (…) stava
diventando una “creatura” munita di un duro efficiente guscio esterno (…) d’acciaio come una macchina (…) e di una polpa sfatta
interna (…) Ogni generazione ne procrea un’altra ancor più codarda, (…) gente fatta di latta! (…) Denaro, denaro, denaro! (…) Sono
tutti uguali. Tutto il mondo è uguale: si sbarazza dell’umana realtà (…) Pagarli perché si spenga ogni scintilla di vita nell’umanità e
gli uomini si riducano a macchinette che girano a vuoto (…) Che altro è la fica se non una macchina per chiavare? (…) L’amore, il
sesso erano paragonabili a un sorbetto! Da leccare e dimenticare. Se non ci si sofferma a pensarci, non sono nulla (…) Il sesso è un
cocktail duravano pressappoco lo stesso, avevano lo stesso effetto ed equivalevano suppergiù alla stessa cosa (…) L’amore era
qualcosa su cui non ci si faceva più illusioni, la gioia era una parola che serviva a descrivere un bel charleston, la felicità era un
termine ipocrita impiegato per trarre in inganno il prossimo.

Psicanalisi dell’amore (E. Fromm)
Oggi per la gente ci sono molti più divertimenti e eccitazioni, ma forse sono diversi dalla gioia e dall’amore per la vita. L’approccio è
meccanico (…) L’homo mecchanicus apprezza ancora il sesso e il bere. Ma tutti questi piaceri vengono ricercati entro l’ambito del
meccanico e del non-vivo. Egli spera che ci sia un bottone da premere che porterà felicità, amore, piacere (…) Egli guarda le donne
come si guarderebbe un’automobile: conosce i pulsanti giusti da premere, ama il suo potere di farla “correre” e rimane il freddo
osservatore. È interessato più a a maneggiare macchine che a reagire alla vita. Diventa quindi indifferente alla vita (…) Considerate il
ruolo che ha l’uccidere nei nostri divertimenti, il cinema, i fumetti…

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Oggi la gente vuole consumare tutto e subito, anche la sessualità (…) Come una sorta di instant sex, non sono accompagnati da
sentimenti profondi (…) La sessualità è oggi qualcosa di irrilevante, di secondario, di impersonale.

Operette morali (G. Leopardi)
La legge della società (…): bisogna essere meno naturali possibile.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
In quegli scritti si trattavano la psicanalisi, la psicologia individuale, quella sperimentale, quella fisiologica, quella sociale, e tutte le
altre conquiste che impediscono all’epoca da esse illustrata di produrre uomini veri, buoni e normali.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
È impossibile indicare a degli affamati altro che la via per estinguere anzitutto la fame. I problemi vanno affrontati a mano a mano
che si presentano.

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Le azioni dell’uomo sono determinate da cause precedenti, ma egli può liberarsi dalla potenza di queste cause (…) Se, tuttavia, il suo
cuore si è indurito a tal punto che non esiste più un equilibrio di inclinazioni, egli non è più libero di scegliere (…) Nessuna
consapevolezza ci aiuterà, se avremo perduto la capacità di essere toccati dalla sventura di un altro essere umano.

Tempi difficili (C. Dickens)
Non servirà a nulla nemmeno non fare nulla. Se lascerete migliaia di persone a vivere e a vegetare nello stesso fango, se esse saranno
come una casta e voi sarete come un’altra casta. Ancor meno si otterrà considerandoli come se non avessero né amore, né simpatia,
né ricordi, né preferenze; né un’anima capace di scoraggiarsi né un’anima capace di sperare; trattandoli, quando se ne stanno
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tranquilli come se non avessero nulla di tutto questo e rimproverandoli di mancare di sentimento di umanità verso di noi quando si
agitano.

Abbozzi di capitoli di L’uomo senza qualità (R. Musil)
In genere non si capiscono mai perfettamente gli altri mediante la conoscenza e l’osservazione; ci vuole in più anche una specie di
buona intelligenza come con se stessi, bisogna saperli comprendere (…)
L’interesse e anche soltanto la comprensione, non sono mai possibili mediante il “mettersi al posto di un altro”, ma soltanto mediante
la partecipazione comune a qualcosa di più grande (…) Se dovrei comportarmi come se gli fossi alleato in Dio, basta già un insieme
più piccolo come un’altra fratellanza qualsiasi. Basta anche un’idea comune. Bisogna soltanto che sia qualcosa di nuovo e di vivo.

La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
** aveva ormai un’espressione crudele e indagatrice che invano si sforzava di nascondere con un sorriso (…) Stava continuamente al
fianco di *** sotto le spoglie dell’amicizia (…) per tormentarne la natura (…) L’anima sofferente di *** era stata tenuta in continua
esasperazione da chi, ben lungi dal calmarla, non aveva fatto altro che corromperla e devastarla. Il risultato sarebbe stato la pazzia
(…) La morte di *** sarebbe stata preferibile (…) È il peccato più nero: (…) ** ha violato a sangue freddo il santuario di un cuore
umano.

La saga di Gosta Berling (S. Lagerlof)
Sotto lo sguardo di quegli occhi tutto diventava commedia e finzione; gli occhi la sorvegliavano ed erano a loro volta sorvegliati (...),
tutto comprendendo, nulla giudicando, (...) così da paralizzare con l'irrisione ogni moto del cuore e ogni forza del pensiero (...)
Sentiva lo spirito d'introspezione accompagnare ogni suo passo, ogni sua parola (...) Tutte le forze genuine della vita erano assopite
(...) Sospirava la naturalezza e la sincerità.
Jane Eyre (C. Bronte)
A poco a poco ** acquistò su di me un'ascendente (...) e la sua attenzione mi teneva prigioniera (...) Quando egli mi era vicino non
riuscivo più a parlare e ridere sinceramente perchè istintivamente mi ricordavo con fastidio che la vivacità (per lo meno la mia) lo
irritava (...) Quando diceva (...) "fa questo" lo facevo. Ma non amavo la mia schiavitù (...) *** tentò di svagarmi, disse che avevo una
brutta cera, (...) ma ** sostenne che non avevo bisogno di distrazioni, ma di attività (..) Un giorno (...) le parole mi si spezzarono in
singhiozzi (...) ** non mostrò nessuna sorpresa alla mia emozione nè me ne chiese la causa (...) Mentre soffocavo in tutta fretta
quell'affanno rimase seduto, come un medico che osservi con occhioscientifico una crisi ben nota e attesa del suo paziente (...)
Quando avevo a che fare con caratteri duri e positivi, contrastanti con il mio, non c'era aternativa per me tra l'assoluta sottomissione e
l'aperta rivolta.
Il Fanciullino (G. Pascoli)
La poesia sociale avvizzisce nel chiuso delle scuole (…) Chi vede non è l’oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non
maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato (…) Il fanciullino è (…) vista profonda. Colui che ospita il fanciullino può
essere un masnadiero (…) Molti non lo conoscono perché non vedono nulla, non ascoltano voce in loro.

L’avventura di un povero cristiano (I. Silone)
Nelle parabole del Vangelo le relazioni tra gli uomini sono sempre personali e dirette (…) Io non so concepire relazioni cristiane che
non siano relazioni personali (…) non di cose ma di anime (…) Spetta a noi salvaguardare la possibilità di intendersi (…) Io non
posso trattare gli altri come oggetti e come sudditi (…) Se mi viene sottoposto il caso di una persona qualsiasi ed io sento che dalla
mia decisione può dipendere la sua salvezza o rovina, come posso procedere alla svelta? Non ha importanza che mi sia sconosciuta
(…) bisogna conversare con essa, cercare di conoscerla (…)
Per conservare la dignità e la missione è meglio andarsene.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Provava l’acuto desiderio di parlare con una persona con la quale potesse sentirsi in perfetta armonia (…) Una forza segreta estrae
allora le parole dall’anima e nessuna fallisce la mira. Ma se si parla con avversione esse salgono come nebbia da una superficie
gelata.

Avere o essere (E. Fromm)
Questa forma di attività non alienata è stata definita da Marx come segue: “Supponiamo che l’uomo sia uomo, e che il suo rapporto
con il mondo sia umano. In tal caso, l’amore può essere scambiato soltanto con l’amore, la fiducia con la fiducia, eccetera (…) Se si
desidera influire su altre persone, bisogna essere una persona capace di esercitare davvero un effetto stimolante e incoraggiante su
altri.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Nessuno desidera essere infelice (…) Il motivo per cui le persone sono più o meno o sane, il motivo per cui esse soffrono di più o di
meno, sta in realtà nel fatto che non sono favorevoli le condizioni per la loro crescita (…) Tra le condizioni della crescita vi sono le
concrete condizioni di vita (…) Talvolta vi rientrano anche i fattori costituzionali e particolari combinazioni di circostanze. Tutto
questo fa sì che gli uomini cerchino la salvezza in modo distorto (…) Ognuno cerca di avere un po’ di sole per poter crescere. Ma se
le sue condizioni sono tali per cui ciò non è possibile in modo più positivo, allora lo farà in modo distorto, e qui “distorto” sta per
malato. È deforme, ma è pur sempre un essere umano che fa di tutto per trovare una soluzione alla sua vita. È una cosa che non si
dovrebbe mai dimenticare (…)Harry Stack Sullivan ha iniziato la sua attività con gli psicotici con grande interesse e convinzione.
Quando lavorava all’ospedale St. Elizabeth di Washington chiese di poter fare un esperimento. Voleva un reparto speciale (…) Allora
non esistevano ancora né psicoterapia né farmacoterapia (…) Solo il fatto che quei pazienti non venissero maltrattati né umiliati, ma
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fossero invece considerati degli esseri umani, fece sì che molti guarissero (…) Un cambiamento di un certo tipo può già guarire
pazienti le cui condizioni, in un ospedale psichiatrico pubblico, sono solo destinate a peggiorare, rendendoli cronici (…) Sono pochi
gli psichiatri in grado di percepire che dentro ognuno di noi c’è qualcosa di schizofrenico, così come in ognuno di noi si cela un
maniaco-depressivo, oppure che tutti abbiamo qualcosa di paranoico, visto che proprio nel caso della paranoia è solo una questione di
grado. Fino a un certo punto una persona viene definita normale; quando non la sopportiamo più allora diciamo che è malata. Ma
nessuno di questi stati psicotici è realmente diverso dagli altri al punto da provocare fossati profondi tra le persone.

Le libere donne di Magliano (M. Tobino)
Il debole di mente continua il suo lavoro, monotonamente si svolgono le sue giornate, di nessuno si occupa, quasi tutti coloro che lo
circondano sono davanti a lui superbi e giudicano i sentimenti del debole di mente privi di forza, degni di disattenzione. Non si vuol
considerare che i sentimenti sono il più grande ed emozionante mistero, quelli che ci uniscono per un golfo sotterraneo con qualcosa
di divino, che (…) ci fa paura (…) I poveri di mente seguono le più povere leggi, le elementari, e, le cose si svolgono secondo la
regola, stanno tranquilli e ignoti tutta la vita. Quando anche in queste povere leggi li ostacolano, dopo avere a lungo sopportato,
manifestano in gravi deliri, a causa dei quali vengono ricoverati al manicomio. Questa verità è frequente e denota la cattiveria, la
superbia degli uomini (…) Il patrimonio di costoro è esclusivamente composto di sentimenti, che in loro non sono mescolati al
peccato (…) Ogni creatura umana ha la sua legge; se non la sappiamo distinguere chiniamo il capo invece di alzarlo nella superbia; è
stolto crederci superiori perché una persona si muove percossa da leggi a noi ignote.

Bene e male nella psicologia analitica in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Bisogna anche evitare tutto ciò e potrebbe suggerire al paziente l’idea che è malato: deve essere considerato una persona normale,
vorrei dire un partner (…) Ogni essere umano va preso veramente come un essere umano e trattato a seconda della propria natura.

C. Spurgeon
Gli errori diventano sempre grandi dove l’amore è piccolo.

Zibaldone (G. Leopardi)
La compassione (…) è l’unica qualità e passione umana che non abbia nessunissima mescolanza di amor proprio (…) Qualunque
operazione dell’animo nostro ha sempre la sua certa e inevitabile origine nell’egoismo (…) La compassione ha qualche fondamento
nel timore di provar noi medesimi un male simile a quello che vediamo, perché l’amor proprio è sottilissimo, e s’insinua da per tutto
(…) Ma (…) considerando bene, (…) c’è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e intieramente rivolta
al misero (…) Se tu (…) dai incomodo o dispiacere (…) ad uno il quale (…) lo subisce senza poterlo impedire, sei di (…) una
irriflessione bestiale (…) Il far male agli altri per vostro bene non vi ripugna (…) Naturalmente (…) anche il leone combatte col
leone (…) Diverse qualità (…) si sviluppano o no, secondo le circostanze. (…) La facoltà di compatire (…) non è già propria del solo
uomo. In casa mia v’era un cane che da un balcone gittava del pane a un altro cane sulla strada (…) Chi non è stato mai sventurato,
non sa nulla.

Dieci anni dopo (D. Bonhoeffer) in Ribellarsi è giusto
Chi disprezza un uomo non potrà ottenerne mai nulla (…) Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che
per quello che fanno o non fanno. L’unico rapporto fruttuoso con gli uomini – e specialmente con i deboli – è la volontà di mantenere
la comunione con loro.

Bene e male nella psicologia analitica in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Ci lasciamo così facilmente abbagliare dalle parole; sostituiamo parole all’intera realtà. Mi parlano del bene e del male e presumono
che io sappia di che cosa si tratta (…) Il paziente che va dal terapeuta soffre perlomeno di un conflitto; si tratta di capire la sua
situazione conflittuale spesso inconscia (…) Qui non posso fare altro che dirmi con prudenza: (…) le cose sembrano stare così o così,
ma non si potrebbe dare anche un’altra interpretazione ai fatti? (…) Non significa che io consideri relativi il bene e il male in quanto
tali. Vedo con certezza che una data cosa è male, ma il paradosso consiste nel fatto che per una data persona in una data situazione
concreta, su un preciso gradino del suo cammino verso la maturazione, quella cosa può precisamente essere buona. Vale anche
l’opposto: il bene fatto al momento sbagliato, nel posto sbagliato, diventa del tutto insensato. Altrimenti tutto sarebbe molto, troppo
facile (…) Nessuno è buon chirurgo per il fatto di avere imparato a memoria il libro di testo: (…) è pericoloso fare per prima cosa
una diagnosi del malato in base al fatto che quella tale malattia è trattata dal signor X al capitolo 17; si crede che averlo studiato sua
sufficiente, ma il paziente continua a soffrire. Si parla talvolta di “vincere il male”. Abbiamo dunque il “potere” necessario per
vincerlo?Bisogna ricordare che buono e cattivo sono anzitutto solo il giudizio che pronunciamo in una determinata situazione.

C. G. Jung
Solo la psicologia collettiva è scienza, mai quella individuale.

I persuasori occulti (V. Packard)
Perfino per la ricerca motivazionale in campo industriale vi è sempre la possibilità di sbagliare (…) Del resto, i dati raccolti hanno
scarso valore quando non conosciamo il grado d’intensità del sentimento destato e quando non sappiamo se tale sentimento tende a
tradursi in un atto concreto (…) Inoltre vengono impiegati necessariamente anche psicologi ciarlatani (…) Data la necessità di
interpretare ed elaborare i dati raccolti e dato il carattere sperimentale della Ricerca Motivazionale una buona dose di sciocchezze è
stata spacciata come vangelo scientifico (…) Senza contare che i test hanno valore se sono fatti su un campione di persone molto
grande (…) e se sono consolidati da verifiche tradizionali (…) La RM fornisce ipotesi.

Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
Ci si serve della psicologia perfino per occultare a se stessi i veri nessi causali. La sua cosiddetta obiettività è tanto più gradita quanto
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più è “scientifica” perché rappresenta un mezzo eccellente per liberarsi delle presenti componenti affettive della coscienza, che pure
rappresentano la vera dinamica della reazione morale.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Non si dimentichi mai che, nonostante la grande uniformità dei conflitti complessi, ogni caso è per così dire un unicum. Perché ogni
individuo è un unicum (…) L’esigenza scientifica del ricercatore mira sempre a trovare le regole e le classificazioni in cui chiudere
l’elemento più vivo dell’essere. L’analista e osservatore deve lasciare agire su di sé la realtà vivente in tutta la sua anarchica
ricchezza, tenendosi alla larga da ogni formula.

Zanna Bianca (J. London)
E più la ribellione di ** era fiera, più la società lo trattava duramente, col solo effetto di renderlo più feroce. Camicia di forza,
digiuni, bastonature erano trattamenti sbagliati per lui, ma erano i soli usati con lui fin da quando la sua morbida argilla di bimbo era
stata afferrata dalle mani della società (…)
Durante il periodo dello sviluppo *** non conobbe un solo momento di sicurezza (…) tormentato fino all’inverosimile (…),
l’influenza dell’ambiente lo aveva modellato (…) Questi uomini costituivano il suo ambiente e modellavano la creta di cui era fatto
ancora più ferocemente di quanto la natura ne avesse avuto l’intenzione (…) Non si preoccupavano poi di risalire alle cause del suo
comportamento ma ne giudicavano gli effetti (…)
La bontà era scesa a sondare fin dove nulla era mai sceso, (…) l’influenza dell’ambiente (…) lo rimodellava in forme più belle (…)
La trasformazione richiese molto tatto e un’infinita pazienza (…) Era una questione di principio e di coscienza (…) perché (…) il
male fatto a ** era un debito contratto dall’uomo.

L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione (J. Levey)
Le emozioni possono essere espresse a partire dalla vera essenza dello spirito umano o dalla distorta deviazione dell’egocentrismo
(…) L’allenamento meditativo aiuta a comprenderlo e a ristabilire l’equilibrio, generando quell’emozione che rappresenta l’antidoto
a quell’emozione disturbante. L’amore neutralizza l’apatia, cui può portare l’equanimità; l’equanimità stabilizza di fronte
all’esaltazione, cui può portare la gioia; la gioia scioglie le fissazioni e il sentimentalismo, cui può portare la compassione; la
compassione inibisce l’attaccamento, cui può portare l’amore (…) É semplice mantenere il cuore aperto e perdersi nella pietà,
immedesimarsi nella sofferenza, nella virtuosa indignazione o rimanere lontanamente distaccati. Apriamo il nostro cuore e ci
perdiamo nei melodrammi, poi meditiamo e riguadagniamo il nostro centro, ritraendoci. Ma se volete aiutare davvero coloro che
soffrono, dovete sviluppare un equilibrio tra cuore e mente stare sull’orlo. Ci vuole tempo per raggiungere l’equilibrio. Alla fine
sarete e avrete la vera compassione, che è la fusione di un cuore aperto e di una mente tranquilla.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Se si dà importanza al dolore, alla morte, agli uomini presi uno per uno, non basta dirsi “in tutti i modi la storia è dolorosa” per
sentirsi autorizzati a lavarsene le mani; non è la stessa cosa che la storia sia più o meno dolorosa (…) Un uomo più un uomo non fa
due uomini, fa sempre uno e uno (…) I sacrificati non torneranno.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Nel momento in cui avrebbe dovuto scegliere fra lo studio e il laboratorio, ha sempre scelto invece i deboli (…) È diventato un uomo
che lotta contro un sovrintendente borghese e professionalmente reazionario, che vuole mantenere chiuse le celle d’isolamento e i
pazienti in camicia di forza. (…) Perché la gente (…) stupida (…) non accetta le verità che rinchiudere una persona malata in un
confino solitario la fa star peggio (…)
E dici a povere donne schiave della stupidità generale di uscire a iscriversi (…) a questo o quest'altro gruppo, qui e là per cercare di
non pensare al fatto che nessuno le ama. (…) E finiscono fra i miei pazienti

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Ogni alleggerimento anche provvisorio della sofferenza è prezioso (…) Ciò che più conta è esaminare i problemi per quello che sono
e non in funzione di etichette. Verità ovvia eppure sempre misconosciuta. La discriminazione non è tra conservatori e riformisti, ma
tra cosa apporta o meno un’oppressione minore (…) È nella natura dell’oppressione di essere colta solo attraverso l’esperienza (…)
Non può essere studiata (…) Insieme allo studio, domanda di essere sperimentata (…) Fin tanto che non ci si pone dalla parte degli
oppressi per sentire con loro, non si può capire.

La peste (A. Camus)
Mai avevano guardato così a lungo l’agonia di un innocente (…) Un uomo non è un’idea (…) un uomo vivo, me ne accorgevo
improvvisamente mentre fino ad allora non avevo pensato a lui che traverso la comoda categoria dell’imputato(…)Sono particolari di
cui non si parla. Non si deve impedire alla brava gente di dormire. Ci vorrebbe del cattivo gusto e il buon gusto consiste nel non
insistere. Ma io non ho potuto dormire bene. Il cattivo gusto mi è rimasto in bocca e io non ho cessato d’insistere, ossia di pensarvi
(…) Ho sentito tanti ragionamenti da farmi girare la testa e che hanno fatto girare altre teste da farle consentire all’assassinio, che ho
preso il partito di parlare e agire chiaramente.

Resurrezione (L. Tolstoj)
Altro è sapere che, in un dato luogo, c’è chi tormenta, corrompe e uccide i propri simili esponendoli a ogni sorta di umiliazioni e
sofferenze; altro è assistervi per mesi consecutivi. E ** ne faceva la prova (…) e, da quanto aveva veduto, gli organi sceglievano, fra
gli uomini liberi, i più nervosi e ardenti che erano anche i meno astuti e , benché non fossero più colpevoli e pericolosi di altri.

Una nuova coscienza (G. Gaber)
Bisognerebbe essere certi solo di ciò che viviamo direttamente.
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Apologia di Socrate (Platone)
Gli uomini desiderano parlare davvero solo di ciò che esula da ciò in cui sono più competenti (…) Bisogna attenersi all’esperienza.

La capra (U. Saba)
Il dolore è eterno, ha una voce e non varia.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Siamo tutti impastati di debolezze ed errori: perdonarci le nostre balordaggini reciprocamente è la prima legge di natura.

F. Basaglia
Non esistono persone normali e non, ma donne e uomini con diversi punti di forza e debolezza ed è compito della società fare in
modo che ognuno possa sentirsi libero, nessuno solo.

Middlemarch (G. Eliot)
La presenza di una natura nobile ci fa vedere le cose in un’altra luce: cominciamo anche noi a rivederle con calma nelle linee generali
e a credere di poter essere visti e giudicati anche noi nella nostra completezza. Questo influsso cominciava a operare su **, che per
molti giorni aveva visto la vita come chi si dibatte calpestato dalla folla e (…) davanti a chi credeva in lui stava recuperando le sue
vecchie qualità.

Diritto di resistenza e nonviolenza (A. Bandinelli) in Ribellarsi è giusto
Questo è un senso non minoritario della nonviolenza (…): rendere visibile e agibile l’alternativa

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
** non era stupido: mancava sì di quella prontezza di spirito che in Sicilia usurpa il nome di intelligenza, ma si rendeva conto della
cosa con lenta solidità e poi non aveva l’impenetrabilità agli affanni altrui comune.

Middlemarch (G. Eliot)
L’indole (…) di Santa Teresa agognava a un’esistenza vissuta nell’epopea (…) Ci sono state molte Terese (…) che non sono riuscite a
vivere epicamente, (…) che forse sono vissute tra un errore e l’altro perché le opportunità che loro si presentarono non erano tali da
far rifulgere la loro grandezza (…) Tentarono di unire pensiero e azione, (…) ma non furono aiutate da una fede condivisa (…) Il loro
fuoco scivolava tra vago ideale (…) e desideri della donna comune, così l’uno era disapprovato come stravagante ubbia, gli altri
come colpevole debolezza (…) ** aveva una mente teoretica, una coscienza vigile e una grande esigenza intellettuale (…)
Considerata intelligente (…) questo epiteto non sarebbe stato usato da lei in circoli la cui terminologia attribuisce a tale parola la
semplice attitudine ad apprendere e ad agire a prescindere dalle doti del carattere. Tutta la sua brama di sapere rientrava nell’ambito
del desiderio di agire per gli altri.

Jane Eyre (C. Brontë)
Passandomi accanto, alzò gli occhi su di me. Che strana luce li animava! (...) Come un eroe mi trasmise nuova forza e dominai la
crisi isterica che stava per travolgermi, mi sorrise passandomi nuovamente accanto. Che sorriso! (…) era l’espressione di una
straordinaria sensibilità e di un vero coraggio; e tuttavia in quel momento portava sul braccio la fascia con su scritto “Disordinata”:
nemmeno un’ora prima ** l’aveva messa a pane e acqua per aver macchiato un esercizio nel ricopiarlo (…) Occhi come quelli di **
possono vedere solo questi minuti difetti e non cogliere l’immenso splendore.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Il mio cuore si rivoltò. Che delitto doveva espiare? Perché la bruciavano viva, mentre intorno a noi tutte queste donne sorridevano?
Riconoscevo che si nutriva di chimere e aveva scelto la pigrizia e la schiavitù. Ma infine non aveva mai fatto male a nessuno. È
sempre per le nostre colpe che paghiamo; soltanto ci sono porte a cui i creditori non bussano mai e altre cui si scagliano. È ingiusto.

G. Leopardi
Virtù e (…) sapere (…) sono motivo di riso.

Il contesto (L. Sciascia)
“Lei è quasi un letterato”. Con tono che voleva essere cattivante ma lasciava trasparire scherzo e disprezzo: che ** aveva quella
malafama tra superiori e colleghi.

Martin Eden (J. London)
Mi avete parlato della mia attività di scrittore come di un’attività infamante.

Un’introduzione a Operette morali di Leopardi
L’uscita del librò provocò molte polemiche circa la negatività del contenuto e il pessimismo dell’autore.

Un’introduzione a Walden di Thoreau
I concittadini di Thoreau lo consideravano un perdigiorno inetto e ne biasimavano molto i sarcasmi sulla “gente”

Nelle terre estreme (J. Krakauer)
“** era un ragazzo molto profondo il cui forte idealismo era difficilmente compatibile con la vita moderna (…) Sono sicuro che
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questo paese è pieno di gente che aveva molto in comune con lui appena arrivata in Alaska, inclusi molti dei suoi oppositori. E forse
è proprio per questo che sono così duri con quel ragazzo, perché gli ricorda troppo il loro io di un tempo” (…) Facile classificare **
nello stereotipo del ragazzo troppo sensibile, del giovane svitato che ha letto troppi libri e manca di un minimo di buonsenso, ma (…)
** non era un irresponsabile scansafatiche, confuso, alla deriva e tormentato dalla disperazione esistenziale. Al contrario, la sua
esistenza brulicava di significati e propositi. Ma il significato che il ragazzo attribuiva alla vita andava oltre un tracciato di comodo:
** diffidava del valore dei traguardi facili (…) Nel tentativo di spiegare il comportamento poco ortodosso di **, alcune persone
hanno attribuito grande importanza al fatto che (…) fosse di bassa statura e che quindi potesse soffrire del “complesso dell’uomo
basso” (…) Altri hanno suggerito (…) un complesso di Edipo irrisolto (…) Questa sorta di psicoanalisi post mortem da due soldi
resta un’impresa dubbia e astratta che inevitabilmente svilisce e banalizza il paziente assente. Molte di queste conclusioni derivano
dalla riduzione dell’inconsueta ricerca spirituale di ** a una mera lista di disordini psicologici prefabbricati (…) La redazione fu
sommersa da tante lettere quante non se ne erano mai viste (…) Lo definivano un idiota imprudente, un folle, un narcisista morto per
arroganza e stupidità e consideravano immeritata l’attenzione riservatagli dai mass media.

Orlando (V. Woolf)
L’amore della natura era innato in ** (…) I giovani ridevano ma il vegliardo restava in silenzio e (…) non cessava di osservare **
(…) Le mostrò le dita della sua mano destra, disseccata dal gelo; le mostrò il piede destro, schiacciato da un masso rotolato dall’alto.
Ecco, le disse, ciò che la Natura infliggeva agli uomini. Allorché lei replicò “così bello però”. Il vecchio si adirò (…) Vedeva che lui
e ** non credevano nelle medesime cose e per quanto saggio e antico fosse, non ci voleva altro per farlo andare in bestia (…) E
quelle meditazioni, siccome ** non poteva comunicarle a nessuno, finivano per farla sospirare (…) “Ah, se potessi scrivere!” (perché
nutriva il pregiudizio della gente che scrive, che un pensiero scritto si comunichi agli altri) (…) Si insospettirono allora più che mai.
Prima di tutto si accorsero che ** era meno diligente e (…) che spesso esitava a lungo prima di rispondere; e in fine, un giorno, un
ragazzo che dormiva si destò in preda al terrore, dicendo di aver sentito gli occhi di lei fissi su di sé. Talora l’intera tribù era invasa da
quel malessere. Esso nasceva dal senso che qualsiasi cosa intraprendessero si riduceva in cenere tra le loro mani. Una vecchia
intrecciava un cesto, un ragazzo scorticava una pecora e tutti e due lavoravano contenti, accompagnandosi con una canzone, ed ecco
che ** entrava, si gettava accanto al fuoco e guardava fisso le fiamme. Non aveva neppure bisogno di guardare dalla loro parte, essi
lo sentivano: là c’è qualcuno che dubita; là c’è qualcuno che non fa le cose per amore delle cose in sé; che non guarda per guardare;
qualcuno che non crede alle pelli di pecora né alle ceste; ma vede, vede qualcos’altro. Allora un’impressione vaga ma oltremodo
sgradevole invadeva a poco a poco il ragazzo e la vecchia. Un’ira sorda si impadroniva di loro. Si auguravano che ** uscisse e non
venisse loro fra i piedi mai più (…) Bastava aprire un libro perché tutto dileguasse in fumo (…) Era nella natura funesta di questo
male sostituire un fantasma alla realtà (…) Il male non l’abbatté (…) Certo, ne fu assai scosso (…) La natura di ** era singolarmente
composita di vari umori: malinconia, indolenza, passione, inclinazione alla solitudine (…) Il gusto per i libri era nato presto (…)
Nessuna passione era più forte in petto all’uomo del desiderio di far pensare gli altri a modo proprio. Nulla offusca tanto il cielo della
sua felicità, nulla lo riempie tanto di furore quanto il sapere che un altro tiene a vili cose di cui egli fa gran conto (…) Non l’amore
della verità, ma la sete di dominio scaglia fazione contro fazione.

Lord Jim (J. Conrad)
Essi dicevano ‘Maledetto pazzo!’ appena voltava le spalle. Era questa la loro critica della squisita sua sensibilità (…)
Era rimasto stupefatto dalla scoperta che aveva fatto – la scoperta di se stesso – (…) e non intendeva affatto diminuirne l’importanza
(…) e qui stava la sua distinzione (…)
Era sopraffatto dall’inesplicabile; era sopraffatto dalla sua stessa personalità – il dono di quel destino che egli aveva fatto del suo
meglio per padroneggiare.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
“Mamma ha detto che ho una mente stramba e che ho letto troppo. Non è vero, ho letto troppo poco” (…)
Era in parte la mancanza di un rito prescritto che l’aveva sempre costretto all’inazione (…) e lo strepito di tutte quelle voci vacue
(…)
Il suo destino era di sottrarsi a ogni ordine sociale o religioso (…) Era destinato a imparare la propria saggezza lontano dagli altri
(…)
“Non temo di rimanere solo (…) o di lasciare quello che devo lasciare. E non ho paura di commettere un errore” (…)
Una voce parlò teneramente al cuore solitario di **, ordinandogli di andare (…)
Sorrise pensando all’immagine del dio (…) Thoth, il dio degli scrittori, che scriveva con un giunco su una tavoletta e portava sulla
stretta testa di ibis il corno di luna nascente (…) Follia. Ma non era per questa follia che stava per abbandonare casa? (…)
Che uccelli erano? (…) Presagio di bene o di male? (…) Pensò che dovevano essere rondini (…) Allora doveva partire, perché erano
uccelli che andavano e venivano (…)
“Dedalus!” (…) come mai prima il suo strano nome gli sembrava profetico (…) E al nome del favoloso artefice gli parve (…) di
vedere un uomo in forma di falco in volo verso il sole (…) dalla sua prigione (…)
Era solo, giovane, risoluto e selvaggio (…) Una ragazza gli stava davanti, (…)Le lunghe sottili nude gambe erano sottili come quelle
di un airone, (…) le gonne blu (…) riunite dietro a coda di colomba. Il seno era come quello di un uccello (…) Era sola, immobile e
guardava lontano (…) senza vergogna (…) serena.

Solitudine, il ritorno a se stessi (A. Storr)
È vero che molti individui creativi (…) sono estremamente isolati. È anche vero che in alcuni casi un trauma (…) indirizza la persona
potenzialmente creativa verso lo sviluppo di quegli aspetti della sua personalità che trovano compimento in una relativa solitudine.
Ciò non significa tuttavia che la ricerca creativa solitaria sia di per sé patologica (…) Facciamo per un attimo l’ipotesi che questi
individui abbiano mostrato da bambini un comportamento di rifiuto, e accettiamo la tesi che tale reazione serva a proteggere il
bambino dalla disorganizzazione del comportamento. Se trasferiamo questo concetto nella vita adulta, ci accorgiamo che il bambino
che ha un atteggiamento di rifiuto può divenire in seguito una persona la cui prima necessità è quella di trovare all’esistenza un
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ordine e un significato che non dipendano completamente, e nemmeno principalmente, dai rapporti con gli altri e dagli altri (come
esempi, riferimenti). Il sapere stare soli è la manifestazione esteriore di un'intima sicurezza che è venuta formandosi durante
l'infanzia (...) Entrare in contatto con i propri pensieri e sentimenti (...) alleggerisce le tensioni e favorisce la salute psichica (...) È
necessario sviluppare nell'uomo la capacità di stare solo (...) Nei manicomi la solitudine è impossibile (...) Le camere d'isolamento
non sono solitudine (...) La solitudine benefica è volontaria (...) I depressi in particolare hanno bisogno di solitudine.

L’io e l’inconscio, parte II, cap. 5 e 2 in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
La società esige l’imitazione o l’identificazione cosciente, ossia che si percorrano riconosciute strade autoritarie (…)
L’individuazione sottrae l’uomo all’unanimità personale e quindi alla collettività (…) Per aver sottratto sé stesso egli deve pagare un
riscatto (…) cioè produrre valori (…) Solamente a colui che crea valori oggettivi è lecito e possibile individuarsi. L’adattamento
interno consente di conquistare le realtà interiori, fonte di quei valori che permettono di riconquistare la collettività. L’individuazione
resta una posa, fintantoché non vengono creati valori positivi (…) Solo pochi ne sono capaci (…) Chi non è sufficientemente creativo
deve scegliersi una società e ricostituire con essa l’unanimità collettiva (…)
Si dice che è egoistico o “malsano” occuparsi di sé, che la propria compagnia è la peggiore, che fa diventar malinconici (…) Ma il
non adattarsi a questo mondo interiore è un’omissione altrettanto gravida di conseguenze quanto l’ignoranza e l’incapacità del mondo
esteriore (…) Poiché le cose del mondo interiore esercitano un’influenza soggettiva su di noi tanto più potente quanto più sono
inconsce, è indispensabile (…) che si obiettivi le azioni dell’Anima e poi si cerchi di sapere su quali contenuti si fondino quelle
azioni (…) L’arte consiste nel lasciar parlare l’invisibile contraddittore (…) senza essere sopraffatti dal disgusto che si può sentire per
un giuoco con se stessi apparentemente così assurdo, o dal (…) dubbio sull’”autenticità” della voce del contraddittore (…) Siamo
talmente avvezzi a identificarci coi pensieri in noi, che ammettiamo sempre di averli fatti noi (…) Meglio (…) considerare (…) certi
pensieri come fatti naturali, così come facciamo coi sogni (…) Occorre (…) obiettività e spregiudicatezza (…) Partendo dal fatto che
sovente nell’affetto si svelano senza volerlo le verità dell’altra parte, è consigliabile giovarsi proprio di un affetto per dar modo
all’altra parte di esprimersi (…) Bisogna esercitare l’arte di parlare a se stessi in stato affettivo e nella cornice di questo, come se
l’affetto medesimo parlasse senza riguardo alla nostra critica ragionevole. Finché l’affetto parla, la critica va trattenuta. Ma quando
ha finito di esporre il suo caso, va criticato coscienziosamente, come se chi ci parla fosse un uomo reale che ci interessa (…) Non
serve a nulla cercare di ingannarsi. Essere scrupolosamente onesti di fronte a se stessi e non anticipare (…) ciò che l’altra parte
potrebbe dire: tali le condizioni indispensabili per questa tecnica di educazione dell’Anima.

Descrizione generale dei tipi in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Considero fondamentalmente errato e svalutativo quel criterio in base al quale l’impostazione introversa viene chiamata (…)
egocentrica o soggettivistica o egoistica. Questo criterio corrisponde al pregiudizio che l’atteggiamento estroverso nutre nei riguardi
della natura dell’introverso. Non si deve dimenticare – come il punto di vista estroverso facilmente dimentica – che l’attività
percettiva e conoscitiva non è condizionata solo dall’oggetto (…) È caratteristico dei criteri estroversi di valutazione della nostra
epoca il fatto che la parola “soggettivo” suoni talvolta quasi come un biasimo (…) Non di fronte all’estroverso, ma di fronte alla
nostra generale concezione generale occidentale del mondo l’introverso si trova in condizioni d’inferiorità, e non certo per una
questione numerica, ma secondo il suo stesso sentimento. Partecipando con convinzione allo stile generale dell’epoca egli si scava la
fossa con le sue mani, giacché lo stile attuale, che riconosce una realtà solo alle cose tangibili e visibili, si oppone al suo principio
(…) I contenuti dell’inconscio collettivo sono rappresentati nella coscienza sotto forma di tendenze e concezioni esplicite (…) Per
l’estroverso rimane un mistero come mai un punto di vista soggettivo possa essere sovrapposto alla situazione oggettiva. Egli finisce
inevitabilmente per supporre che l’introverso sia un egoista presuntuoso o un (…) dottrinario (…) Da parte sua l’introverso con il suo
modo d’esprimersi (…) favorisce (…) l’affermarsi di un simile preconcetto. Inoltre basterebbe la stessa risolutezza e inflessibilità del
giudizio soggettivo (…) a determinare l’impressione di un forte egocentrismo. Manca per lo più all’introverso un argomento efficace
per controbattere questo pregiudizio: egli infatti è completamente all’oscuro circa i presupposti inconsci, e ciò nondimeno
universalmente validi, del suo giudizio (…) In perfetta adesione allo stile dell’epoca, anche egli cerca al di fuori e non dentro alla sua
coscienza (…) L’introverso fornisce nuove concezioni (…) nuovi problemi (…) nuove prospettive (…) L’immagine simbolica
originaria (…) in forma più o meno oscura, è sempre presente al suo sguardo interiore. Questa forma di pensiero (…) mira (…) a una
trasmutazione dell’immagine oscura in idea chiara (…) La sua forza creatrice risiede nel fatto che il pensiero di questo tipo può
generare anche idee che non erano contenute nei fatti esterni e che pure ne costituiscono l’espressione astratta più adeguata
(…)L’intuizione introversa (…) fornisce dati che possono essere di straordinaria importanza per la comprensione degli accadimenti
universali. Essa può persino prevedere (…) gli archetipi che presentano il decorso regolare di tutte le cose accessibili all’esperienza
(…)È necessaria, per questa forma di sentimento, una capacità di espressione verbale o artistica non comune, allo scopo di poter
esprimere esteriormente la sua ricchezza o di poterla comunicare ad altri sia pure approssimativamente (…) Un tale effetto può
essere ottenuto, quantunque sia straordinariamente difficile.

Psicologia e alchimia (C. G. Jung)
La vita, per compiersi, ha bisogno non della perfezione, ma della completezza (…) La totalità è pericolosa… stare vicino a Dio è
stare vicino al fuoco.

Zibaldone (G. Leopardi)
Piccoli spiriti (…) non hanno mai considerato il genio e l’entusiasmo come una superiorità, anzi come una pazzia, come fuoco
giovanile, difetto di prudenza, di esperienza di senno ecc. e si stimano molto più essi, onde non possono provare invidia, perché
nessuno invidia la follia degli altri, bensì compassione, o disprezzo, e anche malevolenza, come a persone che non vogliono pensare
come voi, e come credete che si debba pensare (…) L’immaginazione (…) rende l’uomo infelice per la profondità delle sensazioni
oppure (…) al contrario lo rallegra (…) colla facilità di fermarsi sopra tutti gli oggetti e di abbandonarli e conseguentemente colla
copia delle distrazioni. E ne seguono diversissimi caratteri. Il primo (…) malinconico, profondo nel sentimento e nelle passioni (…)
L’altro (…) leggiero, (…) incostante (…) incapace di (…) durevoli passioni e dolori (…) L’immaginazione profonda (…) racconta
(…) I fanciulli (…) son pieni di distrazioni. Giacché la loro fantasia ha gran facilità di staccarsi subito da un oggetto per attaccarsi a
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un altro. Eccetto alcuni fanciulli d’immaginazione destinata a grandi cose, e a fargli infelici quando saranno maturi, la profondità
della quale (…) li tormenta nella stessa fanciullezza com’è accaduto a me. Ed è notabile come questa profondità della immaginazione
li renda gelosissimi del metodo e del consueto (…) spaventandosi dello straordinario.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Tieni celata la tua solitudine. Non devi attribuire la causa del tuo ritiro al desiderio di attendere alla filosofia o di vivere in quiete:
giustifica diversamente la tua intenzione, parla di salute malferma, di debolezza e peggio ancora di pigrizia (…) Molti (…) ricercano
ciò che è rinchiuso e nascosto (…) Questo è il costume degli ignoranti (…) Raccoglie molta gente intorno a sé chi fa parlare della sua
solitudine.

I cosiddetti sani: la patologia della normalità (E. Fromm)
La teoria dell’adattamento si basa implicitamente su alcune premesse: 1) ogni società in quanto tale è normale; 2) chi non
corrisponde al tipo di personalità gradito alla società deve considerarsi psichicamente malato; 3) il sistema sanitario, in ambito
psichiatrico e psicoterapeutico, ha lo scopo di ricondurre il singolo individuo al livello dell’uomo medio, indipendentemente dal fatto
che questi sia cieco o vedente. L’unica cosa che conta è che l’individuo sia adattato, e che non turbi il contesto sociale (…) Ai fini
non solo del progresso ma della stessa sopravvivenza di qualsiasi società della specie umana, la disponibilità a non adeguarsi risulta
essenziale quanto la tendenza a comportarsi in conformità alle norme (…) Finora nella storia dell’uomo è sempre esistito un conflitto
tra gli interessi dello sviluppo dell’individuo e gli interessi di una data società, e dunque sono sempre esistiti anche due diversi
concetti di salute psichica. Naturalmente i fautori del concetto orientato alla società danno sempre a intendere che esso si identifichi
con quello orientato all’uomo: ciò che è bene, ciò che è il meglio per la società lo è anche per l’uomo. E la maggior parte delle
persone lo crede (…) Si fa per esempio ricorso a una formula: la salute psichica consiste nella capacità dell’uomo di produrre e
riprodurre la propria specie (…) Parafrasare la salute psichica con termini quali lavoro e piacere in realtà non ha alcun senso (…)
Perciò la maggior parte di queste formule generalizzanti serve solo a mascherare il fatto che in realtà (…) stiamo parlando
dell’interesse della società per un determinato funzionamento dell’uomo. La stessa idea si cela dietro la formula in base alla quale la
salute psichica dovrebbe significare l’adattamento dell’uomo alla società. Si pone lo stesso identico problema: è sufficiente chiederci
se sia sano anche un individuo che si adegua a una società malata (…) Per la società è malato chi non funziona più. Sul piano
sentimentale o artistico uno può essere il più grande idiota, non capire nulla ed essere incapace di intendere la realtà, sotto un aspetto
diverso dal guadagnare denaro, ma passa sempre per una persona molto in gamba (…) Chi non prova nulla, chi non ha esperienze
soggettive di nessun tipo, è adattissimo alla nostra società, perché ad essa interessa soltanto controllare le cose e funzionare sul piano
pratico. Ma non è affatto detto che chi funziona goda anche di buona salute.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Secondo Sartre l’uomo (…) è condannato a essere libero (…) Condannato perché non ha creato se stesso, e tuttavia libero (…) Non
esistono né valori eterni né norme a cui possiamo appellarci: per questo è ancora più importante quale scelta facciamo, perché siamo
totalmente responsabili delle nostre azioni (…) L’uomo deve fare la propria scelta e non può, per sottrarsi a quella responsabilità,
affermare che tutti “dobbiamo” lavorare o adeguarci a determinate aspettative borghesi (…) Chi scivola così nella folla anonima è
solo un uomo massificato e impersonale: è in fuga da se stesso e vive una vita di menzogne. La libertà umana ci impone di fare
qualcosa di noi stessi, di esistere “autenticamente” (…) Per Sartre la vita deve avere un significato, ma siamo noi che dobbiamo
crearlo per la nostra vita.

Conversazioni su di me e tutto il resto (W. Allen)
EL: Semplifico troppo, ma mi sembra di poter rintracciare un tema. Non molto tempo fa, parlando di Zelig, sottolineasti il pericolo
che il conformismo sfoci nel fascismo. In Anything Else è come se, in senso figurato, il ragazzo desse retta a un paranoico con le
rotelle fuori posto che crede di essere in contatto con gli extraterrestri. Il messaggio, nemmeno troppo velato, sembra ammonire
rispetto ai pericoli che si corrono non essendo se stessi.
WA: Non hai via di scampo in ogni caso, visto che anche a essere se stessi si va incontro a un mucchio di guai [ride]. Ma almeno ti
senti meglio. È come per un atleta, un pugile: non puoi combattere con le armi dell’avversario e per giunta perdere. Se fai la tua gara
e perdi, pazienza; ma se fai la gara dell’avversario e poi perdi, poi ti senti di merda.
Nel cinema succede spesso. Se ti pieghi a compromessi per inserire nel film qualcosa che non ti appartiene, per compiacere il
pubblico o la critica, per ragioni commerciali o persino per velleità artistiche… se, per un motivo calcolato, accetti una soluzione che
ti lascia perplesso e per giunta fallisci, ti senti veramente male. Se invece vai per la tua strada, seguendo ciò a cui tieni veramente, che
senti, che fai per puro piacere personale, e il film si rivela un disastro, alla fine ti senti sicuramente meglio di come mi sentivo con
Ciao Pussycat, una commedia che sembrava piacere a tutti mentre io la detestavo. Se non ricavi un piacere da ciò che fai, a che
serve? Se un mio film viene stroncato in tutto il mondo, ma a me piace, quanto meno posso dire di averne tratto qualcosa. Se invece
piace al pubblico ma non a me, certo, il cassiere del cinema sarà contento, ma io non ne avrò ricavato alcuna soddisfazione.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Pregiudizio, vanità, calcolo: ecco quello che governa il mondo. Chi non conosce altri princìpi di condotta all’infuori della ragione,
della verità, del sentimento, non ha quasi nulla in comune con la società. È dentro di sé che deve cercare e trovare tutta la sua felicità
(…) Che cosa trova un giovane entrando nel mondo? (…) Se egli ha un carattere abbastanza elevato per (…) governarsi in base ai
propri princìpi, consigliarsi coi propri lumi, col suo animo conformemente alla sua condizione che egli conosce meglio di ogni altro,
subito lo si definisce originale, singolare, ribelle. Ma se egli ha poca intelligenza, poca nobiltà, pochi saldi princìpi, se egli non si
accorge che vogliono proteggerlo, dirigerlo, se egli è strumento in mano di coloro che per primi se ne impadroniscono, ecco che lo
trovano simpatico e, come si usa dire, il miglior ragazzo del mondo (…) Per avere un’esatta cognizione delle cose, bisogna prendere
le parole nel senso propriamente opposto a quello che si dà loro in società. “Misantropo”, ad esempio, vale “filantropo”; “cattivo
francese” si intende per “buon cittadino che mette in evidenza mostruosi abusi”; per “filosofo” si intenderà “uomo semplice che sa
che due più due fan quattro”, ecc. (…) Non si deve saper vivere soltanto con quelli che sono capaci di apprezzarci: questa sarebbe
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l’esigenza di un amor proprio troppo delicato e troppo difficile ad accontentarsi; bisogna fondare la propria vita in armonia con
coloro che sanno aver coscienza del nostro valore.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Lo zoppo è un archetipo antichissimo (…) Lo zoppo è colui che ha incontrato la sofferenza, è meno forte degli altri. Lo zoppo è lo
sciamano. Solo chi conosce la sofferenza può curarla (…) Lo sciamano parla balbettando perché parla contemporaneamente le lingue
dei due mondi (…) Chi è l’eroe? L’eroe spesso è quello che tutti sfottono (…) talmente abituato alla disapprovazione e al disprezzo
che è disposto a subirli ancora pur di non far del male a un proprio simile (…) Per questo i diversi sono stati sempre invisi alle
dittature. I diversi solo i contaminati, i contaminanti (…) L’elenco dei giusti, coloro che durante il nazismo rischiarono la vita per
salvarne altre, è incredibilmente povero di primi della classe (...) La diversità è una risorsa, un'opportunità di crescita (…) Sono le
nostre sconfitte, i nostri difetti, le nostre malattie che ci rendono forti e in grado di resistere.

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CHIESE E GIUSTIZIA (RELIGIONE, GRUPPI, VERITÁ E MORALE)

Diogene Laerzio
La dottrina di Eraclito nelle linee generali è la seguente (…) tutto ciò che esiste è tenuto in armonia dal moto che va da un contrario
all’altro, tutto è pieno di anime e di potenze divine.

Testimonianze su Eraclito (Plutarco)
Empedocle ed Eraclito pongono spesso a fermo rimprovero alla natura di non essere che necessità e conflitto e di non avere in sé
nulla che sia scevro di mescolanza e puro.

Prefazione a Oreste (Euripide)
“Apollo è ingiusto, sterminatore ed empio". Così la soggezione agli dèi, qualunque cosa essi siano, si converte alla ribellione contro
il divino immorale: è ancora l’aspirazione di Euripide alla purificazione del divino.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Sembra che la natura si serva degli uomini per i suoi scopi, senza riguardo agli strumenti che adopera: un po’ come fanno i tiranni che
si liberano di coloro dei quali si sono serviti.

Il Paradiso perduto (J. Milton)
Una sola, incarnata, eterna essenza son colla morte: né solo io, ma tutta la sciagurata mia stirpe futura! O bella eredità che vi
tramando, Figli miei! Consumarla almen potessi tutta intera io medesimo e non lasciarne parte alcuna per voi. Diseredati, come
benedireste il padre antico, anzi che maledirlo sciagurato che la morte vi lega! E gli innocenti castigati verran per la mia colpa? Tutta
una stirpe per l’error d’un solo? Ma prole che non sia corrotta (…) uscir potria dalle mie reni infette e immacolata presentarsi
all’Eterno? (…)
Del bene? Che di più giusto e di più santo? Del mal? Perché celarlo ove parola vuota non sia? Palese, agevol opra, vi saria l’evitarlo.
Iddio per tanto punir non vi potrebbe, ed esser giusto. Or se giusto non è, non è più Dio, né temuto, obbedito esser vi debbe (…)
Perché disdetta vi fu la pianta del saver? Fu solo per cingervi di tema e d’ignoranza, per avervi in eterno umili e schiavi adoratori
(…)
Tai divieti non si denno attener. Che se la morte ne’ suoi modi ci stringe, a che varria la nostra ultima libertà? (…)
Un incognito ben non si possiede (…)
E Dio potrebbe struggere l’opra sua? (…) Ma se noi distruggesse, il suo nemico rinfacciargli sapria: - Mal certa è sempre la grazia di
color che sopra gli altri Dio favoreggia (…) Qual materia di scherno a quel superbo non darebbe il Signor?

Lo straniero misterioso (M. Twain)
Un Dio che poteva, con la stessa facilità, creare dei figli buoni o cattivi, eppure ha preferito farli cattivi: che (…) ha fatto sì che
amassero la vita e avaramente le ha imposto un breve limite; che ha donato ai suoi angeli la felicità eterna senza che ne avessero
merito, eppure ha imposto agli altri suoi figli di guadagnarsela; che ha dato ai suoi angeli una vita immune dal dolore, ma ha
maledetto gli altri suoi figli con penose sofferenze e malattie della mente e del corpo; che (…) proclama le Auree Regole e il perdono
moltiplicato settanta volte sette e ha inventato l’inferno; che predica la morale agli altri e, Lui, ne è privo; che si adira di fronte alle
colpe, eppure le commette tutte; che ha creato l’uomo senza esserne richiesto e poi tenta di far cadere sull’uomo la responsabilità
degli atti umani invece di attribuirli a chi spettano, cioè a se stesso; e infine, con ottusità caratteristicamente divina, invita questo
povero schiavo, offeso e schernito, ad adorarlo… Capisci, ora, che tutte queste cose sono impossibili: tranne che in sogno. Capisci
che sono pure follie, follie infantili, le assurde creazioni di un’immaginazione inconsapevole delle sue pecche.

Avere o essere (E. Fromm)
La Chiesa dovette fin quasi dall’inizio adattarsi a un ordine sociale (…) che esigeva, per poter funzionare, l’assoluta obbedienza degli
individui alle leggi (…) In che misura le leggi siano oppressive fa scarsa differenza per quanto riguarda la questione fondamentale: la
gente deve imparare a temere l’autorità (…) Dà una garanzia sufficiente per l’adeguato funzionamento dello Stato (…) l’attribuire
alla disobbedienza una qualità morale e religiosa (…) Anche la Chiesa aveva bisogno di credenti che lo Stato avesse addestrato alla
virtù dell’obbedienza (…)Non è necessario comprovare che la storia dell’Europa è una vicenda di conquista, sfruttamento, uso della
forza, soggiogamento (…) Sovente si è giunti sino al genocidio, come nel caso degli indiani d’America, e dal novero non vanno
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escluse nemmeno imprese religiose come le crociate (…) Forse che i mercanti di schiavi, i dominatori dell’India, gli sterminatori di
pellirosse, gli inglesi che hanno obbligato i cinesi ad aprire il loro paese all’importazione di oppio, gli istigatori delle due guerre
mondiali e coloro che preparano la prossima, erano tutti in cuor loro cristiani? (…) Basta, per convincersene, pensare
all’irrefrenabile, folle entusiasmo con cui la gente ha partecipato alle varie guerre dei due ultimi secoli, cioè alla prontezza di cui
hanno dato prova milioni di esseri umani a rischiare il suicidio collettivo allo scopo di difendere l’immagine della “potenza più forte”
ovvero dell’”onore”, oppure i profitti (…) Se tutto questo risponde al vero, perché gli europei e gli americani non abbandonano il
cristianesimo in quanto non adatto ai tempi nostri? Se non lo fanno, è per vari motivi; a esempio, il fatto che l’ideologia religiosa sia
necessaria per impedire alla gente di abbandonare la disciplina, in tal modo mettendo a repentaglio la coesione sociale. Ma c’è un
motivo ancora più importante (…) possono rovesciare questa credenze, darne una versione alienata, e convincersi che è Gesù ad
amare per essi (…) La fede cristiana costituisce anche un paludamento a buon mercato per la propria cupidigia. Infine ritengo che
negli esseri umani il bisogno di amare sia così profondamente radicato, che comportarsi da lupi induce necessariamente alla
coscienza colpevole. La nostra conclamata credenza nell’amore ci anestetizza, entro certi limiti, al sentimento inconscio di colpa che
deriva dal fatto di essere interamente senza amore (…)Trasformando il cristianesimo in una religione rigorosamente patriarcale, è
stato possibile continuare a dare espressione alla religione industriale secondo la terminologia cristiana.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Pe r Max Weber le premesse culturali del capitalismo si trovano nella particolare etica religiosa dei protestanti, un sitema di credenze
che approva (...) la crezione di ricchezza (come una sorta di vocazione), la capacità di guadagno (come un segno della propria
predestinazione all salvezza).
Voce Wikipedia su Diocleziano
Il passaggio dall’acclamazione militare alla santificazione divina mirava a privare l’esercito del potere di scegliere gli imperatori e di
influire nei meccanismi di successione imperiale; la legittimazione religiosa elevò Diocleziano e Massimiano al di sopra dei
potenziali rivali con un’efficacia che né il potere militare né le rivendicazioni dinastiche potevano vantare.

Introduzione a Il buon senso di Holbach (Edizione Garzanti)
Le religioni primitive, proprio perché nate dalla paura e da bisogno irrazionale di espiare e rabbonire una Divinità facile all’ira (…)
sono intessute di superstizioni feroci (…) Sullo stacco prevale la continuità: le religioni attualmente professate dai popoli “civili”
recano immutata la sostanza barbarica, feroce, incolta della psicologia e della mentalità selvagge.

Il problema dei tipi nella poesia “Prometeo ed Epimeteo” di Carl Spittaler in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Poiché la posizione intermedia di conciliazione degli opposti ha carattere irrazionale (…), essa appare proiettata (…) Per le nostre
forme religiose occidentali, più primitive dal punto di vista conoscitivo, la nuova possibilità di vita appare come dio o redentore, il
quale per amore o per sollecitudine paterna, ma anche per propria decisione interiore, elimina il dissidio quando e come, per motivi a
noi ignoti, a lui piace. Il carattere infantile di questa concezione è evidente. L’Oriente (…) sposta la via della redenzione nel campo
delle intenzioni umane: (…) un sentiero intermedio (…) raggiungibile mediante un atteggiamento cosciente (…) Questo sentiero
intermedio, significa una completa obbedienza alle leggi fondamentali della natura umana (…) Noi siamo ancora così immaturi che
abbiamo bisogno di leggi dall’esterno e di chi ci tenga a freno con la ferula (ossia di un padre) per poter sapere che cosa è bene e per
poter agire rettamente. Ed è perché siamo ancora così barbari che crediamo che la fiducia nelle legge della natura umana e della via
umana sia una specie di naturalismo pericoloso e immorale (…) Non vi è moralità senza libertà (…) Per poter essere liberi è
necessario (…) che il fondamento e la forza determinante della moralità siano avvertiti e sentiti dall’individuo come elementi
costitutivi della sua stessa natura e non come limitazioni esteriori (…) e ciò attraverso il conflitto degli opposti.

Risposta a Giobbe in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Giobbe (…) attende aiuto da Dio contro Dio (…) Il dolore di Giobbe non finisce mai e si moltiplica milioni di volte. Io non posso
ignorarlo (…) Speriamo che non ci si sia già dimenticati di quel che è accaduto in Germania e di quel che accade ogni giorno in
Russia (…) Menzogna, ingiustizia, schiavismo e genocidio hanno non soltanto sommerso gran parte dell’Europa, ma regnano ancora
(…) Che ne dice un Dio benevolo e onnipotente? (…)La numinosità dell’oggetto rende più difficile il sottoporlo a delle operazioni
del pensiero, in quanto finisce con l’avervi sempre parte anche l’affettività (…) Si avverte il dubbio come (…) sgradevole (…) È
comprensibile che un’intelligenza ingenua riveli una propensione a sfuggire a tali problemi (…) come un sacrificium intellectus, ma
se questa persona d’intelligenza ingenua preferisce non leggere il Salmo 89, (…) se preferisce sottrarsi alla difficoltà, le cose non
finiranno a quel modo. Chi imbroglia una volta lo farà di nuovo, e soprattutto per quanto riguarda la conoscenza di sé. Quest’ultima,
però, nella forma dell’esame di coscienza, è imposta dall’etica cristiana (…) Mi sembra che faccia la volontà di Dio soltanto colui
che cerca di realizzare la sua natura umana e non colui che fugge davanti a questo fatto scandaloso che è l’”uomo” (…) Comunque
vadano le cose, certe domande devono essere poste e certe risposte devono essere date apertamente (…) Il comportamento di Yahwèh
nei confronti delle sue creature contraddice a tutte le esigenze della cosiddetta “ragione” divina, il cui possesso dovrebbe
differenziare l’uomo dall’animale (…) Che genere di Padre è questo che preferisce massacrare il figlio piuttosto che perdonare
magnanimamente alle sue creature mal consigliate e pervertite dal suo Satana? (…) Yahwèh ha una tendenza a impiegare mezzi quali
l’uccisione del figlio e del primogenito sia come prova sia per far valere la sua volontà, per quanto la sua onniscienza e la sua
onnipotenza rendano del tutto inutili tali spaventose procedure e inoltre venga con ciò fornito un pessimo esempio ai potenti della
terra (…) E chiunque (…) si senta indotto dallo Spirito Santo ad abbracciare opinioni divergenti (…) verrà (…) sterminato, del tutto
secondo il gusto di Satana (…) Yahwèh (…) sino alla ricomparsa della Sophia (…) è un “essere cosciente semplicemente percettivo”
(…) Il fatto che la coscienza non compia atti di pensiero non significa che questi non esistano. Essi si svolgono semplicemente in
maniera inconscia (…) Yahwèh è un essere (…) incosciente, (…) che non si può giudicare in base a criteri morali: (…) è un
fenomeno (…) Ci si è resi conto solo molto tardi (e ci si occupa ancora oggi della cosa) che Dio è la pura e semplice realtà (…) La
dualità della natura di Yahwèh è divenuta manifesta. (…) Appena si lascia sussistere l’opposizione tra Dio e uomo, si giunge (…) alla
conclusione cristiana (…) [tutto il bene procede da Dio, tutto il male dall’uomo] (…) assurdamente (…) Nell’estasi di Giovanni (…)
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si imputa all’uomo il versante oscuro di Dio, che nel libro di Giobbe era ancora collocato al suo posto giusto (…) Dov’è dunque
finito il lato tenebroso di Dio grazie al quale Satana sfugge continuamente alla punizione meritata? (…) Giovanni predica il
messaggio dell’amore che scaccia la paura. Ma (…) annuncia (…) l’anticristo. Il suo atteggiamento cosciente è ortodosso, ma egli ha
il presentimento del male (…) Giovanni è un po’ troppo sicuro e rischia perciò una dissociazione. In tali circostanze si crea infatti
nell’inconscio un’opposizione che può talvolta irrompere nel conscio sotto forma di rivelazione (…) Egli deve escludere tutti i
sentimenti negativi e, grazie a una mancanza (…) di autoriflessione (…) crea (…) una vasta rete di risentimenti (…) destinati a
irrompere un giorno nella coscienza (…) Una vera orgia, di collera, di vendetta e di cieca frenesia di distruzione (…) Questo “Cristo”
apocalittico si comporta come un boss di cattivo umore e conscio del suo potere, che assomiglia perfettamente all’”ombra” di un
vescovo che predichi l’amore (…) Lo “Spirito di Verità” (…) esercita delle azioni che non solo confermano quanto semplicemente
esiste, bensì conducono pure al di là di ciò. Così, già nelle affermazioni di Cristo esistono indicazioni d’idee che si spingono oltre,
(…) ad esempio la parabola dell’intendente infedele (…) e anche il fatto (…) che Cristo vuol fare proprio di Pietro, che possiede (…)
un carattere instabile, la pietra e il fondamento della sua Chiesa. Questi mi sembrano tratti che alludono a un’inclusione del male in
una prospettiva morale differenziante (…) Come (…) la (…) costatazione che il diavolo (…) resta ancora il “signore di questo
mondo” (…) È questa la ragione per cui lo “Spirito di Verità” turba l’inconscio dell’uomo e suscita (…) l’Apocalisse di Giovanni.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Sempre essere all’inferno, mai essere in cielo; sempre essere escluso dalla presenza di Dio, mai godere la visione beatifica; (…)
sempre supplicare gridando, dal fondo dell’abisso di fuoco, Dio per un istante, un istante solo, di tregua da quell’atroce agonia, mai
ricevere, nemmeno per un istante, il perdono di Dio; sempre soffrire, mai godere; sempre essere dannato, mai salvo; sempre, mai;
sempre, mai. (…) Un’eternità (…) infinita (…) infinito tormento fisico e spirituale (…) senza un attimo di pausa, (…) un’agonia di
intensità illimitata, di un tormento infinitamente vario, di una tortura che eternamente conserva ciò che eternamente divora, di
un’angoscia che strazia per sempre lo spirito mentre sevizia la carne, un’eternità, ogni istante della quale è esso stesso un’eternità di
dolore. Tale è il (…) castigo, decretato per coloro che muoiono in peccato mortale di un Dio onnipotente e giusto. Sì, un Dio giusto!
Se il creatore onnipotente potesse porre fine a tutto il male e la miseria del mondo, alle guerre, alle malattie, alle rapine, ai delitti, ai
morti, agli assassinii, a condizione di lasciare passare un solo peccato veniale impunito, una bugia, uno sguardo adirato, un attimo di
pigrizia intenzionale, Egli, il grande Dio onnipotente, non potrebbe farlo, perché il peccato, sia esso di pensiero o di atto, è una
trasgressione alla Sua legge e Dio non sarebbe Dio, se non punisse il trasgressore. Un peccato, un istante di ribelle orgoglio
dell’intelletto, fece cadere dalla loro gloria Lucifero e un terzo delle coorti angeliche. Un peccato, un istante di follia e di debolezza,
cacciò Adamo ed Eva dall’Eden e portò la morte e la sofferenza nel mondo. Per riscattare le conseguenze di quel peccato il figlio
unigenito di Dio (…) soffrì (…) appeso per tre ore alla croce…

L’Anticristo (F. Nietzsche)
Non ci si deve lasciar fuorviare: “Non giudicate!” dicono, ma mandano all’inferno tutti coloro che ostacolano loro il passo.
Lasciando che sia Dio a giudicare, sono loro stessi a giudicare; glorificando Dio, glorificano se stessi (…) Questa fu la più calamitosa
specie di megalomania mai esistita (…) Arrogarsi i concetti di “Dio”, “verità”, “luce”, “spirito”, “amore”, “saggezza”, “vita” (…)
quasi che solo il cristiano fosse il senso, il sale, la misura, e anche il giudizio finale di tutto il resto (…) “Non sapete voi che i santi
giudicheranno il mondo? E se il mondo deve essere giudicato da voi, non siete voi idonei abbastanza a giudicare cose minori?”
(Paolo I Corinzi, 6,2) Purtroppo non è solo il discorso di uno psicopatico… Questo spaventoso impostore prosegue testualmente:
“Non sapete, che noi giudicheremo gli angeli? Quanto più dunque giudicheremo dei beni temporali!” (…) Se si vuole, per noi stessi,
essere “eletti da Dio” – oppure un “tempio di Dio”, oppure “giudici degli angeli” -, ogni altro principio di elezione, fondato, per
esempio, sulla rettitudine, sullo spirito, sulla virilità e sulla fierezza, sulla bellezza e libertà di cuore, è semplicemente “mondo” – il
male in sé.

I Masnadieri (F. Schiller)
Questo sollecito padre (...) ci giudica con una scrollata di spalle (...) Al loro Dio della mansuetudine, offrono sacrifici umani (...)
Maledizione a voi farisei, falsi e spergiuri, pappagalli della divinità (...) Vi vantate d'onestà e di condotta esemplare, e quel Dio, che
sa bene chi siete, dovrebbe sdegnarsi con il Creatore, ma deve tacere perché proprio lui ha creato questo mostro del Nilo (...) Fiducia,
ingenuità, e non ho trovato soccorso (...) Quando ho chiesto aiuto all'umanità, gli uomini hanno voltato le spalle (...) Impossibile ora
far tornare indietro il destino (...) Un peccatore può ritornare fanciullo? Il delitto si paga (...) Quando Iddio mi voleva, non ero pronto.
Ora io sono pronto, ma è troppo tardi.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Singolare bene universale, composto del mal della pietra, della gotta, di tutti i crimini, di tutte le sofferenze, della morte e della
dannazione!

I Fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Che cosa può riparare l’inferno, quando quei bambini sono già stati torturati? E quale armonia potrà esserci se c’è l’inferno? Io
voglio perdonare e voglio abbracciare, ma non voglio che si continui a soffrire. E se la sofferenza dei bambini servisse a raggiungere
la somma delle sofferenze necessarie all’acquisto della verità, allora io dichiaro in anticipo che la verità non vale un prezzo così alto.
Non voglio che la madre abbracci l’aguzzino che ha fatto dilaniare il figlio dai cani! Non deve osare! Che perdoni a nome suo se
vuole, per il suo cuore di madre afflitto, ma non deve osare perdonare per quelle sofferenze, neanche se il bambino stesso gliele
avesse perdonate! E se le cose stanno così, se essi non oseranno perdonare, dove va a finire l’armonia? Non voglio l’armonia. È per
l’amore dell’umanità che non la voglio. Hanno fissato un prezzo troppo alto per l’armonia. E se sono un uomo onesto sono tenuto a
rifiutare il biglietto d’entrata al più presto (…)
Dimmelo tu, immagina che tocchi a te innalzare l’edificio del destino umano allo scopo finale di rendere gli uomini felici e di dare
loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per far questo sia necessario torturare almeno un piccolo esserino, accetteresti di
essere l’architetto a queste condizioni? (…)
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Che colpa ha l’anima debole che non ha avuto la fortuna di accogliere doni tremendi? Può essere che Gesù sia venuto solo per gli
eletti, ma allora questo è un mistero e non si può capirlo e non è allora il libero arbitrio, non è l’amore a contare, ma il mistero a cui
sottomettersi ciecamente a dispetto della stessa coscienza (…)
(Dal manoscritto dello starec): Eretici bruciavano ogni giorno (…) All’inferno bruciano quelli che continuano a essere fieri (…)
vogliono che Dio distrugga il suo creato (…)All’inferno i suicidi (…) non ci sarebbe nulla di eroico nel loro amore ormai (…) Tutto
ciò che vive, tutto ciò che è cresciuto in te è vivo esclusivamente in virtù del contatto con altri mondi misteriosi (…) Sottomissione e
umiliazione (…)
(Dal poema di Ivan): Ci sono tre poteri sulla terra che possono sconfiggere e soggiogare la coscienza di deboli e ribelli: essi sono il
miracolo, il mistero e l’autorità (…) Tu , Cristo, non volevi l’amore spontaneo, gli entusiasmi servili dello schiavo (…) Questi sono
uomini ribelli, deboli (…) ribelli come ragazzini… uomini ribelli fieri di ribellarsi.

Cuore di tenebra (J. Conrad)
Che brutta cosa la vita – questo misterioso congegnarsi di implacabile logica in vista di uno scopo tanto futile. Il più che se ne possa
sperare è una certa qual conoscenza di se stessi – che giunge troppo tardi – e una massa di inestinguibili rimpianti. Ho lottato con la
morte. È la contesa meno eclatante che immaginare si possa. Ha luogo in un grigiore impalpabile là dove non s’ha più nulla sotto i
piedi, nulla tutt’attorno: senza spettatori, senza clamori, senza gloria; senza un gran desiderio di vincere e senza gran paura della
sconfitta (in un atmosfera malaticcia di scetticismo tepido, senza una gran fede nel proprio diritto, e ancor meno in quelli
dell’avversario. Se questa è la forma superiore della conoscenza, allora la vita è un enigma ancor più oscuro su quanto non vogliano
credere certuni. Io mi son trovato a un capello dall’occasione estrema di pronunciarmi e mi sono avvisto con umiliazione che
probabilmente non ho nulla da dire).

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
La spietata tribuna della Chiesa fanatica persecutrice di bambini a cercare in quegli esserini terrorizzati il più piccolo segno del
“peccato” (…) Si dovrà creare nuova polvere coltivando menti aperte e libere (…) La mente continuava a spingere e, insieme, a tirare
indietro con forza e la lama si è spezzata (…) Se la mente è divisa, il coltello si romperà (…) Ogni volta che apriamo una finestra con
il coltello, la lama genera uno spettro e la polvere si disperde (…) Un daimon può vivere pienamente solo nel mondo in cui è nato
(…) Questo è il senso per la vita, anche se non c’è (…) Siamo legati a tutto nel mondo (…) e il mondo vuole trattenere la polvere
(…) La polvere non si disperde più, attirata da loro, (…) che non sono più bambini (…) Le finestre sugli altri mondi devono essere
chiuse (…) Una finestra può restare aperta, quella per (…) dissolversi nel mondo (…) Ci sono altri modi di viaggiare: (…) non un
creare cose ma modi diversi di vedere.

La lama sottile (P. Pullman)
Nella storia del mondo due poteri: l’uno ci vuole sottomessi a un’autorità eterna, l’altro sempre più saggi, indipendenti e forti.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Diciamolo, nel Vangelo ci sono molti luoghi comuni.

Cristiani: da martiri a persecutori (M. Firpo) dal sito del monastero di Fonte Avellana
Si potrebbero elencare i luoghi evangelici che nel corso della storia hanno offerto contrastanti argomenti ai (pochi) fautori del rifiuto
di ogni violenza in materia religiosa, così come ai sostenitori del contrario e cioè al diritto-dovere di imporre agli altri la vera fede
-qualunque essa sia - di cui ci si erge a interpreti e tutori (...) Con i decreti conciliari una precisa ortodossia dottrinale si imponeva
come legge dello Stato . Il codice teodosiano del 438 sancì definitivamente questa criminalizzazione del dissenso religioso. Nel
frattempo le tenaci resistenze pagane diventavano oggetto di crociata e di conquista (…) In meno di ottant’anni la Chiesa dei martiri
si trasformò nella chiesa dei persecutori, le pecorelle di Cristo si riconobbero nei fautori di un’aggressiva teocrazia e la frattura fra la
città di Dio e la città dell’uomo teorizzata da S. Agostino venne ricomponendosi nella cornice asimmetrica di un potere civile fattosi
sacro e di una Chiesa fattasi potere (ma fonte della propria e dell’altrui sacralità), i cui rapporti strutturalmente conflittuali sarebbero
stati ridefiniti senza tregua dalle vicende storiche (e dai teologi) dei secoli futuri. Grandi e decisive vicende di secoli lontani, senza
dubbio, che tuttavia aiutano a comprendere alcuni aspetti dell’odierno riproporsi, pur in forma diversa, di una concezione ierocratica
della Chiesa, con conseguenze preoccupanti, a cominciare dalla violazione della libertà di coscienza dei fedeli in nome del rispetto
dei supremi interessi legati ai valori non negoziabili.

http://www.slideshare.com/guida-alla-scelta-dei-libri-per-bambini-e-ragazzi
Anche il grande disprezzo per i nani e il divertirsi a loro spese è ricalcato su vicende del passato: addirittura fino all’epoca
rinascimentale la Chiesa tollerò la pratica disumana di far crescere in gabbie persone normali per arrestarne e distorcerne la crescita e
poi esibirle a chiunque avesse il gusto dello strano e del mostruoso, mentre in diversi romanzi ambientati nel Medioevo si trovano
strani nani a corte trattati quasi come giullari oltre che come servi (ad esempio in Il talismano di Scott il nano è brutto, deforme e
dagli occhi scaltri e inquietanti come Tyron, sebbene, a differenza di quest’ultimo, sia pazzo).

Il drago come realtà (S. De Mari)
Le teocrazie calpestano ogni aspetto umano, anche l’amore per i figli. Nel tredicesimo secolo migliaia di bambini sono stati strappati
alle loro case e mandati a fare la guerra santa, a liberare Gerusalemme: molti sono morti nella strade tedesche e italiane, moltissimi
sono stati venduti come schiavi (…) Le crociate dei bambini furono innumerevoli (…) Il Medio Oriente è pieno di bambini
fotografati mentre sono vestiti da martiri con la fascia e la cintura di esplosivo.

Frammenti (Eraclito)
Si purificano lordandosi con altro sangue, come chi, per detergere il fango si cacciasse nel fango, che ogni uomo lo riterrebbe pazzo,
se lo vedesse far questo. E rivolgono preghiere a queste statue, come chi conversasse con i muri, senza sapere chi sono gli dèi, né chi
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sono gli eroi.

Il Re Sole (L. de Saint-Simon)
Il re in questa materia, come su molte altre cose, non ne sapeva più di un fanciullo. I gesuiti sapevano bene con chi avevan da fare.
Essi erano nel grado di confessori del re e distributori dei benefici, di cui tenevano la lista: l’ambizione dei cortigiani e il timore che
quell’ordine ispirava ai ministri avevano dato loro in ciò mano libera (…) Fu facile persuadere il re (…) che chiunque parlasse in
modo diverso da loro era un giansenista e che giansenista voleva dire nemico del re e della sua autorità (…) Così essi riuscirono a
disperdere persone illustri (…) Ma il giansenismo (…) sembrava utile ai gesuiti solo in mancanza di qualcosa di meglio (…) quando,
dopo qualche intervallo, potessero presentarlo di nuovo con il fascino di una certa novità (…) Gli dipinsero allora gli ugonotti con i
colori più neri (…) Il ministro Lavois, avido di guerra (…) si rallegrò (…) La revoca dell’editto di Nantes, senza il minimo pretesto
né alcun bisogno e le proscrizioni successive furono i frutti di quel complotto che spopolò un quarto del regno (…) lo abbandonò al
saccheggio (…) e autorizzò tormenti e supplizi (…) a migliaia (…) e diede al mondo lo spettacolo d’un sì numeroso popolo
fuggiasco senza aver commesso alcun delitto (…) di gente spesso in gran stima, gente usa agli agi, debole e delicata, nelle prigioni e
letteralmente sotto il bastone dei Comitati e (…) forzata alla conversione e alla comunione (…) Quasi tutti i vescovi si prestarono
(…) e mandarono le liste dei convertiti alla corte per esserne più considerati e ricompensati. Gli intendenti delle province, coi loro
dragoni, (…) i governatori, i luogotenenti generali e (…) i signori nelle loro terre (…) non persero l’occasione (…) e si distinsero a
gara per assecondare i vescovi (…) La Francia intera era piena di orrore e confusione e mai tanto gaudio e lodi a corte! Il monarca
non s’era mai creduto così grande davanti agli uomini né così prossimo davanti a Dio alla riparazione dello scandalo della sua vita
(…) Roma (…) non aveva un tempo avuto vergogna di esaltare la notte di San Bartolomeo fino a farne pubbliche processioni di
ringraziamento a Dio e a impiegare i più grandi artisti per dipingere in Vaticano quelle gesta esecrabili.

Zibaldone (G. Leopardi)
Una barbarie pagana (…) avrebbe dato (…) a quei costumi un carattere meno profondo. Ma le menti erano piene di (…) cristiana
(…) superstizione; (…) forme metafisiche e astratte; (…) gli antichi vizi (…) erano più naturali, e quantunque gravi e dannosi,
tuttavia si soddisfacevano apertamente, o al più sotto un velo di politica superficialissimo (…) E la natura è un gran contravveleno
(…) La barbarie de’ tempi bassi non era una rozzezza primitiva, ma una corruzione del buono, perciò dannosissima e funestissima
(…) I popoli abituati (…) alla speranza di beni d’un’altra vita, divengono inetti per questa (…) Laonde si può dire generalmente
anche astraendo dal dispotismo, che il cristianesimo ha contribuito non poco a distruggere il bello il grande il vivo il vario di questo
mondo (…) Paragonate ora queste conseguenze, a quelle della religione antica, secondo cui questa era la patria, e l’altro mondo
l’esilio.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Gli uomini della Convenzione si ritenevano i più indulgenti degli uomini: buoni padri di famiglia, buoni figli, buoni mariti,
conducevano a passeggio i figlioletti; facevano loro da nutrice; piangevano di tenerezza davanti ai loro ingenui giochi; prendevano
dolcemente tra le braccia quegli agnellini per far vedere loro il cavalluccio delle carrette che trasportavano le vittime al supplizio.
Cantavano la natura, la pace, la pietà, la beneficienza, il candore, le virtù domestiche; con sensibilità estrema questi bacchettoni della
filantropia facevano tagliare il collo ai loro vicini. Per una maggiore felicità del genere umano.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Gesù non istituì né monaci né inquisitori (…) Montesquieu dice che gli Sciti accecavano i loro schiavi, perché, nel fare il burro, si
distraessero meno: altrettanto fa l’inquisizione (…) Voler essere libero: delitto, questo, di lesa maestà divina e umana…

I cosiddetti sani: la patologia della normalità (E. Fromm)
Se le istituzioni e i capi vogliono dominare gli uomini, l’arma ideologica più efficace di cui possano servirsi è quella di convincere
l’individuo che non può seguire la propria volontà e il proprio intuito, perché sono entrambi guidati dal demonio che è in lui.

Fraternità difficile (H. Boll) in Ribellarsi è giusto
Il potere si fonda sulla proprietà e poggia ancora sulla Trinità Stato – Esercito – Chiesa. Nei Paesi ostili alla Chiesa un dogmatico e
inquisitorio apparato di partito ha creato nuove prelature; anche là la vecchia Trinità è stata ricostruita.

Il fascismo (I. Silone)
In epoca fascista la religione cattolica divenne religione di Stato, cancellando la politica di tolleranza e apertura alle diverse
convinzioni e fedi attivata dal governo liberale.

Caratteri e aneddoti (N. de Chamfort)
Ascoltai una volta un bigotto che parlando contro chi mette in discussione gli articoli della fede, disse ingenuamente: “Signori, un
vero cristiano non sta a esaminare quello che gli si ordina di credere. Guardate, è come per una pillola amara: se la masticate non
potrete mai inghiottirla”.

Le libere donne di Magliano (M. Tobino)
Le suore quando commentano liberamente e secondo il proprio animo e cervello (…) parlano con sicurezza ma con quella umana
veemenza disposta al ragionamento e alla persuasione. Come la superiore ha stabilito cosa devono pensare allora diventano (…)
fedelissimi soldati, capaci di dimenticare ogni altro e vedere soltanto la verità del loro esercito, liete di ogni cosa per quello e amiche.

Brisingr (C. Paolini)
Sarebbe stato bello allontanare i dubbi e le paure e sapere che, per quanto orribile potesse sembrare il mondo a volte, la vita non era
solo mera confusione. Avrebbe voluto essere certo che la sua vera essenza non sarebbe svanita nel nulla se anche una spada gli avesse
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mozzato la testa e che prima o poi avrebbe incontrato di nuovo **, *** e tutti quelli a cui aveva voluto bene e che aveva perduto.
Sentì crescere dentro di sé un disperato desiderio di speranza e conforto, che lo disorientò e gli fece tremare le gambe. Eppure… Una
parte di lui era riluttante ad abbracciare le divinità (…) e a far dipendere la propria identità e il proprio benessere da qualcosa che non
capiva. Faticava anche ad accettare che, se esistevano delle divinità, quelle (…) fossero le uniche.

Eldest (C. Paolini)
“Morte, malattia, povertà, tirannia, e altri innumerevoli calamità affliggono la terra: se questa è opera di esseri divini, non sarebbe
giusto allora ribellarsi e negare loro rispetto, obbedienza e devozione?” (…) “Possiamo essere buoni l’uno con l’altro per scelta, e
perché è la cosa giusta da fare, invece che per paura di una punizione. Non ti dirò in che cosa credere, **. È molto meglio insegnarti a
pensare criticamente per poi lasciare a te la scelta, invece che imbottirti di convinzioni altrui” (…) Non ignorare la realtà per trovare
conforto, perché altrimenti rendi più facile agli altri ingannarti.

Inheritance (C. Paolini)
Deporre i suoi problemi ai piedi di un essere più grande di lui e affidargli il suo destino sarebbe stato un sollievo. Gli avrebbe
permesso di accettare la sorte che gli era toccata, e quella delle persone che amava, con maggiore serenità, perché non sarebbe più
stato responsabile del futuro. Ma (…) non riuscì a formulare la preghiera: la vita degli altri ora dipendeva da lui, volente o nolente, e
non sarebbe stato giusto scaricare quel peso su qualcun altro, fosse anche un dio, o l’idea di un dio.

La cedola falsa (L. Tolstoj)
Aveva seguito il corso completo all’Accademia Ecclesiastica e perciò non credeva più da tempo a quanto andava professando e
predicando, credeva soltanto alla necessità che tutti si costringessero a credere in ciò in cui lui stesso si costringeva a credere (…)
Quanto più condannava la mancanza di fede, tanto più si convinceva della saldezza e dell’incrollabilità della fede che professava e
tanto meno avvertiva l’esigenza di verificarla o di vivere come essa comandava. Quella fede che tutti nel suo ambiente gli
riconoscevano diventava per lui il principale strumento di lotta contro chi la rinnegava.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
E così la sua risoluzione di farsi pedagogo fu da una parte l’inizio di una specie d’educazione postuma dei compagni di scuola che
l’avevano tormentato, dall’altra quello di una educazione dello spirito maligno o del dio irregolare che forse albergava ancora nel suo
petto. Ma se dunque non sapeva bene fino a che punto era credente, comprese però subito che era nemico dei non credenti, e imparò
a pensare con convinzione che era convinto e che tutti devono esserlo. All’Università imparò tanto meglio a riconoscere le debolezze
dello spirito troppo abbandonato alla libertà, quanto meno si rendeva conto che la libertà è condizione necessaria agli spiriti creatori.

Introduzione al Manuale di Epitteto (Edizione Einaudi)
Che si tratti del desiderio di una carica, di ricchezze, viaggi o erudizione (…), il desiderio di ciò che non dipende da noi ci obbliga, in
un modo o nell’altro, a essere schiavi di colui che può procurarci ciò che desideriamo e a umiliarci davanti a lui. Il pensiero della
morte ci fa comprendere che si deve vivere liberi da tutti (…) Il saggio si impegna solo in ciò che dipende da lui.

La risacca della frontiera: Mark Twain (V. L. Parrington)
Ella aveva intrapreso una lotta eroica contro le organizzate menzogne, finzioni e perfidie di un’epoca sordida; era inevitabile dovesse
morire sul rogo. Che altra ricompensa ci si poteva attendere da vescovi, re e simili prodotti del demonio? (…) Nessun salvatore può
aiutare il popolo finché esso non è cresciuto a dignità umana; e quel giorno non avrà bisogno di altro salvatore che se stesso.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Sia che credesse a quanto c’era di logica nel discorso, oppure, come credono i bambini, all’intonazione convinta e sincera o alla
tranquillità che irradiava dalla sua persona, fatto sta che ora desiderava credere e credeva (…) tra immagini confuse e gioiose di
chissà che (…) All’improvviso si sentì ridicolo.

I sette pilastri della saggezza (T. E. Lawrence)
Ignobile e sudicia propaganda: (…) modificava lo spirito della massa e ne volgeva a un fine prefisso i cambiamenti di umore. Con
l’individuo aveva forme di comprensione e di umanità che con emozioni artificiosamente suscitate annullavano ogni sua sequenza di
pensiero logica e naturale (…)
Un gesto, una parola, bastavano per muoverli (…) I nostri discorsi erano diretti a risuscitare in loro correnti nascoste di pensieri,
perché il loro entusiasmo nascesse spontaneo e le loro conclusioni fossero originali, non suggerite da noi.

I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Un “realista” vero, se non è credente, troverà sempre la forza e la capacità di non credere neanche nel miracolo. L’apostolo Tommaso
(…) fu il miracolo a costringerlo a credere? Credette, perché voleva credere e forse già credeva nel profondo del cuore quando diceva
“non crederò”.

http://www.slideshare.com/riflessioni-sulla-fede-religiosa
Bisogna pure accettare che Dostoevskij aveva ragione quando scrisse che non esiste miracolo acclamato che non possa essere
razionalmente spiegato e a anche riconoscere che l'onestà impone di ammettere ciò che di più preciso al riguardo scrissero Jung e
altri: i cosiddetti miracoli si possono ricondurre a ipnosi, fenomeni allucinatori individuali visivi, olfattivi o di altro tipo (la visione
della madonna, la sensazione di una presenza, un profumo) o con quelle allucinazioni collettive che si possono verificare anche in
animali (casi noti sono accaduti a pecore ad esempio) e in contesti non religiosi come ad sempio in emergenze di alta montagna o per
effetto di funghi (un caso celebre è quello della visione da parte di molte persone riunite di un movimento rotatorio del sole), con
somatizzazioni di genere particolare (stigmate, ecc.) e con fenomeni nevrotici e proiezioni di ripetute attività mentali su altre menti o
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sulla materia anch'essi possibili in contesti variabili (convinzioni circa guarigioni, misticismo, atmosfera di certi luoghi di preghiera e
culto, ecc.) e per convincersene basta pensare alla dinamica di certi incidenti e forse ai poteri accertati di alcuni yogi e questo quando
siano escluse manomissioni e frodi (forse, se è stato compiuto uno sforzo per dimostrarne la veridicità, è il caso delle statuette o di
altri manufatti religiosi sanguinanti). E credo sia evidente cosa si celi dietro alcune affermazioni deliranti circa miracoli osservati
personalmente e in solitudine spiegabili facilmente da chi è dotato di appena un po' di buon senso (ad esempio un profumo di rose in
centro città trasportato dal vento o una nuvola di forma vagamente antropomorfa a Medjugorje), eventi banali mistificati
testardamente anche da persone dotate di un titolo di studio non basso e apparentemente normali e comuni soprattutto se facenti parte
di gruppi e movimenti religiosi o di facciata religiosa (...) Gli psichiatri hanno osservato che quando si subisce un grave tradimento
da parte di qualcuno in cui si aveva davvero fiducia si finisce spesso col perdere del tutto la fede religiosa, qualsiasi personalità si
abbia e qualsiasi sia stata la natura di quella viva fede ("ma cosa sa il cuore?!" scriveva lo stesso cattolicissimo Manzoni). E non c'è
fede nata da preghiere esaudite che regga alla scoperta che la legge di attrazione ottiene ad atei e amorali lo stesso. Perfino gli Esp e
gli stati detti post mortem sono riconducibili a esperienze umane spiegabili e non dimostrano affatto l'esistenza degli aldilà delle
varie rappresentazioni religiose: stati di grande calma e/o abnorme felicità si sperimemtano, almeno a detta di Dostoevskij, anche in
caso di epilessia, nell'ultimo stadio della morte per fame, dopo infezione da Rabbia poco prima della morte cui essa porta chi non può
curarla e forse in altre situazioni ancora e queste esperienze possono essere ricondotte a stati di alterazione dei neuroni e ad un
rilassamento dei nervi come incipit di un distacco definitivo; la luce e le altre dolci o strane e ricorrenti immagini vedute da persone
ritenute morte e da quelle in coma non sono state riportate da tutti loro ma solo in quelli di loro in cui è stata accertata una discreta
tendenza al sogno; non dovrebbe stupire e tanto meno far gridare al miracolo nemmeno che alcune persone dotate di coscienza
abbiano vissuto l'esperienza spirituale del "tunnel" in cui si ricorda o vive il dolore causato (rimando alle descrizioni online), dato che
è senz'altro legittimo che esistano molte diverse forme di manifestazione della coscienza e che essa è una forma di energia
dell'inconscio ineliminabile perchè necessaria all'esistenza umana (a causa della sua funazione regolatrice e di bilanciamento); infine
gli errori nell'accertamento di morte cerebrale sono spiegabili con l'impossibilità più volte ribadita dalla scienza di comprendere
appieno il funzionamento del cervello e pertanto non si può parlare propriamente di un ritorno alla vita da un oltrevita (...)
In ogni caso chi ha letto con attenzione anche soltanto la storia biblica di Giobbe e i salmi e ricorda gli accenni della Bibbia a un dio
nascosto e misterioso non può non sorridere al "Credo" che si ascolta recitare spesso a pappagallo alle messe cattoliche e che lascia
inspiegati male e sfortuna. Ogni obbiettiva osservazione personale e quella raccolta in molti libri portano a concludere che le leggi
principali che regolano la realtà siano quelle del bilanciamento tra opposti eccessi di qualunque genere (anche di virtù) e tra genitori e
figli quando questi ultimi non vogliano o non possano vivere come i genitori, quella di attrazione tra simili (animali, oggetti,
comportamenti, incontri ed altri eventi e probabilmente anche le particelle studiate della meccanica quantistica ne sono tutti guidati),
quella che alimenta gli autoritari sforzi di chi vuole reprimere conoscenza e autonomia individuali e quella sorta da un opposto
impulso dell'inconscio che porta a progredire nella conoscenza personale e quindi anche nell'emancipazione dal subire passivamente
o con troppa amarezza e confusione queste leggi ineluttabili che determinano i destini umani (un sapere che è conseguenza e non
scopo del processo della vita e da ottenere tra impulsi contrastanti, nevorsi e limiti materiali che quasi annullano del tutto la
potenziale o iniziale libertà di scelta e ad un prezzo troppo alto in termini di sofferenza immeritata del più debole). E si può chiedersi
se alla legge di compensazione tra genitori e figli non sia da ricondurre anche quella per cui alcuni individui sembrano destinati a non
pagare alcun eccesso al punto da terminare con morti prive di dolore una vita lunga e facile quanto pressochè criminale (capita
abbastanza spesso di riscontrare casi simili). Io ne deduco che delira chiunque non ammetta che armonia e giustizia sono miraggi e
immagina che tali leggi eterne si sovvertano alla propria morte o ne metta in dubbio l'esistenza (da Eraclito alle moderne psicologia,
neurologia e scienza moderne ed attuali non si è mai mancato di evidenziarle e commentarle). Chi è onesto deve ammettere che i
sogni restano menzogne anche se sono vividi e li si ama, che ciò che è utile e conviene ad alcuni non ha nulla a che vedere con la
verità, che la forza rinnovatrice dell'ideale è la stessa per ogni sorta di sogno e ambizione, che si può riconoscere l'esistenza
dell'iniziativa autonoma da parte dell'inconscio e delle altre esperienze connesse alla spiritualità senza abbandonare il regno
dell'immanenza e che quindi non si arriva affatto al nocciolo della questione affermando che la fede è un dono divino agli eletti e che
dio è una verità scoperta dal cuore (non o non solo dalla ragione).
Il castello (F. Kafka)
Quando una questione è da molto tempo sul tappeto può accadere, anche prima del termine della deliberazione, che in un punto
imprevisto e più indeterminabile, si abbia un’improvvisa e fulminea soluzione, la quale liquida la faccenda in modo (…) arbitrario. Si
direbbe che l’organismo amministrativo non possa più sopportare la tensione, l’eccitazione subita durante lunghi anni per colpa di
quell’affare (…) Naturalmente non è accaduto un miracolo.

Postfazione a Tu sei il mondo (Osho)
Maturare significa far propri gli interrogativi che affiorano spontaneamente in noi, perché parte della nostra natura di esseri umani in
evoluzione e assumersene la responsabilità (…) A volte per nostra sfortuna, troviamo una risposta che ci acquieta, che lenisce un po’
la nostra ansia, frenando così una ricerca che sarebbe bene non ostacolare, ma vivere fino in fondo. Accettare intimamente, pur
muovendosi a tentoni, brancolando in un buio atavico, senza sapere cosa può essere utile e cosa danneggiarci irreparabilmente:
rischiare, inciampare, cadere, andare fuori strada sono parte del nostro percorso di vita. Alla base di quel perenne rimuginare, sembra
esserci la ricerca della pace, di una quiete in cui potersi finalmente immergere; ecco perché facilmente stanchi, travolti dal perenne
turbinare che caratterizza il nostro agire, identifichiamo la quiete con una sorta di rigidità cadaverica, dove nulla più si muove e
quella diventa la nostra più segreta aspirazione; (…) dimentichiamo che la quiete reale è l’occhio del ciclone: una cristallizzazione
cosciente all’interno di un’assoluta fluidità.

Avere o essere (E. Fromm)
La conoscenza, pertanto, ha inizio con la demolizione delle illusioni (…) Gesù afferma: “La verità vi farà liberi” (…) Per [lui] lo
scopo della conoscenza non è la certezza dell’assoluta verità (…)Sotto il profilo religioso, politico o personale, il concetto di fede può
assumere due significati completamente diversi, secondo come è usato, se nel senso dell’avere o in quello dell’essere. Nel quadro
della prima modalità, la fede è il possesso di una risposta per la quale manca ogni prova razionale (…) Essa rappresenta il biglietto
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d’ingresso per unirsi a un vasto gruppo, e solleva chi ne è in possesso del gravoso compito di pensare da solo e di prendere decisioni.
Si diventa cioè dei beati possidentes, i felici detentori della vera fede. Secondo la modalità dell’avere, questa conferisce certezza;
proclama di fornire una conoscenza definitiva, incrollabile, credibile per il fatto che il potere di coloro che promulgano e difendono la
fede sembra anch’esso incrollabile (…) L’idolo può essere lodato quale Signore di misericordia, ma in suo nome può venire
commessa qualsiasi crudeltà, esattamente come la fede alienata (…)Non dovremmo considerare la nostra conoscenza come un
possesso, grazie al quale sentirci al sicuro e che ci conferisca la coscienza della nostra identità (…)La conoscenza non dovrebbe
assumere la qualità di un dogma che ci rende schiavi.

L’Anticristo (F. Nietzsche)
Il prete conosce solo un grande pericolo, la scienza (…) Basta con i medici! Un salvatore ci vuole (…) La premessa della conoscenza
è distrutta (…) Il servizio della verità è il più duro dei servizi (…) La fede rende beati: quindi mente (…) Già il dubbio è peccato (…)
Contrassegno del teologo è la sua incapacità in ordine alla filologia. Per filologia qui, in un senso assai generale, si deve intendere
l’arte di leggere bene – di saper cogliere i fatti, senza falsarli con l’interpretazione, senza perdere, nell’ansia di capire, la prudenza, la
pazienza, la finezza (…) Come? Fa differenza per il valore di una causa il fatto che qualcuno per essa rinunci alla vita? (…) La croce
è dunque un argomento? (…) Quand’anche uno attraversasse il fuoco per la propria dottrina – che cosa dimostra ciò! È vero piuttosto
che dal proprio rogo viene la propria dottrina (…) Non lasciamoci fuorviare: i grandi spiriti sono degli scettici (…) I fanatici sono
pittoreschi, l’umanità preferisce veder gesticolare, piuttosto che sentire ragioni…(…) Io chiamo bugia il non voler vedere qualcosa
che si vede (…) La bugia più comune è quella con cui si mente a se stessi (…) L’uomo di fazione diviene di necessità bugiardo (…)
Anche Kant era sulla stessa strada, col suo imperativo categorico: la sua ragione si fece così pratica (…) L’uomo da se stesso non
può sapere (…) Un simile sillogismo pretesco non è in alcun modo solo giudaico e cristiano; il diritto alla menzogna e la furbizia
della “rivelazione” sono proprie del tipo-prete (…) I metodi, si deve dirlo dieci volte, sono l’essenziale, anche la cosa più difficile,
anche quella che ha più a lungo contro di sé abitudini e pigrizie (…) Lo sguardo aperto alla realtà, la mano prudente, la pazienza e la
serietà nelle più piccole cose, l’intera rettitudine della conoscenza.

Avventura di un povero cristiano (I. Silone)
S.C.: Lo spirito santo si era dunque sbagliato?
F.L.: No. Egli è infallibile. E perché non ammettere che anche questa abdicazione sia stata ispirata da lui? Ma non è lo Spirito Santo
che detta la scelta del Papa?
P.C.: Ma si vede che da quell’orecchio i cardinali adesso non ci sentono.

Detti e frecce in Il crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
E che? L’uomo è solo un errore di Dio? O Dio è solo un errore dell’uomo? (…) Star seduti è appunto il peccato dello Spirito Santo.
Solo i pensieri che hanno camminato hanno valore.

Voce Wikipedia su Costantino
Gli stessi vescovi, infatti, sollecitavano continuamente l’intervento dell’imperatore per la corretta applicazione delle decisioni dei
concili, per la convocazione dei sinodi e anche per la definizione di controversie teologiche: ogni successo di una fazione comportava
la deposizione e l’esilio dei capi della fazione opposta, con i metodi tipici della lotta politica.

Voce Wikipedia su Giuliano l’Apostata
Seppure la tolleranza religiosa era conforme alle esigenze del suo spirito, è probabile che nei confronti del cristianesimo Giuliano
avesse calcolato che “la tolleranza favorisse le dispute tra i cristiani (…) L’esperienza gli aveva insegnato che non ci sono belve più
pericolose per gli uomini di quanto non siano spesso i cristiani nei confronti dei loro correligionari”.

Racconto Grazia in Gente di Dublino (J. Joyce)
Ci sono stati dei cattivi papi (…) ma la cosa che stupisce è che nessuno di loro ha mai predicato ex cathedra una parola di falsa
dottrina (…) L’infallibilità del Papa è il fenomeno più straordinario di tutta la storia della Chiesa. Nel sacro collegio dei cardinali
ecc., ce n’erano due di parere contrario (…) cocciutamente si opponevano finché a un certo punto il Papa stesso si alzò e dichiarò
l’infallibilità ex cathedra.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Tutti i concili sono infallibili, non c’è dubbio (…) Troviamo nel supplemento al concilio di Nicea che i Padri, essendo molto
imbarazzati a distinguere quali erano i libri crifi o apocrifi dell’Antico e del Nuovo Testamento, li misero tutti alla rinfusa su un
altare: quelli non autentici caddero per terra. È un gran peccato che questa bella ricetta sia andata perduta.

Il castello (F. Kafka)
Uno dei princìpi che regolano il lavoro dell’amministrazione è che non si deve mai contemplare la possibilità di uno sbaglio.

Cristiani: da martiri a persecutori (M. Firpo) nel sito dei monaci di Fonte Avellana
Ancora il Sillabo di Pio IX nel 1864 aveva definito la libertà di coscienza “delirio e libertà di perdizione” (…) I teologi hanno usato
la Bibbia per far dire a Dio ciò che le contingenze politiche rendevano opportuno. Dai pogrom antiebraici alle Torri di New York non
si contano le schiere di legittimati da qualche autorità.

Sua Santità (G. Nuzzi)
Di quanti compromessi è il risultato l’”eternità” della Chiesa (…) È evidente che in curia permane ancora oggi una volontà omissiva
sui fatti (…) Una ragion di Stato (…) ipoteca ogni cambiamento (…) L’ipocrisia in Vaticano regna incontrastata. Gli scandali si
moltiplicano: (…) quello della pedofilia, (…) la nuova inchiesta per riciclaggio allo Ior, la banca vaticana, lo scandalo dei Legionari
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di Cristo taciuto per anni, la vicenda delle case di Propaganda Fide, le strategie a tenaglia di Comunione e Liberazione, il suicidio di
Mario Cal, che guidava con Don Verzè l’ospedale San Raffaele a Milano, (…) le guerre intestine con vittime illustri come il
giornalista Dino Boffo, direttore di “Avvenire”, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, (…) la strage delle guardie svizzere,
il caso di Emanuela Orlandi, (…) l’Ambrosiano, con l’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus e la maxitangente Enimont riciclata nella
banca dei papi, (…) la congiura contro monsignor Viganò, cacciato perché stava colpendo una cricca (…) Nemmeno si prende in
considerazione né si riflette sulle verità giudiziarie emerse negli anni su certi monsignori e porporati (…) come (…) per l’omicidio
del banchiere Roberto Calvi (…) Cosa Nostra (…) impiegava il Banco Ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di
riciclaggio (…) Fino al 2010 questo reato non era nemmeno contemplato (…) Ciò di cui non si parla tende a ripetersi.

Donna Moderna
Putin accolto dal Papa a Roma come un imperatore a dispetto della sua sistematica violazione dei diritti civili. Basta un contratto
miliardario per chiudere gli occhi.

Sostiene Pereira (A. Tabucchi)
Le alte gerarchie del clero hanno preso la decisione di mandare una lettera aperta ai vescovi del mondo, come se i vescovi di tutto il
mondo fossero dei fascistoni come loro, e dicono che migliaia di cristiani in Spagna hanno preso le armi per salvare i principi della
religione. Bernanos ha scritto dei massacri dei franchisti; il Vaticano non lo può sopportare perché lui è un vero testimone.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
I preti hanno un’esperienza secolare nell’arte di rendere la croce innocua.

L’eredità cristiana (I. Silone)
L’utopia è la contropartita dei compromessi (…) è il rimorso dell’istituzione (…) La storia dell’utopia è la storia di una speranza
sempre delusa ma tenace. Nessuna critica razionale può sradicarla ed è importante saper riconoscerla anche sotto connotati diversi
(…) Stando fuori, sottratto alla suggestione mentale della società chiusa e respirando aria libera, il limitato dissenso è gradualmente
esteso all’impalcatura. Quel che nella mente rimane, si estende fuori di ogni chiesa o partito, non può essere dichiarato in forma di
credo (…) ed è come demitizzato, ridotto alla sua sostanza morale.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Supponiamo che per illuminare le classi subalterne si sia impiegato un quarto del tempo e delle attenzioni utilizzati per abbrutirle;
supponiamo che invece di metter loro per le mani un catechismo di assurda e incomprensibile metafisica se ne fosse fatto uno adatto
a contenere i princìpi fondamentali dei diritti e dei doveri degli uomini (…) Supponete che invece di predicare loro questa dottrina
della pazienza, della sofferenza, dell’abnegazione del proprio io e della degradazione, tanto utile agli usurpatori, si fosse predicata
loro quella di conoscere e difendere i loro diritti e doveri.

R. M. Rilke
Ho molti fratelli in abito talare (…) e so come vadano sognando madonne umane. Ma io ho dentro un dio tenebroso, un groviglio di
mille radici intente a suggere linfa in silenzio. Da quel tepore sboccio e mi sollevo. Non so altro perché i miei rami dormono in quella
fonda oscurità.

Walden o la vita nei boschi (H. Thoreau)
La maggior parte di ciò che i miei concittadini stimano buono, io credo con tutta l’anima che sia invece cattivo (…) Io sento una voce
irresistibile che mi invita ad allontanarmi da tutto ciò (…) Quando Fetonte, che voleva mostrare la sua nascita divina con la
beneficienza, ebbe il cocchio del sole, per una sola giornata e uscì dalla strada solita, arse molti (…) Se sapessi con sicurezza che un
uomo sta venendo da me per farmi del bene, correrei a mettermi in salvo (…) Vorrei che ciascuno fosse così accorto da trovare e
seguire la propria strada, non quella di suo padre, sua madre o un suo vicino (…) È solo avendo un punto fisso che si può essere
saggi, come il marinaio o schiavo fuggiasco che fissa sempre la stella polare; ma ciò è una guida sufficiente per tutta la vita.
Possiamo non arrivare in porto nel tempo stabilito, ma seguiremo il vero cammino.

Le avventure di Huckleberry Finn (M. Twain)
Era inutile provare a comportarmi da persona perbene (…) Mi fermo a pensarci sopra e mi dico: “be’, immagina un momento che
facevi il tuo dovere e consegnavi ** a quei due; forse che adesso ti sentivi più contento?” “No,” – mi rispondo subito. (…) A cosa
può servire cercare di comportarsi bene, quando far bene costa tanta fatica, e invece far male viene così naturale, e infine uno si trova
sempre lo stesso? (…) Così che decido che non mi volevo più rompere più la testa con tante storie, ma che d’ora in poi facevo
sempre quello (…) che mi veniva più naturale (…)
La coscienza cominciava a tormentarmi (…) mentre io favorivo la fuga del negro di una povera vecchia (…) Qualcosa dentro di me
continua a dirmi: “Eppure c’era la scuola di religione e tu potevi andarci. E se ci andavi, ti insegnavano che la gente che fa come hai
fatto tu con quel negro va a finire nella pece bollente!” Avevo tanta paura, che mi sentivo i brividi. E avevo mezzo deciso di mettermi
a pregare, per vedere se mi riusciva di piantarla lì di essere come che ero e diventare un po’ meglio. Così mi inginocchio ma non mi
viene fatto di trovare una parola adatta. E perché? Perché era inutile cercare di contare ancora delle storie a Lui. E neppure di contarle
a me (…) Cercavo di forzare la mia bocca a dire che volevo essere onesto e scrivere alla padrona di quel negro e dirle dove era
nascosto, ma giù in fondo al cuore sapevo che erano tutte storie (…) Mi pare di vedere ** e (…) non mi pare di riuscire mai a
volergli male anzi (…) Tremavo tutto perché dovevo decidere, e per sempre, tra due cose e lo sapevo bene. Ci penso sopra un minuto,
che quasi non riesco a respirare, e poi mi dico: “E va bene, vuol dire che vado all’inferno”. (…) Erano dei pensieri da far paura, delle
parole anche peggio, ma ormai le avevo dette. E le lasciavo dette e non ci penso neanche più un minuto a cambiare. Via dalla testa
ogni idea che mai avevo avuto (…) non sono fatto per fare la persona perbene. E tanto per cominciare, mi metterò subito al lavoro
per rubare ** un’altra volta, e, se mi salta in testa qualcosa di peggio, faccio anche quello (…) La coscienza non ha molto buon senso
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e ci tormenta sempre, anche se si è innocenti (…) Prende più posto dentro un uomo di tutto il resto, la coscienza, e non serve a un bel
niente!

Del tutto personale (M. Gazzè)
Forse è meglio non andare mai oltre le mani o perdere tempo con le illusioni. Forse un giorno mi sono distratto e ho perso la vista la
fede e una preghiera a memoria.

C'è chi dice no (V. Rossi)
C'è qualcuno che non sa più cos'è un uomo (...) Tanta gente è convinta che ci sia nell'aldilà chissà cosa e chissà quanta gente
comunque ci sarà che si accontenterà (...) C'è chi dice no io sono un uomo (...) C'è chi dice qua, c'è chi dice là, io non mi muovo.

Autobiografia (B. Franklin)
La setta dei **, a mio avviso, adottò misure più sagge (…) Uno degli iniziatori (…), al mio consiglio di mettere un punto fermo a
qualsiasi calunnia col mettere per iscritto gli articoli di fede e le regole della loro disciplina, ribatté con questa affermazione: “I nostri
princìpi sono andati migliorando nel tempo e gli errori diminuendo. Il fatto adesso è che non siamo sicuri di essere arrivati alla fine di
questa progressione, cioè alla perfezione della conoscenza spirituale e teologica; temiamo anzi che se dovessimo mettere per iscritto
e stampare la nostra professione di fede, ci sentiremmo costretti e confinati, e forse non vorremmo nemmeno più prestare attenzione
alla possibilità di ulteriori miglioramenti; i nostri successori, quindi, sarebbero anche più maldisposti di noi, poiché considererebbero
l’operato dei loro padri e fondatori come qualcosa di sacro, da cui sarebbe errato discostarsi.

Buddha
Non credete a ciò che avete udito; non credete alle tradizioni solo perché sono state tramandate per generazioni; non credete in
qualcosa perché ne è corsa voce o molti ne hanno parlato, non credete perché vi viene citata un’affermazione scritta di qualche antico
saggio; non credete nelle congetture, non credete a ciò che considerate vero perché vi ci siete attaccati per abitudine. Non credete
all’autorità dei vostri maestri o degli anziani. Dopo osservazioni e analisi, quando la verità che avete trovato si accorda con la ragione
e contribuisce al bene e al miglioramento, allora accettatela, praticatela e vivete secondo essa

Tu sei il mondo (Osho)
Le conoscenze di oggi saranno inutili domani. Ogni conoscenza, nel momento in cui la acquisisci, è già vecchia. Per cui io non cerco
di trasmetterti alcuna conoscenza, ma di creare ricettività (…) capacità di imparare (…) prontezza a rispondere alla vita (…)
L’esistenza non si adatta ad alcun concetto, ad alcuna teoria. Se un cristiano viene da me, ci saranno problemi, ci sarà confusione,
perché ha già il suo cristianesimo. Mi ascolterà solo attraverso quel filtro e separerà di continuo quello che è in accordo e quello che
non lo è. Pensa di essere già arrivato. E cercherà di valutare se io ho ragione o no. Ci sarà confusione. Se non ti sei ancora realizzato,
se la tua conoscenza è fittizia e riconosci il fatto che non si tratta di reale conoscenza, ma di informazioni che hai raccolto qui e là, e
che di fondo sei ignorante, allora metti da parte le informazioni. Io non ti do una conoscenza specifica. Ti do la capacità di conoscere
(…) Tu pensi di sapere un mucchio di cose e non sai nulla (…) Lascia che questa domanda diventi la tua meditazione: che cosa so
davvero? (…) E non cercare di barare (…) Se qualcosa è reale, non potrà non creare confusione, perché la realtà è così vasta che
contiene contraddizioni. E se qualcosa è molto chiaro, stai attento! Sarà una finzione (…) Solo le cose morte sono chiare (…) Una
persona è apertura. Chi può dire cosa sarai domani? (…) Dimentica completamente la chiarezza. La confusione è caotica, certo… fa
paura, ma è anche un’avventura, una sfida. Accetta la sfida e vai. Non prestare troppa attenzione alla confusione. Concentrati sulla
felicità. Dovunque ci sia felicità, c’è anche dio. Ascoltala, dunque (…) Se ti conduce al caos, va bene. Dalle il benvenuto, perché
dovunque ti conduca, ti porterà a dio (…) Continua a eliminare, finché non arriverai a qualcosa che sai e anche se non troverai nulla
non preoccuparti (…) Chi potrà confonderti, se non sai nulla? (…) Se non sai, ascolterai e (…) esisteranno la curiosità, uno stimolo a
cercare, un richiamo, un’invocazione, un’avventura.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Credere non serve a niente. Intuire.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Quel che ho imparato, non lo so più. Il poco che so ancora, l’ho intuìto (…) Ciò che meglio sappiamo è: 1. quel che abbiamo intuìto;
2. quel che si è imparato dall’esperienza degli uomini e delle cose; 3. quel che si è imparato non nei libri ma dai libri, vale a dire a
mezzo delle riflessioni da essi generate; 4. quel che abbiamo imparato nei libri o dagli insegnanti.

Walden o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Era stato istruito solo in quella maniera innocente e inefficace con la quale i preti cattolici istruiscono gli aborigeni e per cui il
fanciullo non è mai educato fino al grado della credenza e della riverenza; un bambino, in tal maniera, non è fatto uomo, ma
mantenuto qual è.

Uscita di sicurezza ( I. Silone)
Il meccanismo mortifero è sempre lo stesso: ogni gruppo sorge in difesa di un ideale, ma strada facendo si identifica con esso e poi vi
si sostituisce, ponendo al vertice di tutti i valori il proprio interesse (…) Servirsi degli oppressi come sgabello per il potere e poi
tradirli è indubbiamente il più iniquo dei sacrilegi. A un certo punto smettono di contare gli iscritti e conta solo l’apparato (…) Ogni
organismo di umanità coatta attorno al principio di autorità implica una buona dose di doppiezza. Il sincero che conservi per miracolo
il nativo spirito critico e persista ad applicarlo anche in buona fede, si espone alle penose e contraddittorie traversie del non
conformista e, prima di consumare la definitiva sottomissione o l’abiura liberatrice, deve soffrire ogni specie di triboli. La
demoralizzazione sofferta tra ambiguità e reticenze e la diffidenza verso i più proclivi a capitolare a ogni pretesa, finisce col produrre
l’effetto che chi protesta e viene espulso o se ne va si trova ad agire in condizioni confuse e penose senza possibilità di esprimersi sul
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vero fondo della questione e senza rendersi conto pienamente delle conseguenze (…) Magari, spinto dal risentimento verso l’ingiusto
trattamento, si troverà spinto a gesti e parole che sembreranno darne una giustificazione postuma. La diffamazione spesso è graduata
dalla pericolosità della vittima, come arma polemica per neutralizzare un’eventuale azione disgregatrice (…) con versioni alternate a
seconda ch i discorsi siano piaciuti o no (…) Finchè egli si muove nella medesima sfera psicologica dell’autorità con cui è in
conflitto può illudersi comunque che il proprio dissenso sia limitato in nome di comuni principi, delle origini; ma più tardi, liberato
da ogni vincolo, se l’assisterà il coraggio di risalire dagli effetti alle cause, egli si renderà conto che la sua insofferenza obbediva a
motivi ben più oscuri e i dogmi gli appariranno in tutt’altra luce (…) Per finire ci si libera (…) come si guarisce da una nevrosi. (…)
Su certi spiriti pavidi, fosche previsioni di isolamento hanno un effetto intimidatorio. Ho ritrovato un giusto rapporto con gli altri solo
dopo l’uscita (…) Si sbaglia di grosso chi chiede di uscire dalla solitudine accettando di figurare in raduni (…) La vera solitudine è
quella prodotta dalla menzogna (…) Un sentimento di reale compresenza degli altri in noi stessi è un fatto intimo della coscienza.

Crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
La pia fraus, retaggio di tutti i filosofi e i sacerdoti che “resero migliore” l’umanità. Né Manu, né Platone, né Confucio, né i maestri
ebrei e cristiani hanno mai dubitato del proprio diritto a mentire. Essi non hanno dubitato di ben altri diritti… Con una formula si
potrebbe dire: tutti i mezzi grazie ai quali sinora l’umanità ha dovuto essere resa morale, erano fondamentalmente immorali.

Lo spirito di parte in L’influenza delle passioni sulla felicità (Madame de Stael)
Non sentono, non vedono (…) Con due o tre ragionamenti fan fronte a tutte le obiezioni; e quando non persuadono, non sanno far
altro che ricorrere alla persecuzione (…) Si stabiliscono relazioni affettive e di riconoscenza soltanto tra persone della medesima
opinione (…) Perfino i crimini di quelli che condividono la vostra opinione non vi separano da loro (…) Lo spirito di parte non
conosce rimorsi (…) Le impressioni non partono più dagli oggetti verso di sé, (…) ma è l’occhio a disegnare la forma invece di
ricevere l’immagine (…) Lo spirito di parte è una passione che non conosce equilibri: quanto si trova sulla sua strada deve essere
sacrificato alla sua meta (…) Tutto è assoluto, perché nulla è reale (…) Ha trovato l’unico modo di annientare la pietà: presenta la
sventura attuale come strumento di un avvenire (…) Le parole più nobili vengono disonorate, i ragionamenti più giusti privati di
logica, i sentimenti più veri opposti l’uno all’altro (…) Il caos (…) confonde (….) il delitto e la virtù (…) La reputazione non ha più
nessun rapporto con il merito reale (…) L’ingiustizia scoraggia la ricerca della verità (…) Ci si lega alle opinioni come a dei
giuramenti.

Cuore di tenebra (J. Conrad)
La menzogna mi atterrisce. C’è in essa un lezzo di morte, un alito di corruzione, che è proprio quel che io più odio e detesto al
mondo, quel che vorrei dimenticare. Mi avvilisce e mi nausea, come quando càpita di mordere qualcosa di marcio. Questione di
temperamento.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Chi traveste la tirannide, la protezione o anche le buone azioni sotto le spoglie e il nome dell’amicizia, mi ricorda quel prete
scellerato che metteva il veleno nell’ostia.

Descrizione generale dei tipi in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Si tratta di individui che si assumono volontariamente la funzione di salvatori (…) Quanto più ci si addentra nel loro raggio d’azione,
tanto più si riscontrano le conseguenze dannose della loro tirannide (…) Benchè vi siano uomini eccezionali ch possono sacrificare la
loro vita intera a una data formula, i più sono incapaci di vivere durevolmente in modo così esclusivo. Prima o poi le forme di vita
rimosse a opera dell’impostazione intellettuale si fanno indirettamente sentire, turbando la condotta cosciente della vita. Se il
turbamento raggiunge un grado notevole si ha una nevrosi. Nella maggior parte dei casi (…) l’individuo, istintivamente, si concede
(…) alcune attenuazioni della formula, rivestendole di una adeguata giustificazione razionale (…) Le tendenze e funzioni rimaste
escluse dall’atteggiamento cosciente (…) si fondono con gli altri contenuti dell’inconscio e assumono così un carattere bizzarro (…)
o (…) un egoismo segreto (…) La formula assume praticamente una tale preponderanza che ogni altro punto di vista e ogni altra
possibilità passano in secondo piano di fronte ad essa. Essa sostituisce ogni concezione del mondo più generica, più indeterminata e
quindi più modesta e più vera (…) Il punto di vista intellettuale (…) diventa rigidamente dogmatico (…) Il critico viene stroncato
(…) e non vi è argomento, per cattivo che sia, cui non si faccia ricorso (…) Le tendenze psichiche (…) rimosse (…) determinano
l’insorgere di dubbi. Per difendersi dal dubbio l’atteggiamento cosciente diviene fanatico (…) Mai vi sarà una formula intellettuale
che possa raccogliere in sé ed esprimere adeguatamente la ricchezza della vita e delle sue possibilità.

Orlando (V. Woolf)
Nessuna passione era più forte in petto all’uomo del desiderio di far pensare gli altri a modo proprio. Nulla offusca tanto il cielo della
sua felicità, nulla lo riempie tanto di furore quanto il sapere che un altro tiene a vili cose di cui egli fa gran conto (…) Non l’amore
della verità, ma la sete di dominio scaglia fazione contro fazione (…)

Il buon senso (Holbach)
Niente di più raro delle conversioni sincere (…) Una donna offre se stessa a Dio solo quando la sua vanità trova nella devozione una
mansione da svolgere, che la salva dalla noia e la ricompensa della perdita delle sue attrattive. Pratiche scrupolosamente eseguite le
fanno passare il tempo: gli intrighi, le declamazioni, la maldicenza, lo zelo le forniscono i mezzi per farsi un nome e procurarsi la
stima del partito dei devoti (…) La religione, per un devoto, è un velo che copre e giustifica tutte le passioni, l’orgoglio, la
malevolenza, la collera, la vendetta, l’intolleranza, i rancori. La devozione si arroga una superiorità tirannica (…), il diritto di
censurare gli altri, di biasimare e denigrare i profani, per la maggior gloria di Dio (…)
Più sono incredibili, più si immagina che il credervi sia un merito (…) Un missionario vuol tentare la fortuna… Tali sono i veri
motivi del suo zelo (…) Accade molto di rado di vedere i grandi ladri restituire le ricchezze che sanno di aver rapinato ingiustamente
(…) Ma si possono fare col Cielo molti accomodamenti (…) I mascalzoni devoti (…) muoiono del tutto tranquilli (…) Dite a quel
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principe che deve rendere conto solo a Dio delle proprie azioni e ben presto agirà come se non dovesse render conto a nessuno (…)
Ciarlatani bramosi di approfittarne si danno da fare per lucrare la ricompensa delle loro cure (…) I pregiudizi non durano che un
certo tempo e nessun potere è durevole se non si basa sulla verità, sulla ragione e sulla giustizia.

Dei doveri (Cicerone)
È difficile preoccuparsi dell’interesse altrui (…) Per questo bene insegnano coloro che impongono di astenersi dall’agire nel dubbio
se si tratti di atto giusto o ingiusto. La rettitudine infatti splende di per se stessa, il dubbio denuncia l’intenzione di offendere (…)
Fra tutte le ingiustizie, nessuna è peggiore di quella di coloro che, quando sono maggiormente in colpa, si comportano in modo da
opporre degli onest’uomini (…) Chi dia a qualcuno alcunché che gli rechi danno (…) non è da considerare generoso, ma rovinoso
lusingatore, e coloro che recano danno agli uni per far del bene ad altri si macchiano della medesima colpa che se mutassero in propri
i beni altrui. Molti poi, bramosi di gloria e di fama, strappano agli uni per donare agli altri e pensano di procacciarsi nome di benèfici
verso i propri amici arricchendoli in qualunque modo; ma ciò è tanto lungi dal dovere, che anzi nulla potrebbe esservi di più
contrastante. Bisogna pensare di servirci di quella generosità che, pur gravando agli amici, nuoccia a nessuno (…) Si possono vedere
molti (…) spinti da ambizione di sembrare benèfici, i quali compiono molte azioni (…) dettate (…) da ostentazione (…) e ipocrisia
(…), vanità.

Trattato sulla tolleranza (Voltaire)
Per quanto bene le confraternite possano fare allo Stato, eguaglia esso il male orribile che hanno causato? (…) Abbastanza religiosi
da odiare e perseguitare, ma non abbastanza da amare e soccorrere.

Avere o essere (E. Fromm)
L’esperienza della compartecipazione rende e mantiene vivo il rapporto tra due individui, e costituisce il fondamento di tutti i grandi
movimenti religiosi, politici e ideologici. Naturalmente, ciò vale soltanto finché e nella misura in cui gli individui amano e ammirano
sinceramente; ma, quando i movimenti religiosi politici si ossificano, quando accade che la burocrazia manipoli i cittadini mediante
suggestioni e minacce, ecco che la compartecipazione diviene una delle cose anziché una delle esperienze.

I persuasori occulti (V. Packard)
Se siete potenzialmente un grosso sottoscrittore, il collettore di professione è meglio informato sul vostro conto di quanto non siano i
vostri migliori amici (…) e spiegherà ai suoi uomini quali siano le vostre debolezze e i punti di minore resistenza (…) Per ogni
persona potenzialmente donatrice esiste una scheda non meno completa di quella che l’FBI riserva alle persone sospettate di essere
comuniste (…) Gli esperti di public-relations (psicologi, psichiatri, persuasori di professione, ecc.) insegnano come (…) riempire le
chiese e mantenere una forte posizione economica (…) The Public Relation Journal nel 1954 spiegava che (…) il predicatore
intelligente deve servirsi della TV e degli altri mezzi di diffusione di massa e che “Mister Peccatore” sarà trattato mediante “influenze
psicologiche”.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Non direi mai a nessuno (…) che non è possibile aiutarlo. Sono profondamente convinto che nessuno può assumersi la responsabilità
di una simile affermazione. Non sono Dio.

Commento del 1979 a Etica Nicomachea di Aristotele in un’edizione Rusconi
Gli atti involontari si dividono in due categorie, a seconda che siano compiuti per forza o per ignoranza (…) Analoghi agli atti
compiuti per forza sono certi atti “misti” che di per sé nessuno compirebbe ma che pure sono compiuti volontariamente sotto la
pressione di motivi esterni (…) Gli atti compiuti per ignoranza non possono per definizione essere volontari. Ma si rivelano
propriamente involontari: 1) quando provocano una sofferenza in chi agisce; 2) quando l’ignoranza non è una semplice circostanza
concomitante ma il vero e proprio motivo dell’azione; 3) quando l’ignoranza (...) riguarda gli elementi particolari che costituiscono la
situazione oggettiva in cui si compie l’azione (…) Un’azione è naturalmente valutabile se procede da una scelta, il cui presupposto è
il giudizio sull’idoneità dei mezzi a raggiungere il fine e ciò implica anche una proiezione verso il futuro (…) La scelta riguarda ciò
che è possibile in sé e in particolare per chi sceglie.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Gli sciocchi vanno qualche volta molto in là, specie quando il fanatismo si unisce alla balordaggine e lo spirito di vendetta a
quest’ultima (…) Essere ipocrita, quale bassezza! Ma essere ipocrita e malvagio, qual orrore! (…) Gli ipocriti di religione sono la
specie più vile e crudele di tutte (…) Quando la verità è evidente è impossibile che sorgano fazioni (…) Un fanatico di un’altra setta
gli risponde: “ la bestia sei tu e l’angelo sono io” (...) Chi potrà giudicare un processo simile? L’uomo ragionevole, imparziale, dotto
di una scienza che non sia puramente verbale, libero dai pregiudizi, amante della verità e della giustizia, l’uomo, insomma, che non è
una bestia e non crede di essere un angelo.

L’io e l’inconscio, parte I, cap. 4 b. (C. G. Jung)
Diventare il fortunato possessore della grande verità (…) definitiva apportatrice di salute (…) non è ancora il delirio di grandezza in
forma diretta, ma lo è nella nota forma attenuata (…) dei profeti (…) Gli animali deboli, che molto sovente sono più degli altri dotati
di ambizione, di vanità e di ingenuità fuor di proposito, corrono non poco pericolo di soggiacere a questa tentazione (…)
L’assorbimento della Persona nella psiche collettiva invita (…) a dissolvervisi (…) Questo misticismo è proprio di ogni uomo, così
come la “nostalgia della Madre” (…) Nei miti è messo in rilievo (…) che è (…) il più forte e il migliore del popolo, il suo eroe,
quello che cede alla nostalgia regressiva e affronta volontariamente il pericolo (…) Ma egli è un eroe appunto perché alla fine,
anziché lasciarsi divorare dal mostro, lo vince, e non lo vince una volta sola ma molte. Dalla vittoria sulla psiche collettiva deriva il
vero valore, la conquista del tesoro (…) Dove un profeta sorge in un batter d’occhio, è meglio pensare a una perdita dell’equilibrio
psichico.
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Accanto alla possibilità di diventare profeta, ce n’è un’altra che promette gioie più sottili e in apparenza più legittime, quella cioè di
diventare discepolo di un profeta (…) Ci si siede, modestamente indegni, ai piedi del Maestro e ci si guarda bene dall’avere pensieri
propri. La pigrizia mentale diventa virtù (…) Soddisfatti (…) ci si innalza (…) senza averla scoperta, si riceve già pronta (…) la
grande verità (…) I discepoli si stringono (…) insieme, non già per amore, ma nel ben inteso interesse di essere rafforzati senza fatica
nel proprio convincimento (…) Si è soltanto discepoli, ma coamministratori con ciò del grande tesoro (…) Si sente tutto il peso e la
dignità di un simile ufficio e si giudica supremo dovere e morale necessità il diffamare chiunque pensi diversamente, il far proseliti
(…) Come il profeta, anche il suo discepolo è un’immagine (…) della psiche collettiva (…) Si ha l’inflazione attraverso l’inconscio
collettivo (…) I godimenti dell’inflazione (…) sono (…) un (…) risarcimento per la perdita della libertà spirituale (…) Per il profeta
(…) la schiera osannante dei discepoli ha il valore di una compensazione.

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Il gruppo altamente narcisista è impaziente di avere un leader (…) Le personalità di individui particolarmente narcisistici sono le più
qualificate ad adempiere questa funzione (…) Il leader semi-folle è spesso colui che riscuote maggior successo finché la sua
mancanza di giudizio obiettivo, le sue reazioni di rabbia come conseguenza di qualche disfatta, il suo bisogno di tenere alta
l’immagine di onnipotenza possono indurlo a commettere errori che portano alla sua distruzione. Ma ci sono sempre a portata di
mano dei semi-psicotici dotati (…) Quanto più intenso è il narcisismo, tanto meno la persona narcisista accetterà il proprio
fallimento, o qualche legittima critica da parte di altri (…) Le sue idee, la sua conoscenza, la sua casa, ma anche la gente della sua
“sfera d’interesse”, divengono oggetti di attaccamento narcisistico (…) Sulla funzione sociologica del narcisismo di gruppo (…)
parallela alla funzione biologica del narcisismo individuale (…) La sopravvivenza di un gruppo dipende (…) dal fatto che i suoi
membri (…) credano (…) nella superiorità del loro gruppo in confronto agli altri (…) “Ragionevole”, per i più, non ha nulla a che
fare con la ragione, ma con il consenso. Dato che il gruppo nel suo insieme esige per sopravvivere il narcisismo di gruppo,
promuoverà atteggiamenti narcisistici e conferirà loro la qualifica di essere particolarmente virtuosi (…) L’essenza di questa
sopravvalutazione della propria posizione e l’odio per tutti coloro che ne divergevano, è il narcisismo. “Noi” siamo ammirevoli;
“loro” sono spregevoli (…) La critica alla posizione degli altri è (…) bene (…) Per diversi che siano i contenuti, psicologicamente
siamo di fronte al (…) fenomeno narcisistico e ai suoi risultati di fanatismo e distruttività (…) L’intensità crescente del narcisismo di
gruppo – che va dal narcisismo religioso a quello nazionale, razziale e di partito – è, veramente, un fenomeno sorprendente (…)
L’esigenza di pensiero critico, di sperimentazione, di prove, l’atteggiamento di dubbio, sono (…) i modi mentali che tendono a
neutralizzare l’orientamento narcisistico (…) La grande maggioranza (…) sebbene abbia “appreso” il metodo scientifico a scuola o
all’università, non è mai stata veramente toccata dal metodo del pensiero scientifico, critico (…) L’educazione (…) non ha cautelato
(…) la maggior parte della gente “istruita” dall’aderire (…) ai movimenti (…) che sono l’espressione del narcisismo (…) di gruppo
(…) Riguardo alla patologia del narcisismo di gruppo, il sintomo più evidente e frequente (…) è una mancanza di obiettività e di
giudizio razionale (…) Si mettono insieme pagliuzze di verità, ma l’insieme che ne risulta consiste in falsità ed espedienti (…) La
mancanza di obiettività conduce sovente a conseguenze disastrose (…) Il narcisismo di gruppo ha bisogno di soddisfazioni proprio
come quello individuale (…) Nei gruppi religiosi questa soddisfazione è fornita facilmente dalla supposizione che il mio gruppo sia il
solo che creda nel vero Dio (…) Ma anche senza riferirsi a Dio come testimone della propria superiorità, il narcisismo di gruppo può
arrivare a conclusioni simili a livello mondano (…) Non c’è alcuna limitazione al senso di auto-superiorità (…) La soddisfazione
(…) esige anche un certo grado di conferma nella realtà (…) con fatti (…) sociali, economici (…) qualche elemento di realtà (…) Per
un sadico il fatto di poter uccidere un uomo comprova la propria superiorità (…) Il narcisismo è in conflitto con la ragione e con
l’amore (…)Gli insegnamenti essenziali di tutte le grande religioni umanistiche possono riassumersi in una frase: È il fine dell’uomo
superare il proprio narcisismo (…) Il Vecchio Testamento (…) chiede amore per lo “straniero” (…) Lo straniero è precisamente la
persona che non fa parte del mio clan (…) non fa parte del gruppo al quale io sono narcisisticamente attaccato. Non è che un altro
essere umano (…) Un Dio indefinibile e indescrivibile era la negazione dell’idolatria e del narcisismo (…) In piena contraddizione
con l’originaria funzione del concetto di Dio, la religione divenne una manifestazione di narcisismo di gruppo (…) La persona legata
(…) alla tribù non è libera di essere se stessa, di avere una convinzione personale, di essere impegnata; non può essere aperta al
mondo (…) resta sempre nella prigione della fissazione (…) Basterebbe che le persone (…) potessero comprendere la loro
menomazione e la natura maligna degli impulsi nascosti dietro le loro pietose razionalizzazioni, in modo da poter acquisire un certo
grado di immunità di fronte alla loro influenza (…) È necessario imparare (…) a non prendere le parole per realtà e a vedere
attraverso le ingannevoli razionalizzazioni di coloro che sono affetti da una malattia.

L’io e l’inconscio, parte I, cap. 2 credo in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Non è (…) la legge che fa l’ordine sociale, ma l’imitazione, (…) che comprende anche la suggestionabilità, la suggestione e il
contagio mentale. (…) Vediamo anche quanto si usi e si abusi del meccanismo dell’imitazione a scopo di differenziazione personale:
si imita una personalità eminente o una qualità e attività rara, ottenendo così di differenziarci, sotto l’aspetto esteriore, da chi ci sta
più vicino. Per punizione – si potrebbe dire – la somiglianza, nondimeno presente, con la mentalità dell’ambiente si accresce fino a
divenire un inconscio legame coatto con l’ambiente stesso. Di solito il tentativo di falsa differenziazione individuale mediante
l’imitazione non va oltre l’affettazione, e l’uomo rimane quello che era.

Zibaldone (G. Leopardi)
Il Cristianesimo (…) ha per un verso (…) peggiorato gli uomini (…) I cristiani operavano contro loro massime certe stabilite (…) e
l’uomo è sempre tanto più scellerato quanto più sforzo costa l’esserlo (…) Quando il cristianesimo fu corrotto (…) cioè (…) da
quando divenne religione (…) nazionale, e passò in uomini posti in circostanze da esser malvagi, è incontrastabile che le
scelleratezze mutaron faccia (…) Ora i divoti fanno come (…) una classe la quale si interessa per la religione solamente per ispirito
di partito (…) Il Cristianesimo (…) ha per uno de’ fondamenti l’amore universale verso tutti gli uomini (…) Quando divenne cosa
comune (…) il Cristianesimo illanguidì (…) L’amor (…) universale (…) manca (…) di (…) ambizione (…) di distinguersi dagli altri.

Nirvana e paradiso (Paul Knitter) dal sito del monastero di Fonte Avellana
Una cosa è credere nella vita eterna, tutt’altra è precisare come quella vita sarà vissuta; temo cioè che quando parliamo della “vita
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ultraterrena” dimentichiamo che non sappiamo veramente di cosa stiamo parlando (…) Mi ritrovo a chiedermi (…) se debba o meno
credere che continuerò a vivere in quanto Paul Knitter (…) e, dopo il Giudizio universale, con lo stesso corpo (benché perfezionato,
così riavrò indietro i miei capelli!) (…) Temo che tale visione, presa alla lettera, derivi da un uso improprio delle parole al cospetto
del mistero (…) Le tradizionali immagini di un paradiso in cui i singoli individui ricevono il proprio premio eterno mi sembrano…
beh, abbastanza egoistiche, ovvero egocentriche. Non sto parlando del livello infantile di moralità che queste immagini possono
facilmente favorire, raccomandando cioè di essere buoni per evitare la punizione e guadagnare il premio. Piuttosto ho il fastidioso
sospetto che dottrine relative al paradiso che insistono sul fatto che “io” godrò della vita con Dio con i “miei” cari non dicano solo
troppo, ma potrebbero rappresentare un ostacolo: ci potrebbero impedire di corrispondere al messaggio di Gesù che disse che per
trovare noi stessi dobbiamo perdere noi stessi.

http://www.slideshare.com/riflessioni-sulla-fede-religiosa
Molti anni fa in una libreria lessi una riflessione, forse del poeta Rilke, nella quale si ipotizzava che dio fosse un essere in costante e
graduale miglioramento e l’immagine mi colpì subito: l’ipotesi appare sensata a chi nelle leggi della realtà e della mente più consone
alla giustizia vede leggi più recenti e sorte a seguito dell’evoluzione collettiva e personale e accetta al contempo l’idea che niente del
passato essere venga mai distrutto. Vorrei che questa visione di dio impersonale, frammentario e coinvolto nel nostro stesso continuo
mutare, sebbene in modo diverso, venisse valutata con freddezza e obiettivamente integrata con quella che ne diedero un altro poeta,
Montale (un dio parcellare, qualcosa in cui riconoscere, al loro passaggio, anche alcune “divinità” buone) e gli autori di saggi citati in
questo gruppo che hanno identificato dio con l’inconscio personale e collettivo (con la ben nota evidente sua mescolanza di leggi
giuste e leggi barbare alla base delle nostre pulsioni e azioni e di ciò che accade). E a un dio simile è facile pensare di tornare
probabilmente altrettanto smembrati nelle nostre componenti (fisiche, emotive, razionali, inconsce e consce) (…) Vorrei che notaste
quanto questa previsione sia un sogno un po’ spento, che mette al bando l’entusiasmo, il narcisismo e la possessività e come essa
trasmetta sensazioni poco esaltanti e simili a quelle comunicate dall’idea che Musil aveva dell’evoluzione come moto spirituale
collettivo volto a raggiungere un livello medio di saggezza e forse simili anche a quelle trasmesse dalla visione che la scienza ha
dell’evoluzione di animali e uomini (ogni intenzionalità è bandita dalla visione scientifica: il progresso è una risultante della spinta
istintiva alla conservazione del patrimonio genetico). E a questo punto non vorrei essere fraintesa, perché io credo che non amare gli
entusiasti sia addirittura un dovere, considerando quanto la società e i destini siano pieni di ingiustizia e che ciò che dovrebbe
nauseare dei peggiori gruppi formali e informali di sedicenti cristiani o religiosi in genere sia proprio il patetico miscuglio di
egoismo, dispotismo e indifferenza nei confronti di chi ha subìto troppo e sofferto troppo per potersi accecare: che il loro farneticare
sia solo una lucida posa finalizzata a nascondere una totale mancanza di fede e di calda umanità oppure che esso sia una sorta di
continuo entrare e uscire dal sogno tipico degli squilibrati o del tipo di chiunque menta troppo, non cambia che alla radice del loro
aldilà si trovi il desiderio di non rinunciare a nulla e che per loro dio sia “giusto” solo e soprattutto per via del “doveroso” favoritismo
nei loro confronti, così netto da ottenere per loro magari perfino la resurrezione dei corpi e quindi per i loro leader anche l’eterno
comando (...) Pensate a come sia facile udire dalle labbra di persone appartenenti a grandi movimenti cattolici italiani bestialità del
tipo “Non importa se i bambini africani muoiono di fame, perché non sono battezzati” per poi esibire con estrema tranquillità
comportamenti davvero odiosi o criminali con chi non fa parte del loro movimento, e poi chiedetevi se vale la pena rischiare di
diventare persone inferiori come questi “eletti” solo per voler uscire dall’immanenza e dall’identificazione senza fronzoli di
microcosmo e macrocosmo. E dovreste pur capire che anche la strada degli individui condividenti la fede di Tolkien, non è
ciecamente percorribile perché il manicheismo di un’eterna lotta tra bene e male risulta incomprensibile o fa intravedere comunque
un dio unitario ingiusto.
L’Anticristo (F. Nietzsche)
A questa miserabile piaggeria della vanità personale deve la sua vittoria il Cristianesimo.

Lettere sull’educazione estetica dell’uomo (F. Schiller)
La maggior parte degli uomini è troppo affaticata e logorata dalla lotta con il bisogno perché possa rizzarsi ad una nuova e più dura
lotta con l’errore (…) Il nostro giusto disprezzo colpisce gli altri che una sorte migliore fa liberi dal giogo dei bisogni ai quali tuttavia
si assoggettano di propria scelta. Questi preferiscono il crepuscolo di oscuri concetti, in cui si sente più vivamente e la fantasia
secondo il suo arbitrio si costruisce comode forme, ai raggi della verità che scacciano la piacevole illusione dei loro sogni.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
La fede (…) non è una via d’uscita per chi ha bisogno di capire qualcosa prima di credere (…) Anche per il credente Dio ha dato
l’intelletto all’uomo e certo per qualcosa di meglio che per mentire e ingannare (…) Sussiste il pericolo che la fede divenga sinonimo
di dipendenza infantile (…) Che fare con le cose che non si possono comprendere? In tal modo si finisce con il rivolgersi a gente
assolutamente disadattata a pensare e a capire. Si fa appello alla fede cieca e la si porta alle stelle. Ciò che così si raggiunge è
l’educazione alla mancanza di idee e di senso critico. La storia contemporanea costituisce una testimonianza abbastanza sanguinosa
di ciò che la fede cieca, predicata per secoli, ha potuto fare in Germania (…) Invece di insistere sulle comode esigenze di fede, i
teologi dovrebbero sforzarsi di vedere come rendere possibile questa fede. Per far questo bisognerebbe collocare la verità simbolica
su una nuova base (…) che sappia parlare (…) all’intelletto.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
L’autocoscienza umana ha fatto dell’uomo uno straniero nel mondo, separato (…) e impaurito (…) Questo (…) conflitto nell’uomo
esige una soluzione (…) La prima risposta è una risposta regressiva: (…) ritornare (…) alla vita animale (…) La storia delle religioni
primitive è una testimonianza di questo tentativo (…) L’alternativa alla soluzione arcaica regressiva al problema (…) al fardello di
essere uomo è la soluzione progressiva, quella di trovare una nuova armonia (…) mediante il pieno sviluppo (…) dell’umanità dentro
di noi (…) Tra il 1500 a. C. e il 500 a. C. (…) la nuova meta (…) si espresse in diversi concetti e simboli (…) Era simboleggiata dal
Sole, per Mosè dal Dio ignoto (…) Lao-Tse chiamò la meta Tao (la via), Budda la simboleggiò nel Nirvana (…) Quando il
Cristianesimo e l’Islam (…) portarono la stessa idea in Europa (…) l’uomo (…) udito il messaggio, cominciò a falsificarlo: invece di
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divenire (…) pienamente umano, idoleggiò (…) i dogmi come manifestazioni della “nuova meta”, sostituendo (…) una figura o una
parola alla realtà della propria esperienza.

Psicologia e alchimia (C. G. Jung)
L’esigenza dell’Imitatio Christi (…) dovrebbe mirare allo sviluppo dell’uomo interiore, ma viene ridotta dal fedele, con la sua
superficialità e con la sua tendenza a una schematicità meccanica, a un oggetto di culto esteriore (…) Un malinteso superficiale offre
al singolo una comoda via: di “buttare” letteralmente su Cristo i propri peccati e di schivare così una responsabilità più profonda, in
piena contraddizione con lo spirito del cristianesimo (…) Può verificarsi che un cristiano, per quanto creda a tutte le sacre figure,
pure rimanga senza evoluzioni e senza mutamenti nell’intimo della sua anima, poiché ha “tutto Dio fuori” e non ne fa nell’anima
un’esperienza viva (…) I suoi impulsi decisivi e interessi scaturiscono dalla sua anima non sviluppata e inconscia, più pagana e
arcaica che mai, e in nessun modo dalla sfera del cristianesimo (…)
Lodare e predicare la luce non serve a nulla se non c’è nessuno che possa vederla. Sarebbe invece necessario insegnare all’uomo
l’arte di vedere (…) E si sa che con gli esercizi rigorosi e con certe prediche di parte cattolica (…) vengono provocati danni psichici
che non portano nel Regno di Dio, ma nello studio del medico (…) Bisogna invece tornare a riconoscere in sé gli archetipi che sono
alla base del dogma o che sono reali e documentabili.

Psicologia e religione in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Spiritualità e mondanità si danno la mano in una inattesa riconciliazione (…) in una religione degenerata, corrotta da mondanità e da
istinti plebei. Si tratta da un sentimentalismo religioso al posto del numinoso dell’esperienza divina. Questa è una caratteristica ben
nota di una religione che ha perduto il suo mistero vitale. È facile comprendere che in tali condizioni una religione non è in grado di
dare aiuto o di produrre un qualsiasi altro effetto morale.

Santi indiani. Prefazione a H. Zimmer, “La via del Sé”
Il “sentirsi rapiti” può essere (…) un prodotto infernale. I guai cominciano con la smodatezza che gli è propria, anche quando
l’obnubilamento della coscienza che ne deriva fa sembrare vicinissimo il conseguimento di supreme mete. Il vantaggio più vero e
duraturo consiste solo in una elevata e ampliata capacità di riflessione.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
La mia paziente fu colpita da sentimenti di autocommiserazione finché finì col sentirsi come un Buddha compassionevole di tutti.
Solo dopo che ebbe rinunciato a siffatti sentimenti riuscì a proseguire, perché non è aggirando o rimuovendo gli stati d’animo
spiacevoli che si raggiunge la vera liberazione ma vivendoli, subendoli fino in fondo.

Su Neumann, I discorsi di Buddha in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Insista quanto vuole un cristiano nella sua fede, che non lo aiuta neanche a superare una nevrosi: quella fede è vana, e allora val
meglio che egli prenda umilmente quel che gli occorre dove lo trova, se gli si fa incontro soccorrevole.

Detti e frecce in Il crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
Chi non sa porre la propria volontà nelle cose, vi pone almeno un senso: crede cioè che esista già una volontà (principio della
“fede”).

I rapporti della psicoterapia con la cura d’anime in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Uno psicoterapeuta che non sia (…) truffatore deve (…) accettare sé stesso nella propria miserevole condizione (…) Il solo pensiero
fa sudare freddo; si preferisce perciò prendere la strada complicata di ignorare sé stessi per affannarsi intorno agli altri, alle difficoltà
e ai peccati altrui. Noi siamo attirati dall’esercizio di virtù visibili che illudono noi stessi e gli altri (…) Gli uomini capaci di far ciò
impunemente sono innumerevoli ma non sono tutti; gli altri, confrontati con la propria via di Damasco, crollano sotto il peso di una
nevrosi (…) Possiede la spregiudicatezza oggettiva soltanto chi ha accettato se stesso. (…) Cristo (…) ha sacrificato al Dio che era in
lui ogni pregiudizio (…) e ogni riguardo per la consuetudine o per gli apprezzamenti moralistici dei farisei (…) Scimmiottare (…) la
vita di Cristo non è cosa facile, ma è incredibilmente più difficile vivere la propria vita come Cristo ha vissuto la sua (…) Io non sono
un monaco, e non lo sono i miei pazienti (…) La nevrosi è scissione interiore, sdoppiamento di sé. Tutto ciò che favorisce questo
sdoppiamento la fa peggiorare (…) Il sospetto (…) di essere composti di due persone in antagonisti costringe i pazienti a sdoppiarsi.
(…) La nevrosi è, in definitiva, una scissione della personalità (…) L’uomo moderno vuole sapere (…) come vivere il proprio tipo di
vita individuale, per quanto misero e poco interessante (…) Ogni imitazione gli sembra (…) ostile alla vita, perciò si ribella alla
tradizione che vuole forzarlo a camminare su strade tracciate (…) Vuole vivere con quello che è; sapere che cosa è; ed è per far ciò
che mette da parte la storia. Vuol (…) vivere sperimentalmente e accertare quale valore e significato abbiano le cose in sé, a
prescindere dalla testimonianza dei presupposti storici (…) Non si tratta di avventura dettata dal capriccio, bensì di un tentativo, nato
dalla più profonda necessità della psiche, di riscoprire il significato della vita sulla base di una spregiudicata e radicale esperienza.
Senza mancare di prudenza, bisogna appoggiare una simile audacia che chiama in causa l’uomo intero. Combatterla equivale
propriamente a reprimere quanto vi è di meglio in un essere umano, il suo ardire, le sue supreme aspirazioni, e se il tentativo dovesse
riuscire, si negherebbe all’uomo quell’esperienza preziosissima che sola avrebbe potuto dare un senso alla sua vita (…) Egli si
comporta come se la sua vita individuale fosse una particolare volontà di Dio che sola dovrebbe essere adempiuta; da ciò il suo
egoismo, che è uno dei mali più tangibili dello stato nevrotico (…) Quell’egoismo, rappresenta (…) un’autentica volontà di Dio. Cioè
se il malato riesce (…) a far prevalere il suo egoismo, si estrania dagli altri e li respinge facendoli ritornare in sé. È proprio quel che
si meritano, dato che volevano sottrargli il suo “sacro egoismo”, che deve essergli lasciato perché è la sua forza più potente e più sana
(…) Soltanto nell’abbandono e nella più profonda solitudine si possono incontrare le proprie forze soccorritrici (…) L’uomo
sofferente (…) trova aiuto (…) soltanto nella verità (…) Dapprincipio la coscienza è debole e facilmente sopraffatta dall’inconscio
(…) Poi meccanismi di difesa istintivi (…) intervengono automaticamente quando se ne sente il bisogno (…) Compaiono nei sogni o
nelle fantasie motivi che non si può dimostrare abbiano origine nella coscienza. Il fatto che dall’oscuro regno della psiche si faccia
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incontro al malato qualcosa di estraneo (…) agisce come una grande illuminazione. Ritrovato l’accesso alle fonti della vita psichica,
il malato comincia a guarire (…)Una persona religiosa direbbe: Dio si è messo al timone, ma con la maggior parte dei miei pazienti
io devo evitare questa formulazione (…) che è troppo simile a ciò che essi dovettero inizialmente rifiutare. Devo esprimermi con
maggior modestia e dire: l’attività propria della psiche si desta; questa formula si adatta anche meglio ai fatti osservabili.

Psicologia della traslazione in Pratica della psicoterapia (C. G. Jung)
Mi preme (…) di stabilire, mettere in chiaro, i fatti. Nomi e ulteriori interpretazioni di questi fatti rappresentano una questione (…)
d’importanza secondaria (…) Io mi sforzo (…) di non adottare nomi sbagliati o che possano indurre in errore (…) I fatti in sé sono
sufficienti.

Psicologia e religione in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Lo psicologo, in quanto assume un atteggiamento scientifico, deve fare astrazione dalla pretesa, propria di ogni credenza, di essere
l’unica ed eterna verità. Egli deve vedere il lato umano del problema religioso, poiché si occupa dell’esperienza religiosa originaria,
prescindendo del tutto da ciò che le varie confessioni ne abbiano fatto.

Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Se c’è tra medico e paziente incompatibilità (…) differenze eccessive nel carattere (…) se non si riesce a instaurare in breve tempo
un rapporto di fiducia (…) se la traslazione si verifica e non ha buon esito, il rapporto tra medico e paziente dovrebbe essere chiuso
(…) Mancanza di abilità e idee e interpretazioni sbagliate possono anche far fallire casi che avrebbero potuto avere un esito non
necessariamente cattivo (…) Vi sono persone apparentemente normali (…) – e si tratta magari di medici ed educatori – i quali si
presentano come modelli (…) ma la loro normalità è compensazione artificiale di una psicosi latente (…) Se si manifesta, questo
sospetto si esprime nel fatto che si interessano particolarmente di psicologia e di psichiatria (…)
L’analisi (…) è una scienza della vita che è necessario coltivare anche dopo per il bene nostro e di chi ci circonda. Chi capisce questo
nel giusto modo, non si presenterà in veste di profeta psicoanalitico o di riformatore del mondo, ma con autentico intendimento del
bene comune farà maturare anzitutto in se stesso il frutto delle conoscenze acquisite (…) agendo attraverso l’esempio della sua vita
più che con discorsi altisonanti e propaganda missionaria (…)
L’idea su cui si fonda l’ideale cristiano è che dal retto sentire deriva il retto operare e che non c’è salvezza né miglioramento del
mondo che non cominci dall’individuo.

Caratteri e aneddoti (N. de Chamfort)
“Ovunque ho visto” – diceva il signor… - pranzi senza digestione, cene senza gusto, conversazioni infide, unioni senza amicizia e
amplessi senza amore”.

Siamo alla solitudine di gruppo (E. Montale)
Oggi esiste solo il multiplo, il carnaio.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
Nel partito non ho lasciato amici. L'amicizia vi è addirittura malvista e considerata sospetta perché sinonimo di cricca.
Il dottor Zivago (B. Pasternak)
Anche se c’è ancora gente di ingegno, ogni gregarismo è il rifugio della mediocrità (…) Solo gli isolati cercano la verità e rompono
con chiunque non la ami abbastanza.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
S’intrattenevano a due a due, perché già allora una persona poteva parlare concretamente e ragionevolmente tutt’al più solo con
un’altra persona.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Nei confronti della terapia di gruppo io sono alquanto scettico (…) Certamente non mi piace affatto che una persona parli delle cose
più intime in presenza di altre dieci. Io non potrei mai sopportarlo. E poi ho il sospetto che la terapia di gruppo sia destinata a chi non
può pagare 50 dollari per un’ora di seduta (…) L’analisi (…) è un metodo talmente centrato sul singolo e sul privato (…) Nella nostra
epoca la vita privata si riduce troppo spesso a una chiacchiera pubblica. E per me questo porta a un atteggiamento inumano (…) Io
credo che le argomentazioni in favore della terapia di gruppo razionalizzino la tendenza corrente per cui il privato va sempre più
scomparendo (…) Nella nostra epoca, caratterizzata dalla radio e dal telefono, non è visto come una realtà particolarmente
significativa il fatto che due persone dialoghino tra loro. Questa è per me la realtà fondamentale (…) È banale, il modo in cui le
persone parlano della loro vita privata, perché riferiscono cose inconsistenti. Tutto ciò che è banale non tocca nulla di reale e mira
solo a delle razionalizzazioni.

Gorgia in Dialoghi socratici (Platone)
Gli interlocutori difficilmente riescono a definire le cose sulle quali cercano di discutere e a sciogliere la riunione dopo aver imparato
e insegnato reciprocamente; anzi, se hanno qualche punto di contestazione e uno accusa l’altro di parlare scorrettamente o senza
chiarezza, si irritano e credono che l’altro lo critichi per invidia nei loro confronti: essi desiderano vincere piuttosto che indagare la
questione posta in discussione. Alcuni finiscono per separarsi in modo assai villano, tra uno scambio reciproco di insulti (…) Io sono
di quelli che si lasciano confutare volentieri, se dicono qualcosa di errato, ma confutano anche volentieri, se qualcuno fa
un’affermazione errata, senza tuttavia considerare più spiacevole l’essere confutati che il confutare. Ritengo l’essere confutati un
bene maggiore nella misura in cui essere liberati dal massimo male è bene maggiore che liberarne un altro (…) Gli uni credono di
confutare gli altri, quando producono molti rispettabili testimoni delle loro dichiarazioni, mentre chi sostiene la tesi contraria ne
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produce uno o nessuno. Ma questo tipo di confutazione non vale nulla in rapporto alle verità, perché qualche volta un uomo può
anche essere vittima di falsa testimonianza a opera di molti testimoni che sembrano attendibili (…) Io so produrre un solo testimone
in favore di ciò che dico, il mio interlocutore, mentre i molti li lascio stare e so far votare uno solo, mentre con molti insieme non
discuto neppure.

Il Duca nel suo dominio (T. Capote)
Molti di loro (…) sono persone che non si sono mai inserite da nessuna parte: non sono state accettate, sono state ferite (…)
Il solo anello che li connettesse era *. Lui si aggirava qua e là nella stanza, prendeva in disparte ora questo ora quello e parlava con
loro a tu per tu. Non parla mai con due persone simultaneamente, non gli riesce, non gli va. Non prende mai parte a una
conversazione di gruppo. Deve sempre essere in un colloquio intimo. Il che rende necessario, suppongo, che usi lo stesso tipo di
charme con ciascuno. Ma anche quando lo sai che è così che si comporta con tutti, non importa. Poiché quando arriva il tuo turno, lui
ti dà la sensazione che sei tu l’unica persona presente nella stanza. Nel mondo. Ti fa sentire che sei sotto la sua protezione e che i tuoi
guai, i tuoi stati d’animo lo coinvolgono, gli stanno a cuore. Devi credergli per forza. Più di chiunque altro che io conosca, lui irradia
sincerità. Dopo, puoi domandarti: “Stava recitando?” In tal caso a che pro? Cos’hai tu da dargli? Niente, tranne – ed è questo il punto
– tranne l’affetto (…) In seno alla cricca da lui presieduta, * è considerato sia un padre intellettuale, sia un emotivo fratello maggiore
(…) una vera e propria forza liberatrice per i suoi amici.
OBIETTIVITÁ E IMPARZIALITÁ
Psicologia generale: i fondamenti (G. B. Vicario)
Niente è più difficile che dimostrare la falsità delle cose ritenute ovvie (...)
Nell'iter delle indagini giudiziarie (...) gli indizi si sostengono l'un l'altro (...) finché si raggiunge la "verità processuale" che, come
tutti sanno, non è la verità dell'accaduto (...) ma semplicemente qualcosa di coerente, sensato, sostenibile. Altrettanto potrebbe dirsi
della verità storica. E questa analogia dovrebbe far riflettere e indurre alla moderazione ogniqualvolta si è tentati di proclamare ai
quattro venti una nuova verità "scientifica" o di credere in quello che è scritto sui libri.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
È possibile ricordare con sicurezza eventi mai accaduti, solo sognati o immaginati, anche perché regioni cerebrali simili sono
importanti sia per l'immaginazione visiva sia per l'immagazzinamento a lungo termine di ricordi visivi. Un altro fattore che può
contribuire alla distorsione dei ricordi è che la memoria funziona meglio nel ricordare l'essenza di un evento e non i particolari da cui
l'essenza è derivata (...) La natura ricostruttiva del ricordo fa sì che l'interpretazione di un testimone oculare non sia completa. Interi
episodi non sono disponibili nella neocorteccia ma devono essere ricongiunti in base alle componenti frammentarie e nel contesto di
potenziali influenze fuorvianti presenti nel momento del recupero del ricordo (...) È possibile creare illusioni in adulti e soprattutto in
bambini.
Silas Marner (G. Eliot)
Per lei era necessario avere un’opinione su qualsiasi argomento (…) che si presentasse alla sua attenzione; le era necessario quanto
avere un posto ben preciso per ogni suo oggetto: e le sue opinioni erano sempre principi in base ai quali agiva senza mai esitare.
Erano saldi, non perché avessero un fondamento, ma perché ** vi si aggrappava con una tenacia inseparabile dal suo lavoro mentale.
Su tutti i doveri e le convenienze imposti dalla vita (…) si era creata un piccolo codice immutabile e aveva basato tutte le sue
abitudini in stretta conformità con quel codice.

F. Nietzsche
Le convinzioni più delle bugie sono nemiche pericolose della verità.

Psicologia della comunicazione (P. Di Giovanni)
Chaiken (...) distingue tra elaborazione sistematica, in cui per arrivare alle conclusioni si sottopongono i discorsi persuasivi ad attenta
analisi, ed elaborazione euristica, in cui si arriva alle conclusioni attraverso scorciatoie, (...) euristiche, (...) senza esaminare le
argomentazioni (...) Nella nostra mente sono presenti molte euristiche, (...) ad esempio l'euristica dell'esperto (...) ("lo dice un esperto,
sarà vero"), (...) l'euristica della lunghezza, (...) l'euristica del prezzo e (...) l'euristica della parvenza scientifica (...) Le informazioni
di sfondo stimolano regole euristiche (ad esempio la fonte autorevole stimola l'euristica dell'esperto) (...) Esse espongono al rischio di
errori (...) Anche per semplificare problemi decisionali adoperiamo euristiche, (...) per esempio per valutare la probabilità (...) sono
state individuate anche le seguenti: euristica della disponibilità, (...) per cui, (...) senza considerare la selettività della memoria, (...)
giudichiamo più frequenti gli eventi di cui ci vengono in mente facilmente gli esempi (...) e sovrastimiamo la probabilità che due
eventi siano associati (...) se quando pensiamo a uno di essi ci viene in mente l'altro; (...) l'euristica della rappresentatività, (...) per cui
stimiamo maggiore la probabilità che un individuo appartenga a una categoria (...) e che due eventi siano collegati (...) in base all'idea
che abbiamo di (...) quella categoria (...) o di quegli eventi (...) anche contro l'evidenza statistica; euristica dell'ancoraggio, (...) per cui
per stimare una probabilità spesso assumiamo come riferimento l'ultimo evento simile recuperato dalla memoria (...) o qualche fonte
(...) anche quando si tratta di riferimenti arbitrari (...) L'euristica della disponibilità (...) e quella della rappresentatività sono alcuni dei
meccanismi che sembrano concorrere (...) alle correlazioni illusorie, una tendenza molto comune (...) E una volta che ci siamo
formati una convinzione, tendiamo a conservarla anche a dispetto di prove contrarie, fenomeno (...) chiamato bias dell'autoconvalida
(...)
Si possono contare varie decine di biases, (...) tendenze della nostra mente che possono risultare fuorvianti, (...) sono massicciamente
diffusi e (...) influiscono anche sui giudizi professionali. Medici, psicologi, insegnanti, giudici, arbitri, selezionatori del personale e
professionisti di ogni altro genere sono soggetti a biases (...) Le ragioni sono probabilmente più di una, (...) come razionalità limitata,
(...) bisogno di coerenza e (...) parzialità. Spesso ci accomodiamo le cose in conformità con i nostri interessi e le nostre esigenze.
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B. Russell
In ogni cosa è salutare di tanto in tanto mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si ha dato per scontato.
Metodologia e tecniche della ricerca sociologica (P. Corbetta)
Elemento importante introdotto nel pensiero scientifico, (…) la categoria di falsicabilità (…) stabilisce che il confronto tra teoria e
ritrovato empirico non può avvenire (…) mediante la prova che la teoria è confermata dai dati, ma si realizza solo (…) mediante la
constatazione che i dati non contraddicono l’ipotesi (…) Da questa impostazione deriva un senso di provvisorietà di ogni ipotesi
teorica (…) Crolla – come scrive Popper – l’idolo della certezza.

A. Einstein
È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.

Il mulino della Floss (G. Eliot)
Nei caratteri fortemente improntati dalle qualità positive e negative che formano la severità – forza di volere, consapevole dirittura di
propositi, limitatezza di immaginazione e d’intelletto, grande dominio su se stessi, e disposizione a esercitare una supremazia sopra
gli altri – i pregiudizi costituiscono il naturale nutrimento delle tendenze, che non trovano di che sostenersi in quel sapere complesso,
frammentario, dubitoso che chiamiamo la verità. Che un pregiudizio sia trasmesso per eredità, o respirato nell’aria, o adottato per
tradizione, o raccolto con gli occhi, comunque possa esser venuto, quegli spiriti gli daranno ospitalità: esso è qualcosa che si può
affermare con energia e coraggio, qualcosa che può supplire all’assenza di opinioni spontanee, qualcosa da imporre agli altri con
l’autorità di un diritto consapevole: in ogni caso, un sostegno e un appoggio. Ogni pregiudizio che risponda a simili condizioni ha
una sua spontanea evidenza.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
L’errore è più cocciuto della fede, e non sottopone mai ad esame le proprie convinzioni (…)
Ogni nuovo dubbio (…) entra in concorrenza con tanti desideri di credere, con tante ragioni d’obliare, (…) e finiamo col non
occuparcene più (…)
L’uomo non può vivere senza entusiasmo (…) Sentimenti e pensieri acquistano durevolezza solo vicendevolmente, nel loro
complesso, devono in qualche modo avere la stessa direzione e trascinarsi l’un l’altro.
E con tutti i mezzi, droghe, suggestioni o fede, comunemente e spesso anche con l’influsso semplificante della stupidità, l’uomo si
sforza di creare uno stato simile a quello (…) Egli crede nelle idee, non perché a volte sono vere, ma perché ha bisogno di credere.
Perché deve turare con un’illusione il buco sui muri della sua vita, attraverso il quale i suoi sentimenti si disperderebbero se no ai
quattro venti (…) Giusto sarebbe, invece di abbandonarsi ad apparenze, cercare le premesse del vero entusiasmo (…) e con un
atteggiamento non rigido e tuttavia severo indagare la possibilità di sentimento e di vita.

J. Morrison
La perenne tentazione della vita è quella di confondere i sogni con la realtà

L. Bickel
L’intelligenza è la nostra facoltà di non spingere al limite quanto pensiamo per poter credere ancora alla realtà.

Le mie prigioni (S. Pellico)
Gli spiriti volgari sfuggono i ragionamenti seri: se una nobile verità traluce loro, sono capaci di applaudirla un istante, ma tosto dopo
ritorcono da essa lo sguardo (…) Tutti gli increduli sono così! Sentendo la debolezza delle loro opinioni, se qualcuno si accinge a
confutarle, non ascoltano, ridono, ostentano una superiorità d’ingegno, la quale non ha più bisogno d’esaminare nulla. Sciagurati! E
quando non vi fu filosofia senza esame e serietà?

Massime e riflessioni (Goethe)
Chi ha paura dell’idea finisce per non aver neanche più la nozione.

Psicologia analitica e concezione del mondo in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
La critica e lo scetticismo non sono sempre espressione d’intelligenza, ma ben spesso del contrario, specie quando ci si finge scettici
per mascherare la mancanza d’una visione del mondo. Non di rado ciò che manca, più che l’intelligenza, è il coraggio morale (…)
Perciò è sempre un nefasto errore non avere una visione del mondo. Avere una visione del mondo significa creare un’immagine del
mondo e di sé, sapere che cosa è il mondo e che cosa siamo noi. Preso alla lettera, ciò sarebbe troppo (…) Ma, inteso cum grano
salis, ciò vuol dire: avere la migliore conoscenza possibile. La migliore conoscenza possibile esige il sapere, e ha orrore delle ipotesi
infondate, delle affermazioni arbitrarie, delle opinioni autoritarie (…) L’illusione (…) ci fa irreali, pazzi e inetti (…) Ogni visione del
mondo è ipotesi, e non articolo di fede (…) Quando l’immagine muta, non è sempre facile capire se è mutato il mondo, o noi, o tutti e
due. (…) Ogni nuova scoperta, ogni nuovo pensiero può imporre al mondo un nuovo volto. Bisogna tenerne conto, se non ci
vogliamo trovare a vivere improvvisamente in un mondo antiquato, residui noi stessi di stadi di coscienza più bassi e superati.

L’incertezza in Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Il fondo della vita umana gli sembrava essere una paura immane di qualche cosa, forse appunto dell’indefinito (…) fra le gelide
profondità del cuore e del cielo (…) Centinaia di ordini umani (…) ciascuno con un’oscura fede di essere l’ultimo, quello in ascesa
(…) assurde montagne d’oro che uccidono lo spirito (…)ansiose impazienti mode; (…) un arrampicarsi fuori dal nulla; (…) la paura
nervosa di essere nulla; (…) un chiasso incoraggiante (…) come (…) il delitto o la guerra in cui ci si scarica una profonda sfiducia
nelle cose costituite e create.

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La mia Africa (K. Blixen)
“Tutti i bambini hanno paura a volte sulla pianura”. “Di cosa avevi paura?” *** rimase un po’ in silenzio, lo sguardo concentrato e
profondo come se scrutasse dentro se stesso. Poi mi guardò con una piccola smorfia: “Di Outis”, disse. “I bambini hanno paura di
Nessuno sulla pianura”.

Lezioni americane (I. Calvino)
Bouvard e Pecuchet: traversata del sapere universale; ogni libro apre un mondo, ma sono mondi che si escludono a vicenda. Flaubert
è per la scienza nella precisa misura in cui essa è scettica, prudente, umana: ha orrore dei dogmatici, dei metafisici, dei filosofi.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Il significato delle terribili regressioni del nostro tempo (…) Il ritmo di evoluzione della coscienza attraverso la scienza e la
tecnologia è stato troppo affrettato e ha lasciato l’inconscio, ormai incapace di tenere il passo, troppo indietro, costringendolo a una
posizione difensiva che si esprime in una volontà universale di distruzione. Gli “ismi” politici e sociali del nostro tempo predicano
tutti gli ideali possibili ma sotto queste maschere, il fine che si propongono è di abbassare il livello di civiltà, limitando o inibendo le
possibilità di sviluppo individuale (…) L’intuito è la parte dell’uomo più razionale. Bisogna combattere i veri demoni, ovvero quelli
del razionalismo (…) Il razionalismo non è affatto garanzia di un’elevata coscienza, ma solo di una coscienza unilaterale e limitata.

Frammenti (Eraclito)
Cattivi testimoni sono per gli uomini gli occhi e gli orecchi, se hanno anime da barbari.

Zibaldone (G. Leopardi)
La più gran nemica della barbarie non è la ragione ma la natura (seguita però a dovere) (…) la Natura vuol essere illuminata dalla
ragione non incendiata (…) La civiltà (…) consiste in un temperamento della natura colla ragione, dove (…) la natura abbia la
maggior parte.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Horkheimer e Adorno (...) nel 1943 scrivono Dialettica dell'illuminismo, uno dei testi che influenzeranno più profondamente la
cultura del XX secolo. La tesi principale è già contenuta nella prima frase del libro: "La terra pienamemnte illuminata splende
all'insegna di trionfale sventura". Gli autori sostengono, in altre parole, che la razionalità (...) è diventata una forza disumana, che si
mostra nello spietato sfruttamento capitalistico e nella criminale efficienza burocratica dell'olocausto, (...) moderna ed efficiente
barbarie
Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Il filosofo che vuole spegnere le proprie passioni assomiglia al chimico intenzionato a spegnere il fuoco necessario ai suoi
esperimenti.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
Sembra che la natura abbia nascosto nel fondo della nostra mente talenti e abilità sconosciute a noi stessi. Solo le passioni possono
trarli fuori, e darci talvolta delle vedute più sicure e più compiute di quanto potrebbe l’arte.

La vita: istruzioni per l’uso (G. Perec)
Nell’arte del puzzle l’oggetto – sia esso un atto percettivo, un apprendimento, un sistema fisiologico o un pezzo di legno – non è una
somma di elementi da isolare e analizzare dapprima, ma una struttura dove l’elemento non è più immediato né più antico, né
determina l’insieme, ma è l’insieme a determinare gli elementi: la conoscenza del tutto e delle sue leggi, non è deducibile dalla
conoscenza delle singole parti che lo compongono: si può guardare un pezzo tre giorni di seguito credendo di saperne tutto senza
aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di allegare quel pezzo ad altri pezzi. Il pezzo isolato è domanda
impossibile, sfida opaca. Se dopo molti errori e tentativi o in un mezzo secondo prodigiosamente ispirato appena riesci a connetterlo,
ecco che l’estrema difficoltà non solo non ha più motivo di esistere ma sembra non averne mai avuto. I due pezzi miracolosamente
riuniti sono diventati ormai uno, a sua volta fonte di errori, smarrimenti e attesa (…)
Un taglio di pezzi aleatorio produrrà una difficoltà aleatoria oscillante tra una facilità estrema per i bordi, i particolari (…) e una
difficoltà fastidiosa per le zone d’ombra, il cielo, ecc. e la soluzione consiste nel tentare tutte le combinazioni possibili. Nei pezzi di
legni, dove i pezzi sono tagliati a mano, l’arte inizia quando il fabbricante si pone i problemi che il giocatore dovrà risolvere e
sostituisce al caso l’astuzia, la trappola, l’illusione e ogni gesto, ogni brancolare nel buio, intuire e operare sono già stati calcolati
dall’altro. Non si tratta mai di un gioco solitario (…)
A volte risolveva d’istinto come quando attaccava dal centro a volte per deduzione da puzzle precedenti ma quasi sempre ci lavorava
giorni con l’impressione tenace del perfetto imbecille. Ritrovava in quel senso di impasse, di vicolo cieco, l’essenza stessa della sua
passione: una specie di torpore, di rimuginio, di abbrutimento smorto alla ricerca di qualcosa di informe di cui solo biascicava i
contorni (…) brontolii confusi, rumori di fondo di una fantasticheria maniacale, sterile, infelice. Talvolta al tendere di quelle ore di
inerzia malinconica, lo prendevano accessi improvvisi di rabbia terribile. Più spesso al termine di quelle ore, dopo aver attraversato
tutti gli stadi dell’ansia e dell’esasperazione controllate, raggiungeva una specie di trance, un inebetimento tutto asiatico forse
analogo a quello che cerca l’arciere: un oblio profondo del corpo e del bersaglio, una mente vuota, aperta, disponibile, un’attenzione
intatta ma libera di librarsi al di sopra delle vicissitudini dell’esistenza delle contingenze del puzzle e dei tranelli dell’artigiano. In
quei momenti vedeva senza guardarli i sottili intagli del legno incastrarsi e poteva, prendendo due pezzi cui non aveva mai fatto caso
o che forse aveva giurato per ore non potessero mai riunirsi, comporli in un amen. Quella sensazione di grazia durava a volte minuti e
allora gli pareva di essere un veggente: percepiva tutto, copriva tutto, avrebbe potuto vedere crescere l’erba: giustapponeva i pezzi a
gran velocità senza sbagliarsi mai, ritrovando i particolari che gli avrebbero in ogni momento indicato la soluzione se solo avesse
avuto occhi per vedere: gli uccelli ridiventavano onde, i tronchi rami.
104

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Niels Bohr (…) che era noto per la sua capacità di vedere le cose da più punti di vista, un giorno disse: “Ci sono due tipi di verità. Ci
sono quelle superficiali, il cui contrario è evidentemente falso, ma ci sono anche le verità profonde il cui contrario è altrettanto
giusto”.

Neisser
Ciascuno di noi viene creato dagli atti cognitivi in cui si trova impegnato.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Siamo sempre a rischio di condizionamento da parte di distorsioni percettive (il cosiddetto inconscio cognitivo), (...) meccanismi di
difesa primitivi e (...) misure e contromisure di sicurezza.

Bruner
Il modo in cui uno parla finisce per diventare il modo in cui rappresenta e costruisce ciò di cui parla.
Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
L’amor proprio è più abile del più abile degli uomini (…) L’amor proprio è l’amore di sé. Per esso gli uomini adorano se stessi e si
farebbero tiranni sugli altri se la fortuna ne desse loro i mezzi (…) Nulla è più impetuoso dei suoi desideri, nulla più nascosto dei suoi
propositi, nulla più abile dei suoi piani. La sua elasticità non si può immaginare, le sue trasformazioni sorpassano quelle delle
metamorfosi, le sue raffinatezze quelle della chimica. Non si può sondare la profondità dei suoi abissi (…) In quelle profondità egli
concepisce, nutre e alleva senza saperlo un numero infinito di affetti e di odi, talvolta così mostruosi, che quando vedono la luce, li
disconosce e non può risolversi a confessarli. Dal buio che lo copre nascono le ridicole persuasioni che l’amor proprio ha di sé, di là
vengono gli errori, l’ignoranza, le grossolane ingenuità sul proprio conto, laggiù egli crede che siano morti sentimenti che sono solo
addormentati, crede di non aver più voglia di correre quando solo si riposa, pensa di aver perduto tutti i desideri che ha soddisfatto.
Ma quell’oscurità spessa che lo nasconde a se stesso non gli impedisce di vedere perfettamente ciò che è al di fuori (…) Negli affari
più importanti quando la violenza dei suoi desideri sveglia tutta la sua attenzione, esso vede, sente, ode, immagina, sospetta, penetra,
indovina tutto; in modo che si è tentati di credere che ognuna delle sue passioni abbia una specie di propria magia (…) In previsione
delle sventure che lo minacciano (…) compie qualche volta in poco tempo e senza sforzo quel che non ha potuto fare in molti anni e
con tutte le sue forze; e da ciò si potrebbe concludere verosimilmente che egli stesso accende i suoi desideri, più che la bellezza e il
merito di quanto ne forma l’affetto; che il suo proprio gusto è valore che li innalza e ornamento che li abbellisce (…) Egli è tutti i
contrari: imperioso e obbediente, sincero e dissimulatore, misericordioso e crudele, timido e audace (…) È bizzarro e mette spesso
ogni impegno nelle cose più frivole; trova piacere nelle più insipide, mantiene tutta la propria fierezza nelle più spregevoli. Si trova
in tutti gli stati della vita, in tutte le condizioni (…) Non si cura che di esistere e pur di esistere accetta di essere il nemico di se stesso
(…) Non bisogna dunque stupirsi che talvolta si unisca alla più rude austerità e ad essa si accompagni per distruggersi, perché,
quando si rovina in un luogo, risorge in un altro (…) Ecco il ritratto dell’amor proprio, di cui tutte la nostra vita non è che la lunga e
grande agitazione.

La fiera delle vanità (W. M. Thackeray)
Chi può dire quanta vanità (…) e quanto egoismo ci siano nel nostro amore? Il vecchio ** non stette molto a meditare sulla natura dei
suoi sentimenti (…) Egli credeva fermamente che tutto quello che faceva era giusto e che doveva in ogni cosa fare a modo suo (…) e
il suo odio si inalberava contro qualsiasi cosa paresse opposizione. Egli era orgoglioso del suo odio come di ogni altra sua cosa. Aver
sempre ragione, camminare sempre dritto, non avere mai dubbi, non sono queste le grandi qualità con cui la stupidità tiene le redini
del mondo?

Il lupo dei mari (J. London)
Possedeva l’equilibrio perfetto, la suprema fiducia in sé che nulla poteva scuotere (…) Sembrava avere una coscienza perfettamente
tranquilla perché non ne possedeva alcuna (…) I suoi ragionamenti acquistavano forza dalla loro stessa semplicità

Zibaldone (G. Leopardi)
Tale è la misera condizione dell’uomo in società (…) ch’egli è sovente (…) pigliato per tutt’altro, anche dagli altri pochissimi
virtuosi (…) Giudichiamo del carattere degli uomini dal modo nel quale si sono portati verso noi (…) E il più scellerato del mondo,
se non ci avrà nociuto (…) basterà questo perch’egli nell’animo nostro abbia un posto non cattivo, ed anche di uomo onesto. E
quando anche l’intelletto ripugni, il cuore e la fantasia ne terranno sempre questo concetto.

U. Ojetti
Dubitare di se stessi è il primo segno dell’intelligenza.

Avere o essere (E. Fromm)
Le nostre motivazioni, idee e credenze conscie sono un miscuglio di false informazioni, preconcetti, passioni irrazionali,
razionalizzazioni, pregiudizi, sul quale galleggiano brandelli di verità dando la sicurezza, per quanto illusoria, che l’intera misura sia
reale e vera. L’attività pensante tenta di organizzare questa cloaca di illusioni secondo le leggi della logica e della plausibilità.

I. Kant
L’errore non è mai ritenuto più utile della verità, ma spesso l’incertezza sì.

J. Joubert
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Quelli che non ritrattano mai, amano se stessi più della verità.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
Non vi sono persone che abbiano più spesso torto di quelli che non possono tollerare di aver torto.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Se certuni non si credessero in dovere di sostenere il proprio errore perché l’hanno enunciato una prima volta, sarebbero diventati
ben differenti da quel che sono!

1984 (G. Orwell)
Mutare pare costituisca una confessione di debolezza (…) Se si vuol comandare e persistere nell’azione di comando, bisogna
manovrare e dirigere il senso della realtà.

Sua Santità (G. Nuzzi)
L’impotenza è il sentimento più diffuso (…) Non possiamo fare niente perché certe realtà fanno parte del Vaticano e tutti temono
forse che cambiare sarebbe un’implicita ammissione di errore (…) Persiste una volontà omissiva sui fatti.

Il castello (F. Kafka)
Errori non se ne commettono (…) e, anche se ciò per eccezione accade, chi può dire alla fin fine che sia davvero un errore? (…) Chi
può dire se il secondo ufficio giudicherà allo stesso modo, e anche il terzo, e i successivi?

Il contesto (L. Sciascia)
L’errore giudiziario non esiste (…) Perseguire il colpevole è impossibile tecnicamente (…) Centinaia di milioni di uomini ormai si
somigliano e non dico fisicamente. Non ci sono più individui (…) Il disonore e il delitto debbono essere restituiti ai corpi della
moltitudine, come nelle guerre militari (…) Puniti nel numero. Giudicati dalla sorte (…) I gradi del giudizio, la possibilità dei ricorsi,
degli appelli (…) postulano (…) non la possibilità dell’errore ma solo l’esistenza di un’opinione diciamo laica sull’amministrazione
della giustizia. Ora quando una religione comincia a tener conto dell’opinione laica è ben morta anche se non sa di esserlo.

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Questi punti devono essere messi in luce e smantellati nella nostra orazione, se vogliamo fare apparire i testimoni come falsi per odio
o per rivalità o per compiacenza o per danaro. E se la parte contraria avrà un numero troppo piccolo di testimoni, sarà opportuno
rimproverare il fatto che siano appunto pochi; se ne avrà troppi, bisognerà far nascere il sospetto di un accordo premeditato; se ne
produrrà di modesti, si dovrà far rilevare che non sono da tenere in conto; se di potenti, che la loro deposizione è inficiata da
favoritismi…

La scomparsa dei fatti (M. Travaglio)
Il valore da salvare è l’imparzialità, che non è sinonimo né di obiettività né di neutralità, (…) ma di salvare il nucleo centrale dei fatti
(…) L’obiettività è impossibile: ciascuno di noi ha i suoi interessi e passioni e valori. La sua visione del mondo condiziona il suo
modo di vedere e giudicare (…) Nessuno può essere obiettivo e nemmeno neutrale (…) Non è obiettivo nemmeno l’obiettivo delle
macchina fotografica o l’occhio della telecamera.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Pare che soltanto alle menti più elette e più equilibrate sia dato di preservare l’immagine della realtà esterna, qual è percepita, dalle
deformazioni cui solitamente va soggetta nel passaggio attraverso l’individualità (…)
Critiche alla moglie, amicizie tramutatesi in inimicizie, errori, ripulse da parte di concorrenti, furti di idee: certo non è puro accidente
la necessità di toccare argomenti così penosi volendo risolvere un certo numero di esempi di dimenticanze di nomi, propositi,
impressioni e fatti o sbadataggini, lapsus verbali, di lettura e di scrittura ecc (…) Sembra sia del tutto generale la tendenza a
dimenticare quel che è sgradevole (…)
Questa tendenza elementare di difesa è uno dei pilastri del meccanismo dei sintomi isterici.
Fattori che mirano a mire opposte a volte riescono perché il principio architettonico dell’apparato psichico è la stratificazione, la
struttura a istanze sovrapposte (…)
Va inteso in modo analogo il tipico turbamento della capacità di giudizio nei casi in cui si tratta dei parenti più prossimi (…)
Le insulsaggini, le assurdità e gli errori del contenuto onirico, a cagione dei quali il sogno difficilmente viene riconosciuto come
prodotto di prestazione psichica, nascono nella stessa maniera degli ordinari sbagli nella nostra vita quotidiana (…) Sono effetto di
una perturbazione per via associativa (…)
Le formazioni dell’isteria e delle nevrosi ossessive ripetono le caratteristiche essenziali di questo modo di funzionare della mente
(…) nei sogni e negli atti mancati o azioni casuali (…) Il paranoico ha ragione in un certo senso: nei paranoici affiorano alla
coscienza le verità, le necessità di interpretare le azioni casuali come manifestazioni di intenzioni e messaggi. Egli sbaglia nel
proiettare all’esterno tale intuizione su di sé.

Operette morali (G. Leopardi)
Gli uomini credono generalmente per assuefazione, non per certezza di prove concepite nell’animo (…) e non mutano mai opinione
in maniera che credono di mutarla.

Vangelo (Giovanni IIII, 19)
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.

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L’uomo senza qualità (R. Musil)
Se di dentro la stupidità non somigliasse all’intelligenza, se di fuori non si potesse scambiare per progresso, genio, speranza,
perfezionamento, sarebbe facile combatterla: l’affermazione che un’oleografia è una produzione artistica più ingegnosa di un quadro
contiene una verità ed è più facile dimostrare tale verità che non dimostrare la grandezza di Van Gogh (…) Non esiste una sola idea
importante di cui la stupidità non abbia saputo servirsi, essa è versatile (…) La verità ha una sola strada invece ed è perciò sempre in
svantaggio.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Dal punto di vista umano, l’approccio scientifico è la capacità di essere obiettivi, ovvero l’umiltà di vedere il mondo, le cose, gli altri
e noi stessi così come sono, senza che i nostri desideri e i nostri sentimenti deformino la realtà. L’approccio scientifico implica la
fiducia nelle capacità della nostra mente di riconoscere la verità e la realtà, ma anche la costante disponibilità a modificare i risultati
del nostro pensiero via via che si scoprono nuovi dati (…) Ma che cosa ne è oggi di questo approccio? (…) Chi oggi legge le
pubblicazioni scientifiche, si tiene aggiornato sulle scoperte più recenti ed è convinto che esistano scienziati in grado di fornire una
risposta a tutto, è partecipe di questo nuovo dogma, la religione della scienza, che gli permette di esimersi dal ragionare con la
propria testa.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Del resto, si dimentica in fretta ciò che si è pensato senza profondità, ciò che ci è stato dettato dall’imitazione o da passioni
circostanti. Queste cambiano, e con esse si modifica il nostro ricordo. (…) Gli uomini politici dimenticano il punto di vista che, in un
certo momento, hanno adottato. (…) Quanto alle persone di mondo, è ben poco quello che ricordano (…)
Si era creduta disprezzata (…) s’era inventata tutto un romanzo di deposizioni che, nella fantasia, le sarebbero state richieste e, a
forza di ripetersene i particolari, non sapeva forse più nemmeno lei se fossero veri o no (…)
La stessa testimonianza dei sensi è un’operazione dell’intelletto, in cui la convinzione crea l’evidenza. (…) Parecchie volte (…) il
senso dell’udito portava a ** non la parola (…) pronunciata, ma quella che (…) credeva giusta, il che era sufficiente perché non
sentisse l’implicita rettifica d’una pronuncia migliore (…)
Poiché il mondo è il regno del nulla, fra i meriti (…) non vi sono che sfumature insignificanti, follemente ingigantite, a volte, solo dai
rancori o dall’immaginazione (…)
Era talmente stupido da trovare “piuttosto sciocca” quella ragazza mille volte più intelligente di lui, e questo, forse per la semplice
ragione che lei lo amava.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
I pazzi e gli sciocchi non vedono che attraverso il loro umore.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Dove vien meno l’interesse anche la memoria vien meno (…) I pregiudizi degli uomini riposano sul carattere degli uomini in un dato
momento; perciò, intimamente uniti colla condizione di essi, sono invincibili; né l’evidenza, né l’intelletto, né la ragione hanno su di
essi il menomo influsso (…) In realtà tutto dipende dai sentimenti; dove ci son sentimenti ci son anche pensieri, e secondo come sono
i sentimenti sono i pensieri.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
A mano a mano che la filosofia fa progressi, la stupidità raddoppia i propri sforzi per ricostituire il dominio dei pregiudizi (…) Gli
uomini sono così perversi che la sola speranza e persino il solo desiderio di correggerli, di vederli finalmente ragionevoli e onesti, è
un’assurdità, un’idea romanzesca che si perdona soltanto all’ingenuità della prima giovinezza.

La spirale della violenza (G. Salierno)
Ulteriore caratteristica, di molti tra questi malviventi, è una stolta presunzione (…) Se poi posseggono un Q.I. (è raro, ma ce ne sono)
superiore alla media, oscillante cioè tra i 105 e i 115 punti, ed hanno letto, soprattutto durante la detenzione, un po’ di libri, si credono
degli Einstein, assumono delle pose da intellettuali e pontificano su tutto. Abituati come sono, sin dall’infanzia, a valutare tutto e tutti
con estrema superficialità, si convincono in un baleno di essere alla pari, come intelligenza e cultura, con chiunque, e danno pareri e
consigli a destra e manca. Purtroppo, trovano anche ascoltatori. Contraddirli? È una parola! I ragionamenti pacati li esasperano, anzi
in genere non li seguono neppure. L’unica cosa sensata è cercare di evitare di discutere con loro o meglio ancora dare l’impressione
di essergli inferiori come preparazione e intelletto. D’altro canto, occorre considerare che, vivendo in un ambiente in cui l’ignoranza
sposata alla stupidità forma una coppia che regna sovranamente incontrastata, non possono rendersi conto del loro basso livello
culturale e intellettuale e non possono quindi comprendere che anche un genio assoluto deve passare buona parte della sua vita sui
libri per poter capire alcune delle leggi che regolano i rapporti degli uomini o della natura. Il guaio è che costoro usciranno montati;
che, probabilmente, compiranno nuovi reati (a cui seguirà immancabilmente l’arresto e la condanna) e torneranno in carcere prima
ancor di aver avuto il tempo di prendere coscienza dei loro modesti limiti. Potranno salvarsi, invece, se le circostanze li favoriranno,
facendogli trovare un’occupazione appena usciti dal carcere o poco dopo. In questo caso, la loro intelligenza gli permetterà di
lavorare con profitto e di accettare, utilitaristicamente, le norme di convivenza sociale.

Satira I, 3 (Orazio)
L’amico ha un difetto? (…) Vive a stecchetto? Chiamatelo parco. È importuno, è ficcanaso un po’ più dell’onesto? Dovete chiamarlo
servizievole. Oppure sarà troppo zotico e franco più dell’onesto? E voi chiamatelo pure vivace (…) Gli stessi pregi torciamo in difetti
(…) Quest’uomo è modesto? Noi che viviamo con lui diciamo che è troppo alla buona. Quello è flemmatico? E noi lo diciamo
lumaca. Quest’altro sfugge a qualunque attacco, non offre il fianco scoperto a nessun tristo, per quanto conduca la vita in un campo
dove fiorisce l’invidia maligna e il crimine? Invece di dirlo accorto e scaltro, si chiama sornione e volpone. Sarà quest’altro un po’
malaccorto (…) sì che interrompa un che legge, che pensa, e si renda molesto con le sue ciance? E noi: “non ha nessun senso
107

comune”.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Con la sua esperienza di sessant’anni egli sapeva quale peso dovesse dare alle voci, conosceva le capacità degli uomini, quando
desiderano qualcosa, di raggruppare tutte le notizie in modo che confermino quanto si desidera e sapeva quanto in questi casi si
tralasci volentieri tutto quanto contraddice il nostro desiderio.

Papà Goriot (H. de Balzac)
Una delle più detestabili abitudini degli spiriti lillipuziani è di supporre presso gli altri la loro stessa grettezza.

Salmi (Sacra Bibbia)
Interpretano male tutto quello che dico/faccio.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Non si ha proprio il diritto di imputare agli intellettuali una sensibilità sofisticata; erano gente di mondo e affini ad aggirarsi
nell’esistenza con occhi accecati da cattivi clichés e un cuore invaso da luoghi comuni (…) Mai un istante di sincerità (…) Il loro
destino era fatto solo di ambizioni vuote, di gelosie brucianti, di vittorie e sconfitte astratte. Quando ci sarebbero tante cose da amare
e da odiare solidamente (…) L’indifferenza non esiste (…) Sì, era stato per stanchezza, per pigrizia, per vergogna della mia ignoranza
che avevo scioccamente preteso il contrario.

Dieci anni dopo (D. Bonhoeffer) in Ribellarsi è giusto a cura degli Asini
Non tenteremo mai più di persuadere con argomentazioni lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa (…) La stupidità (…) è un
difetto che interessa non l’intelletto ma l’umanità di una persona. Ci sono uomini straordinariamente elastici dal punto di vista
intellettuale che sono stupidi e uomini molto goffi intellettualmente che non lo sono. Ci accorgiamo con stupore di questo in
situazioni nelle quali su ha l’impressione che la stupidità non sia un difetto congenito, ma piuttosto che in determinate circostanze gli
uomini (…) si lascino rendere tali. Ci è dato osservare, inoltre, che uomini indipendenti, che conducono vita solitaria, denunciano
questo difetto più raramente di uomini o gruppi che inclinano o sono costretti a vivere in compagnia. Perciò la stupidità sembra
essere un problema sociologico piuttosto che un problema psicologico (…) Osservando meglio si nota che qualsiasi ostentazione
esteriore di potenza, politica o religiosa che sia, provoca l’istupidimento di una gran parte degli uomini (…) La potenza dell’uno
richiede la stupidità degli altri. Il processo secondo cui ciò avviene non è tanto quello dell’atrofia o perdita improvvisa di determinate
facoltà umane – ad esempio quelle intellettuali – ma piuttosto quello per cui, sotto la schiacciante impressione prodotta
dall’ostentazione di potenza, l’uomo viene derubato della sua indipendenza interiore (…) Il fatto che lo stupido sia spesso testardo
non deve ingannare sulla sua mancanza di indipendenza. Parlandogli, ci si accorge addirittura che non si ha a che fare con lui
direttamente, personalmente, ma con slogan, motti ecc. (…) Lo stupido sarà capace di qualsiasi malvagità, essendo
contemporaneamente incapace di riconoscerla come tale. (…) Nella maggioranza dei casi un’autentica liberazione interiore è
possibile solo dopo essere stata preceduta dalla liberazione esteriore (…) Inutilmente ci sforziamo di capire che cosa effettivamente il
popolo pensa (…) Questo interrogativo risulta superfluo (…) La liberazione interiore dell’uomo alla vita responsabile davanti a Dio è
l’unica reale vittoria sulla stupidità (…) Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità (…) Contro la stupidità
non abbiamo difese: (…) le motivazioni non servono a niente. Ai fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali
semplicemente non si crede – in questi casi lo stupido diventa addirittura scettico – e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono
essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel far questo lo stupido, a differenza del malvagio, si sente
completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rapidamente all’attacco.

La banalità del male (H. Arendt)
Eichmann era senza immaginazione e senza idee e tale mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più
grandi criminali. Certe frasi esaltanti gli facevano dimenticare la realtà. Era incapace di pronunciare frasi che non fossero clichés, per
un difetto che doveva averlo tormentato a scuola e che sfociava in afasia. Erano spesso frasi altisonanti che gli servivano per
autoesaltarsi in modo da superare crisi momentanee e non per definire (pertanto poteva contraddirsi spesso). Quando riusciva a
costruire un periodo, lo ripeteva fino a farlo diventare un cliché e avviando discorsi che metteva in moto come un meccanismo, anche
quando inopportuno. All’origine c’era un’incapacità di pensare da solo o dal punto di vista di un gruppo diverso dal riferimento
abituale. Era questo che gli psichiatri trovavano tanto normale e ideale? (…)
Quella lontananza della realtà e quella mancanza di idee possono essere più pericolose degli istinti malvagi.

Signor Tentenna (C. Consoli)
Signor Tentenna non è facile assumersi il rischio di una scelta e servirsi addirittura di parole proprie. Mimetizzarsi e vivere di luce
riflessa in fondo ad acque torbide tra miseri inganni e menzogne, complessi di inferiorità e ingombranti manie di grandezza (…) Non
è motivo di vergogna il non saper centrare alcun bersaglio, l'aver mancato l'ennesimo colpo irrimediabilmente. E ben poco importa se
tua moglie non fa altro che piangere, ossessionata dal sentore dei tuoi numerosi tradimenti, ingurgita ignoti dolori ed elevate dosi di
calmanti e in fondo non ha tutti i torti e non è affatto un caso se amanti, amici e sogni si dileguano. Il cane sul balcone aspetta da
mesi il privilegio di una passeggiata eppure la sera fedelmente esulta al tuo rientro. E' ormai consuetudine, Signor Tentenna, perdersi
d'animo, non essere all'altezza delle proprie ambizioni e sgomitare per distinguersi dal branco. L'ignoranza è un non trascurabile
complesso, una voragine: la si può occultare nel silenzio scansando il pericolo di un mite confronto diretto.

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
I “Siciliani” odieranno sempre chi li vorrà svegliare (…) Non posso porgere un dito, me lo morderebbero (…) Che cosa se ne
farebbe, il Senato di un legislatore inesperto cui manca la facoltà di ingannare se stesso, questo requisito essenziale per chi voglia
guidare gli altri? (…) Non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è più forte
108

della loro miseria. Ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di
raggiunta compiutezza (…) Quel senso di superiorità noi chiamiamo fierezza ed è cecità.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Più di chiunque altro apprezziamo chi aggiunge a grandi virtù quella di metterle senza risparmio a disposizione dei nostri vizi (…)
Trovava più intelligente ** che non soltanto era gentile con ***, ma andava a pescare nei (…) testi che decoravano l’inclinazione del
barone (…) Tra tutti preferiva coloro che accoglievano il suo punto di vista sulla vita.

Middlemarch (G. Eliot)
La fede di ** in lui completò tutto quello che le parole di *** sembravano non dire: nessun credente sarà mai turbato da
un’omissione o da una frase infelice (…) Vedeva in lui le qualità che sapeva di possedere lei stessa, ma in proporzioni più grandi.

I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Tutti e due si mormoravano parole frenetiche, quasi senza senso, anche non vere, ma in quel momento era tutto vero e credevano
ciecamente a quello che dicevano.

Peanuts (C. Schulz)
Linus: “Come si può decidere cosa pensare? Non si deve prima pensare e poi cercare di capire quel che si è pensato? (…) Mi stai
guardando con occhi vuoti.”

Guerra e pace (L. Tolstoj)
** veniva sgarbatamente sospinto e interrotto (…) Ciò non era dovuto al senso delle sue parole (che si erano addirittura scordate
visto che molti discorsi erano seguiti al suo), ma perché la folla per mantenere l’agitazione ha bisogno di un oggetto tangibile
d’amore e di un oggetto tangibile di odio.

Il lupo dei mari (J. London)
Qui il ragionamento non aveva alcun valore e solo la forza contava (…) Per sciocco che fosse l’argomento di discussione, la qualità
del loro ragionamento lo era anche di più o piuttosto non vi era ragionamento alcuno, poiché si limitavano ad asserire, presumere,
accusare. Essi provavano qualcosa con l’enunciare la frase con tono aggressivo, opponendole poi i pareri della parte contraria, i
pregiudizi, i luoghi comuni, la tradizione.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Dal momento che il narcisista basa il contenuto di verità delle sue affermazioni sul fatto che sia lui a farle, allora non può neppure
ritrattarle dicendo che la prossima volta si documenterà meglio (…)Un forte narcisista può comportarsi con sicurezza perché non è
interessato a come stanno realmente le cose.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Nelle loro confutazioni i dotti sono per solito astiosi; uno che sbaglia lo considerano un nemico mortale.

Arte del conversare (M. Montaigne)
Gli uomini non hanno il coraggio di sopportare di essere corretti e parlano sempre dissimulando in presenza gli uni degli altri (…)
Ognuno contraddice e viene contraddetto (…) Frutto della disputa è distruggere la verità (…) Ci si attacca a una parola, a una
similitudine: chi non sente più ciò che gli si obietta, tanto è impegnato nella sua corsa e si preoccupa di seguire se stesso, non voi.
Chi, sapendo di avere le spalle deboli, teme tutto, rifiuta tutto, confonde e imbroglia il discorso o si arrabbia al punto di zittirsi del
tutto, affettando orgoglioso disprezzo che nasconde ignoranza. Un altro conta le parole, vi mette solo la superiorità della propria
voce. E questo, poi, che vi assorda con preamboli e discussioni inutili. Quello si arma di mere ingiurie e cerca una questione da
niente per sbarazzarsi di uno spirito che opprime il suo. Quest’ultimo non capisce nulla della ragione ma vi tiene assediato nella
cerchia dialettica dei suoi periodi e formule. E a quanti animi sciocchi un contegno freddo e taciturno ha servito come titolo di
saggezza e capacità (…) Giudizi generali poi non dicono niente (…) È proprio dei più incapaci tornare sempre dalla lotta con allegria
(…) Non è vero mercante colui che guadagna sempre.

Detti e frecce in Il crepuscolo degli dèi (F. Nietzsche)
Anche il più coraggioso di noi solo raramente ha il coraggio di ciò che realmente sa…

L’io e l’inconscio, Parte seconda, cap. 2 credo in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Mi interessa molto di più indicare le vie e le possibilità di simili esperienze che porre formule intellettuali, le quali per difetto di
esperienza rimarrebbero necessariamente vuoti fantasmi verbali. Moltissimi, purtroppo, imparano le parole a memoria e si
immaginano le esperienze, e poi, secondo il temperamento, si esprimono in tono di credenti o di critici.

F. Nietzsche
Per ciò di cui non si ha esperienza, non si hanno orecchie.

Dialoghi (L. A. Seneca)
La peggior feccia non sopporta guida.

Avere o essere (E. Fromm)
La differenza tra le modalità dell’avere e dell’essere, può essere facilmente illustrata da due esempi di conversazione (…) Di coloro
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che fanno propria la modalità dell’avere né l’uno né l’altro è disposto a mutare parere, e non s’aspetta neppure che cambi l’opinione
del suo avversario (…) la loro opinione o conoscenza è per loro uno dei loro possessi, ragion per cui la sua perdita equivarrebbe a un
impoverimento (…) In una parola, dentro di sé pesano il proprio valore e, forti di questa valutazione, nella conversazione che segue
mettono in mostra le proprie merci (…) All’estremità opposta si collocano coloro fanno propria la modalità dell’essere (…) Essi
affrontano una situazione senza prepararvisi minimamente, e senza farsi animo in nessun modo. Al contrario, costoro rispondono
spontaneamente e produttivamente; si dimenticano di se stessi, delle nozioni, della posizione che hanno. Il loro io non è d’intralcio,
ed è proprio per tale motivo che possono rispondere appieno all’altra persona e alle idee di questa. Danno vita a nuove idee, proprio
perché non si aggrappano a nulla. Mentre coloro che fan propria la modalità dell’avere si fondano appunto su ciò che hanno, le
persone che fan propria la modalità dell’essere si basano appunto sul fatto di essere, sul fatto che sono vive e che qualcosa di nuovo
avrà vita, a patto che abbiano il coraggio di lasciarsi andare e rispondere. Nella conversazione, costoro esprimono in pieno la propria
vitalità, perché non si autosoffocano con ansie e preoccupazioni per ciò che hanno (...) In tal modo, la conversazione cessa di essere
uno scambio di beni (informazioni, nozioni, condizione sociale) e diviene un dialogo in cui più non importa chi abbia ragione e chi
torto. Si noti, per inciso, che il fattore essenziale nella terapia psicoanalitica è costituito appunto da questa qualità vitalizzante del
terapeuta. L’interpretazione psicoanalitica, per quanto estesa e approfondita, non avrà effetto alcuno se l’atmosfera in cui ha luogo è
greve, morta, noiosa.

Una nuova coscienza (G. Gaber)
Sta diventando morale tutto ciò che conviene.

Martin Chuzzlewit (C. Dickens)
Essendovi una particolare provvidenza anche nella caduta di un passero, ne consegue (...) che deve inoltre esistere una particolare
provvidenza nel lancio del sasso (...) contro il passero. E poiché ** aveva sempre colpito il passero sulla testa, quel gentiluomo
poteva essere indotto a ritenersi in possesso di un'autorizzazione speciale per dare la caccia ai passeri (...) Numerose imprese,
nazionali e individuali (...), ritenute gloriose e riuscite, non verrebbero mai giudicate tali qualora si seguisse un qualsiasi altro
processo di ragionamento.

L’uomo senza qualità (Musil)
Il ragionamento morale è solo un mezzo per un fine, un metodo di lotta a cui si ricorre all’incirca come alla menzogna (…) Morale da
imprenditore (….) Buono è considerato oggi ciò che dà l’illusione di condurci a qualcosa.

M. Proust
L’istinto detta il dovere e l’intelligenza detta i pretesti per eluderlo.

Voltaire
Gli uomini si servono delle parole per celare il loro pensiero e dei pensieri per giustificare le loro ingiustizie.

Archetipo e inconscio collettivo (C.G. Jung)
L’importante è che la colpa sia degli altri.

Favola Il lupo e l’agnello (Fedro)
“Sei mesi fa” – disse il lupo – “parlasti male di me”. Rispose l’agnello: “Ma se non ero ancora nato…”. “Tuo padre, per Ercole, parlò
male di me”. E così lo ghermisce e lo dilania.

I promessi sposi (A. Manzoni)
** che strepitava di notte in casa altrui (…) ha tutta l’apparenza di un oppressore; eppure, alla fin de fatti, era l’oppresso. *** (…)
parrebbe la vittima, eppure era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo (…)
I provocatori, i soverchiatori , tutti coloro che fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento
ancora a cui portano gli animi degli offesi

Operette morali (G. Leopardi), 154
Non c’è cosa che faccia vergogna agli uomini sperimentati nel mondo, salvo che il vergognarsi (…)
Di infinite cose veramente ridicole è rarissimo che si rida. Al contrario, di mille cose gravissime o convenienti, tutto giorno si ride e
con grande facilità se ne muovono le risa degli altri (…) Anzi, le più delle cose delle quali si ride ordinariamente sono tutt’altro che
ridicole e di moltissime si ride per questa cagione stessa, che elle non sono degne di riso (…) Meraviglioso potere quello della moda,
che gli uomini seguono eziandio contro ragione e a loro danno.

Amica (rivista)
** è cattiva (…) cioè è ammirevolmente determinata e si muove dritta verso i suoi obiettivi, al di là di scrupoli morali e altri orpelli…

La banalità del male (H. Arendt)
Nelle sue memorie Dostojevskij ricorda che, in Siberia, tra tanti assassini, ladri e violenti non ne trovò mai uno solo disposto ad
ammettere di avere agito male. Un criminale si protegge restando dentro gli stretti confini della sua banda.
La società tedesca con gli stessi trucchi e menzogne radicate nella mentalità di Eichmann si era protetta dalla realtà. Ancora dopo la
guerra ciò rimase perché l’abitudine di ingannare se stessi era diventato comune quasi fosse un presupposto normale per sopravvivere
(…)
Eichmann poteva pensare di non stare mentendo e di non essere un criminale ricordando il passato in cui lui e la società erano stati in
armonia. Il viceministro degli Esteri arabo disse addirittura che Hitler non aveva colpa e anzi era una vittima innocente dei sionisti
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che lo avevano spinto a commettere crimini che alla fine avrebbero loro permesso di creare lo stato di Israele.

I Buddenbrook (T. Mann)
Ci si arrabbia di più quando si pensa in fondo di aver torto.

La fiera della vanità (W. Thackeray)
Quando un uomo ha contratto grandi obblighi di riconoscenza verso un altro con cui più tardi viene in discussione, pare che legittima
forma di dignità esiga da lui che egli dia prova di un’ostilità molto maggiore di quella che dimostrerebbe uno sconosciuto qualsiasi.
Per spiegare la vostra durezza di cuore, la vostra ingratitudine, siete costretti a sostenere che il vostro avversario è un delinquente.
Non è che voi siete egoista, brutale, collerico davanti all’insuccesso di una speculazione, no, no – ma è il vostro compagno che ha
cercato di imbrogliarvi nel più vile dei modi e per i più sinistri motivi. Semplicemente per un senso di coerenza il persecutore è
condotto a dimostrare che l’uomo sfortunato è un farabutto altrimenti lo stesso persecutore sarà considerato un malvagio. Come
regola generale, i creditori proclivi a essere implacabili, mettono a posto la coscienza con questo assioma: che nessun uomo
sfortunato negli affari deve essere del tutto onesto. Egli ha nascosto qualcosa, ha esagerato le possibilità di successo, s’è valso di
qualunque pretesto per ritardare di qualche giorno l’inevitabile rovina: “Basta con queste falsità”, dice il creditore trionfante.
S’indigna chi ha fortuna dinanzi al povero diavolo che si dibatte nel gorgo della miseria. Chi non ha notato la prontezza con cui gli
amici più intimi e gli uomini più onesti si sospettano e si accusano l’un l’altro di frode quando questioni di denaro li dividono? Così
fan tutti. Tutti hanno ragione. Il mondo soltanto, credo, è farabutto.

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Se qualcuno consiglierà a un uomo onesto cose disoneste, ricordi di non consigliarle come disoneste (…) Nessuno è tanto malvagio
da volerlo anche sembrare (…) Chi, infatti, delibera su un’azione nefanda, cerca solo il modo con cui sembrare che pecchi il meno
possibile.

America (F. Kafka)
Egli aveva fatto il servizio meglio di molti altri ragazzi. Ma nel momento decisivo a queste cose evidentemente non si bada in nessun
continente ma si decide secondo la sentenza che esce di bocca nel primo momento di rabbia (…) Ogni parola che poteva pronunciare
veniva interpretata male se non dall’uno almeno dall’altro (…) Ogni cosa che poteva dire poi sarebbe sembrata completamente
diversa da quello che lui aveva pensato e solo dalla maniera di giudicare degli altri dipendeva di trovare nelle sue parole il bene o il
male.

Dialoghi (L. A. Seneca)
L’aspetto peggiore di un animo reso arrogante dal continuo favore della sorte è che arriva a odiare quelli che ha offeso (…)
Gli uomini odiano soprattutto chi mostra in qualunque modo loro i loro peggiori difetti.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
I fortunati non si correggono mai: credono sempre di aver ragione quando la fortuna sostiene la loro condotta.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
I fortunati credono forse che lo sventurato debba morire davanti a loro con dignità come la plebe romana esigeva dai gladiatori?

O. Wilde
Nessuno di noi riesce a sopportare che gli altri abbiano gli stessi nostri difetti.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
Ci piace leggere nell’animo altrui, ma non ci piace che altri legga nel nostro. Se non avessimo difetti, non avremmo tanto piacere a
notare quelli degli altri (…) Noi ci onoriamo dei difetti opposti a quelli che abbiamo (…) Tutti trovano da rimproverare negli altri
quello che gli altri rimproverano loro (…) Ciò che ci rende insopportabile la vanità altrui è che essa offende la nostra.

Liside in Dialoghi socratici (Platone)
Le cose più simili sono piene di invidia, rivalità e ostilità reciproca.

Jane Eyre (C. Brontë)
Se avrete paura di loro vi prenderanno in antipatia.

Il rancore e le nuvole (A. Tabucchi)
Aspettava con un’aria malinconica, aveva assunto il registro stilistico dell’uomo tradito e lo accolse con occhi umidi senza il
coraggio di opporglisi virilmente. In questo modo egli tentava di punirlo, con un vile ricatto sentimentale ,(…) un modo raffinato e
laido di rinfacciare (…) E allora gli recitò il suo disprezzo (…)
Per questo le portava rancore, per come si era ridotta: un volto triste e sciatto nel corpo di una donna stanca. Che era una maniera
inconsapevole ma a suo modo una lamentela, una forma di rimprovero, una rimostranza mediocre. In realtà era solo la facciata
perversa della sua frustrazione.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Quando lei pianse: (…) gli parve vile, un comportamento indegno. Non sempre riusciamo a sopportare le lacrime di cui siamo causa.

La fiera della vanità (W. Thackeray)
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Il suo cuore infantile sanguinava. Dopo questo incidente, l’antipatia di ** per il figlio rasentò l’odio: la presenza del bambino in casa
le diventò un rimprovero (…) dal giorno degli schiaffi, madre e figlio erano divisi (…) Pensieri soavi, gusti semplici, ** non li
tollerava. Erano tanto alieni dalla sua natura da non poterli perdonare negli altri.

I demoni (F. Dostoevskij)
Alla madre non piacque che la figlia non l’avesse rimproverata per essere stata picchiata senza ragione; le aveva mostrato il pugno
(…)
La donna si infuriò perché per la prima volta aveva picchiato la bambina senza ragione; si precipitò verso la scopa, ne strappò alcune
verghe e frustò la bambina fino a lasciarle i segni sotto i miei occhi (…) La bambina singhiozzò poi per un’ora.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Quasi tutto ciò che gli riusciva gradevole o vantaggioso suscitava in ** l’entusiasmo virtuoso (…) Non appena la persona cessava di
dargli piacere, o anche, per esempio, se l’obbligo di adempiere le promesse fatte cominciava a creargli qualche fastidio, ** concepiva
nei suoi confronti un’antipatia che trovava modo di giustificare ai propri occhi e che gli consentiva di provare a se stesso (…)
d’essere svincolato da qualsiasi obbligo.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Eravamo irritati con ** perché ci sentivamo colpevoli. (…) Ricordo molto chiaramente che guardando la faccia onesta e arrabbiata di
** dicevo a me stessa: “Mio Dio com’è brutto! Com’è ridicolo! Non ricordo d’averlo mai pensato prima”. E poi capivo perché lo
pensavo.

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INTELLIGENZA E CORAGGIO

ANTIDOTI NATURALI ALL’AFFANNARSI E AL RAZIONALISMO
http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri
Quanto ai libri e ai siti web più utili per apprendere soluzioni ampiamente sperimentate a molti diversi problemi nervosi, le classiche
TECNICHE COGNITIVO-COMPORTAMENTALI di base, e altre soluzioni utili ai problemi nervosi e comuni, leggete il paragrafo che segue con
attenzione e tenendo ben a mente che i termini tecnici contenuti in esso e nei libri citati esprimono in genere concetti semplici.
Per le tecniche così chiamate vere e proprie il testo di riferimento è Psicopatologia dello sviluppo. Storie di bambini e psicoterapia
(F. Celi), un libro che dovrebbe stare in ogni casa. Anche in Sinossi di Psichiatria (Kaplan – Sadock's) ne trovate di importanti, in
particolare nei paragrafi dedicati ai vari disturbi da tic e di panico e nel cap. 28. Chi non può leggere Sinossi di psichiatria a causa del
costo elevato, legga con attenzione questi libri e il paragrafo più dettagliato su queste tecniche nel documento
http://www.slideshare.com/Piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri e/o li integri con pagine online, se ve ne sono, su deriflessione,
sulle reazioni ai più comuni errori cognitivi, su Habit reversal (risposta competitiva), sui diari (di cose belle accadute o realizzate, di
pensieri automatici, di compulsioni, di ossessioni e di rituali), ma credo che questo manuale vada sfogliato (ne trovate citati altri
capitoli in questo documento). Su www.videogametherapy.it si informa sull'uso dei videogiochi per aiutare ad affrontare paure ma
anche ansia, depressione o disturbo da stress post-traumatico, ma non è chiaro però se sia possibile scaricare i videogame evitando di
coinvolgere gruppi e psicoterapeuta (se no, ciò potrebbe bastare a sconsigliare questo approccio, perché il pericolo rappresentato dai
gruppi e dal contatto con queste figure professionali è sempre considerevole). Cercate online informazioni sullo "script di
riverberazione" illustrato da Di Giovanni in Psicologia della comunicazione. In Dialoghi ininterrotti (P. Bastianoni) si cita la
deriflessione, che è semplicemente distogliere il pensiero da un problema al momento insormontabile per concentrarlo sul futuro e su
un progetto. Chi soffre di balbuzie o ha figli che ne soffrono dovrebbe leggere alcuni dei manuali di formazione dei logopedisti,
scegliendo quelli più recenti, oltre a rivolgersi a uno di loro (io conosco alcune delle tecniche impiegate grazie a un racconto senza
pretese di Nicholas Evans, Insieme con i lupi). Chi soffre di fobie o autolesionismo può trovare utile anche leggere il capitolo sulla
fobia degli alieni di Civiltà in transizione: dopo la catastrofe di Jung e forse Ossessioni, fobie e paranoie di Freud, oltre che i saggi
citati più sopra e più avanti di Celi, De Beauvoir, Bastianoni, Storr e Salvini; nel cap. 2 di Diversità, devianza e terapia (Salvini-
Galieni) viene descritto il trattamento di fobie specifiche con la realtà virtuale. Informatevi sul neurofeedback, praticato anche in
ospedale, ma non adatto a tutti. Ogni tanto valutatevi con dei test su coping, problem solving, locus of control e cognizione sociale
quali almeno COPE, CISS e TOPS, con la precauzione di farlo in privato e cestinando il tutto fuori casa subito dopo (rimando al
paragrafo sui test psicologici più oltre nel documento). Consiglio di tener presente il modello di ORGI di Schein sullo sfondo dei
contributi della psicologia Gestalt e cognitiva, di quella psicodinamica e di quella detta psicosociale (meccanismi di difesa primitivi,
misure di sicurezza, errori tipici di percezione, di formazione delle impressioni e di attribuzione di cause). Rimando anche al buono
schema riassuntivo di metodi, limiti e vantaggi sui tre orientamenti psicodinamico, cognitivo-comportamentale e sistemico-
relazionale nella tabella 4.1 di Il colloquio nell'assistenza sociale (Allegri-Palmieri-Zucca).
Tra i libri di Carl Gustav Jung sono importanti come guida nel comportamento mirato a risolvere problemi nervosi in particolare i
capitoli La lotta con l'ombra (in Civiltà in transizione: dopo la catastrofe), La tecnica di differenziazione tra l'io e le figure
dell'inconscio, la seconda metà di Anima e Animus e forse anche I tentativi di liberazione dell’individualità dalla psiche collettiva (in
Due testi di psicologia analitica) e Fantasie dell'inconscio, Nevrosi e fattori etiologici dell’infanzia e Un caso di nevrosi di una
bambina (in Freud e la psicanalisi); in particolare Un caso di nevrosi di una bambina descrive i vari passaggi con cui si è permesso a
una bambina di superare dei problemi che avevano provocato in lei dei sintomi nevrotici anche psicosomatici e gli altri capitoli
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spiegano come affrontare e gestire umore inspiegabilmente depresso, cattive tendenze e fantasie nevrotiche. Analisi individuali più
complesse, a causa dell’apporto di molti sogni o mandala, eseguite secondo i metodi elaborati da Jung sono descritte nel cap. Simboli
di un’analisi individuale di L’uomo e i suoi simboli a cura di Jung e nelle pagine dedicate alla donna alle prese con i mandala nel cap.
Empiria del processo di individuazione in Archetipi e inconscio collettivo (dei due quello più voluminoso), mentre generali istruzioni
con numerosi esempi tratti da casi reali al riguardo si trovano nel cap. Processo di individuazione del citato ora L’uomo e i suoi
simboli. Tuttavia trovo che si riesca ad apprendere meglio le soluzioni date in questi testi se si approfondisce che cosa Jung intenda
con dissociazione dall’inconscio, possessione, prepotenza dell’Ombra, trickster e nevrosi: può quindi aiutare leggere in seguito anche
almeno quei capitoli selezionati in questo mio documento di Due testi di psicologia analitica, Archetipi e inconscio collettivo,
Mysterium coniunctionis, Ricerche sperimentali, Simboli della trasformazione, Civiltà in transizione:il periodo tra le due guerre, Lo
sviluppo della personalità, Freud e la psicanalisi. Credo anche che guidare in modo razionale il proprio comportamento richieda
nozioni sulle proiezioni, sul transfert e controtransfert e sul fascino: Jung affronta questi comportamenti inconsci all’origine di
distorsioni del giudizio in alcuni dei libri ora citati, ma anche in Pratica della psicoterapia nei capitoli 4 e 5 di Psicologia
dell’inconscio e nei capitoli I rapporti della psicoterapia con la cura d’anime e Il bene e il male nella psicologia analitica di
Psicologia e religione.
Di Erich Fromm è importante soprattutto leggere L’arte di ascoltare, per le soluzioni che fornisce sull’autoanalisi a partire dal
presente e anche dalle sensazioni fisiche e per le spiegazioni sulle ragioni per cui l’autoanalisi va imparata e preferita a qualsiasi
soluzione in studio o di gruppo.
Un buon suggerimento di Freud è di avviare l'autoanalisi con una liberatoria espressione scritta dei dialoghi e dei fatti del passato che
ristagnano nella memoria e bloccano l'energia, astenendosi da spiegazioni, commenti e giudizi e cestinando il tutto in seguito.
In Solo bagaglio a mano, Romagnoli riporta il consiglio seguito da lui stesso e da alcuni reduci da grandi traumi di raccontare
l’esperienza dolorosa vissuta servendosi di una lingua straniera per per mantenere un certo distacco e non rivivere il trauma.
Ricordo nuovamente che L'orologio della mente di Slepoj offre consigli per affrontare molti diversi problemi e lo fa con poche
parole, che Imparare a leggere di Bettelheim e Zelan non solo insegna a superare i lapsus nella lettura con calma autoaccettazione,
ma mostra come la lettura possa diventare un ottimo strumento per fare autoanalisi e creare benessere. Meno semplice è imparare a
cambiare percorso attraverso l’interpretazione di incidenti e di alcune malattie fisiche con l’aiuto offerto da Freud in Psicopatologia
della vita quotidiana e Groddreck in Il libro dell’Es. In Tecniche proibite di persuasione (S. Allen) sono esposte con ordine altre altre
tecniche soprattutto di comunicazione e per incitare se stessi a fare qualcosa di utile. Bisogna tener presente che Marte e Venere si
innamorano di nuovo di Gray, Solitudine:ritorno a se stessi (A. Storr)e i libri citati di Seneca (in particolare A Marcia) e in parte
anche Dialoghi ininterrotti (P. Bastianoni) sono i libri da considerare in caso di lutti e separazioni (da Gray si viene guidati su come
scrivere utili lettere a sé e agli altri per chiarire e gestire le proprie emozioni, anche da cestinare subito dopo), ricordando che di Storr
è importante al riguardo il capitolo sul lutto e in generale il capitolo sulla differenza tra effetti della solitudine volontaria e di quella
forzata. L'autostima nei bambini (Frascarolo-Moutinot), come il libro appena citato di Gray, informa su come gestire le emozioni in
genere, oltre che i traumi infantili, e secondo me va letto. Sulla gestione efficace delle emozioni, leggete anche la pagina Wikipedia
sul film Disney Inside Out. Come funziona la legge d’attrazione di Losier e Il magico potere del riordino di Kondo spiegano come
utilizzare le tecniche dei diari, delle liste dei desideri (queste ultime soprattutto a partire da ciò che non si vuole con trasposizione in
forma affermativa) e della selezione e del riassetto di armadio, arredamento e oggetti personali per scoprire ciò che piace davvero,
agire di conseguenza e attrarre qualcosa di corrispondente. Piccola guida per persone intelligenti che non sanno di esserlo (Millètre)
offre un suggerimento dietro l'altro a chi fa parte dell'esigua minoranza con il centro cerebrale a destra. In L'arte del rilassamento,
della concentrazione e della meditazione (J. Levey) leggete almeno le pagine su esercizio di flusso e respirazione in nove parti
(simile al Pranayama) e inoltre su meditazione che sfrutta proprio i pensieri e le emozioni distraenti e su gestione delle emozioni (lo
schema su egocentrismo e maturità). Tenete presenti le pagine online sui mudra più semplici e sugli esercizi yoga semplicissimi da
eseguire restando eretti e solo con le braccia (es. accompagnare il respiro sollevando e incrociando le braccia due volte davanti a sé).
Per quanto sorvolino su molti aspetti negativi della convivenza con animali, L'anello di re Salomone (K. Lorenz) e La felicità è un
cucciolo caldo (A. Montes de Oca) offrono testimonianze sincere su come trarre da essa grande sostegno, soprattutto in periodi
storici duri o nella malattia (fisica o mentale).
La terza e quarta età possono essere affrontate meglio leggendo libri sull’argomento, ricordando che ne vengono citati in Politica dei
servizi sociali di Ferrario, nei libri del liceo delle scienze umane (exmagistrali) e nel libro citato di Bastianoni e che anche la citata De
Bouvoir ne ha scritto. Per quanto riguarda la crisi di mezza età (35 anni per le donne e 45 per gli uomini in genere) e
l’invecchiamento si dovrebbe tener conto anche dei citati libri di Gray e Storr e inoltre di Gli stadi della vita in La dinamica
dell’inconscio, il capitolo o paragrafo Il matrimonio come relazione psicologica in Lo sviluppo della personalità e se possibile anche
le pagine sul problema dei contrari (enantiodromia), sul fascino e sulla “persona” (il modo in cui ci si presenta) come compromesso
sociale in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung), ma anche curiosare sulle risposte ai lettori delle riviste in edicola e su pagine
online su vaginismo, matrimoni bianchi e gruppo degli asessuali. Oggi nei libri di testo scolastici si afferma che la crisi di mezza età è
poco diffusa e molto dipendente dal contesto sociale e dal periodo storico, ma ciò mi sembra troppo in contrasto con le ricerche di
Jung sulla sua ricorrenza tra i primitivi e con l'esperienza e osservazione di molti. Per riflettere sulle scelte sessuali e sulla
gravidanza, io consiglio soprattutto il secondo volume di Il secondo sesso di De Beauvoir, la quale non era però informata sugli
effetti collaterali della pillola anticoncezionale.
Di Seneca offrono soluzioni utili in modo efficace soprattutto La tranquillità dell’animo, La brevità della vita, la vita felice, L’ira e
forse anche La vita ritirata (o contemplativa) e Consolazione alla madre Elvia.
Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes) offre alle donne consigli e soluzioni precise e graduali, considerando i problemi
femminili più difficili e quelli più frequenti in alcune fasi della vita (per farsi un’idea del libro forse è meglio leggere per primo il
cap. 6).
Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe (B. Bettelheim) accompagna, attraverso l’analisi di fiabe
più e meno note, i cambiamenti di infanzia e adolescenza e incoraggia a diventare se stessi, integrando in sé faticosamente tendenze
discordanti tra loro o problematiche: l’autore cerca di illustrare anche ciò che vale per ogni altra fase evolutiva, dando speranza e
conforto a chi accetta rischi, sofferenza e profondità; il testo può quindi fornire qualche aiuto nel chiarire e incoraggiare
l’integrazione nella personalità di impulsi contrastanti , regressivi, prematuri o distruttivi e in generale gli sforzi personali di superare
113

tenaci paure e maturare.
Consiglio i cap. 5, 7 e 9 di Il drago come realtà (S. De Mari) per i consigli riguardo problematiche come emarginazione, anoressia,
rivalità femminile, abusi sessuali dei genitori.
I persuasori occulti (V. Packard) aiuta molto a conoscere se stessi e a difendersi da pubblicità, eccessi di politici e dell’ingerenza
degli psicologi nel mondo del lavoro.
È importante leggere questi libri con senso critico e per svilupparlo è necessario attendere di averli letti tutti prima di seguirne i
consigli e di valutare le opinioni espresse dagli autori, che spesso esprimono pareri diversi oppure espongono opinioni soggettive su
questioni religiose: in particolare consiglio di correggere le affermazioni di Gray sull’”anima gemella”, sulla “persona giusta” e
sull’importanza delle relazioni affettive intime leggendo quanto ne pensa Storr nel citato libro di quest’ultimo sulla solitudine, di
leggere almeno L’arte di ascoltare di Fromm prima di seguire il consiglio di rivolgersi a psicoterapeuti e gruppi di sostegno che
danno Gray e i coniugi Sadock e Ruiz e infine di reagire al paragrafo un po’ delirante sulla provvidenza nella fantasy nell’ultimo
capitolo del libro di De Mari riflettendovi con distacco grazie all’autobiografia e a Risposta a Giobbe di Jung; quanto al libro pur
bellissimo e rasserenante di Groddeck dovreste, oltre che evitare le lettere X, XIV, XVIII e XX, dare poco credito ai commenti su
lutto e fisiognomica e alle generalizzazioni sulle origini psichiche di gravi malattie e circa l’interiorità di uomini e donne intesi come
categorie.
Consiglio di leggere http://www.slideshare.com/analisi-dei-sogni-con-mitologia-e-alchimia oppure in
http://www.slideshare.com/simboli (quest’ultimo raccoglie insieme il testo sull’analisi dei sogni, quello sull’astrologia e le analisi
del testo che fanno riferimento prevalentemente a nozioni di psicologia e alchimia) .
Leggere il riassunto http://www.slideshare.com/meccanismi-di-difesa-e-altre-distorsioni-del-giudizio può risultare importante in
alcune situazioni.
Naturalmente un testo, anche online, sull’autodifesa che segnali quali siano gli abusi più frequenti in vari ambienti e suggerisca di
volta in volta come affrontarli, altri libri di self-help e tutte le pagine internet che aiutano a risolvere problemi di carattere pratico
(scuola, lavoro, casa, abiti, farmaci, ecc.) integrano al meglio questo paragrafo.
Consiglio la parte finale di http://www.slideshare.com/guida-per-difendersi-dagli-altri (la versione lunga di
http://www.slideshare.com/piccola-guida-per-difendersi-dagli-altri) oppure http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-
psichiatria-italiana o, per utilizzare un testo breve ma con qualche ripetizione, http://www.slideshare.com/come-gestire-emozioni-e-
sensazioni-fisiche-spiacevoli; consiglio anche http://www.slideshare.com/citazioni-su-intelligenza-e-coraggio in particolare per i
consigli pratici espliciti o impliciti della serie di citazioni da testi di Jung, Fromm, Celi, Losier, Gray, Moutinot e Kondo e per il
paragrafo finale.
per esperienza e letture posso garantire che la narrativa e i film sono utili soprattutto se a lieto fine pur non essendo superficiali, ma
non devono precedere né tanto meno possono sostituire manuali e saggi: potete trovarne un elenco abbastanza breve in
http://www.slideshare.com/guida-per-gli-utenti-delle-biblioteche.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
La sottolineatura delle inadeguatezze passate serve solo a creare senso di colpa (...) Quanto un essere umano può restare senza
rinforzatori? (...) Ecco in primo piano i grandi princìpi della gradualità e della programmazione degli obiettivi per piccoli passi (...) Il
modellaggio consiste nel rinforzare/premiare quei comportamenti che più si avvicinano all'obiettivo, anche se ne sono ancora distanti
(...) La terapia comportamentale ha bisogno di adattarsi alle esigenze del paziente (...) ed è diversa per pazienti di età diversa, (...) ma
tutti gli esseri umani hanno bisogno di zuccherini per crescere, maturare, guarire. Ne abbiamo bisogno tutti. È soltanto che gli
zuccherini hanno per, ciascuno di noi, un nome diverso (...) Nessuno è completamente autonomo (...) L'autonomia, così intesa, è un
pensiero dicotomico e irrazionale. L'autonomia completa non esiste. Abbiamo tutti bisogno d'aiuto (...) Ecco cosa ci insegna una
piccola paziente, meglio di un accademico: un programma psicoterapico dovrebbe essere bello (...) Il lavoro non sarà, ovviamente,
solo comportamentale, ma anche centrato su un modo diverso di concettualizzare i nostri comportamenti e le nostre emozioni (...) Un
compito graduato che funziona mostra che non è vero che non si può fare niente è che la prova che non si può fare niente è che,
infatti, non si sta facendo niente, in un circolo vizioso.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
"Una spiegazione intellettuale delle motivazioni, per quanto esatta possa essere, non basta a modificare efficacemente il
comportamento del soggetto" (Rogers 1942). Un utilizzo distorto ed eccessivo della facoltà di ragionamento razionale (...) danneggia
gravemente la componente affettiva (per mezzo dei meccanismi di razionalizzazione e intellettualizzazione) (...) Altre difese che,
basandosi sul funzionamento intellettivo, distorcono l'area emotiva, sono l'isolamento affettivo e l'annullamento retroattivo.

Plutarco
La mente non è un vaso da riempire, ma legna da far ardere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità.

M.Montaigne
Meglio una mente ben strutturata che una piena di nozioni.

Nei giorni del colore prismatico (M. Moore)
Nel confuso sciamare e nelle minuzie (…) all’inferno dilettandosi di astrusità (…) La verità non è l’Apollo del Belvedere, non è cosa
formale. Sii certo che ci sarà se dice: “Ci sarò quando l’onda sarà passata”.
L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione (J. Levey)
La capacità di rilassarsi costituisce il fondamento della pratica della concentrazione e della meditazione, (…) di un processo
dinamico che lascia a volte del tutto paralizzati dall’angoscia, altre volte alle prese con tensioni e ansie, altre volte ancora calmi e
fiduciosi.
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Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Secondo l'ACT sono due i processi che rendono le persone bloccate a tal punto da diventare ad esempio ansiose e depresse: la fusione
cognitiva e l'evitamento esperienziale (...) L'ACT (...) è una forma di terapia evidence-based che mira ad aiutare i pazienti ad
accettare i propri pensieri, le proprie emozioni e dunque anche i propri sintomi e (...) a convivere serenamente con essi, (...) ma anche
a intraprendere azioni guidate dai propri valori (...) L'ACT ottiene ciò tramite le abilità di mindfulness, (...) con flessibilità
psicologica, (...) con un atteggiamento aperto e curioso (...) La grande lezione dell'ACT è (...) la defusione tra sé e le proprie paure e
ansie, (...) l'evitamento dell'evitamento.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Devi essere fiducioso e rilassato (…) Particelle di consapevolezza (…) allora si gettano sul tuo pensiero come uno stormo di uccelli
(…) Possiamo vedere solo accettando di stare in mezzo a dubbi (…) senza dare irosamente la caccia a fatti e ragioni (…) in una
visione indiretta.

Chiedi alla polvere (J. Fante)
Era polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, un frenetica ricerca cieca (…) e affannosa di una pace. E una ragazza fu
ingannata dall’idea che felici fossero quelli che si affannavano e voleva essere dei loro.

The fear (L. Allen)
Voglio essere ricca e voglio tanti soldi. Non m’importa dell’intelligenza, non m’importa del divertimento (…) E mi spoglierò e sarà
spudorata (…) Non so più cosa è giusto e cosa è reale e non so più come devo sentirmi (…) perché sono caduta sotto il controllo
della paura.
La vita riguarda più le star dei film e meno le madri. Tutto riguarda auto veloci e sorpassarsi l’un l’altro, ma non importa perché sto
impacchettando la carta di credito.

L’incertezza in Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Tra la gente ragionevole e quella attiva si era sempre considerato come un ospite (…) Ora in questo nulla di certezze sentiva
un’accresciuta sicurezza (…) Invero la felicità non è nulla di ragionevole che dipenda una volta per tutte da una determinata condotta
o dal possesso di certe cose, bensì è una disposizione dei nervi che trae forma in felicità tutto o nulla.

Avere o essere (E. Fromm)
Essere attivo (…) non va inteso nel senso di un’attività esterna, nell’essere indaffarati, ma di attività interna (…)Essere attivi significa
dare espressione (…) alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pure in vario grado. Significa rinnovarsi, crescere,
espandersi, amare, trascendere il carcere del proprio io isolato, essere interessato, “prestare attenzione”, dare (…) L’espressione
“attività produttiva” denota lo stato di attività interiore, ma non è necessario che sia in rapporto con la creazione di un’opera d’arte o
di scienza, o con alcunché di utile (…) Gli individui produttivi animano tutto ciò che toccano; fanno nascere le proprie facoltà,
insufflano vita in altre persone e nelle cose.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Era uno di quelli che cercano apposta le condizioni di vita più dure per giustificare il fatto di essere duri (…) e gettano a ogni
occasione in faccia alle feste della vita il loro tetro attivismo.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Non si deve credere che imponendosi degli sforzi ci si possa a lungo andare salvarsi dalla coazione della libido. I compiti che
possiamo coscientemente assegnare alla libido sono molto limitati. Altri compiti di tipo naturale essa se li sceglie da sé, perché è
determinata in questo senso. Se questi compiti vengono aggirati, anche la vita più laboriosa non serve a nulla, perché bisogna tener
conto di tutte le determinanti nella natura umana.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
Nell’uomo non vi è nulla di più pregiudizievole nei riguardi di questa connessione, di una vita coronata da successo che lo induca a
dimenticare la sua dipendenza dall’inconscio.
Il castello (F. Kafka)
Non vedo chiaramente la mia colpa. Solo se mi confronto con te intravedo vagamente qualcosa : come se noi due ci fossimo sforzati
troppo e con troppo rumore, con troppa puerilità, con troppa inesperienza, a ottenere piangendo, graffiando, tirando – come un bimbo
che tira la tovaglia ma non conclude nulla, getta solo a terra tutte le meraviglie e le rende irraggiungibili – qualcosa che con la calma,
l’obiettività si sarebbe potuto conquistare facilmente e insensibilmente (…)
Era convinto che tra un istante si sarebbe addormentato per davvero e stavolta senza interruzioni né sogni; tra i segretari competenti e
quelli incompetenti e di fronte alla folla delle parti occupatissime sarebbe caduto in un sonno profondo, fuggendo così lontano da
tutto (…) Alla voce di ** si era ormai tanto abituato che gli avrebbe facilitato e non impedito di dormire (…) Eccolo lì, il tuo dio
greco! Strappalo via dalle piume. (…) Dormiva (…) La fastidiosa coscienza lo lasciava in pace. Si sentiva libero (…) Il sonno non se
lo sarebbe lasciato portare via da nessuno. Aveva l’impressione di aver riportato una grande vittoria (…) Si voltò bellicoso cercando
il nemico ma non c’era più nessuno e anche la coppa del vincitore s’era infranta. Finì di calpestarla (…). Sorridendo, uscì senza
salutare.

Peanuts (C. Schulz)
Linus: - Snoopy, io non capisco la gente…
Snoopy: - Capisco come si sente. Anch’io mi sentivo spesso così. Adesso lascio che sia la gente a cercare di capire me.
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La vita felice, La tranquillità dell’animo, La brevità della vita ( L. A. Seneca) Libri Scheiwiller
Gli inquieti (…) si girano continuamente finchè trovano riposo nella stanchezza (…) sempre scontenti di sé, (…) perchè afflitti dagli
squilibri interiori e dai desideri incerti e poco fortunati; infatti gli inquieti o non tentano nemmeno di avere quanto desiderano oppure
non riescono ad ottenerlo, per cui vivono in una vana speranza. Allora li prende il rimorso per quanto hanno fatto e la paura di rifarlo.
E si insinua in loro quell’agitazione dello spirito che non trova via d’uscita, perché non sanno né dominare le passioni né sottostarvi;
ecco l’incertezza, tipica di una vita che non può realizzarsi e lo squallore di un animo intorpidito tra speranze deluse. E questo si
aggrava quando l’irritazione per qualche insuccesso li induce a rifugiarsi nella solitudine, difficile da sopportare per chi (…) è in
capace di trovare conforto in se stesso (…) Il dispetto per i successi altrui e l’irritazione per i propri fallimenti provocano poi
recriminazioni contro la sorte e contro i tempi, inducendo l’animo a chiudersi in se stesso sofferente (…) A questa solitudine priva di
sentimenti seguirà la mancanza di cose da fare. Ci daremo a costruire per poi abbattere edifici (…) dissipando il tempo (…) Mettersi
in disparte non vuol dire salvarsi (…)Impariamo a chiedere le ricchezze a noi stessi e non alla sorte (…) Nulla potrà sollevarci
dall’incertezza quanto porre sempre un limite alle nostre ambizioni e non lasciare che sia la sorte a fermarci, ma farlo noi e molto per
tempo (…) Se non ti metti in testa che ti può capitare di tutto, accrescerai il potere delle avversità su di te; se invece le prevedi, ne
ridurrai la forza (…) Dobbiamo rinunciare ad aspirare a quanto non possiamo ottenere e a quello che raggiunto risulterà vano.
Bisogna che l’animo si rivolga su se stesso, confidi in sé, gioisca di sé, apprezzi i suoi beni (…): soprattutto la fiducia nella capacità
di dominarsi e moderarsi (…), la possibilità di esprimersi e di essere naturale(…) e l’essere soddisfatto di sé, perché soddisfatto del
proprio percorso (…) A me basta togliere ogni giorno qualcosa dai miei difetti e riprendermi dai miei errori (…) A chi è sulla via
della guarigione, basterà aver fiducia in se stesso ed essere convinto che è sulla buona strada. (…) Nascerà quel bene inestimabile che
sono la serenità di uno spirito finalmente sicuro e la grandezza morale; fugate le paure dalla conoscenza, proverai una gioia profonda
e duratura, una bontà che allarga il cuore e allieta l’animo; e ne godrai non come doni esterni, ma come doti scaturite dall’intimo
bene.

Gli eredi dell'Eden (W. Smith)
"Avevo tanti bei vestiti e amici snob (...) Prima ero sempre tanto occupata da non vedere chiaramente il mondo intorno a me. Ma ora
sto imparando a guardare" (...) Lì in quel vasto mondo primordiale il continuo affermarsi degli uomini gli sembrava privo di
significato (...) Se fosse stato possibile trasportare in quel luogo, anche solo per un breve periodo, tutti, (...) forse sarebbero tornati
alle loro vite consuete dotati di una nuova freschezza, che avrebbe reso i loro sforzi meno accaniti, armonizzandoli al ritmo eterno
della natura.

Il labirinto oscuro (L. Durrell)
Ma pare che questa tendenza ad affilare le proprie percezioni questa aridità di sentimenti, questo senso di intima frustrazione,
debbano portare a una specie di crescita interiore (…) Esaurita l’azione (che è sempre distruttrice) si apre un gran vuoto (…)la grande
barriera che si erge sul fianco della vera vita gioiosa dell’io profondo (…)Non è il peso che fa soffrire, il peso di un’eccessiva
sensibilità, ma il grado del rifiuto ad accettarne la responsabilità. È di qui che nascono le difficoltà e i conflitti (…) Ognuno porta in
sé una piccola macchina creatrice di miti, che lavora spesso senza che se ne accorga (…) Quando germina il pensiero di morte,
l’individuo è fissato nel suo destino e comincia allora irresistibilmente a costruire il proprio mito personale, la propria realtà. Ciò che
fa, è “obbligato” a farlo, per colpa della natura del suo ruolo di creatore di miti. Comincia allora a sciogliere i legami dal dovere,
rinuncia al ruolo sociale sostenuto per farsi trascinare dal mito personale: un lavoro di perfezionamento (…) Oppure accetta con
sottomissione e gioia ciò che l’obbligo e la costruzione richiedono, sicuro che il mondo è suo soltanto, anche se racchiuso in un
guscio di noce, circoscritto in un monogramma, o limitato da un calendario (…)
Il piacere e il lavoro dovrebbero essere ditirambici e non narcotici volti a conservare lo strato di confusione (…) La ricerca dell’uomo
solleva luminose particelle d’oro e briciole di conoscenza che attraggono la sua attenzione e gli impediscono di guardare più
profondamente dentro se stesso (…) Eppure tutte le attività riportano indietro come una freccia a centrare i problemi metafisici
dell’io (…) Esperienze indeterminate e nascoste del profondo possono prendere forme come una casa disabitata con i mobili coperti
dai panni dei pregiudizi accettati e vaghi (…) In una notte scura cerchi il buco della serratura nel portone di casa e non lo trovi. È così
che di solito è la vita. Poi la chiave scivola nel buco ed ecco che sei di nuovo padrone della tua casa (…) Un’esperienza non
straordinaria ma accessibile alle facoltà ordinarie mediante il riposo interiore (…) Si diventa padroni di sé escludendo a poco a poco
il dipendere (…) Fatica e lavoro nascono da nuovi centri spirituali. La felicità, che era stata qualcosa qualcosa di positivo, trasformata
in qualcosa di negativo, è più lucida, soddisfacente, e permette di capirsi meglio (…)Non esiste una via precisa, si tratta di qualcosa
di negativo: raggiungere dentro un’immobilità sufficiente per diventare ricettivi. Non si può cercarlo, ma se ci si prepara, verrà. Non
è “cercate e troverete”, ma “preparatevi e sarete trovati”.

Il problema dei tipi nella poesia “Prometeo ed Epimeteo” di Carl Spittaler in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Il mutamento intellettuale di direzione ha sì un valore sintomatico come riferimento a possibilità future, ma gli strati più profondi
della psiche continuano per molto tempo, conformemente al principio dell’inerzia psichica, a funzionare in base all’atteggiamento
precedente (…) Quanto più profondamente è radicato un atteggiamento tanto più è necessario che il tentativo di liberazione sia
violento (…) Quando (…) l’uomo si trova dinanzi a un problema arduo che non è in grado di superare con i mezzi a sua disposizione,
si produce automaticamente un movimento retrogrado della libido, cioè una regressione (…) La ragione (…) nelle questioni maggiori
e decisive si rivela insufficiente. Essa è incapace di creare l’immagine, il simbolo (…) Quando la via della ragione è divenuta un
vicolo cieco, (…) allora la soluzione giunge da un lato dal quale non la si aspettava (…) Questa legge psicologica sta, per esempio,
alla base delle profezie messianiche (…) Si verifica là dove essa non è attesa e anzi proprio là dove la soluzione appariva più
improbabile (…) La natura del simbolo liberatore è quella di un fanciullo, e cioè l’infantilità e la spregiudicatezza d’atteggiamento
appartengono al simbolo (…) Un tale atteggiamento “infantile” reca (…) con sé il fatto che in luogo dell’ostinatezza e
dell’intenzionalità razionale sorga un principio direttivo diverso, che è di natura irrazionale, ragion per cui esso appare sotto la veste
del meraviglioso (…)Il simbolo è (…) strano (…); esso parla alla nostra sensualità (…) Questa figura esprime (…) l’essere così come
si è e nel contempo anche il dovere di essere così come si è, (...) quindi (…) l’uomo come potrebbe essere, ma in natura, non in una
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forma ideale preparata artificialmente (…) È un avvenimento raro, questo “fiorire del tesoro”, questa comparsa di un salvatore (…)
Quelle funzioni che erano rimaste inoperanti, sterili, inerti, rimosse, spregiate, svalutate, irrompono d’improvviso e incominciano a
vivere. Ed è appunto la funzione d’ordine inferiore che fa continuare la vita minacciata (…) Con la nascita del simbolo cessa la
regressione della libido nell’inconscio. La regressione si tramuta in progressione, il ristagno si volge in corrente (…) Cresce il
pericolo di rimanere sommersi e distrutti dai contenuti inconsci (…) Il simbolo è intimamente connesso con l’elemento pericoloso e
minaccioso tanto che esso può essere scambiato con quello (…) oppure può, al suo apparire, suscitare proprio il male (…)
L’apparizione del principio di salvezza è collegata intimamente alla distruzione e alla devastazione (…) È la naturale connessione
psicologica fra gli opposti (…) Dio si presenta sotto l’aspetto del diavolo. Queste valutazioni morali sono però illusioni ottiche, la
forza della vita è al di là di ogni giudizio morale (…) Se quell’immagine della (…) moralità naturale fosse stata accettata e
conservata, e non fosse servita soltanto a eccitare (…) il torbido (…) dietro la nostra civiltà, (…) si avrebbe sempre potuto
distinguere fra valore e disvalore (…) La disfatta definitiva del bene viene impedita (…) se introversione ed estroversione cessano di
dominare quali linee direttive unilaterali e cessa in tal modo anche la dissociazione della psiche. Al suo posto sorge una nuova
funzione rappresentata simbolicamente da un fanciullo (…) rimasto a lungo addormentato (…) È il mediatore, simbolo di un nuovo
atteggiamento che unifica gli opposti (…) la cui giovinezza è un’allusione alla rinascita e al ritorno di quanto è andato perduto (…)
Le fantasie infantili possono avverarsi, cioè accade che quelle immagini non vanno perdute, ma si ripresentano all’uomo maturo e
debbono attuarsi.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
L’inconscio precede dritto verso il suo scopo che consiste (…) nel fare in modo che l’individuo diventi un tutto (…) La funzione
inferiore è quella di cui si fa minore uso cosciente: in ciò sta la ragione del suo carattere indifferenziato, ma anche della sua
freschezza e novità. La sua parte è quindi quella di un deus ex machina. Non dipende dall’io ma dal sé. Coglie perciò di sorpresa
come un baleno. Spinge da parte l’io per fare parte alla totalità dell’uomo, composta di coscienza e inconscio (…)
Tra la madre e l’idea di matrice che troviamo in Böhme c’è un nesso. In Böhme la matrice è la condicio sine qua non di ogni
differenziazione, di ogni realizzazione, senza di cui lo spirito rimane oscillante, sospeso, non penetra mai nella realtà. La collisione
tra il principio (spirito) e il principio materno (natura) agisce come uno shock (…)
Böhme definisce in genere come “bramosia d’amore” una differenziazione della coscienza. (…) Attraverso tale differenziazione, la
coscienza non solo si estende, ma si confronta con la realtà delle cose (…)
La coscienza ha, in date circostanze, un’azione catartica (…) Questo probabilmente intende Luca nel Vangelo.(…)
La destituzione dell’io – condizione di tutte le forme di sviluppo spirituale – non è un atto di volontà ma un accadimento (…)
Con la conquista ottenuta integrando l’inconscio, il chiaro si volge allo scuro e più luce implica più oscurità (…)
Accettare il buio non l’ha trasformato in luce, ma ha acceso una luce che illumina l’oscurità dall’interno. Di giorno non c’è bisogno
di luce e, se non si sa che è notte nessuno l’accende; né viene accesa una luce a meno che non si abbia sofferto la paura del buio (…)
Quando si riscopre la parte della personalità sepolta si stabilisce un nesso, si manifestano i simboli del Sé che tendono a offrire un
quadro della personalità totale. Come risultato, l’uomo moderno penetra in sentieri spianati da tempo immemorabile, (…) le cui
pietre miliari sono le religioni e i mandala, i quali esprimono esperienze interiori che portano a maturazione durevole se si ha la
facoltà morale della fedeltà (…) L’elemento antico è la base istintiva. Chi trascura gli istinti cadrà nelle loro insidie (…) Bisogna
ritornare alla terra madre: vestigia retro.

La sincronicità come principio di nessi acausali in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Si trattava di una paziente eccezionalmente difficile che, fino al momento del sogno che ho riferito, non aveva fatto un solo passo
avanti. Il motivo principale di questo insuccesso (…) era l’Animus della mia paziente (…) Per ammorbidirlo, ci voleva un evento
irrazionale. Il sogno (sullo scarabeo) era già riuscito a scuotere leggermente l’atteggiamento razionalistico della mia paziente. Ma
quando lo scarabeo entrò realmente dalla finestra, la sua essenza naturale riuscì a infrangere la corazza costituita dall’ossessione
dell’Animus, e anche il processo di trasformazione che accompagna la cura poté per la prima volta mettersi in moto. Mutamenti
sostanziali dell’atteggiamento significano rinnovamenti psichici, che quasi sempre sono accompagnati da simboli di rinascita espressi
in sogni e in fantasie (…)
In tali situazioni (in cui non sembra esserci via d’uscita), quando sono abbastanza serie, subentrano di solito sogni archetipici che
mostrano una possibilità di progresso alla quale non avremmo pensato.

Ricordi, sogni, riflessioni (C. G. Jung)
La nevrosi è uno stato di disunione con se stessi causato dal contrasto tra (...) esigenze, (...) un segnale d'arresto davanti a una strada
errata, (...) un atto di adattamento non riuscito (...) e un incitamento a un processo di guarigione personale (...) È necessario
illuminare i nevrotici sul fatto che sono esseri umani come tutti gli altri. Ma tale illuminazione non li guarisce: i nevrotici possono
acquistare la salute solo quando si tirano fuori dal fango quotidiano. Senonché indugiano troppo in ciò che prima hanno represso, e
come potrebbero mai riemergerne se l'analisi non li rende consapevoli di qualcosa di diverso e di migliore? Se perfino la teoria li fa
sprofondare e non offre nulla più, come via di liberazione, che l'ingiunzione razionale o ragionevole di abbandonare una volta per
sempre la loro puerilità? Che è proprio ciò che non possono fare! E come lo potrebbero senza trovare qualcosa su cui potersi reggere?
Una forma di vita non può essere abbandonata se non ne riceve un'altra in cambio. Una condotta totalmente razionale della vita,
come prova l'esperienza, è impossibile (...) L'uomo deve sentire che vive in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso (...) Solo
allora la vita è completa (...) È importante avere un segreto che (...) riempie la vita di qualcosa di impersonale e numinoso (...)
Quando un uomo sa più degli altri diventa un solitario (...) La solitudine infatti non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma
dall'incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o di dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili
(...) Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell'amicizia, perché nessuno più del solitario è sensibile alle relazioni e
l'amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.
Indagini di un cane (F. Kafka)
Che cosa m’impedisce di credere che tutti siano miei compagni, i quali si affannano tutti a modo loro, falliscono tutti a modo loro,
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come vuole l’indagine senza speranza? In tal caso non avrei neanche dovuto isolarmi, non avrei dovuto spingermi come un cucciolo
maleducato attraverso le file degli adulti, i quali vogliono uscire al pari di me e nei quali mi sorprende soltanto l’intelligenza che
spiega loro come nessuno riesca a evadere e ogni insistenza sia stolta (…) Mi parve di avvertire che il cane cantava già senza saperlo,
anzi, più ancora, la melodia staccata da lui, come se non gli appartenesse, ma mirasse soltanto a me. È l’unica realtà, magari solo
apparente, che abbia ricavato dal periodo della fame e portato in questo mondo, ed essa almeno dimostra fino a qual punto possiamo
giungere essendo completamente fuori di noi (…) Sembrava esistesse solo per me quella voce sublime; chi ero io per aver l’ardire di
rimanere ancora lì, e di accordarmi nella mia lordura e nel mio sangue? Mi alzai sulle gambe malferme e mi guardai: un essere simile
non vorrà mica mettersi a correre, pensai, ma già volavo, spinto dalla melodia, con balzi stupendi e (…) spiritualmente ne porto
ancora le conseguenze. Allargai le mie indagini alla musica dei cani (…) Mi sentivo più estraneo alla scienza della musica che a ogni
altra prima di aver udito la voce nella foresta. Già l’avventura coi cani musicanti dell’infanzia me l’aveva additata, ma a quel tempo
ero troppo giovane. E poi non è facile accostarsi a questa scienza. Per penetrare nella natura canina, mi pare che le indagini intorno al
nutrimento fossero le più adatte. Può darsi che in questo abbia avuto torto. Allora una zona di confine tra le due scienze destò i miei
sospetti: la dottrina del canto che fa scendere il nutrimento (…) Davanti a uno scienziato non saprei sostenere neanche il più facile
esame scientifico. La ragione di ciò sta anzitutto nella mia inettitudine scientifica, nella esigua profondità del pensiero, nella cattiva
memoria e soprattutto nell’incapacità di tenere sempre davanti agli occhi la meta scientifica (…) Potrei dire che proprio quell’istinto
ha distratto le mie capacità scientifiche, poiché sarebbe un fenomeno curioso che io, pur essendo capace di intendere le cose comuni
della vita quotidiana che non sono certo le più semplici, e pur comprendendo molto bene, se non la scienza, almeno gli scienziati,
come si può controllare nelle mie risultanze, dovessi essere stato incapace per natura di sollevare la zampa sul primo gradino della
scienza. È stato l’istinto che forse appunto per amore della scienza, ma di una scienza veramente ultima, mi fece stimare la libertà più
di qualunque altra cosa. La libertà! Certo, la libertà oggi possibile è una pianta stentata. Ma comunque sia è libertà, è sempre un
possesso.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Nel letto siamo malcontenti della nostra posizione; pensiamo senza posa a cambiarla e facciamo un proposito dopo l’altro senza mai
attuarlo; finalmente ci rinunciamo: e a un tratto ecco che ci siamo voltati. In verità bisognerebbe dire: siamo stati voltati. Così ci si
comporta tanto nella passione quanto nelle risoluzioni a lungo vagheggiate.

Alice nello specchio (Carrol)
Per quanto tentasse non riusciva a raggiungerlo e si ritrovava nella stessa posizione, (…) poi rinunciò e si voltò per tornare a casa
(…) ma eccolo di fronte a lei.

Salmo 123 (La sacra Bibbia)
Ci avrebbero inghiottiti vivi, (…)le acque ci avrebbero travolti (…) Siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il
laccio si è spezzato e noi siamo scampati.

Buongiorno guerra (G. Grignani)
Buongiorno guerra, c’è il sole stamattina e a te, che sei regina, chiedo se lasci correre. (…) È troppo tempo ormai che mi sei vicina
(…) Oggi dentro me sento un cielo che illumina a festa e mi sento leggero (…) Se passi di qua alzerai sabbia e rabbia e chissà.
Dimmi, non ti va di spostare i confini più in là. Perché, se guerra c’è, in me c’è pace.

Vivere (V. Rossi)
Vivere è passato tanto tempo, vivere è un ricordo senza tempo (...) È un po' come perder tempo (...) Vivere e sorridere dei guai (...) e
poi pensare che domani sarà sempre meglio (...) È come un comandamento, vivere o sopravvivere senza perdersi d'animo mai e
combattere e lottare contro tutto. Oggi non ho tempo oggi voglio stare spento.

La cieca (R. M. Rilke)
Il mondo (…) mi pareva come sradicato da me con il mio cuore (…) Ero tutta udito. Un udito spalancato, proteso (…) E insisteva in
me tenace il pensiero: notte (…) Mi sembrava di avviarmi verso un’alba che riposava invece tra le mie mani da tempo (…) Pensavo:
(…) non posso più vivere così (…) sarò un’isola deserta (…) Ora io sono un’isola deserta, ma tutta in rigoglio (…) I miei sensi (…)
tornarono indietro spossati e, mentre non riconoscevano nulla, un sentiero emerse, si scavò (…) Ora tutto si aggira dentro di me
impavido con passo sicuro (…) E la morte che spicca le pupille come fiori, cercherà invano le mie.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Come in ogni piano di battaglia, tutto era magnificamente previsto e, come capita in ogni piano di battaglia, nemmeno una colonna
arrivò al posto giusto al momento giusto (…)
All’avvicinarsi di un pericolo, sempre due voci con uguale forza parlano nell’intimo dell’uomo: una voce gli dice sempre
assennatamente di riflettere sulla natura del pericolo e sui mezzi per prevederlo; l’altra, ancora più assennata, gli dice che, quando
prevedere tutto e sottrarsi all’andamento generale delle cose non è potere dell’uomo, pensare a un pericolo è troppo tormentoso ed è
meglio distogliere il pensiero dalle cose penose finché non siano sopraggiunte e pensare piuttosto a quelle piacevoli.

Vangelo secondo Luca
Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non
potranno resistere, né controbattere.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
“Mi domando che cosa le potrò dire. E mi domando chi è la persona che parlerà adesso in me. Che strano, sedere qui, aspettando
d’ascoltare quel che dirò (…) E pensò: (…) che strano! (…) Ero io stessa incuriosita da ciò che dicevo, perché fino a quel momento
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non ci avevo mai pensato”.

Poesia 1176 (E. Dickinson)
Non conosciamo la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci e, se siamo fedeli al nostro compito, arriva al cielo la nostra
statura.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Finché non ha la possibilità di agire, una persona è fortemente inibita a pensare. Il pensiero si sviluppa solo se esiste almeno una
possibilità di tradurlo in azione (…) I margini di influenza e di azione sono talmente risicati che se ne può solo parlare. E se ne
parliamo, usiamo concetti vuoti, ma non pensiamo; e così ci rassegniamo all’idea che il nostro pensiero non serva a nulla.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
La vita (…) smorza ogni alta aspirazione (…) e ogni progresso lega un regresso e ad ogni forza una debolezza; lega tutti i nobili
sforzi con la resurrezione del loro contrario (…) così (…) fa sì che la vita per gli uomini anche solo di mezzo ingegno sia difficile da
sopportare, ma li spinge a cercare la spiegazione (…) Si accetti con infantile fiducia o con tristezza ostile ma è certo una questione
aperta che i concetti, che sono fatti per corrispondere al mondo, non ci riescano mai proprio nell’ambito della giustizia e della
bellezza (…) Non una riflessione esauriva compiutamente e sostanzialmente l’oggetto, ciascuno si volgeva secondo le più diverse
concatenazioni portando ora avanti ora indietro (…) Il senso di tutte le considerazioni non mi (…) era ben chiaro, ma grazie appunto
a quelle debolezze, esse gettavano luce lontano come lampi (…) Tanti esempi della vita e del pensiero vi si addicevano, sollecitando
a trasformare in un concetto più chiaro quello sentimentale.

Poesia 680 (E. Dickinson)
Ogni vita converge a qualche centro (…) meta cautamente adorata come un fragile cielo.

Voce Essere e tempo (Heidegger) di Wikipedia
Il livello medio della nostra esistenza è quello dell’incontentabilità, della “fuga” nelle cose davanti a sé (…) L’angoscia ci allontana
dal mondo, rendendolo insignificante e non dipende da qualcosa che si trova fuori di noi, perciò il senso di minaccia opprime perché
non si può comprendere in che direzione si origini. L’angoscia quindi allontana da tutto e ci sprofonda nella solitudine e nel distacco,
ma così rivela una totale libertà, la libertà di scegliere se stessi, di essere e possedere se stessi, (…) aver cura di sé e di ciò che si
amerà (…) L’angoscia toglie dalla sicurezza del sentirsi a casa propria e ci restituisce l’autenticità o ne rivela la possibilità. Lo
spaesamento è il fenomeno più originario.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Quando si è giovani, non si sa ancora cosa si farà; è per questo che si sta sempre in pena; ma appena ci si interessa a qualche cosa, a
qualcos’altro che a se stessi, non ci sono più problemi (…) I problemi individuali (…) non si può isolarli dagli altri problemi. Per
sapere chi siamo e cosa vogliamo fare, dobbiamo stabilire qual è la nostra situazione nel mondo (…) Una morale dell’universale si
può imporre, ma il senso da dare alla propria vita è un’altra faccenda.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Quanti anni bisogna “fare” soltanto per venir press’a poco a sapere “che cosa” si debba fare, e “in che modo”! (…) Intanto che noi,
assoggettati a un destino immane, riusciamo appena ad alzar gli occhi e a guardare in giro quel che c’è da fare, e dove dobbiamo
intendere il meglio delle forze e dell’attività nostra, e abbiamo bisogno del massimo entusiasmo – il quale resiste soltanto quando non
è empirico -, c’è qualcosa che rode l’opera nostra giornaliera: e non son draghi, ma miseri vermiciattoli.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Aveva cercato a lungo quell’accordo con se stesso ma ogni ricerca l’aveva deluso. Aveva cercato l’armonia, qualcosa che attaccasse i
suoi pensieri e di cui occuparsi (…) Odiava tutta quell’ipocrisia… (…) Ogni attività comporta ignoranza e male eppure bisogna pure
occuparsi di qualcosa. E usciva per il non saper districare la matassa delle sue esigenze vivendo poi come in un sogno (…) Ed ecco
che, quando meno ci pensava, quell’accordo con se stesso l’aveva trovato attraverso l’orrore: una sensazione nuova di energia vitale,
quella d’essere pronto a tutto, di poter contare su una grande energia morale e su un’assoluta libertà interiore (…) Cedere alla paura,
tentare di sfuggire, di rivolgere suppliche o esortazioni era inutile. Adesso lo sapeva. Bisognava attendere e pazientare (…) Niente
riusciva più a impressionarlo, quasi che la sua anima, preparandosi a una lotta difficile, si rifiutasse di ricevere impressioni in grado
di indebolirla; e nelle questioni pratiche sentiva ora di avere un centro di gravità che prima gli mancava (…) Guardò il cielo e le
stelle. “E tutto questo è mio, ed è in me e sono io! E loro avrebbero rinchiuso tutto questo!” Sorrise e andò a dormire tra i compagni
(…)
“Si dice le disgrazie ma se mi chiedessero: vorresti essere rimasto quello che eri e rivivere tutto da capo, per amor di Dio, ancora una
volta la prigionia!” (…)
Sentiva che tutte le esperienze fatte sarebbero state assurde se non fosse tornato alla vita (…) Aveva creduto che la sua vita fosse
finita, ma si ridestò l’amore e con essa la vita. La ferita causata dalla lacerazione del proprio io, una volta chiusa, guarisce solo
attraverso la forza della vita che preme internamente (…)
Qualcosa fa impeto contro la porta (…) Ebbe la sensazione che dentro di lui si liberasse una forza violentemente costretta e per la
prima volta avvertì un senso di leggerezza che da allora non lo abbandonò mai.

Un mare di nulla (U. Riccarelli)
Passare le mani sopra un volante e (…) mettere in moto (…) Per tutta la vita (…) lo stesso languore di quando (…) l’avevano
lanciato dentro il mondo: il senso di un vuoto (…) da riempire, di un mare da attraversare, (…) riparando dentro quel respiro per
fuggire, (…) gabbarsi dell’infelicità, imbrogliarla (…) Dolce e aspro (…) come una corsa a perdifiato lungo una discesa, un tuffo
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nell’acqua (…) Un languore fortissimo e urgente (…) appiccicato addosso per tutta la vita, che spesso avrebbe provato al posto della
paura (…) C’è sempre un momento nella vita in cui tutta la ragione si scioglie, in cui non esiste paura o calcolo, ma soltanto volontà
di conoscere o vedere (…) Non sfida e neppure coraggio, soltanto l’istinto e la curiosità, (…) la voglia di cogliere fino in fondo (…)
il capo della fune da tirare per sciogliere l’imbroglio (…) Si rimise lentamente in moto nella direzione opposta a quella da cui era
arrivato.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Egli credeva a un potere di accrescimento della morale per gradini di esperienza (…) Non costruzione, né saggezza (…) Agire per
convinzione (…)Non (…) per (…) la disciplina morale (…) inculcata, ma per un sentirsi intimamente vicini a se stessi e anche vicini
al resto, per (…) qualcosa da cui si prende le mosse e cui si ritorna (…) accompagnati dalla sensazione di aver raggiunto il centro del
nostro essere dove la forza centrifuga della vita viene a mancare. Nel centro c’è qualcosa che ho chiamato motivazione. Nella vita
ordinaria non operiamo secondo una motivazione ma in una concatenazione di cause ed effetti (…) Questo libero arbitrio è il potere
di fare volontariamente ciò che si vuole involontariamente. Ma la motivazione non ha nessun contatto con la volontà (…) Si agisce in
sé, per la salvezza dell’anima (…) Qualcosa è calato schiacciando l’intenzione (…) e commuove l’intero individuo (…) Non è
l’espressione accidentale di una convinzione. Il nostro stato è dominato da una legge severa anche se non possiamo esprimerla (…)
Tutto ciò che ** sentiva come inettitudine propria di fronte alle esigenze della vita associata, era causato dal fatto che ella aveva la
sensazione di vivere senza o contro le sue più intime inclinazioni. Erano inclinazioni alla confidenza e all’abbandono perché ella
nella sua solitudine non si era mai sentita a posto: ma se finora le era stato impossibile abbandonarsi con tutta l’anima a un uomo o a
una causa, ciò avveniva perché ella portava in sé la capacità di una dedizione ancora più grande. Una strada ben nota verso la
dedizione a tutta l’umanità è il non andare d’accordo coi propri vicini e parenti, un segreto e fervido desiderio di Dio può sorgere in
un individuo antisociale che sia provveduto di un grande bisogno d’amore. Il suo atteggiamento che aveva la forma assurda di una
condotta egoistica, era la manifestazione di una volontà impaziente, così come la violenta accusa che ella rivolgeva a se stessa per la
propria debolezza.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
La consapevolezza di ciò che è buono e cattivo è diversa dalla conoscenza teorica di ciò che si chiama bene e male nella maggior
parte dei sistemi morali (…) La conoscenza è conoscenza esterna, estranea, appresa da autorità, da insegnamenti convenzionali, ecc.,
e la si ritiene vera solo perché proviene da queste fonti. Consapevolezza significa che la persona fa quel che impara da sé,
sperimentandolo, provando da sé, osservando gli altri e, alla fine, conquistando una convinzione piuttosto che avere una “opinione”
irresponsabile. Ma non basta decidere sui princìpi generali. Al di là di questa consapevolezza si deve essere coscienti dell’equilibrio
di forze dentro di sé, e delle razionalizzazioni che occultano le forze inconsce.

Le cronache del mondo emerso (L. Troisi)
Si sentì piccola e inutile con i suoi mille dubbi e la sua incapacità di vivere, di trovare la propria strada (…) Quel che gli altri hanno
deciso non può essere lo scopo dell’ agire.(…) Ci dev’essere qualcos’altro, qualcosa che dia forma a tutto il resto, che gli dia un
senso. Un motivo che spinge a vivere, (…) un punto fermo (…) Dopo tanto smarrimento, (…) a un tratto la verità si era imposta, le si
presentava in tutta la sua sorprendente chiarezza e lei non poteva fare altro che accettarla (… )Adesso (…) tutto aveva acquistato un
senso: il viaggio, l’angoscia, la ricerca (… ) Il ponte gettato col suo intimo diveniva solido (…) Tra le sue braccia si sentì unica,
completa, vera.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
L’avrebbero stroncata (…) proprio come stroncavano ogni tenero, naturale soffio di vita (…) Ma lui l’avrebbe protetta col suo amore
almeno per un po’. Per un po’, prima che l’insensibile mondo di ferro e l’avida divinità della cupidigia li stancassero entrambi (…)
La bellezza del corpo vivo e segreto (…) solo la passione l’avverte. E quando la passione è spenta, o manca del tutto, allora lo
splendido palpito della bellezza risulta incomprensibile e perfino un tantino spregevole; la calda, viva bellezza del contatto fisico,
tanto più profondo della bellezza goduta dagli occhi (…) Avrebbe pensato che una donna potesse morire di vergogna. E invece era
stata la vergogna a morire. La vergogna , che è paura (…), l’antica paura fisica che si acquatta nelle radici corporee di tutti e si può
snidare solo al fuoco dei sensi, finalmente fu stanata e debellata (…) Sentiva di aver toccato il fondo roccioso della sua natura (…)
Era realmente in tutta la sua sensualità, nuda e sfrontata (…) Così! Era questo, dunque! Questa era la vita. Così dunque si era in
realtà. Non rimaneva nulla che si dovesse nascondere o di cui ci si dovesse vergognare.
Dialoghi ininterrrotti (P. Bastianoni)
Quando il corpo malato viene avvertito come oggetto cattivo e persecutorio, (...) la stanza del dolore diviene un luogo psichico
dissociato dove il dolore viene rinchiuso per non essere sentito e ricordato, ma, se sollecitato da eventi esterni o interni esso torna (...)
I vissuti di odio di cui si carica la stanza minano la fiducia e la possibilità di ricorrere a relazioni interne con oggetti buoni (...)
L'angoscia esistenziale viene spesso descritta da terapeuti che lavorano con aree traumatiche molto potenti. In questi casi l'angoscia
profonda può giugere fino a esperienze dissociative, di depersonalizzazione e derealizzazione (...) Quando la malattia /perdita è
trauma che colpisce la memoria e annulla la possibilità di rappresentazione – come in queste stanze "vuote" – è terapeutico tradurre il
vissuto traumatico (...) in pensieri e parole, stabilire il collegamento interrotto tra dolore fisico e dolore psichico, tra passato e futuro
(...) Il dolore può trovare un luogo nel quotidiano ed essere utilizzato come mezzo di comunicazione con l'altro.
Forum associazione Lisclea
L'angoscia è un sentimento ben diverso dalla paura; la paura ti spinge ad agire e a mettere in atto comportamenti al fine di
scongiurare il pericolo, l'angoscia è invece un senso di smarrimento, il buio totale. Non ci sono rimedi, la scienza non ha terapia, la
tecnica non ti viene in aiuto, sei solo con il tuo lato irrazionale ed emotivo e non hai una rete di sostegno: i medici non sanno che
fare, i parenti non ti capiscono. (...) Ecco perché sono importanti i gruppi Facebook collegati ad associazioni di malati di malattie
rare.
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L'io e i meccanismi di difesa (A. Freud)
Dietro ogni attività inibita per cause nevrotiche si nasconde un desiderio istintuale (...) Ogni aumento di pressione dell'istinto
intensifica i sintomi nevrotici basati sulla resistenza dell'Io a esso (...) Per resistere all'Es, l'Io rimuove, sposta, nega e inverte gli
istinti, rivolgendoli verso il sé, provoca fobie e sintomi isterici e vincola l'angoscia con idee e atteggiamenti ossessivi (...) Comunque
durante la sua formazione ed evoluzione (...) l'io subisce sempre nello stesso tempo l'assalto degli istinti e quello degli stimoli esterni
(...) e modifica le sue armi a seconda del bisogno (...) Sembra che le situazioni tipiche in cui l'io ricorre al meccanismo della
"negazione" siano quelle associate con le idee (...) di perdita degli oggetti amati (...) e che la "rinuncia altruistica" delle pulsioni
dell'istinto sia un mezzo per superare un'umiliazione (...) La "rimozione" serve a eliminare i derivati dell'istinto e la "negazione" gli
stimoli esterni. La "formazione reattiva" preserva l'Io da una riapparizione dall'interno degli impulsi rimossi, mentre le "fantasie in
cui la situazione reale viene capovolta" impediscono che la negazione venga demolita dall'esterno. L'"inibizione" degli impulsi
istintuali corrisponde alle "restrizioni" imposte dall'Io onde evitare ogni sofferenza proveniente dal mondo esterno.
L'"intellettualizzazione" dei processi istintuali, che ha la funzione di proteggere da un pericolo interno, equivale allo stato permanente
di "vigilanza" dell'Io contro i pericoli esterni. Tutti gli altri meccanismi di difesa che, al pari della "trasformazione nel contrario" e del
"rivolgimento contro se stessi", implicano un'alterazione vera e propria dei processi dell'istinto, trovano la loro contropartita nei
tentativi fatti dall'Io per fronteggiare i pericoli esterni con un intervento attivo tendente a modificare le condizioni esistenti nel mondo
circostante (...) Gratificazioni sostitutive e formazioni di compromesso mancano negli adolescenti, che (...) alternano tendenze
opposte (...) e reagiscono alla forza dell'istinto in se stessa e non a un istinto in particolare (...) "Idealismo", "ascetismo" e
intellettualismo adolescenziali mirano al dominio degli istinti intensificati dalla pubertà (...) Negli adolescenti è frequente anche
l'"identificazione" in diversi partner, amici e guide (...) anche per contrastare una tendenza al narcisismo (...) L'"intellettualizzazione"
(...) associa infatti i processi istintuali a delle idee che possono essere affrontate coscientemente (...) La "sublimazione" di un istinto è
possibile agli stadi avanzati dello sviluppo (...) Si può affermare che il pericolo istintuale rende intelligenti (...) come il pericolo reale
e le privazioni (...) Le misure difensive però non di rado non raggiungono l'obiettivo di arginare dolore e angoscia (...) In bambini e
adulti (...) ogni ritorno di pulsioni rimosse è indice di una sconfitta dell'Io (...) L'intelletto deve funzionare liberamente e devono
permanere alcuni rapporti sani (...) l'Io può essere considerato vittorioso quando, grazie a una trasformazione degli istinti, le misure
difensive gli permettono una certa gratificazione anche in circostanze difficili stabilendo, per quanto è possibile, un accordo tra le
esigenze di Es, Super-io e forze del mondo esterno.
http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Nella vita quotidiana di tutti si manifesta spesso e in svariati modi una forte e radicata tendenza a rifiutare tutto ciò che crea a se
stessi dolore o disagio: quando cercare continuamente di dimenticare eventi e dialoghi dolorosi del passato produce confusione o
somatizzazioni (se non quando la propria ignoranza è dannosa per altri) può essere necessario scrivere un elenco dei ricordi più
fastidiosi purché lo si faccia senza commenti e senza attenzione alla forma e poi cestinandoli, seguendo uno dei pochi consigli validi
di Freud: infatti non è raro che in tali casi ciò che si rifiuta di vedere cominci a imporsi dentro di sè come una sorta di aggressivo
nemico che si esprime attraverso una serie di fantasie, paure e soprattutto di automatismi tipici nelle nevrosi nonostante l’intelligenza
ed il coraggio che si possiede e finché non ci si decide a fare davvero di tutto per riuscire a convivere continuamente con certi ricordi
ed emozioni senza nostalgie e ad agire tenendone conto in un progetto. Anche se finchè si vive con i genitori che hanno causato la
nevrosi è impossibile superarla e spesso anche dopo è difficile riuscirvi completamente senza una casa vera e propria (il bilocale che
è oggi tanto difficile permettersi in affitto!) e senza almeno una persona per natura paziente e gentile vicino, è possibile ad ogni età
migliorare molto e ricominciare a respirare e a sentirsi vivi, se si sa come fare e se si può avere almeno il sostegno di certi libri... Nel
frattempo basta proteggere sé e gli altri dagli effetti della propria nevrosi e cioè adeguare ogni scelta riguardante la vita al fatto che
questi sintomi peggiorano in tutte le situazioni che rendono difficile restare concentrati e in sé (gruppi, fatica eccessiva, presenza di
persone molto critiche o autoritarie, persone e situazioni nuove). Una nevrosi a lungo andare può portare a un essere e sentirsi in balia
di affetti ed emozioni, di istinti contrastanti e della sfortuna tra continue perdite, un tipo di destino che si è sempre fatto risalire in
buona parte ad una spesso involontaria ma forte resistenza a maturare, cioè a liberarsi del desiderio dell’irresponsabilità (è questo il
messaggio fondamentale di Seneca come di Jung e dei buddisti di ogni tempo) (…) Quando i genitori sono ostili al figlio in quanto
diverso da loro la nevrosi è anche definibile come un’involontaria difesa dalla personalità.
http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Ci sono situazioni critiche o disperate, superabili solo con una profonda riflessione o un'intuizione fulminea (una visione d'insieme e
una raccolta di forze) delle quali la sola coscienza e la sola volontà non sono capaci, ovvero situazioni in cui la sopravvivenza o tutto
un percorso futuro dipendono dal fare il sogno giusto o da altre iniziative dell'inconscio su cui nessuno ha potere: sia chi si trova in
tali situazioni e si sente bloccato sia chi ha l'arroganza stupida di pretendere dagli altri l'impossibile dovrebbe leggere Lo spirito nella
fiaba in Archetipi e inconscio collettivo, sempre di Jung, per ricordarsi che l'energia e l'analisi possibili all'io hanno dei limiti
invalicabili. Ogni seria nevrosi comunque, bloccando molta dell'energia disponibile, può far sembrare passivo chi interiormente non
lo è affatto (…)
Finché dura una dissociazione nevrotica dall'inconscio è ovvio e inevitabile non poter parlare e agire sempre in modo corrispondente
a ciò che si pensa e sente e non disporre di energia, disinvoltura, sufficiente chiarezza, intuizioni, sogni utili e potere, perchè è
l'inconscio in connessione (non ostile) a elargire tutto ciò e perché ogni seria nevrosi blocca molta dell'energia disponibile. Tuttavia il
superamento di una nevrosi libera molta energia e determinazione e ciò per tanto più tempo quanto più la nevrosi è durata ed è stata
seria (questo è ciò che Jung scrisse basandosi su letture e soprattutto sul suo lavoro ed è anche ciò che ho verificato per esperienza).
Non c’è mai ignoranza involontaria e innocente dietro le sentenze che si ergono davanti alla nevrosi o alle malattie mentali
temporanee e insomma a tutto ciò che più dà alla gente fastidio ed è più doloroso e distruttivo per chi ne è affetto.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
Gli anni passati in istituto ad aspettare dubitosamente se stessa non avevano certo consolidato il rapporto col mondo; più tardi (…) a
un tratto, non essendo più sola, appunto per ciò era diventata se stessa. Vi sono innamorati che con stupore scoprono la prima volta la
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vita quando l’amore la illumina

Von Schlegel
Nessuno si conosce, fin quando è soltanto se stesso e non è insieme anche ad un altro.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Solo l’amicizia completa sviluppa tutte le doti dell’anima e dello spirito di certe persone. L’usuale compagnia lascia loro mostrare
qualche semplice piacevolezza. Un po’ come dei bei frutti che vengono a maturazione soltanto al sole, e che al calore della serra
avrebbero prodotto qualche foglia bella a vedersi, ma inutile (…) Poco conta essere amati, bisogna essere stimati, e si può esserlo
soltanto da chi ci assomiglia. Da cui consegue che l’amore non esiste, o almeno non dura, fra esseri dei quali uno è di troppo inferiore
all’altro; e questo non è certo effetto di vanità, quanto piuttosto di un corretto amor proprio di cui sarebbe assurdo e impossibile
spogliare la natura umana. La vanità non appartiene che alle indoli deboli o corrotte; ma l’amor proprio, bene inteso, riguarda una
natura razionalmente ordinata.

Etica nicomachea (Aristotele)
Gli uomini perversi saranno amici a motivo del piacere e dell’utile, poiché sotto quest’aspetto essi si assomigliano, invece i buoni
saranno amici per se stessi. Questi sono quindi amici in senso assoluto, quelli accidentalmente e per il gusto di avere somiglianza con
i primi (…) Numerosi sono gli individui di questo genere e basta poco tempo perché si scambino servizi (…) L’amicizia motivata
dall’utile è propria dei mercanti (…) Questa forma di amicizia muta rapidamente e differisce dall’altra per molti altri aspetti.

Dell’amicizia (Cicerone)
A me pare che coloro i quali fondano l’amicizia sull’interesse distruggano il vincolo più amabile dell’amicizia (…) Ma come!
L’Africano aveva bisogno di me? Neanche per sogno! E nemmeno io avevo bisogno di lui; ma io presi ad amarlo lui per la grande
ammirazione che provavo per lui e (…) la familiarità poi accrebbe il nostro affetto (…) Ogni frutto dell’amicizia è nel semplice fatto
di amare (…) I buoni prediligono i buoni e li attirano fortemente a sé, come congiunti per naturale parentela di sangue. No, non c’è
nulla che più intensamente agogni e più irresistibilmente attragga a sé i suoi simili che la natura.

Psicologia della traslazione in Pratica della psicoterapia (C. G. Jung)
Il processo di differenziazione psicologico non è un’impresa facile, ma esige pazienza e perseveranza. (…) Un processo (…) del
genere non è assolutamente possibile senza una relazione con un altro essere umano (…) Gli errori risaltano quando di fatto
intervengono nella relazione con gli altri (…) A questo punto possono essere realmente percepiti e riconosciuti nella loro vera natura.
Così anche la confessione fatta a noi stessi ha perlopiù un effetto scarso o nullo, mentre se è fatta a un altro possiamo attenderci da
essa ben altra efficacia (…) L’anima che si riunisce al corpo, (…) attraverso un esame critico lungo e approfondito e il dissolversi
delle proiezioni, (…) diventa una funzione di relazione tra la coscienza e l’inconscio.

Jane Eyre (C. Brontë)
Dopo una gioventù e una virilità trascorse per metà in una infelicità inesprimibile e per metà in una paurosa solitudine, ho per la
prima volta trovato una donna che posso veramente amare… ho trovato te. Tu capisci la parte migliore di me stesso… sei il mio
angelo buono. Io sono legato a te da un affetto profondo. Ti considero cara, piena di doti, amabile: c’è nel mio cuore una passione
fervida e viva: che tende verso di te, fa di te il centro e la sorgente della mia vita, avvolge intorno a te la mia esistenza e ci unisce
entrambi in un’unica fiamma pura e forte (…) Essere insieme significa per noi sentirsi a un tempo liberi come in solitudine e gai
come in compagnia. Parliamo per tutto il giorno: conversare fra noi è solo un modo più animato e tangibile di pensare. Concedo a lui
ogni mia confidenza e ogni mia confidenza è dedicata a me; siamo perfettamente assortiti nel carattere e perfettamente concordi nei
risultati (…) Mai mi stancavo di leggere per lui: mai di condurlo dove desiderava andare, di fare per lui ciò che desiderava fosse
fatto. E c’era una gioia, in questi miei servigi, perfettamente completa e squisita, anche se triste… perché egli richiedeva il mio aiuto
senza penosa vergogna né mortificante umiliazione. Mi amava così schiettamente da non provare riluttanza nel valersi della mia
assistenza.

Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe (B. Bettelheim)
Essendo veramente diventato se stesso, l'eroe è diventato degno di essere amato.
La dama delle camelie (A. Dumas)
Era cominciata appena l'intimità e già sembrava loro esistita così da sempre, mentre il passato si cancellava (...) "Tutti quelli che
attorniano le ragazze come me scrutano curiosi le loro minime parole, cercano una conseguenza nei loro atti più insignificanti (...) Per
loro dobbiamo essere allegre della loro allegria e mostrarci scettiche come sono loro (...) Cavalli, scialli, gioielli sono vanità che
accontentano solo quando non si ha amore per nulla (...) Noi certe volte siamo obbligate a comprare una soddisfazione per la nostra
anima a spese del nostro corpo e soffriamo di più quando essa ci sfugge. Io mi sono data a te più presto che a nessun altro, perché
vedendomi sputar sangue mi prendesti la mano e piangevi: sei la sola creatura umana che abbia sentito compassione per me, la sola
persona a cui poter pensare e parlare liberamente".
Insieme con i lupi (N. Evans)
Non si era mai sentita così fisicamente bisognosa. Con * c'erano stati piacere, passione e anche amicizia, ma soltanto ora capiva di
non aver mai goduto di una vera intimità, come quella che si era instaurata con **. Con * era sempre sul chi vive, sempre attenta a
essere il tipo di donna che immaginava lui desiderasse. Ma ora le pareva che la vera intimità fosse possibile solo quando due persone
erano semplicemente se stesse e non passavano il tempo studiandosi a vicenda. Con ** si sentiva desiderata, bella e soprattutto, per la
prima volta nella sua vita, non giudicata (...) Per la prima volta nella sua vita adulta, il futuro non sembrava molto importante. Ciò
che più importava era che si trovasse con la persona che più amava.
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Il pazzo e la fanciulla (S. Lagerlof)
Non c'era tempo da perdere (...) ** non sentiva dolore o gioia. L'importante era ricordarsi; il ricordo gli dava già di per se stesso una
grande contentezza (...) A un tratto si fermò (...) Proprio di quel tempo bisognava ricordarsi, (...) ma ne emanava un'inconcepibile
paura (...) Non certo nella speranza di sentirsi rispondere, ma per trattenere, sia pur un istante, l'oscurità incombente, domandò (...)
Chiese ancora, con profonda agitazione (...) Poi volse le spalle, preso da un'ira violenta, (...) ma questa sensazione lasciò il posto a
un'altra che lo eccitò maggiormente. Davanti a questa paura sparì la visione, ma allora egli udì delle voci nel ricordo, una gragnuola
di dileggi di cui era stato vittima in seguito proprio a causa di quella spaventosa paura (...) E ora non sentiva più paura di qualcosa al
di fuori di lui, ma paura di se stesso (...) Trattenne per un attimo il respiro. L'oscurità avanzava come un salvatore implorato (...) Chi
poteva sopportare l'idea di essere stato ludibrio della gente? Meglio, assai meglio, esserlo davvero e non saperlo (...) *** gli era
vicina, sentiva e vedeva la sua paura e non pensava che al pericolo di perderlo (...) e voleva almeno prendere commiato (...)
Ponendogli un braccio attorno al collo ella si avvicinò (...) Non lo sdegnava dunque il pazzo! Lo baciava anzi! (...) Dubitoso tuttavia,
(...) ** scoppiò a piangere forte (...) Questa volta *** si spazientì (...) Era piena di amarezza e d'ira, perché egli voleva sfuggirle di
nuovo, perché temeva in quel modo la lotta (...) Finalmente ** la guardò attentamente in volto. In quel momento non era bella, (...)
ma a lui sembrò tale. Una strana quiete si stese sul suo cuore gonfio di tenerezza e gratitudine (...) Anche l'ultima ombra fuggì (...) **
riconobbe allora che l'amore era sempre stato vivo anche nel suo cuore. La selvaggia pianta del deserto si era lasciata trapiantare nel
giardino della vita e cresceva, prosperava. E quando ** ne ebbe sicura coscienza, sentì di essere salvo (...) *** era ammutolita (...) **
le disse solo "Ti prometto che resisterò" (...) Non avrebbe saputo dirle a parole quanto l'amasse, ma avrebbe potuto dimostrarlo coi
fatti ogni giorno, ogni ora, per tutta la vita.
La saga di Gosta Berling (S. Lagerlof)
L'energia di lui le ricordava quella dell'uomo che aveva amato e perso (...) come faceva bene essere amata! (...) Quella non era la
felicità, ma neppure l'infelicità. E ** avrebbe tentato di trascorrere la vita al fianco di quell'uomo. ** cominciava a capire se stessa
(...) non doveva avvicinarsi alla sorgente della vita per berne una felicità limpida e pura. Turbata dalla malinconia, così si confaceva
meglio a lei la vita (...) Non sapeva abbandonarsi ai sentimenti.
Lei (C. Aznavour)
Lei sarà (…) la mia fortuna o il prezzo che dovrò pagare (…) Lei, la schiavitù, la libertà; il dubbio, la serenità,. Lei, preludio a giorni
luminosi oppure bui. Lei sarà lo specchio dove io rifletterò progetti e idee, il fine ultimo che avrò d’ora in poi (…) Lei, (…) forse
l’amore troppo atteso che dall’ombra del passato torna a me per starmi accanto finchè vivrò (…) sopravvivendo (…) ad anni
combattuti ed avversità. Lei, sorrisi e lacrime da cui prendono forma i miei sogni.

Almeno tu nell’universo (M. Martini)
La gente è matta, forse troppo insoddisfatta (…) Segue il mondo ciecamente. Quando la moda cambia, lei pure cambia
continuamente e scioccamente (…) La gente è strana: cambia idea improvvisamente (…) senza serietà e come fosse niente (…) Tu
che sei diverso, almeno tu nell’universo, sei un punto che non ruota mai intorno a me, un sole che splende per me soltanto come un
diamante in mezzo al cuore. Non cambierai, (…) per sempre sarai sincero e (…) mi amerai davvero (…) Non far si che la mia mente
si perda in congetture e in paure inutilmente e per niente.

Danza (M. Martini)
Dal cielo l’Europa la potresti abbracciare e invece coltivi ancora i tuoi dolori per tenerli con te (…) Danza sulle ceneri antiche, sulle
ombre svanite, (…) sul dolore e sulla poca fortuna (…) Se il tuo viso scompare dal ritratto, è perché forse sta imparando a camminare
(…) Lasciamo che sappia il cielo quello che sa (…) Qualcuno è con te (…) e c’è meno rabbia e più amore. È già qualcosa che va.

Destinazione paradiso (G. Grignani)
In questo girotondo d’anime chi si volta è perso e resta qua. Lo so per certo, mi sono voltato anch’io e per raggiungerti ho dovuto
correre (…) Dimmi perché in questo girotondo d’anime non c’è un posto dove scrollarsi via di dosso quello che c’è stato detto e
quello che oramai si sa. E allora (…) vi saluto tutti, prendo il treno e non ci penso più. Io mi prenderò il mio posto e tu seduta lì al
mio fianco mi dirai: “ Destinazione Paradiso”.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Nessuno può vivere felice se bada solo a se stesso, se tutto rivolge al proprio interesse: devi vivere per un altro, se vuoi vivere per te
stesso.

Le guerre del mondo emerso (L. Troisi)
** aveva sofferto quanto lei ma si era messo in discussione e aveva trovato la sua via. Le aveva insegnato a trovare la speranza anche
nel fondo dell’inferno più nero. Lui assorbiva la sua sofferenza. Era uguale a lei e da lei dissimile, abbastanza vicino da capire e
sentire il suo dolore e abbastanza lontano da toglierlo dalle sue spalle. Ora c’era lui a dare un senso nuovo al tempo e a liberarla dalla
solitudine (…) Era più di un’ancora di salvezza (…) Era tempo di dare(…) Era libera davvero. Il tempo non guarisce tutte le ferite,
ma ci sarebbe stato modo di riempire gli occhi di tante altre cose, e ** avrebbe diviso con lei il peso del passato e della parte più
oscura di sé. Era come riprendere un discorso interrotto, come tornare a respirare.

Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
Una coppia equilibrata non è un’utopia; ne esistono anche nell’ambito del matrimonio, ma molto più spesso al di fuori del
matrimonio; alcune sono unite da un grande amore sessuale che le lascia libere riguardo alle amicizie e alle occupazioni; altre sono
legate da un’amicizia che non ostacola la loro libertà sessuale; è più raro il caso di una coppia di amanti e amici che però non
cerchino l’uno nell’altra la loro unica ragione di vita. Nei rapporti tra uomo e donna sono possibili un’infinità di sfumature:
123

nell’amicizia, il piacere, la confidenza, la tenerezza, la complicità, l’amore, possono essere l’uno per l’altra la più feconda fonte di
gioia, di ricchezza, di forza che si offra a un essere umano (…) Dato che il matrimonio in genere non ha niente a che fare con l’amore
fisico, parrebbe ragionevole un’aperta scissione dell’uno dall’altro: i capricci sessuali non impediscono di condurre (…) l’impresa
della vita comune, (…) costruire un focolare per i figli e nel contempo conoscere altri amplessi; codesta amicizia sarà tanto più pura e
meno ambivalente in quanto non significa un giogo.

A Mademoiselle di Guise (Voltaire)
Non amatevi troppo, vi prego: è il mezzo più sicuro per amarsi per sempre; è meglio essere amici per tutto il tempo della vita che
essere amanti per qualche giorno.

Dizionario filosofico (Voltaire)
Si ha l’ardire di chiamare amore un capriccio di qualche giorno, una lussuria senza affetto, un sentimento senza stima, delle
smancerie da cicisbeo, una fredda abitudine, una fantasia romanzesca, un gusto seguito da repentino disgusto: si dà questo nome a
mille chimere.

La peste (A. Camus)
Giunge sempre un’ora in cui ci si stanca delle prigioni, del lavoro e del coraggio, per reclamare il volto di un essere e il cuore
meravigliato dalla tenerezza.
Per ** era astratto in quel periodo tutto ciò che non lo favoriva personalmente, che non favoriva direttamente il suo amore, (…) ma
quando l’astratto comincia a ucciderti bisogna pur occuparsi dell’astratto (…) e ormai che la peste era cosa di tutti, andando via solo
avrebbe rischiato di rovinare il suo amore (…)
Un uomo deve battersi per le vittime (…) a logica, prima che per nobiltà. D’altra parte, se un uomo ha finto d’amare ogni altra cosa,
a cosa serve che si batta? (…)
Coloro che attenendosi al poco che erano, avevano soltanto desiderato di tornare nella casa del loro amore, talvolta erano stati
ricompensati; è che avevano domandato la sola cosa che dipendesse da loro (…) Se una cosa si può desiderare sempre e ottenere
talvolta, essa è l’affetto umano. Per tutti coloro invece che si erano rivolti al di sopra dell’uomo, non c’era stata risposta.

Marte di ghiaccio, Venere di fuoco (J. Gray)
Le nuove conoscenze comportano un cambiamento di prospettiva. Ciò che nel partner ci infastidiva ora può sembrarci buffo e
adorabile. Ciò che prima ci feriva e offendeva ora può apparirci semplicemente come un malinteso. Invece di sentirci impotenti o
frustrati nel tentativo di comunicare il nostro amore e le nostre esigenze, nutriamo la speranza di ottenere maggiore chiarezza e
trasparenza negli anni a venire (…) La donna consuma ossitocina più rapidamente degli uomini (…) In situazioni di stress moderato
la donna ha una reazione maggiore nella parte emotiva del cervello. Parlare dei propri sentimenti le dà la sensazione di essere vista,
sentita, capita, e amata. E ciò che la aiuta a secernere il suo ormone antistress, l’ossitocina (…) Uno studio ha rivelato che in una
situazione moderatamente stressante la donna registra nell’emisfero del cervello che controlla l’emotività un afflusso di sangue otto
volte maggiore dell’uomo, nel quale, di fatto, uno stress moderato non causa quasi nessuna reazione a livello cerebrale. Il cervello di
una donna è fortemente attivato. Di fronte a una minaccia percepita una donna fa appello alla memoria emotiva: per prevenire i
possibili pericoli ricorda nei dettagli molte cose che sono andate storte in passato in situazioni analoghe. La donna sente in sé quegli
episodi passati e produce cortisolo per affrontare la nuova sfida (…) Quando c’è un eccessivo afflusso di sangue nella parte emotiva
del cervello, una persona comincia a sentirsi a disagio (…) Le donne sanno per istinto (…) che parlare dei loro problemi stimola il
rilascio di serotonina (…) Le donne parlano dei problemi per frenare l’afflusso di sangue nella parte emotiva del cervello (…) Il
cervello dell’uomo registra una reazione emotiva forte solo quando il problema costituisce un’emergenza (…) Il centro delle
emergenze (l’amigdala) nel cervello dell’uomo è due volte più grande che nel cervello della donna, e si attiva solo quando lui
percepisce una situazione urgente che gli richiede di agire subito (…) La donna di solito non riesce a immedesimarsi in questo
processo mentale, perché il suo centro delle emergenze è in costante allarme, a causa delle varie necessità che richiedono la sua
attenzione. Ciò succede perché la donna è fatta per occuparsi dei bambini. L’uomo invece (…) è fatto per stare di guardia contro i
pericoli (…)Gli zuccheri nel sangue sono più importanti per le donne che per gli uomini (…) Le donne devono poter contare su una
riserva costante di carburante per il cervello: il glucosio ematico. Il cervello non è in grado di immagazzinare lo zucchero (…) Il
cervello deve trarre energia costante dal sangue sotto forma di zucchero (…) Un cervello sotto stress non può produrre la serotonina
necessaria per rilassarsi e tornare in forma (…) Gli uomini di solito hanno livelli più alti di glucosio ematico (…) Oscillazioni della
glicemia (…) a loro volta fanno innalzare i livelli di cortisolo (…) La (…) maggiore massa muscolare richiede l’impiego degli stessi
aminoacidi che costituiscono la dopamina (…) Al termine di una giornata stressante una donna tende ad avere molta dopamina che la
sprona ad agire, ma poca serotonina. L’alto livello di dopamina le dice che ha parecchie cose da fare, mentre il basso livello di
serotonina le dice che non ha il tempo o l’aiuto necessario per farle. La donna si sente sopraffatta (…) Che si tratti di un’Emergenza
con la maiuscola oppure di una semplice emergenza, quel che la donna (…) chiede è veramente un’emergenza (…) La donna ha il
40% in più di tessuto connettivo tra l’emisfero sinistro e quello destro del cervello (…) In poche parole ciò significa che quando un
uomo usa l’emisfero destro del cervello, preposto al divertimento, l’emisfero sinistro, più serio, diventa inattivo e riposa. Quando,
invece, una donna usa la parte destra, divertente e creativa, del cervello, rimane connessa anche con la sinistra, più seria. Quindi,
anche nel momento in cui lei si diverte, il suo cervello resta consapevole di tutte le sue responsabilità (…) [Ecco] perché le cose che
lei (…) chiede di fare sono autentiche emergenze (…) L’uomo sente il suo stress diminuire automaticamente quando passa dall’uso
dell’emisfero sinistro a quello del destro. Riesce a farlo in un batter d’occhio (…) Ricerche sull’ossitocina dimostrano che la sua
efficacia nel diminuire il livello di stress è determinata dal fatto che la donna abbia livelli di estrogeni normali per la sua età (…) In
una donna comportarsi in modo sempre più indipendente (…) fa salire il livello di autostima (…) ma fa aumentare il livello di
testosterone (…) Tale aumento inibisce la capacità delle ghiandole surrenali di produrre estrogeni, con conseguente riduzione della
produzione di ossitocina antistress (…) Ciò finisce col provocare il precoce invecchiamento (…) Una graduale diminuzione degli
ormoni maschili e femminili è una normale componente del processo d’invecchiamento, ma non nella misura in cui si verifica oggi
(…) A quanto pare, invecchiamo prima e non particolarmente bene (…) Quando i livelli di cortisolo sono cronicamente elevati, la
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tiroide, che regola il metabolismo nei periodi di stress, comincia a funzionare meno bene (…) Un elevato livello di stress porta a
desiderare cibi poco salutari che intossicano ulteriormente il fegato (…) La conseguenza di un organismo maggiormente intossicato è
la creazione di un terreno fertile per lo svilupparsi [di infezioni] (…) Per una donna (…) avere bisogno di un uomo non è una
debolezza. È ciò che dà a lui una ragione per vivere e un’opportunità di fare la differenza, mantenendo basso il livello di stress grazie
alla produzione di testosterone. Quando lei sente di poter dipendere da qualcuno per ricevere aiuto, quando sente di aver bisogno di
un uomo, si genera una potente corrente di ossitocina (…) Le serve un uomo che le dia sostegno economico, qualcuno capace di
aiutarla se lei non potesse lavorare (…) Essere uguali, sia sul lavoro che a casa, non significa che bisogna essere la stessa cosa (…)
Per garantirci un uguale rispetto, prima dobbiamo riconoscere che siamo diversi e sostenere tale diversità. Rispetto significa onorare
ciò che una persona è e, quindi, essere disponibili ad apprezzare ciò che ha da offrirci (…) Le donne (…) oggi (…) sopportano un
peso due volte maggiore rispetto a quello delle loro madri, in quanto avvertono non solo la pressione economica, ma anche l’antico e
forse genetico impulso a sbrigare le faccende domestiche. L’istinto femminile di costruire e nutrire un “nido” (…) Sia che lei lavori
perché le piace oppure solo perché ne ha bisogno economicamente, il lavoro le lascia poco tempo per rilassarsi e reagire allo stress
(…) Il tasso medio di felicità delle donne, misurato dagli psicologi, è crollato (…) Nell’11% delle coppie sposate sono i padri a
rimanere a casa (…) L’uomo affronta meglio lo stress alternando la risoluzione dei problemi al riposo e allo svago. Invece la donna
deve bilanciare ciò che dà agli altri con il tempo dedicato a prendersi cura di sé o a ricevere sostegno. Il riposo ricostituisce le riserve
di testosterone, mentre ricevere attenzioni e sostegno ricostituisce le riserve di ossitocina. Che cosa devono fare uomini e donne per
sentirsi felici, sani e realizzati nella società attuale? Devono riconoscere che l’amore e la riduzione dello stress sono in pratica la
stessa cosa, perché provengono dalla stessa fonte: gli ormoni (…) Le donne che assumono antidepressivi sono più del doppio degli
uomini (…) Prima che le donne entrassero nel mondo del lavoro (…) la prevedibilità della routine assicurava scorte costanti di
ossitocina per gestire lo stress (…) Nel mondo del lavoro sempre più donne vengono premiate perché sanno pensare e comportarsi
come uomini e finiscono per chiedersi a quale pianeta appartengano in realtà. E cominciano a domandarsi la stessa cosa a proposito
dei loro mariti! (…) Nella mia esperienza un’analisi più approfondita rivela sempre la verità: la donna viene davvero da Venere e
l’uomo viene davvero da Marte e lo scambio dei ruoli è solo il sintomo di uno squilibrio nella relazione (…) A uno sguardo
superficiale, può sembrare che l’inversione dei ruoli sia reale (…) Il suo stile di vita ha iniziato a separarla dalla comunità femminile
con cui condivideva i sentimenti (…) La donna ha bisogno di parlare. Quando non ha occasione di esprimere a parole i suoi
sentimenti durante la giornata, accumula stress; e appena torna a casa sente l’urgenza di raccontare le sue emozioni al partner. Se
questa esigenza non viene soddisfatta, allora qualsiasi cosa l’uomo faccia per lei è irrilevante, perché la donna è convinta di non
ricevere abbastanza riconoscimento affettivo. Quando le coppie non parlano, quando l’uomo non ascolta, niente che lui possa fare per
la sua donna sarà mai abbastanza (…) Queste donne spesso si difendono dallo stress lavorativo cercando la solitudine o facendo
esercizio fisico solitario, ma tali attività non le aiutano a ricongiungersi al loro lato femminile. La donna ha bisogno di ossitocina.
Molte donne hanno recuperato la fertilità adottando comportamenti, terapie e abitudini alimentari che stimolano l’ossitocina.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
Tra cento anni (…) le donne non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una
volta erano stati loro negati (…) Togliete questa protezione (…) e vi accorgerete che le donne muoiono assai più giovani e assai più
presto degli uomini; cosicché si dirà “Oggi ho visto una donna” come si diceva “Oggi ho visto un aereo”.
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NICHILISMO DELL’APPARIRE ED ESPRESSIONE VITALE
Il grido (G. Gaber)
Voi (...) si vede da lontano che siete privi di ideali, con quello spreco di energia dei giovani normali (...) E voi che pretendete che
tutto vi sia dovuto (...) con quella finta libertà dei giovani viziati (...) È un gran vuoto che vi avvilisce e che vi blocca (...) E voi (...)
giovani arrivisti (...) E voi così randagi sempre sull'orlo del suicidio (...) con nel petto un'implosione d'odio (...) e il cervello in avaria
(...) È una rabbia che vi stravolge e che vi blocca (...) C'è nell'aria un'energia che non si sblocca come se fosse un grido in cerca di
una bocca (...) Aggrappatevi al sogno di una razza che potrebbe opporsi per costruire una realtà di giovani diversi.

La prigioniera in La ricerca del tempo perdurto (M. Proust)
Tutto quanto di più dolce avevo sognato, bambino, nell’amore, e mi appariva come la sua stessa essenza, era di dare libero sfogo,
davanti a colei che amavo, alla mia tenerezza, alla mia riconoscenza per un gesto di bontà, al mio desiderio d’una perpetua vita
comune (…) Tremavo di non poter trattenere **, (…) come una madre della cui buonanotte quotidiana ricominciavo a provare il
puerile bisogno (…). Ma (…) non ero più capace di dire: «Sono triste». Mi limitavo, con la morte nel cuore, a parlare di cose
indifferenti che non mi facevano fare il minimo progresso verso una soluzione (…) Bisognerebbe (…) manifestare senza vantarsene i
propri buoni sentimenti, anziché nasconderli con tanta cura (…) L’orrore degli amori che solo l’inquietudine ha generati deriva dal
fatto che giriamo e rigiriamo senza posa, dentro la nostra gabbia (…), senza che gli esseri per cui li proviamo ci piacciano, (…) dal
momento che non è stato il nostro gusto cosciente ma il caso di un minuto d’angoscia (…) ad averli scelti per noi (…) Lei (…)
staccata da noi (…) non sarebbe che se stessa, cioè nulla. (…) È la trama ininterrotta di abitudini da cui non sappiamo liberarci (…)
Viviamo sempre con ciò che non amiamo (…) Certe vite insensate, vite di maniaci che si privano con le proprie mani di ogni piacere
e si infliggono i mali peggiori, sono le meno soggette a mutamento (…) Un altro aspetto di queste vite monotone (…) sono i vizi (…)
Risalendo pigramente di giorno in giorno come su una barca, e vedendomi apparire ricordi (…) senza che io potessi vagliarli (…)
Forse l’abitudine di serbare in me, senza mai appagarli, tutti questi desideri, accontentandomi della promessa fatta a me stesso che
non avrei dimenticato di soddisfarli un giorno o l’altro, (…) era diventata in me così generale da impadronirsi anche dei miei sospetti
gelosi e (…) mi induceva a rimandare (…) spiegazione (…) Basterebbe un piccolo scatto d’energia, un solo giorno, per cambiare
tutto ciò definitivamente.

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Des ronds dans l’eau (F. Hardy)
Vivevi (…) di questi rumori (…) che filtrano i boschi (…) Tu provavi gioia a fare dei cerchi nell’acqua. Oggi sei in balia di acque
meno tranquille. Ti accanisci e galleggi, ma l’amore dov’è? (…) Dì a te stesso che potrebbero prenderti per (…) l’idiota del villaggio
che è rimasto là a fare dei cerchi nell’acqua.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Il saggio, rimasto in modo irrimediabile del tutto solo e privo di amici, non vorrà vivere.

La vita solitaria (F. Petrarca)
Abbraccio la solitudine a patto di non fare a meno dell’amicizia (…) Né in terra né in cielo può essere un uomo felice se non ha
persone a cui manifestare le sue impressioni e idee. Gli uomini delicati e forniti di umanità avranno enorme dolcezza dalla
conversazione con un amico affettuoso e fedele: in lui rispecchiano se stessi, da lui odono la verità, con lui possono parlare di tutto
liberamente come con se medesimi, su di lui nessun sospetto, dentro di lui nessun inganno, per lui ogni fatica grata, senza di lui il
riposo non è dolce, da lui vengono i conforti nell’avversa fortuna e le gioie nella prospera.

Improvvisamente, l’estate scorsa (T. Williams)
Parlando finalmente di quanto era accaduto quel giorno guarì dalla sua malattia.

Weir di Hermiston (R. L. Stevenson)
Con la sua sensibilità delicata di adolescente, ** evitò, da quel momento, di ritornare sul tema. Forse fu un peccato. Se avesse parlato
– parlato liberamente – e avesse dato voce a ciò che aveva dentro (cosa che i giovani amano e dovrebbero fare), non ci sarebbe stata
una storia da scrivere sugli Weir di Hermiston, ma la minaccia del ridicolo fu sufficiente a farlo tacere.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Portando alla coscienza di tutti i coinvolti la situazione e tutte le sue conseguenze, si sarebbe ottenuto, se non altro, un effetto
benefico (…) Così si evita il non esprimersi, il non pensare (…), la rimozione del contenuto penoso; è vero che apparentemente così
l’individuo si tormenta di più, ma il suo tormento ha almeno un senso (…) e merito morale (…) La causa rimossa della sofferenza
provoca nevrosi e inoltre si irradia in modo misterioso su tutto l’ambiente e infetta, se ci sono dei figli, anche questi. Ed è così che gli
stati nevrotici (…) possono trascinarsi per generazioni.

Il giocatore (F. Dostojevskij)
- Non ho dimenticato, ho soltanto scacciato temporaneamente tutto ciò dalla testa, perfino i ricordi, finché non avrò intanto
radicalmente riassestato i miei affari: allora risorgerò dai morti!
- Voi sarete ancora qui tra dieci anni!

Todo modo (L. Sciascia)
Tante cose in noi, che crediamo morte, stanno come in una valle del sonno (…) Tutto, dentro e intorno a me, era ormai da anni
finzione. Non vivevo che ingannandomi e facendomi ingannare (…) Mi ero liberato di tante cose, di troppe perché non mi sentissi
lontano dalla verità della vita (…) Questa fuga e illusione di libertà altro non volevano essere che una pausa per tornare a una pittura
a piedi caldi, (…) perché mi venisse voglia di farlo mentre mi sentivo libero dal mestiere, dal denaro ecc. (…) Impossibile ritorno e a
sprazzi me lo dicevo, (…) ma (…) tanto più inganniamo noi stessi o tentiamo, quanto più evidente e immediato si prospetta il
disinganno (…)
Solo le cose che si pagano sono vere, che si pagano a prezzo di intelligenza e di dolore.

L’io e l’inconscio, Parte seconda, cap. 2 (C. G. Jung)
Da ogni inconscia mescolanza e mancanza di separazione parte una coazione ad essere e ad agire così come non si è. Quindi, chi è in
questo stato, non può essere d’accordo con esso o assumerne la responsabilità, ma si sente in uno stato degradante, non libero e non
etico. Il disaccordo con se stesso è appunto lo stato nevrotico e insopportabile dal quale egli vorrebbe redimersi. La redenzione da
questo stato egli la ottiene solo quando può essere e agire così come si sente di essere (…) Quando uno può dire del suo stato e delle
sue azioni: “Io sono questo, agisco così”, allora egli può andare d’accordo con questo, anche se gli riesce difficile, e se ne può
assumere la responsabilità, anche se ne rifugge. Bisogna tuttavia riconoscere che non vi è nulla più difficile da tollerare che se stessi,
(…) ma anche questo difficilissimo compito diventa possibile se ci si può distinguere dai contenuti inconsci.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
Vi è un gran numero di persone normali – e invero gente della migliore qualità – che si sentono angustiate e scontente, perché non
hanno più un simbolo che offre uno sbocco alla libido. Per tutti costoro occorre intraprendere una riduzione ai fatti primari, affinché
imparino a conoscere di nuovo la loro personalità primitiva e a tenerla nel conto dovuto. Solo a questo modo determinate esigenze
potranno essere soddisfatte e altre rigettate come irragionevoli a causa del loro carattere infantile (…) La coscienza, (…) sempre
esposta al pericolo di venire sviata dalla sua propria luce e di divenire un fuoco fatuo privo di radici, agogna alla forza salutare della
natura, alle profonde sorgenti dell’essere (…) Il mito (…) dà la sicurezza e la forza di non essere schiacciati dalla mostruosità
dell’universo (…) Amando questo retaggio, gli uomini amano ciò che è comuni a tutti, (…) quella forza misteriosa e irresistibile che
viene dal sentimento di essere parte di un tutto.

Equilibrio precario (C. Consoli)
Steso sul filo di una gloria che non c'è, disincantato, disarmato. Appeso al grido di una folla che non c'è, amareggiato disorientato.
Steso all'ombra di una vita che non c'è, rammaricato, tormentato, (…) demotivato e insoddisfatto per aver perso di vista te stesso.
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Il dottor Zivago (B. Pasternak)
Nei pensieri tutti erano diversi da quel che erano nelle proprie parole e manifestazioni esteriori; ciascuno aveva la coscienza
macchiata e poteva a ragione sentirsi colpevole di tutto, un impostore. Al minimo pretesto un’immaginazione autolesionistica si
scatenava sino agli estremi. La gente si inventava colpe non solo sotto la pressione del terrore, (…) riesaminava tutto di sé e vedeva
tutto deformato (…) Oggi sono molto frequenti le forme microscopiche di emorragie cardiache. Credo che le cause siano di ordine
morale. Alla gran maggioranza di noi si richiede un’ipocrisia costante, eretta a sistema. Ma non si può, senza conseguenze, mostrarsi
ogni giorno diversi da quello che ci si sente: sacrificarsi per ciò che non si ama, rallegrarsi di ciò che ci rende infelici. Il sistema
nervoso non è un vuoto suono o un’invenzione.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Se uno ascolta i più deboli, ma costanti suggerimenti del suo genio, che sono certamente veri, egli non vedrà a quali estremi o persino
a quali pazzie esso possa condurlo; e tuttavia a mano a mano che egli diventa più risoluto e fidente, è quella la direzione nella quale si
estende la sua strada. L’obbiezione più ardita che sente un uomo sano alla fine prevarrà sopra gli argomenti e le abitudini
dell’umanità (…) Anche se il risultato fosse debolezza fisica, tuttavia nessuno può dire che le conseguenze fossero da rimpiangersi,
perché queste erano una vita condotta secondo principi più alti. Sebbene la gioventù diventi indifferente, alla fine, le leggi
dell’universo non sono indifferenti. Ascolta ogni zeffiro per udirne i rimproveri (…) Se ci tiriamo più in là molti rumori discordi ci
giungeranno come musica, dolce e orgogliosa satira della meschinità della nostra vita (…) Se un uomo non marcia al passo dei
compagni, magari è perché ode un tamburo diverso, lasciatelo marciare al suono della musica che sente, non importa né quanto
lontana sia, né quale ne sia la cadenza (…) Note del flauto (…) da una sfera diversa (…) come uscire (…) e realmente migrare colà ?
(…) Mi piace pendere e gravitare verso ciò che mi attrae più fortemente e giustamente (…) passare per il sentiero che posso
percorrere e sul quale nessuna forza può resistermi (…) Non giochiamo a correre sul ghiaccio, c’è un fondo solido ovunque (…)
Datemi la verità, invece che amore, denaro o fama (…) Semplificate (…) Semplicità, semplicità e semplicità! (…) Per quanto misera
sia la Vostra vita, affrontatela e vivetela; non evitatela, né insultatela (…) Le cose non cambiano, ma siamo noi che cambiamo (…)
Conservate i vostri pensieri, Dio vedrà che non vi manchi la compagnia (…) L’Extravaganza dipende dall’ampiezza del vostro
recinto (…) Sono solo gli sconfitti e i disertori che vanno alla guerra, vigliacchi che fuggono e si arruolano (…) Se uno avanza
fiducioso e cerca di vivere la vita che s’è immaginato, incontrerà un inatteso successo nelle ore comuni. Si lascerà qualcosa alle
spalle, passerà un confine invisibile; leggi nuove, universali e più libere cominceranno a stabilirsi dentro e intorno a lui; oppure le
leggi vecchie saranno estese e interpretate in suo favore in senso più ampio; (…) in proporzione a quanto egli semplifica la sua vita,
le leggi dell’universo gli appariranno meno complesse e la solitudine non sarà tale, né la povertà sarà povertà, né la debolezza
debolezza. Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto; è quello il luogo dove devono essere; ora il
vostro compito è di costruire a quei castelli le fondamenta (…) C’è un mattino nuovo al di là dei rimpianti per ciò che non siete
riusciti a fare (…) Perfino questo può essere l’anno carico di eventi.
Montaigne (V. Woolf)
Quest’anima, o vita dentro di noi, non va affatto d’accordo con la vita fuori di noi. Se si ha il coraggio di domandarle che cosa pensa,
lei va sempre dicendo precisamente l’opposto di quello che dicono gli altri (…) L’uomo che è consapevole di se stesso è da questo
momento in avanti indipendente; e non si annoia mai, e la vita è solo troppo corta, ed egli è perennemente immerso in una profonda
eppure temperata felicità. Egli solo vive, mentre gli altri, schiavi della cerimonia, si lasciano scivolare via la vita in una sorta di
sogno. Se ci si conforma una sola volta, se una sola volta si fa quello che fanno gli altri perché lo fanno loro, sùbito un’apatia si
insinua (…) Moto e cambiamento sono l’essenza del nostro essere; la rigidezza è morte; il conformismo è morte: diciamo quello che
ci viene in testa, ripetiamoci (…) Esiste, per coloro che conducono una vita privata, un altro capoclasse, un censore invisibile dentro
(…) La comunicazione è salute; la comunicazione è verità; la comunicazione è felicità. Spartire è il nostro dovere; scendere
arditamente e portare alla luce quei pensieri nascosti (…) Se facciamo quello che ci piace, facciamo sempre quello che ci fa bene.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
La stragrande maggioranza degli esseri umani sceglie di seguire non la propria strada, ma le convenzioni (…) È una vita
esclusivamente di gruppo, (…) un fatto collettivo (…) La vita creativa (…) è sempre oltre le convenzioni (….) Ai propri simili
tenacissimi pregiudizi ne impediscono qualsiasi comprensione: “ una cosa del genere non esiste”, “o se esiste naturalmente è
morbosa e estremamente inopportuna, inoltre è una terribile presunzione pensare che una cosa del genere possa avere un significato”
(…) Si nega quel che ci è molesto, si sublima l’indesiderato, si liquida ciò che è angoscioso con una spiegazione razionale, si
giustificano gli errori, e alla fine si pensa di aver sistemato tutto per benino (…) E si sa che l’intelletto è molto in gamba a dire tutto e
il contrario di tutto. (…) Sviluppare la propria personalità in effetti è un’impresa impopolare, che dal di fuori sembra un irritante
rifiuto della strada maestra, un’eccentricità (…)
La nevrosi è (….) una difesa contro l’attività interna oggettiva della psiche (…) che vorrebbe parlare alla coscienza per guidare
l’uomo verso la sua completezza (….) Il nevrotico è l’uomo privo di amor fati (…) L’uomo che tradisce la propria legge si è lasciato
sfuggire il senso della propria vita (…) Se il nevrotico (...) si recasse da solo nel deserto (...) e desse ascolto al suo più intimo essere,
magari potrebbe sentire che cosa dice la sua voce interiore (…)
Nessuno sviluppa la propria personalità perché qualcuno gli ha detto che sarebbe utile o raccomandabile farlo. (…) Si potrebbe
lasciare tutto com’è se questa nuova strada non esigesse assolutamente di essere scoperta e non funestasse l’umanità con tutte le
piaghe d’Egitto finchè non la si sia trovata. La strada che si cela dentro di noi è un elemento vivente (…). (…) Comporta isolamento.
(…) Significa fedeltà alla propria legge, cioè (…) una fiducia in quella legge, una leale perseveranza e una fiduciosa speranza (…)
La voce interiore è la voce di una vita più piena, di una coscienza ulteriore e più ampia (…) È come se un fiume, (…) perso in un
braccio stagnante, improvvisamente ritrovasse il suo letto e tornasse a fluire o come se si muovesse una pietra che soffoca un seme,
cosicchè il germoglio possa iniziare la sua crescita naturale (…)
Quel che la voce ci sussurra è in genere negativo (…) e ci mostra il male in modo allettante (..) Se non gli si cede neppure in parte
(…) non può esserci alcun rinnovamento (…) Se l’io obbedisce solo parzialmente (...) allora può rendere propria la voce, e ne
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risulterà che il male era solo apparentemente tale, mentre invece reca salute e illuminazione (…) La voce pone davanti alle decisioni
morali ultime, (..) aprendo in noi un abisso di confusione, di smarrimento e di disperazione, (…) ma il bene è sempre il nemico del
meglio (…) È pericoloso, (…) perché è molto facile per il male insinuarsi di soppiatto dichiarando di essere semplicemente il meglio
(…) Ma chi non è disposto a perdere la propria vita non saprà neppure conquistarsela (...) Il demone della voce interiore è al tempo
stesso il pericolo estremo e l’aiuto indispensabile (…)
Non solo la (…) necessità, ma anche la decisione morale consapevole deve dare il proprio impulso al processo (…) Che cos’è (…)
che fa pender inesorabilmente la bilancia a favore dell’inconsueto? È ciò che comunemente si definisce vocazione; un fattore
irrazionale (…) La personalità autentica ha sempre una vocazione, e ha fede in lei come in un dio, benché, come direbbe l’uomo
comune, sia soltanto un suo modo di sentire. (…) Il fatto che moltissimi seguendo la propria strada finiscano in rovina., non significa
nulla per chi ha una vocazione (….) Un’esplosione dirompente di energie creative (…) è catastrofica solo quando è un fenomeno di
massa. (….) La personalità (…) non si fa prendere dal panico, (….) si è già lasciata alle spalle ogni forma di terrore (…). Se si
impossessa di un gruppo, (…) l’elemento psichico oggettivo conduce necessariamente alla catastrofe, (….) perché ha operato (…)
senza essere stato assimilato da una coscienza , né integrato in tutte le altre condizioni di vita già esistenti. Chi è in grado di assentire
consapevolmente alla forza della vocazione che gli si fa incontro dal suo più intimo essere, diventa una personalità; Solo chi
soggiace, diventa preda del cieco corso degli eventi e ne viene annientato.

Psicologia dell’inconscio in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Raggiungono un più alto grado di coscienza solo quegli uomini che per loro natura vi sono destinati o ne hanno la vocazione, vale a
dire hanno le capacità e l’impulso verso una più alta differenziazione (…) Non occorre un’intelligenza particolare, (…) poiché in
questo sviluppo possono intervenire qualità morali a integrare l’insufficienza intellettuale.

La provvidenza (L. A. Seneca)
Tutto fluisce secondo una legge immutabile ed enunciata per l’eternità (…) Una causa dipende dall’altra, una lunga catena determina
le vicende pubbliche e private: si deve sopportare tutto coraggiosamente perché tutte le cose non avvengono, ma vengono. Una volta
per tutte fu stabilito l’oggetto delle tue gioie, delle tue lacrime (…) e tutto si riduce a questo: effimeri riceviamo l’effimero (…) Per
questo siamo al mondo (…) È proprio di un uomo buono offrirsi al fato (…) La sventura è occasione di virtù. Sarebbe giusto
chiamare infelice chi è snervato da un eccesso di prosperità, chi come un cuore immobile è prigioniero della bonaccia: qualunque
cosa gli capiti sarà una sorpresa (…) Fuggite una prosperità che vi snerva e svigorisce l’animo e, se non interviene qualcosa che gli
ricordi la sorte umana, lo fa marcire come nel sopore di una continua ubriachezza, (…) fa vaneggiare, offusca la differenza tra il vero
e il falso (…) C’è bisogno di una prova per conoscersi (…) Come posso conoscere la tua fermezza di fronte al disonore , al discredito
se ti segue inalterabile il favore e la simpatia della gente? (…) La fortuna cerca chi le stia pari, i più coraggiosi; certuni non li degna
di uno sguardo (…) Nature fiacche, destinate al sonno o a una veglia del tutto simile al sonno, sono tramate di elementi inerti: per
formare un uomo degno di questo nome, ci vuole un destino più vigoroso. La sua vita non sarà in piano: bisogna che vada su e giù,
sballottato dai flutti e piloti la nave nella tempesta. Deve tenere la rotta contro la fortuna: gli capiteranno molte vicende dure e
difficili, che sarà lui a mitigare e appianare. Il fuoco mette alla prova l’oro.

Premessa a una mia analisi di Lord Jim di J. Conrad
Il vero obbiettivo della naturale spinta all’autorealizzazione è l’integrazione alla coscienza delle parti inconsce della personalità,
ovvero quella sintesi di io e non-io nel sé che nei miti di tutte le tradizioni e della letteratura fantasy è rappresentato dal tesoro
difficile da raggiungere, nell’alchimia dal lapis e in alcune tradizioni religiose (soprattutto orientali) dal gioello. Jim non confonde
l’amata con il lapis al suo giungere a Patusan (alla sua discesa in se stesso), quando la fuga istintiva dalla prigionia e il salto nel fango
lo portano da Doramis e salvano, evocando il suo arrivo spericolato lungo il fiume simile a un salto nell’ignoto (iniziativa irriflessiva
come di chi fugga) e anche il salto nella barca dalla nave Patna e le parole di Stein sui sogni da perseguire immersi nell’elemento
distruttivo. Il lapis, il coronamento dell’opus alchemico (si parla anche esplicitamente di "maghi") sembra essere a Jim invece
quel’opportunità intravista alla sua morte, quando espia per scelta e senza esitazione il fallimento del tutto imprevisto (le sue ultime
parole scritte denotano sgomento): non fugge da se stesso e non rinnega il suo dovere, ma soltanto si riscatta come può, anche se al
prezzo di un nuovo abbandono; egli muore bene come ha vissuto bene tra sbagli e sbandamenti, perché resta fedele, si prende sul sero
e si fa padrone del suo destino. Se il destino gli si è mostrato infine ostile è forse perché il villaggio gli avrebbe potuto far perdere la
libertà morale, che svanisce con il perdersi della colpa. Forse, però, l’inconscio lo ha tenuto prigioniero al villaggio (simbolo materno
oltre che del mandala) perché non lo riteneva ancora pronto per fare ciò che avrebbe dovuto? L’opportunità intravista da Jim era
predestinata? L’isolamento è pur sempre la conseguenza naturale dello sviluppo della personalitá (così sottolinea Jung nei suoi libri
più volte) il fatto è che un finale diverso non sembra possibile, date la natura ricca di immaginazione, la sensibilità, la giovinezza e
l’educazione paterna stupidamente intransigente di Jim (il padre è il simbolo del sapere tradizionale, fondato su pregiudizi e confusi
luoghi comuni) e considerato anche il bisogno umano di autostima: il pirata sembra fare parte, come l’incidente del Patna, dei disegni
dell’inconscio collettivo su Jim, dei progetti autonomi del sé (o del destino se così si vuol dire), dato che certe vite sembrano davvero
avere un senso e che esiste nella psiche un archetipo del significato (il "vecchio saggio” qui rappresentato soprattutto da Marlow e
Stein, che infatti conducono Jim a Patusan, e forse anche da Doramin che, proteggendolo, fa sì che egli vi resti e poi lo uccide).
Secondo me il pirata è la coscienza di Jim sotto l’influsso dell’anima (inconscio collettivo in lui divenuto nemico, perché provocato)
quindi l’intelletto mefistofelico. In generale l'intuito e l'aspetto di Brown fa pensare a un animale o a un essere allo stesso tempo al di
sotto e al di sopra dell’uomo e ciò in netto contrasto con Jim, il cui aspetto ne sottolinea la civiltà. Il nome stesso Brown evoca colori
piatti, banalità e una terra senz’acqua e senza verde come un intelletto lontano dalle fonti del sentimento, della morale, del buon
senso (intelligenza manipolatoria, il contrario della ragione umana secondo per esempio Jung e Fromm: questo volto temuto del
duplice Mercurio ha trovato molte rappresentazioni nei miti e nella letteratura), come il soprannome Lord Jim fa pensare a gem –
gioiello in inglese - quindi a regalitá, all'essere protettore e salvatore dei deboli come un dio – Cristo stesso è un simbolo del sé – o
come un principio di luce, oltre che evocare il carattere numinoso dell’inconscio collettivo. I parallelismi tra lui e Jim sono molti per
sottolinare il contrasto e il legame tra i due. Secondo questa interpretazione quindi la nave del pirata è la nave di Jim condotta da un
estraneo (autonomia dell’inconscio), è la personalitá di Jim dominata dall’intelletto sotto la possessione dell’anima (l’inconscio
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collettivo di cui acqua e nave stessa sono simboli molto comuni) e rafforzato in tale posizione dall’ombra (inconscio personale,
l'"Ombra" affine al buio, il traditore Cornelius). La nave giunge dal fiume, quindi probabilmente è attirata dalla madre di Gioiello
(figura possibile della funzione "mentale" – nel senso dato al termine da Jung - del tutto inconscia di Jim connessa all’inconscio
collettivo, che in lui – maschio - ha carattere femminile; la madre di Gioello comunque è stata abbandonata ed esclusa come lui; ella
rappresenta anche la sana e in fondo giustificata diffidenza verso l’esterno) che era stata “attivata” da Jim (attraverso il suo legame
con la figlia e la sua chiusura dei rapporti con le proprie figure paterne) con la partecipazione di Cornelius, resosi particolarmente
ostile perchè provocato. Il conflitto con il pirata è il doppio fallimentare del primo conflitto con il pirata locale, vinto grazie all’idea
avuta dopo gli attentati creati o favoriti da Cornelius/l’ombra e grazie all’aiuto avuto da Gioiello (alla vigilanza della coscienza e
degli alleati della coscienza). Ora la coscienza si trova isolata, perché Jim, a causa della sua felicità e del suo disprezzo per
Cornelius, ha in parte dimenticato l’instabilitá e la stanchezza generate dai continui attentati subiti nei primi tempi al villaggio e solo
il fiume ricorda (per via dei sicari gettati in acqua), fiume che conduce Brown a Patusan (sottovalutare la propria Ombra e voler
dimenticare gli sbagli fatti, è un errore tipico della coscienza, in particolare di quella maschile). La colpa, ricordatagli da Brown, e
che lui ancora sopravvaluta, devia il suo giudizio lontano dai suggerimenti del villaggio (le riserve dell’insieme della sua personalitá:
la diffidenza verso l’esterno sarebbe stata salutare ora quanto prima era stata controproducente). L’eroe spesso nei miti muore a causa
di un tradimento e per cause insignificanti dopo tante fatiche coronate da successo come del resto ha nascita insignificante che fa da
contraltare alle possibilità di realizzazione prodigose (il processo creativo e lo sviluppo della personalità sono per certi versi
straordinari ma si svolgono nell’inconscio - quindi in luogo interno, non appariscente e misero per gli osservatori esterni - e inoltre
essi sono fragili perché avversati naturalmente dall’inconscio geloso e perché esposti a mille condizioni ambientali per il loro avviarsi
e ancor più per la loro riuscita). Conrad sembra dirci che nella vita si vince di rado al modo desiderato, perché essere completi rende
troppo difficile alla lunga convivere con se stessi, ma che è pericoloso anche ignorare il bisogno di conoscere se stessi e di sviluppare
la propria personalità: la vita svolge continuamente il suo gioco senza che nessuna strada sia mai sicura, senza pietà e senza scopo
(secondo Jung l’inconscio collettivo produce destini senza un fine ultimo, cioè per la sua natura stessa di creatore), ma alcuni
individui non “snobbati dal destino” spiccano fra gli altri (“la natura è aristocratica” scrive Jung) per l’intensità con cui vivono il
conflitto e per la loro fedeltà al gioco se non altro e queste qualità morali consentono loro di non subire il destino con la passività dei
mediocri. Jung afferma più volte che la chiave nel processo di individuazione e della possibilità di difendersi dalle aggressioni
dell’inconscio è data da un insieme di fedeltà, onestà e perseveranza nel confronto con se stessi e ribadisce anche più spesso che la
pace è impossibile in ogni caso all’uomo, perché chi rifiuta il dialogo con i propri fantasmi e la propria ridicola o abbietta ombra
finirà col lottare maggiormente con altri individui e probabilmente col cedere senza dignità all’azione dell’inconscio compensatore o
in stato di aperta ostilità…e forse si dovrebbe aggiungere che la pace è dell’uomo anche indegna. In questo libro non hanno pace
nemmeno i testimoni e infatti i giudizi di Marlow sui personaggi mutano spesso, tanto che quando viene, a proposito d’altro,
sottolineata l’importanza delle sfumature, questa affermazione sembra la giustificazione che Conrad dà di questa altalena di opinioni
che non viene meno nemmeno nelle ultime pagine: i giudizi frettolosi e lapidari della folla sono qui considerati ciò che sono sempre
di fatto, cioè brutalità

http://www.slideshare.com/analisi-dei-sogni-con-mitologia-e-alchimia oppure http://www.slideshare.com/simboli.
Le regole del sognare non sono generali e i sogni sono suscettibili di interpretazioni diverse a seconda del tempo e delle persone (...)
Nella vita l’unione degli opposti è ottenuta attraverso ascolto di sé, analisi dei sogni, riflessione distaccata, idee e concezioni capaci di
soddisfare il simbolismo dell’inconscio collettivo (l’”aqua doctrinae” dell’alchimia) e soprattutto attraverso il riconoscimento delle
proiezioni inconsce (quelle degli altri su di sé, quelle del proprio lato oscuro sugli altri, quelle della parte inconscia profonda della
propria personalità su esponenti del sesso opposto e ciò che si fantastica su se stessi) ed è quindi un equilibrio parziale ottenuto per
gradi nel corso dell’esistenza e perseguito perché lo stato di conflitto interiore è troppo contrario alla vita: i simboli “unificatori” sono
creati dall’inconscio proprio come compensazione dell’opposizione all’io cosciente dei lati negativi o considerati inaccettabili di sé,
oltre che probabilmente per indicarci l’esistenza di un centro della personalità diverso dall’io e comprendente e accentrante la
porzione conscia e quella inconscia e in parte barbara e inconoscibile, anche al fine di infondere in noi una salutare incertezza.Tra i
simboli unificatori onirici i più frequenti sono i mandala, i quali in genere sono in forma di fiore o stanze o contenitori (soprattutto
circolari o quadrati) con eventuali gradini, croci o ripartizioni a croce, scale a chiocciola, spirali-vortici o “occhi” della coda di
pavone aperta disegnati su carta o incisi sulla carne o sul guscio di un animale o ruote con raggi e, al centro, spesso un oggetto
contenente acqua o prezioso (es. una perla) e/o di variegati colori o un animale altrettanto colorato (spesso un pesce o un uccello);
simboli unificatori sono però anche gruppi di tre o quattro animali o persone di sesso diverso rappresentanti le funzioni psichiche
(intuito, sentimento, ecc.), dove è la funzione del sognatore meno utilizzata coscientemente a simboleggiare e portare il messaggio
dell’anima, intesa semplicemente come porzione in noi dell’inconscio collettivo accomunante tutti e tutto. La buia caverna in
alchimia è un tipico simbolo del vaso dell’opus e di congiunzione di opposti, perciò potrebbe avere tale significato anche nei sogni e
ciò è anzi probabile perché essa è assimilabile ad un contenitore (...)
Una sfera (uovo, roccia, occhio o altro) è sempre anche simbolo del Sé e quindi se ci sono più sfere nel sogno alcune possono anche
indicare persone vicine al sognatore (amici, ecc.). Un viso illuminato dal sole e un corpo umano nudo bianco quasi splendente, come
il sole e altre sfere di luce, sono altri simboli di illuminazione interiore e di ciò che affascina nel Sé e nelle immagini simboliche e
attive su di noi che vediamo in sogno oltre che dell’”anima”. L’occhio, oltre che il Sé, o il mandala, indica spesso la coscienza e
l’introspezione naturalmente e anche dio; un animale o un oggetto con tanti occhi indica invece l’inconscio, perché esso può essere
considerato alla stregua di una coscienza multipla.
Il Sè può essere rappresentato anche da un oggetto intessuto da molti fili di tipo diverso. Tra le più frequenti rappresentazioni del Sè
ci sono certamente cristallo e pietra. Il cristallo rappresenta bene l’unione di materia bruta e principio ordinatore spirituale grazie alla
sua struttura complessa. Una pietra ovale o tonda, lucida o grezza, raccolta, sfregata o in posizione significativa è sempre un simbolo
importante del Sè, perché è adatta a suggerire il carattere più intimo e vero di una persona, la parte di se stessi che si avverte come
avulsa dal continuo flusso di emozioni, pensieri, attività ed eventi: se la pietra è lucida, essa è come uno specchio in cui la psiche
inconscia di ciascuno può percepire il proprio potere; lo sfregarla indica l’impegno di vivere accettando incombenze quotidiane e
dolore, sebbene possa essere anche un’allusione alla credenza di alcuni primitivi che così se ne aumenti il valore mistico; versarvi
sopra dell’olio ricorda pratiche sacre antiche, note anche attraverso la Bibbia.
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Elemento unificatore è l’equivalente inconscio di un intelletto ben equilibrato da sentimento, intuito e istinto, una guida che nei sogni
di frequente è rappresentata da acqua (es. fontane, pozzi), argento (come colore o materiale), fuoco, argilla (spesso umida), sostanze
viscose, sale, acqua salata, lacrime, albero di corallo, luna, sole, drago, serpente, bambini, nani, gnomi o simili.
L’intelletto cosciente utilizzato dal sognatore può essere simboleggiato da uno specchio o altra superficie riflettente. Un intelletto
troppo freddo, rigido, tagliente, penetrante e quindi pericoloso può essere rappresentato da oggetti taglienti o aguzzi e, mi sembra,
anche da un uomo sconosciuto spesso con pizzetto o capelli rossi, il quale può a volte rappresentare anche la parte dell’inconscio
personale con radici anche in quello collettivo che è meno accettabile per la coscienza (quella che Jung chiama “Ombra” ed è la parte
di sé volgare, debole, vile o astiosa che di solito si trova in opposizione forte all’Io cosciente); mi sembra di ricordare che questa
parte di sé spregevole possa apparire anche come meticcio o uomo poco civilizzato.
Nei sogni le stanze nella forma e nella disposizione stesse indicano l’organizzazione della personalità oppure lo stato più o meno
cosciente e meno sviluppato delle funzioni psichiche (intuito, sentimento, pensiero, sensazione) del sognatore o l’equilibrio o
squilibrio dei mandala spontanei (soprattutto cerchi, quadrati e rettangoli protettivi dalla dispersione della concentrazione e dal
pericolo di essere sommersi) quali rappresentazioni del rapporto tra la coscienza del sognatore e l’inconscio; la direzione del
movimento verso destra nei sogni indica che un contenuto inconscio cerca di divenire cosciente e non trova troppa resistenza da parte
dell’Io, mentre la direzione verso sinistra segnala il pericoloso procedere verso l’inconscio con il rischio di esserne sommersi e
restarvi intrappolati (...)
Persone viste in lontananza in modo confuso, anche se poche, valgono per massa indeterminata e perciò rappresentano l’inconscio.
Figure prive di viso sono esseri del tutto senza coscienza. Una pluralità (di animali, persone, nani o bambini, ecc.) in un sognatore
non schizofrenico comunica al sognatore che egli in un dato periodo è più vicino allo strato antico e indeterminato della psiche
collettiva o che si sta identificando con un gruppo (famiglia, comunità religiosa ecc.). L’inconscio collettivo nei sogni ha spesso
l’aspetto di folla, branco, brulichio, ibridi, animali selvatici, uccelli, cani e scritte incomprensibili, terra verdeggiante o mare
(entrambi possono nascondere pericoli ignoti e a volte doni sorprendenti), fiume o acqua in generale (vapore, ecc.), vento, nave,
villaggio, albero, legno, chiesa, cucina, capriolo, cavallo, orso, ragno (con molti occhi e dalle trappole quasi invisibili), pavone
(perché anch’esso ha molti “occhi” sulla coda ed è inoltre colorato e alato). Credo che gli stessi simboli possano essere attribuibili a
Madre natura (il mondo degli istinti anche soccorrevole) e all’anima del mondo o del sognatore (soprattutto capriolo dal volto umano,
cavallo bianco, uccelli, vento, chiesa, albero con acqua, nave) (...)
Anche i numeri sono significativi: secondo un testo di alchimia ogni perfezione si basa sulla triade misura, numero e peso. Il 3 indica
in genere nei sogni conflitto e dinamismo interiore e qualcosa che spinge all’unità e provoca così eventi, come quando due triangoli
uguali formano un quadrato, e può rappresentare tre delle funzioni psicologiche spinte all’unità dall’azione della quarta più inconscia.
La triade nei sogni è frequente e può avere anche altri significati: può rappresentare le radici inconsce delle tre funzioni psichiche o
anche la parte peggiore e più rifiutata dall’Io dell’inconscio personale pensata come un insieme di 3 funzioni psichiche di tipo
inferiore; dal conflitto diretto tra triade superiore e triade inferiore delle funzioni nascono dinamismo e tensione psichici. Il 3+1 è un
modello tipico della gestione della quaternità da parte dell’inconscio e infatti nell’alchimia e – mi sembra – anche nei sogni capita
spesso che tre elementi siano raggruppabili insieme mentre il quarto abbia una posizione particolare o sia di tipo particolare;
l’incertezza tipica dell’inconscio tra 4 e 3 indica anche oscillare tra spirituale e fisico e natura incerta della verità, dato che sono
quattro le funzioni psichiche che determinano un giudizio totale ma la quarta funzione psichica è collegata all’inconscio collettivo al
punto da avvicinare la totalità che include spirito e materia/fisicità ed è misteriosa. Di certo il 4 indica unità (spesso anche i multipli)
come l’1.
http://www.slideshare.com/guida-alla-scelta-dei-libri-per-bambini-e-ragazzi
Il chiaro messaggio è che avvicinarsi troppo all’inconscio con le speculazioni intellettuali e il misticismo o provocandolo con eccessivi
freni all’istinto è pericoloso per l’uomo e che i mezzi per fuggire alle seduzioni e agli inganni che possono derivarne sono il rispettare
e salvaguardare i confini (la “Barriera”, la ragione), ma anche il calore umano, l’istintualità e l’intuizione; in altri termini si vuole
ribadire che serve un intelletto versatile e collegato in modo armonico alle altre, tra funzioni psichiche, un intelletto che si può vedere
rappresentato appunto dal modo in cui viene sfruttata nelle diverse circostanze la nave di Daenerys (costruzione umana e quindi
simbolo di metodo e riflessione qui, come spesso nei sogni). Questo intelletto, vivificato dalla passione quanto equilibrato, in
alchimia viene definito acqua “viva”, acqua “nostra”, argento “vivo” o “fuoco” proprio per distinguerlo dall’intelletto astratto,
dominatore e sprezzante senza criterio di ciò che ancora non comprende: così esso è anche indicato come lunare o quale sale o
lunaria (un albero di corallo bianco e rosso il cui sale è chiamato “dolcezza dei saggi”) o acqua salata come è detta la “terra” di
provenienza del fratello vivo di Daenerys e come le lacrime… tutto ciò ad additare che la saggezza sta nel conoscere bene anche il
lato spiacevole di sé e nel consolare l’amarezza dei frutti della ragione grazie all’esperienza che dalle enormi delusioni deriva a volte
un’inconscia intensificazione e una notevole evoluzione del sentimento; inoltre questo intelletto alimentato dal sentimento e
dall’intuito e consapevole delle radici anche oscure e poco nobili della personalità è rappresentato in alchimia come una soluzione
dissolvente ovvero separatrice di elementi, per significare che vanno superati gli attegliamenti intellettuali irrigiditi e le proiezioni
inconsce della coscienza non evolutasi.
Avere o essere (E. Fromm)
Secondo la modalità dell’avere, noi siamo legati a ciò che abbiamo accumulato in passato (…) Noi siamo il passato; e possiamo dire:
“Io sono ciò che sono stato” (…) L’essere non è necessariamente fuori dal tempo, ma il tempo non è la dimensione che governa
l’essere (…) La stesura delle idee avviene nel tempo, ma la concezione delle idee stesse è un evento creativo extratemporale.

Il dottor Zivago (B. Pasternak)
D’un colpo, ogni cosa è cambiata, il tono, l’aria (…) E non c’è nessuno intorno, né amici né autorità costituite. Allora ci si vorrebbe
affidare all’essenziale, alla forza della vita o alla bellezza o alla verità, perché esse, e non le autorità umane ormai travolte, ti dirigano
in modo sicuro e senza riserve più di quanto avvenisse nella solita vita di sempre, ora tramontata e lontana.

Quello che sento (C. Consoli)
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Potrei parlare, discutere, stringere i denti, sorridere, mentire infinitamente, dire e ridire inutilità, mostrare falsa e ipocrita serenità,
quando le parole si ribellano, favole, fiumi e mari di perplessità. Non c'è una ragione per non provare.. quello che sento (…) Un cielo
immenso dentro (…) Ho bisogno di stare con te (…) di regalarti le ali di ogni mio pensiero (…) oltre le vie chiuse in me (…) Voglio
aprire il mio cuore a ciò che è vero.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
“Troppo forte (…) non mi riusciva di confidarmi con chicchessia. Non c’è solitudine più chiusa di quella creata dall’impossibilità di
esprimere i propri sentimenti. La rottura col mondo esterno diventa un abisso, non esiste conforto o distrazione. La vita è stata un
adattamento a un seguito di finzioni. La maggior parte delle ragazze, per non sembrare meno delle altre, finiscono col sostituire belle
frasi a ricordi ripugnanti, e a ogni passo simulare piaceri e fingere ammirazioni non sentite. Fingevo ad esempio di ammirare il
Paradiso di Dante per non sembrare cretina, ma più tardi mi fu letto mentre ero in convalescenza e, forse per amore delle letture o
perché ero indebolita dalla malattia, mi sembrò sublime. A molte altre credenze mi sottomisi (la donna è l’angelo della famiglia, la
reputazione perduta non la si riacquista più ecc.). Amen. A volte mi dicevo che il male era solo la mia mancanza di rassegnazione
(perché io non dovrei avere pazienza come tutti?), ma la mia anima a lungo non l’accettava e mi dicevo che se avessi potuto prima di
morire uscire dalla rappresentazione dell’incubo della finzione e parlare di queste cose con te, poi avrei accettato tutto, anche il
carcere e il manicomio. Quando poi, essendo stata l’eroina di uno scandalo e dovetti sottomettermi alle finzioni della mantenuta,
trovai che erano finzioni provvidenziali perché mi staccarono dalla gente (…) È difficile per le donne evadere (…) L’importante forse
è salvarsi in un modo o in un altro, come non conta (…) Salvarsi, cioè perdersi, in fondo è lo stesso (… )Non bisogna avere il terrore
degli scandali (…) Ognuno si salva come può: nei momenti del pericolo quando non c’è tempo di riflettere, la scelta è fulminea, ma
perché in quei momenti non prendiamo tutti la stessa porta di sicurezza? Scegliamo o siamo scelti? Forse è la stessa cosa e la vera
libertà consiste in un’assoluta fedeltà a noi stessi (…) Capire quel che siamo noi stessi in anticipo è impossibile e assurdo, non
potendo noi renderci conto del senso dei nostri atti prima di compierli, (…) ma per assicurare la fedeltà a noi stessi bisogna
considerare che il destino si riduce a questo: i nostri atti più sinceri non possono essere che nostri. Il destino ci si rivela a mano a
mano che sciogliamo i nodi della nostra matassa e quanto più siamo leali, tanto più esso ci appare evidente (…) Invece di destino
forse sarebbe più esatto parlare di destinazione (…) Anche un incontro come questo non è un caso (…)Tra persone della stessa specie
(…) Quando due “banditi” si incontrano, non è mai un caso”.

La valle della luna (J. London)
La confusa, irreale esistenza di ** continuò (…) L’insonnia non le dava tregua (…) Poi, d’un tratto, s’addormentava in sonni lunghi,
profondi, donde riaffiorava intontita (…) La morsa di ferro alle tempie non si disserrava mai. Si alimentava pochissimo (…) Spesso
digiunava per tutto il giorno (…) Le lacune della sua coscienza si ripetevano giorno per giorno (…) Si ritrovò sulla punta estrema
della scogliera (…) immersa con l’acqua fino al ginocchio. Attorno nuotavano legioni di grossi ratti, squittenti e annaspanti (…)
Cercavano di arrampicarsi su di lei (…) altri continuarono a girarle attorno a una certa distanza. Uno le piantò i denti in una scarpa
(…) Un ragazzino (…) su un piccolo scafo si accostò (…) “Volete venire a bordo?” (…)
Una frase molto significativa del ragazzo le aveva rapito la fantasia: “Oakland non è che un punto di partenza”. Non aveva mai
considerato la città sotto tale aspetto (…) Perché no? (…) Nonostante la fatica di quella lunga giornata, sentiva uno strano benessere
(…) Dormì d’un sonno solo, ristorata. Ritrovò se stessa come liberata da un peso opprimente (…) L’anello di ferro alle tempie era
sparito. Si sentiva di buon umore (…) Le parole del ragazzino continuavano a danzarle e sfavillarle innanzi (…) Doveva essere stata
malata di mente (…) in seguito ai molti dispiaceri che le erano occorsi senza alcuna colpa (…) Oakland è una trappola (…) Ripassò
tutti gli avvenimenti della sua vita (…) Se *** non fosse stato depresso dall’ozio e dalla situazione disperata della città (…) non si
sarebbe messo a bere (…) Dovevano abbandonare Oakland. Solo gli stupidi si rassegnano e chinano il capo al fato. Ella e ***
volevano affrontare la vita a testa alta. Ella non sapeva ancora dove sarebbero andati, ma a questo avrebbero pensato in seguito (…)
Doveva lottare, evadere. Doveva trovare una via di scampo (…) un po’ d’amore, un po’ di felicità. Poco le importava (…) che Dio
non esistesse (…) se soltanto avesse potuto godersi la sua piccola felicità.

La lettera scarlatta (N. Hawthorne)
Sotto qualunque forma, il male assume sempre l’aspetto di una condanna (…) È strano come ** persistesse nel chiamare suo asilo
quel luogo (…) Ma una forza irresistibile che sembra una condanna spinge gli esseri umani ad aggirarsi dove qualche avvenimento
ha lasciato una traccia profonda nella loro vita (…)
Ora il suo cuore e la sua mente erano di casa in quella solitudine in cui aveva guardato con distacco le istituzioni criticandole (…) Il
suo destino e le sue sventure l’avevano resa libera (…) Vergogna, disperazione e solitudine avevano rinvigorito la sua forza innata
(…) Quegli anni avevano reso il suo carattere più energico e ora era in grado di tener testa (…). Quei sette anni di infamia non erano
stati per lei che una lunga preparazione all’ora decisiva (…) “È dunque così piccolo il mondo?”, gridò **. “Cos’hai tu in comune con
questi uomini dal cuore di ferro e con i loro pregiudizi? Già troppo a lungo hanno tenuta schiava la parte migliore di te! (…) Muta
questa tua vita di menzogna in una vita di verità (…) Predica, scrivi, opera! Fa’ qualunque cosa, ma non lasciarti morire così! (…)
Perché sottostare un giorno di più a questo tormento che (…) ti ha tolto ogni capacità di volere e di agire?” (…) Con un gesto
istintivo, si tolse il cappuccio che le imprigionava i capelli (…) Ritornavano sesso, gioventù, bellezza (…) e una gioia mai sino allora
conosciuta (…) L’amore sia quando nasce sia quando si desta da un letargo che è sembrato mortale, riempie il cuore di luce, una luce
che si riflette nel mondo circostante.

Testimonianza di una impiegata presso Psicoradio, riportata su Marie Claire (la rivista)
Nella vita ci sono cose che bruciano. E alcune cose quasi impossibili da dire (…) Perché nella vita ci sono momenti in cui pensi che il
peggio ti riguardi da vicino. Sei convinta di meritarlo, è roba tua, un peso incollato addosso che fa un blocco unico con il tuo destino.
Tanto che di te non te ne importa più nulla, hai smesso di reagire e chiunque potrebbe farti non importa quale orrenda cattiveria. Tu
mai e poi mai troveresti il coraggio di confessarlo a qualcuno. Mentre poi ce ne sono altre, di cose, che invece ti fanno una rabbia
pazzesca. Ti senti esasperata, impotente, violata, compressa. Ricordo un giorno (…) : ero così furibonda che in un attimo ho ribaltato
la stanza, (…) consapevole che comunque era molto meglio prendersela con gli oggetti che magari finire per fare del male alla gente.
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Solo che poi succede che ti arriva nel sedere una siringata e ti risvegli dopo tre giorni sedata, in pratica un’altra, e con in più una
fatica assurda a riprendere il filo. Ci sono state queste e altre cose nella mia storia: l’abbandono, la disperazione, la confusione, i
silenzi (…) Avevo 17 anni al primo ricovero (…) In passato avevano detto tanto di me: che soffrivo di depressione, che ero bipolare,
che ero borderline. Tante parole. Ma le parole vanno e vengono e si possono anche sostituire, perché ciò che senti dentro ogni volta è
diverso. È un disagio, certo, ma soprattutto è la tua anima. Ecco, è stata forse questa la prima cosa che ho capito quando ho
cominciato ad abituarmi a (…) non vergognarmi più di mettere la mia anima in mutande. Quando parli di quella, niente più è
impossibile da dire. Se ti alleni a tirare fuori la voce, puoi farlo (…) La paura è una bestia orribile. A volte è l’incapacità di farsi
capire. Altre la coscienza dell’impossibilità di riuscirci. E in ogni caso una gabbia (…) Sentirmi persa senza qualcuno cui tornare. E
accumulare disagio a disagio, angoscia ad angoscia (…) Poi ho pensato a chi ero (…) e mi sono detta la verità: stavo imparando a
tenere a bada i miei demoni. Prima ero una voce bambina, fuori controllo e disordinata, ora la consapevolezza dice che avere diritto
di parola non significa aggredire, e nemmeno buttare di colpo tutti i mobili per aria. Ormai non c’è più il mio matto ridere-ridere o il
mio disperatissimo singhiozzare, e so che di paura non si muore (…) Così ce l’ho fatta.

Henry Doll (Il nuovo Spoon River) (E. L. Masters)
O si affonda nell’immobilità o si lotta e si spiega e s’impara e s’emerge pieni di luccichii. E (…) nel profondo, una risata argentina
nuota controcorrente.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Il suo romanzo parlava della (…) morte di un uomo giovane che non aveva saputo che si sarebbe suicidato fino al momento della
morte, quando capì che in realtà non aveva fatto altro che prepararsi a quel momento, e in tutti i minuti particolari, per mesi. (…) La
sua vita (…) mancava d’obiettivi a lunga scadenza (…) I suoi progetti per il futuro erano tutti vaghi e impossibili. L’idea di questo
romanzo era venuta a ** nel momento in cui si stava vestendo per uscire a cena con amici dopo che si era detta che non aveva voglia
d’uscire (…) Lei viveva nella casa di un amica (…) Aveva molti vestiti ma nessuno le piaceva molto (…) Il suo gusto attendeva in
qualche posto nel futuro (…) Ma (…) non pensava d’andarsene (…) Non riusciva a essere vera (…)
C’erano altre due ** separate dalla bambina obbediente : ** la donna innamorata e umiliata, fredda e triste in un angolino, e una
strana ** distante e sardonica, che stava a guardare e diceva: “Ma brava!” (…)
Per quell’aspetto del temperamento che chiamo letargo o curiosità che (…) fa restare sempre attaccata ad una situazione
(…)Debolezza? (…)
Quel che (…) terrorizza è la (…) compiacenza, (…) il lato negativo del bisogno femminile di (…) placarsi(…)
Era indipendente e immune dal pervertimento sessuale, da certe violenze (…) solo fin quando protetta dall’amore di un uomo (…)
Scivolava pian piano nella stanza per non disturbare (…) sentendosi in colpa perché lì (…)
I colori le apparivano troppo luminosi (…) Ebbe coscienza di tutti i difetti di quella cucina (…) Era sopraffatta da un senso di
meschinità e di bruttezza. (…)La stanza (…) non era più la comoda conchiglia che conteneva ma qualcosa che richiamava con
insistenza l’attenzione, da cento punti diversi, come se un centinaio di nemici fossero lì in attesa .
Il tempo scorreva fuori. (…) Era un pezzo di ghiaccio, (…) oppressa (…) da una sorta di assenza di significato. Non vedeva (…)
ragione di essere pazza o sana. (…) Tutto nella stanza (…) era minaccioso e meschino e privo di senso (…) Sembra che l’atmosfera
di casa sia diventata velenosa, come se uno spirito perverso, pieno di malignità e di brutture si muovesse dappertutto (…)
Trovare una sorgente (…) S’impose d’attaccarsi a qualcosa (…) Sognare l’acqua (…) Si raddrizzò, si riprese, divenne prudente; si
mise in guardia perché era stanca, perché “la fonte era asciutta,” non era che un piccolo meccanismo critico e arido. Riusciva persino
ad avvertire che la sua intelligenza era al lavoro, in guardia ed efficiente come una macchina. Pensò: “l’intelligenza è la sola barriera
tra me e (…) il crollo” (…) Si svegliò sapendo che se voleva attraversare il deserto doveva disfarsi dei fardelli che la opprimevano.
(…) Si addormentò incerta su quel che doveva fare, ma si svegliò sapendo che cosa avrebbe fatto.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Si ha un bell’avere rassegnazione, pazienza, un’abituale cortesia, serenità d’umore quando non ci si attacca a nulla e ci si stanca di
tutto, quando all’infelicità come alla felicità non si sa che rispondere: “Che importa?”

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Nel libro La metropoli e la vita dello spirito (1903) Simmel introduce l'atteggiamento blasè inteso come una sorta di indifferenza
rispetto al valore delle cose, una sorta di incapacità di reagire a nuovi stimoli (...) come conseguenza della sovraesposizione mentale e
psichica alla quale costringe la città.
L’uomo senza qualità (R. Musil)
In altri tempi si poteva vivere da individuo con miglior coscienza di oggi: (…) quel tanto di personale era delimitato e se ne poteva
assumere la responsabilità. Oggi non s’è notato come le esperienze si siano rese indipendenti dall’uomo? Sono andate sul teatro, nei
libri, nelle relazioni di viaggi, nei giornali, nelle comunità di fede; e chi può dire se il suo sdegno è davvero il suo, se tanta gente gli
toglie la parola di bocca e la sa più lunga di lui? È sorto un mondo di qualità senza l’uomo, di esperienze senza colui che le vive; (…)
l’idea che l’importante dell’esperienza è il viverla e dell’azione il farla, incomincia a sembrare un’ingenuità alla maggior parte degli
uomini. Ci sono ancora, ma sembrano pazzi o sono incompresi dai più, le persone che vivono personalmente; dicono “ieri siamo stati
dal tale o dal tal altro” oppure “oggi facciamo questo o quest’altro” e ne sono contenti, senza bisogno di altro significato e contenuto.
Amano tutto ciò che toccano con le dita e sono tanto esclusivamente persone private quanto è possibile esserlo; appena ha da fare con
loro, il mondo diventa un mondo privato e brilla come un arcobaleno (…)
Usiamo dal significato, da ciò che ha un senso, per entrare nell’insignificante al fine di portarvi un significato (…) Ciò fa sì che la
felicità sia breve, che accadano sempre solo “le stesse cose” e che le azioni si svolgano così intensamente come se fossero più legate
l’una all’altra che a noi stessi e che le nostre vicende stanno nell’aria ma non nella nostra volontà (…) La fantasia non è arbitrio e, se
abbandonata all’arbitrio, si vendica (…) L’acustica del vuoto: tutto ciò che è falso e storto acquista la forza attrattiva di una
mostruosa tentazione (…) Se non si ha nulla da opporre, la vita fugge via dall’uomo e si rifugia nelle sue opere (…) da cui aridità e
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assenza del senso di responsabilità (…)
Quel che lo confinava – si diceva – in una forma di esistenza segregata e indefinita, altro non era che l’impulso (…) chiamato spirito
(…) Lo spirito (…) disfa, scompiglia e ristabilisce tutto in un nuovo rapporto: il bene e il male non sono per lo spirito concetti
scetticamente relativi, ma valori membri di una funzione che dipendono dalla concatenazione di circostanze in cui si trovano.
Fabbricante di alternative, non si lascia afferrare e distrugge (…) Cresce ogni ora il corpo immenso di fatti e scoperte del quale lo
spirito oggi deve puntar fuori lo sguardo se vuole considerare un problema qualsiasi (…) Innumerevoli sono i pensieri ordinatori di
tutti i tempi, (…) “Mi sono svegliato un giorno con la dura convinzione di dover trasmettere un messaggio”, pensava. Stringeva i
pugni con dolore e con ira (…) Si vive in un gigantesco apparato di leggi e di rapporti, di cui non si conosce una gran parte che per
ciò si nega esista; ma forse proprio nel fatto che tutte le cose di cui si nega l’esistenza sono in verità le più importanti, sta forse una
tal sinistra misteriosità della vita (…) A volte l’uomo è colto dal panico (…) come una bestia che si dibatte pazzamente, travolta
nell’incomprensibile meccanismo di una rete (…) Un’impressione analoga a quella che coglie l’ubriaco che, (…) in una nebbia che
cambia, (…) si diceva “io sono chiamato a mettere ordine” (…) e lotta per la supremazia (…) mentre gli occhi sporgevano come
antenne e dalla bocca usciva uno strano rigurgito (…) Un appiglio forse si poteva afferrare (…) Le parole saltano come scimmie di
albero in albero, ma nel luogo oscuro, dove si affondano le radici, mancano. Pensava all’esperienza “spirito” come ad una amante da
cui si è traditi ma che non si può amare di meno. Quando si ama tutto è amore, anche se è dolore e orrore. Le case non gli
sembravano fatte di legno e pietra, ma di un’immoralità grandiosa e delicata che, nel momento in cui veniva in contatto con lui,
diventava profonda commozione morale (…) “Le mie amanti erano improvvise fantasie, caricature dei miei capricci, esempi della
mia incapacità di entrare in relazioni naturali con altre persone. Anche questo è connesso al rapporto col proprio io. In fondo mi sono
sempre scelto delle amanti che non amavo”, pensava. A un tratto, senza sapere perché, si sentì malinconico e pensò: “Semplicemente
io non amo me stesso”. Nel centro del corpo raggelato e impietrito della città sentiva battere il proprio cuore. C’era dentro di lui
qualcosa che non aveva mai voluto sostare in nessun luogo, era avanzato a tastoni lungo pareti e pareti del mondo, raffreddandosi
pian piano (…) L’insieme delle innumerevoli scoperte e opinioni dello spirito è un corpo che cresce in barba alla volontà interiore: il
nodo centrale dove dovrebbero convergere non esiste. Se si era illuso di bere alle fonti della vita, aveva ormai quasi vuotato la coppa
dell’aspettazione (…) Egli era simile a un uomo che si procura un armamentario di arnesi e intanto a poco a poco gli vien meno
l’intenzione di servirsene (…) Aveva finito per considerarsi prigioniero di preparativi e col tempo era venuto a mancare il senso come
l’olio in una lampada (…) Gli pareva di essere un fantasma errante nella galleria della vita costernato di non ritrovare la cornice entro
cui scivolare (…) Non poteva nascondersi di aver vissuto per anni, a furia di esattezza, contro se stesso e desiderava che gli accadesse
qualcosa d’imprevisto, perché, trovandosi in quella che egli chiamava un po’ ironicamente la sua “vacanza dalla vita” non possedeva
né in una direzione né nell’altra nulla che gli potesse dar pace… Mentre si lasciava sbattere di qua e di là, parlava troppo, e viveva
con la disperata ostinazione di un pescatore che getta le sue reti in un fiume asciutto, mentre non faceva nulla di corrispondente alla
persona che pur sempre era, egli aspettava dietro la propria persona modellata dal mondo e dal corso della vita; e la sua tranquilla
disperazione originata lì dietro saliva giorno per giorno. Egli si trovava nel peggior stato di emergenza e disprezzava se stesso per le
sue omissioni (…) Non gli restava in fondo che quel resto di imperturbabilità che non è coraggio, non è volontà, né sicurezza, ma
tenace attaccamento a se stessi (…) Aveva eretto intorno a sé un muro di solitudine e, (…) se attraverso la breccia irrompeva il
pulsare di un altro cuore, (…) il desiderio era di sentirsi all’unisono con un altro (…) Nella vita di un uomo simile (…) di notte le
finestre guardano nella stanza e i pensieri, dopo essere stati usati, stanno seduti in giro come i clienti nell’anticamera di un avvocato
di cui non sono contenti. Una volta, in una notte così, egli aprì le finestre e guardò i tronchi nudi e improvvisamente ebbe voglia di
scendere in giardino nel pigiama rosso com’era e sentire il freddo nei capelli (…) Le piante spoglie gli parvero a un tratto
stranamente corporee e, (…) brutte e bagnate come vermi e bagnate com’erano, sentì l’impulso di abbracciarle e cadere ai loro piedi
col viso inondato di lacrime.

La storia infinita (M. Ende)
Il nulla avanzava (…) Era impossibile guardarlo e risucchiava tutto in sé (…) Nella rete sull’abisso, (…) il drago della fortuna si
agitava e in tal modo non faceva che ingarbugliarsi sempre più strettamente (…) Qualcosa di enorme come una nube che cambiava
forma a ogni istante lo feriva… Gli insetti che lo componevano a migliaia formavano un grande occhio che lo fissava (…) Dalla
bocca uscivano antenne (…)
Tanto più tentava di costringerla a venire, tanto più perdeva il ricordo della luce dello sguardo che gli si era posato nel cuore come
un tesoro luminoso, perché in lui fu tutto oscurità (…) I cinque con corazze nere da insetto erano stati moltiplicati, non si sapeva
come, in centinaia di esemplari con movimenti del tutto identici (…) Tutti battevano i piedi in una musica monotona (…) sottomessi
(…)
Lui stava solo intanto senza far nulla, sentendosi svuotato (…)
Lì non c’erano strade né una qualsiasi struttura(…) Osservò che un tale, dopo aver faticato non poco per trascinare il suo carro in una
certa direzione, d’un tratto si voltava e tornava indietro e poi però ricominciava tutto (…) Tutti parevano dominati da una febbrile
attività. Non si occupavano gli uni degli altri (…) Nulla più da dire, non ricordi, non desideri (…) Qualcosa lo trascinava avanti e la
scimmia gli stava piantata addosso (…)
Auryn dà la direzione e porta via la meta (…)
La strada dei desideri non è mai dritta (…) e la via per arrivare alla fonte dell’acqua della vita non è mai facile (…) al di là del mare
delle nebbie (…) Occorreva (…) una bramosia del tutto diversa da quella dei desideri provati, (…) la nostalgia di amare (…)
Avrebbe dovuto trovare scavando al buio un sogno dimenticato per poter tornare indietro (…) Non riusciva a vedere niente là sotto,
non poteva prendere una decisione (…) A poco a poco imparò a orientarsi tra i corridoi in quella totale oscurità. Con una sorta di
sesto senso, un senso nuovo che non si sarebbe potuto spiegare (…) e quando trovò l’immagine, essa risvegliò un sentimento che
veniva da molto lontano (…) e fu un’ondata enorme (…) Fra le lacrime vide il drago arrivare dall’orizzonte per portarlo al sicuro
(…)
Per un po’ visse uno stato di totale incertezza, poi di slancio si gettò nelle acque cristalline, vi si rivoltò, bevve e bevve. E lo colmò la
gioia di vivere e di essere se stesso, proprio così com’era. Era come essere rinati (…) Quella gioia poi non lo abbandonò mai del
tutto, anche nei momenti più difficili (…)
Il segnale luminoso veniva dalle profondità marine (…) Sentiva il suo corpo raffreddarsi in acqua (…) Raccolse le ultime energie per
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immergersi più a fondo (…) Rinvenne – volando più veloce di quanto aveva mai potuto fare. Un’altra volontà lo guidava (…) al di là
della nebbia.

F. Nietzsche
Il genio del cuore (…) fa tacere ogni suono troppo alto e ogni compiacimento di sé e (…) insegna ad ascoltare (…) Il genio del cuore
(…) insegna alla mano goffa e brusca a rattenersi e ad afferrare con maggior grazia; (…) indovina il tesoro nascosto e dimenticato
(…) sotto il ghiaccio spesso e opaco (…) nel carcere di fango (…) Il genio del cuore dal cui contatto ognuno se ne va più ricco, non
graziato e sorpreso, non beneficato e oppresso da un bene estraneo, ma più ricco in se stesso, più nuovo di prima a se stesso,
dischiuso, accarezzato dal vento del disgelo, scrutato, forse più insicuro, più tenero, più fragile, più infranto, ma pieno di speranze
che non hanno ancora nome, pieno di nuova volontà e di fluire, pieno di nuova non-volontà e di rifluire…

Psicologia e alchimia (C. G. Jung)
La via giusta che porta alla totalità è fatta (…) proprio di strade sbagliate, di strade più lunghe (…) Si tratta (…) non d’una linea retta,
ma serpentina che congiunge gli opposti (…) e si aggroviglia in un labirinto non privo di orrori (…) ed esperienze costose.

Il signore degli anelli (J. R. R. Tolkien)
Nel nero baratro, un occhio (…) sprigionava terrore tanto che ** non era capace di distogliere lo sguardo (…) Trascinava la sua testa
verso il basso (…) Coraggio e saggezza per rischiare (…) Alcune cose intraviste accadranno solo se si abbandona la propria strada
per impedirle.
Nel globo vitreo della cornea vigile e penetrante si apriva nel buio di un abisso la fessura nera della pupilla come una finestra sul
nulla.

Il labirinto oscuro (L. Durrell)
Avevano iniziato a salire attraverso l’intrico di grotte e gallerie (…) e infine incredibilmente si trovarono all’aperto (…) Come essere
rinati (…)
La scoperta di se stessi era abbastanza completa(…) Non c’era nessuna somma da fare, nessun giudizio da emettere su ciò che aveva
iniziato a scorrere attraverso di loro, il tempo allo stato puro, come acqua che scorre.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
Cerca di immaginare la leggerezza di vita di chi aveva creduto di morire, in un certo senso ha trascorso alcune settimane in una
specie di sepolcro, (…) da molti è creduto morto, e invece torna a vivere. Pensa alla trasparenza, alla sicurezza della vita d’un
resuscitato. Tutto quello che la vita ora mi dà o mostra è un regalo e un sovrappiù. Sento ora una vita più chiara, semplice e così
serena, che può rinunciare alla felicità essendo già una specie di felicità (…) In quel rifugio sentii un profondo senso di pace. Eccomi
arrivato, pensai. Era quella realtà, spoglia d’ogni illusoria consolazione, che cercavo. Nell’estrema lucidità che si stabilì, tutto il
passato prese infine un senso e gli anni desolanti e sterili sembravano una spoliazione successiva e un’emancipazione da ciò che ai
più la rendono cara. Tutto in quel rifugio mi sembrava familiare come se l’avessi portato dentro di me da molti anni e forse troppo
addentro perché potessi prima d’allora vederlo. Perdei ogni senso del tempo, il quale esiste per chi desidera e cerca o si annoia. Ma io
non avevo nulla da cercare (ero arrivato) e d’altronde non ho mai conosciuto la noia. Uscito dal rifugio cominciai a distinguere lo
scorrere del tempo in modo nuovo, distintamente e non alla maniera astratta e artificiale degli orologi, e inoltre ogni particolare del
mondo esterno, benché mi apparisse niente affatto sconosciuto, mi riempiva tuttavia di uno stupore che non viene da ingenuità di
cuore (…) La famiglia (…) è qualcosa di caldo, è bello, è patetico, ma è il passato e vi provo ora lo sgomento del già vissuto,
l’angoscia della ripetizione. Si può essere morti per la propria famiglia, per il proprio mondo, e continuare a vivere. Talvolta è una
condizione per continuare a vivere (…) Bisogna perdersi per trovarsi.

Vino e pane (I. Silone)
Mi pare che ci si possa ribellare per ragioni opposte: se si è molto forti, oppure molto deboli. Io mi sentivo schiacciato dalla società,
ero ai margini, provinciale, povero, timido.
Mi sentivo incapace di affrontare le mille meschine difficoltà dell’esistenza e le umiliazioni quotidiane, forse. Ora mi sento forte e
non mi importa (…) Ora sono pronto a tutto (…)
Prima vedevo ovunque l’immagine della mia paura, e più del rimorso poteva sempre la paura. Poi passai dalla paura della punizione,
alla paura dell’impunità, del caso e (…) alla fine confessai tutto a **: quella prima volta le parole erano uscite dalla mia bocca come
vomiti di sangue. ** mi insegnò che finché si vive, nulla è irreparabile, che il bene spesso nasce dal male e che probabilmente non
sarei mai diventato un uomo senza passare per quelle infamie e quegli orrori. Dopo qualche giorno, avendo cessato dall’aver paura,
cessai di arrovellarmi con me stesso e cominciai a riscoprire il mondo: mi sembrava di essere rinato.

Wailand Reed (Il nuovo Spoon River) (E. L. Masters)
Meglio lottare tra i rovi per trovare il sentiero tracciato per l’anima anche se perso nell’oscurità, piuttosto che seguire passi che
portano a un pantano d’acqua amara.

Fontamara (I. Silone)
Strana salvezza morire in carcere ma nessuno può sapere (…) Egli, che non aveva mai tollerato le ingiustizie, voleva farsi soltanto i
fatti suoi. Pur di riuscire era disposto a tutto. Forse la sua salvezza è stata di essere restituito al suo destino.

Il senso di Smilla per la neve (P. Hoeg)
Si guardò allo specchio: guardò le sue rughe (…) le cicatrici (…) e, rivolta allo specchio, disse: “Ciao, amica”.

La coscienza di Zeno (I. Svevo)
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Fu un vero raccoglimento il mio, uno di quegli istanti rari che l’avara vita concede di vera grande oggettività in cui si cessa
finalmente di credersi e sentirsi vittima (…) In mezzo a quel verde rilavato di sprazzi di sole, seppi sorridere alla mia vita e anche alla
mia malattia (…) Com’era stata più bella la mia vita che non quella dei cosiddetti sani, coloro che picchiavano o avrebbero voluto
picchiare la loro donna ogni giorno salvo in certi momenti. Io, invece, ero stato accompagnato sempre dall’amore (…) Gli altri
abbandonano le donne delusi e disperando della vita. Da me la vita non fu mai privata del desiderio e l’illusione rinacque subito
intera dopo ogni naufragio(…) La guerra mi prese; mi squassò e da un giorno all’altro tutte le mie 24 ore furono del tutto nuove (…)
Questo manoscritto (…) esiste perché ci fu un’epoca di tanta quiete e silenzio da occuparsi di giocattoli simili. Sarebbe anche bello
che qualche psicanalista mi invitasse a piombare in uno stato di mezza coscienza per rivivere un’ora della mia vita precedente. Gli
riderei in faccia. Come si può abbandonare un presente simile per andare alla ricerca di cose di nessuna importanza? (…)
In confronto a tutti mi sento tanto felice – specie dacché ebbi notizie dei miei – che mi sembrerebbe di provare l’ira degli dèi se stessi
anche perfettamente bene (…) Il dottor ** crede di ricevere altre mie confessioni(…)Non solo non voglio fare la psicanalisi, (…) ma
non ne ho bisogno. E la mia salute non proviene solo dal confronto con tanti martiri (…) Da lungo tempo sapevo che la mia salute
non poteva essere altro che la mia convinzione e ch’era una sciocchezza di volere curare anziché persuadere. Dolore e amore, poi, la
vita insomma, non può essere considerata una malattia perché duole (…) La vita procede per crisi e lisi (…) Non sopporta cure.
Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. La vita attuale è inquinata alle radici (…) La
furbizia cresce in proporzione alla debolezza (…) Chi ci guarirà dalla mancanza di libero spazio e dagli ordigni? Qualunque sforzo di
darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce solo il progresso dell’organismo.
Gli stadi della vita in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Le nature problematiche sono di frequente nevrotiche, ma sarebbe un grave errore il confondere questo carattere problematico con la
nevrosi; tra essi esiste effettivamente una differenza essenziale: il nevrotico è ammalato in quanto non ha coscienza dei propri
problemi, mentre il problematico soffre dei suoi problemi coscienti senza essere malato (…) I grandi problemi della vita non sono
mai risolti definitivamente. Se essi talvolta lo sembrano, è sempre a nostro danno. Si direbbe che il loro significato e il loro scopo non
siano nella loro soluzione, ma nell’attività che infaticabilmente noi spendiamo a risolverli. Soltanto ciò serve a preservarci
dall’abbrutimento e dalla fossilizzazione.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
La gente è definita sana quando si chiude o si limita.

Il processo (F. Kafka)
Può darsi che chi lavora nel tribunale abbia più paura di te (…) L’aria fresca li stordì e spinse all’interno.

Una pagina sulla meditazione online rimossa :
Meditare è sapere quel che si sta facendo mentre lo si sta facendo in modo rilassato. Rilassarsi non è una cosa che si fa, ma che si
lascia accadere e che accade quando si smette di fare resistenza. Anche commentare e seguire associazioni a partire da un pensiero
spontaneo o da una sensazione o percezione è resistenza (al loro fluire naturalmente di continuo senza bisogno di un pensatore).
Meditare è stare attenti a tutto tutto insieme.
Meditare è fare esperienza fisica del vuoto: è accogliere, è includere in sé senza riserve in quanto creature e in quanto liberi di
scegliere cosa assecondare e cosa no. Molte difficoltà nella vita derivano dal fatto che “non stiamo insieme”, che siamo frammentati
e dispersi: inseguendo il passato, perdendoci nel presente e pianificando il futuro. Sempre inseguire il passato lascia la mente
indebolita, stordita e dispersa: più spesso ci si perde, più la mente si indebolisce. Di solito, quando scopriamo che la mente si è persa,
tendiamo ad arrabbiarci e a condannare o giudicare questa attività, vederla come un insuccesso: dopodiché riportiamo la mente sul
respiro e cerchiamo di espellere il ricordo. Il risultato è dispiacere e turbamento. Arrabbiarsi farà nascere sensi di colpa, ansia e
risentimento, che contribuiranno a mandare ancora più in pezzi la meditazione. Quando vi accorgete che vi state volgendo al passato,
consentitevi di osservarlo, in un modo molto aperto, accomodante. Questo è il “lasciar andare”: soltanto un allontanarci
psicologicamente dall’oggetto della distrazione e fare marcia indietro, quietamente, per tornare a occuparci del respiro. Quanto più
spesso lo facciamo, tanto più la mente si stabilizza e in essa nascono spontaneamente chiarezza e tranquillità. Certo, è vero che
quando irrompono imprevisti, rivelazioni, problemi legati al passato, ciò che conta di più spesso non è tanto la capacità di rimanere
calmi e di risultare efficaci nella risoluzione dei contrattempi, quanto la volontà di guardarci dentro e affrontare certi nodi psicologici
mai sciolti. Il problema è lo stesso: la mente frammentata, perché in fuga nelle distrazioni, prova turbamento, molta ansia e senso di
colpa, perché percepisce in sé zone oscure, complessi irrisolti cui ha paura di avvicinarsi. Nella mente della persona media, questa
sembra essere una condizione permanente. Di solito non sappiamo che farci, quindi tiriamo avanti alla meno peggio, rifugiandoci in
ulteriori distrazioni, di un tipo o dell’altro, per sfuggire agli effetti delle distrazioni in cui indulgiamo perché non appena restiamo
soli, dolore e confusione si fanno sentire. Inconsapevoli delle nostre azioni, brancoliamo nel buio facendo del male a noi stessi e agli
altri, spargendo il caos e la confusione dovunque andiamo. A mano a mano che ci addestriamo nel lasciare andare combinandolo con
l’atteggiamento gentile del “permettere”, nella mente si verifica un cambiamento ben preciso. Poco a poco la mente si stabilizza e
diventa più calma e rilassata, come quando si esce da una tossicodipendenza. Il cambiamento non si verificherà all’improvviso:
abbiamo a che fare con le abitudini di una vita intera, con schemi di comportamento improntati alla distrazione. È importante venire a
patti con tutto ciò che accade – con tutti i pensieri, con tutti i sentimenti e con ogni cosa – e accettarle. Ogni intenzione di modificare
o manipolare la mente o di rinforzare uno stato mentale diverso da quello reale, è una mancanza di accettazione che darà dei
problemi: se doveste vivere con qualcuno che non vi accetta così come siete, ma cerca di continuo di cambiarvi, di manipolarvi o di
modellarvi secondo la sua idea di come dovreste essere, non stareste per niente bene, vi sentireste a disagio e rifiutati e avreste voglia
di ribellarvi. La funzione propria del medico, invece, è di accettarvi così come siete, esaminarvi per determinare che cosa c’è che non
va, fare una diagnosi e poi prescrivervi una cura. In presenza dell’accettazione, nella mente si genera una grande forza e una grande
flessibilità: la mente ristretta e fragile, incapace di far fronte alla vita, acquisisce ampiezza e apertura. Parlando di accettazione,
parliamo di amore incondizionato, a partire dall’amore per noi stessi: rifiutando noi stessi e vivendo in stato di conflitto interiore, di
confusione e di tensione, noi portiamo questi stati d’animo nel mondo intorno a noi. Se ci amiamo incondizionatamente, questa sarà
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la nostra manifestazione nel mondo: diventiamo più felici, più pacifici. Spesso si fraintende il concetto di accettazione e si crede che
implichi anche l’approvazione e l’adesione agli stati d’animo negativi, che tutti provano ma che vengono generalmente e in modo
confuso disapprovati dalla società. La reazione comune di solito consiste nell’ignorare questa perplessità, nel fingere che non ci sia
fino a negarne del tutto l’esistenza. Tendiamo a fare così del resto con tutti i sentimenti e pensieri negativi “inaccettabili” nella
convinzione irrazionale che se le ignoriamo a lungo e con determinazione essi scompariranno. Questo atteggiamento non produce
altro che tensione cronica, ansia, paura, nevrosi, malattia fisica e alla fine anche mentale. Dubbi, ricordi ossessivi e stati mentali
conflittuali non se ne vanno finché non facciamo qualcosa in merito. Che siano pericolosi è vero, ma come vanno trattati, se negarli e
reprimerli e manipolarli non fa che peggiorare la situazione? La soluzione è il contrario di quello che pensa la maggior parte di noi: è
l’accettazione di ciò che si disapprova o rifiuta per convivervi con distacco e per imparare a darvi anche tutta l’attenzione in momenti
e luoghi adatti per abituarsi a costruire a partire da essi per quanto possibile. La malattia fisica in cura diventa parte della vita come la
terapia. Bisogna diventare medici di se stessi.
La mia Africa (K. Blixen)
Devi mutare il tuo canto luttuoso in un ritmo gaio; non verrò mai per pietà ma per piacere.

Lo specchio nello specchio (M. Ende)
Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne.

La passeggiata improvvisa (F. Kafka)
Quando a sera si crede di essere definitivamente decisi a restare a casa, (…) quando nonostante tutto (…) ci si leva come per un
improvviso disagio (…) e si dichiara di dover andare fuori (…) e quando, per merito di questa sola decisione (…) si riconosce che si
ha più la forza che il bisogno di produrre e sopportare facilmente il mutamento più rapido, (…) allora per quella sera si è
completamente usciti dalla propria famiglia, (…) mentre la nostra personalità raggiunge la sua vera immagine ferma (…) E tutto si
rafforza ancor più se a quella ora tarda si cerca un amico per vedere come sta.

Col cavolo (L. Littizzetto)
Mi piace pronunciarlo il NO. Il rifiuto. Il nossignore. Il levatelo dalla testa (…) Il rifiuto è sempre differenziato e la maggior parte dei
NO è riciclabile. Da una raccolta paziente di rifiuti possono nascere nuove cose (…) Insoliti modi di pensare (…) Strade diverse da
percorrere. Persone nuove da amare. Il NO è anche dissenso. Pensiero difforme. Che spesso si fa conflitto. Ma anche dibattito
costruttivo (…) C’è anche il NO purissimo della disobbedienza. Quello bello dei bambini (…) per puro spirito di contraddizione (…)
Poi ci sono i NO che vengono fuori perché c’hai i nervi (…) ma magari domani dico di sì… soprattutto se c’è il sole. E anche i NO
della sincerità: vengo anch’io? No tu no. Perché mi stai sul culo, guarda. Preferisco dirti le cose come stanno invece di fingere (…) È
che il NO dà libertà. Non si può morire dentro, aspettare di diventare tutti verdi come Hulk fino a farsi scoppiare i bottoni della
camicetta. Con il NO puoi iniziare tante parole. Il nonostante (…) che ti fa andare avanti e chiudere un occhio. Il noumeno che è
l’essenza delle cose. Il nocciolato che leva la malinconia, la novità che dà gusto alla vita, il no profit che dà senza pretendere, il non ti
scordar di me della nostalgia e il non essere dell’essere. Sul muro della mia camera da letto sta una frase di Pessoa che dice: Non
sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. Però ho in me tutti i sogni del mondo.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
George Steiner e Josè Saramago hanno scelto NO come prima parola di un lessico necessario.

Se piove (M. Gazzè)
Se stai scivolando, allora scivola per bene e con impegno cadi giù e non ti aggrappare a niente. Tocca terra Se qualcuno ti ha ferito tu
parla con lui: sbattigli il cuore in faccia e non evitarlo, perché hai bisogno di un'altra ferita. Soprattutto se piove non aprire l'ombrello:
aspetta il tuo giorno di sole, non puoi fare di meglio.

Emerson Clingman (E. L. Masters)
Voi che cercate un amico siete sicuri di essere pronti per un amico?

Drive (R.E.M.)
Mi sono dato alla macchia (…) Nessuno ti dice dove andare. E se tu partissi? E se tu camminassi? (…) .E se tu tentassi di uscirne?
Hey, ragazzi, dove siete? Nessuno ti dice quello che devi fare.(…) Forse ho tentato di uscirne.. Forse l’hai fatto, forse hai camminato.

Una nuova coscienza (G. Gaber)
Basterebbe smettere di piagnucolare, di criticare, di affermare di fare il tifo e di leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi
viviamo direttamente, rendersi conto che anche l’uomo più mediocre diventa geniale se guarda il mondo con i suoi occhi. Basterebbe
smascherare qualsiasi falsa partecipazione, smettere di credere che l’unico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni
economiche, perché la vera posta in gioco è la nostra vita (…) Smascherare le nostre false sicurezze, subito (…) abbandonare l’idea
di qualsiasi facile soluzione ma anche il nostro appassionato pessimismo: (…) la spinta utopistica è subito.

Lettera a Malvolio (E. Montale)
Lascia andare le fughe ora che appena si può trovare la speranza nel suo negativo. Lascia che la mia fuga immobile possa dare forza
a qualcuno o a me stesso (…)La partita è chiusa per chi rifiuta le distanze e si affretta.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Non c’è condizione al mondo che non possa venir nobilitata dall’attività o dalla pazienza.

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Autoironia (M. Gazzè)
L'intelligenza sta nel comprendere appena in tempo il ruolo preciso di un'esistenza, le cose da gettare via, quelle importanti da
valutare per mettere a frutto le qualità. L'intelligenza sta nel chiedersi sempre serenamente se c'è la propria vita in allarme rosso e
non fare finta di ridere, con autoironia non mentire mai. L'intelligenza sta nell'esser prudenti quando cala una nebbia sul rischio di
cadere (troppo facile avere la lucidità di quelli che non sanno camminare). L'intelligenza sta nel capire che la crisi interiore è solo la
fine del primo tempo: cinque secondi alla regia. L'intelligenza sta nel cercare con estrema cura possibili compagni d'avventura e poter
parlare di lei con autoironia, nel non mentire mai. L'intelligenza sta nel considerare il progresso come un aiutino da "domenica in":
noi ce la caviamo con poco (la macchina del tempo una buccia di banana). L'intelligenza sta dove l'ipotesi ammette l'urgenza di lei,
dove c'è il bisogno reale di mettersi a fare un po' di autoironia.

Middlemarch (G. Eliot)
Come erano ridicole le persone con le loro illusioni, con quella convinzione che nessuno si accorgesse delle loro bugie mentre tutti
vedevano quelle degli altri, con quella pretesa di essere diversi in ogni cosa (…) La fiamma rossa del camino sembrava una presenza
piena di solennità che procedeva indisturbata nonostante tutte quelle passioni meschine, tutti quei desideri assurdi e aspirazioni a cose
incerte e prive di valore che ogni giorno suscitavano il suo disprezzo. ** amava cullarsi con i suoi pensieri ed era felice se poteva
restare sola nella penombra, perché avendo già avuto motivi validi per pensare che le cose non si sarebbero concluse con sua piena
soddisfazione, non si era abbandonata allo sbigottimento e all’indignazione. Era dunque arrivata a prendere la vita come una sorta di
commedia in cui ella si era proposta generosamente di non comportarsi in modo vile e sleale (…) Una mente giovane e vigorosa non
alterata dalla passione è lieta di conoscere la vita e si compiace di usare le proprie capacità mentali.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Non ero mai stata così disperatamente, selvaggiamente e dolorosamente felice com’ero in quel momento (…) Tutto nasceva da tante
brutture e infelicità.

Erich Fromm
Il dolore è più sopportabile della noia, dell’incapacità di sentire.

La lama sottile (P. Pullman)
Era troppo. ** era in preda alla desolazione, ma in quel momento percepì qualcosa di stranissimo; si passò il polso sugli occhi e vide
la testa del daimon di *** posata sulle sue ginocchia. Era nella forma di un cane che lo fissava con occhi quasi liquidi e pieni di
dolore. Gli leccò dolcemente la mano e poi tornò a posare la testa sulle sue ginocchia. ** inghiottì le lacrime e si rialzò (…)
Un’autorità scese sopra il corpo di ** a calmare, rilassare, chiarire. L’autorità era quella del daimon o forse era lui stesso (…) Senza
aver perso d’intensità, era focalizzato in un altro modo. Poi, quando, non riuscì a riprovare e si sentiva sempre più frustrato, lei si
alzò, gli strinse il braccio e disse: “Siediti, ti dirò io che cosa fare. Il dolore si attenuerà se riposi. Vai avanti a forza di nervi, sbatti il
piede e stringi i denti e respiri in fretta. Non fai niente di sbagliato, è la ferita che ti distrae. Smetti di cercare di tagliare fuori il
problema. Stai cercando di fare due cose insieme: ignorare il dolore e chiudere la finestra (…) Devi rilassare la mente e dire sì, fa
proprio male, lo so. Non cercare di chiuderlo fuori”.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Il raggiungimento della totalità può non essere visto come bene desiderato, ma come la penosa esperienza dell’unione degli opposti
(…) La croce nel cerchio del Mandala ha una funzione apotropaica, perché contrapponendosi al male mostra che esso è già stato
assimilato e ha perduto così la sua efficacia distruttiva.

Poesia 1067 (E. Dickinson)
Nessuna vita è sferica, tranne le più ristrette. Queste sono presto colme, si svelano e hanno termine. Le grandi crescono lente, dal
ramo tardi pendono: sono lunghe le estati delle esperidi.

Jane Eyre (C. Brontë)
Era venuto a mancare il motivo: non tanto la possibilità di essere serena, ma piuttosto non c’era più ragione per quella serenità (…)
Un incredibile campo di speranze, di paure, descrizioni esaltanti e pericoli anche attendeva coloro che avevano il coraggio di uscire
in quella vasta distesa per cercare il vero senso della vita. Mi avvicinai alla finestra (…) La strada bianca girava e scompariva tra le
colline: come avrei voluto seguirla! Rievocai il tempo in cui avevo percorso quella stessa strada (…) per la prima volta (…) Mi misi
a pregare per ottenere la libertà: ma la preghiera parve disperdersi nel vento leggero. La lasciai andare e supplicai con più umiltà solo
una possibilità di cambiamento: anche questa richiesta parve dissolversi nell’infinito. “Allora”, gridai disperata, “mi sia almeno
concessa una nuova servitù” (…) C’è qualcosa di reale in questo: (…) la parola non è come “libertà, gioia”, suoni graditi, ma
nient’altro che suoni per me e così vuoti e fugaci che sarebbe solo una perdita di tempo rifletterci sopra. Ma servitù! Questo
dev’essere un fatto reale (…) Posso riuscirci con la mia sola volontà ? Sì, sì… la meta non è solo difficile… Mi misi a pensare con
tutte le mie forze (…) Tanti altri sono senza amici e devono arrangiarsi da soli, come fanno? Non lo sapevo (…) Mi alzai e guardai
qualche stella e poi tornai a letto. Certo, durante la mia assenza, una fata benigna aveva lasciato cadere sul mio cuscino l’ispirazione
richiesta e senza sforzo mi venne in mente (…) Considerai più volte il progetto: lo vidi in una forma chiara e pratica (…) La notte
prima di partire non dormii; dovevo restare in vigile attesa finché il mutamento si fosse compiuto.

Craving (J. Bay)
La vita di tutti è uguale a quella di ieri (…) Non ho mai pensato che la notte potesse essere così solitaria (...) Credevo non fosse
abbastanza così ho dato fiducia a tutti quelli che mi erano attorno poi lei ha venduto tutta la mia roba. Un puro e selvaggio abbandono
è tutto ciò di cui ho bisogno e anche qualcuno in cui credere (…) Portami lontano dalle strade e dalle vie. Guidami fuori nella notte.
Non mostrarmi la via del ritorno verso casa perché io sì, sto desiderando qualcosa che riesco a sentire
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Get out while you can (J. Bay)
Ho passato tutta la notte a guardare quelle ore vuote invisibile a questa folla (…) Sono impazzito ascoltando discorsi spezzati,
impilando sedie rotte (…) Sento la tua voce mentre riecheggia nella mia mente con le stesse cose che hai sempre detto (…) Sto
spazzando i vetri, vedo le luci verdi dell’uscita (…) Sono stato qui troppo a lungo e se resto mi immobilizzeranno. So che questo
posto non mi porterà da nessuna parte, quindi me ne andrò per sempre (…) Ho visto le auto più veloci e non ho bisogno dei bar
solitari (…) Non lasciare che le notti ti scivolino di mano. Il mondo è grande rispetto a dove sei. Quindi esci fuori, esci fuori, finché
puoi ancora.

L’insostenibile leggerezza dell’essere (M. Kundera)
* (…) fu preso da una sensazione di malessere al pensiero che il suo incontro con ** fosse determinato da sei improbabili
coincidenze. Ma non è invece giusto il contrario, che un avvenimento è tanto più significativo e privilegiato quanti più casi fortuiti
intervengono a determinarlo ? (…) Non certo la necessità, bensì il caso è pieno di magia. Se l’amore deve essere indimenticabile, fin
dal primo istante devono fissarsi su di esso le coincidenze (…) La nostra vita quotidiana è bombardata da coincidenze (…) Una co-
incidenza significa che due avvenimenti inattesi avvengono contemporaneamente (…) La stragrande maggioranza di queste
coincidenze passa del tutto inosservata (…) Le vite umane (…) sono costruite come una composizione musicale. L’uomo, spinto dal
senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale (…) in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita.
Ad esso ritorna (…) Egli varia, (…) sviluppa, (…) traspone (…) quel motivo indimenticabile legato alla nascita dell’amore, (…)
come fa il compositore con i temi della sua sonata (…) Erano battute le sei (…) Non era superstizione, era il senso della bellezza che
la liberava di colpo dall’angoscia e la riempiva di un nuovo desiderio di vivere. Ancora una volta gli uccelli delle coincidenze si
erano posati sulle sue spalle. ** aveva le lacrime agli occhi ed era immensamente felice di sentire * respirare accanto a sé.
Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
Per la coscienza tertium non datum. Dall’urto dei contrasti, la psiche inconscia si crea sempre invece un terzo, (…) né sì né no, (…)
e il carattere numinoso del simbolo di questo terzo deriva dal fatto che la soluzione del conflitto è vitale e così riesce a farsi strada
nella coscienza il presentimento di questo atto creativo (…) Il simbolo di unificazione affascina e domina la coscienza che così riesce
a effettuare il distacco dalla situazione di conflitto che con i propri mezzi non era in grado di effettuare.
Come funziona la legge d’attrazione (M. J. Losier)
Il primo passo da compiere per fare in modo che la Legge d’Attrazione agisca a vostro vantaggio è avere le idee chiare su quello che
volete.

C. Ponder
Ciò che emanate con i pensieri, le emozioni, le immagini mentali e le parole lo attraete nella vostra vita.

Le avventure di Robinson Crusoe (D. Defoe)
Credo di avere ripetuto queste parole un migliaio di volte e il mio desiderio aumentava ogni volta in tal misura che mentre le
pronunciavo giungevo le mani e mi premevo il palmo con le dita così forte (…)
Il fatto sorprese anche me. Lo produsse senza dubbio l’effetto del desiderio ardente delle immagini potenti che mi si formarono
nell’animo, pensando al conforto che sarebbe stato per me (…) Sognai. Fu così che ebbi quanto desideravo (…)
Spesso quello stesso male che noi cerchiamo fra tutti di evitare rappresenta spesso il mezzo e il principio della nostra salvezza…
dalla sventura in cui eravamo caduti (…)
C’è sempre qualcosa di cui dobbiamo essere grati e siamo spesso più vicini alla salvezza di quanto crediamo.

B. Tracy
Qualunque cosa sulla quale indugiate nell’incoscio germoglia nella vostra esperienza.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Non guardava con l’intelligenza o con il ragionamento ma con qualcos’altro, (…) profondamente convinto che tutto sarebbe andato
bene, ma che non bisognava crederci e tanto meno parlarne, ma fare il proprio lavoro con tutte le forze, (…) dormire con le porte
aperte, essere dove la situazione era più difficile, (…) nonostante capacità e cognizioni limitate.

T. Roosvelt
Fa quel che puoi, con quel che hai, dove ti trovi.
Una lettera dall’Australia (M. Rigoni Stern)
Nella ritirata dell’inverno una lepre correva in direzione della colonna di marcia. Stupita da tutta quella gente insolita voleva
attraversarla. Spaurita dalle grida correva tra le gambe dei soldati e nessuno riusciva a prenderla. Quando alla fine scappò fuori le
spararono anche con i fucili e i mitragliatori Correva a scatti e lampeggi senza nessun senso, e vedendola correre così nella neve gli
venne il pensiero: “Se quella riesce a scappare uscirò anch’io” Pregava perché la lepre si salvasse. La lepre si salvò ed ebbe fiducia.
Ritornò congelato, stravolto come la lepre, ma ritornò. Pensava spesso a quella lepre.

Find the river (R.E.M.)
Devo partire per ritrovare la mia strada, guardare la strada e memorizzare questa vita che mi passa davanti agli occhi. Nulla va nella
mia direzione (…) Un bisogno di finire che le acque conoscono (…) Il fiume diventa un’onda. (…) La forza e il coraggio superano
gli occhi stanchi e privilegiati del poeta del fiume che cerca la semplicità. Sali qui e parti per il viaggio. Tutto sta venendo nella tua
direzione.
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Anime salve (F. De André)
Mi sono visto abortire i figli come i sogni. Mi sono visto di spalle che partivo.

Half a world away (R.E.M.)
Questo vuoto solitario e profondo (…) Ho avuto troppo da bere. Non ho riflettuto. Immagino che tutto ciò di cui ho avuto bisogno è
di andare via da solo e di andare avanti, tirare avanti e resistere (…) Questa tempesta spazza via le nostre paure (…) Trascinare il
peso da ora in avanti.

G. Eliot
Ardere, ardere, ardere.

Elegia di Pico Farnese (E. Montale)
Perché attardarsi, a vano farneticare (…) Ben altro è l’amore. Se urgi fino al midollo i diosperi e nelle acque specchi la tua fronte
senza errore o distruggi le nere cantafavole e vegli, il tuo splendore è aperto. Dopo una lunga attesa, (…) un segno ci conduce alla
radura (…) Nell’aria il piattello (…) si rompe ai nostri colpi. Il giorno non chiede più di una chiave.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
La perseveranza è la chiave.

J. Bohme
Quanto più si batte sull’acutezza della pietra, tanto più s’acuisce l’amaro pungiglione della natura e sommamente s’irrita; perché la
natura nell’acuirsi si spezza, così che la libertà brilla come un baleno (…) Lo spirito forte (Mercurio) scaturisce dall’igneo baleno.

Da un’intervista a Gianna Nannini
D: Che cosa suggeriresti a chi non ha ancora trovato il suo talento?
R: Di non smettere di cercare il suono della propria voce, inteso come il proprio posto nel mondo. E di portare pazienza fino ai 29-30
anni. È in quel momento lì della vita che, di solito, si decide il futuro: succedono cose per cui diventi forte, comprendi il senso del
compromesso, perdi la leggerezza, ma scopri la strada da percorrere.

Il Conte di Montecristo (A. Dumas)
“Non più alcuna determinazione. Dio mi ha talmente scossa che ho perduto la volontà. Sono fra le sue mani, come passero tra gli
artigli dell’aquila. Egli non vuole che io muoia, poiché vivo. Se mi manderà soccorsi, è segno che vorrà, e io li prenderò”. “Dio non
va adorato così” – disse ** - “Egli vuole essere compreso, vuole che si conosca il suo potere e per questo ha dato il libero arbitrio”.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Lo schiavo in rivolta (…) dimostra con caparbietà che c’è in lui qualche cosa per cui “vale la pena di …” (…) Egli fa intervenire un
giudizio di valore (…) Fino a quel punto taceva, abbandonato a quella disperazione nella quale una condizione, anche ove la si
giudichi ingiusta, viene accettata (…) La disperazione, come l’assurdo, giudica e desidera tutto, in generale e nulla in particolare. Ben
la traduce il silenzio. Ma dal momento in cui parla, anche dicendo no, desidera e giudica (…) Dal moto di rivolta nasce una presa di
coscienza: la percezione, a un tratto sfolgorante, che c’è nell’uomo qualche cosa con cui l’uomo può identificarsi, sia pure
temporaneamente. Questa identificazione, fin qui, non era realmente sentita (…) Egli si mostrava più sollecito del proprio interesse
immediato che cosciente del proprio diritto (…) Il moto di rivolta lo porta più in là del semplice rifiuto (…) Quanto era dapprima
resistenza (…) diviene l’uomo intero che con essa si identifica e vi si riassume. Quella parte di sé che voleva far rispettare, la mette
allora al di sopra del resto, e la proclama preferibile a tutto, anche alla vita (…) e così il passaggio dal “ciò dovrebbe essere” al
“voglio che ciò sia”. Ma più ancora, forse, può quel concetto di superamento dell’individuo in un bene (…) trascendente il proprio
destino. Se preferisce l’eventualità della morte alla negazione del diritto che difende, è perché pone quest’ultimo al di sopra di sé
(…). Agisce dunque in nome di un valore (…) che eccede l’individuo, lo trae dalla sua supposta solitudine e gli fornisce una ragione
d’agire (…) Insorge lo schiavo quando giudica che (…) viene negato in lui qualche cosa che non gli appartiene esclusivamente.

Bene e male nella psicologia analitica in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Quando siamo nel fitto del combattimento, abbiamo la sensazione di essere abbandonati da tutti gli spiriti buoni. Nelle situazioni
critiche, all’eroe manca sempre la sua arma; in un siffatto momento noi siamo confrontati con la nudità della situazione, come accade
davanti alla morte (…) L’uomo non può far altro che accettare la lotta: questa è una situazione in cui lo si sfida a reagire nella sua
interezza (…) La sua etica più personale può cominciare a esplicarsi (…) nel suo avviarsi per una strada condannata dai codici morali
in vigore e dai custodi della legge. Eppure egli sente che, forse, non è mai stato tanto fedele al suo più intimo essere e alla sua più
intima vocazione e per conseguenza all’assoluto, poiché soltanto lui e l’onnisciente vedono la situazione concreta dal di dentro,
mentre coloro che giudicano e condannano la vedono solo dal di fuori (…) Comincia (…) la propria libertà creativa (…) La morale
convenzionale è (…) una verità e una saggezza statistiche (…) La realtà del bene e del male consiste in situazioni (…) che ci
superano, (…) in cui si tratta di vita o di morte. Ciò che mi si avvicina con questa forza e intensità, io lo vivo come qualcosa di
numinoso, che io lo chiami divino, diabolico o fatale (…) In una situazione numinosa in cui non vi è soluzione puramente razionale,
in cui l’uomo non si sente fattore e signore, ma sente che in una simile situazione è fattore Dio, nessuno può prevedere che cosa
accada (…) Allora aspettiamo un po’ e stiamo a vedere che cosa decidono per esempio i sogni o se potenze superiori intervengono.

Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
La lotta per l’adattamento è assai faticosa, perché abbiamo sempre a che fare con condizioni individuali, cioè atipiche, perciò quando
giungiamo a una situazione tipica proviamo un senso di liberazione, sentimento del tutto speciale. Ci sentiamo come trasportati o
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afferrati da una specie di potenza sovrumana (…) È la voce dell’umanità che risuona in noi (…) L’individuo isolato è (…) in grado di
utilizzare la piena misura delle sue forze (…) se un archetipo libera in lui le forze istintuali a cui la volontà cosciente non può da sola
trovare accesso.

Psicoanalisi dell’amore (Fromm)
Certamente ogni psicoanalista ha visto pazienti che, una volta diventati consapevoli di sé e concentrati i loro sforzi per riguadagnare
la libertà, sono riusciti a rovesciare le tendenze che sembravano determinare la loro vita. Ma non occorre essere uno psicoanalista per
fare questa esperienza, che alcuni di noi hanno avuto o con se stessi o con altri: la catena della pretesa casualità veniva infranta ed
essi prendevano una direzione che sembrava “miracolosa” perché contraddiceva le aspettative più ragionevoli che potevano essersi
formate in base alle loro passate manifestazioni.

http://www.slideshare.com/simboli-dell'astrologia
Nodi del destino: la vita sembra chiamare a lasciare il noto per l’ignoto, trasformare ciò che si conosce e si sa fare bene in un
bagaglio di esperienze utili da usare come un “pass” con cui accedere a un campo nuovo che rappresenta il punto di arrivo in un
percorso di autoperfezionamento.
A ogni uomo appartiene un profondo bisogno di riscatto o di migliorarsi più o meno consapevole, che strappa ai marosi e conduce
verso un porto dove trovare una dimensione vera e soddisfacente. C’è una chiave per conoscere il significato della propria esistenza.
Segno d'ombra: c’è una sfera della vita, che è come l’ombra di sé, in cui si è stati limitati o arrestati alla crescita, in cui si può sentirsi
ipersensibili, inadeguati e goffi, in cui i difetti emergono di più perché si intensificano le paure e ci si sente spinti non ad affrontarle
ma alla compensazione, tentando di mostrare magari una facciata coraggiosa e talvolta insensibile. Il lato in ombra di sè irrompe con
effetti negativi ed azioni incontrollate se ignorato, perciò esso va reso il più possibile accessibile alla coscienza: il lato oscuro va
trattato come un alleato per la crescita personale.
Il dialogo con il segno d’ombra può portare ad almeno quanto segue: ad ammettere esigenze ed ambizioni senza futili sensi di colpa
in modo che, amandosi di più, si sia più rilassati e aperti anche verso gli altri (rif. ad Acquario – Leone); ad accettare di concentrarsi
meno su di sé e a sentirsi al sicuro in un rapporto (rif. ad Ariete – Bilancia); a comprendere che troppo controllo serve solo a perdere
ciò che si ama e che per fecondare bisogna a volte distruggere lo status quo che fa ristagnare le emozioni più vere (rif. a Toro –
Scorpione); a imparare che il passato non va trattenuto perché serve solo a dare un tesoro spendibile nel futuro di insegnamenti e di
senso di protezione (rif. a Cancro – Capricorno); ad ammettere che il mondo è grande e che ci sono tante cose di cui occuparsi
anziché di sé (rif. a Leone – Acquario); a vedere ogni stabilità o situazione limitata come un punto di partenza (rif. ad Bilancia –
Ariete); a vincere il rifiuto per le idee elevate e le proprie riflessioni quando il loro rifiuto dipende solo dal bisogno di trovare
modalità espressive adatte a condividerle senza sentirsi ridicoli (rif. a Gemelli – Sagittario); a percepire nell’eccessiva volubilità e
sensibilità e nel senso del dovere eccessivo, la propria paura di non meritare amore per ciò che si è (fragilità comprese) e quindi a far
sì che ci si determini a vedersi abbastanza strutturati e autonomi da non temere di affidare le emozioni agli altri e da coltivare un sano
edonismo (rif. a Capricorno – Cancro); a guardare in faccia il fatto che, se pure non è un atteggiamento sbagliato cercare di
guadagnare più soldi e lottare per avere una casa e un posto di lavoro o un partner stabile, non va bene che la ricerca diventi
un’ossessione, un’ancora di salvezza dalla propria intensità, ovvero un mezzo per evadere da se stessi e dagli affetti (rif. a Scorpione
– Toro); a scoprire che lo spirito giocoso ammorbidisce la passionalità del carattere ricco di entusiasmo ma a volte privo di sfumature
e che prendersi in giro con ironia e saper sdrammatizzare sono qualità fondamentali per vivere bene, migliorare i rapporti, affrontare
le sfide con grinta maggiore (rif. a Sagittario – Gemelli); a ricordare che se ci si butta nell’azione, perché spaventa scoprirsi a non
sapere cosa fare, l’effetto è ritrovarsi a gestire le conseguenze di un’azione che si sarebbe dovuta soppesare meglio e ad agire in
modo arruffone e impreciso, mentre occorre fidarsi di se stessi, concedersi lo spazio per una riflessione e non aver paura di rimanere
fermi e passivi a comprendere i propri ritmi interiori e ad accordarsi come uno strumento musicale per poi riuscire a vivere con più
audacia, coraggio e passionalità (rif. a Ariete – Bilancia).
Incontro (E. Montale)
Si va sulla carraia di rappresa mota senza uno scarto, simili ad incappati di corteo (….) Se mi lasci anche tu, mia tristezza, solo
presagio vivo, cado inerte nell’attesa spenta (…) su questa proda che ha sorpresa l’onda lenta che non appare. Forse riavrò un
aspetto. (…) a una misera fronda tendo la mano e farsi mia un’altra vita sento, ingombro di una forma che mi fu tolta.

Prometeo liberato (P. B. Shelley)
Sopportare dolori che la speranza crede infiniti, perdonare torti più cupi della morte, sfidare il potere che sembra onnipotente, amare,
soffrire, sperare sinché la speranza crei dal suo naufragio l’oggetto che contempla. Né cambiare, né mancare, né pentirsi. Questo (…)
è essere buoni, grandi e gioiosi, splendidi, liberi; è vita, gioia, impero, vittoria.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Quando l’autorità si occupa di un privato risulta che egli è infido in ogni caso e se non risulta niente a suo carico egli rimane
comunque sospetto fino a chiarificazione esauriente, ovvero per sempre (…)In altre circostanze, si sarebbero accontentati di trovarlo
poco simpatico, ma il rapporto ufficiale l’aveva tratto fuori dalla massa degli individui privati, avvertendo i suoi superiori di non
applicare a lui i loro sentimenti privati ma quelli pubblici, che provocavano in loro fastidio e noia e degeneravano sfrenatamente
come le azioni di un ubriaco e di un isterico (…)Bistrattato senza nessun calore o sensazione umana. In lui era rimasto soffocato ogni
spirito di contraddizione e resistenza. Il mondo sottile dello spirito non era ormai che un pallido fantasma e non poteva penetrare in
caserma, dove migliaia di uomini abitavano insieme. Sentiva il cervello inaridirsi e avvizzire (…) Si lasciava avvolgere dal flusso
torbido senza risolversi ad andare via nelle pause (…) Riteneva incurabile la sua malattia ed era certo di rimanere insudiciato per
tutta la vita(…) Le lacrime scorrevano solo dentro di lui come un pozzo terribilmente oscuro e profondo (…)
Supposto che un individuo subisca un’umiliazione grave, che dovrebbe rovinarlo e annientarlo, può succedere invece che quella
vergogna ceda il posto a un senso del mondo serio o sorridente e questo allora non è soltanto un sentimento come un altro o una
riflessione, ma è un salire o scendere di tutto l’individuo su un altro piano, un “precipitare in alto” e tutte le cose mutano in accordo
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con quel movimento, pur restando le stesse (…) Tutto è colorato da un altro significato. In tali momenti ci si accorge che oltre al
mondo per tutti, il mondo solido indagabile e trattabile con la ragione, ne esiste un altro mobile, singolare, visionario, che solo in
apparenza coincide col primo; un mondo che non portiamo solo nel cuore o nel cervello, come crede la gente, ma che esiste fuori di
noi, altrettanto reale che quello vero. È un mistero inquietante e, come tutti i misteri, appena si cerca di esprimerlo viene scambiato
facilmente con qualche cosa di sommamente banale (…)
Si scopre cedendo alla pressione che il mondo esercita su ogni creatura geniale, immergendosi nell’oscurità, ma facendo riemergere il
mondo, dall’altra parte, in un colore novello.

Poesia 67 (E. Dickinson)
Nessuno saprebbe definire bene la vittoria come il soldato sconfitto, morente, alle cui orecchie giungono canti di vittoria chiari,
torturanti.

Salmo 128 ( La sacra Bibbia)
Dalla giovinezza molto mi hanno perseguitato (…) hanno fatto lunghi solchi sul mio dorso (…) Ha spezzato il giogo.

Salmo 125 (La sacra Bibbia)
Ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso (…) Riconduce il prigioniero come i torrenti (…) Nell’andare piange
portando la semente da gettare, ma nel tornare viene con giubilo portando i suoi covoni.

M. Stout
A ogni uomo spettano soddisfazioni intense quanto i suoi dolori.

Peanuts (C. Schulz)
Lucy: - Perché non sputi il rospo?
Linus: - E se poi viene fuori un principe?

A.Einstein
Le tue regole di lavoro: 1) esci dalla confusione, trova la semplicità; 2) dalla discordia, trova l’armonia; 3) nel pieno delle difficoltà
risiede l’occasione favorevole.

O. Wilde
Il malcontento è il primo passo verso il progresso.

V. Woolf
Guardare la vita in faccia sempre, guardare la vita in faccia e conoscerla per quel che è.

Donne che corrono coi lupi (C. Pinkola Estes)
All'interno della psiche c'è un aspetto innato che (...) è contro lo sviluppo, (...) un antagonista derisorio e sanguinario, (...) che separa
una donna dalla sua natura (...) e dall'intuito (...) È presente anche in chi ha avuto buoni genitori (...) Appare nei sogni (...) e nelle
fiabe (...) Barbablu (...) e il demone del cimitero in Scarpette rosse lo rappresentano (...) e si incontra (...) La traccia lasciata da (...)
questo fattore nella psiche femminile (...) è non percepire che i nostri intimi desideri non corrispondono alle nostre azioni (...) Ecco il
perché delle procrastinazioni che fanno nascere l'odio di sé e della vergogna lasciata lì a suppurare (...) Esiste anche una censura
naturale di tutti gli eventi negativi e dolorosi che capitano (...) E molte sono le cose che cercano di sedurre e allontanare dalle
scarpette rosse fatte faticosamente da noi stesse a mano (...) Ma quando (...) la vecchia vita sta morendo, neanche i migliori rimedi
potranno nascondere questo fatto (...) Bisogna saper vedere la distruzione e il torpore dentro se stessi (...) come la moglie di Barbablu
(...) E, poiché quando illuminiamo una qualche parte della nostra psiche, altrove si addensa una più profonda oscurità, (...) una donna
coraggiosa svilupperà proprio l'aspetto più misero di sé, (...) indagherà il peggio (...) Una donna che ha perso gli istinti giusti per se
stessa (...) può tornare alla vita (...) L'istinto perduto (...) ritorna quando una donna presta grande attenzione ascoltando, guardando e
sentendo il mondo circostante e poi agendo (...) con efficienza, con tutta l'anima (...) Memorizziamo le trappole, il modo in cui sono
fatte e vengono messe (...) Comunque, gli istinti non si ritirano senza lasciare echi (...) se anche una donna è trattenuta dal pugno
della proprietà e della critica o è a un passo dalla distruzione per i suoi eccessi (...) Una voce selvaggia sussurra in tutti noi: resta qui,
resta qui abbastanza a lungo da far rinascere la speranza, (...) e avanzare lentamente, (...) per diventare forte, tentare la prova che
funzionerà (...) non importa in quanto tempo o con quale stile...

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
L’uomo onesto, disilluso su tutto, è l’uomo per eccellenza (…) È indulgente perché ricorda di avere nutrito delle illusioni come
coloro che ancora ne sono dominati. Per effetto della sua noncuranza è sicuro nei rapporti, non si permette né banalità né cialtronerie
(…) Egli spezza ridendo pesi falsi e le false misure che vengono applicati a uomini e cose.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Sotto sotto ** non si stupì (…) Sapeva da un pezzo (…) ma si era rifiutato nel modo più assoluto di ammetterlo apertamente (…) Ed
è così che siamo fatti. Per pura forza di volontà isoliamo le nostre intuizioni interiori dalla consapevolezza di ciò che ammettiamo
pubblicamente. Ciò provoca uno stato di paura o di apprensione, (...) ** era come un bambino isterico (…) Aveva continuato a
illudersi (…) Se l’avesse ammesso e si fosse preparato e si fosse battuto strenuamente per evitarlo, allora sì che si sarebbe comportato
da uomo (…) La situazione di falsità ora aveva scatenato quella crisi.

P. Valery
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Il modo migliore per realizzare un sogno è quello di svegliarsi .

L. A. Seneca
Chi vuol muovere il mondo prima muova se stesso.

J. W. Goethe
Qualunque cosa sogni intraprendere cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia.

Frammenti (Eraclito)
Se non spera non troverà l’insperato: non c’è ricerca che vi conduca né via.

Lao tse
Un viaggio lungo mille kilometri inizia con un piccolo passo.

J. R. Jimenez
Un permanente stato di transizione è la più nobile condizione umana.

De Gaulle
È meglio prendere delle decisioni imperfette che essere alla continua ricerca di decisioni perfette che non si troveranno mai.

Peanuts (C. Schulz)
Linus: Perché non provi a tenere in testa l’aquilone e far volare il cappello Charlie Brawn?

Salmo 118 (La sacra Bibbia)
“Straniero sulla terra” (…) La mia sorte è custodire la parola (…) che nel rivelarsi illumina

Vangelo
La verità vi farà liberi.

Su Neumann, I discorsi di Buddha in Psicologia e religione (C. G. Jung)
Una sofferenza incompresa è notoriamente difficile da sopportare, e d’altro canto è spesso sorprendente vedere che cosa un uomo può
sopportare se ne comprende la causa e il fine.

Dalai Lama
Comprendere un processo permette di acquisirne il controllo o di emanciparsi dal fatto di esserne controllati.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Per superare il motivo ignoto, occorre altro oltre al proposito contrario cosciente; occorre un lavoro psichico che riveli quell’ignoto
alla coscienza.

Archetipi e inconscio collettivo (C.G. Jung)
Un complesso è realmente superato solo quando lo si è consumato vivendolo fino in fondo. Ciò che per più ragioni legate ai nostri
complessi abbiamo tenuto lontano, dobbiamo, se vogliamo uscirne, esaurirlo completamente. La donna con un complesso materno
negativo si avvicina al mondo distogliendo gli occhi. E intanto il mondo e la vita passano davanti a lei come un sogno, una fonte
importuna di illusioni, imitazioni, disinganni tutti dovuti unicamente al fatto che essa non si lascia convincere a guardare una buona
volta le cose in faccia. Così, per il suo atteggiamento di reazione meramente inconscia verso la realtà, la sua vita diventa proprio ciò
che essa più di tutto combatte: qualcosa di puramente femminile-materno. Ma se volge lo sguardo in avanti, il mondo allora le si
schiude in qualche modo per la prima volta, nella luce di una matura chiarezza, ornato dei colori e delle stravaganze della gioventù o
addirittura dell’infanzia. Da tale visione conseguono la scoperta e la conoscenza della verità, condizioni indispensabili della
coscienza. Una parte della vita è andata perduta, ma il suo senso è salvo (…) Per la donna che lotta contro il padre c’è sempre la
possibilità di una vita femminile e istintiva, in quanto essa respinge solo ciò che le è estraneo. Ma se lotta contro la madre, può
pervenire a una più elevata coscienza solo a rischio di compromettere i propri istinti, perché nella madre essa nega anche tutta
l’oscurità, l’impulsività, l’ambiguità, l’incoscienza della propria natura. Grazie alla sua lucidità, particolarmente accentuata proprio a
causa dell’aver subito l’Animus e della propria esperienza, la donna di questo tipo, una volta riscoperta la propria femminilità, può
divenire una valida guida per l’uomo che in lei potrà avere fiducia più facilmente che in altri tipi di donna.

Jane Eyre (C. Brontë)
Fin’ora lo avevo segretamente temuto perché non lo avevo capito. Mi aveva tenuto in soggezione perché mi aveva lasciato nel
dubbio. Vedevo ora le sue debolezze e le capivo. Ripresi coraggio (…) Potevo tener testa (…) Ora tutto ciò che suonava come un
rimprovero (…) mi dava coraggio (…) Lo pregavo di lasciarmi sola (…) Quando il comando è dato con sufficiente energia,
l’obbedienza non manca mai.
Il covo dei pirati (E. Bennato)
Ti potranno minacciare (…) Ti faranno le facce scure (…) Ma tu oramai già lo sai cosa ti puoi aspettare dai pirati. È proprio questo il
tuo vantaggio e non ci rinunciare.

Che cosa sapeva Maisie (H. James)
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Tutto aveva un senso nascosto (…) Non riceveva spiegazioni (…) e alle sue domande timide non era risposto altro che con risate. Per
l’istinto di non chiedere nulla istillatole, non chiese né coltivò desideri (…) Le veniva un senso colpevole di non essere all’altezza
della situazione (…) Nel vivido senso dell’immediato che è l’aria stessa della mente infantile, il passato diveniva per lei, ad ogni
occasione, altrettanto vago che il futuro (…) Poi, vecchie immagini e frasi cominciarono ad avere un senso che la spaventò, al che
sorse l’idea di una vita interiore o, in altre parole, del nascondersi: anche se fu chiamata una piccola idiota, nel silenzio vedeva
sempre di più, mentre si sottraeva alle pretese di chi la circondava, nelle ore vuote pensava alla disciplina della signora con cui si era
sentita sicura e di cui aveva sentito l’essere stata un tempo una madre come la sua non era mai stata (…) Il silenzio calato su questa
divenne per lei una regione abitabile (…) Anche se impaurita, rimaneva rigida e fredda ed era soprattutto incuriosita dalle espressioni
altrui (…) La sua forza principale era data dal suo acuto senso di spettatrice (…) Era così ricettiva che nelle situazioni complesse che
viveva bastava poco perché comprendesse l’essenziale (…) Incontrando il padre capì all’improvviso che lui non voleva altro che
cavarsi d’impiccio con tutti gli onori, come se le avesse detto: “Ripudiami nonostante le mie tenere suppliche” (…) E seppe anche
parlare delle ipotesi che la madre non tornasse più con compostezza mostrando in ciò una lunga strada percorsa (…)Nell’ultimo
incontro con la madre, mentre questa si ammantava degli stracci della propria impudenza, davanti all’ultimo pezzetto di superstizione
filiale, lei trattenne il respiro, pensando ai famosi sbalzi d’umore della donna e desiderando solo di andare a fondo della cosa, perché
partisse (…) Scoprendo che ella aveva rifiutato l’unico che l’aveva mai amata, ebbe sulla madre anche una visione completa di
pazzia, rovina e morte, e si scoprì guardarla dal basso in alto con la stessa durezza con cui chiunque avrebbe potuto guardare dall’alto
in basso. Quando la madre partì, ripensando che il padre la voleva morta, come le era stato detto, pensò che comunque ormai i suoi
genitori erano lontani e che c’era ** (…) e capì di voler vivere con lui (…) Guardata con giusta ira dall’amante di **, accusata di non
avere alcun senso morale, resse il suo sguardo, sapendo che quello era il momento più difficile e aiutata dal fatto di sapere ciò che
voleva: tutto quello studiare le aveva insegnato proprio questo.

Fiorirà l’aspidistra (G. Orwell)
A scuola lo avevano convinto che di non poter avere successo (…) Immaginò il futuro, (…) si vide legato tutta la vita (…) Si rivoltò
e si irrigidì nel rifiuto totale, come accade ai deboli (…)
Camminava più rapido del solito, aveva una strana sensazione. Che cosa significava? (…) Trasse la sensazione allo scoperto, la
affrontò, la analizzò. Era sollievo (…) Le sue vecchie risoluzioni ora che erano infrante sembravano solo un terribile peso. Ora che
aveva fatto il primo passo avrebbe saputo evolvere. Ora che aveva identificato il suo reale desiderio si sentiva in pace con se stesso.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Quando tutto fu finito, (…) per la bizzarria e la tendenza al sogno della sua natura solitaria, (…)** trattò dentro di sé l’accaduto come
se non fosse stato definitivo. Da allora ella accolse ogni novità come se non fosse il presente, ma qualcosa di incerto. Il passato
invece era rimasto irrigidito dal colpo sofferto (…) e lo ricordava ora per ora (… ) ** aveva smarrito il senso della sua vita e s’era
posta in una condizione che non era adatta alla sua giovane età (…) Era inevitabile che la natura repressa si ribellasse, ma un
tentativo di ricominciare finì dopo un tentativo di fanatiche speranze in delusione e **si sentì rigettata dalla sua vita reale come dalla
sua vita irreale (…) Prese la risoluzione di punirsi (…) con un uomo che le ispirasse un leggero disgusto (…) Finora le era sfuggito
che c’era in ciò anche qualcosa di umoristico (…) Le spiegazioni tra l’amaro e l’ironico, imparate da *** le facevano molto bene
perché scomponevano il tragico in ironia e in una passione che non era conclusa con l’esperienza vissuta. Era intervenuto un
movimento che riscattava (…) Nel silenzio approfondito dai libri e dai ricordi, (…) si era resa conto che (…) non tutte le possibilità
erano finite per lei (…) Il passato non era più separato dal presente, (…) non era più ambiguo (…) Era rimasta solo la sensazione
tragicomica di ciò che era stato (…) Era diventata forte (…) *** le disse infine: “Qualche volta se collegati a sentimenti molto forti,
certi ricordi non invecchiano e trattengono presso di sé intere stratificazioni dell’animo, (…) nel tuo caso tanto da equivalere a una
paralisi, (…) ma alla fine ti sei pur liberata fino a rimetterti in movimento!”

Il taccuino d’oro (Lessing)
Un anno, due anni, cinque anni, tutto un modo di essere si possono arrotolare e mettere da parte, dar loro “un nome”.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
Nella disperazione e nella crisi può manifestarsi l’archetipo del Vecchio Saggio, che nelle fiabe corrisponde al momento in cui si
raccolgono le proprie energie (…) La visione del passato diventa molto più chiara (…) e aumenta la capacità di prendere delle
decisioni che determineranno il futuro.

Lezioni americane (I. Calvino)
Non sono un cultore della divagazione (…) Preferisco affidarmi alla linea retta, nella speranza che continui all’infinito e mi renda
irraggiungibile. Preferisco calcolare lungamente la mia traiettoria di fuga, aspettando di potermi lanciare come una freccia e
scomparire all’orizzonte. Oppure, se troppi ostacoli mi sbarrano il cammino, calcolare la serie di segmenti rettilinei che mi portino
fuori dal mio labirinto nel più breve tempo possibile.
Già dalla mia giovinezza ho scelto come mio motto l’antica massima latina Festina lente, affrettati lentamente (…)
Tutto ciò che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso con nodi sempre più stretti. Forse solo la
vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono (…)
L’agile salto improvviso del prete-filosofo (…) La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la
vaghezza e l’abbandono al caso (…) Anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca (…) Quella che
molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa e aggressiva, appartiene al regno della morte.

L’arte della meditazione e del rilassamento (J. Levey)
La mente è un processo (…) e in genere vaga casualmente per conto proprio secondo linee condizionate di associazioni e abitudini
tra modelli costrittivi di pensiero ed emozioni (…) Nonostante possiate avere uno scarso controllo sui contenuti specifici dei vostri
pensieri, immaginazioni e sensazioni, scoprirete di avere il potere di alterare il processo attraverso il quale vi rapportate ai contenuti
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mentali. Iniziate a meditare con fiducia o apertura e ciò vi darà energia, vi aiuterà a superare indolenza e tendenza a rimandare. Poi la
concentrazione fornirà la messa a fuoco e la chiarezza per dirigere meglio l’energia secondo le intenzioni. Allenando la presenza
mentale e ricordando ciò che state facendo avrete un antidoto alla dimenticanza delle vostre azioni e intuizioni. La comprensione che
le convinzioni iniziali erano valide o di come devono essere modificate farà nascere la vostra fiducia, sconfiggerà gli ostacoli
paralizzanti del dubbio e della paura. La fiducia basata su precedenti successi, oltre che intendimenti può spingere lungo una curva di
incremento e spirale di concentrazione ed energia. Una visione profonda maturerà in modo naturale e senza sforzo (…) Ogni cultura
ha il suo marchio d’ipnosi culturale. Molte tecniche di meditazione sono metodi di decondizionamento (…) Le angosce e le tensioni
possono venir accolte come opportunità per applicare e affinare le vostre capacità (…) Quando saprete come rilassarvi non dovete più
sentirvi tesi a causa della vostra tensione (… ) Sarà lo stress stesso a fornirvi l’energia e potete sviluppare un’apertura totale (…) Se
avrete acquisito la padronanza di tali capacità, è possibile che in qualche momento critico, quando conta veramente, possederete
l’energia, la chiarezza e l’equilibrio necessari per influire in modo significativo sulla vostra vita .

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Ciò che aveva sentito dopo non poteva sembrare che moderatamente eloquente in confronto a quanto era avvenuto prima: ma qualche
accrescimento e rafforzamento doveva pur dare, anche se aveva perduto l’immediatezza della prima ispirazione.

Il tai-chi e la natura dell’esistenza (J. Lou)
Ripetere significa creare un intervallo (…) Queste pause hanno la funzione di cementare i movimenti, ma anche di creare riposo e
noia, (…) preludio di un momento attivo. Il momento passivo genera l’impulso verso le novità (…) Si crea un ritmo che fornisce
l’energia necessaria per combattere la noia (…) Senza questa malinconia, il processo di evoluzione sarebbe più piatto (…) Il
processo è raffigurabile da una catena di cerchi: i cerchi ascendenti rappresentano lo stato evolutivo, quelli discendenti l’involutivo
(…) Sottoporsi a un disciplina può apparire restrittivo e limitante, ma è attraverso la coscienza di questa prigionia che possiamo
trovare in noi stessi l’impulso della libertà e una forza creativa spontanea.

S. Francesco di Sales
Se il tuo cuore vaga o è distratto, riportalo indietro dolcemente al punto (…) e, anche se non hai fatto niente altro durante la tua ora se
non riportare indietro il cuore e se ogni volta se ne andava via quando lo riportavi indietro, la tua ora sarebbe stata impiegata molto
bene.

Archetipi e inconscio collettivo (C. G. Jung)
È il mandala del castello: le porte si aprono e poi si chiudono delimitando la comunicazione e chiarendo e difendendo i confini della
roccaforte.

Il magico potere del riordino (M. Kondo)
Si dice che un ambiente disordinato sia frutto di una mente disordinata; in questo caso il problema va oltre l’aspetto materiale: un
disordine così evidente ci distrae e ci impedisce di risalire alla causa reale che l’ha generato. L’azione del disordinare è un
meccanismo di difesa che le persone fanno scattare per distogliere l’attenzione dall’essenza del problema. Nel caso in cui non
riusciate a sentirvi a vostro agio in un ambiente pulito e ordinato, cercate di confrontarvi seriamente con le vostre ansie e, molto
probabilmente, emergeranno i veri problemi che turbano il vostro cuore. Trovarsi in una stanza pulita e ordinata ci obbliga a
confrontarci con le nostre emozioni e la nostra interiorità. Ci fa notare quei problemi che abbiamo sempre cercato di eludere e ci
costringe, volenti o nolenti, ad affrontarli. Nel momento stesso in cui inizierete a riordinare sarete costretti a resettare la vostra vita e
di conseguenza questa comincerà a cambiare radicalmente. (…) Nell’istante in cui avrete davanti ai vostri occhi una stanza
perfettamente in ordine, farete piazza pulita di tutte le opinioni negative su voi stessi che vi siete portati dietro per lunghi anni senza
mai metterle in discussione (…) A differenza del lavoro, dello studio o dello sport, non dovete paragonarvi a nessun altro; chiunque,
quando riordina, dà il meglio di sé. Non c’è nemmeno bisogno di quello che tutti considerano un aspetto problematico: la continuità.
Basta una volta sola (…) Il percorso che fate confrontandovi con cose che avevate quasi dimenticato, decidendo che cosa ne pensate,
ringraziando gli oggetti che ormai hanno fatto il loro corso e congedandovi da loro è come un rito di passaggio che a tutti gli effetti vi
permette di “fare un inventario” della vostra interiorità (…) Sistemare i ricordi vi fa saldare i conti in modo che possiate muovere i
passi successivi verso il vostro futuro (…) Mettendo in ordine la casa e diminuendo le cose in vostro possesso, capirete a che cosa
dare importanza nella vostra vita e riuscirete a distinguere chiaramente i veri valori. Ma non concentratevi sul ridurre ciò che avete o
sulla ricerca di un metodo efficace di organizzare gli spazi. Concentratevi piuttosto sulla scelta delle cose da conservare in base a ciò
che vi fa stare bene, e godetevi la vita secondo le vostre regole (…) Pensare solo alle cose da eliminare ci rende infelici: quello che
dovremmo scegliere non è che cosa buttare, ma che cosa tenere (…) Il modo più semplice e accurato per fare una cernita è chiedersi
se le cose “ci fanno ancora scintillare gli occhi quando le guardiamo” (…) La chiave sta nel toccare con mano (…) Il criterio deve
essere “se conservare quel qualcosa vi rende felici”: in altre parole, “se quella cosa vi fa battere il cuore” (…) Quando domandate al
vostro cuore se sente un’emozione, credete a ciò che vi risponde. Se vi fidate di quell’istinto, tutti gli elementi della vostra esistenza
si interconnetteranno in maniera sorprendente e la vostra vita cambierà in modo radicale (…) Le cose che amiamo fare non cambiano
mai alla radice, nemmeno col tempo (…) Dopo aver finito il corso, la vita lavorativa della maggior parte dei miei clienti si trasforma:
alcuni aprono un’attività in proprio, altri cambiano impiego, altri ancora si impegnano più seriamente in quello che stanno già
facendo. Questa disposizione d’animo vale anche per i loro interessi personali e per la famiglia (…) Riordinare svolge un ruolo molto
importante nell’individuare questa radice (…) Uno degli effetti del “magico potere del riordino” è la fiducia nelle proprie capacità di
scegliere (…) Chi non ha fiducia nella propria capacità di giudizio, non ha fiducia in se stesso (…) Ci sono momenti in cui mi
scoraggio molto di fronte alle mie inadeguatezze. Ho piena fiducia invece nell’ambiente in cui vivo (…) Anche se per chiunque altro
potrebbe non essere niente di speciale, io mi sento sicura di me e sono profondamente grata di essere circondata da ciò che amo, dalle
cose e dalle persone che mi sono care che, una per una, considero speciali e preziose (…) Se vi capita qualcosa che non vi
entusiasma, ma che non riuscite comunque a eliminare, fermatevi un attimo e chiedetevi: “è a causa del mio attaccamento al passato
che non riesco a buttarlo? O il problema sono le mie ansie riguardo al futuro?” (…) Attaccamento al passato e ansie per il futuro non
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solo determinano il modo in cui selezionate le cose che possedete, ma rappresentano anche i criteri in base ai quali prendete decisioni
in ogni sfera della vostra vita, incluse quella affettiva e quella lavorativa. (…) Affrontare le proprie cose e selezionarle può essere
doloroso, vi costringe a confrontarvi con le vostre imperfezioni e con le scelte discutibili che avete fatto nel passato (…) Le cose che
possediamo sono concrete: esistono qui e ora e sono la conseguenza delle scelte che abbiamo compiuto in passato. È rischioso
ignorarle o liberarcene indiscriminatamente (…) La casa (…) è sempre lì (…) non troverete nessuno di più generoso e accogliente
(…)Le scorte sono inutili. Più si possiede più si ha paura e si diventa ansiosi. Quando vi troverete a mancare di qualcosa potrete forse
capire che non vi serve davvero (…) Se vi accorgete che vi serve una cosa che avete buttato prendete subito l’iniziativa e cercàtela
(…) La vita diventa più facile quando si capisce bene che quando qualcosa manca si può trovare una soluzione.

Avere o essere (E. Fromm)
Se sono ciò che sono e non ciò che ho, nessuno può privarmi né della mia sicurezza né del mio senso di identità, e neppure
minacciare di farlo (…) La mia capacità di essere e di esprimere i miei poteri essenziali è parte integrante della mia struttura
caratteriale e da me dipende (…) Mentre l’avere si fonde su alcunché che l’uso diminuisce, l’essere viene incrementato dalla pratica
(…) L’esigenza di velocità e novità, che soltanto il consumismo può soddisfare, è il riflesso di uno stato di inquietudine, di fuga
interiore da se stessi; e si renderà anche conto che cercare sempre nuove cose da fare e il gadget ultimo grido di cui servirsi, non è
che un mezzo per impedirsi di essere vicini a se stessi o ad altre persone (…) I desideri del consumatore sono fabbricati dal
produttore.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
La calma e l’agitazione del nostro umore non dipende tanto dagli avvenimenti più notevoli della nostra vita quanto dall’esito utile o
sgradevole delle piccole cose quotidiane (…) La suprema abilità consiste nel conoscere il valore delle cose.

Carl Gustav Jung
I nevrotici spesso trascinano i piccoli compiti della vita quotidiana, dai quali invece dipende gran parte del loro benessere.

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IL DIVENTARE ADULTI E IL CORAGGIO

Nicholas Nickleby (C. Dickens)
"Silenzio! (...) Le sento venire!" V'era un barlume di coscienza nella vergogna e nella paura di quest'atto frettoloso che, in un breve
attimo, ruppe il sottile involucro di ipocrisia che copriva il crudele disegno e lo rivelò nudo in tutta la sua bassezza e la sua spietata
deformità (...) Ma l'effetto fu breve com'era stato improvviso (...) Anche ammesso che il padre amasse la figlia al massimo delle sue
capacità, egli amava se stesso molto di più (...) - "Egli già cerca d'ingannare se stesso (...) e cerca di far credere che tende al bene di
lei, non al proprio. Sta rappresentando una parte virtuosa e s'è mostrato sollecito e affettuoso, tanto che ho visto nella figlia una
lacrima di sorpresa. Fra poco vi saranno altre lacrime di sorpresa, benché di specie diversa". (...)
- "Tanti cadono nell'errore di accusare la natura di cose che non la riguardano affatto e delle quali non è minimamente responsabile.
Gli uomini parlano della natura come di una cosa astratta e intanto perdono di vista ciò che è naturale. Ecco un povero ragazzo che
non ha mai sentito intorno a sé la sollecitudine di un parente (...) Se la natura mettesse nel petto del ragazzo anche soltanto un unico
segreto impulso che lo spingesse verso il padre e lo staccasse da voi, essa sarebbe stupida e bugiarda (...) Genitori che non
mostrarono mai il loro amore si lagnano di mancanza di affetto naturale nei loro figli, (...) legislatori, trovando genitori e figli che non
hanno mai avuto abbastanza sole per sviluppare i loro affetti, fanno la voce grossa moraleggiando (...) Gli affetti naturali e gli istinti
(...) devono essere coltivati e amati, altrimenti è più che naturale che si oscurino interamente e che nuovi sentimenti usurpino il loro
posto, come accade alle più belle opere della terra che, se trascurate, sono soffocate dalle erbacce e dai rovi".

La ragazza senza mani (J. e W. Grimm)
“Bimba mia, se non ti mozzo tutte e due le mani, il Diavolo mi porta via” (…) – “Padre caro”, rispose la figliola, “fate di me quello
che volete, io sono roba vostra”.

Albero e foglia (Tolkien)
Chesterton osservò una volta che i bambini vogliono storie col Giudizio universale,poiché “i bambini sono innocenti e amano la
giustizia,mentre la maggior parte di noi è malvagia e naturalmente preferisce il perdono”. In merito Lang aveva le idee confuse (…)
È tutt’altro che chiaro (…) che trapassare un nano con una spada sia più giusto della esecuzione di re cattivi o perfide matrigne, cose
da cui Lang rifugge. Lui i criminali li manda (e se ne vanta) in pensione con cospicui vitalizi. Questa è pietà non temperata da
giustizia. Vero è che la sua arringa era rivolta, non già ai bambini, bensì ai genitori e ai tutori.

Saggio Della collera (de Montaigne)
Plutarco è ammirevole in tutto (…) Si vedano le cose che dice (…) a proposito della grande ingenuità che manifestiamo nel lasciare i
fanciulli affidati alla guida dei loro padri. La maggior parte dei nostri governi, come dice Aristotele, lasciano a ognuno il governo
delle mogli e dei figli, secondo la propria folle e sconsiderata fantasia; e quasi soltanto quello spartano e quello cretese hanno affidato
alle leggi l’educazione dell’infanzia. Chi non vede che in uno Stato tutto dipende dal’educazione e dalla formazione di essa? E
tuttavia, senza alcun discernimento, la si lascia alla mercè di genitori, per quanto stolti e malvagi possano essere. Fra l’altro quante
volte mi ha presola voglia, passando per le nostre strade, di giocare qualche brutto tiro, per vendicare dei ragazzetti che vedevo
spellare, picchiare e pestare da qualche padre o madre infuriati (…) E la nostra giustizia non ne tiene conto,come se (…) non
riguardassero membri del nostro Stato (…) Questa non è correzione, ma vendetta (…) Nessuno esiterebbe a punire il giudice che, per
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la collera, avesse condannato un criminale.

Il drago come realtà (S. De Mari)
Durante il nazismo, il pedagogista tedesco Schieber ebbe due figli maschi, uno morto suicida e l'altro morto psicopatico in
manicomio (...) Fu autore della teoria secondo cui non bisogna tenere in braccio il bambino, neanche lattante (...) e insisteva sulle
punizioni (...) per insegnare a non mentire e disubbidire mai (...) Molti bambini tedeschi, sotto l'influsso della sua "pedagogia nera",
sono morti di blocco cardiaco in quanto venivano costretti a correre da istruttori privi di preparazione medica, (...) altri di polmonite e
tubercolosi per la spartana necessità di stare esposti al freddo.
La lotta con l'ombra in Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung). In questa citazione ho tralasciato molto e non ho
segnalato i punti in cui ho omesso parole e frasi e non ho rispettato l'ordine di frasi e periodi.
La sensazione dell'individuo di essere debole può venire compensata inconsciamente dall'emergere di desideri di potere e ordine e
sogni ricchi di volenza, ma la maggioranza non sa comprendere, integrare, queste compensazioni dell'inconscio, che così favoriscono
asservimento allo Stato e totalitarismo; inoltre ciò che scompare dal proprio inventario psicologico affiora facilmente nelle vesti di un
vicino ostile. È impensabile la pace, perché gli istinti bellicosi non sono estirpabili dall'uomo. La pace è inquietante, poiché prepara la
guerra. Ma l'unica lotta per cui valga la pena di impegnarsi è la lotta contro la volontà di potenza dell'"Ombra" personale.
Avere o essere (E. Fromm)
Molti dei mali delle attuali società capitalistiche e comuniste scompariranno con l’introduzione di un reddito minimo annuo garantito
(…) Gli esseri umani hanno un incondizionato diritto a vivere, indipendentemente dal fatto che compiano o meno il loro “dovere
verso la società”. È un diritto che concediamo ai nostri animali domestici, non però ai nostri simili. Una prescrizione del genere avrà
per effetto di dilatare enormemente l’ambito della libertà personale; nessuno che sia economicamente dipendente da altri (da un
genitore, da un marito, da un capo) sarebbe più sottoposto al ricatto di venir lasciato morire di fame; individui dotati, che vogliono
cominciare una nuova vita, potrebbero farlo a patto che siano disposti a sobbarcarsi al sacrificio di vivere, per un certo periodo, in
relativa povertà (…) Il reddito minimo garantito assicurerebbe reale libertà e indipendenza, per tale motivo, esso è inaccettabile per
ogni sistema basato sullo sfruttamento e il controllo, soprattutto per le varie forme di dittatura.

Voce “Lobotomia” (Wikipedia)
A Howard Dully venne praticata una lobotomia all'età di dodici anni perché la sua matrigna dichiarò che aveva paura di lui. Lo stesso
Dully ha detto: «Mi sono sempre sentito diverso, mi chiedo se manca qualcosa nella mia anima. Non ho memoria dell'operazione»
(…) Helen Mortenson di diciassette anni come risultato ebbe un'emorragia cerebrale e morì dopo l'operazione.
Commento online di L. de Mango Le terapie folli: come riconoscere terapeuti e pseudoterapeuti su Psicoterapie folli: conoscerle
e difendersi di M. T. Singer e J. Lalich, a cura di P. Michielan
A una bambina di 10 anni, Candace Newmaker, alla quale è stato diagnosticato un disturbo reattivo di attaccamento poiché la sua
madre adottiva ne riferiva problemi comportamentali a casa, nonostante a scuola invece non fosse stato rilevato alcun sintomo.
Quattro persone (per un totale di 300 kg.) si sono sedute a cavalcioni sulla piccola, che pesava 31 kg., imballata in una coperta e
bloccata; le sue lacrime e il suo scalciare sono stati interpretati come crisi di ira ed ignorati. (...) Fu assassinata (...) dalla madre
adottiva.
Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
Nella stessa settimana si è visto un chirurgo suicidarsi perché dichiarato colpevole di pratiche abortive e un padre, che aveva battuto
il figlio fin quasi ad ammazzarlo, condannato a tre mesi con la condizionale. Recentemente un padre ha lasciato morire il figlio di
crup, per mancanza di cure; una madre si è rifiutata di chiamare un medico al capezzale della figlia, in nome del suo abbandono
incondizionato alla volontà divina: al cimitero, dei ragazzi le hanno scagliato dei sassi; ma poiché qualche giornalista aveva
manifestato il suo sdegno, una schiera di gente “onesta” si è levata a protestare che i bambini appartengono ai genitori e che qualsiasi
controllo estraneo è inaccettabile. “C’è oggi un milione di bambini in pericolo “ dice il giornale Ce Soir” (…) È una delle grandi
verità che la psicanalisi ha rivelato il pericolo che costituiscono per il bambino i genitori “normali”. I complessi, le ossessioni, le
nevrosi di cui soffrono gli adulti (…) sono la compagnia meno desiderabile per il bambino (…) E questa misera catena si perpetuerà
all’infinito (…) Sarebbe desiderabile che il bambino fosse affidato ai genitori infinitamente meno di quanto non càpiti normalmente,
che i suoi studi, le sue distrazioni, si svolgessero in mezzo ad altri bambini, sotto il controllo di adulti che abbiano con lui soltanto
legami impersonali e puri (…) In una società organizzata in modo giusto (…) il bambino è in gran parte affidato alla collettività (…)
A Sparta spesso bambine sane, non solo i neonati malconformati, venivano uccise appena nate. (1949)

Il drago come realtà (S. De Mari)
Tanto più il gruppo sembra indifferente, tanto più ci danneremo per non restarne esclusi, in modo da non perdere le briciole, così
subiremo angherie e riti di iniziazione umilianti, dolorosi, pericolosi e insensati. Subiamo questi gruppi nello stesso modo in cui (...)
subiamo i genitori che causano malattie: (...) tanto meno i genitori lo amano infatti, tanto più (...) forte sarà l'attaccamento del
bambino a loro e la fedeltà dei bambini ai loro aguzzini è straordinaria.
Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
I dati attuali documentano l'esistenza di conseguenze a livello fisico e di salute mentale dell'abuso infantile fisico, sessuale, emotivo e
riguardante la trascuratezza (...) È associato a incrementi futuri dei livelli degli indici di infiammazione quali la proteina C-reattiva
(CPR), il fibrinogeno e le chitochine proinfiammatorie. Rappresenta un riscontro fondato l'associazione del maltrattamento infantile
rilevando uno stato elevato degli indici di infiammazione in età adulta (...) Le conseguenze a lungo termine portano a un aumentato
rischio di numerose malattie fisiche (...) tra cui cardiopatia ischemica, disturbi epatici, broncopneumopatia ostruttiva cronica, morte
fetale e fratture scheletriche (...) con anomalie alle immagini dell'MRI (...) Anche questi effetti neurobiologici mèdiano i sintomi
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comportamentali e psicologici come l'aumento di aggressività e di reattività autonomica, la depressione e i problemi di memoria (...)
Esperienze terrificanti nell'infanzia pervadono l'amigdala e fanno in modo che i circuiti della memoria siano particolarmente attenti
agli stimoli minacciosi, a spese dei circuiti del linguaggio e di altre capacità accademiche (...) Se le espressioni emotive di un
bambino sono costantemente contraccambiate, alcuni circuiti emotivi sono rafforzati, (...) ma ad esempio una bambina la cui madre
ripetutamente non rispecchiava il proprio livello di eccitamento, da adulta è diventata estremamente passiva, incapace di un fremito o
di un sentimento di gioia (...) Il bambino si attacca ai genitori se malato, affamato o in punizione. Se è rifiutato dai genitori o li teme,
l'attaccamento può aumentare (...) Le violenze sessuali aggravano l'effetto distruttivo dei maltrattamenti sulla personalità ma non
sono necessarie per raggiungere questo risultato. Dopo lunghi maltrattamenti anche adulti regrediscono e (...) possono arrivare a
idealizzare i persecutori (...) Un soggetto esposto a uno shock a cui non può sfuggire impara più difficilmente a sfuggire a uno shock
con un comportamento nuovo (...) forse perché impara l'indipendenza delle proprie azioni e dell'esito (...) Ciò modula l'essere fonte di
stress degli eventi e il loro impatto negativo (...) Ricevere contingenze strumentali (...) porta a imparare qualcosa circa la
controllabilità degli esiti (...) In età evolutiva bisogna possibilmente scegliere sempre una figura non punitiva, specialmente se
sensibile alle esigenze del bambino.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Per Platone l’educazione dei figli era troppo importante per essere affidata al singolo individuo: toccava allo Stato assumersi la
responsabilità di educare i bambini (…) Platone voleva abolire la famiglia per i reggitori dello Stato e per i guardiani.

Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
Nel Codice Civile è prescritto l'obbligo di prestare gli alimenti (vitto e alloggio). Quest'obbligazione deriva dal vincolo di parentela
(coniuge, figli o discendenti, genitori o ascendenti, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle) (...) L'obbligo alimentare è espressione
di una società in cui era diffuso il modello della famiglia patriarcale in cui l'assistenza pubblica era inesistente o nulla (...) Oggi (...)
quelle norme non devono essere interpretate e applicate nel senso di trasferire sulle famiglie oneri e compiti che ricadono in una
responsabilità pubblica. Tale esigenza trova un preciso riscontro di carattere processuale: non è data possibilità all'ente erogatore di
assistenza di chiamare in giudizio i parenti tenuti agli alimenti per sentirli condannare all'adempimento della prestazione nei confronti
del congiunto povero. Si tratta di un rapporto privato.
Rivista Io donna (autunno 2021)
Nella sentenza numero 18785 depositata il 2 luglio 2021 la Corte di Cassazione stabilisce che i genitori possono rifiutarsi di
mantenere i figli che hanno compiuto 18 anni, se non sono autonomi economicamente per "negligenza, inettitudine o trascuratezza".
Concorso DSGA. Manuale completo per tutte le prove 2018 (P. Boccia)
I membri di una famiglia tradizionale potevano contare, in caso di bisogno, su una moltitudine di parenti (...) Nella famiglia nucleare
quando qualcuno si ammala o incontra difficoltà in qualsiasi campo, l'intero nucleo familiare, non potendo contare sulla
collaborazione di tutta la parentela, entra in grave stato di malessere e immagina che sia più sopportabile sfuggire alle responsabilità
(...) Alcuni dicono che in Italia le cose nella sanità vanno male.
http://www.slideshare.com/guida-alla.salute-nel-contesto-italiano
Credo che in particolare sia importante sfogliare i libri citati di Ferrario, Fioritti, Celi, Allegri e Bastianoni, i capitoli su malpractice,
pregiudizi, psicofarmaci e terapie implicanti stimolazione elettrica dei Sadock, le pagine della cronaca e quelle scritte anche da
medici di forum e associazioni di malati riguardanti i ritardi di anni nella diagnosi di molte malattie anche per niente rare e il testo
citato sul volontariato: sono davvero letture fondamentali secondo me. Si può trovarvi spunto di riflessione o notizia su quanto segue:
(…) il fatto che la legislazione che impedisce di denunciare i medici per la maggior parte dei loro abusi e il grande ritardo frequente e
anzi tipico nelle diagnosi di molte malattie fisiche anche non rare comportano anche che la legge che permette ai genitori, fratelli,
ecc. di non mantenere un diciottenne né lavoratore né studente permette nella pratica di uccidere persone anche giovanissime e
peraltro perfino quando malate proprio a causa delle decisioni dei familiari in merito alla loro alimentazione, a spiegazioni, esami e
cure delle loro malattie e anomalie congenite e di patologie conseguenti ad esse o all’incuria, alla loro protezione dai criminali e da
eccessi di violenza anche in casa, ecc.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Dopo la separazione dal marito, ci sono stati momenti in cui la madre e il figlio Daniele hanno letteralmente sofferto la fame (...)
L'ex marito (...) il padre di Edoardo (...) non passa mai alla signora la cifra stabilita nei modi stabiliti: quando ritarda nei pagamenti,
quando dice che è stato un mese difficile e decide di ridurre la quota, quando trova un pretesto per una litigata furiosa e si rende
irreperibile per una settimana.
Politica dei servizi sociali (P. Ferrario)
La genitorialità non consiste solo nell'aver concepito e procreato, ma anche nella capacità di instaurare con il bambino rapporti
formativi costanti e prolungati nel tempo: inoltre, in caso di conflitti d'interesse tra minore e adulto prevalgono quelli del primo, in
quanto persona in formazione (...) Si parla di famiglie con patologie quelle dove i genitori hanno disturbi psichiatrici o
comportamenti devianti come trascuratezza, maltrattamenti, abusi (...) Tra il 1986 e il 1996 in Italia molti maltrattamenti in famiglia o
verso fanciulli sono passati da 2.225 a 2.290 e i casi di violenza carnale da 1.983 a 3.304 (...) I suicidi di minori sono passati da 11,16
a 23,02 su un milione .
Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
Un ragazzo povero ha poca speranza in più di quanta ne aveva il figlio di uno schiavo della antica Atene di riuscire a emanciparsi per
raggiungere quella libertà intellettuale dalla quale nascono le grandi opere.

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I fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Il gusto per le torture dei bambini (…) è comune a molte persone (…) È la mancanza di difesa di quelle creature che seduce il
torturatore, la fiducia angelica dei bambini, che non sanno dove andare e a chi rivolgersi (…) Quella bambina di cinque anni fu
sottoposta a sevizie di ogni genere da parte dei colti genitori (…) Ed ecco che un gentiluomo molto colto e istruito, e la sua signora
picchiano la loro figlioletta di sette anni con la verga (…) un minuto, cinque, dieci, sempre di più (…) La faccenda arriva in tribunale
(…) L’avvocato protesta in difesa del suo cliente “è un caso così semplice, un fatto di tutti i giorni”. La giuria (…) emette un giudizio
favorevole al padre. Il pubblico esplode in ovazioni perché il torturatore è stato scagionato.

Scritto di Guglielmo Ferrero contenuto in un libro di C. G. Jung
È credenza diffusa (…) che la psicologia dell’umanità cambi di secolo in secolo come la moda o la letteratura. L’uomo non cambia
così rapidamente, la sua psicologia resta in fondo la stessa. E se la sua cultura varia di molto da un’epoca all’altra, nemmeno questo
muterà il funzionamento del suo spirito. Le leggi fondamentali dello spirito restano le stesse, per lo meno per i periodi storici a noi
noti. Inoltre tutti i fenomeni anche i più strani devono poter essere spiegati attraverso quelle leggi comuni dello spirito la cui esistenza
possiamo verificare in noi stessi.

Pagina online con intervento di Anna Maria Bernardini De Pace
C’è una forma di violenza molto sottile. È la crudeltà di chi, dicendo che ci vuole bene, ci sminuisce fino a farci credere di non valere
niente, ci maltratta, ci manipola e ci impedisce di vivere (…) Conflitti sommersi, feroci cattiverie e violenze morali su figli anche
piccolissimi (…) sono frequenti nelle famiglie “per bene” e non solo in quelle ai margini del contesto sociale (…) e nonostante la
polverosa retorica sulla dolcezza della figura materna.

Lo sviluppo della personalità (Jung)
I figli di queste madri hanno spesso l’importanza di bambole (…) e per di più ciò avviene sotto la maschera di una dedizione
altruistica alla bimba (…) In realtà alla bimba non viene data neanche una briciola di vero amore. (…) Bisognerebbe curare la madre
(…) o almeno mettere la figlia in condizione di essere in grado di tenerle testa.
Il drago come realtà (S. De Mari)
L'eccesso di competitività familiare si ha quando la madre compete con la figlia perchè deve essere la più bella del reame (...) E
allora ci sono situazioni strane: la ragazzina che è continuamente aggredita da mammma comincia a decidere di pesare trenta chili o
centoquaranta (...) Ma i genitori hanno già avuto il loro momento.
Il mondo incantato (B. Bettlheim)
Alle madri narcisiste è impossibile voler bene (...) Le madri di questo tipo mettono sempre il loro interesse davanti a quello del figlio.
L’autostima nei bambini (F. Frascarolo-Moutinot)
Contrariamente a una concezione molto diffusa dell’amore, preoccuparsi per l’altro non è una dimostrazione d’affetto! È soltanto
l’espressione di diverse paure, spesso legate a una mancanza di fiducia in se stessi, nell’altro o nella vita in generale.

Il secondo sesso (S. de Beauvoir)
L’amore materno nelle donne non ha niente di naturale: appunto per questo ci sono delle cattive madri. Solo gli animali hanno
l'istinto materno.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Molte relazioni danno l’impressione di essere rapporti d’amore, per esempio quelle con i bambini o tra i cosiddetti innamorati. Ma in
realtà si tratta spesso di rapporti di tipo meramente narcisistico: la madre che ama i suoi figli ama in realtà se stessa, poiché i figli
sono i suoi. La donna che ama il marito può farlo per lo stesso motivo. Non è necessariamente così, però è molto frequente.

Avere o essere (E. Fromm)
L’autorità razionale si fonda sulla competenza, e aiuta a crescere coloro che a essa s’appoggiano. L’autorità irrazionale si basa sul
potere e serve a sfruttare la persona che a essa è asservita (…) Qualora l’amore sia vissuto secondo la modalità dell’avere, esso
implica limitazione, prigionia, ovvero controllo dell’oggetto che si “ama” (…) Ciò che la gente definisce amore è per lo più un abuso
del termine, volto a nascondere la realtà della loro incapacità ad amare. Quanti sono i genitori che amano davvero i propri figli, è un
problema tuttora apertissimo. Lloyd de Mause ha fatto rilevare che, durante i due trascorsi millenni della storia occidentale, tante e
così sconvolgenti sono le testimonianze di crudeltà nei confronti di bambini, dalla tortura fisica alla psichica, di incuria, di mera
possessività e di sadismo, da indurre a credere che i genitori amorevoli siano l’eccezione anziché la regola.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Le simpatie di Freud andavano dunque ai governanti, all’establishment (…) In sostanza Freud era convinto che il bambino fosse
colpevole, non i genitori (…) Colpa e responsabilità sono sempre del bambino. E nelle sue fantasie egli non solo è incestuoso, ma
mira anche a uccidere il padre e a violentare la madre. Per Freud il bambino è un piccolo criminale. Questa concezione freudiana dal
bambino va compresa in senso dinamico come una conseguenza della difesa dei genitori e dell’autorità (…) L’”amore dei genitori” è
una delle più grandi finzioni che mai siano state inventate (…) I figli (…) vengono considerati una proprietà (…) È possibile ferire in
molti modi, magari senza rendersene conto: si ferisce l’amor proprio, l’orgoglio e la considerazione di sé, spesso a un bambino
estremamente sensibile e intelligente si dà a intendere di essere stupido e sciocco (…) Si fa il possibile per soffocare la loro fiducia in
se stessi e per reprimere il loro senso di dignità e di libertà (…) Freud ha fatto degli psicoanalisti i difensori dei genitori. Ma l’analista
dovrebbe avere una visione obiettiva delle cose e quindi mettere sotto accusa anche i genitori.

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I persuasori occulti (V. Packard)
Weiss, direttore dell’agenzia pubblicitaria Weiss e Geller (…) affermò che (…) il senso di responsabilità, socialmente
commendevole, non è sempre il principale e reale desiderio del cliente potenziale (…) Ciò che veramente attrae un uomo,
nell’assicurazione a vita, accertarono gli psicologi, è l’implicita “prospettiva di immortalità attraverso il perpetuarsi della sua
influenza (…) In parecchi casi (…) il soggetto desidera l’immortalità per poter controllare la famiglia anche dopo la morte (…)
dominare, determinare il tenore di vita (…) e l’educazione dei figli molti anni dopo la propria scomparsa (…) Voleva essere (…) lui,
e lui solo, l’eroe (…) che nutre, conforta e governa.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Ognuno è invasato dalla preformazione umana specifica ed esercita a sua volta, senza esserne cosciente, lo stesso effetto su quanti lo
circondano (…) Molti individui si identificano con l’archetipo, per esempio con la patria potestas o con l’ape regina (…) e quanto più
lo fanno, tanto più nevrotici diventeranno (…) La nevrosi è il risultato degli influssi caratteriologici dei genitori sui figli (…) L’anima
infantile è spesso paragonata a una cera molle (…) Le prime impressioni infantili accompagnano costantemente l’uomo (…) È
un’esperienza comune che scoppino dei conflitti tra la personalità formata dall’educazione e dalle altre influenze dell’ambiente
infantile e il vero e proprio orientamento individuale nella vita. Di questo conflitto cadono preda tutte le persone destinate a condurre
una vita autonoma e creativa (…) Esistono genitori che, a causa del loro comportamento contraddittorio, trattano i figli in modo
talmente insensato che la malattia dei bambini appare inevitabile (…) I bambini nevrotici, sotto influssi più sani, (…) spesso
guariscono molto meglio che a casa anche senza nessun trattamento medico. Esistono moltissimi nevrotici che erano chiaramente tali
già da bambini (…) Alcuni nevrotici si liberano poco per volta tra continue lotte (…) e altri si ribellano e conquistano la libertà per
venire più tardi respinti sul vecchio sentiero (…) Nessuno ha il diritto di obiettare che questi infelici non sono altro che nevrotici o
“degenerati”. Se noi uomini normali esaminiamo bene la nostra vita, vediamo anche noi che una mano potente ci conduce
infallibilmente verso certi eventi e non sempre questa mano si può definire benevola (…) Inoltre il rapporto con i genitori è il canale
infantile per eccellenza in cui rifluisce la libido degli anni successivi (…) quando ci ritraiamo da un ostacolo troppo grande.
Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Di norma i figli ereditano e fanno proprio tutto ciò che i genitori avrebbero potuto vivere se non se lo fossero impedito con
motivazioni fittizie (...) e ad avere le conseguenze più gravi è la finta inconsapevolezza dei genitori. Per esempio nel caso di una
madre che rifiuti di prendere coscienza di sé per non rovinare le buone apparenze.
Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
Uno sdoppiamento del volere umano (…) è presente sempre e da per tutto e (…) è indispensabile alla coordinazione (…) Un deficit
anormale tra le tendenze opposte genera però resistenza (…) in grado di produrre quella regressione che può essere il punto di
partenza di un disturbo psichico (…) Per la lotta della vita è necessaria tutta la libido, (…) lacerare tutti i legami sentimentali con
l’infanzia, con il padre e con la madre, (…) obbedire all’appello del proprio destino. Alla libido protesa in avanti (…) si oppone (…)
una resistenza psichica che (…) si manifesta nella nevrosi con ogni sorta di timori (…) Quanto più l’uomo rifugge dal lavoro che
comporta l’adattamento alla realtà, tanto più grande diviene la paura che insidia il suo cammino drizzandogli per ogni dove ostacoli
sempre più numerosi. La paura del mondo e degli uomini cagiona, in un circolo vizioso, un’accentuata regressione che riporta
all’infantilismo (…) La paura della vita non è un fantasma immaginario, ma un vero panico: (…) l’uomo istintivo, (…) la parte
giovane e in via di sviluppo della personalità, cui viene impedito di vivere (…), genera paura e si trasforma in paura (…) Per il
continuo indietreggiare di fronte alla realtà è tagliato fuori dalla vita (…) Non è possibile vivere troppo a lungo nell’ambiente della
propria fanciullezza o in seno alla famiglia senza che ciò costituisca una certo pericolo per la salute dello spirito.
Nevrosi e fattori etiologici dell'infanzia, Fantasie dell'inconscio e Un caso di nevrosi in una bambina in freud e la psicanalisi (C.
G. Jung). In questa citazione ho tralasciato molto e non ho segnalato i punti in cui ho omesso parole e frasi e non ho rispettato
l'ordine di frasi e periodi.
In varie fantasie involontarie il nevrotico rivela un desiderio di fuga dalla realtà; c'è in esse qualcosa che ora maschera difficoltà reali,
ora esagera delle piccolezze. Un regolare fenomeno concomitante è il complesso parentale. Se l'energia psichica (la libido) non viene
o non può venire pienamente utilizzata per il lavoro di adattamento alla realtà e la vita è oziosa o priva di iniziative, c'è introversione
e coazione e la libido ristagna, diventa autonoma, regredisce, si volge all'oggetto a portata di mano e alle fantasie infantili e causa
costrizioni, paure eccessive, angosce, dipendenze ossessive, ricordi vivaci, preoccupaziojne per cose che da tempo non dovrebbero
essere più importanti o anche accumulo di atti mancati, dimenticanze e lapsus o maggiore efficacia delle fantasie produttrici di
sintomi fisici. L'informazione illumina sulle reali possibilità e posizione e libera l'energia psichica rimasta intrappolata, portando ad
assumere un atteggiamento critico e obiettivo verso i desideri e un impiego utile di essa. Durante la guarigione i sogni, anche quando
non ben compresi a livello cosciente, possono diminuire le paure e apportare una maggiore sicurezza nei sentimenti.
Da un programma radiofonico
Nelle famiglie spesso mancano quelle linee divisorie indispensabili alla convivenza e alla crescita dei figli: gli spazi privati,
fisicamente e interiormente, devono essere sempre ben delimitati e rispettati.

Zibaldone (G. Leopardi)
Quel vecchio che non ha presente né futuro, non è privo perciò di vita. Se non è stato mai uomo, non ha bisogno se non di quel
nonnulla che gli somministra la sua situazione, e tutto gli basta per vivere. Se è stato uomo, ha un passato, e vive in quello (…) Ma il
giovane senza presente né futuro (…) dev’essere infelicissimo e disperato, mancare affatto di vita, e spaventarsi e inorridire della sua
sorte e del futuro. Il giovane non ha passato. Tutto quello che ne ha, non serve altro che ad attristarlo (…) Tanto maggiore è il senso
di morte (…) quanto la sua vita interiore è più energica (…) Una certa forza d’animo (…) tutta s’impiega in consolidare e fargli
sentire profondamente e ostinatamente il suo male (…) I suoi desideri e passioni sono più ardenti (…) non solo assolutamente per
l’età, ma anche (…) per non avere avuto ancora di che cibarsi (…) Non può esser disingannato nell’intimo (…) quando anche lo sia
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(…) la sua ragione. Il suo futuro è (…) lunghissimo, e (…) fa orrore, massime paragonandolo con quel poco che ha avuto tanta pena
a passare. Il giovane a questa considerazione si spaventa e dispera eccessivamente (…) Il giovane prova disperazioni mortali,
considerando che (…) gli sarà inutile la sua unica esistenza (…) Nelle estreme sventure tutte le altre età ammettono la consolazione.

Silas Marner (G. Eliot)
Il padre era un uomo spietato: prendeva decisioni in preda a una collera violenta ma non si lasciava smuovere da esse anche dopo
l’ira s’era placata in lui (…) Come molti individui violenti e implacabili, permetteva che i mali si ingrandissero, favoriti dalla sua
stessa noncuranza, finché questi gli si addossavano sopra con forza esasperante; allora si ribellava con una severità feroce e diventava
spietatamente inflessibile.

Giorni felici in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Il valore consisteva nel vincere (…) La vita si svolgeva secondo schemi gerarchici e tutto ciò che accadeva era giusto (…)Non avevo
soldi, non ero forte, ero brutto, antipatico, soffrivo di tosse cronica, ero vigliacco, puzzavo (…) Non ero certo simpatico. St. Cyprian
non aveva tardato a rendermi antipatico, anche se non lo ero stato prima. Ma la coscienza che un ragazzo ha dei suoi difetti non è
determinata dai fatti. (…) Continuai a lungo a credere di essere afflitto da una mostruosa bruttezza. Così m’avevano assicurato i miei
compagni di scuola e io non potevo riferirmi ad altre autorità (…)
Parte della mia infelicità si deve ascrivere al fatto che, d’inverno, a partire dai dieci anni, non mi sentii mai bene (…) Avevo bronchi
malati e una lesione a un polmone, che non fu scoperta se non molti anni più tardi. (…) Soffrivo di tosse cronica e correre costituiva
un tormento. Ma in quei giorni il respiro ansimante veniva considerato o semplice immaginazione o un disordine morale (…) il che
l[o] rendeva al tempo stesso ripugnante e biasimevole (…) È incredibile il grado (…) di squallore e negligenza che veniva
considerato naturale (…) Ricordo come fossero neglette la salute e l’igiene (…) Nessuno pensava alla necessità di mantenere
l’intestino regolare (…) Un ragazzino di otto, nove anni non si mantiene necessariamente pulito se non c’è qualcuno che lo sorveglia
(…) Non si aveva la possibilità di proteggersi neppure dalle più brutali prepotenze (…)
I ragazzi (…) ritengono che la disgrazia sia un’onta che dev’essere celata a ogni costo (…)
Un bambino, che magari sembra abbastanza felice, può in realtà soffrire in modo atroce per motivi che non sa o non vuole rivelare
(…) Pensate per esempio al tormento ingiustificato che gli adulti infliggono a un bambino mandandolo a scuola con abiti di un
modello sbagliato (…) Davanti a fatti del genere un bambino (…) la maggior parte delle volte si limiterà a celare il duo risentimento.
Non rivelare le vere reazioni a un adulto sembra un gesto istintivo a partire dai sette, otto anni (…)
Il bimbo e l’adulto vivono in mondi diversi (…) Si sarà visto che la radice prima delle mie sofferenze era la completa mancanza di
ogni senso di proporzione o verosimiglianza. Questo mi induceva ad accettare soperchierie, a credere in assurdità, a soffrire tormenti
per cose che, in realtà, non avevano alcuna importanza. E non basta dire che ero sciocco e che avrei dovuto essere un po’ più furbo.
Riandate alla vostra fanciullezza e vedrete in quante sciocchezze avete creduto, quali inezie sono state capaci di farvi soffrire.
Naturalmente il mio caso aveva le sue caratteristiche personali, ma in fondo era simile a quello di tanti altri ragazzi. La debolezza di
un ragazzo è costituita dal fatto che comincia con una pagina bianca. Non capisce, non nutre dubbi sulla società in cui vive e gli altri
approfittano della sua credulità, lo avvelenano con un senso di inferiorità e gli inculcano il timore di violare misteriose e terribili
leggi (…)
Dai primi passi (…) avevo imparato che si può sbagliare senza volerlo, e poco dopo imparai che si può sbagliare senza nemmeno
scoprire che cosa si è fatto o perché ciò che si è fatto è sbagliato (…)
Provai un più profondo dolore (…) tipico dei bambini e che non è facile definire: un senso di desolata solitudine e di impotenza nel
trovarmi imprigionato in un mondo non solo ostile, ma costituito da azioni che erano buone o malvagie in base a norme che mi era
assolutamente impossibile osservare (…)
Io non criticavo le norme stabilite, perché non (…) scorgevo altre regole (…)
Non capii che, in quel caso, il debole ha il diritto di elaborare una nuova serie di leggi perché (…) vivevo in un mondo di ragazzi,
animali gregari, che non chiedono il perché di nulla, accettano la legge del più forte e vendicano le loro umiliazioni tiranneggiando
qualcuno più piccolo e più debole (…)
Ci consigliavano di essere al tempo stesso cristiani e di avere successo nel mondo senza badare all’implicita contraddizione. A
quell’epoca io non mi accorgevo che gli ideali che ci venivano proposti si annullavano tra loro (…)
Quanto sia difficile per un bambino assumere una vera indipendenza di atteggiamento può essere capito dal nostro modo di
comportarci nei riguardi di **. Credo che si possa affermare che ogni ragazzo della scuola la odiava e la temeva. Eppure tutti la
corteggiavano nel modo più abietto (…) e con una specie di devozione commista con un senso di colpa (…)
Il senso di colpa e di inevitabile fallimento era controbilanciato (…) dall’istinto di sopravvivenza (…)
Si aveva l’impressione che, nel fondo del cuore, si trovasse un altro io incorruttibile, il quale sapeva che, qualunque cosa si facesse,
(…) il vero sentimento di ciascuno non era che odio (…)
Avvertivo intimamente l’impossibilità di accettare quelle regole. Sempre, in fondo al cuore, il mio vero io reagiva per indicare la
differenza tra l’obbligo morale e la realtà psicologica (…)
Lo stesso capitava nel campo degli affetti privati. Ciò che si doveva provare era abitualmente abbastanza chiaro, ma l’emozione
adatta non poteva prodursi a comando (…) Si doveva amare il proprio padre; ma io sapevo benissimo che provavo antipatia per mio
padre.

Lettera al padre (F. Kafka)
Per me tu hai assunto i tratti enigmatici caratteristici di tutti i tiranni, il cui diritto è fondato sulla loro persona, non sul ragionamento
(…) Su tutti i pensieri apparentemente indipendenti da te gravava sin dal principio il tuo giudizio sfavorevole; era quasi impossibile
reggere questa situazione, sino al momento in cui il pensiero era stato elaborato in modo compiuto e durevole. (…) Bastava essere
felici, entusiasti di qualcosa e parlarne, e la risposta che tu davi era un sospiro ironico (…) per via della tua indole incline ad
accentuare i contrasti (…) Le tue parole colpivano in profondità, poiché si legavano a te (…) e allora il coraggio, la decisione, la
fiducia, la gioia per questa o quella cosa non avevano in me la forza di resistere sino alla fine (…) Mi è sempre risultata
incomprensibile la tua totale mancanza di sensibilità per il dolore e la vergogna che potevi procurarmi con le tue parole e i tuoi
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giudizi (…) Di fronte a te, si era completamente indifesi (…) Non rispettavi i precetti che m’imponevi (…) Io ero lo schiavo,
sottoposto a leggi inventate solo per me, e che per di più – senza sapere perché – non riuscivo mai a rispettare interamente. (…) Io
vivevo di continuo nella vergogna, sia che eseguissi i tuoi ordini, sia che mi opponessi, sia che non riuscissi a starti dietro (…) Di
questo terribile processo pendente tra me e te (…) tu ti poni sempre come giudice (…) Tu non riesci a parlare in modo pacato di una
cosa su cui non sei d’accordo, o che semplicemente non parte da te; il tuo temperamento dispotico non lo consente (…)
L’impossibilità di un rapporto tranquillo ha avuto anche un’altra conseguenza, in fondo pienamente naturale: ho disimparato a
parlare. (…) Alla fine ho taciuto, inizialmente per ostinazione, poi perché di fronte a te non riuscivo né a pensare né a parlare. E dato
che tu eri il mio vero educatore, tutto ciò si è ripercosso su ogni aspetto della mia vita (…) Quando incontravo gli altri, non potevo
essere improvvisamente diverso (…) Se ti avessi seguito meno, saresti sicuramente molto più soddisfatto di me (…) L’indifferenza
(…) e l’immaginazione (…) erano l’unica difesa contro il logoramento dei nervi procacciato dalla paura e dal senso di colpa. (…)
Probabilmente, per indole non sono pigro, ma per me non c’era niente da fare. Nei posti in cui ho vissuto ero rimproverato, giudicato,
sconfitto; e sicuramente facevo sforzi enormi per fuggire altrove, ma non era fattibile (…) Fu dunque in simili condizioni che fui
lasciato libero di scegliere una professione. Ma ero ancora capace di far uso di una simile libertà? Mi sentivo ancora in grado di
affrontare una vera professione? (…) Tu avevi sempre soffocato (…) la mia capacità di decidere (…) Osavo muovermi solo quando ti
ero talmente distante che il tuo potere non mi raggiungeva più, almeno direttamente (…) Alle Assicurazioni non sopportavo i
rimproveri (…): a essi ero troppo dolorosamente sensibile sin dalle esperienze avute nell’ambiente familiare (…) Altro dovevo fare
che laurearmi per approdare a una scrivania d’impiegato (…) E ti pareva nuovamente che tutto volesse “contraddirti”, mentre in
realtà era solo la conseguenza naturale della tua forza e della mia debolezza (…) Il dispendio di collera e di cattiveria appariva
sproporzionato (…) Si era convinti che un pretesto si sarebbe comunque trovato (…) e si diventava bambini scontrosi, disattenti,
disubbidienti, sempre intenti a fuggire, perlopiù dentro di sé (…) Così ho perso la fiducia nelle mie azioni. Ero incostante e pieno di
dubbi. E più avanzavo negli anni, più aumentava il materiale che tu potevi produrre per dimostrare la mia pochezza di valore (…) Tu
hai solo rafforzato quanto c’era già, ma l’hai rafforzato notevolmente, proprio perché esercitavi un grande potere su di me, e l’hai
utilizzato tutto a quello scopo (…) Essendo (…) un figlio diseredato, naturalmente mi divenne incerto anche ciò che mi era più
vicino, il mio corpo. (…) Osservavo con stupore, quasi fosse un miracolo, ciò che ancora mi restava, per esempio la mia buona
digestione (…) e bastò questo per perderla, e così fu spianata la strada per ogni sorta di ipocondria, e malessere, (…) finché, sotto lo
sforzo umano del volermi sposare, (…) non arrivò il sangue ai polmoni (…) I miei tentativi di sposarmi sono stati il (…) tentativo di
sottrarmi a te (…) Riunite tutte le energie positive di cui disponevo, (…) in quei tentativi si accumulavano, addirittura con rabbia,
tutte le energie negative (…) Mia sorella è l’unico esempio di evasione (…) È quasi incredibile che tu, in fondo, non abbia notato
quel cambiamento, o che perlomeno non le abbia dato il giusto valore, tanto sei accecato dal rancore che hai sempre avuto e in fondo
continui ad avere verso di lei (…) Era talmente goffa, fiacca, fifona, svogliata, pervasa dai sensi di colpa, servile, infingarda, pigra,
golosa e avara! Io non potevo quasi guardarla, e tanto meno parlarle; mi ricordava troppo me stesso, era altrettanto vittima della
stessa malìa dell’educazione. Mi ripugnava soprattutto la sua avarizia, dato che la mia era, se possibile, ancora maggiore della sua.
L’avarizia è uno dei sintomi più sicura di una profonda infelicità; ero così incerto su tutto, che possedevo veramente soltanto quello
che tenevo già fra le mani o in bocca (…) Tutto è cambiato quando lei, ancora molto giovane (ed è questo ciò che più conta), se ne
andò via di casa, si sposò, ebbe dei figli, divenne allegra, spensierata, coraggiosa, generosa, altruista, piena di speranza.

Cronache del mondo emerso (L. Troisi)
Così aveva deciso suo padre (…) Una fine sciocca per una vita inutile (...) No, non andrà così (...) In quei mesi aveva scoperto che
c’era un’alternativa (...) Era deciso. Non avrebbe rinunciato senza lottare a tutto ciò che aveva conquistato. Questa volta per niente al
mondo sarebbe scappato (…)
Se ne andò senza neppure passare nella sua stanza a prendere le sue cose e non volle mai più vedere suo padre (…)
In attesa di un riconoscimento (...) distolse lo sguardo solo quando gli si concesse un sorriso (...) Poi (...) la sua voce non fu più
cristallina come prima, (...) ma la voce di un uomo: “Voglio essere padrone del mio destino. Ho pagato per la mia scelta. Nella vita è
così”. Sorrise e si allontanò.

Freud e la psicoanalisi (C. G. Jung)
Quando un individuo rimane attaccato alla madre, la vita che avrebbe dovuto vivere trascorre in forma di fantasie (…) e la libido si
introverte e regredisce. Il malato adulto sente e vede il contrasto tra passato e presente e cerca, per quanto possibile, di adattarsi.
Forse crede di essere completamente adattato in quanto intellettualmente si rende ben conto delle situazioni, ma ciò non impedisce
che il sentimento rimanga molto arretrato rispetto al giudizio intellettuale (…) È esperienza di ogni giorno che i nostri affetti non
sono mai all’altezza della nostra ragione. Così succede anche al malato, con un’intensità assai superiore (…) Ma egli non sospetta di
non avere ancora veramente rinunciato a certe pretese infantili, di nascondere nei suoi recessi attese e illusioni delle quali non ha mai
avuto piena coscienza. Egli segue ogni sorta di fantasie (…), speranze, pregiudizi ecc. di natura affettiva (…), che forse raramente
sono sufficientemente coscienti perché egli sappia di possederle (…) Anche se la maggior parte delle fantasie sono state per un
momento coscienti come pensieri fuggitivi, tuttavia non si può per questo chiamarle “coscienti” (…) Si possono definire inconsce
(…) La libido, rimasta intrappolata in questi meandri fantasmatici, viene resa di nuovo utilizzabile quando, grazie all’analisi, viene
liberata dal peso di fantasie infantili ed errate (…)
È importante anche abbandonare l’ambiente familiare e (…) adeguarsi agli umili compiti quotidiani ai fini di evitare e contrastare le
nevrosi (…) Se l’individuo permette consciamente o inconsciamente che la libido sfugga a un certo compito necessario, la libido non
impiegata (o rimossa) provoca ogni genere di incidenti esteriori e interiori e sintomi di ogni tipo che opprimono penosamente
l’individuo.

Avere o essere (E. Fromm)
Tutte le intuizioni alle quali si perverrà in tal modo non caveranno un ragno dal buco finché l’individuo continuerà a trovarsi nella
stessa situazione pratica in cui viveva prima di giungere a comprendersi. Un semplice esempio varrà a chiarire meglio quanto s’è
detto: una donna la cui sofferenza abbia radici nel suo stato di dipendenza dal padre, per quanto si renda conto delle cause profonde
della dipendenza stessa, non muterà davvero a meno che non muti la propria pratica di vita, per esempio separandosi dal padre (…)
151

Se uno sta per affogare, conoscere la legge di gravità non gli impedirà comunque di andare a fondo (…) Che cosa si può fare per
liberarsi dalla propria disastrata situazione? In che modo si potrebbe agire diversamente? Come far uso di quel tanto di libertà di cui
ancora si dispone? (…) E questa domanda non dipende dall’età, dal fatto di avere cinquant’anni, oppure settanta. Ho avuto una
paziente che, a settant’anni, con la psicoanalisi ha cambiato tutta la sua vita (…) Finché ci chiediamo soltanto per quale motivo siamo
diventati così, non sappiamo ancora chi siamo.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Si comincia a crescere solo quando si diventa liberi. Il processo di emancipazione comincia da se stessi e dalla liberazione dai
genitori. Questo è fuor di dubbio (…) Si può senz’altro amare persino coloro che ci hanno fatto del male, sempre che l’abbiano fatto
senza rendersene conto. Ci sono genitori ai quali non è proprio possibile voler bene (…) Nell’Introduzione a Per la critica della
filosofia del diritto di Hegel Marx dice una cosa che potrebbe essere anche il motto della psicoanalisi: “L’esigenza di abbandonare le
illusioni sulla [propria] condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”.

La principessa sposa (W. Goldman)
Non riuscivo a farmelo andare giù (...) Non funzionava (...) Incominciò allora a rodermi uno scontento, che si creò un rifugio sicuro
dentro di me (...) Nessuno me lo spiegò finché non diventai un ragazzo (...) Il mio amico Ed mi aveva appena battuto al gioco del
volàno e (...) mi aveva detto: "non preoccuparti, la prossima volta vincerai (...) o mi batterai in qualcos'altro" (...) e sua madre allora
mi disse: "Non siamo certi che andrà così, lo sai (...) La vita non è giusta. Quando diciamo il contrario ai nostri figli, facciamo un
grosso errore: è una bugia crudele" (...) "No", ripetei io con forza, "ha ragione, non è giusta" (...) Aveva significato molto per me
sentirlo dire e liberarmene (...) Era quello che cercavo di far quadrare senza riuscirci (...) C'è del brutto in arrivo (...) Siate pronti (...)
Dimenticate le stupidaggini che vi hanno rifilato (...) La vita non è giusta, è solo più decente della morte, tutto qui.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
L’istinto di vita (…) si sviluppa se sono presenti le condizioni adatte alla vita (…) La condizione più importante perché si sviluppi
l’amore per la vita nel bambino è che egli stia con gente che ama la vita (…) L’amore per la vita (…) si esprime più nei gesti che
nelle idee, nel tono della voce più che nelle parole. Lo si può osservare in tutto l’insieme di una persona o di un gruppo, più che nei
princìpi espliciti e nelle norme secondo cui si organizza la vita: (…) il caldo contatto con gli altri durante l’infanzia; la libertà e
l’assenza di minacce; (…) la guida all’ “arte di vivere”; (…) un modo di vita che sia autenticamente interessante (…) Favorisce lo
sviluppo della necrofilia: crescere tra gente che ama la morte; mancanza di stimoli; paura, condizioni che fanno della vita una routine
priva d’interesse; un ordine meccanico invece di un ordine determinato da rapporti diretti e umani tra la gente (…) Fintanto che la
maggior parte dell’energia dell’uomo viene assorbita dalla difesa, (…) l’amore per la vita deve essere compreso (…) Il bimbo (…)
non può dipendere dalle proprie risorse, ha bisogno d’amore e di cura che non dipendono da nessuno dei suoi meriti (…) Un bambino
comincia a vivere confidando nella bontà, nell’amore, nella giustizia (…) Questa fiducia può essere fiducia nel padre, nella madre
(…) o in qualche altra persona (…) Può esprimersi come fede in Dio. In molti (…) questa fede viene distrutta in età precoce. Il
bambino (…) è infelice o impaurito, e nessuno dei due genitori (…) lo rileva, o quando lo facesse (…) non gli presterebbe attenzione
(…) Ma non fa molta differenza che sia la fede in una persona o in Dio ad essere scossa. È sempre la fede nella vita, nella possibilità
di confidare in essa, di fidarsene, che viene infranta. È vero (…) che ogni bambino passa attraverso molte delusioni; ma quel che
conta è la gravità e l’acutezza di una delusione particolare (…) Sovente il crollo finale della fede avviene (…) per il tradimento di un
amico, (…) di un maestro (…) Una serie di piccole esperienze (…) accumulandosi, scuotono la fede di una persona (…) In molti casi
il risultato è che la persona rimane scettica, spera in un miracolo che riaffermi la sua fede, mette alla prova la gente e, se ne è delusa,
cerca altrove, oppure si getta nelle braccia di una potente autorità (la Chiesa, o un partito politico, o un leader) per riguadagnare la
fede. Spesso (…) insegue (…) denaro (…) o prestigio (…) La persona profondamente delusa e disingannata può anche cominciare ad
odiare la vita (…) Questa distruttività fa parte della disperazione (…) Lo stesso vale per la vita sociale, dove i leaders nei quali si è
creduto, si dimostrano malvagi o incompetenti. Se la reazione non è quella di una maggiore indipendenza, essa è spesso quella del
cinismo o della distruttività (…) Uno può però reagire cessando di dipendere dalla persona particolare che lo ha deluso, divenendo
più indipendente e riuscendo a trovare nuovi amici e maestri, o persone amate nelle quali crede e di cui ha fiducia (…)
Non il bimbo soltanto è impotente e desidera la certezza; l’adulto in molti casi non lo è di meno (…) Conosce le forze naturali e
sociali che non può controllare, gli eventi che non può prevedere (…) Eppure l’uomo sa (…) di dover fare assegnamento sui propri
sforzi, e di poter ricevere solo dal pieno sviluppo delle sue facoltà una discreta forza e coraggio.

http://www.slideshare.com/lo-stato-attuale-della-psichiatria-italiana
Per quanto riguarda gli incontri negativi – e a volte capaci di condizionare pesantemente la vita intera – fatti dai figli per caso solo in
apparenza e in realtà attirati dai genitori e altri familiari, bisogna specificare ulteriormente: a volte gli individui negativi "attirati"
fanno gli interessi dei genitori e realizzano un loro desiderio a scapito dei figli, altre volte invece essi giungono come risultato di un
destino creato dall'attivarsi della legge di attrazione in corrispondenza del malessere profondo o della sfiducia tipicamente prodotti da
una famiglia disfunzionale; come riportato anche in due articoli di riviste tra la fine del 2021 e l'inizio dell'anno successivo, questi
rapporti deleteri sono spesso la conseguenza di ciò che Freud chiamava "coazione a ripetere" e che in qualche modo può essere
collegato a ciò che Jung descrive nei capitoli su "Ombra" e su "possessione" dei suoi libri e può essere in parte fatto risalire a reti
neurali che sottendono schemi e copioni di comportamento. Questi schemi e questa forza di attrazione sono creati dal concentrarsi
della mente del figlio su ciò che lo fa soffrire e che non vuole (il modello familiare subìto con dolore) e a cui sofferenza e
risentimento lo incatenano a dispetto della sua volontà cosciente (ciò può cambiare se egli trova il modo di concentrarsi piuttosto sul
tipo di rapporto che vuole, magari anche per aver incontrato coppie che lo incarnano particolarmente). Qualche volta, infine, gli
incontri e i rapporti negativi dipendono da una introiezione del rifiuto subìto dai familiari e dalla conseguente spinta inconscia e
irrazioinale a dimostrare che infatti non si merita amore (anche in questo caso prenderne consapevolezza aiuta).
I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
[Angyal] ha definito la vita un “processo di espansione di sé”, suggerendo che nel processo di crescita “la dinamica generale
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dell’organismo si muove in direzione di una maggiore autonomia” (…) Hendryk (1943), osservando la gioia con cui i bambini
scoprono in sé nuove abilità, ha formulato il concetto di “pulsione al controllo” (…) L’attenzione concentrata è lo strumento (…)
Schachtel indica in particolare che una forte pressione del bisogno o dell’ansia inibisce la possibilità di una comprensione attiva, sia
nei bambini sia negli adulti (…) Ho posto l’accento sul bisogno dell’uomo di comprendere il mondo attivamente, e di essere
stimolato (…) Tale orientamento di “relazionalità attiva” è il presupposto della salute psichica.

Avere o essere (E. Fromm)
La tendenza a crescere secondo la propria natura è comune a tutti gli esseri viventi, ragion per cui opponiamo resistenza a ogni
tentativo inteso a impedirci di crescere nei modi prescritti dalla nostra struttura (…) A essere limitata è la libera, spontanea
espressione della volontà (…) [del]la sete di conoscenza, di verità, il (…) desiderio di affetto (…) La ribellione del bambino si
manifesta in molti altri modi: col rifiuto delle regole di educazione alla pulizia; col rifiuto a mangiare oppure ingurgitando un eccesso
di cibo; con l’aggressione e il sadismo e con molte forme di atti autodistruttivi. Sovente la ribellione si manifesta con una sorta di
“sciopero passivo” generale, consistente in disinteresse per il mondo, in pigrizia, passività.

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Per definizione il vero trauma è un evento che va oltre la tollerabilità del sistema nervoso (…) Ad avere conseguenze è piuttosto
un’atmosfera costante (…) Un’esperienza si succede all’altra, per cui alla fine si ha un cumulo di eventi stratificati che, un po’ come
succede per le nevrosi di guerra, giungono a un punto di lacerazione provocando nel paziente la malattia (…) Nel caso della paziente
in questione e in altri simili esistono traumatizzazioni analoghe, ma il nucleo della struttura caratteriale non subisce danni seri. Anche
se il quadro esteriore fa pensare a una sofferenza grave, stante l’integrità del nucleo del carattere e la sana costituzione, con l’aiuto di
un trattamento terapeutico è senz’altro possibile guarire la nevrosi reattiva in breve tempo (…) Anche senza la psicanalisi, una
persona può giungere a cambiamenti profondi (…) [Alcuni] videro l’assurdità, l’ingiustizia, l’orrore (…) Quelle persone erano quasi
irriconoscibili. Erano completamente diverse, e questo unicamente sulla base di un’esperienza sconvolgente, a cui seppero reagire
con autonomia. La maggior parte della gente non possiede questa capacità, perché è ormai diventata troppo insensibile (…) Per
accedere all’inconscio non occorre la psicoanalisi, ma soltanto un certo interesse e un certo coraggio per voler davvero arrivare a ciò
che è dentro di noi (…) Prendere coscienza del corpo, e non solo del respiro, ma di tutto il corpo e della sua contrazione, è per me
un’importante integrazione della presa di coscienza psichica (…) La differenza tra una persona repressa e interiormente contratta e
un’altra, interiormente rilassata e che ha eliminato la maggior parte delle sue rimozioni, è rilevabile nel suo atteggiamento corporeo
(…) Quanto più una persona è libera interiormente, tanto più libero sarà anche il suo corpo (…) Attribuirei dunque una maggiore
importanza all’esperienza del Sé in senso psicoanalitico, che si può comunque migliorare con i metodi della percezione e del
rilassamento del corpo, che a loro volta portano a una maggiore autonomia (…)Capire a che punto si è arrivati nel corso della vita,
quali sono le conseguenze di ciò che si fa, quali gli obiettivi essenziali (in genere inconsci), oppure se la vita è senza scopo (…) [il]
motivo per cui, sebbene si abbia dormito abbastanza, il giorno prima ci si sentiva così stanchi. E allora si scopre che magari si aveva
paura, e a quel punto ci si può chiedere perché e scoprire che si era molto irritati. Oppure ci si può domandare perché il giorno prima
si aveva mal di testa (…) È noto che l’emicrania, per esempio, esprime un’irritazione costantemente rimossa e un risentimento
continuo, e mantiene l’interessato in uno stato di tensione. Molte malattie psicosomatiche hanno questa funzione. Durante
l’autoanalisi non ci si dovrebbe porre delle domande generiche, per esempio che cosa è accaduto nella nostra infanzia, perché le cose
vengono in mente solo ponendosi domande che mirano a scoprire ciò che si prova. Ci si può chiedere che cosa si è provato
incontrando una certa persona (…) E si tratta di sperimentare le proprie sensazioni, non di rifletterci sopra: l’importante è ciò che
realmente si prova. Allora si scopre che in effetti troviamo una certa persona assolutamente insopportabile, o che ne abbiamo paura.
Magari non la ingiuriamo, ma la troviamo simpatica o le sorridiamo nella convinzione che potrebbe esserci utile (…) Si dovrebbe
iniziare in modo semplice e diretto, senza progetti grandiosi né teorie complicate, prendendosi ogni giorno una mezz’ora, e provando
a rivivere ciò che si è vissuto il giorno precedente. A poco a poco scopriremo una quantità di cose (…) Chi tenta e pratica
l’autoanalisi con pazienza (…) svilupperà una certa capacità di tenere le cose per sé, dentro di sé, senza “traboccare” in
continuazione. Tenere un diario sulla propria autoanalisi la rende qualcosa di poco vivo (…) È molto più importante annotare e
conservare i sogni (…) Una percezione subliminale può generare l’intuizione inconscia che una persona nuova rappresenta un
pericolo e provocare un incubo su questa persona per esprimere paura e comunicare questo giudizio alla coscienza (…) Il punto è
solo quali siano i cambiamenti da avviare, di quale intensità e qualità e che non manchino di realismo e non vadano oltre le
possibilità individuali del momento (…) Facendo autoanalisi si eviterà il grande pericolo di arrivare a dipendere dall’analista.

La tecnica di differenziazione tra l'io e le figure dell'inconscio in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Nelle nature nevrotiche (...) c'è quasi sempre notevole unilateralità dell'atteggiamento cosciente: (...) non si riesce ad appoggiarsi a
più di una o magari due funzioni psichiche (pensiero, sensazione, intuito, sentimento),(...) perciò l'inconscio diviene ostile (...) e
nocivo contro ogni saggezza, raziocinio ed energia (...) ** si abbarbicava al suo mondo intellettuale (...) contro ciò che riteneva la
sua malattia, ora invece deve abbandonarsi ada essa, (...) e non nel senso di cedere senza resistenza, ma di fare del malumore, (...)
anche quando si trova in forma di fantasie, (...) il proprio oggetto (...) Non dobbiamo concretare le fantasie e (...) non dobbiamo
prenderle alla lettera; esse non sono la cosa, esse sono la sua espressione (...) Rendendo coscienti le fantasie, (...) la coscienza si
ampia grazie ai contenuti inconsci, (...) l'influenza dominate dell'inconscio viene gradualmente demolita, (...) le funzioni psichiche
cui non è data la preminenza (inconsce) vengono assimilate (...) e avviene così un cambiamento della personalità.
La seconda metà del cap. Anima e Animus e credo il cap. I tentativi di liberazione dell'individualità dalla psiche collettiva in
Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung). Non posso riprendere il testo e nei miei appunti il secondo titolo è ripetuto; comunque
dovrebbe essere esatto se è questo il cap. successivo a quello sulla personalità Mana.In questa citazione ho tralasciato molto e non ho
segnalato i punti in cui ho omesso parole e frasi e non ho rispettato l'ordine di frasi e periodi.
Se vengono intese come simbolo, le fantasie ci offrono l'indicazione di cui avevamo bisogno per proseguire la nostra vita in armonia
con noi stessi. Accostare a esse altre analogie per associazione spontanea cosciente o grazie a conoscenze generali, (...) è un
approccio valido, perché di alto valore vitale e capace di portare realizzazione nella vita, non perché principio razionalisticamente
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dimostrabile o giusto. Si tratta di capire cosa porta progresso di vita e seguire quel sentiero finché una chiara indicazione
dell'inconscio indica che si sta in buona fede sbagliando e cioè finché si ha perdita di energia psichica o un entusiasmo smodato o
sogni che indicano unilateralità dell'atteggiamento cosciente. Chi possiede questa fedeltà a se stesso troverà la via per uscire dalla
nevrosi. La fedeltà a se stessi è una funzione morale. Alla fine è il fatto morale a decidere tra salute e malattia. Significa falsa strada,
errore e malattia scostarsi dal presentimento del Sé, come senso intermedio in cui confluiscono le forze contrastanti che agiscono
sulla vita dell'uomo. Chi vi è costretto dai sintomi nevrotici e dai loro effetti su chi ha più vicino, deve integrare i contenuti inconsci
del Sé. Bisogna considerare certi pensieri come fatti naturali, dando attenzione anche a ciò che si dice in uno sfogo affettivo anche se
sembra stravagante, invece di dimenticarlo e sminuirlo, ed evitando di sostenere le opinioni non pensate ma aprioristiche, fisse e
sempre pronte perché fondate solo su premesse inconsce. Si può rivolgersi alla psiche inconscia che produce pensieri, fantasie e
comportamenti dannosi domandando in maniera personale, in modo da agevolare la relazione con essa e tanto più personalmente
questa viene trattata, tanto meglio.
Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Non emerge quasi mai nella mente di molte persone l'idea che possa essere necessario definire uno spazio, un tempo, un contesto e
una modalità al fine di conversare (...) Il genitore afferma: "Ogni sera ceniamo insieme, se mio figlio ha qualcosa a dirmi..." (...) Il
figlio sente di essere solo e poco compreso da parte di un genitore che non gli offre l'opportunità di un dialogo serio e costruttivo, ma
solo una generica presenza.

L’autostima nei bambini (F. Frascarolo-Moutinot)
Bisogna (…) evitare di spingere il bambino all’autonomia quando non è ancora pronto, per non rischiare che sviluppi un sentimento
di angoscia (…) Sollecitare eccessivamente un bambino può essere scoraggiante se l’obiettivo gli sembra fuori dalla sua portata. Ma
non stimolarlo per niente può essere percepito come un messaggio: “Comunque non ci riuscirai.” (…) L’importante è che rispettiate
vostro figlio tenendo conto del suo sviluppo, del suo modo di fare e di essere (…) Appena nato, il bambino è totalmente dipendente
da chi lo accudisce e la sua fiducia è riposta in voi. Sapere che può contare sul vostro sostegno, che lo proteggete, che non lo
abbandonerete gli permette di sentirsi al sicuro. La stabilità di cui date prova è un elemento essenziale per il suo sviluppo. Se siete
coerenti nel vostro atteggiamento verso di lui, potrà prevedere le vostre reazioni di fronte ai suoi diversi comportamenti. Poter
anticipare le vostre risposte gli darà un senso di controllo che lo renderà sicuro. Viceversa, se siete imprevedibili, il suo mondo gli
sembrerà caotico e incontrollabile. Si sentirà disarmato (…) Sapere che potrà trovare rifugio in voi, che lo consolerete, lo
rassicurerete, lo proteggerete e che può contare su di voi è fondamentale per la sua sicurezza affettiva. Il bambino interiorizzerà
questa sicurezza, la farà sua, e questo favorirà la sua indipendenza (…) L’ottimismo, un elemento fondamentale della fiducia in sé
stessi, è il risultato di un apprendimento (…) Il neonato è in grado di apprendere addirittura prima di nascere (…) Già a tre settimane,
riconosce il modo di fare del padre e quello della madre (…) Nel contempo, impara che può contare su se stesso e su di loro. Un
neonato (…) che piange senza essere consolato si percepirà come impotente e si rappresenterà il mondo come avverso e addirittura
ostile. Il neonato che ha visto i propri bisogni soddisfatti rapidamente e in modo adeguato avrà abbastanza fiducia in sé stesso e nei
suoi genitori per imparare a sopportare a poco a poco le frustrazioni che la vita comporta. Tali apprendimenti, all’inizio non verbali e
nemmeno realmente pensati, sono tuttavia fondamentali. Se il seguito della vita del bambino corrisponde ai primi mesi, queste prime
“credenze” resteranno in lui radicate. E saranno tanto più difficili da rimettere in discussione e da modificare perché non saranno
nemmeno state formulate verbalmente (…) Il bambino tende a considerarsi responsabile di ciò che gli accade (…) Il senso di
impotenza (…) intaccherà specificamente la sua fiducia in sé stesso: se non posso fare niente, non ho risorse e sono alla mercé degli
altri… (…) È importante ascoltare i suoi sentimenti e le paure che li accompagnano, accettandoli e parlandone insieme (…)“Non
essere triste, non c’è ragione di esserlo”. Questo genere di risposta produce generalmente l’effetto contrario a quello che ci si aspetta.
Il messaggio che il bambino riceve, e che confuta le sue emozioni, gli indica che ha torto a essere come è, e in ogni caso che il suo
modo di essere o di fare non va bene (…) Del resto, se a volte non approviamo le reazioni del bambino (urla di gioia, broncio, grida
di rabbia), possiamo esprimere la nostra disapprovazione sul suo comportamento, ma non sull’emozione che lo determina (…)
Condannare le emozioni di un bambino, equivale, in un certo senso, a lasciargli intendere che è lui a essere inadeguato. Questo
indebolisce la sua fiducia in sé stesso e verosimilmente la sua autostima (…) Incoraggiarlo a volere bene al suo corpo e a prendersene
cura aumenterà la sua fiducia in se stesso. Cominciamo dunque col rispettare anche noi il suo corpo! (…) È importante che il
bambino non interrompa il contatto con le sue emozioni, cosa che potrebbe essere indotto a fare per non entrare in conflitto con noi,
se sistematicamente pretendiamo di sapere meglio di lui ciò che prova (…) Adulti e bambini possiedono gli stessi diritti: pensare
liberamente, imparare, essere ascoltati e rispettati (…) Un figlio merita rispetto. Questo implica un riconoscimento del valore della
sua persona (…) della sua mente, dei suoi sentimenti e dei suoi desideri (…) Se percepisce che state male e voi lo negate, questo può
pregiudicare la sua fiducia in se stesso e in voi. Infatti, il divario tra ciò che il bambino percepisce e le vostre parole può generare
confusione, perché il bambino non sa più se deve credere a ciò che sente (state male, siete tristi o preoccupati) o a ciò che gli dite
(state bene). Se decide di credere alle vostre parole, deve mettere a tacere le sue sensazioni. Quindi non può fidarsi di ciò che sente e
in questo può perdere la fiducia in se stesso. Se sceglie di credere a ciò che percepisce, è in voi e nelle vostre parole che non può più
avere fiducia, il che è ugualmente preoccupante (…) Finirà allora per negare le sue sensazioni e, in questo modo, interromperà il
contatto con le sue emozioni. Oppure dirà a se stesso che sbaglia a provare ciò che prova e metterà in dubbio la sua capacità di
percepire. In entrambi in casi, sarà deleterio per la fiducia in sé stesso (…) Le sgridate e le prese in giro (…) finirebbero soltanto per
accrescere la sua sofferenza e la sua preoccupazione e rischierebbero di spingerlo a interrompere il contatto con le sue emozioni (…)
Con i bambini, soprattutto con i più piccoli, è meglio evitare l’ironia e i doppi sensi. Il loro sviluppo intellettuale, infatti, non li mette
in condizione di comprendere queste sfumature, perciò finiscono per ricevere un duplice messaggio: quello delle parole e quello delle
emozioni che le accompagnano. In questo caso, i due messaggi sono contraddittori e dunque fuorvianti (…) Le parole denigratorie e
svalutanti intaccano l’autostima indebolendo l’immagine che il bambino ha di se stesso e spingendolo a giudicarsi negativamente.
Inoltre, anche senza bisogno di parole, un atteggiamento irrispettoso, una mancanza d’interesse per ciò che il bambino fa, dice e
pensa, un’educazione improntata su un eccessivo controllo o, viceversa, su un esagerato lassismo possono compromettere la sua
fiducia in sé. Infine, una scarsa fiducia dei genitori verso se stessi o verso il bambino può influire negativamente su di lui (…)
Provare vergogna è un sentimento agli antipodi della fiducia in se stessi. Quando mi vergogno, vuol dire che la mia autostima è sotto
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i tacchi! Indurre il bambino a provare vergogna, ridicolizzarlo, a maggior ragione in pubblico, può avere degli effetti devastanti sulla
sua fiducia in se stesso. È meglio esprimere in privato la nostra disapprovazione sul comportamento o sull’atteggiamento che gli si
rimprovera, senza sgridarlo genericamente. Allo stesso modo, riferire all’altro genitore, quando torna a casa, tutti i guai combinati dal
bambino in sua assenza, può essere vissuto dal bambino come un’umiliazione (…) I piccoli atti di favoritismo dei genitori non
soltanto acuiscono la rivalità tra fratelli e sorelle, ma indeboliscono decisamente la fiducia del bambino (…) La persona timida manca
di sicurezza e di disinvoltura nei suoi rapporti con gli altri. Questa incertezza indica effettivamente una scarsa fiducia in sé stessi,
tuttavia è importante sottolineare che essa riguarda un ambito specifico, quello delle relazioni sociali. Evitiamo dunque, da un lato, di
etichettare il bambino come timido, rischiando che finisca per considerarsi tale e che rimanga ancorato a questa immagine di sé;
dall’altro, evitiamo di generalizzare questo tratto del carattere estendendolo ad altri e giudicando il bambino timido un bambino
pauroso (…) Una certa presunzione nasconde talvolta il tentativo di mascherare una scarsa autostima in un altro ambito (…) Talvolta
crediamo che la paura sia un buono stimolo per lottare e che, se non temessimo la sconfitta, ci lasceremmo andare e non
combatteremmo più. Ma lottare contro la paura costa molta energia, che potrebbe essere usata in modo più proficuo. Rafforzare il
desiderio di riuscire è più costruttivo e più efficace di mantenere o coltivare la paura del fallimento (…) Avere fiducia nel proprio
figlio non significa pensare che non conoscerà mai degli insuccessi o che non abbia difetti, ma vuol dire credere che, in qualsiasi
circostanza, qualsiasi cosa abbia fatto o sia successa, potrà riprendersi e cavarsela (…) Qualunque sia il livello di fiducia in sé di un
individuo, bambino o adulto, esso può essere modificato.

Dialoghi ininterrotti (P. Bastianoni)
I bambini, specie i più piccoli, (...) non hanno gli stessi strumenti degli adulti (...) e non conoscono nè usano astrazioni per
denominare emozioni e stati d'animo, nè si rendono conto che le loro reazioni sono connesse alla perdita. Inoltre certe emozioni sono
così profonde che non sono accssibili al linguaggio (...) I bambini parlano con il corpo, con il goico, con il disegno (...) Come scrive
De Intinis, "il genitore che è in grado di dare ascolto al figlio e di consentirgli di esprimere i propri sentimenti, lascia aperta per il
bambino la possibilità di continuare il lavoro interno e cioè il processo che consente di mentalizzare il dolore, il ricordo" (...) Libri e
narrazioni possono facilitare la comunicazione e la circolazione delle mozioni più difficili da comunicare (...) L'adulto deve offrire
uno spazio contenitivo, protettivo e dialogante perchè ogni spavento abbia la possibilità di trasformarsi in riflessione (...)
Nulla comunque è peggio della trascuratezza: la mancanza di disciplina rende infelici, privi di riferimenti, perennemente insoddisfatti
(...)
I bambini conquistano maggiori competenze linguistiche se gli adulti (...) replicano con risposte specifiche e contingenti (...)
Comandi dati in maniera diretta, secca e dura senza motivarli (...) presentano il problema che i figli li imitano e imparano a d essere
aggressivi. Inoltre motivare i comandi è un modo di (...) fare sentire partecipi del disegno familiare che sta dietro alle regole (...) I
piccoli con genitori pronti a rispondere ai loro bisogni non diventano viziati, ma al contrario sono più equilibrati anche da grandi (...)
Se il genitore è aggressivo (...) nel figlio può anche maturare un rifiuto del genitore, che per lui diventa praticamente un estraneo (...)
Alcuni genitori spiano i figli, (...) ma ciò mai dà buoni risultati (...) Per chi è dominato non c'è spazio di trattativa e non resta che la
fuga (...) Solo i figli che amano la vita domestica, e proprio perchè hanno un ancoraggio forte alla vita in famiglia, si avventurano
serenamente nel mondo esterno e diventano gradatamente indipendenti (...) Soprattuto i figli non vanno esposti sconsideratamente ad
ambiguità e contraddizioni.
La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
Quando (…) non si dispone di adeguati strumenti linguistici, quando le parole fanno paura, e più di tutte proprio le parole che dicono
la paura, la fragilità, la differenza, la tristezza, quando manca la capacità di nominare le cose e le emozioni, manca un meccanismo
fondamentale di controllo sulla realtà e su se stessi. La violenza è uno degli esiti possibili.
Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
L’impalcatura umana essendo quella che è – e cioè cuore, corpo, cervello, tutti mescolati insieme e non sistemati in compartimenti
separati come senza dubbio saranno tra un milione di anni – una bella cena è molto importante per una buona conversazione. Non si
può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è cenato bene (…) La vita, per ambedue i sessi – e li guardai che si facevano
strada a fatica lungo il marciapiede – è ardua, difficile, una lotta senza fine. Richiede un coraggio e una forza giganteschi. Più di ogni
altra cosa forse, per creature dell’illusione quali noi siamo, essa richiede fiducia in se stessi. Privi di fiducia in noi stessi siamo come
neonati nella culla.
Marte di ghiaccio e Venere di fuoco (J. Gray)
In alcuni casi è un comportamento appreso nell’infanzia. Se una ragazza cresce in una famiglia in cui i sentimenti sono dileggiati o
accantonati, imparerà a sopprimere questa parte femminile di sé. Parimenti, se un ragazzo cresce in una famiglia in cui la virilità è
distruttiva, in mancanza di un modello di ruolo positivo tenderà a legarsi di più a sua madre e a diventare meno virile, oppure avrà la
reazione opposta e diventerà più macho (…) Una donna che ha perso la rotta non capisce neppure che ciò di cui ha realmente bisogno
è essere ascoltata, quindi non si sforza di richiedere ascolto: anzi si isola e si sente sempre più sopraffatta dal lavoro e dallo stress
accumulato. Ha preso le distanze dall’amore? No, ma non ottiene ciò che desidera e che le serve (…) La caverna di Venere non è una
caverna maschile. Una caverna maschile serve a ritemprarsi per affrontare il mondo esterno, una caverna di Venere serve a isolare la
donna (…) Mancando di esperienza nel condividere parole ed emozioni per allievare lo stress, prova un bisogno ancora più forte di
aggrapparsi al proprio lato maschile, quello che vuole risolvere problemi. Perché ha troppo da fare, vede il dialogo come una perdita
di tempo: perché non ha ancora scoperto quant’è appagante sentirsi pienamente ascoltata (…)
Se l’uomo non è capace di togliersi dalla mente i pensieri, avvertirà l’esigenza di parlarne, uscendo così dal ruolo di marziano. Forse
parlare lo farà star bene sul momento, ma non lo aiuterà a liberarsi dallo stress.

Marte e Venere si innamorano di nuovo (J. Gray)
La facoltà di provare emozioni è fortemente influenzata dai genitori, dalla società e dalle prime esperienze infantili (…) Da adulti
reprimiamo certi stati affettivi perché da bambini non ci sentivamo abbastanza protetti se avessimo espresso certe emozioni e i modi
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automatici per gestire le emozioni da adulti vengono, in realtà, appresi in tenera età. Quando da bambino non ci si sente protetti tanto
da manifestare emozioni particolari, impariamo ad affrontare le situazioni stressanti soffocando quello che proviamo (…) Senza la
protezione necessaria a esprimere ed esplorare i sentimenti quando si è bambini, non impariamo veramente ad attraversare le
emozioni negative che ci conducono alla positività di comprensione, accettazione, gratitudine e fiducia (…) Da adulti però possiamo
scegliere di creare un ambiente adatto per curare il dolore, scegliere amici che non ci giudichino (…) e che siano in grado di assisterci
nella scoperta e nell’esplorazione di ciò che proviamo: non è mai troppo tardi per imparare a trasformare le emozioni negative in
positive (…) E si può anche crescere in modo inaspettato (…) Il problema più grande provocato dalle emozioni negative è la loro
irrazionalità: si basano per la maggior parte su convinzioni errate e, per liberarcene, dobbiamo innanzitutto percepire le emozioni che
a esse sono legate (…) Anche se parlarne rinnova il dolore, aiuta però ad attenuarlo (…) Dobbiamo accogliere tutte le emozioni
negative (…) Dopo una perdita è necessario reagire ai quattro modi con cui la mente tende a sopprimere le nostre emozioni, ovvero
negazione, giustificazione di chi ci ha abbandonato (…), razionalizzazione dell’abbandono con varie ragioni e l’autoaccusa (…)
Dobbiamo invece lasciar emergere ed elaborare quattro emozioni risanatrici: rabbia, tristezza, paura e rimpianto (…) Provare rabbia
significa riconoscere a livello emotivo che non abbiamo ricevuto quello che volevamo (…) Dopo una perdita, invece di dar libero
sfogo alla rabbia, è possibile restare bloccati in uno stato di intorpidimento, inerzia e apatia. La rabbia ci fa reagire all’indifferenza, ci
ricollega alle passioni per l’amore e la vita (…) e aiuta ad aprirci a nuovi bisogni (…) e nuove fonti (…) La tristezza ci consente di
esprimere a livello emotivo che cosa non è accaduto che volevamo accadesse (…) e di arrenderci di fronte a ciò che è accaduto
accettando gradualmente la perdita (…) per rivolgere le aspettative a quel che è possibile nel presente (…) La paura non è un
presagio di disgrazia, ma il riconoscimento a livello emotivo di quanto non vogliamo che accada, (…) di cosa abbiamo bisogno e su
cosa possiamo contare adesso, il che ci aiuta ad aprirci per ricevere aiuto e ci riempie di coraggio e gratitudine, (…) mentre adattiamo
le esigenze a quel che è disponibile (…) Il rimpianto ci consente di esplorare che cosa può accadere e che vorremmo accadesse (…) e
ci aiuta ad accogliere la compassione necessaria a sanare le ferite (…) La consapevolezza riguardo queste quattro emozioni ci aiuta a
esplorare i sentimenti per curare le nostre ferite e quando se ne trascura anche una sola, tale negligenza può ritardare o persino
bloccare il processo di guarigione (…) Evitando le emozioni negative del passato a poco a poco perdiamo anche la capacità di
esprimerle nel presente (…) e di vivere quelle positive (…) Un uomo può non saper sopportare tristezza e delusione nella attuale
partner se tali sentimenti sono ancora irrisolti in se stesso (…) Accade anche che se una ferita passata è ancora aperta, tendiamo ad
attrarre ed essere attratti da persone che ci feriscono di nuovo (…) Oppure un uomo può non saper riconoscere come sentimenti del
passato il senso di inadeguatezza che prova con il nascere dell’intimità con una nuova partner e può quindi attribuire la causa a lei e
rimproverarla a torto (…) o può passare da una relazione superficiale all’altra o vivere a lungo di rapporti sessuali vuoti di reazione
(…) e comunque costruirsi sulle donne generalizzazioni riduttive e negative (…) Invece una donna che non elabora la paura di
abbandono e rifiuto scaturita dai momenti in cui si è sentita ferita, tradita e delusa dai genitori nell’infanzia, (…) può avere tale
inconscia paura dell’intimità da diventare ipercritica ed esigente appena una relazione si fa più intima (…) o sentirsi attratta in modo
automatico solo da uomini non disponibili o non adatti (…) Quando una donna poi non è in contatto con i propri sentimenti, desidera
ardentemente un uomo che lo sia, credendo erroneamente che se sa aprirsi lui, anche lei ne sarà capace, (…) mentre una donna per
riuscire ad aprirsi ha bisogno (…) non di un uomo sensibile e basta, ma di un uomo sensibile verso i sentimenti della sua compagna,
(…) cioè di un uomo rispettoso (…) Una altra donna le cui emozioni sono soffocate dalla propria interiorità (…) perde la ricettività e
può sentire il bisogno di provare una tensione sensazionale per riuscire a mettersi in contatto con i propri sentimenti e sentirsi viva
(…) e quindi crede di conoscere un uomo prima del tempo e (…) prova attrazione sessuale per un uomo subito, troppo presto per
come sono strutturate le donne, (…) rimanendo ogni volta delusa (…) E se una donna non elabora le emozioni legate alla sua scarsa
autostima, può pensare di valere solo per i favori sessuali che può elargire e (…) credersi in dovere di fare sesso (…) o di uscire solo
con un uomo alla volta (…) Essa arriverà a far dipendere dall’affetto di un uomo la sua autostima, preparando probabili sofferenze
nel suo futuro (…) Accade anche che finché noi ricacciamo indietro rabbia e paura, non riuscendo così a esprimere e provare fino in
fondo la tristezza, il dolore si trasforma in autocommiserazione: le lacrime allora non danno alcun sollievo, (…) possiamo sentirci
vittime tutta la vita (…) e in più pieni di rancore (…) e gravati dai sensi di colpa che esso genera (…) Il rimprovero non è
un’espressione di dolore automatico (…) Rimproveriamo ad esempio un partner non per quello che ha davvero fatto, ma perché ci
sentiamo impotenti, bloccati dalla rabbia e dalla tristezza (…) Le espressioni di rimprovero stesse ci fanno sentire bloccati e (…) ci
impediscono di staccarci dall’offesa (…) fino a quando chi ci ha offeso non vorrà cambiare (…); solo le manifestazioni di dolore
autentico ci connettono con la nostra passione (…) Dobbiamo riconoscere di avere il potere di superare il dolore e non darne oltre la
responsabilità a chi ci rifiuta (…) Dobbiamo mantenere un atteggiamento esente da vittimismo mentre nello stesso tempo lasciamo
emergere i sentimenti del passato come vittime (…) Possiamo davvero riuscire a superare il passato elaborando fino in fondo rabbia,
paura, tristezza e rimpianto (…) Ci vuole tempo: per ogni due passi avanti si fa un passo indietro (…) e ogni problema (…) o
immagine di sé nasconde altro (…) Diamo allora a noi stessi l’aiuto che vorremmo offrire a qualcun altro in preda a dolore.
Spesso i consigli degli amici (…) o quelli della propria mente sono controproducenti (…) Malgrado le affermazioni della mente siano
senza dubbio ragionevoli, (…) respingono i sentimenti che hanno ancora bisogno di esprimersi (…) Quando la mente è pronta ad
accettare la perdita e ad andare avanti, il cuore ha bisogno almeno di diversi altri mesi (…) Piuttosto che cercare di sbarazzarsi delle
emozioni negative o di cercare di esprimere quelle che si prova al momento, è utile espandere la consapevolezza per includerle tutte e
quattro quelle riparatrici (…) e quando soprattutto si resta bloccati su un’emozione, spostarsi su quella successiva (…) Ad esempio
bilanciando le paure con un’espressione di rabbia, l’ansia se ne va (…) Sopprimere la rabbia fa sentire più paurosi (…) e la paura, il
lutto, il rimpianto possono d’altra parte sembrare senza fine senza il potere e la chiarezza che provengono dalla rabbia (…) a una
donna che non ha dato sfogo alla propria rabbia, tenderà alla depressione, alla diffidenza e alla rigidità.

Le guerre del mondo emerso (L. Troisi)
“Ho avuto da mio padre solo il suo sguardo gelido e il suo disprezzo” (...) “Pensavo (…) di essermi spinto troppo oltre per poter
tornare quello che ero, ma non era vero” (…) Arrossì e provò disgusto per se stesso, poi suo padre sorrise come un adulto ai discorsi
insensati dei bambini (…) e quando lui disse: “Sei un vigliacco che ammanta la sua paura di sciocchi ideali”, lui si sentì fiorire in
petto l’odio che cercava. “Io non sono come te”, disse fermo. Non poteva più permettergli di trattarlo così, doveva sciogliere i legami
con lui. “Tu mi hai fatto vivere nella paura e nel disgusto di me stesso”. Erano parole che aveva rimuginato per anni senza riuscire a
pronunciarle. Si sentì sollevato non appena le ebbe dette. Lo guardò: un vecchio. Anche per lui basta una lama (…) Un ometto che
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forse poteva schiacciarlo, ma che presto avrebbe visto la delusione delle sue certezze e aspirazioni. Non ebbe più paura, era libero da
suo padre.

Cronaca di una morte annunciata (G. Garcia Marquez)
E allora vide sua madre per quello che era, una donna sciocca invecchiata nel culto dei suoi difetti (…) La odiava (…) e non
riconobbe più altra autorità che la propria (…) Divenne una donna matura, lucida (…) Era irriconoscibile per chi non l’aveva
conosciuta bene un tempo (…) Era stata considerata una ragazza povera di spirito.

Jane Eyre (C. Brontë)
- Sono infelice… molto infelice per altre cose
- Quali altre cose?
Quanto desideravo rispondere esaurientemente a questa domanda! E come era difficile mettere insieme una risposta! I bambini
possono sentire, ma non analizzare i loro sentimenti; e, se l’analisi può anche essere condotta mentalmente, non sanno come
esprimere in parole il risultato del procedimento. Tuttavia, temendo di perdere questa prima e unica occasione di sfogare un po’ il mio
dolore comunicandolo dopo una certa inquietudine riuscii a imbastire una vaga ma, per quel che mi era possibile, franca risposta (...)
Che creatura vile e miserabile aveva fatto di me la paura delle punizioni ingiuste! Non osavo tornare di sopra e non osavo entrare.
Rimasi per una decina di minuti preoccupata e incerta (…) ** stava seminando avversione e antipatia sul mio futuro (…) Il tono di
tutta la conversazione crudele e offensiva era vivo nel mio animo. Avevo sentito ogni parola ferirmi netta e distinta (…) Mi alzai e mi
avvicinai alla porta: poi tornai indietro, mi avvicinai alla finestra, attraverso la sala e mi accostai a lei. Dovevo parlare. Raccolsi tutte
le mie energie e pronunciai un’unica frase (…) Scossa da un fremito incrollabile continuai (…) Il mio animo parve espandersi,
esultare. Mi sentivo come liberata (…) Urlai furibonda, con furia selvaggia (…) Uscita incontrai *** (…) Dopo il mio scontro con **
non ero più disposta a dar molto peso agli umori passeggeri della bambinaia. Ero pronta a scaldarmi alla fresca leggerezza del suo
cuore (…) La abbracciai. Fu un gesto più spontaneo e disinvolto del solito (…)
Mi ritrovai davanti alla stessa casa ostile (…) Il mio futuro era ancora incerto, ma avevo raggiunto una maggiore fiducia in me stessa
e nelle mie forze e la paura dell’oppressione mi spaventava meno (…) Le donne hanno un particolare modo per farvi capire che vi
considerano una cafona (…) senza che esse debbano compromettersi con qualche esplicita cortesia. Comunque uno scherno, palese o
camuffato che fosse, non aveva più su di me il potere che aveva un tempo (…) Ero sorpresa nell’accorgermi di quanto mi sentissi a
disagio sotto la completa indifferenza dell’una e le attenzioni quasi sarcastiche dell’altra (…) Il fatto è che avevo altre cose cui
pensare; negli ultimi pochi mesi si erano agitati in me sentimenti molto più acuti e sottili di quelli che esse potevano infliggermi o
concedermi (…) Mi alzai senz’altro, mi tolsi tranquillamente il cappello e i guanti senza essere stata invitata a farlo (…) Un anno
prima, se fossi stata ricevuta come lo ero stata quel giorno, me ne sarei andata il mattino dopo; ma adesso mi parve d’un tratto
evidente che sarebbe stata una sciocchezza. Avevo fatto un lungo viaggio ed ero lì per un motivo: quanto all’orgoglio e alla stupidità
delle due, dovevo metterli da parte e non esserne schiava.

Racconti della valle dei Mumin (T. Jansson)
Dietro di lei nella casa qualcosa stava andando in pezzi (...) E la cosa più incredibile era che improvvisamente si sentì al sicuro, una
sensazione strana e nuova (...) Perché doveva preoccuparsi ancora? La catastrofe era finalmente avvenuta (...) Ora non avrò più
paura, disse a se stessa. Ora sono libera (...) Cosa si può riparare e ricucire dopo tutto questo? Tutto è stato ripulito e spazzato via!

L'uomo che sussurrava ai cavalli (N. Evans)
Se quello che resta è solo dolore è meglio andarsene (...) Ma ** ha deciso di procedere fino alla fine del burrone, ha visto quello che
c'era al di là e ha deciso di accettarlo. Quello che gli è appena successo, lì disteso nella polvere, è stata la cosa peggiore che potesse
immaginare. Ma lui ha capito che poteva sopportarla (...) A volte quella che sembra una resa non lo è affatto (...) Significa invece
vedere con chiarezza di cosa è fatta la vita, accettarla e viverla con coerenza, qualunque siano le conseguenze, perché si crede che
non viverla sarebbe peggiore (...) *** aveva pianto, dando sfogo al suo dolore (...), ma nella quiete dopo la tempesta *** aveva
riflettuto sulla propria esistenza e deciso, come **, di accettarla. In quel momento *** era diventata adulta.

Breve la vita felice di Francis Macomber (E. Hemingway)
Già prima aveva visto gente farsi adulta (…) C’era voluta una caccia stranamente fortunata, un’improvvisa precipitazione nell’azione
senz’aver il tempo d’impressionarsi (…) Può darsi che ora la finirà di essere cornuto (…) Doveva aver avuto paura per tutta la vita.
Ma adesso non più. Col bufalo non aveva avuto tempo di avere paura. Questo e anche perché era arrabbiato. E anche perché c’era
l’automobile. Con l’auto era una cosa più familiare (…) Lui aveva visto in guerra succedere cose simili (…) Ci si toglie la paura
come un’operazione.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Ora, piano piano con delicatezza, *** andava districando il viluppo della coscienza di ** e sua, spezzando delicatamente i filamenti,
a uno a uno, con pazienza, ma non vedendo l’ora di sbarazzarsene (…) Voleva sbarazzarsi di lui, (…) della sua sconfinata, monotona,
meccanica ossessione per se stesso e per le proprie parole (…) E poi, mentre se ne stava lì, così immobile e sola, le parve di
abbandonarsi alla corrente del suo vero destino. Era stata legata a una corda, scossa e sballottata come una barca agli ormeggi; adesso
andava, libera, alla deriva (…) Ed era strano quanto la facesse sentire libera e traboccante di vita il fatto di odiarlo e di confessarlo a
se stessa…” Ora che l’ho odiato, non potrò più continuare a vivere con lui”, fu il primo pensiero che le balenò alla mente.

Albert Einstein
L’ottimismo è il fondamento del coraggio.

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Il miglior rimedio contro l’atteggiamento timido è la fiducia: perché anche il viso più soggetto alle reazioni emotive ha il grande
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sostegno della buona coscienza.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
In età evolutiva è difficile far emergere le esperienze d'ansia (...) da quanto il bambino è capace di riferire (...) Alcuni studi indicano i
7/8 anni come l'età soglia per un'acquisizione di una maggiore consapevolezza dei propri processi di pensiero e della capacità di
prestare attenzione al proprio dialogo interno (...) I bambini gravemente internalizzati (...) sembra facciano anche in seguito però
fatica a esprimere e forse anche a pensare a un desiderio (...) Alti livelli di fobia/ansia sociale correlano spesso con scarse capacità
(...) di provare a fare le cose e di esprimere opinioni, bisogni, sentimenti, (...) e con un'eccessiva consapevolezza di sé ma nel senso
del vedersi agire che priva di naturalezza (...) I comportamenti negativi si verificano in assenza di capacità comunicative (...) e
assumono un significato comunicativo (...) Questo va sotto il nome di "ipotesi comunicativa" (...) Laddove c'è un sintomo c'è una
particolare area emotiva scarsamente riconosciuta e articolata nel legame con una figura d'attaccamento (...) E quando un
comportamento/sintomo sul momento funziona, si ripeterà in futuro (...) Insegnare a esprimersi (...) e insegnare strategie più adeguate
di comunicazione (...) probabilmente ridurrà questi comportamenti (...) soprattutto se si agisce in modo che essi non vengano
rinforzati.

Tipologia psicologica in Tipi psicologici (C. G. Jung)
Avere uno o più complessi non implica necessariamente l’esistenza di uno stato di minorazione, bensì sta ad attestare che esiste
qualcosa di disarmonico, di contrastante che forse è un ostacolo, ma anche uno stimolo a compiere un più grande sforzo e con questo
può rappresentare una nuova possibilità di successo. Sotto questo aspetto i complessi sono perciò proprio il nucleo centrale della vita
psichica e non debbono mancare, altrimenti l’attività psichica cadrebbe in un fatale letargo. Essi invece indicano i problemi che
l’individuo non ha saputo risolvere, il punto dove egli ha subìto, almeno provvisoriamente, una disfatta.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
In un primo tempo la richiesta dell’inconscio opera come un veleno paralizzante (…) L’assalto dell’inconscio può però convertirsi in
fonte di energia per un conflitto eroico (…) Stimola alle imprese più alte.

Saggio su Alice nel Paese delle Meraviglie nell’edizione Microbi a cura di Mario Turci
Nel mondo dell’avventura di Alice (...) l’esame del mondo è la prova stessa sulla quale essa può prendere coscienza della sua
diversità (…) Il corpo di Alice gioca l’esperimento della sua identità sui poli opposti ma correlati del disordine e dell’ordine, dove al
primo sono associati i processi di labilità dimensionale e al secondo le tappe di conquista di quell’esserci che si traduce nella capacità
di “parola” e nei simboli di ciò che Alice sente come necessaria affermazione di sé.

B. Tracy
Qualunque cosa sulla quale indugiate nell’inconscio germoglia nella vostra esperienza.

R. Holliwell
Non aspettatevi mai una cosa che non volete e non desiderate mai una cosa che non vi aspettate

Come funziona la legge d’attrazione (M. J. Losier)
Se la vostra vita è insoddisfacente è il momento di utilizzare la legge d’Attrazione in modo consapevole. Osservando quel che volete
(…) e facendone una lista con precisione (…) vi chiarite le idee su ciò che volete (…) Fate una lista dettagliata dei vostri desideri
(…) I desideri devono essere realizzabili (…) e occorre rimuovere le convinzioni limitanti perché i dubbi smettano di creare
resistenza e di annullare la forza del desiderio (…) Cominciate col chiedervi se c’è qualcuno che sta facendo quello che volete fare
voi (…) Ricordate che la Legge d’Attrazione reagisce all’attenzione e a come vi sentite, non ai desideri.

M. Twain
Per capire ciò che vuoi, inizia scartando ciò che non vuoi.

Tracciare il limite (P. Goodman) in Ribellarsi è giusto
Il libertario manifesta la sua natura con molto più vigore di noi educati all’uniformità. (…) Possiamo immaginarci un uomo che abbia
bisogno di più tempo di noi per cristallizzare il proprio ego, (…) operando con forze che vanno al di là di quelle di cui noi ci siamo
accontentati (…) A ognuno sembra che il punto dove tracciare il limite sia la cosa più importante perché (…) i conflitti interni
cominciano a emergere quando cerchiamo di definire questo limite (…) Un uomo libero (…) in realtà non traccia un limite alle
assurde condizioni e (…) considera le sanzioni coercitive non diversamente dalle altre forze distruttive della natura bruta: da evitare
prudentemente. Un uomo libero che si crea le proprie idee chiare e distinte e da queste procede, può facilmente conservare
nell’animo molte contraddizioni evidenti; è sicuro che si risolveranno; un sistema aperto è il sistema migliore. Ma guai se al
contempo viene convinto da meri pregiudizi e ingabbiato da mere abitudini, perché allora un giorno o l’altro dovrà tracciare anche lui
un limite. (…) Nessuna linea in sé è difendibile dal punto di vista logico. Ma la correttezza della direzione che si è scelta apparirà con
maggiore chiarezza un passo dopo l’altro, un colpo dopo l’altro.

Intrecci. Sociologia e antropologia per terzo e quarto anno del liceo delle scienze umane
Dobbiamo fare nostro il punto di vista dell'altro, (...) ma se dopo aver conosciuto e compreso, continuo a non essere d'accordo, (...) ho
il diritto di sostenere la mia idea, (...) anzi ciò può diventare un dovere morale, (...) altrimenti cadrei nell'errore nichilista di accettare
tuttto e dire che tutto va bene.
La fermezza del saggio (L..A. Seneca) (cit. riportata senza indicare quando tra le frasi trascritte ce ne sono nell’originale delle altre)
Non è virtù sopportare ciò che non si sente, ma il saggio danneggiato soffre senza turbamento almeno. Il saggio non sa vivere nel
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timore e nella speranza di qualcosa dagli altri. Non è turbato dalle offese degli inferiori e degli altri in genere,perché ha fiducia in se
stesso e chiede a sé ogni bene. Ride egli stesso dei suoi difetti fisici e comprende i suoi limiti. Inoltre è sempre consapevole della
stoltezza di chi offende a caso e vince le offese nella loro totalità,perché uguale è la natura loro e di chi le fa. Inoltre egli sa che è un
tipo di vendetta togliere a chi offende il piacere di vedere la reazione di dolore o indignazione dell’offeso. Non accorgersi o fingere di
non essersi accorti di un’offesa può essere una vendetta oltre che un atto prudente. La libertà non sta nel non subire nulla di male e
non soffrire mai un danno,ma nell’innalzare l’animo al di sopra delle offese per non dovere essere sempre inquieti e temere il riso di
tutti.

Civiltà in transizione: dopo la catastrofe (C. G. Jung)
Per coloro che sono legati, l’elemento liberatorio è dato dal riconoscimento obiettivo del proprio mondo e del proprio essere fatti così
(…) per i prigionieri, il deserto sconfinato è un paradiso (...)
Il vero vantaggio per l’artista è la sua relativa incapacità di adattamento.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Vivere, errare, cadere, trionfare, ricreare la vita dalla vita! Un angelo selvaggio gli era apparso (...) in un nuovo mondo (...)
Gli parve (…) di vedere (…) una profezia del fine che era nato per servire (…), un simbolo dell’artista (…), un nuovo essere alato
(…) La sua anima fuggì in volo. (…) Il corpo (…) era purificato (…), liberato da ogni incertezza e reso raggiante e misto
dell’elemento dello spirito (…) Questo era il richiamo della vita alla sua anima, non la sorda voce brutale del mondo di doveri e di
disperazioni, non la voce disumana che lo aveva chiamato al pallido servizio dell’altare (…) Dove era l’anima che aveva esitato
dinanzi al suo destino, per (…) regnare nella sua dimora di squallore e sotterfugio (…) ? Dove era quel suo io? (…)
Aveva udito intorno a sé in continuazione le voci del padre e degli insegnanti, che lo esortavano a essere (…) soprattutto un buon
cattolico. (…) Aveva udito un’altra voce esortarlo a essere forte, virile e sano (…) Un’altra voce ancora gli aveva ordinato a essere
fedele al suo Paese (…) Una voce mondana gli avrebbe ordinato di risollevare con il suo lavoro la condizione del padre e, intanto, la
voce dei ragazzi a scuola lo esortava a essere un buon compagno (…) Queste voci gli suonavano ormai vacue nelle orecchie (…) Era
lo strepito di tutte queste voci vacue che lo faceva fermare indeciso nel suo inseguimento di fantasmi (…) Niente del mondo reale lo
muoveva o gli parlava, se non udiva in esso un’eco delle sue furibonde urla interiori. (…)
L’anima (…) ha una nascita lenta e oscura, più misteriosa della nascita del corpo. Quando nasce (…) le vengono gettate reti per
impedirle di fuggire (…) Io cercherò di fuggire a quelle reti (…)
Era sfuggito alle sentinelle che avevano fatto la guardia alla sua adolescenza (…) per asservirlo ai loro fini (…)
“Questa razza, questo paese e questa vita mi hanno prodotto” disse. “Esprimerò me stesso come sono” (…) Non servirò (…) cercherò
di esprimere me stesso in qualche modo di vita o di arte il più liberamente e il più compiutamente possibile.

Citazione di Charles Tart in L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione (J. Levey)
Questo è il significato della crescita e dell’elevazione della coscienza…Prendere delle funzioni che andavano avanti in modo
automatico e che spesso si rivelavano contraddittorie sia a noi stessi che a un osservatore esterno, renderle più consce, più coerenti,
ed essere sempre meno vittima dell’automatizzazione e più una persona che comprende il suo proprio meccanismo psichico e che,
consapevolmente, lo controlla.

Psicoanalisi dell’amore (E. Fromm)
Una delle ragioni per cui moltissimi falliscono nella vita è che essi non sono consci del momento in cui sono ancora liberi di agire
secondo ragione, e sono consci di scegliere soltanto nel momento in cui è troppo tardi perché prendano una decisione (…) C’è un
altro problema (…) Il grado della nostra capacità di operare scelte varia con ciascun atto, con il nostro modo di vivere. Ogni passo
nella vita che aumenti la fiducia in me stesso, la mia integrità, il mio coraggio, la mia convinzione, aumenta anche la mia capacità di
scegliere l’alternativa desiderabile (…) D’altro canto, ogni atto di resa e di codardia mi indebolisce, apre la via ad altri atti di resa, e
alla fine la libertà è perduta (…) Dobbiamo non fare assegnamento su nessuno che ci salvi, ma dobbiamo essere consci del fatto che
le scelte sbagliate ci rendono incapaci di salvarci (…) Nella vita pratica il grado di libertà di scelta è diverso ad ogni istante (…) Se è
basso, richiede un grande sforzo, aiuto dagli altri, e circostanze favorevoli (…) La prima vittoria rende più facile la successiva (…)
Ad ogni passo, lungo la strada sbagliata, diventa sempre più difficile ammettere di essere sulla strada sbagliata, (…) perché si deve
ammettere (…) il fatto di aver sprecato tempo ed energia (…) Determina ampiamente la capacità di scegliere la consapevolezza delle
scelte alternative concrete di contro a quelle alternative che sono impossibili perché non fondate su possibilità concrete (…) La
possibilità concreta è quella che si può materializzare, considerando la struttura totale delle forze che interagiscono in un individuo o
in una società (…) È il contrario di quella fittizia che corrisponde ai desideri (…) ma che, date le circostanze esistenti, non può mai
essere realizzata (…) “L’uomo” è influenzato da numerosi fattori: (…) classe, società, famiglia e da condizioni ereditarie e
costituzionali (…) Se non si va oltre gli accomodamenti superficiali che simboleggiano la buona volontà ma non significano una
penetrazione nelle alternative date e nelle loro rispettive conseguenze, allora la nostra libertà di scelta svanirà (…) La possibilità di
libertà consiste precisamente nel riconoscere quali sono le possibilità reali tra cui noi possiamo scegliere, e quali sono le “possibilità
irreali” che costituiscono i nostri vagheggiamenti, per cui cerchiamo di risparmiarci il compito spiacevole di decidere tra alternative
(…) reali (…) che richiedano intuito e sacrifici (…) Noi ci sottraiamo al fatto che queste possibilità irreali non esistono, e (…)
l’inseguirle è una cortina fumogena dietro la quale il destino prende le sue decisioni (…) Libertà può definirsi (…) agire sulla base
della consapevolezza delle alternative e delle loro conseguenze (…) Il compito dell’uomo, il suo fine etico, è precisamente quello di
ridurre la determinazione (…) mediante l’autocoscienza (…) La libertà non è qualcosa che ci è dato, (…) è qualcosa che entro certi
limiti noi possiamo acquisire con l’intuito e con lo sforzo, (…) se abbiamo fermezza e consapevolezza (…) se l’uomo si applica con
più fatica di quanto non intende fare la maggior parte degli uomini (…) Salvezza significa conquista della libertà mediante la
consapevolezza e la fatica (…) La coazione ad agire in certi modi irrazionali, e quindi distruttivi, può essere mutata dall’auto-
coscienza e dallo sforzo, (…) che permettono di curare la nevrosi (…)
Coloro nei quali predomina ancora l’amore per la vita, avranno uno shock quando scopriranno di essere vicini alla “valle dell’ombra
della morte”, e questo colpo potrebbe ridestarli alla vita.
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Le guerre del mondo emerso (L. Troisi)
Per come la conosceva, la vita era semplice, brutale. Ora però quando un singolo gesto poteva darle la morte e la separava dalla
conclusione della storia, sentiva di non poterlo fare. Qualcosa in lei desiderava ancora vivere come se potesse esserci un futuro
diverso dal passato, come se avesse potuto riavere quanto aveva perso (…) Una speranza disperata come tutte le speranze. Un
irragionevole desiderio di andare oltre fino in fondo. Capì che erano la sua natura, la somma delle sue esperienze e il suo destino ad
aver scelto per lei (…)
Non poteva più tollerarlo. Non poteva più abbassarsi a tanto per la semplice sopravvivenza, non ora che aveva visto altro fuori dalle
mura delle sua prigionia. E poco importava che quel mondo nuovo le fosse precluso, (…) esisteva (…) Chiuse gli occhi per non darle
la soddisfazione di vederne il dolore (…) Poi l’orrore sopraffece ogni dolore e si sentì nella morsa della paura. Ma c’era qualcos’altro
che prima non conosceva. “No”, urlò (…) Non si addormentò, le faceva male tutto, ma le sembrava che una piccola parte del peso
che le gravava il cuore fosse scomparsa (…) Aveva finalmente preso una decisione. Era giunta improvvisa, frutto del dolore e della
frustrazione (…) Per quasi dieci anni era andata avanti senza attendersi nulla, senza neppure tentare di interrompere il flusso
inarrestabile degli eventi, perché resistere non aveva senso e forse era giusto così. Ma era giusto anche rimanere lì e lasciare che la
sua vita si consumasse in un gesto inutile per lei e per gli altri? Doveva credere che tutto fosse finito solo perché aveva perso la
speranza? Sarebbe scappata.
Finalmente aveva un obiettivo tutto suo. La prossima volta avrebbe sputato tutto (…) Si finse stordita per studiare i suoi aguzzini e
trovarne i punti deboli, restando sveglia anche se esausta (…)
La guardò e vide solo una vecchia fanatica accecata dall’odio (…) Ora qualcosa in lei si era sbloccato (…) Era pronta a decidere, a
prendere in mano la sua vita (…) Doveva controllare la rabbia per riuscire (…) “Ora che ho qualcosa per cui vivere, posso anche
morire” (…)
La vita aveva smesso di essere per lui un destino immutabile. Per questo ricacciò indietro la paura (…)
Non aveva la più pallida idea di dove iniziare. Come si cerca qualcosa che non si sa che aspetto abbia e magari non è dove si sta
cercando? Tu cose del genere non ne hai mai fatte, è inutile (…) Ebbe un moto di rabbia. No! Era proprio per evitare quello stupido
vittimismo che era partita (…)
Inginocchiarsi è un’abitudine che si prende troppo facilmente.

Il lupo dei mari (J. London)
La durezza di questi uomini, cui l’organizzazione industriale dava diritto di vita sugli altri uomini, era spaventosa. Io, che avevo
sempre vissuto lontano dal turbine della vita, non mi sarei mai immaginato che le cose andassero in questo modo. La vita umana mi
era sempre sembrata sacra, ma qui non era che una cifra nell’aritmetica commerciale (…) Immaginatevi un uomo di statura ordinaria
e snello, con muscoli deboli, abituato a una vita sedentaria, avverso alla violenza, che cosa poteva fare un simile uomo? Cimentarmi
con queste bestie umane sarebbe stato lo stesso che prendermela con un toro infuriato. Così pensavo in quel tempo per il bisogno di
giustificarmi e stare in pace con la mia coscienza. Ma questa giustificazione non mi soddisfaceva, né la maggiore maturità alla quale
sono giunto mi permette di assolvermi completamente ripensando a tutto ciò. La situazione era tale da superare ogni razionale regola
di condotta e richiedeva qualcosa di più delle fredde conclusioni razionali (…) e nell’orgoglio della mia virilità sento che essa è stata
macchiata e offuscata (…) ** mi trattò vigliaccamente, perseguitandomi in continuazione, scaricando il suo lavoro su di me. Arrivò
perfino a minacciarmi coi pugni, ma io cominciavo a reagire animalescamente; gli ringhiai sulla faccia con tanta ferocia al punto da
spaventarlo (…) Gli occhi mi lampeggiavano di paura e di impotenza, col coraggio dei timidi e degli indifesi. Non mi piace per
niente, questa scena. Mi fa troppo pensare a un topo in trappola. Non mi piace pensaci; ma quella era la realtà, perché la minaccia
temuta non accennava a diminuire. ** indietreggiò, guardandomi con odio, proprio come facevo io. Eravamo due bestie feroci che si
mostravano i denti. Era un codardo che aveva paura di colpirmi perché non m’ero spaventato come si spettava (…) Seppi che sotto la
sua vigliaccheria si nascondeva il coraggio dei codardi e che (…) inoltre il suo animo era dominato da una specie di desiderio di
autodistruzione nato forse quando aveva visto il sangue che aveva causato (…) Era evidente che non dovevo attendermi nulla da ***.
Presi dunque la decisione di contare unicamente su di me e di battere ** con le sue stesse armi. Mi feci prestare una pietra da
affilare…egli continuò ad affilare il suo coltello e io feci altrettanto (…) Di fuori ci videro (…) Tutti ci offrivano incoraggiamenti e
consigli gratuiti (…) In tutta la faccenda non vi era nulla di bello né di eroico. V’erano solo due cose che si muovevano sotto
l’impulso della vigliaccheria e un gruppo di altre cose, impastate della stessa vigliaccheria, che stavano intorno a guardare (…)
Questi porci, che si trascinavano ai piedi di *** si ribellavano solo in segreto o nella ubriachezza. E io, non ero forse uno di loro? E
lei? (…) No! Digrignai i denti con collera e decisione (…) Invaso da una forza subitanea per ciò che riguardava lei. Non temevo
nulla. Avrei imposto la mia volontà malgrado tutto, malgrado *** e i miei tanti anni di lavoro solo letterario (…) Non temevo più la
morte che *** e ** mi avevano tanto fatto temere un tempo. Lei, entrando nella mia vita, mi aveva trasformato. Pensavo che è più
bello amare che essere amati se ciò basta a dare valore a qualche cosa della vita e a essere pronti a morire per quella cosa.
Dimenticavo la mia vita nell’amore di un’altra vita, eppure non avevo mai desiderato tanto di vivere come ora che attribuivo così
poco valore alla vita. Non avevo avuto mai tanta ragione per vivere (…) I notai e i commercialisti un tempo si prendevano cura delle
mie sostanze. Non sapevo nemmeno che cosa fossero le responsabilità. Solo qui avevo imparato a conoscerle. E ora, per la prima
volta in vita mia, ero responsabile di un’altra esistenza (…) Divenni conscio della mia virilità: mi sentii colui che deve lottare e
proteggere chi ama (…) Il mio coraggio traeva valore dal fatto di dover vincere una natura timida, meno sicura di quella di *** (…)
Lei stessa era timida e impaurita, ma nello stesso tempo coraggiosa. Viveva con le sue ansie, con i suoi timori, con le sue debolezze e
con la sua forza.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
In America la maggioranza degli Stati elenca delle specifiche malattie e condizioni in cui può essere il minore a prestare il consenso
al trattamento (...) I ragazzi devono essere rappresentati da un legale, poter affrontare i testimoni ed essere informati di qualunque
accusa. I minorenni emancipati hanno gli stessi diritti dei maggiorenni quando si può provare che vivono da adulti e hanno il
controllo delle loro vite.
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Se (R. Kipling)
Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te la perdono e te ne fanno colpa. Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti
ne dubitano, tenendo però considerazione anche del loro dubbio. Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare o, essendo calunniato,
non rispondere con calunnia o, essendo odiato, non dare spazio all'odio, senza tuttavia sembrare troppo buono né parlare troppo
saggio; se saprai sognare senza fare del sogno il tuo padrone; se saprai pensare senza fare del pensiero il tuo scopo, se saprai
confrontarti con Trionfo e Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori. Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai
detto distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi o a guardare le cose per le quali hai dato la vita distrutte e piegarti a ricostruirle
con i tuoi logori arnesi. Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune e rischiarlo in un unico lancio a testa e croce e perdere e
ricominciare di nuovo dal principio senza mai far parola della tua perdita. Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi nel servire il
tuo scopo quando sono da tempo sfiniti e a tenere duro quando in te non c'è più nulla se non la Volontà che dice loro: "Tenete
duro!"Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù o passeggiare con i Re rimanendo te stesso, se né i nemici né gli amici più
cari potranno ferirti, se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo. Se saprai riempire ogni inesorabile minuto dando valore ad
ognuno dei sessanta secondi… tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa, e - quel che più conta - sarai un Uomo.
Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Di fronte a un attacco che umilia nell’intimo la dignità, c’è la presa di coscienza che è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio
(…) Dopo esserci sempre piegati, dopo aver subìto tutto in silenzio, per mesi, per anni, (…) rialzarsi (…) mettersi in piedi, (…)
prendere a propria volta la parola. Sentirsi uomini per qualche giorno. Il vero coraggio non sottovaluta il pericolo ma persiste
nell’azione. Comunque il semplice fatto che facciamo progetti e vogliamo qualcosa di diverso costituisce per noi una ragione di
sperare.

Una prefazione a L’uomo in rivolta (A. Camus)
Gli esistenzialisti osservavano che esistere è un emergere dalla banalità dell’essere. Camus perfeziona, se ex-sistere vuol dire anche
“mettersi in piedi” ed “elevarsi”.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica a un tratto inaccettabile un nuovo comando. Qual è il contenuto di
questo no? Significa per esempio, le cose hanno durato troppo, vai troppo in là (…)
La rivoluzione, per essere creatrice, non può fare a meno di una norma morale o metafisica, né formale né mistificatrice, nei suoi
slanci profondi, non per cominciare un giorno a essere, ma in funzione di quell’essere oscuro che già si scopre nel moto
d’insurrezione. Non uccidere o morire per produrre l’essere che non siamo, ma vivere e far vivere per creare quello che siamo.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Non s’impedisce una guerra con le sole parole; ma la parola non pretende necessariamente di cambiare la storia: è anche una certa
maniera di viverla (…) Fare qualcosa, non fosse altro che parlare, è meglio che stare seduto nel proprio angolo con un peso oscuro
sul cuore (…) Se cade un aereo è meglio essere il pilota che cerca di raddrizzarlo che un passeggero terrorizzato.

Le mie prigioni (S. Pellico)
La somma viltà è essere schiavi dei giudizi altrui quando si ha la persuasione che sono falsi.

L’avventura di un povero cristiano (I. Silone)
Ci spetta la funzione della massaia che la sera ricopre di cenere la brace del camino per poter più facilmente, l’indomani, riaccendere
il fuoco: (…) collegare, (…) rifare sempre daccapo la tela che la violenza distrugge (…) Dobbiamo occuparci della nostra anima
Questo conflitto mi è stato di grande aiuto: (…) ora vedo con maggiore chiarezza parecchie verità importanti.

Smisurata preghiera (F. De André – I. Fossati)
Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione e, tra il vomito dei respinti, muove
gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità. Ricorda, signore, questi servi disobbedienti
alle leggi del branco e non dimenticare il loro volto, che, dopo tanto sbandare, è appena giusto che la fortuna li aiuti, come una svista,
come un’anomalia, come una distrazione, come un dovere.

G. B. Shaw
L’uomo ragionevole si adatta al mondo, l’irragionevole insiste nel tentare di adattare il mondo a sé. Quindi ogni progresso dipende
dall’uomo irragionevole.

Gli uomini che si voltano (E. Montale)
Tra i cadaveri in maschera, tu sola vivente, non chiederai se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione e chi di noi fosse il centro cui si
tira dal baraccone. Non me lo chiedo neanch’io. Sono colui che ha veduto un istante e tanto basta a chi cammina incolonnato come
ora avviene a noi.

M. K. Gandhi
Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.

Dieci anni dopo (D. Bonhoeffer) in Ribellarsi è giusto (teorie e pratiche della disobbedienza civile: un’antologia)
Le persone (…) che, (…) nella loro miopia, vogliono rendere giustizia a tutti i contendenti, (…) vengono così stritolate nello scontro
delle potenze contrapposte (…) Il fanatico, (…) armato della purezza di un principio, (…) si impania in cose inessenziale e cade nella
trappola di chi è più intelligente (…) L’uomo (…) solitario, (…) dilaniato dai (…) conflitti nei quali è chiamato a scegliere,
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consigliato e guidato da nient’altro che dalla (…) personale coscienza, (…) finisce coll’accontentarsi di salvarla, anziché di
mantenerla buona e (…) non potrà mai capire che una cattiva coscienza può essere più salutare (…) di una coscienza ingannata (…)
Attenendosi a ciò che è conforme al dovere, non si giunge mai alla (…) personale responsabilità (…) e si dovrà compiere il proprio
dovere anche nei confronti del diavolo (…) Chi è pronto (…) a un fecondo compromesso (…) per impedire il peggio darà il suo
assenso al male, e non sarà più in grado di capire che proprio il peggio, che vuole evitare, potrebbe essere il meglio (…) Chi (…)
sceglie l’asilo della virtù privata (…) avvertirà l’inquietudine per ciò che tralascia di fare e ne sarà prostrato, oppure diventerà il più
ipocrita dei farisei. Resta saldo solo colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, il proprio principio, la propria
coscienza, la propria libertà, la propria virtù, che è pronto a sacrificare tutto questo (…) all’azione (…) responsabile davanti a Dio.

Massime e pensieri, caratteri e aneddoti (N. de Chamfort)
L’uomo privo di elevatezza d’animo non sarà mai capace di bontà: tutt’al più potrà avere della bonomia (…) C’è una sorta di
indulgenza verso i propri nemici, che sembra pura stupidità piuttosto che bontà o magnanimità (…) Bisogna avere lo spirito giusto
per odiare i propri nemici (…)Dicevano allo scrittore satirico Donne: “Tuonate, tuonate sui vizi, ma risparmiate i viziosi – Come,
condannare le carte e salvare i bari?”

Il giorno della civetta (L. Sciascia)
Quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli
uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini
pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come
i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più in giù: i pigliainculo, che vanno
diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più
senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…
- Anche lei – disse il capitano con una certa emozione (...)
- Perché sono un uomo: e non un mezz’uomo o addirittura un quaquaraquà… - domandò con esasperata durezza.
- Perché – disse don Mariano – da questo posto dove lei si trova è facile mettere il piede sulla faccia di un uomo: e lei invece ha
rispetto… Da persone che stanno dove sta lei, dove sta il brigadiere, molti anni addietro io ho avuto offesa peggiore della morte: un
ufficiale come lei mi ha schiaffeggiato; e giù, nelle camere di sicurezza, un maresciallo mi appoggiava la brace del suo sigaro alla
pianta dei piedi, e rideva… E io dico: si può dormire quando si è stati offesi così?
- Io dunque non la offendo?
- No: lei è un uomo – affermò ancora don Mariano.
- E le pare cosa da uomo ammazzare o fare ammazzare un altro uomo?
- Io non ho mai fatto niente di simile. Ma se lei mi domanda, a passatempo, per discorrere di cose della vita a un uomo, io dico: prima
bisogna vedere se è un uomo…
- Dibella era un uomo?
- Era un quaquaraquà – disse con disprezzo don Mariano.

Disobbedienza come democrazia (H. Zinn) in Ribellarsi è giusto
Ci domandano: che accadrebbe se tutti disobbedissero alla legge? Ma c’è una domanda migliore: che accadrebbe se tutti obbedissero
alla legge? (…) Nel mondo moderno abbiamo a che fare con termini dotati di significati molteplici, come “sicurezza nazionale”. Oh
sì, certo, dobbiamo farlo per la sicurezza nazionale! Ebbene, che cosa vuol dire? La sicurezza nazionale di chi? Dove? Quando?
Perché? (…) Quali leggi vengono applicate e quali no? (…) Dovete stare attenti quando dite: “io sono per la legge, io rispetto la
legge”. Di quale parte della legge state parlando? (…) Date un’occhiata al mondo di oggi, in cui vige lo Stato di diritto. È quanto di
più vicino esista al concetto corrente di anarchia (…) L’ordine fondato sulla legge e sulla forza della legge è l’ordine dello Stato
totalitario (…) In altre parole, un grandissimo disordine. (…) Non c’è nulla di sacro nella legge. (…) Guardatevi intorno e vedete chi
fa le leggi (…) Procedimento regolare, (…) decoro, correttezza della legge ci traggono in inganno.

Lettera ai cappellani militari (Don L. Milani) in Ribellarsi è giusto
La parola patria (…) spesso non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando
occorra, tra la patria e valori ben più alti.

Fraternità difficile (H. Boll) in Ribellarsi è giusto
I padroni non esitano mai a comandare che si spari o si percuota: tanto è molto raro che vengano colpiti loro stessi (…) Finite le
ostilità, i padroni e i generali si trattano di regola con squisita cortesia. (…) A coloro che vengono addestrati (…) a proteggere chi sta
in alto (…) raccomando la frase: “Non trovai il coraggio di sparare su di loro” (…) Mi piacerebbe pagare un premio a ogni
funzionario di polizia che dichiarasse davanti a un tribunale: “Non ho trovato il coraggio di manganellarli (…) in faccia o sulla testa
(…) loro che dimostravano contro quel padrone e signore di quasi tutta l’opinione pubblica che solo dopo la terza convocazione
ritenne di doversi presentare a un tribunale (…) e per il suo ritardo nel presentarsi ebbe una pena che forse lo colpì meno di quanto
colpirebbe me o il funzionario di polizia la perdita di una scatola di fiammiferi.

Teoria e pratica della non violenza (M. K. Gandhi)
Tutto, anche la violenza, è preferibile al rassegnarsi (…) e alla passività.

Frammenti (Eraclito)
Ogni essere che va prono è condotto con la frusta.

Violenza sì o no: una critica del pacifismo (G. Anders) in Ribellarsi è giusto
Dal momento che non ci è concesso di restare indifferenti di fronte alla nostra fine e a quella dei nostri figli – una tale indifferenza
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sarebbe omicida – non dobbiamo rifiutare la lotta contro gli aggressori con l’argomentazione secondo cui il comandamento “Non
uccidere” non ammette alcuna eccezione. Esso l’ammette. Anzi, la esige. E ciò nel caso in cui attraverso l’atto – eccezione vengano
salvati più uomini di quanti ne muoiano a causa sua. Dobbiamo cioè accettare la guerra a cui siamo costretti.

Il drago come realtà (S. De Mari)
L’estremo gesto di fratellanza è combattere per l’altro, (…) rinunciane alla propria innocenza e uccidere, perché la minacciata
umanità dell’altro sia preservata (…) Con gli psicotici non ci sono margini di dialogo (…) Gli orchi si fermano solo militarmente
(…) Ci fermiamo davanti a gente che dice “è la mia civiltà”, ma a noi chi l’ha dato il mandato di rispettare la civiltà? Non dovevamo
rispettare la creatura umana?

Il Conte di Montecristo (A. Dumas)
Giunto al sommo della sua vendetta per il lento e tortuoso declivio che aveva seguito, vide l’abisso del dubbio (…) Un uomo
dell’indole del conte non poteva fluttuare lungamente in quella malinconia che può far vivere gli spiriti volgari dando loro una
apparente originalità, ma che uccide le anime elevate. Il conte diceva a se stesso che per essere giunto quasi a biasimarsi, bisognava
che si fosse sbagliato nei suoi calcoli. “Io guardo male il passato” disse, “e non posso essermi in tal modo sbagliato” continuava. “Lo
scopo che mi ero proposto sarebbe forse insensato? Avrei percorso una falsa strada per dieci anni? Un’ora sarebbe bastata per
provarmi che l’opera di tutte le mie speranze era un’opera, se non impossibile, almeno perversa? Io non voglio abituarmi a questa
idea, mi renderebbe pazzo. Ciò che manca ai miei ragionamenti d’oggi è l’apprezzamento esatto del passato. Infatti, mano mano che
ci si allontana, il passato, simile al paesaggio attraverso cui si passa, si cancella dalla memoria. Mi accade come a coloro che si sono
feriti in sogno: guardano e sentono la loro ferita, e non si ricordano di averla ricevuta (…) Lesse: “Tu strapperai i denti al drago, e
calpesterai sotto i tuoi piedi i leoni, ha detto il Signore” (…) Quindi allontanandosi con gli occhi fissi sulla tetra prigione in cui era
stato rinchiuso un tempo, il conte disse: “Maledizione a coloro che mi hanno fatto rinchiudere in quel tetro carcere, e a coloro che
hanno dimenticato che io vi ero rinchiuso!”.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
Mi ripeteva ** : “Qui non c’è via di mezzo: o ribellarsi o essere complici”.
Rievocando con i miei coetanei sono talvolta stupito ch’essi non abbiano alcun ricordo, o assai pallido, degli episodi che su di me
esercitarono influenza decisiva; e viceversa conservino lucida memoria di altre circostanze, per me futili e insignificanti. Sono quei
miei coetanei tutti “complici incoscienti”? Certamente no. E poi per quale destino o virtù o nevrosi, a una certa età si compie la
grave scelta, si diventa “ribelli”? Scegliamo o siamo scelti? Donde viene ad alcuni quell’irresistibile intolleranza alla rassegnazione,
quell’insofferenza dell'ingiustizia, anche se colpisce altri? E quell’improvviso rimorso d’assidersi a una tavola imbandita mentre i
vicini di casa non hanno di che sfamarsi? E quella fierezza che rende le persecuzioni preferibili al disprezzo? Forse nessuno lo sa.
Anche la confessione più approfondita diventa a un certo punto semplice. Ognuno che abbia riflettuto seriamente su se stesso e sugli
altri sa quanto certe deliberazioni siano segrete, e certe vocazioni misteriose e incontrollabili (…)
È anzitutto necessario essere in pace con la propria coscienza. Dopodiché, se si è coinvolti in una mischia, vi è un solo rimedio sicuro
e sperimentato contro il panico ed è di lottare (…) Il passato, con le profonde ferite che ci ha lasciato, non dev’essere per noi motivo
di debolezza. Non dobbiamo lasciarci demoralizzare dalle colpe, dalle ignavie, dalle sciocchezze dette o sentite. A partire dal
momento che la nostra volontà è pura, una nuova forza può nascere proprio dal peggio di noi stessi (…) Un uomo che vidi soffrire
anche per opera dei compagni per molto tempo mi ha confidato alla fine del racconto delle sue sofferenze, con voce di chi comunica
una grande scoperta, una verità di giustizia e fratellanza vecchia di molti secoli per lui appena nata e nata bene. Nelle prove più tristi
della vita ci salviamo appunto per avere conservato nell’anima il seme di qualche certezza incorruttibile. Durante il tempo
dell’abiezione, esso è il nostro tormento segreto. San Bernardo parla di ciò quando racconta di uomini inseguiti da Dio: essi scappano
e Lui li divora. Quando i valori vengono invocati solo per puntellare gli interessi e ostentare i sentimenti senza profonde radici, si può
arrivare a pensare di dover obbedire a un ottimismo menzognero (… ) L’inibizione è più micidiale della sincerità (…) Se una panacea
dei mali non esiste, è già molto questa fiducia che consente di andare avanti, di vedere dove posare i piedi per camminare (…) Non
dovrebbe essere difficile riconoscere da che parte sia la speranza e (…) ciò che favorisce la libertà e la responsabilità personale (…)
Libertà è poter sbagliare, dire no a qualsiasi autorità, imparare una ragionevole consapevolezza di progresso.

Vino e pane (I. Silone)
Non c’è altra salvezza che andare allo sbaraglio (…) Non bisogna essere ossessionati dall’idea di sicurezza, neppure delle sicurezza
delle proprie virtù: vita spirituale e vita sicura non stanno assieme. Per salvarsi bisogna rischiare (…) Cambiano i tempi, ma in fondo
è sempre la stessa storia che continua: in ogni tempo e società l’atto supremo dell’anima è di darsi, di perdersi per trovarsi. Si ha solo
quello che si dona (…) nei rapporti, nella vita pratica, (…) perché siamo responsabili anche per gli altri. Si salva chi supera il proprio
egoismo di famiglia e di casta e non si rassegna (…) Non si tratta di un modo di pensare e discutere, ma di esistere, seguendo il cuore
e non regole, inventando la propria vita (…) Di solito si vive nel provvisorio, si pensa che per ora va male e bisogna arrangiarsi e
anche umiliarsi, ma che la vera vita arriverà poi. Così passa l’esistenza (…) tra il disgusto e in attesa. Bisogna dire: basta, da oggi. La
libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo. Si può vivere anche in paese di dittatura ed essere liberi alla condizione di
lottare contro la dittatura per ciò che si ritiene giusto e di pensare con la propria testa. Per contro, si può vivere nel paese più
democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi e servili, si è schiavi. Non bisogna implorare la propria libertà dagli altri,
bisogna prendersela, ognuna la porzione che può (…) Tonnellate di carta stampata ripetono le parole d’ordine, su tutte le piazze e i
crocicchi le si ripete fino all’istupidimento collettivo. Ma basta che un piccolo uomo dica NO e quel formidabile ordine granitico è in
pericolo. La dittatura si regge sull’unanimità e ammazzato l’uomo che dice di NO, il suo cadavere può continuare a ripeterlo
sottovoce.

La banalità del male (H. Arendt)
La sua colpa era nell’obbedienza.

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La disobbedienza civile (H. Thoreau)
Una legge ingiusta è una violenza cui è doveroso ribellarsi.

Il mondo di Sofia (J. Gaarder)
Hume sostenne che non si devono mai dedurre da proposizioni col verbo essere proposizioni con verbo dovere. Dal punto di vista
logico è un’assurdità. Allora potresti anche dire: “Tutti evadono il fisco, quindi dovrei farlo anch’io” (…) A volte si dice: “Questa
legge è stata approvata da questo parlamento quindi tutti i cittadini devono adeguarsi”, eppure spesso seguire le leggi approvate dal
parlamento è in contrasto con le convinzioni più radicate dell’essere umano.

B. Franklin
Chi rinuncia alla libertà per la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza.

Il testimone (I. Montanelli)
Ai cacciatori di streghe bisogna, preso su il coraggio, ridere in faccia.

E. Roosvelt
Nessuno può farvi sentire inferiore senza il vostro consenso.

Introduzione a Ribellarsi è giusto.
La convinzione di fondo è che anche quando tutto sembra perduto c’è sempre ancora molto da fare, anche senza particolari sponde o
garanzie, quasi da soli. Ma non è un dramma, perché almeno di questo siamo convinti: la relativa solitudine delle minoranze non può
e non deve diventare un facile motivo di sconforto. Come diceva Camus: mi rivolto, dunque siamo.

Un uomo (O. Fallaci)
Sostenevi che i comizi sono (...) spettacoli per imbrogliare la gente (...) e per non renderti colpevole di ciò cadevi nell'eccesso
contrario sottolineando verità brutali, (...) concetti impopolari: la rivoluzione che si fa da soli (...), che si sviluppa nell'individuo (...)
senza fretta e senza caos (...) come unica rivoluzione possibile, (...) la necessità di tenersi stretto lo straccio di libertà della
democrazia, (...) il fatto che la democrazie è fragile e può cadere, (...) il veleno delle ideologie, l'ottusità dei dogmi, la disonestà degli
alibi, la falsità del progresso, la viltà delle masse che ubbidiscono, (...) il culto dell'individuo, il rifiuto di assolvere chi fabbrica la
pallottola dell'M16 perché così vuole il generale, il disprezzo per chiunque si ripari dietro il ritornello io-eseguo-gli-ordini (...) La
gente ascoltava ora delusa ora offesa ora smarrita (...) Come si fa a fare le rivoluzioni da soli? (...) Bastava guardarli per rendersi
conto che al comizio ci venivano per ricevere un po' di speranza e non per essere rimproverati (...) E tu partivi imbronciato a bordo di
un camioncino che non contribuiva certo a vestirti d'autorità (...) E (...) gli intellettuali (...) gridavano all'ignoranza o alla (...) fragilità
di pensiero (...) Avevi capitolato in pieno (...) iscrivendoti al partito. Dunque aveva vinto l'impotenza di noi senza scheda, senza
chiesa, senza patria. L'alternativa d'altronde qual era? Andare predicando per le case e le piazze come Socrate? Tornare a gettare
bombe come coloro che chiamavi rivoluzionari del cazzo? (...) Da ogni rivoluzione nasce o rinasce un impero (...) Una dittatura
comunista non cade mai (...) Un partito però funziona come un'azienda dove (...) assumono solo manager ubbidienti, impiegati
servili, yes-men (...) Guai all'illuso che crede di portare un contributo personale con la discussione e lo scambio di vedute: finisce
espulso o degradato o lapidato (...) Le magistrature del potere (...) insabbiano tutto (...) Il popolo vuole essere schiavo (...) e vota chi
gli dice bugie (...) E allora perché soffrire, perché lottare, perché rischiare? Ma perché è l'unico modo di esistere quando sei una
persona e non una pecora del gregge, perdio! Se un uomo è un uomo, non una pecora, v'è in lui un istinto di sopravvivenza che lo
induce a battersi anche se capisce di battersi a vuoto, anche se sa di perdere, (...) senza curarsi d'essere solo e anzi fiero di essere
solo. E non ha importanza che egli agisca per se stesso o per l'umanità, credendo al popolo e non credendoci (...) : finché lotta e nel
momento in cui soccombe fisicamente è lui il Popolo, è lui l'umanità. E magari un risultato esiste (...) A volte basta che un individuo
si allontani dal gregge perché il gregge si sparpagli un poco, perché il fiume di lana interrompa il suo fluire lungo il sentiero tracciato.
Che usassi bene questi poveri fogli che ripetono una regola antica (...) e li porgessi ai poveri cristi che si battono da soli, liberi da
schemi e dottrine, disquisizioni teologiche e violenze inutili. Che la raccogliessero loro la tua piccola verità cercata e trovata stavolta
in un piccolo paese che non contava nulla (...) Le dottrine si sfaldano contro l'iniziativa (...) il coraggio e la disubbidienza del singolo
(...) Del resto gli eroi del mito (...) se ne vanno nel fiore della gioventù in modo violento (...) Morire per non morire, (...) per vincere
almeno una volta (...) I disubbidienti (...) sono gli eroi delle fiabe senza le quali la vita non avrebbe senso e battersi sapendo di
perdere sarebbe pura follia.

La peste (A. Camus)
Adesso che ho veduto quello che ho veduto so che io sono di qui che io lo voglia o no (…) Ci può essere vergogna nell’essere felici
da soli (…) Amare o morire insieme, non vi è altra risorsa (…) Non vi è isola nella peste (…) Tutti eravamo nella peste. Non si
poteva fare un gesto senza correre il rischio di far morire (…) Ho cercato allora di capire, di far il meno male possibile.

Le cronache del mondo emerso (L. Troisi)
Prima di quella notte aveva guardato alla sua vita con tristezza: il dolore dell’ultimo anno, gli incubi. Ma ora non voleva morire. Ora
pensava a come sarebbe stato bello rinunciare e tornare a essere la ragazza che in realtà non era mai stata. Che c’era di male? Eppure
non poteva vivere in pace quando continuavano a compiersi le peggiori crudeltà. Poi tutto ridivenne reale: l’ulivo tornò a essere un
albero in mezzo alle erbacce. Il sogno di una vita normale era finito. Si sciolse la treccia. Prese la spada. Quando ebbe finito, in testa
aveva una zazzera corta e arruffata. Gettò i capelli in fondo al giardino. Si sentiva stranamente serena: aveva preso la sua decisione,
nulla poteva più smuoverla.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
La rivolta è nell’uomo, nel suo rifiuto di essere trattato come cosa. È l’affermazione di una natura comune a tutti che sfugge al mondo
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della potenza (…) La rivoluzione cesarea trionfante con le sue polizie, i suoi processi e le sue scomuniche, vuole dar prova che non
esiste una natura umana. La rivolta umiliata, con tutti i suoi patimenti, le sue sconfitte, le sue contraddizioni e la sua fierezza
inesausta deve dare a questa natura il suo contenuto di dolore e di speranza.

Se questo è un uomo (P. Levi)
Delle parole diritte e chiare di ** non dimenticherò il senso: appunto perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi
bestie non dobbiamo diventare; si deve voler sopravvivere per raccontare e dare testimonianza; per vivere è importante sforzarci di
salvare almeno la forma della civiltà; siamo schiavi, ma ci è rimasta la facoltà di negare il nostro consenso (…) Camminiamo diritti
non in omaggio alla disciplina ma per non cominciare a morire, (…) per dignità e proprietà.

La peste (A. Camus)
Bisognava cominciare a camminare, tentare (…) Non si trattava di mettersi in ginocchio e abbandonare ogni cosa. Bisognava
riconoscere chiaramente quello che doveva essere riconosciuto, cacciare infine le ombre inutili e prendere le misure necessarie, (…)
adattarsi per vincerla poi. Là era la certezza, nel lavoro d’ogni giorno (....) L’onesto si distrae il meno possibile (…) Il mondo esterno
può sempre salvare (… ) La sciagura non reca solo una sofferenza ingiusta, ma provoca anche a consentire al dolore esaminando
imperfezioni. Era questo uno dei modi della malattia per distogliere l’attenzione e imbrogliare le carte.

36 stratagemmi a cura di M. Faccia (semplice rielaborazione personale che rispetta il senso e, quasi del tutto, la lettera, e che
consiste in un assembramento libero dei brani del libro, con pochissime interpolazioni: un testo in cui gli stratagemmi si
volgono ad incitare il “debole”)
Quella di poter respingere un problema fuggendo può essere un’illusione e il nemico può far apparire vie di fuga solo per evitare che
la mancanza di speranza e alternative ci porti a una lotta senza quartiere dispendiosa per sé o per catturarci con imboscate sui sentieri
aperti… Mentre il nemico attende la nostra fuga precipitosa, per noi è meglio attendere a nostra volta, nascondendo la nostra forza e
l’intenzione, rafforzandoci, osservando e preparando l’occasione migliore per colpire o sottrarci. Il nemico probabilmente non ci
inseguirà con troppa foga e ciò per evitare che, spinti allo stremo, ci trasformiamo da prede in un pericolo, che prendiamo coraggio
vedendo nella sua corsa il segno della sua frustrazione e paura. (Allontanare la presa per poterla poi serrare più facilmente; Clamore
a oriente, attacco a occidente; Portare via la pecora che capita sottomano). Fuggire in modo saggio è ad esempio trovare un alleato
e, trovatolo, evitare di entrarci in conflitto e imparare a gestire la rabbia col tempo sempre più, rafforzando la concordia per trarne
energia da impiegare per difenderci dai nemici e per evitare che essi sfruttino contese e irascibilità per alienarci le simpatie
dell’alleato e di chi ci è intorno in generale e per sfibrarci con le liti continue. (Osservare l’incendio sulla riva opposta del fiume;
avanzare verso Chen Chang per una strada segreta; Usare una donna per irretire un uomo; approfittare dell’incendio per darsi al
saccheggio). In ogni caso, se si è stati sopraffatti è meglio fuggire, perché fino a quando non si viene battuti, c’è l’opportunità di
vincere: è giusto raccogliere le forze, badando anche a non mettere tutte le uova in un solo paniere (Fuggire oggi per combattere
domani). Di fronte a un avversario più potente ritirarsi inoltre può essere l’ideale per dividere le forze nemiche in modo da poterle
affrontare. Evitando di attaccare un nemico, cioè di andare sul suo terreno, si può avere il vantaggio anzi di combatterlo sul proprio, il
che comporta anche sacrificare molto, ma non si può ottenere niente senza paziente sacrificio di qualcosa (Lanciare un mattone per
ottenere una giada; Convincere la tigre a lasciare le montagne). Anche l’esporsi a malintesi può tornare utile, se gli avversari ne
approfittano scoprendosi, perché si può frustrarli con continui chiarimenti che ne contraddicono i pregiudizi e cioè i desideri emersi.
Si possono sfruttare territorio, beni e agenti dell’avversario più potente, godendone i benefìci, preoccupandosi solo di mantenere il
controllo sui propri desideri senza superare la propria capacità di “sostegno” e senza diventare schiavi di oggetti o alleati: il punto
fondamentale in guerra è colpire il punto giusto al momento giusto, non la posizione di partenza.Si può sfruttare l’aggressività stessa
del nemico, per apprenderne e mutuarne alcuni espedienti o per allenarsi a superare l’attaccamento della propria mente alla paura,
esponendosi poco a poco al senso di orrore o terrore (Uccidere un nemico con una spada presa a prestito; Mutarsi da ospite a
padrone di casa). Nel considerare le proprie paure bisogna ricordarsi anche che, dato che delle situazioni di disordine in cui cadiamo
un nemico può approfittare facilmente fingendosi una guida e ottenendo con consigli un’influenza su di noi (che può poi usare per
danneggiarci), è bene approfittare del fatto che il disordine può avere un valore positivo se ci si rifiuta di affidarsi ad altri e si usa
quanto si ha davanti per imparare a esercitare nuove capacità, un po’ come quando si pratica la meditazione e una paziente e naturale
autoanalisi invece di affidarsi a testi di sedicenti “esperti” e a pregiudizi comuni per comprendere sé e il proprio stato (Intorbidire
l’acqua per catturare i pesci). Si deve essere indulgenti con se stessi riguardo a limiti e tempi personali di ripresa.Apparire forti e
intelligenti può voler dire del resto apparire pericolosi e attirarsi nemici: una volta chiaro che ci saranno sempre persone che avranno
di noi una scarsa opinione, si può sentirsi liberi di rispondere di sé solo a Dio senza essere preda di ciò che gli altri pensano del nostro
carattere e del nostro comportamento. Chi sa darsi da sé l’approvazione, può attaccare il nemico più a portata di mano senza rischi
inutili, sapendo che attaccare il forte richiede una dispersione di energie di cui altri nemici più deboli possono approfittare (Allearsi
ai lontani per attaccare i vicini; Additare il gelso per maledire la sofora; Assediare Wei per salvare Zhao). Può essere anzi utile, a
volte, rimanendo lucidi, fingere ignoranza e rimanere fermi, per evitare di fare mosse avventate (Far spuntare fiori sull’albero). È
indispensabile dissociarsi dal proprio ego, tanto da rivolgere, se utile, anche parole umili e sorrisi, aspettando l’occasione giusta per
colpire: si tratta di essere presenti ai propri desideri, ansie e rancori, senza attaccamento e senza esplosioni d’ira o sarcasmo, restando
calmi come l’oceano che nasconde attività e possibilità (Celare un pugnale dietro un sorriso). Giudicando i propri desideri, impulsi e
punti deboli con distacco, sarà anche possibile evitare la trappola dell’inseguimento spossante e dispendioso di “tesori” tesa dai
nemici, che intanto conservano le forze e attendono che ci esauriamo nella caccia oppure osservano per studiare le nostre reazioni.
Meglio restare calmi e ordinati e attendere, raccogliendo possibilmente intanto mantenendo pronte parole e prove. (Sprangare le
porte per catturare il ladro; Togliere il fuoco da sotto la pentola; Battere l’erba per spaventare il serpente; Portare via la pecora che
càpita sottomano).Un’ammissione di debolezza, se rara e autoironica, inoltre può spingere altri ad aiutare, ad apprendere o a pensare
che le cose non stiano così male (Lasciare aperte le porte della città) oppure può portare un nemico a rivelare troppo, come altri
atteggiamenti “passivi” (quali la pazienza o la disponibilità a fare un favore) (Farli salire sul tetto e portare via la scala; Uccidere
con una spada presa a prestito). Bisogna saper rinunciare e superare la visione dualistica. Bisogna uccidere se stessi. In quel
momento gli altri hanno paura e fuggono. La vera energia si manifesta interiormente e la via non è sempre competizione perché
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procede al di là della vita e della morte. Il primo combattimento si svolge nella mente e lo sviluppo graduale è il modo corretto per
conseguire risultati durevoli. Anche lontano dalla società o entro i limiti ingiusti posti da uno stato, il debole, cioè l’individuo, può
esercitare un’influenza (ad esempio, una manifestazione riuscita è quella cui sono convenute persone a migliaia, anche quando esse si
disperdono, appena la polizia è annunciata).Mantenendo sempre il proprio centro, può arrivare un momento in cui blocchi e tensioni
interiori ,accettati e distaccati, si risolvono naturalmente, un po’ come quando la buona respirazione ci ottiene la postura corretta
desiderata senza che ci sforziamo di fissare l’attenzione sui singoli punti della postura (Attendere riposati mentre il nemico si
affatica). In generale, di fronte a cose che ci disturbano (pensieri, nemici, ecc.), non frutta nulla respingerli man mano che avanzano,
ma occorre osservarne da lontano il modo in cui lo fanno e rompere il loro ritmo da una visione d’insieme, che diverrà più chiara
grazie a questo sguardo distaccato e flessibile. Una pecora indifesa non afferrata in tempo può trasformarsi in un lupo ansioso di
provare denti e artigli. In generale più il nemico è forte e organizzato, maggiori sono le opportunità di trarre vantaggio dei suoi punti
deboli e di obbligarlo all’inseguimento, impoverendone con il tempo risorse ed energie (incatenare tra le navi da guerra del nemico).

Aristofane
L’uomo saggio impara molte cose dai suoi nemici.

Test della personalità (E. Sanavio – C. Sica)
Anchisi e Dessì (...) concettualizzano l'assertività (ed i training di assertività) lungo cinque elementi guida: 1) riconoscere le emozioni
e accettarle senza imbarazzo, 2) comunicare le proprie emozioni sia verbalmente sia non verbalmente, 3) avere consapevolezza dei
propri diritti come dei diritti altrui, 4) apprezzare se stessi ed essere disponibili ad apprezzare gli altri, 5) essere consapevoli di essere
gli artefici del proprio destino (...) Il Coping Orientations to Problem Experienced [Carver, Scheier e Weintraub 1989] prende in
considerazione diverse modalità di coping (...) I 15 diversi tipi di coping presi in considerazione dal questionario sono: 1) Attività:
intraprendere qualche tipo di attività per eliminare lo stress o attutirne gli effetti; 2) Pianificazione: riflettere, pianificare, elaborare
strategie per risolvere il problema; 3) Soppressione di attività competitive: mettere da parte ogni altra attività, evitare la distrazione
per poter trattare più efficacemente il problema; 4) Contenimento: aspettare l'occasione propizia per affrontare lo stress, trattenersi
dall'agire impulsivamente; 5) Ricerca di informazioni: chiedere consigli, assistenza, informazioni; 6) Ricerca di comprensione:
ottenere supporto morale, rassicurazioni, comprensione; 7) Sfogo emotivo: esprimere emozioni, dare sfogo ai propri sentimenti; 8)
Reinterpretazione positiva e crescita: elaborare l'esperienza critica in termini positivi o di crescita umana; 9) Accettazione:
accettazione della situazione e/o della propria incapacità nell'affrontarla (...) È probabile che gli stili di coping (così come i tratti di
personalità) influenzino i modi con cui le persone reagiscono allo stress in situazioni specifiche (...) Si può parlare di valore adattivo
dei meccanismi di coping, solo se questi sono utilizzati con una certa costanza indipendentemente dalle situazioni venendo così a
configurarsi, almeno in parte, come stili o disposizioni dell'individuo (...) Occorre rimarcare che i processi di coping non sono in
assoluto adattivi o disadattivi, al di là delle classificazioni che vengono proposte: una strategia utile in una situazione può rivelarsi
fallimentare in un'altra, oppure una modalità utile in prima battuta può rivelarsi dannosa se utilizzata per lunghi periodi. Per esempio,
persone tenaci e inclini al cambiamento potrebbero trovarsi in difficoltà in situazioni non modificabili.
L’ira (L..A. Seneca) (cit. riportata senza indicare quando tra le frasi trascritte ce ne sono nell’originale delle altre)
C’è troppo poco tempo per adirarsi: questo tempo magari riguarda la tua morte. Ciò che si suole dire con efficacia in occasione di un
lutto si può dire anche di fronte all’ira: smetterai una buona volta o non smetterai? E poi, dato che l’ira sbollirà da se stessa, è meglio
che sia vinta da te, che in modi e tempi imprevedibili con tuo rischio. L’ira comincia con grande slancio ma poi viene meno,
stancandosi prima del tempo, benché non abbia meditato altro che castighi inauditi e quando è il momento di punire è ormai fiacca.
L’ira rende imprudenti e può dar piacere ai nostri nemici. L’ira può spingere dei nostri nemici inoltre ad arrabbiarsi di più prima che
noi abbiamo la possibilità di fargliela pagare (con gli interessi). Contro chi è più forte bisogna rassegnarsi al proprio destino. Aiuta a
soffrire meno e a prevenire grandi ire aspettarsi le offese più grandi. Se chi ha offeso è un nemico, ha fatto ciò che doveva e si doveva
aspettarsi. Non bisogna sperare troppo neanche dagli amici per non adirarsi. Con forti o deboli è comunque rischioso adirarsi e fa più
soffrire spesso l’ira dell’offesa, perché è lungo il tempo dell’ira e porta a esporsi a molte offese e a sprecare il nostro breve tempo in
maledizioni o azioni insicure o non di grande profitto comunque vada. Se tu torturassi un nemico, non potresti farlo a lungo! I delitti
aumentano ogni giorno e non sono più occulti, perciò se si dovesse adirarsi per essi si dovrebbe presto impazzire. Si può sperare che i
nemici soffriranno lo stesso. E comunque moriranno. L’ira a volte ci evita disprezzo, ma è meno pericoloso il disprezzo dell’ira e poi
si può essere disprezzati anche perché irati, dato che l’ira smanaccia a vuoto; è ridicola nei deboli, spregevole nei modi e negli effetti.
Astuzia e simulazione sono ciò che serve, essere valorosi come soldati abili proprio quanto più rispettano le tattiche e dominano gli
istinti. Lira ha fretta, ma per giudicare occorre tempo. Non per perdonare a priori e per ridurci a agnelli serve tempo, ma per ritrovare
la ragione. Ogni passione si può dominare con l’impegno e in ciò la natura ci aiuta. La coerenza della vita spesso mostra agli altri che
non si è fiacchi ma ragionevoli. È grande ciò che è sereno. L’ira gonfia e nasconde paura e miseria. È lontana dalla magnanimità
quanto la temerarietà dal coraggio, il cipiglio burbero dall’austerità, la crudeltà dalla severità, il lusso, l’avarizia e l’ambizione da ciò
che è nobile e vero. Disprezziamo l’ira dai primi sintomi! L’ira è una follia di breve durata e porta alla pazzia e a rovinare la vita
familiare, a prendersela anche con se stessi in mancanza d’altro e a negare la verità. Alla lunga l’abitudine all’ira porta alla crudeltà,
male molto diverso, inumano e inguaribile.

Crepuscolo degli idoli (F. Nietzsche)
L’estirpazione viene istintivamente scelta, nella lotta contro un desiderio, da coloro che sono troppo deboli (…) per potersi imporre
(…) una misura (…) I mezzi radicali sono indispensabili solo ai degenerati (…) La (…) spiritualizzazione dell’inimicizia. Essa
consiste nel comprendere profondamente il valore dell’avere nemici (…) Una creazione nuova (…) Solo nel contrasto si sente
necessario, solo nel contrasto diventa necessario… Non diversamente ci comportiamo con il “nemico interiore”: anche qui abbiamo
spiritualizzato l’inimicizia, anche qui abbiamo compreso il suo valore. Si è fertili solo a patto di essere ricchi di contrasti; si resta
giovani solo a condizione che l’anima non si distenda, non desideri la pace…

Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
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Non ci lasceremo uccidere da nulla, prima di averlo tentato (…) Non occorre che ci chiediamo se quello che vogliamo fare reggerà a
ogni prova: tutto è fugace e fluido e chi non è come noi non capirà. Perché non si capisce ciò che si vede o si fa, ma solo ciò che si è.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Bisogna chiamare la morte, accettarla accanto a sé, (…) allontanare il nostro daimon, per quanto doloroso, e attraversare da soli
un’orribile landa desolata e allora il cuore trova un altro modo di battere. Chi ha fatto questo scopre di essere una cosa sola con lui e
di poter andare in luoghi lontani e tornare indietro più saggi.

Il buio oltre la siepe (H. Lee)
Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare ugualmente e arrivare fino in fondo,
qualsiasi cosa succeda. È raro vincere in questi casi, ma qualche volta si vince. La signora ** ha vinto. È morta come voleva morire,
senza essere schiava né degli uomini né delle cose. Era la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto.

Zibaldone (G. Leopardi)
Moltissimi sogliono mendicare il coraggio non dal disprezzo del male, ma dalla sua immaginata falsità o piccolezza, (…) così non
temono se non in quei rari casi nei quali sopraggiunge un male così evidente e reale e che li tocchi in modo che non possano
ingannarsi, giacché anche sopraggiunto che sia, molte volte non lo credono affatto male, cioè non lo vogliono credere. E questi che
forse spesso passano per coraggiosi, sono i più vigliacchi che mai, giacché non sanno sostenere non solo la realtà ma neppure l’idea
dell’avversità, e quando hanno sentore di qualche disgrazia che loro sovrasti o sia accaduta, subito corrono col pensiero ad arroccarsi
e trincerarsi e chiudersi e incatenacciarsi poltronescamente in dire fra sé che non sarà nulla (…) Per li fatti magnanimi è necessaria
una persuasione che abbia la natura di passione, e una passione che abbia l’aspetto di persuasione (…) L’irresoluzione è peggio della
disperazione.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Morì (…) I suoi nervi, protetti fin dalla nascita dalla sicurezza, non erano abituati a trasmettergli i messaggi del destino. (…) Era
sempre freddo, preciso, fiducioso.

Massime e pensieri (La Rochefoucauld)
Il perfetto coraggio consiste nel fare senza testimoni ciò che si sarebbe capaci di fare in pubblico (…) L’intrepidezza è una forma
straordinaria dell’animo che lo innalza al di sopra dei turbamenti, dei disordini e delle emozioni che potrebbe suscitare la vista dei
grandi pericoli. Per questa forza gli eroi mantengono uno stato di calma e conservano il libero uso della ragione negli accidenti più
strani e terribili (…) In genere i più si espongono quanto basta per salvare l’onore; pochi vogliono esporsi quanto occorre per far
trionfare lo scopo pel quale si espongono (…) La vanità, la vergogna e soprattutto il carattere spesso fanno il coraggio degli uomini
(…) Deboli ragionamenti (…) sono, per la nostra sicurezza, quello che è in guerra una siepe per coloro che devono avvicinarsi a una
posizione donde si spara. Da lontano si pensa che può mettere al coperto, ma quando si è vicini, si vede che è un riparo ben debole
(…) È un’illusione credere che (…) i nostri sentimenti, che non sono che debolezze, siano di una tempra così forte da non essere
toccati dalla più rude di tutte le prove (…) La ragione, nella quale crediamo di trovare tante risorse è troppo debole in tale occasione
per dimostrare ciò che vogliamo (…) Non può rispondere del proprio coraggio chi non si è mai trovato in pericolo (…) Tutti abbiamo
abbastanza forza per sopportare i mali altrui (…) Il perfetto coraggio e la codardia perfetta sono due estremi cui si giunge raramente.
Lo spazio che li separa è vasto e contiene tutte le diverse specie di coraggio, fra le quali non vi sono meno differenze che fra le
diverse fisionomie e i diversi caratteri. Alcuni si espongono volentieri al principio di un’azione e poi si impauriscono e se ne ritirano
secondo la sua durata; altri si accontentano di aver soddisfatto all’onore mondano e non fanno di più; altri non sono sempre
ugualmente padroni della loro paura. Alcuni si lasciano talvolta trascinare dal terrore generale e altri vanno alla carica, perché non
osano rimanere nelle posizioni. Vi sono alcuni ai quali l’abitudine dei pericoli minori assoda il coraggio e li prepara a esporsi ai
pericoli più grandi; altri sono valorosi all’arma bianca, ma temono la fucileria; altri si mostrano franchi al fuoco e hanno paura del
corpo a corpo. Tutte queste diverse specie di coraggio concordano in questo: che la notte aumenta i timori e nasconde tanto le buone
che le cattive azioni e offre così il modo per fare il meno possibile (…) Spesso le passioni ne generano altre, contrarie. L’avarizia
produce la prodigalità e la prodigalità l’avarizia; talvolta l’uomo è fermo per debolezza e audace per timidezza (…) Siamo deboli e ci
chiamiamo ostinati (…) I condannati al supplizio mostrano talvolta una costanza e un disprezzo della morte che non sono in realtà
altro che il timore di considerarlo; questa costanza e questo disprezzo sono per il loro animo ciò che la benda è per gli occhi.

Lachete in Dialoghi socratici (Platone)
Non ci sono solo quelli che sono coraggiosi in guerra, ma anche quelli che lo sono nei pericoli del mare e quelli che lo sono di fronte
alle malattie, alla povertà o alle faccende politiche; e inoltre quelli che non solo sono coraggiosi di fronte ai dolori e alle paure, ma
sono capaci di combattere anche contro i desideri e i piaceri, sia rimanendo fermi sia ritirandosi, perché anche in queste cose,
Lachete, ci sono coraggiosi (…) Tutti costoro sono dunque coraggiosi, ma alcuni posseggono il coraggio nei piaceri, altri nei dolori,
altri nei desideri, altri nelle paure (…) Sovente la fermezza stessa è coraggio (…) Non so cosa sia il coraggio.

Zibaldone (G. Leopardi)
L’immaginazione profonda non credo che sia molto adattata al coraggio, rappresentando al vivo il pericolo, il dolore, ecc. e tanto più
al vivo della riflessione quanto questa racconta e quella dipinge. E io credo che l’immaginazione degli uomini valorosi (che non
debbono esserne privi, perché l’entusiasmo è sempre compagno dell’immaginazione e deriva da lei) appartenga più all’altro genere
Chi è nobile, sensibile, onesto di solito non è forte né coraggioso e viceversa. [In questa citazione le parole non sono esattamente le
stesse, perché non ritrovo con facilità il passo nel libro, ma il concetto senz’altro].

Lord Jim (J. Conrad)
Siamo adescati a commettere dei fatti pei quali ci si insulta e altri fatti pei quali ci si manda al patibolo, eppure lo spirito può ben
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sopravvivere alla condanna (…) Era ricco di immaginazione (…) La sua maledetta immaginazione aveva evocato per lui tutti gli
orrori del panico (…) Il desiderio di pace cresce a misura che la speranza declina, fino a conquistare il desiderio stesso di vivere (…)
Il desiderio infinito di riposo e la vana prova dello sforzo (…) sono sentimenti ben noti a coloro che lottano con irragionevoli forze
(…) come le potenze inconsce della natura o la stupidità della folla. Vi è una debolezza recondita, ma di cui si sospetta l’esistenza
(…) e da essa nessuno si salva (…) L’uomo è nato codardo (…) Sarebbe troppo facile se fosse diverso. Ma la consuetudine (…) gli
occhi degli altri (…) Ci si abitua. E poi l’esempio degli altri che non sono migliori, eppure fan buon viso a cattivo gioco (…) L’onore
è reale (…) ma tutto non si potrebbe ridurre a non essere scoperti? [Vi sono] uomini e donne tutt'altro che intelligenti o divertenti, per
i quali l'esistenza ha fondamento nella lealtà e nell'istinto del coraggio. Non parlo di coraggio militare o di coraggio civile o d'altra
sorta particolare (...) ma solo di quella facoltà innata di guardare dritto in faccia alle tentazioni (...) ed esteriormente egli era proprio
tipico di quella razza.
Non pensavo tanto al suo coraggio. Stranamente gli davo pochissimo peso: come se fosse un elemento troppo convenzionale per stare
alla radice della questione. No. Mi colpivano maggiormente le altre doti di cui aveva fatto mostra. Aveva dato prova di saper
dominare una situazione insolita, di possedere una grande agilità intellettuale in quell'ordine di idee. C'era anche la sua prontezza!
Stupefacente. E tutto ciò gli era venuto come il fiuto sottile a un buon cane da caccia. Non era eloquente, ma nella sua congenita
reticenza c'era dignità, una profonda serietà.

Prometeo o lo stato dell’umanità - Il volo di Icaro - Scilla e Cariddi o la via di mezzo in La sapienza degli antichi (F. Bacone)
I seguaci di Prometeo, uomini assolutamente prudenti, e che guardano al futuro, riescono contamente ad evitare mali e infortuni e li
scacciano; ma, con questa virtù, va congiunto il fatto che si privano di molti piaceri e del vario diletto della vita e frodano la loro
inclinazione e, cosa ancora peggiore, si tormentano e sono tormentati dalle angosce e da timori remoti. Difatti, legati alla colonna
della necessità sono torturati da infiniti pensieri (rappresentati dall’aquila per la loro mobilità) e per di più pungenti, mordaci e
corrodenti il fegato. Solo a momenti, specialmente di notte, questi concedono una certa remissione e quiete all’animo, ma di tal fatta
che subito ritornano nuove ansietà e timori. Pochissimi hanno avuto il beneficio di entrambe le sorti di mantenere i vantaggi della
prudenza e di liberarsi dei mali degli affanni e dei turbamenti: e nessuno può ottenere ciò se non per mezzo dell’aiuto di Ercole, cioè
della fortezza e costanza d’animo, che, preparato ad ogni evenienza e imperturbabile a ogni sorte, guarda senza timore, agisce senza
fastidio, tollera senza impazienza. Degno di essere notato è che questa virtù non era innata in Prometeo, ma acquisita e per di più per
opera altrui. Infatti nessuna forza innata e naturale può essere pari a tanto: questa virtù fu portata a Prometeo dal sole e venne
dall’estremo oceano. Essa viene infatti dalla sapienza, che è come il sole, e dalla meditazione sull’incostanza della vita umana e delle
sue onde, che è come un navigare sull’oceano (…) Ercole navigò in una coppa o in una brocca: ciò si dice affinché gli uomini non si
scusino o temano troppo la miseria o la fragilità della loro natura, se non sono capaci di una forza e di una costanza di questo tipo: di
ciò Seneca disse bene affermando: “È grande cosa avere insieme la fragilità dell’uomo e la fortezza di Dio”.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Molti perdono il coraggio se il male si presenta in forme insospettate, diverse da quelle da loro previste.

Ricordi (F. Guicciardini)
Bestiale è quello che, non conoscendo i pericoli, vi entra dentro inconsideratamente; animoso quello che gli conosce, ma non gli teme
più che bisogni (…) È antico proverbio che e’ savi sono timidi, perché conoscono tutti e’ pericoli, e però temono assai. Io credo che
questo proverbio sia falso, perché non può più essere chiamato savio chi stima uno pericolo più che non merita essere stimato; savio
chiamerò quello che conosce quanto pesi el pericolo e lo teme appunto quanto si debba. Però più presto si può chiamare savio uno
animoso che uno timido, e presupposto che tutt’e dua vegghino assai, la differenza dall’uno all’altro nasce perché el timido mette a
entrata tutti e’ pericoli che conosce che possono essere, e presuppone sempre el peggio de’ peggi; l’animoso, che ancora lui gli
conosce tutti, considerando quanti se ne possino schifare dalla industria degli uomini, quanti ne fa smarrire el caso per se stesso, non
si lascia confondere da tutti, ma entra nelle imprese con fondamento e con speranza che non tutto quello che può essere abbia a essere
(…) Nel maneggiare si scopre più facilità; (…) facendo, le difficoltà per se medesime, si sgruppano.

Delitto e castigo (F. Dostoevskij)
“Dovete scusare me che sono vecchio – voi che siete ancora giovane e, per così dire, di primo pelo, e che perciò più di ogni altra cosa
apprezzate l’intelligenza umana, come tutti i giovani. L’acutezza briosa dell’ingegno e i ragionamenti astratti dell’intelletto vi
seducono. È proprio come la storia del vecchio consiglio di guerra austriaco, almeno per quel tanto che so di cose militari: sulla carta,
essi avevano sconfitto e fatto prigioniero Napoleone, e lì, al chiuso del loro gabinetto, avevano calcolato e dedotto tutto con il
massimo acume; ma poi, guarda un po’, il generale Mack si arrende con tutta la sua armata (…) La realtà e la natura, amico mio,
sono una cosa importante, e a volte tagliano tremendamente le gambe al calcolo più sagace! (…) L’ingegno, secondo me, è una cosa
magnifica; è, per così dire, l’ornamento della natura e la consolazione della vita (…) Ma la natura, alla fine, aiuta questo povero
giudice istruttore, ecco qual è il guaio! (...) Lui, magari, cioè il mio uomo, il caso particolare, il mio incognito, mentirà e mentirà
benissimo, nella maniera più scaltra; ecco dunque, verrebbe fatto di pensare, il trionfo: potrà godersi i frutti della sua ingegnosità; e
invece, paffete! Proprio nel momento più interessante e più scabroso, eccoti che sviene (.,.) Non ha tenuto conto della natura. Ecco
dov’è l’insidia! Un’altra volta, trascinato dalla briosità del proprio ingegno, comincia a farsi beffe dell’individuo che sospetta di lui,
ed ecco che impallidisce come volutamente, come per gioco; ma impallidisce in maniera fin troppo naturale, fin troppo verosimile, e
di nuovo fa nascere un sospetto! Ammettiamo che lo infinocchi la prima volta; ma di notte l’altro ci pensa su, se non è proprio un
minchione. E così via, a ogni passo! E non è tutto: lui stesso comincia a mettere le mani avanti, a farsi vedere dove nessuno lo
chiama, a parlare senza fine di cose di cui al contrario dovrebbe tacere, comincia a tirarti fuori delle allegorie, eh, eh! Si presenta lui
stesso e comincia a chiedere: perché non mi avete ancora arrestato? Ah, ah, ah! E questo può capitare anche all’uomo più intelligente,
a uno psicologo e a un letterato! La natura è uno specchio, uno specchio, e dei più trasparenti! Guardati dentro e ammirati, ecco come
stanno le cose! Ma perché siete impallidito, **? Vi manca forse l’aria? Volete che apra la finestra?”
“Oh, vi prego, non disturbatevi!” esclamò ** scoppiando d’un tratto a ridere. “Non disturbatevi, prego!”
*** gli si fermò davanti, attese un momento e di colpo scoppiò lui stesso a ridere, seguendo l’esempio dell’altro. ** si alzò dal
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divano, e troncò di netto la propria risata, chiaramente isterica.

Etica Nicomachea (Aristotele), presentazione del 1979, edizione Rusconi
Per Aristotele la natura fornisce all’uomo solo delle capacità potenziali: come si diventa costruttori costruendo, musicisti suonando,
così si diventa (…) coraggiosi componendo atti di coraggio (…) Nell’esercizio abituale di un certo tipo di azione si acquisisce la
disposizione a compierle bene o male. Ed è di importanza determinante alle abitudini virtuose si sia iniziati fin dalla più tenera età.
Chi non ha mai paura è insensibile o pazzo (…) Spesso il temerario simula soltanto il coraggio, è precipitoso e incoerente e
sostanzialmente vile (…) Il coraggio consiste in un comportamento equilibrato e fermo di fronte sia a ciò che ispira timore sia a ciò
che suscita ardore (…) Il coraggio (…) dovuto alla maggiore esperienza delle situazioni di pericolo è più apparente che reale.
L’impulsività aggressiva, di per sé comune anche alle bestie, può avvicinarsi molto al coraggio se deriva da una scelta ed è
accompagnata dalla consapevolezza del fine (…) Non sono propriamente coraggiosi coloro che sentiamo tali solo perché hanno
molta fiducia nelle proprie forze e quindi sottovalutano i pericoli. Ancora più lontani dal vero coraggio sono coloro che né vedono i
pericolo né hanno particolare fiducia in sé stessi.

Il signore degli anelli (J. R. R. Tolkien)
** non perse tempo a pensare se fosse un atto di coraggio, follia o disperazione (...)
*** non perse tempo a domandarsi che cosa dovesse compiere, se un atto di coraggio, di lealtà o di collera (...)
"Inutile, sono tutti morti" (...) , pensò ** (...) Ma no, doveva arrivare alla fine, indipendentemente dalla possibilità di rivederli". La
debolezza era passata (...)
Mentre la speranza moriva nel cuore di ***, o sembrava morire, essa si trasformò in una nuova forza. Il semplice viso dello hobbit
*** divenne deciso, quasi severo e in lui la volontà si rinforzò, mentre le sue membra erano percorse da un fremito, ed egli si sentì
come trasformato in un essere di roccia e acciaio che né la disperazione né la stanchezza né infinite miglia di deserto potevano
soggiogare. Con un nuovo senso di responsabilità volse lo sguardo verso il terreno circostante, studiando la prossima mossa (...) Si
accorse con sorpresa che era stanco ma più leggero e che la sua mente era di nuovo chiara, non più turbata da lotte interiori.
Conosceva tutti i motivi di disperazione e non voleva ascoltarli. La sua volontà era irremovibile, e solo la morte avrebbe potuto
spezzarla. Non sentiva più né desiderio né bisogno di sonno, ma piuttosto di vigilanza. Sapeva che tutti i pericoli stavano ora
convergendo verso un unico punto: il giorno seguente sarebbe stato un giorno decisivo (...) ** (...) si mise ad avanzare carponi. *** lo
guardò, (...) aiutò ** a salire sulle sue spalle, (...) poi si alzò in piedi e (...) avanzò come meglio poteva e la sua unica guida era la
volontà di arrivare più in alto possibile (...) A un tratto fu colto da un'inesplicabile sensazione d'urgenza. Era come se qualcuno
l'avesse chiamato: "Adesso, adesso, o sarà troppo tardi" (...) Sollevò di nuovo ** (...)
"Dopo aver fatto tanta strada non voglio ancora darmi per vinto. Non è nel mio carattere (...) Che vicenda abbiamo vissuto (...) Vorrei
sentirla narrare" (...) E mentre parlava così per tener lontana la paura sino alla fine, i suoi occhi vagavano verso nord, sempre più a
nord sulle ali del vento, laggiù dove il cielo era limpido e la fredda brezza diradava l'oscurità e le nubi lacerate (...)
"Apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli (...) Quella era una lunga storia, al di là della gioia e
della tristezza".
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FORME DIVERSE DI INTELLIGENZA E ABILITÁ

Marziale
Aulo, ti stupisci che il nostro Fabullino si faccia ingannare così spesso? Un uomo onesto ha sempre molto da imparare.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
Chi è incapace di commettere un grande delitto non ne sospetterà facilmente gli altri (…) Dovremmo meravigliarci soltanto di poterci
ancora meravigliare.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
A spiegare perché il disonesto, e talora anche lo sciocco, riescano quasi sempre nella vita meglio dell’onesto e dell’intelligente, vale
il fatto che il disonesto e lo sciocco trovano meno difficoltà a entrare in sintonia col mondo che, in prevalenza, è solo disonesto e
stupido, a differenza dell’uomo onesto e accorto che, non potendo con identica velocità armonizzarsi con l’ambiente, perde tempo
prezioso alla realizzazione della propria fortuna. Gli uni sono come i mercanti i quali, al corrente della lingua del paese, riescono a
vendere e approvvigionarsi rapidamente, mentre altri sono costretti a imparare la lingua dei loro fornitori e clienti (…) Non riesco a
concepire una saggezza priva di diffidenza. La Scrittura ha detto che “la paura del Signore è l’inizio della saggezza, ma io avrei detto
“la paura degli uomini”.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Nella società l’essenziale non è conoscere gli uomini, ma, al momento buono essere più abile di quello che ci sta davanti. Le fiere e i
ciarlatani di piazza ne testimoniano.

Ricordi (F. Guicciardini)
Assai si vale chi ha buono giudicio di chi ha buono ingegno: molto più che pel contrario (…) Non si può (…) intendere bene o
aggiungere a certi particulari senza la esperienza che sola gli insegna (…) Quanto più si pensano le cose tanto più si intendono e
fanno meglio.

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Creatività (E. Balconi e M. Erba)
Non si può più parlare di un’intelligenza unica, ma di diverse forme d’intelligenza, alcune delle quali possono non essere pienamente
descritte dai comuni test psicometrici (…) Per esempio (…) Thomas Alva Edison (…) è a pieno titolo ritenuto un genio (…) ma da
bambino ebbe enormi difficoltà di apprendimento (…) e secondo alcuni era dislessico (…) La dislessia si caratterizza per
un’incapacità a leggere le parole e a scrivere lettere e parole. Sembra avere un’elevata distribuzione familiare, e un’associazione
notevole con il mancinismo, sia nei bambini affetti che nei loro familiari (…) I dislessici sono sul piano intellettivo (…) “normali”
(…) o in certi casi (…) superiori alla media. I bambini affetti da dislessia spesso manifestano anche altri disturbi neuro-psicologici,
fra cui percezione inadeguata di spazio e forma, (…) in alcuni casi (…) disgrafia, che è un (…) disturbo nella capacità di scrittura
(…) senza difficoltà nell’interpretazione delle parole e delle frasi, o (…) discalculia, (…) un deficit nella capacità di calcolo (…)
senza difficoltà nella comprensione delle operazioni matematiche.

Interviste e colloqui nelle organizzazioni (A. Castiello D'Antonio)
Gardner definì il modello delle intelligenze multiple (...) Le proprie risorse sono spesso date per scontate perché naturalmente
presenti (...) e non se ne è ben consapevoli.

Wechsler
L'intelligenza è sfaccettata e multideterminata (...) È una funzione della personalità intera e dipende da altri fattori oltre che dai fattori
relativi alle capacità cognitive.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
L’individuo di talento rappresenta uno scarto dalla normalità (…) tanto verso l’alto, quanto verso il basso. Ne risulta una certa
tensione tra opposti, la quale a propria volta conferisce alla personalità temperamento e intensità (…) La sua natura contraddittoria
(…) lo predispone a una conflittualità interna (…)
Individuare il bambino dotato è tutt’altro che semplice (…) Può persino distinguersi negativamente per la sua particolare distrazione,
ha la testa piena di sciocchezze, può essere pigro, (…) maleducato, testardo (…) È difficile distinguere il bambino dotato da un
bambino con un ritardo mentale (… ) Spesso (…) divora libri in quantità (…)La stessa preponderanza di fantasticherie e di interessi
abnormi si trova anche nell’anamnesi di successive nevrosi e psicosi (…) I bambini dotati non sono affatto sempre precoci, anzi
hanno uno sviluppo lento, sicché le loro doti restano a lungo latenti. (…)La personalità dell’individuo dotato oscilla tra estreme
contraddizioni. È infatti molto raro che il talento riguardi in modo più o meno uniforme tutti gli ambiti psichici. Di norma anzi l’uno
o l’altro ambito sono così carenti che è addirittura possibile parlare di un deficit. Soprattutto (…) nell’ambito del talento specifico
può emergere un’abnorme precocità, mentre tutte le altre funzioni psichiche sono ancora al di sotto della soglia normale relativa
all’età. (…) Oppure può darsi che l’intelligenza precoce del bambino non sia accompagnata da un analogo sviluppo della capacità di
esprimersi con il linguaggio (…) Può anche succedere che il talento riguardi un ambito che esula dall’insegnamento scolastico (…)
Bisogna anche considerare che è (…) impossibile trasmettere (…) il senso matematico (…)
Le difficoltà del bambino dotato non riguardano solo l’ambito intellettuale (…) Oltre alle doti dell’intelletto, ci sono anche quelle del
cuore (…) In casi come questi la testa spesso è più debole del cuore. Eppure queste persone sono più utili e più preziose per il
benessere della società di chi possiede altre doti (…) La tendenza a travisare i fatti, a mentire, e altre negligenze morali così frequenti
tra gli adulti, possono diventare un grosso problema per un bambino dotato di senso morale (…) Si è spesso tentati di considerare
come dotati di una spiccata individualità e di una propria volontà i bambini particolarmente strani o cocciuti, disubbidienti o difficili
da educare. Ma è un errore (…) Le caratteristiche disturbanti di quest’ultimo tipo di bambini non sono tanto l’espressione della loro
natura, quanto piuttosto il riflesso di influssi disturbanti da parte dei genitori, tanto che quando un medico ha a che fare con un
bambino affetto da un disturbo nervoso, la cosa giusta da fare sarà anzitutto prendere in cura i genitori (…) L’insegnante è spesso
costretto a scontare i guasti dell’educazione che il bambino ha ricevuto in famiglia (…)Nel bambino dotato, la distrazione (…) e
l’indolenza si rivelano una difesa (…) contro le influenze esterne (…) Il bambino evolve gradualmente da uno stato inconscio a uno
stato conscio (…) Gli influssi dell’ambiente (…) più profondi, sono inconsci. (…) Accade (…) che (…) l’azione educativa generale
incontri resistenze insormontabili (…) L’insegnante (…) sarà propenso a imputare questa difficoltà alla disposizione patologica
dell’allievo. Un’indagine più precisa però dimostrerà spesso che il bambino proviene da un ambiente familiare particolare (…) In
casa il bambino ha acquisito un atteggiamento che lo rende inadatto alla collettività. (…) È necessaria soprattutto una conoscenza
approfondita della vita familiare dell’allievo (…) Un’altra cosa che dobbiamo sapere è quali effetti altre cause esterne abbiano
prodotto nell’animo del bambino, (…) il che si può ottenere dalle sue dichiarazioni.

Creatività (E. Balconi e M. Erba)
Un soggetto, un artista, per essere creativo deve presentare diverse caratteristiche irrinunciabili: deve essere innanzitutto curioso (…)
La personalità creativa è anche caratterizzata dal bisogno di successo: solo puntando in alto, infatti, si possono raggiungere obiettivi
insperati (…) Deve essere anche una persona autoritaria, in grado di ordinare i suoi pensieri e di obbligarsi a perseguirli (…) Il
creativo è scarsamente inibito, (…) ha (…) un animo non convenzionale (…), è intuitivo e (…) versatile (…) Non si ferma in un solo
campo e (…) ha la forza di andare avanti (…) Ha una capacità di autoanalisi non indifferente (…) Gli artisti sono persone solitarie,
che amano la solitudine e il silenzio, perché in questi trovano la dimensione giusta per capire, per comprendere, per scoprire, per
creare appunto (…)Gli individui creativi e fuori dall’ordinario mostrano, secondo una logica ben precisa, una tendenza a un pensiero
di natura “allusiva”, che forse è in grado di renderli capaci di trovare collegamenti logici fra idee o situazioni molto distanti (…) Il
creativo trova collegamenti inarrivabili ai soggetti normodotati, ma estremamente logici e privi di gap o imprecisioni atti a invalidarli
(…) È come se fossero soggetti ipersensibili alle stimolazioni, come certi animali il cui olfatto molto sviluppato li rende capaci di
annusare qualsiasi traccia olfattiva, anche la più impercettibile. I creativi (…) presentano una fluenza ideativa e una spiccata
preferenza per la complessità delle cose che potrebbero derivare da più elevati livelli di attenzione che stimola un migliore utilizzo
delle aree cerebrali deputate al ragionamento (…) “Sommersi”da stimoli (…) sono in grado di trovare il bandolo della matassa, (…)
riescono (…) a dare un nome alle cose. È molto probabile, inoltre, che i soggetti creativi, oltre a mostrare un livello attentivo
superiore alla media, presentino anche una maggiore e specifica capacità di associazione (…) unita ad un’incredibile velocità di
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elaborazione (…) La creatività è la capacità di ristrutturare un vecchio pensiero, (… ) di renderlo nuovo, originale, di arricchire
quindi vecchie conoscenze già apprese.

Piccola guida per persone intelligenti che non sanno di esserlo (B. Milletre)
Nel 1981 il neurofisiologo americano Roger W. Sperry ha ottenuto il premio nobel per la medicina grazie alle sue scoperte sul
cervello, che potrei riassumere in questo modo: esistono due modalità di funzionamento cerebrale, una più intuitiva e globale, l’altra
più analitica e sequenziale (…)Nelle persone con ragionamento globale il centro del pensiero si trova nell’emisfero destro, in quello
con ragionamento sequenziale, invece nell’emisfero sinistro (…) Alcuni ricercatori hanno misurato la velocità di trasmissione
dell’impulso nervoso nel cervello e hanno scoperto che è più elevata nelle persone con ragionamento globale. Anche il loro pensiero
è più veloce e questo rende possibile un’organizzazione neuronale reticolare, in cui una determinata informazione viene analizzata
contemporaneamente dai diversi centri nervosi. È grazie a questo che voi che usate l’emisfero destro potete elaborare le informazioni
in parallelo (…) e trasmettere al cervello e registrare un numero maggiore di informazioni (…) Si tratta del 15 o al massimo 30 per
cento della popolazione mondiale (…) Il mondo dell’emisfero destro è il mondo delle associazioni originali, perfino inusitate, il
mondo della metafora e dell’analogia, dove contano soprattutto il “come fare” e l’inventiva. È inoltre il luogo dell’intuito (…) Le
persone dal ragionamento sequenziale sono generalmente ben adattate al sistema scolastico tradizionale, in cui viene insegnato un
concetto dopo l’altro, senza fornire necessariamente una visione globale. Gli allievi sequenziali non hanno problemi a giustificare il
loro ragionamento, perché hanno accesso alle tappe che hanno permesso loro di arrivare alla conclusione (...) Il fatto che la società
non tenga conto dell’emisfero destro è una delle cause principali della mancanza di fiducia in se stessi nelle persone che ragionano in
modo non lineare, almeno fino ad oggi: le potenzialità di questo tipo di ragionamento sono infatti tali, che alcuni studiosi non esitano
a parlare di vantaggio adattativo per le aziende di domani (…) Le persone si sentono perse e confuse e provano un malessere che si
traduce, unito allo stress, in una sensazione di incompiutezza, di disorientamento, di mancanza di fiducia in se stessi. Questo
malessere deriva dalla diversità di queste persone che avvertono nel loro profondo e con la quale non riescono a vivere bene (…) Tale
differenza comporta continui paragoni con gli altri (sfavorevoli, naturalmente benché non ci sia nulla di realmente paragonabile), che
conducono inesorabilmente a una mancanza di fiducia nei loro punti di forza e nelle loro capacità, che non riconoscono più. Eppure il
modo di ragionare di queste persone si rivela incredibilmente efficace: permette di riflettere senza sforzo, di strutturare le idee
pensando ad altro, di essere innovativi e brillanti e di realizzare i propri progetti, solitamente originali, che permettono di crescere e
di trovare la serenità (…) Addirittura molte persone con l’uso dell’emisfero destro sono convinte di essere affette da gravi patologie:
uno crede di essere maniaco depressivo, l’altro pensa di avere una personalità borderline… perché? Se una persona con ragionamento
sequenziale adottasse i loro stessi comportamenti e atteggiamenti, allora sarebbe pretenziosa, illogica, disorganizzata, instabile e
potrebbe presentare i sintomi di una patologia, ma nel caso di chi usa l’emisfero destro non è così: si tratta del loro normale
funzionamento, il solo che li rende efficienti e permette loro di realizzarsi. Per di più, non può essere modificato… Questo è
importante (…) Non lasciate che gli altri vi destabilizzino con paragoni che non hanno ragione di esistere; abbiate fiducia nella vostra
capacità di affrontare i problemi, di risollevarvi e adattarvi: questa è la vostra capacità fondamentale, la più importante.

Jane Eyre (C. Bronte)
I miei pensieri si perdono continuamente; quando dovrei stare attenta alla signorina ** e far tesoro di tutto quel che dice, spesso
dimentico anche il suono della sua voce, cado in una specie di sogno (…) Mi stavo domandando come mai un uomo che voleva
seguire la via giusta poté agire così stoltamente e in maniera così ingiusta come fece tante volte Carlo I; fu proprio un peccato,
pensavo, che, con la sua rettitudine e senso di responsabilità, non potesse vedere oltre le prerogative della corona. Se solo avesse
potuto guardare a distanza e capire dove tendeva quello che chiamano lo spirito del tempo! E tuttavia Carlo I mi piace… lo rispetto…
mi fa pietà quel povero re assassinato! Sì, i suoi nemici furono disumani: versarono un sangue che non avevano il diritto di versare.
Come hanno osato ucciderlo? (…) La soddisfazione di aver mangiato, il fuoco che ardeva, la presenza e la cordialità della sua
adorata maestra, o, forse, ancor più di tutto questo, qualche cosa che emanava dalla sua anima, aveva stimolato in lei tutte le sue
facoltà intellettuali (…) Infine la sua anima affiorò alle sue labbra, e il linguaggio fluì non potrei dire da quale sorgente. Una
ragazzina di quattordici anni può avere un cuore così grande, così forte da contenere tutta l’irruenza di una pura, piena, fervida
eloquenza? Era questa infatti la caratteristica del parlare di *** in quella sera indimenticabile; il suo spirito sembrava ansioso di
vivere in pochi attimi quello che molti vivono in una lunga esistenza. Parlarono di cose che io ignoravo del tutto: di paesi ed epoche
remote; di sperdute regioni; di segreti della natura scoperti o intravisti: parlarono di libri: quanti ne avevano letti! Quante cose
sapevano! (…) Nel raggiungere il dormitorio udimmo la voce della signorina **, che stava esaminando i cassetti; aveva appena tirato
fuori quello di *** e, come entrammo, *** fu accolta da una severa paternale e avvertita che, il giorno dopo, avrebbe dovuto portare
agganciati sulle spalle una mezza dozzina di capi mal piegati.

Richetto dal ciuffo (C. Perrault)
Ella non rispondeva o dava una risposta fuori luogo se le si chiedeva qualcosa ed era goffa nei movimenti (…) La regina non riusciva
ad impedirsi di rimproverarne la goffaggine, cosa che per poco non fece morire di dolore la povera principessa (…) Un giorno che si
era ritirata nel bosco per piangere da sola, si vide venire incontro ** (…) Lei gli disse: “Preferirei essere brutta e avere spirito. E **
rispose: “Nulla prova che una persona ha davvero spirito quanto il credere di non averne affatto; è nella natura di questa virtù che più
se ne ha più si crede di mancarne. Ho comunque il potere di regalare spirito a chi amo” (…) Si sentì allora del tutto diversa e trovò di
una facilità incredibile dire tutto ciò che voleva e in modo fine e naturale.

Pollicino (C. Perrault)
Pollicino era diventato il capro espiatorio della famiglia e gli davano sempre torto. Tuttavia egli era invece il più acuto e il più sveglio
di tutti i fratelli e se parlava poco è perché sapeva ascoltare molto (…) A nessuno dispiace di avere molti figli, quando sono tutti belli,
alti, crescono bene e dimostrano uno spirito brillante. Ma se uno di loro è fragile e parla poco, lo si disprezza, deride e distrugge.
Tuttavia a volte è proprio quel piccolo che farà la fortuna.

La sirenetta (H. C. Andersen)
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Era tranquilla e pensierosa (…) Il mondo degli uomini le sembrava più grande del suo (…) Finalmente compì 15 anni (…) Nuotò
tanto vicina alla terra quanto nessuna delle sorelle aveva osato fare (…) C’erano tante cose che desiderava sapere (…) La strega le
recise la lingua (…) Così raggiunse il mondo di sopra (…) si gettò nelle danze, anche se ogni volta che toccava il suolo col piede, era
per lei come andare su coltelli affilati (…) Il principe non riconosceva in lei la sua salvatrice (…) Lei non parlò (…) Piangere non
poteva (…) Alle nozze di lui (…) sorrise e danzò col pensiero della morte in cuore (…) Il suo corpo si sciolse in schiuma (…) Il sole
sorse alto sul mare (…) e lei si accorse di avere un corpo (…) che si alzava a poco a poco dalla schiuma, (…) ascese allora al mondo
delle creature aeree (…) e per la prima volta sentì le lacrime agli occhi (…) Invisibile a tutti (…) si allontanò con le figlie dell’aria.

I cigni selvatici (H. C. Andersen)
Quando compì 15 anni (…) la malvagia regina la spalmò con succo di noci per scurirla e di unguento puzzolente (…) e nessuno volle
riconoscerla (…) e uscì tristemente dal suo castello (…) Un principe la condusse con sé. Il matrimonio fu celebrato. L’arcivescovo le
calò troppo stretta la corona per farle male (…) ma un anello più stretto le serrava il cuore. La sua bocca rimase muta (…) Doveva
restare muta e compiere muta il suo lavoro (…) Sapeva che poteva usare per il suo lavoro le ortiche del cimitero (…) L’arcivescovo
la vide uscire (…) e denunciò (…) Fu condotta in un carcere oscuro e umido, dove sibilava il vento (…) Le giungevano all’orecchio i
canti ingiuriosi dei monelli di strade (…) Nessuno aveva per lei una parola affettuosa (…) Tutto il popolo accorse per vedere bruciare
la strega (…) e lanciava ingiurie (…) Lei perfino andando alla morte non abbandonava il lavoro (…) Quando il boia le afferrò la
mano, ella gettò il risultato del suo lavoro quasi ultimato sui fratelli (…) – Ora posso parlare! – ella disse – sono innocente (…) Il
fratello si mise a raccontare, (…) le campane si misero a suonare da sole e subito sopraggiunsero gli uccelli a stormi.

Un volto (M. Moore)
Uno farebbe lo specchio a pezzi, quanto tutto ciò che uno dev’essere è solo amore dell’ordine, ardore, semplicità che va dritta al
cuore e occhi che sanno interrogare.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Certi difetti sono necessari all’esistenza dell’individuo. Ci spiacerebbe se i nostri amici perdessero i loro caratteri.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Non m’importa che il tuo amico appaia di animo troppo rozzo e aspro. Preferisco un giovane triste a uno allegro e caro alla folla. Il
vino, quando è nuovo, sembra forte e pungente ed è poi buono. La sua malinconia gli farà bene quando sarà avanti negli anni, purché
egli persista nella pratica della virtù e si dedichi agli studi, non a quelli in cui è sufficiente una spruzzatina, ma questi in cui bisogna
immergere l’animo.

Lettera di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
A quattordici anni sono caduta in una di quelle disperazioni senza fondo proprie dell’adolescenza (…) a causa delle mie mediocri
facoltà naturali (…) Dopo mesi di tenebre interiori ho avuto improvvisamente e per sempre la certezza che qualunque essere umano,
anche se le sue facoltà naturali sono pressoché nulle, può spingersi nel regno della verità riservato al genio a patto che desideri la
verità e faccia un continuo sforzo di attenzione per raggiungerla.

Lord Jim (J. Conrad)
Il coraggio, (...) quella facoltà innata di guardare dritto in faccia alle tentazioni, (...) è una disposizione assai poco intellettuale ma
esente da pose e senza prezzo, una irriflessiva e benedetta durezza di fronte ai terrori di fuori e di dentro, di fronte alla potenza della
natura e alla corruzione allettatrice degli uomini, col sostegno di una fede invulnerabile contro la forza dei fatti, il contagio
dell'esempio, la sollecitudine delle idee. Che vadano sulla forca le idee! (...) Sono vagabonde e ognuna si prende un poco della vostra
sostanza, si porta via qualche briciola di quella fede in poche nozioni semplici alle quali dovete attenervi se intendete vivere
decorosamente e morire in pace (...) immuni dai capricci dell'intelligenza e dai disordini dei nervi.

Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe (B. Bettelheim)
Vagarono alla superficie e trovarono soltanto cose grossolane nonostante tutta la loro presunta intelligenza: ciò suggerisce le
limitazioni di un intelletto che non si basi sui poteri dell'inconscio – ivi inclusi sia l'Es che il Super-io – e non ne sia sostenuto (...)
L'intelligenza può essere un dono di natura, è intelletto indipendentemente dal carattere. La saggezza è invece la conseguenza della
profondità interiore, di esperienze pregnanti che hanno arricchito la vita della persona: un riflesso di una personalità ricca e ben
integrata (...) L'inconscio ci parla per immagini piuttosto che a parole ed è semplice quando venga confrontato con le produzioni
dell'intelletto (...) È considerato l'aspetto meno nobile della nostra personalità da cui traiamo la nostra massima forza (...) E siamo
soltanto noi stessi che possiamo tramutare il primordiale, rozzo e più mediocre contenuto del nostro inconscio nei più raffinati
prodotti della nostra mente (...) Purtroppo senza dolore non è possibile raggiungere l'integrazione della personalità.
Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Alcuni sono giunti alla verità senza l’aiuto di nessuno: si sono fatti strada da sé, hanno trovato in se stessi l’impulso per avanzare.
Altri hanno bisogno dell’assistenza altrui: non andranno avanti se nessuno li precederà, ma sapranno seguire la loro guida. Non
bisogna disprezzare chi può salvarsi con l’aiuto altrui: la volontà di salvarsi è già una gran cosa. È più fortunato chi non ha trovato
ostacoli nella sua natura, ma è più meritevole chi si è salvato a forza verso la saggezza.

Cronistoria a Lessico familiare di N. Ginzburg (Scarpa)
Secondo il suo stesso ritratto (…) inetta, disorganizzata, demoralizzata, timida, pigra, ritrosa e mantenuta a galla solo dalla sua
obbedienza alla verità e dirittura morale (…) Potrà sembrare una combinazione sconfortante e lo è, ma esiste anche qualcosa che
attira (…) nella sua lotta per sollevarsi dalla debolezza alla rettitudine.

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Nel ventre della balena (M. Moore)
Hai vissuto e vissuto tra ristrettezze d’ogni sorta, le streghe ti hanno costretta a filare oro dalla paglia, hai sentito gli uomini dire: “È il
suo temperamento femminile, così radicalmente opposto al nostro, che la fa agire così. Limitata da un’eredità di cecità e di
incompetenza nativa, rinsavirà e dovrà cedere. Costretta dall’esperienza, finirà per arrendersi. L’acqua tende sempre a livellarsi.” (…)
e tu hai sorriso: l’acqua in movimento non tende affatto a livellarsi (…) Tutte le volte che un ostacolo le sbarrava il corso, tu l’hai
veduta automaticamente sollevarsi.

Binario 3 (Samuele Bersani)
Bisognerebbe adesso darsi delle regole, ricordarsi di essere uomini fermarsi e ridere e così tornare a dare credito agli stimoli e
allenarsi sulla pertica (…) Bisognerebbe rilassare tutti i muscoli, saltare qualche virgola, buttarsi un po' di più e poi provare ad
alleggerire il carico, buttando a mare secoli di solitudine. Bisognerebbe non dormire sugli spigoli e, in barba anche alla fisica, pensare
a testa in giù, rifiutar di esser competitivi al massimo per avere un certo credito, una personalità, e non fidarsi degli esperti in ogni
genere (…) che spesso poi fan schifo a vivere, non riescono ad ammetterlo e si piacciono moltissimo così. (…)Bisognerebbe dare al
fegato un motivo per contorcersi e non perdere la sua elasticità e non stare lì ad accontentarsi degli spiccioli dell'anima del cuore e
delle idee, ma accumulare capitali a passi piccoli fatti di ricordi che non dicono bugie, condizionati dagli anticipi e i ritardi che ci
cullano a miliardi verso la felicità. Bisognerebbe grattugiare tutti gli angoli e, finalmente sferici, buttarsi giù e rotolare in una corsa
inarrestabile da vertigine a sfidar la gravità, frenare solo un metro prima di cadere giù, alzarsi in piedi e di colpo, lì per lì, illuminarsi
di un amore che era scritto non so dove, non so come arrivato (…)Qualcosa come innamorarsi a Napoli sotto le nuvole volate via
(…)per poi pensare sulla scala mobile che è bello vivere ed è così. È un occasione per sentirsi uomini capaci ancora di sorprendersi.

Lsd (Bluvertigo)
Ho un rifiuto quasi naturale, forse sono abituato male nel rapporto interpersonale. Io leggo che ci sarà una previsione astrale, questa
vita è troppo uguale. Sono stanco di relazionarmi agli altri. Oltre al patimento di ascoltare parlare la gente che si dice contenta,
persuasa, convinta che sia bella la vita col sole nel cielo d'estate, oltre a tutte le mie questioni esistenziali, devo subire i problemi
personali dell'analista, da cui mi confesso le sere d'inverno (...) Ho capito cosa devo fare, forse tu sei un po' superficiale, troppo
semplice nel ragionare, io vedo che se fossi meno intelligente, e anche molto più freddo, sarei più quieto nei nervi e nella mente. Il
cosmo è ricco di particolari e più ne vedo, più mi sembrano amari. La mia terra è fatta da rapporti umani, quasi tutti deteriori e a
volte sono anche deleteri (...) Cosa stai dicendo? Non connetti. Forse è troppo tempo che rifletti. Lascia invece che il tuo spirito si
liberi nell'aria e trovi la sua dimensione eterna.

La tua realtà (M.Gazzè)
Pensa se di colpo tutte le paure finissero a terra come fanno le mele. Pensa a come inizieresti meglio ad organizzare il tuo giorno (…)
Forse riusciresti ad ammucchiare il tempo nel buco che lascia il loro sguardo vuoto. E ti diranno sbrigati sei troppo lento, ma non
devi muovere un dito fin quando non l'avrà deciso la tua volontà. Pensa se di colpo tutte le paure finissero a terra come fanno le mele:
qualcuno le ha spinte o le ha lasciate cadere oppure è soltanto che tu intanto avrai maturato la tua realtà. Tu dormi quanto vuoi.

Del tutto personale (M. Gazzè)
Oggi sono stanco dormo ancora. Nel pomeriggio il sonno mi giova. Lentamente giungono i segnali dell'immensità. Settembre riposa.
Ho giocato a vivere così, bevendo il passato a sorsi brevi. Delle poche cose che conosco farò mare pescoso dove l'esca dei miei
ricordi troverà sempre qualcosa. Lascerò quello che non conosco alla curiosità degli altri ora che la mia dignità è del tutto personale.

I fratelli Karamazov (Dostoevskij)
“Proprio a quel punto mi è venuto in mente che voi mi disprezzaste profondamente per la mia foga di mettermi in mostra e in quel
momento vi ho perfino odiato e ho cominciato con il mio sermone (…) Più tardi ho avuto l’impressione (…) quando dicevo:“se non
ci fosse Dio, bisognerebbe inventarlo”, che mi stessi dando troppo da fare per mettere in mostra la mia erudizione, tanto più che
quella frase l’ho letta proprio in un libro (…) Alle volte immagino Dio solo sa cosa, che tutti ridano di me, tutto il mondo e in quei
momenti sono pronto a distruggere l’intero ordine delle cose (…) Sono molto ridicolo?”(…) “Non capita in ogni momento a tutti di
essere o sembrare ridicoli? (…) Inoltre, quasi tutte le persone che abbiano delle qualità oggigiorno hanno la paura terribile di rendersi
ridicole (…) Oggigiorno perfino i bambini hanno cominciato a soffrire per questo (…) è quasi una follia (…) Voi siete come tutti gli
altri (…) solo che non bisogna essere come tutti, ecco” (…) “Sapete, **, la nostra mi sembra una dichiarazione d’amore, (…) non è
ridicolo, non è ridicolo?” “Non è affatto ridicolo, e anche se fosse ridicolo, non farebbe nulla, perché è un bene.”

L’io e l’inconscio, parte II, cap. 1 credo in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
Interi strati della popolazione, nonostante la loro notoria inconsapevolezza, non diventano nevrotici. I pochi che sono colpiti da
questo destino sono uomini propriamente “superiori”, ma rimasti per qualche ragione troppo a lungo in uno stadio primitivo. La loro
natura alla lunga non tollerò di perseverare in un’ottusità per essa innaturale. La ristrettezza della loro coscienza e la limitatezza della
loro esistenza fecero loro risparmiare un’energia a poco a poco inconsciamente ingorgatasi e infine esplosa in forme di nevrosi più o
meno acute (…) Per spiegarlo (…) basta (…) il comprensibilissimo impulso alla realizzazione di sé.
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Ci sono forme sfumate e parziali (...) In questi casi l'accanimento diagnostico (...) l'uso di etichette stigmatizzanti, (...) difficilmente
aiuta il bambino e anzi può contribuire a mettere in difficoltà lui e soprattutto le persone che gli stanno vicino (...) Parole ne sono
state coniate tante (...) per inquadrare un disturbo che appare difficilmente inquadrabile (...) Fino a qualche anno fa si usava e abusava
del termine borderline.
Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Entrambe riconoscevano senza difficoltà d’essere “insicure e sradicate”, parole che datavano dal tempo dello psicanalista, che
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avevano ribattezzato Mamma Zucchero. Ma ultimamente ** aveva imparato a usare queste parole in un senso diverso, non come
qualcosa di cui doversi far perdonare, ma come le bandiere o le insegne di un atteggiamento che portava ad una filosofia diversa. (…)
“Abbiamo sempre sbagliato in tutto e la colpa è di Mamma Zucchero. Perché sicurezza ed equilibrio devono essere così importanti?
Perché deve essere sbagliato vivere emotivamente alla giornata in un mondo che cambia così in fretta?”La parola nevrotico
sottintende una condizione abbastanza cosciente o matura. L’essenza della nevrosi è il conflitto. Ma oggi l’essenza della vita, d’una
vita piena, che rifiuta di chiudere fuori quel che succede è il conflitto (…)
Il mondo di ** (…) era un mondo disordinato e “sperimentale” (…) dove le persone vivevano alla giornata, come le palline che
ballano continuamente su uno zampillio capriccioso d’acqua, restando aperte a ogni nuova avventura o sensazione (…)
** lesse il racconto: (…) “Il prigioniero francese (…) s’era reso conto da anni di non aver mai avuto un pensiero o un’emozione che
non cadesse immediatamente in due caselle (…) e si lamentava che i suoi pensieri e le sue emozioni fossero come biglie che rotolano
in corsie predisposte. Il giovane soldato algerino (…) sentiva che (…) niente di ciò che pensava e sentiva corrispondeva a tutto
quanto ci si aspettava da lui. Disse che invidiava il francese o che piuttosto sentiva che avrebbe dovuto invidiarlo. (…) Lo studente
francese disse che invidiava l’algerino con tutto il cuore e avrebbe voluto (…) una volta, per la prima volta nella vita, pensare una
cosa che fosse proprio sua, spontanea e libera e non trasmessagli in eredità dai nonni, da Freud o da Marx” (…)
“Non è possibile che il sognare che mi dà tanto piacere sia una fuga dal sentire?” (…), chiese ** (…). Nello studio di Mamma
Zucchero ci sono fiori dappertutto. Le pareti sono ricoperte da riproduzioni di capolavori (…). Mi dà piacere, come una galleria. Il
fatto è che niente nella mia vita corrisponde a qualcosa in questa stanza. La mia vita è stata sempre cruda, sommaria, incompleta,
grezza, sperimentale come la vita di tutte le persone che ho conosciuto bene. Mi viene in mente, guardando questa stanza, che il
carattere grezzo e incompleto della mia vita è precisamente ciò che vale in essa e a cui dovrei aggrapparmi (…)
Il dolore, non voglio metterlo da parte.

Le belle immagini (S. de Beauvoir)
-“** è troppo sensibile. Che le succede? Piange, fa domande che non sono della sua età e non studia più.”
-“Uno psicologo non te la rovinerà. Cercherà solo di vedere cosa c’è che non fila dritto.”
-“Filar dritto: che vuol dire? A parer mio c’è qualcosa che non fila poi tanto dritto anche nel cervello della gente che giudichi
normale. Se ** s’interessa ad altro piuttosto che ai programmi scolastici, non vuol dire che non abbia la testa a segno” (…)
Bere un bicchier d’acqua, far ginnastica: no. Questa volta si abbandona alla collera; un uragano le si scatena nel petto, la scuote in
ogni cellula, è un dolore fisico, ma ci si sente vivere (…) *** ha parlato con un tono violento di cui si meraviglia lei stessa. Seguire il
suo bravo binario senza deviare d’un dito, vietato guardare a destra o a sinistra, a ogni età i propri compiti, se ti prende la collera
beviti un bicchier d’acqua e fa un po’ di ginnastica. Ci sono riuscita, perfettamente ci sono riuscita; ma nessuno mi costringerà ad
educare ** nello stesso modo. Dice con forza: “Non impedirò a ** di leggere i libri che le piacciono o di vedere le compagne cui
vuole bene” (…) Era stata una donna sensibile; ma (…) l’hanno soffocata. **** le rimprovera la sua indifferenza, e ***** di non
avere cuore.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
La felicità viene immaginata e intesa come qualcosa da cui pena, turbamento e dolore sono esclusi. Ma questa idea di felicità è
fondamentalmente errata. Chi non riesce a provare dolore non è vivo, e chi non è vivo non può nemmeno essere felice (…) La
depressione è l’incapacità di provare emozioni (…) La felicità può essere definita come l’espressione di una intesa vitalità. Secondo
Spinoza, l’esperienza di una vita vissuta intensamente corrisponde alla gioia, alla felicità. All’opposto c’è la depressione, che
equivale all’assenza di emozioni. Chi vive intensamente prova sia gioia che dolore, che vanno di pari passo in quanto conseguenze di
una vita vissuta intensamente (…) Pare che alcuni psichiatri abbiano decretato che ci sentiamo rassicurati se abbiamo successo,
disponiamo di una vasta cultura e corrispondiamo agli standard sui quali si misura il successo (…) Ma poi questi critici parlano di
determinate sicurezze economiche irrinunciabili, come la tutela della vecchiaia, senza neppure chiedersi se una persona che mette da
parte un milione di dollari per trascorre agiatamente la propria vecchiaia, o che stipula una polizza di assicurazione sulla vita, non sia
vittima di tale esecrabile aspirazione (…) Un uomo come Mussolini, che era un gran vigliacco ma aveva il senso della teatralità,
coniò lo slogan del vivere pericolosamente (…) In ogni caso aveva capito che la gente è sensibile all’idea della vita come avventura.
A mio parere lo scopo dello sviluppo psichico è la capacità di sopportare l’insicurezza (…) Veniamo educati ad aspirare alla sicurezza
come unico scopo della vita. Ma possiamo ottenerla solo al prezzo di un completo conformismo, e di una completa apatia (…) Chi
vuole vivere intensamente deve essere in grado di sopportare una buona dose di insicurezza.

I persuasori occulti (V. Packard)
Nella pubblicità dei cosmetici e della biancheria intima il tiro venne concentrato su quei temi che avrebbero rassicurato la donna circa
la sua femminilità (…) Uno dei dipendenti dell’agenzia pubblicitaria suggerì questa interpretazione: “Secondo me occorrerebbe
mettere l’accento su una parola già sottolineata da Eric Fromm che è quasi completamente scomparsa dalla nostra società: la
tenerezza (…) Ho citato Fromm perché egli centra in pieno il gravissimo problema della donna che lotta duramente per farsi strada e
che paga il successo perdendo ogni attitudine alla tenerezza”.

Marte è di ghiaccio, Venere è di fuoco (J. Gray)
Una relazione appagante può aiutarci a produrre ormoni benefici. Ma serve dell’altro, ovvero un programma completo che coinvolga
la dieta, lo stile di vita e l’esercizio fisico (…) Dobbiamo ridurre il consumo di dolci e mangiare più cibi freschi, se vogliamo che la
glicemia sia stabile e che la nostra fabbrica di ormoni – le ghiandole surrenali – producano sostanze che stimolano il benessere e
riducono lo stress (…) Gli alimenti trasformati non fanno bene perché contengono zuccheri aggiunti e non contengono più le fibre
naturali (…) Anche i succhi di frutta fanno meno bene di quanto si pensi, perché sono privi delle fibre naturali contenute nella frutta
fresca (…) le fibre naturali rallentano il rilascio di zucchero nel sangue (…)Immaginate di versare otto cucchiaini di zucchero nella
caraffa d’acqua che portate in tavola! Se lo faceste il glucosio ematico salirebbe, e successivamente le ghiandole surrenali
secernerebbero cortisolo per impedire poi che gli zuccheri calino troppo. A quel punto avreste difficoltà a produrre gli ormoni del
benessere e quindi gli sbalzi d’umore sarebbero garantiti (…) Il cortisolo che ci fa venire ancora più voglia più voglia di zucchero. È
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un circolo vizioso, e dobbiamo intervenire per arrestarlo (…) La grande ingiustizia è che, come gli scienziati hanno recentemente
scoperto, basta mangiare un dolcetto troppo zuccherato per scatenare il ciclo della dipendenza (…)
In alcuni casi è un comportamento appreso nell'infanzia (...) Le donne alleviano lo stress entrando in contatto con il partner, non
allontanandosi da lui: parlare e condividere sono il modo in cui ricostituiscono le loro riserve di ormoni antistress. C’è però
un’eccezione: a volte le donne cercano la solitudine per prendersi cura di se stesse. In questo modo producono ossitocina e alleviano
lo stress. Purtroppo, non molte di loro ci riescono (…) Quando le donne rivendicano il proprio spazio e cercano il supporto di cui
hanno bisogno ovunque possano trovarlo, evitano di appoggiarsi eccessivamente al loro partner (…) Per raggiungere l’equilibrio e
ripristinare i livelli di ossitocina, le donne devono trovare regolarmente il tempo per dedicarsi ad attività rilassanti, come leggere un
buon libro (…) Le donne che riescono a far sì che altri settori della vita le appaghino al 90 per cento – lasciando all’uomo di colmare
solo l’ultimo 10 per cento – scoprono di essere felici.
RIBELLIONE METAFISICA

Non andartene docile in quella notte (D. Thomas)
Infuria, infuria contro il morire della luce. I saggi non se ne vanno docili in quella buona notte. Gli austeri, accorgendosi che occhi
spenti potevano brillare come meteore e gioire, si infuriano contro il morire della luce (…) con lacrime furiose. Infuriati, infuriati,
contro il morire della luce.

Ricordi, sogni, riflessioni (C. G. Jung)
Cristo e Buddha (...) sono per un superamento del mondo: ma Buddha con una visione razionale, Cristo come destinata vittima
sacrificale (...) Il sacrificio per Cristo è un ordine del suo destino (...) Entrambe le strade sono buone (...) Ma il corso della storia
portò all'imitazione di Cristo, con la quale l'individuo non segue il proprio fatale cammino verso l'interezza, ma cerca di imitare la via
seguita da Cristo. Anche in Oriente lo sviluppo storico portò a una devota imitazione del Buddha, e questi divenne un modello da
imitare: con ciò la sua idea perse forza (...) Cristo gridò agli Ebrei: "Voi siete dèi", ma gli uomini furono incapaci di intendere che
cosa volesse dire (...) Quale specie di moralità emerge dalla parabola del cattivo amministratore? (...) Ci si adopera a insegnare
idealità che si sa che non potranno mai essere vissute pienamente (...) Il ricordo di mio padre è quello di un uomo che soffre (...) Mio
padre non si era mai interessato al simbolismo di Cristo (...) Lo faceva fremere d'orrore ogni pensiero che cercasse di penetrare le
cose religiose (...) Voleva una fede cieca a causa dei suoi dubbi (...) Gli mancava l'esperienza immediata di Dio, (...) che io avevo
avuto attraverso i sogni e le immagini (...) e accettando di riflettere su di esse (...) La Chiesa e la teologia gli avevano precluso le vie
di accesso diretto a Dio (...) Il peccato della fede è che anticipa l'esperienza. Voleva contentarsi della sua fede, ma ne fu tradito (...)
Faceva del bene, troppo, e di conseguenza era quasi sempre di cattivo umore. I miei genitori facevano grandi sforzi per vivere una
vita devota col risultato che tra loro spesso scoppiavano scenate (...) Aveva vissuto fino alla morte la sofferenza preannunciata e
vissuta da Cristo, senza mai rendersi conto che ciò era una conseguenza dell'imitazione di Cristo (...) Questa è spesso la conseguenza
del sacrificio dell'intelletto (...) L'accettazione cieca non porta mai a una soluzione, ma nel migliore dei casi a una stasi e va a gravare
sulla generazione seguente (...) Io dovevo pensare e (...) feci un sogno e (...) più tardi capii che esso significava che ero anche
costretto a parlare pubblicamente – in gran parte a mio danno – e che dovevo piegarmi al destino, (...) ma che qualcosa in me diceva
"Va bene, ma non del tutto". Qualcosa in me era determinato a non essere (...) una creatura inconscia (...) come i pesci pescati dagli
apostoli (....) e se negli uomini liberi non ci fosse qualcosa del genere, nessun libro di Giobbe sarebbe stato scritto (...) L'uomo si
riserva sempre l'ultima parola (...) Le ambiguità dell'anima possono annientare un uomo. Alla resa dei conti il fattore decisivo è
sempre la coscienza, che è capace di intendere le manifestazioni dell'inconscio e di prendere posizione di fronte a esse.

La peste (A. Camus)
** si alzò di scatto, guardando il prete con tutta la forza e la passione di cui era capace. “No”, disse, “mi rifiuterò fino alla morte di
amare questa creazione dove i bambini sono torturati (…) Odio il male e la morte e, che lei lo voglia o no, siamo insieme per
sopportarli e combatterli e neanche Dio ormai ci può separare.

I promessi sposi (A. Manzoni)
Si immaginava allora la sua resistenza (…) come una colpa (…) Vi son de’ momenti in cui l’animo, particolarmente de’ giovani, è
disposto in maniera che ogni poco d’istanza basta a ottenere ogni cosa che abbia un’apparenza di bene e di sacrificio: (…) son quelli
appunto che l’astuzia interessata spia attentamente e coglie di volo per legare una volontà che non si guarda (…) “Ah sì!”, esclamò
**, scossa dal timore, preparata dalla vergogna e mossa in quel punto da una tenerezza istantanea (…) ** avrebbe poi desiderato
rallentare un momento quella macchina che, appena avviata, andava così precipitosamente, ma non ci fu verso (…) e (…) vergognosa
della sua dappocaggine, indispettita contro gli altri e contro se stessa, (…) risoluta per paura, con la stessa prontezza con cui avrebbe
preso la fuga dinanzi un oggetto terribile, proseguì (…) Vide, in quel momento, una delle sue note compagne che la guardava con
un’aria di compassione e di malizia insieme (…) Quella vista, risvegliando i suoi precedenti sentimenti, le restituì anche un po’ di
quel poco antico coraggio e cominciò a pensare a una risposta diversa da quella che le era stata dettata.

Viaggio in Italia (J. W. Goethe)
I discepoli che gli annunciavano d’essere stati favoriti da visioni, (…) ben sapendo che da siffatte allucinazioni deriva vanagloria
spirituale ostinata e perniciosa, Filippo Neri li andava persuadendo che si trattava di caricature e faceva in modo che poi ne avessero
paura.

Prefazione di J. Conrad a La linea d’ombra
Il mondo dei vivi, quale noi lo conosciamo, contiene meraviglie e misteri a sufficienza (…) che agiscono sulla nostra memoria e
intelligenza in modi inesplicabili (…) Troppo (…) perché io mi lasci affascinare dal mero soprannaturale, che (…) è solo un oggetto
fabbricato ad arte, il prodotto artificioso di menti che non sanno cogliere l’intima, delicata qualità dei legami che abbiamo con i morti
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e con i vivi; (…) è un insulto alla nostra dignità (…) La mia nativa modestia non si abbasserà mai al punto da cercare soccorso per la
mia immaginazione nell’ambito delle vane favole comuni a tutte le epoche.

Lo Straniero (A. Camus)
Mi restava poco tempo e non volevo sprecarlo con Dio. Il prete ha cercato di cambiare discorso chiedendomi perché non lo chiamavo
padre e diceva: “Hai un cuore cieco e io pregherò per te”. Allora qualcosa si spezzò in me. Mi sono messo a urlare con tutta la mia
forza e l’ho insultato e gli ho detto che ero sicuro di tutto, di me, della mia vita e della morte che stava per venire. Perlomeno avevo
in mano questa verità. Era come se avessi sempre atteso quell’alba in cui sarei stato giustiziato (…) Che importa se mi avevano
accusato di un assassinio e condotto a morte perché non ho pianto ai funerali di mia madre? Che importava che ** fosse mio amico
come *** che valeva più di lui? (…) Era altrettanto colpevole **** che voleva che io la sposassi (…) Poi ho ritrovato la calma. La
pace della sera entrava in me (…) come una tregua (…) Come se la grande ira mi avesse privato del male, (…) mi aprivo al mondo
(…) Nel trovarlo simile a me, (…) ho sentito che ero stato felice e che lo ero.

La procellaria (M. Moore)
Festina lente, essere gai senza trascendere?E cioè ? Se faccio il bene sono benedetto anche se nessuno mi benedice.

Introduzione a Poesie di Emily Dickinson
Mentre le sue amiche iniziarono a partecipare sempre più attivamente alle bigotte pratiche religiose tipiche del suo ambiente, Emily
si isolò (…) Fu eremita per scelta consapevole e volontaria (… ) e fu il solo modo per far la sua parte nella storia (… ) È il senso del
destino di Hawthorne (… ) Quando chiuse la porta di casa, dominò la vita tramite la rinuncia; i limiti e gli ostacoli si risolsero in
originalità e potenza. Restava quell’intimità col mistero a riempirle la vita.

Giardinaggio senza giudizio (M. Moore)
Ciò che hai di più tuo, il desiderio di isolamento ha tutto il diritto di implorare che le tue orecchie non vengano offese e non ha
nessun motivo di tollerare l’impudenza.

La favola di Adamo ed Eva (M. Gazzè)
Dico quel che penso e faccio quello che dico l'azione è importante siamo uomini troppo distratti da cose che riguardano vite e
fantasmi futuri, ma il futuro è toccare, mangiare, tossire, ammalarsi d'amore.

Pindaro
Anima mia, non cercare la vita eterna ma sviscera il regno del possibile.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Può accadere che non si sopporti di vedere infliggere altrui offese che noi stessi abbiamo subite senza rivolta (…) e possiamo infatti
trovare rivoltante l’ingiustizia imposta ad uomini che consideriamo nostri avversari (…) L’uomo in rivolta sta prima o dopo
l’universo sacro e si adopera a rivendicare (…) risposte (…) umane, cioè razionalmente formulate. Da quell’istante ogni
interrogazione, ogni parola è rivolta, mentre nel mondo religioso ogni parola è rendimento di grazie (…) A meno di fuggire la realtà,
dobbiamo trovare in essa i nostri valori (…) La solidarietà degli uomini si fonda sul movimento di rivolta, e questo, reciprocamente,
in tale complicità trova giustificazione.

Il diario di Jane Somers (D. Lessing)
Si può morire di rabbia.
Operette morali (G. Leopardi)
Platone, con (…) quelle dottrine sulla vita avvenire (…), sei cagione che si veggano gli infelicissimi mortali temere più il porto che la
tempesta (…) Sei stato più crudele che il fato o la necessità o la natura (…) Ogni tiranno e ogni spietato carnefice che fosse al
mondo. Ma con qual barbarie si può paragonare quel tuo decreto che all’uomo non sia lecito di por fine a’ suoi patimenti? Se la
natura ci ha ingenerato amore della propria conservazione e odio della morte, essa non ci ha dato meno odio dell’infelicità e amore
del nostro meglio, anzi (…) Se è lecito all’uomo incivilito vivere contro natura ed essere così misero, perché non gli sarà lecito
morire contro natura? Perché sia contrario alla natura, non séguita che sia biasimevole: bisognando a mali non naturali rimedio non
naturale (…) Perché questo solo atto si dovrà misurare non dalla natura nuova o dalla ragione?

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Re e preti, nel condannare la dottrina del suicidio, hanno voluto assicurare la durata della nostra schiavitù. Intendono tenerci chiusi in
una cella senza uscita.

La mia Africa (K. Blixen)
Gli indigeni potevano morire se lo volevano (…) Non avevano bisogno di ferirsi, (…) bastava che lo desiderassero intensamente.
Lettera 70 a Lucilio (L. A. Seneca)
L’importante è morire bene o male. Ora, morire bene significa sfuggire al pericolo di vivere male. Perciò considero molto vili le
parole di quel Rodiese che, rinchiuso in una gabbia per ordine di un tiranno e nutrito come una bestia, a chi gli consigliava di rifiutare
il cibo, rispose: “Finché c’è vita c’è speranza”. Anche se fosse vera quest’affermazione, non bisogna comprarsi la vita a qualunque
prezzo. Pensa che si tratta di una decisione per la quale non ha alcuna importanza quello che dicono gli altri. Bada solo a questo: a
sottrarti nel modo più rapido alla fortuna (…) Perché dovrei aspettare la crudeltà di una malattia o di un uomo? (…)La vita (…)non
trattiene nessuno. Ti piace la vita? Vivi. Non ti piace? Puoi tornare donde sei venuto (…) Troverai dei filosofi che negano il diritto di
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far violenza alla propria vita (…) La legge eterna non ha fatto niente di meglio di questo: ci ha dato un solo modo per entrare nella
vita, ma molte possibilità di uscirne.

Che cosa sono gli anni? (M. Moore)
Sa vedere nel fondo della cosa ed è lieto chi accetta la morte nella sua prigionia, si eleva al di sopra di se stesso, come il mare dentro
il suo abisso lotta invano per liberarsi e trova nell’arrendersi il suo perdurare (…) La soddisfazione è cosa vile, che cosa pura è la
gioia. Questa è la mortalità, quella è l’eternità.

La ginestra, o fiore del deserto (G. Leopardi)
Secol superbo e sciocco, (…) ti spiacque il vero dell’aspra sorte e del depresso loco che natura ci diè (…) e tu lenta ginestra
soccomberai, (..) ma non codardamente supplicando, non eretto con forsennato orgoglio inver le stelle nè (…) dove la sede e i natali
non per voler ma per fortuna avesti; ma più saggia, ma tanto più saggia, ma tanto meno inferma dell’uom.

Piccola storia naturale: i morti (E. Hemingway)
Quell’ostinato viaggiatore che fu Mungo Park (…) trovò, (…) sperduto e solo, (…) un piccolo fiore muscoso di meravigliosa
bellezza (…) e riferisce: (…) “Poteva l’Essere che aveva coltivata, irrigata e condotta a perfezione, in quella oscura parte della terra,
una cosa che appariva di sì minuscola importanza, disinteressarsi della situazione e della sofferenza di creature fatte a immagine e
somiglianza sua? No, certamente. Riflessioni di tal fatta non mi permettevano di disperare” (…) Mi è sempre parso che la guerra
quale campo d’osservazione per il naturalista era stata dimenticata (…) C’è da chiedersi che cosa quell’ostinato viaggiatore che fu
Mungo Park avrebbe saputo vedere a ristoro della propria fede qualora trovato un campo di battaglia in una giornata calda (…) La
maggior parte degli uomini muore come animali e non come uomini, (…) come i gatti (…) con il piombo nel cervello (…) che se ne
vanno nel ripostiglio del carbone e non ne vogliono sapere di morire se non si taglia loro la testa (…) Ed è stupefacente che il corpo
umano possa dividersi in pezzi, esplodendo, non secondo l’anatomia, ma capricciosamente, (…) molti pezzi a considerevole distanza,
(…) una manciata di vermi dove prima era una bocca (…) Una morte naturale (…) come quell’ostinato viaggiatore che fu Mungo
Park, sapevo che c’era e infine ne vidi una (…) per morte spagnola. In questo caso si affoga nel muco, sentendosi soffocare (…) e il
paziente, pur conservando la forza d’uomo, ritorna ad essere un bambino (…) E ora voglio vedere la morte di un sedicente umanista.

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
Per il Principe il giardino profumato fu causa di cupe associazioni di idee. “Adesso qui c’è un buon odore; ma un mese fa…” (…)
Era stato il soprastante a rivenire quella cosa spezzata, (…) a ricacciare con un rametto le viscere dentro lo squarcio del ventre (…)
Un De Profundis per l’anima dello sconosciuto (…) e, la coscienza delle donne di casa essendosi rivelata soddisfatta (…) del morto
non si era parlato più: i soldati sono soldati appunto per morire per il Re. L’immagine di quel corpo sbudellato riappariva però spesso
nei ricordi (…) Se n’era venuto a morire solo, sotto un albero di limone (…) E se anche **? Osservò sei agnellini, gli ultimi
dell’annata: (…) anche i loro ventri erano stati squarciati e i loro intestini iridati pendevano fuori (…) Quattro paia di galline
attaccate per le zampe si torcevano di paura (…) “Il Signore abbia l’anima sua”, pensò ricordando lo sbudellato (…) Lo spettacolo di
sangue e terrore però lo disgustò.

Lucrezio
Nel cuore della fonte di delizie scorre un rivolo amaro che tra i fiori stessi ci tortura.

I demoni (F. Dostoevskij)
Piangeva commosso da tanta bellezza (…) Poi vide sulla pianta un ragno rosso.

Dolce notte in Il colombre (D. Buzzati)
Terrore, angosce, stupro, agonia, morte per mille e mille altre creature di dio: è il sonno notturno di un giardino di trenta metri per
venti.

Le nevi del Chilimangiaro (E. Hemingway)
** era un uomo grasso e coraggioso (…) ma quella notte rimase preso nel reticolato, illuminato dal lampo dello scoppio, e gli
intestini erano usciti fuori impigliandosi tra il fil di ferro tanto che quando lo portarono via, vivo, dovettero prima tagliarli. “Sparami,
per l’amor di Cristo, sparami”. Una volta avevano avuto una discussione sul fatto che Nostro Signore non vi manda mai nulla che
non possiate sopportare. Pensavamo volesse dire che si sarebbe persa coscienza appena un dolore fosse insopportabile (…) Ma egli si
era sempre ricordato di ** quella notte. Niente aveva potuto finire **; finché lui non gli aveva dato tutte le compresse di morfina che
aveva tenuto da parte per sé. E non avevano fatto effetto subito.

1984 (G. Orwell)
Lo picchiarono per ore (…) per giorni (…) La cosa più ingiusta, scandalosa (…) era il fatto di non perdere conoscenza.

Per un ritratto dello scrittore da giovane( L.Sciascia)
Ha appena superato dei momenti difficili: (…) (G. A. Borgese) scrive: (…) “si matura quella concezione pessimistica della vita senza
la quale non si è che avventurieri”.E sono, queste ultime, grandi parole: per chi sappia intenderle.

L’Anticristo (F. Nietzsche)
Una virtù deve essere una nostra invenzione, una personalissima legittima difesa e necessità nostra: in ogni altro senso essa è solo un
pericolo (…) Nulla corrode più profondamente, più intimamente di ogni dovere “impersonale” (…) Che cosa distrugge più in fretta
che lavorare, pensare, sentire senza un’intima necessità, senza una scelta profondamente personale, senza gusto? Come un automa
del “dovere”? È questa né più né meno, la ricetta della décadence, o addirittura dell’idiotismo (…) Chi soffre va sostenuto con una
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speranza che non possa venir contraddetta da alcuna realtà – che non venga estinta da un adempimento: una speranza oltremondana.
(Proprio a cagione di questa capacità di tener calmo lo sventurato, la speranza era ritenuta, presso i Greci, il male dei mali, il male
veramente perfido: esso era in fondo al vaso del male) (…) Il buddhismo non promette, ma mantiene, il cristianesimo promette tutto,
ma non mantiene nulla.
Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Il piccolo frammento di coscienza che era stato ** si levò in aria come aveva fatto tante volte la sua mongolfiera. Insensibile, sordo
alle esplosioni, alle grida di dolore, consapevole solo del suo ascendere, l’ultimo rimasuglio di ** passò attraverso le nuvole grevi e
uscì sotto le stelle splendenti dove gli atomi del suo daimon lo stavano aspettando.

Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa)
Per lui, avvezzo a scrutare spazi esteriori illimitati, la morte non era sgradevole: la sensazione della perdita di vitalità era quella di un
continuo minutissimo sgretolamento della personalità congiunto al presagio vago del riedificarsi altrove di una personalità meno
cosciente ma più larga (…) Un triangolo come un viso gli appariva tra le stelle, a volte.

Marte e Venere si innamorano di nuovo (J. Gray)
L’impulso verso la morte denuncia un desiderio di liberarsi dal dolore, di essere di nuovo felici o conquistare un senso di pace. Per
intervenire sulla tendenza al suicidio bisogna riconoscere il sentimento che dice “voglio morire”, poi andare più in profondità (…) e
cogliere l’affermazione della vita (…) Ora si può cominciare a elaborare le emozioni in un (…) processo risanatore.

Simboli della trasformazione (C. G. Jung)
L’inconscio comunica solo in modo indiretto, attraverso fantasie, idee, immagini da interpretare.

La felicità è un cucciolo caldo (C. Montes de Oca)
Dopo i trattamenti, la sua pelle assumeva un grigio pallore (...) Era molto debole e (...) passava 5 o 6 giorni terribili assalita da una
nausea che sembrava non avere fine (...) Mi chiese di andarla a trovare con Arlo, (...) un australian cattle dog (...) Lo abbracciò e nel
giro di poco la sua energia era cambiata (...) Questo cane non è solo di grande conforto per mia figlia: mi aiuta a distrarmi, perché ha
bisogno che mi prenda cura di lui e (...) mi ricorda di non aver paura di essere chi sono, di mostrare tutto l'amore che ho da dare e
tutto quello che ho da condividere, perché (...) Arlo ama incondizionatamente, (...) non ha paura del rifiuto e (...), se gli si chiede di
spostarsi, lo fa senza protestare (...) Sono passati 3 anni da quando mia figlia ha ricevuto la diagnosi di 6 mesi. Il futuro è incerto, ma
in questo momento la vita è piena d'amore e di speranza.

Il mondo secondo Garp (J. Irving)
La ricerca sul cancro non deprimeva ** (...) Giurò di dedicarsi a una missione come quella che suo padre *** una volta descrisse,
sebbene egli si riferisse alla missione di uno scrittore: "Cercare di tenere qualcuno in vita per sempre, anche quelli che dovranno
morire alla fine; è più importante che mai tenere in vita questi qui". *** aveva definito un romanziere "un medico che cura solo casi
disperati". Nel mondo secondo ***, noi dobbiamo avere energia (...) Siamo tutti casi disperati (...) E se anche non vi fosse una vita
dopo la morte? C'è pur sempre la vita dopo *** (...) Sii grato per i piccoli favori (...) Se hai vita, c'è speranza che tu abbia energia. E
c'è la memoria.
L’IMPORTANZA DI SCRIVERE

COME SI LEGGE E SI STUDIA COMUNEMENTE

Come dobbiamo leggere un libro (V. Woolf)
Non date ordini al vostro scrittore; cercate di diventare lui stesso. Siate il suo compagno di lavoro e il suo complice. Se conservate il
distacco, e fate le obiezioni e le critiche prima di leggerlo, non siete più in grado di trarre tutto il profitto possibile da ciò che leggete
(…) Dovete essere in possesso non soltanto di una grande finezza di percezione, ma anche di un’ardita larghezza di immaginazione
(…)Dobbiamo giudicare questa folla di impressioni; dobbiamo dare a queste forme passeggere una forma che sia solida e duratura.
Ma non subito. Aspettate che si sia posata la polvere della lettura; che il conflitto e i problemi si esauriscano; fate quattro passi,
parlate, sfogliate i petali morti di una rosa, oppure dormite. Poi a un tratto, involontariamente, poiché così la natura vuole queste
transizioni, il libro tornerà, ma in modo diverso. Affiorerà alla mente nel suo insieme. Ma il libro nel suo insieme è diverso dal libro
così come l’abbiamo letto, in frasi isolate. Adesso i particolari si sistemano al posto giusto (…) Ora possiamo paragonare due libri,
come paragoniamo due edifici: ma questo atto di paragonare implica un mutamento del nostro atteggiamento, non siamo più gli amici
dello scrittore, bensì i suoi giudici; e se come amici nessuna simpatia è troppo esagerata, come giudici nessuna severità è eccessiva
(…) Ogni libro dovrà essere paragonato con il più grande libro della sua specie (…) Difficile è poter dire: “Non soltanto è un libro di
questo tipo, ma il suo valore è questo; qui sbaglia; qui è riuscito; questo non va; questo va”. Per potere adempiere questa parte del
compito del lettore, bisogna avere tanta immaginazione, intuito ed erudizione (…) E anche se i risultati sono disgustosi, e i nostri
giudizi sbagliati, è sempre il nostro gusto, quel nervo della sensazione che ci manda i suoi impulsi, a offrirci la fondamentale
illuminazione; impariamo attraverso il sentimento; non possiamo sopprimere la nostra idiosincrasia senza impoverirla. Tuttavia, con
gli anni, possiamo allenare il nostro gusto (…) Ci spingeremo oltre l’opera in particolare, cercando quelle qualità che accomunano i
libri (…) E da questa discriminazione trarremo un nuovo e più squisito piacere (…) I poeti e romanzieri stessi nelle loro casuali
osservazioni (…) rischiarano e rinsaldano quelle vaghe idee che giacevano confuse nei nebbiosi arcani della nostra mente. Ma loro ci
possono aiutare soltanto quando li avviciniamo carichi di domande e di suggerimenti onestamente raccolti nel corso delle nostre
letture. Non possono invece fare niente per noi, se ci appollaiamo sotto la loro autorità per sdraiarci come le pecore all’ombra di un
muretto. Possiamo capire il loro giudizio soltanto quando questo s’imbatte nel nostro e lo vince (…) Rimane la nostra responsabilità
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di lettori (…) ora che la critica è per forza in recessione (…) e il critico ha solo un secondo di tempo per caricare l’arma, puntare e
sparare, e gli si deve per forza perdonare se confonde il coniglio con una tigre.

F. Nietzsche
Bisogna non aver risparmiato sé stessi, bisogna avere la durezza tra le proprie abitudini, per essere sereni e di buon umore in mezzo a
dure verità. Se mi faccio un quadro del lettore perfetto ne esce sempre un mostro di coraggio e curiosità, con in più qualcosa di
malleabile, di astuto, di attento, un avventuriero e un esploratore.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Accade coi libri la stessa cosa che colle nuove conoscenze. A tutta prima siamo felici, trovando che in massima si va d’accordo,
sentendo che ci si incontra e si fraternizza in qualche punto essenziale dell’esistenza. Ma a misura che ci si conosce meglio si
manifestano le differenze; allora, a voler essere ragionevoli, non ci si deve ritrarre tosto inorriditi, come si fa appunto in gioventù, ma
si devono salvare le concordanze e venir in chiaro circa le differenze, senza per questo voler fare una cosa sola (…) Chi intende
rinfacciare a un autore le sue oscurità dovrebbe prima esaminare l’animo proprio, e vedere se vi sia poi tanta luce: nel crepuscolo
anche una scrittura chiarissima diventa illeggibile.

Come un romanzo (D. Pennac)
Quell’improvviso armistizio dopo il frastuono della giornata, (…) la nostra voce finalmente identica a se stessa (…) L’assoluzione
(…) un ritorno all’unico paradiso che valga l’intimità (…) Era gratis (…) Ogni lettura è un atto di resistenza a tutte le contingenze.
Tutte: sociali, professionali, psicologiche, familiari, ecc. (…) Una lettura ben fatta salva da tutto (…) La sua semplice evocazione
offre un rifugio ai nostri no (…) L’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è
gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra
potrebbe sostituire (…) Intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui (…) Appena un libro finisce nelle nostre mani è nostro
(…) parte integrante di noi stessi (…) Una sola condizione alla riconciliazione con la lettura: non chiedere niente in cambio (…) Non
erigere alcun bastione di conoscenza preliminari intorno al libro (…) Non si forza la curiosità, la si risveglia (…) La ripetizione è il
respiro stesso dell’intimità (…) Rileggere non è ripetersi, ma dare una prova sempre nuova di un amore instancabile (…) Rileggiamo
in modo gratuito, per la gioia di un nuovo incontro, la messa alla prova dell’intimità. “Ancora, ancora”, diceva il bambino che
eravamo un tempo. Le nostre riletture di adulti nascono dallo stesso desiderio: incantarci di una permanenza e trovarla ogni volta così
ricca di nuovi incanti (…) Rileggere quel che prima ci aveva respinti, rileggere da un’altra angolazione, rileggere per verificare, sì…
ci accordiamo tutti questi diritti.

P. Klee
L’occhio segue le vie che nell’opera gli sono state disposte.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
Anche i casi ovvi e trascurabili di errori nel parlare hanno il loro significato (…) Un conflitto intenso provoca lo sbaglio (…) Lo
stesso vale per i lapsus di lettura (…) La lettura cosciente di quanto viene letto in modo inconscio viene deviata (…) se il contenuto
può ricordare, per le più varie vie di associazione, un fatto che la mente desidera dimenticarsi e (…) se innesca un ricordo rimosso
appartenente a complessi personali, familiari.

I demoni (F. Dostoevskij)
Avevano idee avanzate, ma tutto si manifestava in loro in maniera goffa: era proprio la propria l’idea capitata per strada (…) Dai libri
prendevano tutto.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Il giovane ascolta con un orecchio solo la voce dei libri che foggiano il suo destino (…) Non cerca la verità, cerca se stesso (…)
Conseguenza all’ingrosso: (…) fragilità morale dei secoli. Sono un modo di bruciare per amore di bruciare.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Come leggono bizzarramente, tutti! Suppongo che la maggior parte, invece di seguire i sentieri che tracciamo, traversino le pagine
alla cieca; e di tanto in tanto una parola risuona il loro, risvegliando Dio sa quali ricordi o quali nostalgie: si fermano un istante, si
contemplano e riportano a tentoni. Meglio sarebbe non vedere mai i propri lettori in faccia (…) ** tuonava: avrebbe potuto insultarli
(…) ma intorno a lui si rideva con indulgenza (…) Avrebbe potuto dire le peggiori stranezze, e tutti ne sarebbero rimasti incantati: un
poeta, se non è consacrato da titoli e da premi (…) è bene che sia almeno un buffone (…) No, la sola cosa da fare, con quella gente,
era di non frequentarla. Quanto agli scrittori mondani e agli pseudo-intellettuali (…) scrivere non li divertiva, pensare non li
interessava (…) Tutta un’accolita di sudiciume. (…) ** era fanatico (…) insopportabile, ma almeno era vivo e (…) quando si serviva
delle parole lo faceva per passione, non per scambiarle contro complimenti, onori, denaro; la vanità, in lui, veniva soltanto dopo, e
restava in superficie. Ma loro non si meravigliavano di niente; non si può né commuoverli, né indignarli; quel che accade nel loro
cervello non ha più importanza delle loro parole (…) Era questa la cosa più desolante: (…) che il verdetto fosse emesso da gente
simile (…) Ci sarebbe stato di tanto in tanto qualche uomo, qualche donna a cui sarebbe valsa la pena di parlare, ma sarebbero stati
degli isolati (…) La celebrità è un’umiliazione (…) Chiunque aveva il diritto di tirargli un calcio o di gratificarlo con un sorriso (…)
Gli altri non vi sono grati per averli aiutati a vedere.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Si legge con la stessa frettolosa attenzione che si accorda a ogni cosa, affermando perentoriamente nell’intimo di fronte a ogni
frammento d’idea: con questo sono d’accordo, con questo no; (…) questo è meraviglioso, questo è del tutto folle (…) Si conclude: è
molto interessante, (…) si esprime qualche elogio per mettere a posto la coscienza, e si passa ad altro. Alcuni sentono confusamente
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la presenza di qualcosa (del deposito di verità), ma per accoglierlo occorre uno sforzo. E sforzarsi è talmente faticoso!

Operette Morali (G. Leopardi)
Quelli che non sono dimesticati al meditare e filosofare seco medesimi o che non sono atti a pensare profondamente, intendono le
parole e quello che egli (lo scrittore) vuol dire, ma non la verità dei suoi detti (…) Quantunque intendano i suoi concetti, non
intendono che siano veri o probabili, non avendo o non potendo fare esperienza della verità e delle probabilità loro. Quelli che non
sono atti a sentire in sé la corrispondenza de’ pensieri poetici al vero, non sentono anche e non conoscono quella dei filosofici (…)
Molti scrittori sono vilipesi per la diversità della vita e delle opinioni e per la comune indifferenza a conoscere il pregio delle loro
facoltà ed opere (…)
Della tua gloria la maggiore utilità che ne ritrarrai, sarà di rivolgerla nell’animo e di compiacertene teco (…) Il bello pende in
massima parte dalle consuetudini.

Zibaldone (G. Leopardi)
Tutti intendono perfettamente quello che l’autore vuol dire. E non perciò quello scritto è compreso da tutti (…) Perché l’uomo
superficiale (…) non sa mettere la sua mente nello stato in cui era quella dell’autore, (…) non conosce i rapporti (…) delle cose (…)
dai quali egli deduceva quelle conseguenze (…) incontrastabili; per questi altri non sono neppur verità (…) Così pure non avranno
tanta forza di mente da poter dubitare (…) intorno alle cose che la natura o l’abito danno per certe (…) Per intendere (…) quasi ogni
scrittore, è necessario (…) aver tanta forza d’immaginazione e di sentimento, e tanta capacità di riflettere, da potersi porre nei panni
dello scrittore, e in quel punto preciso di vista e di situazione, (…) altrimenti non troverete mai ch’egli sia chiaro abbastanza, per
quanto lo sia in effetto. E ciò, tanto quando in voi ne debba risultare la persuasione e l’assenso allo scrittore, quanto nel caso
contrario.

Martin Eden (J. London)
Le menti limitate possono riconoscere limitazioni solo in quelle degli altri, non in se stessi. E così ella sentiva che la sua vista era più
ampia e là dove essa veniva in conflitto con quella di lui, segnava per lui il limite. Pensò di aiutarlo a vedere come lei, e ad allargare
il suo orizzonte in modo da identificarlo col proprio.

Vino e pane (I. Silone)
Torto o ragione non è mai questo che importa. Si commuove e si esprime male, qui è tutto.

Martin Eden (J. London)
Non era un cronista brillante, era svelto e scriveva facilmente (…) Non aveva capito in che cosa consistesse la discussione, ma non
era necessario. Parole gli davano la chiave di tutto (…) Era capace di ricostruire tutto il discorso con la sola parola (…) e siccome **
aveva suscitato maggior chiasso, mise in bocca a lui tutta la discussione (…) e applicò pennellate di colore (…) Non ha la minima
coscienza, e questo basta a farlo diventare grande, (…) un grande giornalista…

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Le qualità principali di Mussolini sono quelle forme inferiori dell’intelligenza che si chiamano fiuto e furberia (…) (di solito se la
situazione è confusa pratica il doppio gioco) (…) In tutta la sua vita ha letto solo giornali. Da giornalista di talento però egli è fornito
della facilità di parlare e di scrivere arrogantemente di cose che non conosce (…)
In linea generale si può dire che l’intellettuale o l’artista si compiace istintivamente di tutto ciò che favorisce la propria fama e detesta
ciò che la danneggia (…) Per avere dalla propria parte gli artisti il mezzo più efficace è l’adulazione (…) Qualche pecora nera
refrattaria a corruzione e blandizie voi, aspirante dittatore, lo indicherete alla polizia con l’ordine di trattarli come i peggiori tra i
criminali.

I Buddenbrook (T. Mann)
A scuola erano in massima considerazione i concetti di autorità, dovere, potenza, servizio e carriera (…) Non solo gli insegnanti, ma
anche gli scolari si consideravano funzionari, preoccupatissimi di far carriera e perciò di acquistare il favore dei potenti (…) Il
direttore (…) non restava che venerarlo con la fronte nella polvere (…) Il dottor ** era di un’ingiustizia straordinaria, assolutamente
ingenua, e il suo favore era volubile e incostante come la fortuna (…) Aveva sempre due o tre beniamini (…) e questi potevano dire
tutto quel che volevano ed era sempre giusto (…) Lo strano era che in quel momento (…) anche lo scolaro favorito e i suoi compagni
erano sinceramente persuasi che egli fosse davvero uno scolaro studioso e diligente (…) Un giorno però, (…), Dio solo sapeva
perché, uno si trovava scartato, abolito, annientato, ripudiato e un altro veniva chiamato per nome (…) Tra i giovani allievi di quinta
ginnasio (…) c’erano fisionomie attraenti e musi da forca, (…) ragazzoni alti e robusti che stavano per darsi al commercio o entrare
in Marina e non si curavano più di niente e piccoli sgobboni (…) che si distinguevano nelle materie in cui c’era soprattutto da
imparare a memoria (…) Ragazzi grandi e grossi e scatenati, (…) i migliori ginnasti della scuola, pronti a ogni birbonata, (…) erano
temuti e rispettati (…) I loro cugini (…) pieni di amor proprio e di devozione, silenziosi e operosi come api, attentissimi e divorati
dal desiderio di essere primi e di ottenere la pagella migliore, (…) erano scolari modello (…) *** rimase coricato, colmo di rancore,
di malinconia, e di ribellione contro quella brutale necessità di lasciare il letto caldo (…) e di affrontare gente dura e malevola (…)
Guardava nel vuoto, sforzandosi di concentrare la mente (…) e ficcava nella cartella volumi gualciti e macchiati d’inchiostro (…)
Durante l’ora di lezione, **** scriveva (…) Infatti si erano sviluppati in lui tentativi letterari (…) Quando il decrepito insegnante
(…) comparve, **** disse: “Buongiorno, cadavere”, dopodiché fissò un punto nel cielo con sguardo limpido e intenso.
Progettare la ricerca empirica in educazione (Coggi-Ricciardi)
Nelle interrogazioni orali (...) la serie di domande costituisce spesso un campione accidentale (...) e anche la formulazione dei quesiti
non è sempre attenta agli obiettivi e alle competenze di cui si intende verificare il raggiungimento nè alla loro importanza, (...) oltre a
non essere sempre chiara, tanto che in alcuni casi può pilotare la risposta o contenere trabocchetti voluti, (...) e al non avere sempre lo
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stesso grado di difficoltà (...) Altri fattori di distorsione possono derivare (...) dal fatto che l'insegnante potrebbe assumere toni più e
meno cordiali a seconda della stima e delle attese nei confronti dei diversi studenti (...) Inoltre interferiscono effetti di selezione legati
per esempio alla memoria e all'attenzione dell'insegnante, che, non annotandosistematicamente l'andamento del colloquio, rischia di
prendere in considerazione solo gli aspetti che l'hanno impressionata maggiormente. Linterpretazione dei risultati, infine, spesso non
avviene sulla scorta di criteri predefiniti e quindi può ancorarsi all'opinione pregeressa che il docente ha dello studente o a qualche
sua caratteristica particolare, come la fluidità verbale, la sicurezza, l'appartenenza socio-culturale, il genere, ecc. (...)
Le interrogazioni scritte tradizionali (...) sono sottoposte a critiche in parte simili a quelle evidenziate per le interrogazioni orali (...)
Nel tema in particolare (...) le capacità comunicative (...) sono controllate in situazioni non spontanee e su argomenti che possono
avere diversa rilevanza emotiva per gli studenti. Le tracce inoltre possono richiedere conoscenze ed esperienze, che sono presenti in
modo differenziato negli stessi (...) Dalle tracce generiche (...) sono stimolati (...) divagazioni e sviluppi imprevisti non
adeguatamente valutabili (...) Se la formulazione include titoli e passi di libri noti, (...) questo può rendere ovvio lo svolgimento (...)
É stato messo in evidenza riguardo al tema anche ciò che segue: la mancanza nei valutatori di un criterio stabile per la correzione; la
carenza di fedeltà nelle rilevazioni; gli effetti di alone nel giudizio; gli effetti di ordine nella correzione dei compiti; gli effetti di
ancoraggio di giudizio che mette in relazione un protocollo con quello precedente; le difformità presenti nella formulazione dei
giudizi.
http://www.slideshare.com/scuole-italiane
Nel capitolo sulla scuola secondaria superiore del vecchio libro di testo di Scienze Politiche Fare gli italiani: scuola e cultura
nell'Italia contemporanea del 1993 a cura di Soldani-Turi si esprimeva tra le righe il desiderio comprensibile che l'età in cui
concludere la scuola dell'obbligo venisse estesa ai 16 anni (provvedimento preso in seguito) e fosse ridotto il divario tra scuole
professionali e licei, ma non si considerava che a fare la differenza non è affatto la durata di un corso di studi ma sono gli
insegnamenti (i programmi e il controllo sulla preparazione e sul comportamento degli insegnanti al lavoro) e che sono davvero molti
i problemi e i rischi comportati da una spesa eccessiva per la formazione in termini non solo di denaro ma di energia (la salute e il
benessere di un adolescente sono ben più fragili di quanto credono i più), senza considerare poi che ormai perfino nei manuali creati
per i test d'ingresso all'Università, cui dovrebbero preparare alcuni pesanti licei che non danno alcuna informazione utile a livello
pratico, si sconsiglia esplicitamente qualsiasi Facoltà non scientifica con l'eccezione di Giurisprudenza d'indirizzo attinente alla
comunicazione, consiglio giustificato se si considera la lughezza eccessiva di molti corsi di laurea, ottenuta con continue inutili
ripetizioni nei manuali dello stesso indirizzo e iper-frammentazione in indirizzi, le alte percentuali di laureati disoccupati o male
occupati e ciò che si sa delle raccomandazioni e del rischio che si corre a dipendere dai genitori a 18 o 19 anni. In fondo che la
tendenza a protrarre gli ITS da uno a tre anni sia considerata da molti contro ogni buon senso e allarmante non è senza ragione.
Comunque l'imposizione di studi troppo lunghi è oggi una delle ragioni principali addotte da chi non è benestante per giustificare agli
altri la decisione di non avere figli.
Tuttavia credo che si debba riflettere sui problemi analizzati nel capitolo citato del vecchio manuale universitario per valutare quanto
sia oggi ancora valido di quanto vi si affermava nei paragrafi che riporto qui di seguito: "La classe politica per conservare improvvisa
e tende ad appiattirsi sul presente (...) Basta far finta di sperimentare facendo diventare tutto sperimentale, (...) accettare (...) anche
soluzioni molto avanzate confidando che, per il loro stesso essere tali, rimarranno bloccate nell'iter parlamentare tutte (...) salvo
eventuali e caotici provvedimenti d'urgenza (...) Al carattere di urgenza viene spesso associato l'attributo di sperimentale (...) e un
certo provvedimento sperimentale resta di fatto in vigore a tempo indefinito, indipendentemente da riscontri e verifiche (...) Per via
amministrativa invece si possono fare (...) pezzi di riforma (...) incisivi, ma, (...) mancando un progetto d'insieme, c'è una carenza di
visione complessiva, che ostacola la partecipazione italiana ai programmi della CEE, rende difficile il reciproco riconoscimento di
titoli di studio e ignora il problema di una definizione di una comune politica dell'istruzione (...) L'ostruzionismo della maggioranza
rappresenta uno dei fattori principali dell'immobilismo, insieme alle resistenze degli insegnanti e all'immutabilità della burocrazia
ministeriale". Il capitolo in questione metteva sotto accusa anche le asserzioni non provate e le argomentazioni slegate da riscontri
pratici di alcuni politici e pedagogisti, dai quali ogni tanto si è isolato qualche esempio anche pochi anni fa (ricordo ancora un caso
discusso a Che tempo che fa), mentre tralasciava di ricordare le gravi responsabilità di chi ha i propri interessi localizzati nel mercato
librario nel persistere delle consuetudini dannose delle scuole superiori, oltre che delle Università. Il capitolo si apriva per altro
ricordando che in Italia la scuola secondaria di secondo grado era rimasta inalterata in linea di massima dal 1923, sottolineava quindi
che essa era la stessa da sette decenni, alla data di pubblicazione del testo (1993), salvo alcune modifiche non attinenti ai programmi
soprattutto degli anni '60... Dal 1993 in poi non mi risulta che i programmi o altro siano stati riformati, a meno che non si consideri
terza prova, cambiamenti apportati da informatica e nuove tecnologie, PCTO anche nei licei, calcolo del voto di maturità tenendo
conto anche della media degli ultimi tre anni e tentativo recente di adeguarsi ad alcuni test standardizzati provenienti dall'estero tra
ovvie e meritate difficoltà di ogni genere. Mentre i programmi restano retrogradi con qualche elemento in genere facoltativo di
novità, credo che si continui a rifiutarsi di applicare norme scritte e condivise standard nell'attribuzione dei voti (il bullismo degli
insegnanti delle materie umanistiche ne sarebbe forse troppo colpito). Al massimo ci sono state sperimentazioni isolate senza riforma
generale, le quali peraltro potrebbero essere a volte criticate decisamente: è il caso, ad esempio, di un tipo di liceo scientifico ridotto
da cinque a quattro anni aumentando il numero di ore settimanali in un corso di studi già molto pesante senza eliminare il superfluo e
senza introdurre tecniche necessarie e soprattutto materie che dovrebbero essere considerate indispensabili in ogni scuola (rimando ai
paragrafi pertinenti di questo testo sui limiti dei programmi in uso); ed è anche il caso del mio liceo scientifico i cui organizzatori
negli anni '90 hanno consentito di evitare il corso di latino solo a chi fosse disposto a fare superflue ore in più di matematica, senza
tenere in alcuna considerazione che questa materia si studiava già in modo approfondito e il fatto che si tratta di una matematica
molto astratta della quale nessuno sforzo dei libri di testo e degli insegnanti fa mai apparire l'utilità, al contrario di quanto all'estero
spesso si fa perfino con i bambini, e di cui è impossibile scorgere un qualunque esito pratico per chi non si laureerà in Ingegneria, al
contrario di quando si potrebbe affermare di corsi ben fatti di psicologia, economia, diritto, ecc.
L'egoismo dei burocrati allergici al nuovo, anzi a qualunque cambiamento di routine, e in generale la pigrizia speciale di chi è
indifferente al bene comune e ha il gusto del potere hanno, del resto, già bloccato in Italia a lungo molte iniziative culturali
importanti, come ad esempio la riorganizzazione di molte biblioteche, che all'estero invece sono spesso ben fornite e organizzate e
non di rado di straordinaria efficienza (so che in passato gli studenti italiani venivano dirottati all'estero per le loro ricerche e forse è
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ancora così).
Psicopatologia dello sviluppo. Storia di bambini e psicoterapia (F. Celi)
Nasce perplessità nel leggere che una diagnosi è propria o impropria a seconda di una direttiva regionale (...) e poi perché
all'università si studia il DSM-5 e poi nel Servizio Sanitario si usa invece l'ICD-10? (...) I problemi sono tanti: in quale range si
definisce la normalità dell'intelligenza, visto anche il margine di errore dei testi, da tutti riconosciuto in teoria ma poi così spesso
trascurato in pratica? E le diagnosi spesso non tengono conto del funzionamento adattivo dei bambini (...) Le maestre hanno chiesto
per anni con insistenza e aggressività di segnalare Simona come handicappata in modo da farle avere (...) un certificato di disabilità
(...) e quindi un'insegnante di sostegno (...) Sostenevano che da sola non era assolutamente capace di fare nulla (...) Il primo
psicologo contattato dalla madre (...) però ne negò la necessità (...) Dopo questa presa di posizione, le maestre, in particolare quella di
Italiano, (...) si irrigidirono nei confronti della bambina (...) Nelle pagelle (...) non le si riconosce nessun progresso (...) nessun suo
sforzo è riconosciuto né tanto meno premiato (...) e non si perde occasione di ribadirne le presunte necessità (...) La bambina invece
ha un funzionamento intellettivo borderline, (...) è serena e (...) ha ottime autonomie personali e sociali (...) Durante il primo
colloquio fui aggredito dall'insegnante di Italiano e (...) nel secondo venni a sapere che i programmi informatici che avevo installato
anche a scuola per Simona (...) non erano mai stati usati (...) Le maestre sostenevano che sarebbero stati inutili (...) Vidi gli esercizi
proposti a scuola a Simona: (...) a volte erano gli stessi dati al resto della classe, altre volte erano (...) tratti da un libro dell'infanzia...
(...) La maestra mi chiese che senso pensavo potesse avere insegnare le regioni d'Italia a una bambina che non sapeva nemmeno in
che quartiere viveva! (...) Con i miei programmi informatici e ipertesti di geografia e astronomia (...) Simona era diventata più
motivata e (...) imparava molte cose che avrebbe faticato tantissimo a studiare in modo tradizionale (...) Purtroppo non avevo fatto i
conti con la maestra-strega (...)
Alla scuola primaria Stefano era uno dei migliori (...) In prima media non volle più andare a scuola (...) Tutto cominciò da una
figuraccia fatta in classe con la professoressa di Italiano, che l'avrebbe umiliato in classe davanti ai compagni (...) In seguito
l'insegnante di Italiano ha visto Stefano piangere davanti alla scuola e ha fatto di tutto per portarlo dentro, compreso tirarlo per un
braccio (...) Stavano vendendo la casa di Stefano (...) e la madre era spesso depressa, già soggetta a questi disturbi come il nonno
materno (...) Gli insegnanti si erano costruiti una teoria e non erano disposti a modificarla: "Stefano è un bambino viziato e
capriccioso, (...) non è capace di reggere il confronto con una classe che ha competenze ottime (...) Deve fare tutte le ore perché
questa è la legge e se continua così perderà l'anno, perché a noi si chiede una rendicontazione del livello di maturazione del bambino
in tutte le materie (...) ancora 49 ore e sarà espulso". Quello che emerge è un atteggiamento iperburocratico e totalmente contrario al
principio dell'accoglienza che non dovrebbe mai mancare, a maggior ragione alla scuola dell'obbligo, e il sostantivo
"rendicontazione" è, nel suo genere, un capolavoro (...) Le insegnanti ascoltavano i miei tentativi di far loro capire che si trattava di
un disturbo e non di un capriccio, ma (...) come chi è obbligato a farlo (...) Perfino il personale non docente più di una volta aveva
cacciato dall'atrio la madre, anche se lei era lì evidentemente per favorire l'inserimento graduale di Stefano in classe (...)
Silvia ha un disturbo depressivo (...) Le maestre le dicono spesso che è lenta e deve diventare più svelta, e i compagni la prendono in
giro (...) Ha un'intelligenza generale superiore alla media e (...) disegna benissimo, (...) ma dice: "L'insegnante di Disegno mi dà
Distinto e non Ottimo perché non sono brava nelle altre materie" (...) La madre andava spesso a parlare con le insegnanti (...) e si
preoccupava soprattutto del comportamento dei compagni e voleva sapere cosa facevano le maestre per risolvere questo problema
(...) Le maestre le dissero che non poteva interferire così nel loro lavoro, che era (...) invadente e aggressiva (...)
Dopo tanto impegno nella lettura (...) il bambino mi mostrò la nota della maestra, scritta in inchiostro rosso e con quattro punti
esclamativi.
Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Sono fin troppo evidenti i gravi guasti provocati da un’educazione balorda ricevuta in famiglia o nella scuola, che possono durare
anche tutta la vita, e fin troppo inderogabile appare la necessità di metodi pedagogici più ragionevoli (…) Chi vuole educare,
dev’essere egli stesso educato. Ma la pratica, oggi ancora in uso, di imparare a memoria i metodi e di applicarli meccanicamente non
è educazione né per il bambino né per l’educatore stesso (…) Chi educa allo sviluppo della personalità? Sono prima di tutto e
soprattutto i soliti genitori incompetenti, che spesso restano essi stessi tutta la vita per metà o interamente bambini. (…) Dei giovani
che hanno scelto la pedagogia come loro professione (…) nel complesso (…) hanno ricevuto la stessa educazione inadeguata dei
bambini che dovrebbero educare, e di regola sono tanto poco personalità formate quanto questi ultimi (…) Chiunque abbia terminato
gli studi, crede di aver concluso la propria educazione, in poche parole si sente adulto (…) Ogni educatore (…) non dovrebbe mai
smettere di chiedersi se ciò che insegna abbia anche seriamente cercato di realizzarlo (…) Nella psicoterapia abbiamo visto che in
ultima analisi non sono né il sapere, né la tecnica ad avere un effetto terapeutico, ma la personalità dell’analista; lo stesso vale per
l’educazione, che presuppone l’educazione di sé stessi (…) Sarebbe (…) auspicabile che l’educatore possedesse (…) una certa
conoscenza della natura umana ed esperienza di vita (…) Alla luce della mia esperienza, a me sembra che al cuore dell’insegnante
spetti un ruolo di cui non è facile apprezzare appieno il valore. Sicuramente si ricordano con stima gli insegnanti molto capaci, ma si
ripensa con gratitudine a quelli che sapevano parlare all’uomo (…) È il calore l’elemento vitale sia per la pianta che cresce sia per
l’anima del bambino.

Rivista Donna Moderna (autunno 2021)
Il bullismo è cambiato. È diminuita l'età (già alle elementari) ed è aumentato il numero delle vittime (quattro o cinque per classe) (...)
Il cyberbullismo è molto diffuso.

Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Gli aspetti legali del bullismo scolastico sono aumentati negli ultimi due decenni, sull'onda di gravi precedenti (...) Si è rilevata
aumentata suicidabilità (...) Uno studio ha rilevato che le vittime di cyberbullismo tentano il suicidio due volte di più rispetto ad altri
giovani (...) È obbligatorio uno stretto monitoraggio per qualsiasi soggetto in età evolutiva trattato con antidepressivi (...) Sia la
restrizione che l'isolamento sono considerati interventi terapeutici per i giovani che non sono in grado di controllare gli impulsi
aggressivi (...) verso sé stessi e gli altri, (...) nonostante i casi riportati di decessi per asfissia durante le procedure di restrizione (...) In
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alcuni casi si usa la "restrizione chimica" (...) Si cerca di identificare gli antecedenti e intervenire prima (...) L'aspettativa è che
quando viene dimesso a un regime meno restrittivo, il paziente continui la cura (...) Con l'ospedalizzazione parziale (...) i bambini
rimangono all'interno della famiglia, ma (...) i rischi di un trattamento diurno comprendono un isolamento sociale e il confino in una
stretta fascia di contatti sociali all'interno della popolazione di coetanei problematici.

Rivista Io donna (autunno 2021)
C'è chi ha proposto di rendere obbligatorio il tempo pieno nelle scuole elementari.
Martin Eden (J. London)
I professori sono la guida, ecco tutto. Non hanno in mente nulla, non inventano, non creano nulla. Tutto è nella cabina, essi sanno
come aggirarsi là dentro e il loro compito è di mostrare agli estranei il posto, altrimenti potrebbero smarrirsi (…) Ho passato già
molto tempo nella cabina delle carte e sono al punto di potermi muovere, qualunque siano le coste che voglio esplorare. E nel modo
che so io, esplorerò molto più rapidamente da solo (…) Vi sono tanti campi speciali, che tutta la vita non basterebbe ad impadronirsi
di un decimo di essi (…) Anche le più grandi intelligenze del mondo si basano sugli specialisti (…) Tralasciò l’algebra (…) il latino
(…) Non aveva tempo (…) Non importa quel che si studia, se si vuole acquistare una cultura generale. Si può studiare il francese o il
tedesco o addirittura l’esperanto, (…) il greco e il latino, benché non serva a nulla, e sarà sempre cultura generale. ** studiò il
sassone, lo imparò benissimo… fino a due anni fa e ora tutto quello che ricorda è: “Quando il dolce aprile giunge con le sue piogge”,
(…) perché non deve guadagnarsi la vita (…) “Il latino è un allenamento, una disciplina mentale” (…) ci dicevano e (…) quel che
non ci hanno detto è che i soli uomini che lo conoscono sono i farmacisti, gli avvocati e i professori di latino. *** ha scoperto
Spencer, ed è tutto preso di lui. Perché? Perché Spencer lo porterà a qualcosa. *** (…)
Se non mi piace una cosa, non mi piace (…) e non v’è ragione al mondo che mi costringa a scimmiottare il gusto degli altri (…) Quei
critici (…) non conoscono che le cose consacrate (...) Hanno il cervello debole e i luoghi comuni vi s’imprimono facilmente. Il nome
della fabbrica è impresso sulle bottiglie della loro birra e la loro funzione è di prendere tutti i giovani che seguono l’Università e di
bandire dalle loro menti ogni lampo di originalità che in loro si manifestano e di rifoggiarlo sullo stampo delle cose stabilite (…) I
nove decimi dei professori di lettere sono piccoli pappagalli dal cervello microscopico (…) Avevano ragione nei loro giudizi letterari,
poiché erano arrivati al successo (…) Quegli esseri senza pensiero sono gli arbitri di quei pochi che realmente pensano.

Dell’arte del conversare (M. de Montaigne)
Prendete un maestro di lettere, conversate con lui: perché non ci fa sentire questa superiorità dovuta alla sua arte (…)? Un uomo tanto
superiore per gli argomenti e per il modo di esporli, perché mescola alla sua disputa le ingiurie, l’immoderatezza e la collera? Che si
tolga (…) il latino (…) e lo prenderete per uno di noi se non peggio (…) Eccettuati questi giochi, essi non fanno nulla che non sia
volgare e vile. Se sono più dotti, non sono perciò meno inetti. Io amo e onoro il sapere e quanti lo possiedono, (…) ma in coloro (…)
che basano il proprio ingegno sulla memoria (…) io l’ho in odio (…) un po’ più della stoltezza (…). La dottrina giova abbastanza alla
borsa, raramente all’anima. Se la trova odiosa, l’appesantisce e la soffoca (…) Utilissimo accessorio per un’anima ben nata,
pernicioso e dannoso per un’altra anima.

Pigro (I. Graziani)
Tu sai citare i classici a memoria, ma non distingui il ramo da una foglia. Pigro! Una mente fertile – dici – è alla base, ma la tua
scienza ha creato l’ignoranza. Pigro! E poi le parolacce che ti lasci scappare, che servono a condire il tuo discorso d’autore, come
bava di lumaca stanno lì a dimostrare che è vero: è vero, non si può migliorare, col tuo schifo di educazione. Pigro!

Satyricon (Petronio)
Non sta mai fermo in un posto, arriva, si fa dare da scrivere, ma voglia di lavorare saltami addosso. Ce n’è pure un altro, non un’arca
di scienza, ma ha scrupolo, insegna più di quello che sa.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Immaginò tra sé la lezione di inglese e si sentì, persino a quella distanza, agitato e infelice. Vide le teste dei compagni docilmente
chine a scrivere sui quaderni i punti che veniva detto loro di annotare, definizioni nominali, definizioni essenziali, esempi, date di
nascita o di morte, opere principali, un giudizio critico favorevole e, accanto, uno sfavorevole (…) Lo assaliva un odore di triste
sotterraneo umido e di putrefazione.

Piccola guida per persone intelligenti che non sanno di esserlo ( B. Milletre)
Una studentessa iscritta al terzo anno di lettere si sente disorientata quando capisce che le si chiede semplicemente di rimasticare ciò
che ha appreso limitandosi ad assimilare il pensiero degli autori studiati.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Tu che cosa dirai? Fino a quando vuoi pensare sotto l’influenza altrui? Renditi indipendente, tira fuori qualcosa di tuo (…) Tutti
costoro che non mai producono qualcosa di proprio e non fanno che commentare stando nascosti nell’ombra degli altri non hanno
niente di nobile (…) Altro è ricordare e altro è sapere. Ricordare è custodire una nozione affidata alla memoria, al contrario il sapere
consiste nel fare propria ciascuna cosa, nel non dipendere da un modello (…)
Perché dovrei ascoltare da te quanto posso leggere? “Grande è l’efficacia della viva voce”, si dice. Certo non di quella che si adatta a
ripetere le parole altrui. La verità è accessibile a tutti (…) Certo che li conoscerai questi frequentatori perseveranti e assidui che
chiamerei, più che scolari, inquilini dei filosofi. Alcuni vengono per il diletto di ascoltare, non per apprendere, come si va a teatro per
il piacere che si prova a sentire un bel discorso o una bella commedia (…) Qualcuno porta con sé le tavolette, non già per trascrivervi
i concetti, ma le parole che ripeterà senza profitto per gli altri, così come egli le ascolta senza profitto per se stesso. Ma ci sono quelli
(…) rapiti dalla bellezza dei pensieri, (…) presi dal desiderio di applicare la lezione ascoltata (…) Pochi privilegiati conservano a
lungo le buone disposizioni concepite.
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Avere o essere (E. Fromm)
Studenti che facciano propria la modalità esistenziale dell’avere, assisteranno a una lezione udendo le parole dell’insegnante,
afferrandone la struttura logica e il significato e facendo del loro meglio per trascrivere ognuna delle parole stesse nel loro quaderno
d’appunti, in modo da poter poi mandare a memoria le annotazioni e quindi superare la prova di un esame (…) Ognuno degli studenti
è divenuto il proprietario di un insieme di affermazioni fatte da qualcun altro (…) Gli studenti che fanno propria la modalità
dell’avere si prefiggono un’unica meta: conservare ciò che hanno appreso (…) Non devono né produrre né creare qualcosa di nuovo.
In effetti gli individui del tipo “avere” mostrano la tendenza a sentirsi turbati da nuovi pensieri o idee su questo o quell’argomento
(…) In effetti, per una persona agli occhi della quale l’avere costituisce la forma principale di relazione con il mondo, idee che non
possano venire facilmente incamerate (o registrate per iscritto) sono preoccupanti, al pari di qualsiasi altra cosa cresca e si trasformi,
e che pertanto sia incontrollabile.
Il processo di apprendimento è di tutt’altro tipo per quegli studenti che fanno propria la modalità di rapporto con il mondo incentrata
sull’essere (…) Hanno riflettuto già in precedenza sulle problematiche che le lezioni affronteranno, e custodiscono nella mente un
certo numero di domande e problemi personali. Si sono occupati della materia, e questa li interessa. Anziché essere passivi recipienti
di parole e idee, ascoltano, odono e, cosa della massima importanza, ricevono e rispondono in maniera attiva, produttiva. Ciò che
ascoltano, stimola gli autonomi processi di elaborazione mentale, provocando in loro il sorgere di nuove domande, di nuove idee, di
nuove prospettive. Il loro ascoltare è un processo vitale. Prestano orecchio con interesse, odono davvero quel che l’insegnante dice,
spontaneamente si rivitalizzano in risposta a ciò che ascoltano. Non acquisiscono semplicemente conoscenze, un bagaglio da portarsi
a casa e mandare a mente. Ognuno di loro è stato coinvolto ed è mutato: ognuno dopo la lezione è diverso da come era prima.
Naturalmente, questa modalità di apprendimento può imporsi solo qualora l’insegnante offra argomenti stimolanti: vuote chiacchiere
non possono trovare, come risposta, la modalità dell’essere (…) Nel caso della modalità dell’essere, (…) ricordare significa
richiamare attivamente alla mente parole, idee, cose viste, dipinti, suoni musicali; in altre parole, consiste nel connettere il singolo
dato da rammentare ai molti altri dati con i quali è correlato. Le connessioni, in questa seconda modalità, non sono né meccaniche né
puramente logiche, bensì viventi (…) Questo secondo tipo di memoria rappresenta di per sé un’attività mentale produttiva (…) Chi
non abbia la prevalente inclinazione all’immagazzinamento di dati, constaterà che la sua memoria, per funzionare a dovere, ha
bisogno di un interesse effettivo e immediato (…)
Ricordare secondo la modalità dell’essere implica riportare in vita qualcosa che si è visto o udito prima (…) Il modo con cui chi
faccia propria la modalità dell’avere ricorda un volto o una scena, è esattamente rivelato da come la gran parte di noi guarda una
fotografia (…) La mia banca dei dati mnemonici è divenuta una parte di me esterna a me, ha assunto la forma delle mie annotazioni
(…)
La differenza tra i vari livelli di istruzione, dalle medie all’università, consiste soprattutto nel quantitativo di proprietà culturale che è
stato acquisito (…) I cosiddetti “ottimi” allievi, sono quelli che sanno ripetere, con maggior accuratezza, ciò che ciascuno dei vari
filosofi ha detto (…) Non imparano a interrogare i filosofi, a dialogare con loro; non imparano a cogliere le contraddizioni dei filosofi
stessi, né a rendersi conto che scansano certi problemi o evitano di fornire una risposta; non imparano a distinguere tra quanto era
nuovo e quanto gli autori non potevano fare a meno di pensare perché rispondeva al “comune buon senso” dell’epoca loro; non
imparano ad ascoltare in modo da poter distinguere quando ciò che gli autori dicono proviene soltanto dal loro cervello, e non è
dettato dal cervello e dal cuore insieme; non imparano a scoprire se gli autori sono autentici o fasulli; e si potrebbe continuare a
lungo.
I lettori che fanno propria la modalità dell’essere, giungono spesso alla conclusione che anche un libro fatto oggetto di molte lodi può
essere del tutto privo di valore o averne assai poco; càpita anche che riescano a capire appieno un libro, a volte più di quanto non sia
riuscito a fare l’autore stesso, agli occhi del quale tutto quanto ha scritto può essere apparso importante (…) Conoscere non significa
essere in possesso della verità, bensì andare sotto lo strato esterno e tentare, criticamente e attivamente, di avvicinarsi sempre di più
alla verità (…) L’ignoranza, per colui che conosce, vale quanto la conoscenza, dal momento che entrambe fan parte del processo del
conoscere (…) La conoscenza ottimale secondo la modalità dell’essere consiste nel conoscere più profondamente, mentre secondo la
modalità dell’avere consiste nell’avere più conoscenza. Il nostro sistema didattico di norma mira a educare la gente ad avere
conoscenza a guisa di un possesso (…) Le scuole sono le fabbriche in cui vengono prodotti questi pacchi-conoscenza per tutti (…)
da[i] qual[i] gli studenti pescano un po’ qui e un po’ là e, in nome della spontaneità e della libertà, non vengono spronati a
concentrarsi su un unico soggetto.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Sono vissuto per circa trent’anni su questo pianeta e ancora debbo sentire dai più vecchi di me la prima sillaba di un consiglio valido
o per lo meno sincero (…) Se posseggo qualche esperienza che penso possa essermi utile, mai di essa i miei Mentori mi fecero
menzione (…)
La maggior parte degli uomini ha imparato a leggere per una meschina convenienza come hanno imparato a fare di conto per non
farsi imbrogliare negli affari, ma ben poco o nulla è ciò che sanno del leggere inteso come nobile pratica intellettuale; e tuttavia solo
questo è leggere, in senso alto; non quello che ci culla (…) ma quell’altro per il quale dobbiamo leggere restando in punta di piedi,
consacrando ad esso le nostre ore più attente. Penso che, dopo aver imparato a leggere e scrivere, dovremmo imparare quanto di
meglio c’è nella letteratura e non ripetere sempre il nostro A, B, C (…) Nella nostra biblioteca circolante c’è un’opera in diversi
volumi dal titolo “Letture leggere” (…) Questa specie di pandolce viene giornalmente cotto in quasi ogni forno (…) Siamo una razza
di omuncoli e nei nostri voli intellettuali ci solleviamo poco più in alto delle colonne dei giornali (…) Probabilmente ci sono parole
che sono rivolte esattamente alla nostra condizione e che, se potessimo udirle, sarebbero per la nostra vita più salutari del mattino o
della primavera e forse farebbero vedere le cose sotto una diversa luce. Per quanti uomini la lettura di un libro è stata l’inizio di una
nuova èra nella loro vita! (…) Le cose al momento attuale inesprimibili possiamo trovarle espresse in qualche luogo (…) Non
abbandoniamo la nostra educazione quando cominciamo a essere uomini o donne (…)
L’esperienza è la sola cosa che può rendere fruttuosa l’agiatezza (…) gli studenti non dovrebbero giocare alla vita o solamente
studiare (…) Se desiderassi che un ragazzo sapesse qualcosa delle scienze e delle arti, per fare un esempio, io non seguirei la comune
prassi di mandarlo da qualche professore dove si insegna e si pratica tutto meno l’arte della vita (…) Quell’economia della vita che è
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sinonimo di filosofia, nei nostri colleges non vi era mai sinceramente professata.

Lo sviluppo della personalità (C. G. Jung)
Senza la scuola si regredirebbe a un livello primitivo, (…) ma l’educazione non finisce con l’università. È indispensabile che esista
uno spirito che crea cultura, (…) uno spirito vivo, non un intelletto raziocinante (…)
L’uomo ha bisogno di una comunità più ampia della famiglia, i cui lacci atrofizzano spiritualmente e moralmente (…) La saggezza
della dottrina subentra al posto della madre (…) o si può finire per affidarsi allo Stato (…) con gli esiti noti in Italia dove il duce è
venerato.

Il fascismo (I. Silone)
L’istruzione in epoca fascista era pessima (…) Proliferavano corsi su S. Tommaso o S. Agostino e vennero aboliti molti insegnamenti
(…) Gli insegnanti erano minacciati e controllati nella vita lavorativa e personale che si richiedeva fossero entrambe “sinceramente”
fasciste.

Novella Senofonte e Niccolò Machiavello in Operette Morali (G. Leopardi)
Perché dunque essendo questa (e non l’altra) l’arte del saper vivere, o del saper regnare (ch’è tutt’uno, poiché il fine dell’uomo in
società è di regnare sugli altri in qualunque modo, e il più scaltro regna sempre), perché, dico io, se n’ha da insegnare un’altra e
questa direttamente contraria alla vera? È tale ch’ell’è appunto il modo certo di non sapere ? (…) e tale che nessuno de’ più
infiammati nello scriverla, vorrebb’esser quello che l’adoperasse, e nemmeno esser creduto un di quelli che l’adopreno? (cioè un
minchione). Torno a dire: qual è il fine dei libri, se non di ammaestrare a vivere?

Satyricon ( Petronio)
E io penso che questi giovincelli a scuola rimbecilliscono perché non ascoltano né vedono nulla di ciò che abbiamo sottomano.

Introduzione di Guido Bezzola a Rime (F. Petrarca)
Le riverenze d’obbligo al padre Dante (…) non tutti e non sempre le fecero (…) Non dovremmo dimenticare che dalla seconda metà
del Trecento alla fine quasi del Settecento (…) di Dante si leggeva qualche canto (…) Noi diamo giudizi oggi, quando la
riconsacrazione di Dante è ormai cosa fatta (…) Il fatto è che siamo eredi di tutta la tradizione dell’Ottocento, del patriottismo italico
con Dante per fondamento predicato da Mazzini. (…)
Il primo poeta che nelle scuole veniva posto in mano ai ragazzi era Petrarca, il quale aveva il vantaggio di non essere
ideologicamente pericoloso, di non trattare temi scabrosi, di non usare parole grosse (…). Viene attuato da Petrarca un vigoroso
richiamo verso l’astratto (…) col risultato che i suoi seguaci dimenticarono anche la realtà interiore e scambiarono l’esercitazione con
la poesia (…) e nel richiamo verso l’astratto andrà incluso il ricorso a un discorso continuamente metaforico, (…) che si prolungherà
concludendosi nel generico precetto classicistico di evitare, fin dove possibile, di chiamare le cose col loro nome. Il che, in una
società come quella italiana, soddisfaceva bene le tendenze aperte e oscure di governanti e governati, consentendo la perpetuazione
del gioco dell’ambiguità, della doppiezza, delle verità multiple (…) nel quale molto spesso ci troviamo avviluppati anche oggi.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Nell’astrattezza e separatezza della scienza moderna, nel suo smarrimento del rapporto tra realtà e simbolo, tra significante e
significato (…) sta il sintomo più preoccupante del male che ha investito la civiltà occidentale (…) Per i Greci la matematica e la
geometria erano (…) mezzi per entrare in contatto con il mondo (…) e alludevano, per analogia, alle norme del comportamento etico
(…) E se i Greci, pur avendo scoperto i procedimenti algebrici (…) hanno preferito non generalizzarne lo studio e l’uso, è dipeso dal
fatto che consideravano la matematica una scienza della natura.

Guerra e pace (L. Tolstoj)
Studiamo che il generale ** in data ecc., (…) ma personaggi storici e (…) tanti casi fortuiti (…) in realtà (…) riflettono i movimenti
delle masse (…) e il movimento profondo delle considerazioni politiche e diplomatiche.

Tempi difficili (C. Dickens)
A forza di essere costretta divenne triste, ma non sapiente.

Fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
E voi continuate a leggere cattivi libri? (…) Non vi vergognate a distruggere voi stessa? (…)
Questi giovani non si rendono conto che sacrificare cinque o sei anni della propria giovinezza a uno studio arduo e faticoso, sebbene
allo scopo di decuplicare in se stessi le forze, (…) è molto spesso superiore alle forze di molti di loro. ** aveva scelto la strada
opposta a quella di tutti gli altri, ma con la stessa brama di azione immediata. Può darsi che sulla sua immaginazione abbiano influito
(…) ricordi della prima infanzia (…) Era arrivato (…) forse solo per dare un’occhiata, (…) ma poi aveva incontrato quello ***.

http://www.slideshare.com/scuole-italiane
Le spinte da più parti a rinnovare radicalmente la scuola italiana fanno emergere che occorre fare spazio a migliori prove e
insegnamenti e rendere coerente l'istruzione nel suo insieme: io ritengo che, oltre a eliminare Religione ed Educazione Motoria dalle
scuole medie e superiori, si dovrebbe soprattutto imporre molti limiti all'arbitrio degli insegnanti di Italiano e modificare i programmi
di Italiano e Latino, perché è palesemente assurdo che nelle materie umanistiche le valutazioni siano del tutto soggettive, che in una
scuola diversa dal Liceo Classico si venga costretti a studiare il Latino, lo Stilnovo e l'opera di Dante, Tasso, Petrarca e Boccaccio,
che in ogni scuola si studino gli stessi autori più di una volta e che per di più agli insegnanti sia concesso di poter assegnare perfino
un tema di letteratura a settimana e inoltre letture obbligatorie dannose come sono senz'altro alcuni classici di D'Annunzio, Fogazzaro
e Huysmans. Alle scuole medie e superiori il tempo e le energie così guadagnati potrebbero essere impiegati in prove più utili come
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le seguenti, che elenco tenendo presenti i manuali di Scienze dell’Educazione e della Formazione: test di problem solving di vita
concreta; effettuazione di ricerche attraverso enciclopedie (anche quelle in rete, come l’Enciclopedia dell’Italiano sul sito della
Treccani), dizionari specialistici, manuali, testi monografici e repertori, segnalando almeno le altre fonti tipiche quali riviste
specialistiche, annuari (es. Guida delle regioni), indagini campionarie ad hoc e metaanalisi; analisi e realizzazione di raccolta di dati
di ricerca in cifre, tabelle e grafici; analisi di testi pubblicitari, politici e, in misura minore, di narrativa con attenzione particolare alle
figure retoriche e alle altre tecniche più utilizzate in testi che mirano alla persuasione e nelle riviste; compilazione di articoli di
ricerca secondo il modello standard (quello con le ripartizioni pagina del titolo, abstract, introduzione, metodo, risultati e discussione)
e soprattutto di brevi saggi ben argomentati e di lettere formali (anche del tipo da scambiare nei rapporti di lavoro); stesura di testi
particolari (messaggi informativi o pubblicitari, lettere di consigli, descrizioni, riassunti, elaborati su stimolo visivo e magari anche
dossier, rapporti, resoconti e progetti).
Si dovrebbe insegnare la storia con continua e sempre maggiore sottolineatura delle motivazioni profonde degli eventi al di là dei
pretesti e soprattutto dei molti punti in comune tra i fatti di rilievo del passato e quelli dell'epoca contemporanea e del presente.
Sarebbe importante fare letteralmente girare tra i banchi alcuni classici e testi più recenti ma validi che possano spingere gli studenti
delle scuola media dell'obbligo e di quella superiore ad approfondire in autonomia la conoscenza della storia, come i testi di
storiografi e memorialisti quali Senofonte, Livio e forse Saint-Simon, Hamilton e Solzeničyn. Soprattutto si dovrebbe far conoscere
bene a scuola i saggi più recenti di Primo Levi (non il resoconto della sua esperienza, ma la successiva riflessione su essa in un ampio
contesto e la postfazione al suo primo libro) e memorie e analisi storiche altrettanto ricchi di riflessioni sempre attuali che
quest'ultimo libro quali sono quelli di Tucidide, Cicerone, Seneca, Tacito, Voltaire, Chateaubriand, Silone, De Beauvoir, Orwell,
Foucault, Arendt e Packard. Ancora tuttavia più importante è che la scuola affronti temi d'attualità attraverso una selezione di saggi e
articoli come si può trovare nei libri di testo di sociologia, antropologia e geografia umana del liceo delle scienze umane e in quelli
universitari di psicologia politica e di introduzione alla politica mondiale e mediante rimandi a film e ad altri libri su questi argomenti
non universitari, come ad esempio il saggio citato di De Mari (il suo libro, come quelli di Silone e Hamilton, aiuta anche a rimediare
alla povertà di notizie sul fascismo dei libri di testo in uso), i recenti saggi di Fallaci e forse quelli di Carofiglio, Canfora, Travaglio e
anche i vecchi bestseller della narrativa di Milan Kundera, Simenon, Koestler e quelli di Smith L'ultima preda e, nonostante la scarsa
qualità, La legge del deserto (romanzi che offrono ai lettori ben più che distrazione nonostante il genere cui appartengono). Secondo
me è fondamentale, infatti, che la lettura dei migliori libri del passato sia concepita dagli studenti come il mezzo per fornire loro
metodo nelle loro riflessioni sul presente e che abbiano peso minore le ragioni di mercato che spingono a pubblicizzare, almeno nei
libri di testo liceali, solo saggi e romanzi, oltre che film, recentissimi. E sarebbe d'aiuto anche che a scuola si accennasse almeno
all'esistenza di movimenti come Opus Dei e Comunione e Liberazione, per permettere di inquadrarli a livello storico o se non altro
per la grande influenza che oggi hanno negli ambienti universitari e in molti altri contesti importanti, a causa dell'alto livello
socioeconomico e delle professioni di alto livello dei loro membri.
I libri di testo in programma in ogni scuola o almeno in quelle dell’obbligo dovrebbero inoltre spiegare con sempre maggiore
precisione tutte le nozioni di psicologia principali a cominciare dalle cosiddette tecniche cognitivo-comportamentali vere e proprie e
da meccanismi di difesa, misure di sicurezza, biases e altre distorsioni del giudizio; inoltre gli insegnanti dovrebbero accennare anche
ai libri universitari adatti e fare girare materialmente tra i banchi qualche testo del passato rintracciabile in biblioteca senza tralasciare
di invitare a sfogliare i libri di Erich Fromm e soprattutto, dato che su di Carl Gustav Jung si fa spesso molta confusione anche in
qualche libro di testo scolastico, facendo conoscere di quest’ultimo l'elenco completo delle opere - compresi i capitoli - e il glossario
che si trovano nelle ultime pagine di Ricordi, sogni, riflessioni e alcune citazioni pertinenti (in particolare quelle contenute in
Solitudine: ritorno a se stessi di Storr), perché ciò è più utile per inquadrarne i contenuti principali che leggere L’uomo e i suoi
simboli, testo creato per lo più da suoi assistenti su loro iniziativa proprio per rendere più fruibili al vasto pubblico il metodo di Jung
ma non recante indicazioni precise sul suo pensiero riguardo tipi psicologici e natura e trattamento delle nevrosi.
Si dovrebbe dare precise informazioni su igiene e alimentazione tenendo presenti le esigenze create da malattie comuni anche tra
bambini e ragazzi e la forma in cui i prodotti si trovano nei supermercati e soprattutto sui farmaci più utili e utilizzati e sulle molte
diverse origine delle malattie fisiche e funzionali, affinché non capiti più tanto spesso di sentire affermare da diplomati o laureati che
le malattie vengono solo a chi le vuole.
Si dovrebbe impedire agli insegnanti di lasciare soli gli studenti nella scelta della scuola superiore e di ciò che la seguirà, perché
Internet può non essere sufficiente per informare bene e per tempo sul necessario, perché Internet può non essere sufficiente per
informare bene e per tempo sul necessario: scuole superiori raggiungibili dalla residenza o con convitto che non rendono
indispensabili altri studi pur permettendo di proseguirli, corsi per ottenere la certificazione ECDL, brevi corsi e concorsi post-
diploma, ITS, Università con o senza test d'ingresso, manuali per preparare questi test, master e concorsi post-laurea, vecchie e nuove
occupazioni, servizi online per aiutare nella ricerca del lavoro o di idee su che lavoro fare, agenzie per il lavoro interinale e leggi
importanti e discusse relative al mondo del lavoro.
Le ricerche di tutti in rete (anche attraverso i forum online) e in biblioteca su argomenti di importanza vitale dovrebbero essere
incoraggiate e avere solide basi e un diciottenne si dovrebbe poter orientare, dato che il governo dà ai genitori il diritto di ignorare del
tutto le proprie responsabilità a partire dalla maggiore età dei figli. Proprio il rifiuto della scuola di base di dare ai giovani delle radici
per lo meno fornendo informazioni sulle scuole successive a quelle di primo e secondo grado e sul mondo del lavoro e titoli di libri
validi (classici e testi recenti di storia, attualità e psicologia e sull'arte del vivere e informazioni e esercitazioni di utilità pratica)
favorisce da una parte gravi abusi da parte di laureati in psicologia esercitanti come psicoterapeuti (con o senza il titolo di studio
necessario per legge e supervisore), dall’altra la crescente strumentalizzazione della religione anche cattolica e il fanatismo reale o
atteggiato di alcuni gruppi anche cristiani di piccole o grandi dimensioni in Italia, fenomeni a volte molto pericolosi e che rovinano
vite intere o lunga parte di esse condizionandone il rimanente. Un individuo senza solide radici culturali è facile preda del
conformismo e più facilmente strumentalizzato dai politici, oltre che una vittima più indifesa della criminalità comune e della
malasanità e un peggior elemento in ogni professione di responsabilità (vi ricordo che la preparazione universitaria di un giudice non
comprende lo studio della psicologia…). In ogni caso è esperienza comune che il favoritismo ingiusto e dalle conseguenze a lungo
termine degli insegnanti si avvale della loro facoltà di non informare e quindi dell’ignoranza in cui gli studenti vengono lasciati dai
decreti ministeriali, che nulla fanno per diminuire il divario di privilegi derivante dal tipo di famiglia assegnata dal caso.
Ciò che più conta è che siano fornite dalle scuole di ogni livello per adolescenti importanti nozioni di psicologia, medicina (non
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semplicemente biologia), informatica, economia, diritto ed educazione civica e ai servizi sociali. Si tratta di accennare ai contenuti
rilevanti, fornire titoli di testi dove lo studente interessato possa approfondire e soprattutto aprire le menti degli alunni coltivando in
loro almeno il dubbio riguardo ciò di cui pochi hanno esperienza diretta (...)
Da sempre sono stati scritti libri di ogni genere contenenti critiche ai programmi scolastici inutili per i più giovani, che hanno bisogno
prima di tutto di conoscere la natura umana e le leggi della violenza e della stupidità che regolano la vita sociale (...) Informatevi
anche sul giudizio che in genere si riserva o si riservava alla banalizzazione tradizionale della poesia di Francesco Petrarca e a Dante
Alighieri nelle scuole italiane prerisorgimentali e all'estero (...) Leggete per intero il paragrafo 7 del capitolo 4 di Progettare la
ricerca empirica in educazione (Coggi-Ricciardi) oppure pagine online sui molti limiti (del resto intuibili o noti a tutti per esperienza)
di predizione (a livello lavorativo) e di valutazione (obiettiva!) delle prove scolastiche tradizionali e soprattutto sulle innovazioni utili
seguenti tra quelle già sperimentate da qualche tempo almeno in America: scale prodotto e tabelle sul modello Guildford per
assegnare il voto, "portfolio" (show case o di presentazione), prove "semistrutturate" , (...) ad esempio con consegna di utilizzare 10
righe, 2 esempi concreti e almeno 5 argomentazioni, e stesure di testi diversi dai temi e tra loro (...), "reattivi di profitto", prove
"oggettive" con risposte prestrutturate e standardizzate nella loro creazione e valutazione, prove "strutturate di classe" (create
dall'insegnante, ma abbastanza simili a quelle oggettive) e soprattutto le citate prove di problem solving applicato a situazioni di vita
corrente a carattere interdisciplinare (prove proposte dal movimento detto della valutazione autentica) e programmi di alternanza
scuola-lavoro (es. PCTO). È auspicabile che le inchieste di INVALSI e IEA possano rilevare un utilizzo sempre crescente di queste
nuove forme di valutazione anche in Italia. Tutte le nuove prove introdotte di recente sarebbero probabilmente davvero utili se si
accettasse di ridurre molto il numero di quelle tradizionali (in particolare temi a casa e in classe e interrogazioni orali) e se inoltre si
accettasse di svecchiare i programmi (andrebbero alleggeriti di tutto ciò che è ripetitivo, lontano dalla vita e inadatto all'indirizzo di
scuola superiore e universitario prescelto) oltre che d'inserire in ogni scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado corsi
indispensabili per la salute psicofisica e per la vita pratica e lavorativa (informatica, educazione civica, diritto, servizi sociali,
economia, psicologia e medicina). Se ci si decidesse a questo, basterebbe a rendere l'istruzione qualcosa di razionale che ogni singolo
studente, in anonimato o in consiglio di classe, avesse la possibilità di denunciare e documentare (con filmati autorizzati, ecc.) un
abuso ripetuto da parte degli insegnanti (qualora fossero molto aggressivi o si discostassero nella valutazione dalla prescrizione –
presente nei manuali di Scienze dell'Educazione e della Formazione – di annotare i quesiti, socializzare con gli studenti i criteri di
valutazione e utilizzare per essa testi modello, criteri, livelli prestabiliti e standard imposti dal Ministero).
Invito a leggere i testi di tre vecchie canzoni italiane: Pigro (Ivan Graziani), Dopo il liceo che potevo far (Edoardo Bennato) e Il
niente di Marco Masini, sempre che sia quest'ultima quella sua canzone in cui si parla di disoccupati avanzi dei licei. Queste canzoni
potrebbero accompagnare un utile confronto tra i programmi vuoti delle materie umanistiche delle scuole medie superiori e dei licei
scientifico, classico, linguistico e artistico da un lato e quelli densi di temi di attualità scottanti e di pagine dedicate allo sviluppo della
personalità del liceo delle scienze umane, che pur tra tanti difetti andrebbe imitato in tutte le scuole superiori di primo e secondo
grado.
Piccoli uomini (L. M. Alcott)
Amava moltissimo la lettura e si perdeva in mille fantasticherie, nutrite da una fantasia sbrigliata e sostenuta da una natura
contemplativa. I suoi genitori avevano paura che diventasse uno di quei ragazzi pallidi e precoci, che sono sì l’orgoglio dei genitori e
il vanto della famiglia, ma poi appassiscono come un fiore di serra, perché sbocciati troppo presto per la mancanza di solide radici
che non riescono a fare breccia nella salutare terra di questo mondo (…) ** disse: “Lascialo fare tutto il rumore che vuole per ora
(…) In quanto allo studio, al momento giusto, ne verrà attratto naturalmente”.

America (F. Kafka)
Studiava con pedanteria ed eccessivo impegno (…) Era sempre convinto che gli altri avessero un gran vantaggio su di lui (…) Si
basava sul libro più che sulla responsabile, anche se lei era l’unica cui doveva rendere conto nel lavoro (…) E ora, all’infuori del
manuale, quanto tempo era che non leggeva più un libro!

L’arte di ascoltare (E. Fromm)
Ogni autentico passo di crescita è un atto rivoluzionario, un atto di rivoluzione personale (…) Il problema centrale è sempre se
l’individuo trova il coraggio necessario, o se invece si arrende (…) E parlo di educazione, sebbene in tal caso si tratti di solito di un
istituto sociale che non contribuisce certo all’emancipazione e all’indipendenza dell’individuo. Nessun istituto sociale persegue tale
scopo. E questo è anche il motivo per cui in genere l’educazione contribuisce così poco allo sviluppo di una persona.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
La maggior parte delle istituzioni sociali sembra avere per scopo quello di mantenere l’uomo a livello di mediocrità di idee e di
sentimenti, tale da renderlo più adatto a governare o a essere governato.

Come un romanzo (D. Pennac)
In materia di esami “capire” significa capire quel che ci si aspetta da noi (…) La scuola non può essere una scuola del piacere, il
quale presuppone una buona dose di gratuità (…) Tutto nella vita scolastica (…) esprime la finalità competitiva dell’istituzione, essa
stessa indotta dal mercato del lavoro (…) La vitalità non è mai stata inserita nei programmi scolastici. Qui c’è l’utilità. La vita è
altrove. Leggere si impara a scuola. Quanto ad amare leggere… (…) E il professore approva a margine: “Sì, sì. Bene. Benissimo”
(…) lui che la mattina ha visto il ragazzino copiare a tutto vapore la scheda di lettura di **, lui che sa per esperienza che la maggior
parte delle citazioni incontrate in questi scritti pieni di saggezza vengono da un dizionario all’uopo, lui che capisce dalla prima
occhiata che gli esempi scelti (“citate alcuni esempi tratti dalla vostra esperienza personale”) vengono da letture fatte da altri, lui che
ha ancora nelle orecchie le urla provocate imponendo la lettura di un romanzo (…) Il commento regna sovrano, al punto, il più delle
volte, di sottrarci alla vista l’oggetto commentato. Questo brusio accecante ha un nome travisato: comunicazione… (…) Fra coloro
“che non leggono” i più accorti impareranno a parlare intorno: eccelleranno nell’arte inflazionistica del commento, (…) nella caccia
alla citazione intelligente (…) e diventeranno esperti nella sapiente navigazione fra i “brani scelti”, che conduce sicuramente al
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diploma di maturità, alla laurea, perfino al dottorato (…)
Che dei libri possano sconvolgere a tal punto la nostra coscienza e lasciare che il mondo vada a rotoli ha di che toglierci la parola.
Silenzio, dunque… Salvo, naturalmente, per i parolai del potere culturale. Ah! Le chiacchiere da salotto, dove poiché nessuno ha
niente da dire, la lettura passa al rango di possibile argomento di conversazione. Il romanzo ridotto a strategia di comunicazione!
Tante urla silenziose, tanta ostinata gratuità perché il primo cretino possa rimorchiare la smorfiosa di turno: “Come, non ha letto il
Viaggio di Céline?”
Imparare a leggere (B. Bettelheim)
Quello che è necessario perché un bambino impari volentieri a leggere non è il conoscere l'utilità pratica della lettura, ma una fervida
fede che la capacità di leggere gli dispiegherà davanti un mondo di meravigliose esperienze e gli permetterà di affrancarsi dalla sua
ignoranza, comprendere il mondo e diventare padrone del suo destino (...) La letteratura iniziò con visioni dell'uomo, e non fu creata
per servire a scopi utilitari (...) Ai bambini bisognerebbe insegnare a leggere dei testi che essi trovano degni della loro attenzione e
dei loro più decisi sforzi (...) da classici scelti della letteratura (...) La buona letteratura ha qualcosa di significativo da offrire a
qualsiasi lettore di qualsiasi età, benchè a livelli di comprensione e di apprezzamento diversi (...) Il lettore principiante, poiché crede
ancora nel potere delle parole per il bene e per il male, si blocca o legge in modo errato quando incontra una parola che suscita
sentimenti eccessivamente forti e che quindi può sembrare pericolosa. Eppure, dato che queste parole evocano emozioni molto forti
(benché negative), proprio questa forza di coinvolgimento emotivo può, quando sia trattata in modo adeguato, essere preservata,
mentre la sua carica negativa può essere disinnescata o addirittura convertita in una positiva (...) Ciò si ottiene promuovendo
consapevolezza dell'accaduto e autoaccettazione (...) Tali esperienze possono contribuire a rendere la lettura una delle attività più
piacevoli che la vita ha da offrire al bambino, dato che poche cose sono fonte di così profonda soddisfazione come la nostra scoperta
in noi stessi della capacità di tramutare il negativo in positivo.
Todo modo (L. Sciascia)
L’essere stati per alcuni mesi nella stessa classe non significava poi tanto, in ordine alle affinità, agli affetti. Due soli compagni
avevano avuto importanza nei miei anni di scuola: uno che avevo poi visto sempre, un altro che non ho più incontrato. Eravamo tutti
e tre a basso livello di rendimento scolastico, ma leggevamo tanti libri che non avevano niente a che fare con la scuola, andavamo
ogni sera al cinema, ci confidavamo amori e disamori (…) ** era invece dei bravi, e dei bravi che non passano da copiare la versione
dal greco o dall’italiano in latino (e quest’ultimo era (…) la più insensata delle vessazioni).

L’istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Il fanciullo veramente d’ingegno è, anche e soprattutto, serio, e del resto sarei disposto a credere che una intelligenza lenta sia
preferibile ad un ingegno volto a mal fare (…) Il ragazzo di cui parlo io assimilerà facilmente gli insegnamenti, farà anche delle
domande, sempre però in modo da seguire il maestro e non da corrergli avanti. L’intelligenza dei ragazzi-prodigio non arriva mai
facilmente a frutto. Costoro sono quelli che compiono facilmente le piccole fatiche e, ringalluzziti dalla stessa audacia, fanno sùbito
mostra di tutte le loro possibilità; si limitano ad esprimere senza interruzione delle parole e le pronunziano con molta faccia tosta e
senza timore di sbagliare: sono i tipi che non spiccano molto, ma spiccano sùbito. In loro non c’è autentica capacità, e quella che
hanno non poggia su radici ben profonde (…) Tutto ciò piace, se confrontato con l’età; da questo momento in poi i progressi hanno
termine e l’ammirazione va scemando (…) Quanto meno uno è intelligente, tanto più cerca di gonfiarsi e di innalzarsi: proprio come
avviene ai piccoli di statura, che si alzano sulle punte dei piedi e minacciano, mingherlini come sono, non so quale ira di Dio. Quanto
agli oratori ampollosi o di cattivo gusto o reboanti e a coloro che cadono in qualsiasi altro genere di goffa e affettata imitazione, ho
per certo che essi soffrano non per eccesso, ma per difetto di forza (…) Allo stesso modo, (...) uno (...) difettoso (...) sarà oscuro (…)
A procurare la disinvoltura, ci sarà tempo in séguito, e la questione sarà da me accuratamente svolta al momento opportuno (…)
Raggiungerà la mèta (…) colui che avrà appreso a parlare correttamente prima che a parlare velocemente (…) Penserò che non possa
per nulla dirsi eloquenza quella che non mostri un minimo non dirò di serietà o di santità, ma almeno di maschia vigoria e
d’incorrotta moralità (…) Noi, che aspiriamo a creare l’oratore, daremo all’eloquenza cembali e non armi? Perciò, quel giovane che
intendiamo formare ed educare (…) già da quando è nella scuola pensi ardentemente alla vittoria e sappia ferire l’avversario nelle
parti vitali e difendersi.

Psicologia della comunicazione (P. Di Giovanni)
Il Gruppo di Ricerca della Comunicazione ha insistito (...) sull'esistenza di una dimensione sommersa della comunicazione, che la
orienta a monte, (...) procedimenti quasi razionali (...) che tendono a demolire qualsiasi tesi (...) (retorica dinamica) (...)
I migliori comunicatori sembrerebbe (...) siano le persone con saldi principi, ricchezza interiore e disponibilità a capire e a mettersi in
discussione (...) quei soggetti attenti alla presentazione del Sé in società (HSM o ad high self monitoring) dotati di un nucleo
inflessibile circondato da un alone fluttuante (...) (un nucleo rigido anche se adattabile alle diverse situazioni sociali) (...) Essi
esplorano se stessi nell'interazione tra il Sé e la situazione, (...) invece di manipolarci come fanno gli HSM spregiudicati.
Autobiografia (B. Franklin)
Suo padre abituò i figli a discutere e a disputare tra loro, per proprio divertimento (…) Abituato così fin da ragazzo, ** era un acuto
ed elegante sofista e pertanto nelle dispute riusciva quasi sempre vincitore (…) Queste persone che continuamente disputano,
confutano, contraddicono, non riescono a dirigere bene i loro affari. Sì, è vero, a volte ottengono vittorie, ma mai riescono ad avere la
fiducia degli altri, che sarebbe loro di utilità maggiore (…) Il mio orgoglio trapelava spesso in ogni mia conversazione, discutendo di
un qualsiasi argomento, non mi accontentavo di aver ragione, ma volevo sopraffare l’interlocutore e mi rendevo insolente (…) Mi
prefissai di astenermi dal contraddire direttamente le opinioni degli altri e dal fare affermazioni in senso assoluto. Mi proibii l’uso di
espressioni come “certamente”, “senza dubbio” ecc. e adottai locuzioni come “io credo, mi sembra”, “immagino” oppure ancora
“così mi pare in questo momento” (…) Negavo a me stesso il piacere di contraddire esplicitamente o di mostrare immediatamente
l’assurdità delle affermazioni che ritenevo sbagliate, affermavo invece che in questi casi o circostanze quelle osservazioni sarebbero
state esatte, ma che mi sembrava che in quello da noi affrontato ci fosse qualche differenza, ecc. (…) La modestia con cui suggerivo
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le mie opinioni faceva in modo che fossero accolte senza molte velleità di contraddizione; io stesso non mi sentivo così mortificato
quando mi scoprivo nel torto (…) Ed è a questa abitudine (oltre che, beninteso, alla reputazione di uomo onesto) che credo di dover
ascrivere l’influsso che esercitai fin dall’inizio sui miei concittadini quando proponevo di creare nuovi istituti o di emendare quelli
del passato o nelle pubbliche assemblee; poiché, in effetti, pur essendo un ben povero oratore, nient’affatto eloquente, sempre esitante
nella scelta delle parole, e commettendo spessissimo degli errori nell’uso della lingua, riuscivo tuttavia convincente.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Un discorso esplicativo semplice e trasparente (…) non propone nuove interpretazioni e non ostenta l’autorità di insigni studiosi con
ricchi apparati di note, ma pone il lettore nella migliore situazione di attenzione e di ascolto dei testi. (…)
Nel lavoro ragionevole e metodico è la vera prerogativa dell’uomo.

L’arte del conversare (M. Montaigne)
Lo studio (…) non riscalda; mentre la conversazione insegna ed esercita al tempo stesso. Se converso con un animo forte, (…) le sue
idee danno slancio alle mie, (…) mi spingono e m’innalzano al di sopra di me stesso (…) Mi piace che le parole vadano dove va il
pensiero (…) Io festeggio la verità in qualsiasi mano la trovi (…) L’inseguimento e la caccia sono la nostra vera preda, (…) poiché
siamo nati per cercare la verità (…) Ho in odio ogni sorta di tirannia.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Ciò che è vero, ciò che è istruttivo è quanto la coscienza di un uomo onesto, che ha molto e bene visto, dice al proprio amico vicino
al focolare: certune di dette conversazioni mi hanno più istruito di tutti i libri e dell’ordinaria pratica di società.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Uomini intelligenti sono sempre il miglior manuale di conversazione.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
E così a poco a poco si accendeva (…) non quella dura piccola luce elettrica che chiamiamo conversazione brillante, quando ci
esplode e ci scompare sulle labbra, bensì quel bagliore più profondo, sottile e sotterraneo che è la ricca fiamma gialla della
comunicazione razionale. Nessuna fretta, né bisogno di scintillare. Nessun bisogno di essere altro che se stessi.

Middlemarch (G. Eliot)
Assistere a questo grande spettacolo della vita e non riuscire a liberarsi del proprio io meschino, avido e tremante (…) Non provare
mai l’esaltazione di aver potuto trasformare la propria coscienza in pensieri folgoranti e nell’ardore della passione, nell’energia
dell’azione (…) Ma rimanere sempre dotto e privo di ispirazione, ambizioso e timido, scrupoloso e miope.

Essere rinomati non è bello (B. Pasternak)
Non c’è bisogno di tenere archivi, di trepidare per i manoscritti.
Scopo della creazione è il restituirsi, non il clamore, non il gran successo (…) Occorre vivere senza impostura (…) e lasciare le
lacune nel destino, non già fra le carte, (…), non recedere di un solo briciolo dalla tua persona umana, ma essere vivo e nient’altro
fino alla fine.

Lettere a Lucilio (Seneca)
È riprovevole e anche una forma di intemperanza ingombrare la mente con la suppellettile letteraria. La moda ci fa trascurare il
necessario e apprendere questo superfluo per vanità e ci rende verbosi, importuni (…) Bisogna stare lontani dagli studi letterari. Sarei
pazzo se mi ponessi questioni vane mentre dardi mi si conficcano nella schiena (…) Quanto tempo ti sottraggono le malattie, le
occupazioni quotidiane, il sonno, ecc.? Misura la tua vita: non c’è posto per tante cose (…) I letterati sanno meglio parlare che vivere
(…) In ogni studio bisogna sapere la meta che ci si propone (…) Il giovane che, volgendosi alla letteratura, studia Virgilio, quando
legge il noto verso “Fugge il tempo irreparabile” non dice a se stesso: “Vegliamo! (…)” Ma osserva che Virgilio ogni qualvolta parla
della celerità del tempo usa un certo verbo…

Come un romanzo (D. Pennac)
Esiste il diritto di saltare delle pagine (…) Il libro ci cade dalle mani? Lasciamo che cada (…) I buoni libri non invecchiano. Ci
aspettano sui nostri scaffali e siamo noi a invecchiare un’altra volta (…) Curiosare nella nozione controversa di gusto, cercando poi
di stendere la mappa dei nostri (…) può offrire il raro piacere di rileggere un libro capendo finalmente perché non ci piace.

Rancore e nuvole (A. Tabucchi)
A pensarci bene, c’era qualcosa di querulo in quel rimando tardo romantico a un empireo non meglio definito nel quale vagherebbero
in forma astratta i concetti poetici per scendere poi in forma astratta in forma di parole nel recipiente vile del poeta, (…) ma forse era
davvero inconsapevole: era a suo modo un signorino, aveva scritto quelle parole senza capirne il significato, credendole misteriose
(…) E invece non avevano mistero per lui che le leggeva (…) e poteva giocare con loro come con le lettere di legno dell’alfabeto
infantile (…) Il vero poeta era lui, lo sentiva.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Uno degli eccidi più efferati del Terrore fu quello delle giovinette di Verdun (…) Istigatore del massacro il poetastro regicida Pons di
Verdun, che si accanì contro la sua città natale. È incredibile quanti agenti del Terrore abbia fornito l’Almanacco delle Muse: la
vanità delle mediocrità inappagate generò altrettanti rivoluzionari quanto l’orgoglio ferito degli storpi.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
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Quel discutere su qualche libro era perfettamente in armonia con le loro abitudini dato che la conversazione tra loro doveva essere
fabbricata quasi chimicamente. Dovevano prepararla chimicamente nelle loro teste, miscelando i vari ingredienti (…) Era adirata con
lui che traduceva ogni cosa in parole (…) Tutto quello scrivere! Tutti quei feroci tentativi di farsi avanti! Era pura follia. E andava via
via peggiorando, diventava addirittura maniacale (…) Romanzi privi di reale contenuto (…) costruiti sul vuoto (…) Il suo cosiddetto
genio era solo (…) un palese talento per il pettegolezzo personale, intelligente e apparentemente distaccato (…) È soprattutto nei
luoghi delle passioni segrete della vita che la corrente della conoscenza deve fluire e rifluire, purificante e tonificante. Ma il romanzo,
al pari del pettegolezzo, può anche sollecitare simpatie e ripugnanze spurie, meccaniche e letali per la psiche (…) Sono umilianti i
romanzi (…) che tutti leggono. Il pubblico non apprezza ora se non ciò che lusinga i suoi vizi.

Memorie d’oltretomba (F. de Chateaubriand)
Mentre la tragedia arrossava le strade, la letteratura pastorale trionfava in teatro; non si parlava che di pastori innocenti e di verginali
pastorelle (…) rivivevano per candide megere che se ne tornavano dallo spettacolo della ghigliottina con la calza in mano.

Come un romanzo (D. Pennac)
Svuotava sulla cattedra una tracolla piena di libri. Ed era la vita (…) Tutte le sue letture erano dei regali (…) Attraverso la sua voce
noi scoprivamo d’un tratto che tutto ciò era stato scritto per noi. Quella scoperta giungeva dopo che per lunghi anni l’insegnamento
delle Lettere ci aveva tenuti a rispettosa distanza dai libri (…) Non ci somministrava la letteratura con il contagocce analitico, ce la
serviva in gran bicchieroni… E noi capivamo tutto quello che ci leggeva. Noi lo sentivamo. Non c’era spiegazione del testo più
luminosa del suono della sua voce quando anticipava le intenzioni dell’autore, rivelava un sottinteso, svelava un’allusione… rendeva
impossibile il fraintendimento (…) Ci parlava di tutto, ci leggeva tutto, perché non dava per scontato che avessimo una biblioteca in
testa (…) E niente a che vedere con l’idea di patrimonio culturale, di sacri segreti appesi alle stelle; con lui, i testi non cadevano dal
cielo, li raccattava da terra e ce li regalava da leggere. Tutto era lì, intorno a noi, brulicante di vita. Ricordo la nostra delusione, agli
inizi, quando affrontò i colossi, quelli di cui i nostri professori ci avevano comunque parlato, i pochi che pensavamo di conoscere
bene (…) In un’ora perdettero il loro statuto di divinità scolastiche per diventarci intimi e misteriosi – cioè indispensabili.
Resuscitava gli autori. Alzati e cammina (…) Non faceva il prof-amicone (…) Svolgeva semplicemente quella che chiamava la sua
“lezione di ignoranza”. Con lui la cultura smetteva di essere religione di Stato e il bancone di un bar valeva quanto un palco. Noi
stessi, ascoltandolo, non provavamo il desiderio di prendere i voti, di mettere l’abito talare del sapere. Avevamo voglia di leggere,
punto e basta… Appena taceva, correvamo a svaligiare le librerie (…) E più leggevamo, più in effetti ci sentivamo ignoranti, soli
sulla riva della nostra ignoranza, e di fronte a noi il mare. Ma con lui non avevamo più paura di buttarci. Ci tuffavamo nei libri senza
perdere tempo in sguazza menti freddolosi (…) Lui ci ha lasciato in eredità una gran bella voglia di trasmettere. Ma di trasmettere ai
quattro venti. Lui, che se ne sbatteva dell’insegnamento, sognava ridendo un’università itinerante.

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SCRIBACCHIARE PER NON SAPER ATTENDERE O PER NON SAPER VIVERE

Il contesto (L. Sciascia)
“Per me non ci sono mai ore libere (…) Lo pubblicherò appena si verificheranno condizioni che ne promuoveranno il successo (…)
Segue il mio ragionamento?” Come accade nei manicomi, pensò **, dove sempre incontri quello che ti blocca a confidarti il suo
falansterio.

Luogotenente Schmidt (B. Pasternak)
Tutta la notte egli scrive scempiaggini. Sopravviveva un’ondata di isterismo, egli è di nuovo sotto il rubinetto (…) “Vi ho svelata
tutta la mia anima (…) Ma in questo è poco di lusinghiero ed è anzi un grande rischio. Temo che la mia loquacità finisca col farvi
ribrezzo. Sarò assordato dal loro fracasso e non credo di scamparla. Risonerò come la loro eco, ma l’eco dura un istante (…) O notti!
O liberi discorsi! O turbine che tronchi le frasi come aceri e olmi!”

L’uomo senza qualità (R. Musil)
** portava un grosso libro sotto il braccio. Era un gesto che gli piaceva, rispettoso e condiscendente verso lo spirito (…) Non si
poteva dire che ** parlasse con qualcuno, stava lì e parlava da solo ad alta voce. Il generale si ricordò che molta gente per la strada
parlava ad alta voce (…)
Non ha notato quanta gente oggi parla da sola per la strada? Si vede che non sono capaci di vivere completamente le loro esperienze
o di assimilarle e da ciò deriva un esagerato bisogno di scrivere. Forse lo scritto non lo rileva così chiaramente perché, secondo il
talento e la pratica, può venire fuori qualcosa che oltrepassa di molto l’origine. Ma la lettura lo rivela: oggi nessuno legge, ognuno si
serve dello scrittore per scaricare su di lui le proprie eccedenze in forma di consenso o dissenso (…)
Quel che lo confinava in una forma di esistenza segregata e indefinita altro non era che l’impulso ad associare e dissociare, impulso
che, con una parola che non si ama incontrare da sola, viene chiamato spirito (…) Chi può si adorna di spirito. Lo spirito, combinato
con questo e con quello, è diffuso come null’altro al mondo. Lo spirito della fedeltà, uno spirito illuminato, e più grande spirito dei
nostri giorni, lo spirito della causa, lo spirito del movimento. Ma quando lo spirito sta solo, un sostantivo nudo, che accade? (…) Si
ha un bel leggere, studiare, comprar quadri e ragionare: lo si possiede? Questo spirito è legato saldamente alla forma sotto cui si
presenta (…) Lo si gusta con gigantesco consumo di energia nervosa e poi dove va a finire? Forse se si venisse a saperne di più, si
farebbe intorno a questa parola un silenzio angoscioso (…)

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Forse di me non resterà alla fine che questo impulso ad associare cose distanti tra loro.
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Middlemarch (G. Eliot)
Intuire quali sarebbero state le conclusioni di Mr. ** era difficile come fare le previsioni del tempo (…)
La sua penna era un organo pensante, che elaborava frasi prima che la mente potesse contraddirla. Essa manifestava rammarico e
proponeva rimedi che poi Mr. ** rileggendoli, trovava fossero stati fatti in modo felice.

Lessico familiare (N. Ginzburg)
Nel tempo del fascismo, i poeti s’erano trovati a esprimere solo il mondo arido, chiuso e sibillino dei sogni. Ora c’erano di nuovo
molte parole in circolazione, e la realtà di nuovo appariva a portata di mano (…) Ma poi avvenne che la realtà si rivelò complessa e
segreta, indecifrabile e oscura non meno del mondo dei sogni; e si rivelò ancora situata di là dal vetro, si rivelò effimera (…) Tutti
scordarono quella breve, illusoria, compartecipazione alla vita del prossimo (…) L’errore comune era credere che tutto si potesse
trasformare in poesie e parole. Né conseguì un disgusto di poesia e parole (…) per cui alla fine ognuno tacque. Era necessario tornare
a scegliere le parole, (…) scrutare per sentire se erano false o vere, se avevano o no vere radici in noi”.

Il Fanciullino (G. Pascoli)
Lo studio deve essere diretto, (…) più che ad aggiungere, (…) a togliere la tanta ruggine che il tempo ha depositato sulla nostra
anima in modo che torniamo a specchiarci nella limpidezza, (…) ad essere soli tra noi e noi (…) Limitare, (…) abbagliare, (…)
sopraffare (…) o ingobbirsi mietendo (…) E gli ozi della critica collezionano giudizi tra pugnaci atteggiamenti di novatori e schifi
gesti di pedanti (…) Ragioniamo e distinguiamo troppo, (…) e amiamo troppo l’ornamentazione (…) Il Fanciullino non sottintende,
(…) non ha la pretesa assurda e comune che il senso delle cose che dice lo metteranno i lettori (…) Poeta è chi si fissa in una
visione che i suoi occhi possano misurare, (…) occhi che guardano semplicemente e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra
anima. (…) Non esclude di proposito ma naturalmente (…) e tra le opinioni dei filosofi sceglie quelle che confermano il suo
sentimento (…) Lo spinge stupore e curiosità (…) È l’aedo, (…) il veggente, (…) l’uomo che ha veduto (…) A costituire il poeta
vale più il sentimento e la sua visione che il modo col quale la trasmette (…) I primi uomini con misurata gravità pronunciavano la
difficile parola che stupivano volasse (…) dopo la lunga e silenziosa meditazione(…) Non le gettavano come cose che
sovrabbondano, (…) ne vedevano il peso (…) Lettori e uditori non dovrebbero dire che: “Com’è vero! Non ci avevo pensato” (…)
Il sentimento poetico è di chi trova la poesia in ciò che lo circonda, (…) non affatturando e sofisticando(…) Il nuovo non s’inventa,
si scopre.

Fiorirà l’aspidistra (G. Orwell)
Un giorno, forse, Dio solo sapeva come e quando, sarebbe riuscito a guadagnarsi la vita bene o male “scrivendo” (…)Lottava con un
terribile libro che non andava mai avanti (come solo scopo dimostrabile della sua vita) (…) Era stato stabilito in famiglia che ** era
intelligente (era la teoria) (…) Era un pomeriggio tiepido come di primavera e in quel momento era soddisfatto della sua poesia.
Dimenticava che la sera prima gli aveva quasi dato dei conati di vomito (…) Il tavolo era ricoperto da un ammasso di fogli, tutti
coperti di scrittura, cancellati e scritti di nuovo. Non era più una cosa che avesse creata, ma solo un incubo in cui si dibatteva (…) In
una solitudine di tanta tristezza non si può scrivere un libro. Nei momenti in cui guardava freddamente in faccia la realtà, era
consapevole che non lo avrebbe mai finito. Ciononostante, e forse proprio per questo, ** si accaniva. Era qualcosa a cui potersi
aggrappare. Erano momenti in cui l’ispirazione tornava e le parole diventano vivide, (…) ma allora cancellava un verso, che un anno
prima andava bene ma ora gli sembrava falso, e provava un senso di compiutezza come se distruggere fosse in qualche modo un atto
creativo (…) La posta! Aspettava le lettere con avidità (…) Il libro fu dimenticato (…) La delusione per non aver ricevuto le lettere lo
aveva svuotato di ogni coraggio ed entusiasmo. Ancora cinque minuti prima il libro gli era parso una cosa viva; ora lo conosceva
inequivocabilmente per l’indegno pancotto che era (…) Un’altra sera sciupata. Per puro bisogno di autopunizione trasse a sé un
fascio di cartelle del suo libro (…) La penosa meccanica vacuità di quei versi lo sgomentò: era come il ticchettio di qualche futile
macchinetta avviata.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
In assenza di vita esteriore, gli incidenti li procura la vita interiore: le associazioni di idee e ricordi agiscono, (…) sussultano come
una macchina che nell’impossibilità di spostarsi, giri su se stessa. La mia vecchia decisione di mettermi a scrivere risaliva a chissà
quando, ma mi sembrava di ieri, avendo considerato ciascun giorno trascorso lasciandolo passare ripromettendomi di cominciare a
lavorare l’indomani

Time (Pink Floyd)
Scandendo via i momenti che rendono un giorno noioso. Sciupi e sprechi le ore in una strada fuori mano, gironzolando attorno a un
pezzo di terra nella tua città, aspettando qualcuno o qualcosa che ti mostri la via (…) Tu sei giovane (…) e poi un giorno ti ritrovi
dieci anni sulle spalle. Nessuno ti ha detto quando partire e hai mancato lo sparo iniziale. E tu corri e corri (…) Ogni anno sta
diventando più corto. Non si riesce più a trovare il tempo. Progetti finiscono nel nulla o in mezza pagina di righe scarabocchiate (…).
La canzone è finita, pensavo di avere ancora qualcosa da dire..

Chiedi alla polvere (J. Fante)
A volte un’idea fluttuava innocente per la stanza come un uccellino bianco. Non aveva cattive intenzioni. Voleva solo aiutarmi,
l’uccellino. Ma io lo colpivo, lo abbattevo con i tasti, finché mi moriva tra le dita.

Il ciclo delle stagioni (C. Ponge)
Stanchi di essere contratti per tutto l’inverno, gli alberi all’improvviso si lusingano dell’essere ingannati (…) e lasciano andare le
parole, un flusso, un vomito di verde (…) Cercano di nascondersi, di confondersi gli uni negli altri. Credono di poter dire tutto (…)
Non dicono altro che: gli alberi: neanche capaci di trattenere gli uccelli che se ne volano via, mentre essi si rallegravano di aver
prodotto fiori così strani. Sempre la stessa foglia, sempre lo stesso modo di spiegarsi e lo stesso limite (…) Niente insomma che
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possa fermarli se non improvvisamente questa riflessione: non si esce dagli alberi con mezzi di alberi. Una nuova stanchezza, un
nuovo capovolgimento morale. Lasciamo che tutto ingiallisca e cada. Venga lo stato taciturno, lo spoglio.

359 (E. Dickinson)
Così l’ottenni, lentamente, salendo (…) Come pendeva in alto! (…) Ho detto che l’ottenni – e fu tutto. Guarda come la stringo perché
non cada. E io resti per sempre miserabile, resa incapace da un istante di grazia di riprendere quel volto di quieta mendicante che
avevo un’ora fa.

Prefazione a Musica per Camaleonti (T. Capote)
Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta (…) Gli scrittori (…) che vanno allo sbaraglio, disposti a giocare il
tutto per tutto (…) hanno molte cose in comune con un’altra razza di uomini solitari: quelli che si guadagnano da vivere giocando a
biliardo e distribuendo carte.

Prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno (I. Calvino)
Tensione di follia e inseguimenti come l’Orlando Furioso (…) Ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest’altro per
inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché (…) Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare
che si può usare una sola volta nella vita. Il primo libro già ti definisce, mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’essere definito (…)
Per coloro che da giovani cominciarono a scrivere dopo un’esperienza di quelle con tante cose da raccontare, (…) il primo libro
diventa subito un diaframma tra te e l’esperienza, taglia i fili che ti legano ai fatti, brucia il tesoro di memoria – quello che sarebbe
diventato un tesoro, se avessi avuto la pazienza di custodirlo, se non avessi avuto tanta fretta di (…) imporre una gerarchia arbitraria
tra le immagini, (…) di separare e privilegiare le presunte depositarie d’una emozione (…) Di questa violenza che le hai fatto
scrivendo, la memoria non si riavrà più: l’esperienza, che è la memoria più la ferita che ti ha lasciato, più il cambiamento che ha
portato in te e ti ha fatto diverso, (…) ricchezza vera dello scrittore (ma non solo di lui), (…) appena ha dato forma a un’opera
letteraria insecchisce, si distrugge (…) Quell’esperienza che custodita per gli anni della vita (…) sarebbe forse servita a scrivere
l’ultimo libro.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Un soggetto molto negativo (…) Che utilità ne avrebbe tratto il lettore? Eppure continuava a scriverlo, perché (…) era mandare
avanti una conversazione con la propria immagine allo specchio (…) L’atto di scrivere era irrilevante: (…) non era un atto creativo,
ma una registrazione (…) La storia era già scritta dentro di lei (…)
Cercando in sé le linee di una storia e trovando che ancora una volta non sono altro che immagini di sconfitte e ironia, ora le rifiuta
sistematicamente. Cerca di accettare le immagini coscienti che significano infelicità o aridità (…) e piegarle alla vittoria (…) È
trascendere i propri limiti. Dal caos nasce una forza nuova (...)
Si trattava di trovare il nome giusto.

La storia infinita (M. Ende)
Voi creature di Fantàsia portate nel mondo accecamento e illusione, (…) manie, idee fisse, (…) idee di disperazione là dove non c’è
ragione di disperarsi; desiderio di cose che fanno ammalare, (…) l’odiare cose che non si conoscono, il dubitare di ciò che potrebbe
salvare, il credere cose che rendono ubbidienti (…) Un flusso di menzogne che si rovescia incessantemente nel mondo dagli uomini.
Se non vi conoscono per quello che siete veramente, si possono guidare gli uomini come si vuole, perché essi vivono di idee(…) Con
voi si scatenano guerre, si fondano imperi(…) Il nome sbagliato rende tutto irreale, il nome giusto dà a tutte le creature e a tutte le
creature e a tutte le cose la loro realtà (…) Fin dall’inizio venne data quella stupenda facoltà creatrice(…) nuovi e splendidi nomi (…)
a quel richiamo (…) Quando le creature di Fantàsia vengono trascinate nell’altro mondo in quella terribile maniera, quello è il modo
sbagliato. Ma quando è un uomo a venire da noi, quello è il modo giusto. Tutti coloro che sono venuti fra noi hanno appreso qualcosa
che solo qui potevano apprendere e che li ha fatti tornare nel loro mondo profondamente mutati. Erano diventati dei veggenti, perché
ci avevano visto nella nostra vera natura. Per questo potevano guardare anche il loro mondo e il loro prossimo con occhi del tutto
diversi. Là dove prima non vedevano che banali cose quotidiane, scoprivano d’improvviso miracoli e misteri (…) E quanto più ricco
il nostro mondo diventava grazie a loro, tanto meno erano le menzogne nel loro mondo. Così come i due mondi possono distruggersi
a vicenda, allo stesso modo possono vicendevolmente risanarsi (…) Ci sono persone che non potranno mai arrivare in Fantàsia e ci
sono invece persone che possono farlo, ma che poi restano là per sempre (…) Finiscono prigionieri (…), e senza niente da dire,
perché senza più ricordi e desideri, (…) si esprimono lanciando i dadi (…) E infine ci sono quei pochi che vanno in Fantàsia e
tornano anche indietro. Come hai fatto tu. E questi risanano entrambi i mondi (…) Ci sono una quantità di porte che conducono in
Fantàsia. Di libri magici ce n’è più d’uno. Molta gente non se ne accorge neppure. Dipende appunto da chi prende in mano un libro
simile.
Albero e foglia (J. R. R. Tolkien)
La fantasia (...) non reca offesa alla ragione (...) Al contrario. Più acuta e chiara è la ragione e migliore fantasia produrrà (...) La
fantasia può essere portata all'eccesso, (...) ma abusus non tollit usum.
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POCHI E BUONI LIBRI NELLA SOLITUDINE

Fiorirà l’aspidistra (G. Orwell)
In tutte le librerie è in corso una lotta darwiniana per la sopravvivenza del più adatto, nella quale le opere di autori viventi gravitano a
livello dell’occhio e quelle di autori scomparsi vanno giù nella Gehenna o su tra i troni, sempre lontano dal luogo dove possano
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essere notate (…) Detestava soprattutto certi libri intellettualistici di critica letteraria (…) Quale raffinatezza occhialuta! E (…) dietro
di essa, quattrini (…) Una donna di ceto medio con sotto braccio una copia della Saga dei Forsyte, il titolo bene in mostra affinché i
passanti potessero prenderla per un’intellettuale (…) lasciò cadere una copia della Dell. I vividi occhi d’uccello della signora ** si
posarono sul volume (…) sorrise a ***, un sorriso d’intesa come da intellettuale a intellettuale (…) “La Dell! Che meschinità i libri
che i ceti inferiori leggono!” Era gentile con ***, per commesso che fosse (…) Era la framassoneria degli intellettuali che li
cementava. L’occhio scintillò d’ironia da intellettuale. *** ricambiò. “Tenersi buona la signora **! Una buona cliente”. Ancora
clientela (…) Un giovane (…) con i quattrini (…) “Io adoro la poesia!” ** assunse il tono tra il servile e il signorile riservato ai buoni
clienti (…) e sorrise di un sorriso evoluto da bibliofilo a bibliofilo, pensando “Cerca di smammare al più presto, bambolo di
zucchero”. (…) *** guardò acidamente i quindici o venti scaffali (…) e pensava: “Riavremo mai uno scrittore che valga la pena di
leggere? (…) E se mai avessimo uno scrittore degno di essere letto, riusciremo a conoscerlo quando lo vedessimo, soffocati come
siamo da tanto ciarpame?”

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Forse si potrebbe vivere “esattamente” (…) Ciò vuol dire immaginare un’opera di vita consistente, anziché in tre trattati, in tre poesie
nelle quali la personale capacità di rendimento sia spinta al massimo, tacere quando non si ha niente da dire, restare insensibili
quando non si ha l’indescrivibile senso di allargare le braccia e di essere sollevati in alto da un’ondata della creazione! Non
resisterebbe nessun talento, ma resterebbe il genio! E di ogni quintale di morale rimarrebbe un milligrammo di un’essenza che è
beatifica anche nella quantità di un milionesimo di grammo (…) L’uomo esatto prende tutto e (…) anche se stesso senza pregiudizi e
con meticolosità, (…) come un tecnico o un commerciante.

Come un romanzo (D. Pennac)
Prodotto di una società iperconsumistica, il libro è coccolato quasi quanto un pollo gonfiato agli ormoni (…) Eccoti il romanzetto
smilzo gonfiato (…) per far credere al lettore che avrà quel per cui spende (testo annegato e frasi stordite da tanto biancore) Eccoti la
“sovraccoperta” pugno-in-un occhio i cui colori e titoli enormi strillano (…)
Ci sono “buoni” e “cattivi” romanzi. Molto spesso sono i secondi che incontriamo per primi (…)
Esiste quella che chiamerei una “letteratura industriale” che si limita a riprodurre all’infinito gli stessi tipi di racconti, che fabbrica
stereotipi a catena, fa commercio di buoni sentimenti e sensazioni forti, prende al volo tutti i pretesti offerti dall’attualità per sfornare
una narrativa di circostanza, effettua “studi di mercato” per piazzare secondo la congiuntura un determinato tipo di prodotto che si
ritiene debba infiammare una determinata categoria di lettori. Ecco, a colpo sicuro, dei cattivi romanzi. Perché? Perché non sono il
risultato della creazione ma della riproduzione di “formule” prestabilite, perché sono un’opera di semplificazione (cioè di menzogna),
mentre il romanzo è arte di verità (cioè di complessità), perché facendo leva sui nostri automatismi addormentano la nostra curiosità
e, infine, soprattutto, per il fatto che l’autore non c’è, né la realtà che pretende di descriverci. Insomma, una letteratura “usa e getta”
fatta con lo stampo e che in quello stampo e che in quello stampo vorrebbe imprigionare anche noi (…) Il nostro primo stato di lettori
è il bovarismo (…) la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni: l’immaginazione che si dilata, i nervi che
vibrano (…) Il cervello che prende momentaneamente le lucciole del quotidiano per le lanterne dell’universo romanzesco (…) Il
bovarismo è una delle cose più diffuse nel mondo, ma è sempre nell’altro che lo vediamo, mentre vituperiamo la stupidità delle
letture adolescenti, non è raro che collaboriamo al successo di uno scrittore telegenico di cui ci faremo beffe appena sarà passato di
moda.

Avere o essere (E. Fromm)
La lettura di un romanzo da quattro soldi, privo di qualità artistiche, è una sorta di sogno a occhi aperti: non permette risposte
produttive; il testo viene ingurgitato come uno spettacolo televisivo o come le patatine fritte che si masticano seduti davanti al
televisore (…) Una volta che sanno com’è andata a finire hanno l’intera storia, quasi altrettanto reale che se l’avessero pescata nei
propri ricordi. Non hanno però dilatato la propria conoscenza; non hanno compreso affatto il personaggio del romanzo, e pertanto
non hanno approfondito la loro penetrazione nella natura umana, né sono giunti a conoscersi meglio. Le modalità di lettura sono le
stesse qualora il libro tratti di filosofia o di storia.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Vi son libri leggendo i quali si impara di tutto, ma poi, tutto sommato, non ci si fa un concetto di nulla.

Massime e pensieri (N. de Chamfort)
L’ozio di uno scrittore che ha prodotto ottime opere è più rispettato dal pubblico della attiva fecondità di un autore che sforna a
ripetizione opere mediocri. Così il silenzio di un uomo noto per la sua eloquenza è più apprezzato del chiacchiericcio inane di un
verboso (…) Ciò che fa il successo di un bel po’ di opere è il rapporto accertato tra la mediocrità delle idee dell’autore e la mediocrità
delle idee del pubblico.

M. Montaigne
Dovrebb’esserci coercizione di legge contro gli scrittori inetti e inutili come havvi contro vagabondi e fannulloni (…) La mania
scribacchina sembra essere quasi un sintomo di secolo dissoluto.

Massime e riflessioni (La Rochefoucauld)
La vera eloquenza consiste nel dire tutto il necessario e solo il necessario (…) È nel carattere dei grandi intelletti far intendere molte
cose in poche parole.

Il magico potere del riordino (M. Kondo)
Prendete in mano uno per uno tutti i libri accatastati, e procedete a scegliere quelli da conservare e quelli da buttare. Il principio in
base al quale dovete regolarvi resta sempre “l’emozione” che vi provocano nel momento in cui li sfiorate (…) Basta solo toccarli (…)
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Immaginate una libreria composta solo dai libri che vi piacciono. Solo il pensiero non vi manda in estasi? Per gli amanti dei libri non
deve esserci gioia più grande (…) Conservate solo quelli che vi inorgoglisce vedere nella vostra libreria, quelli che prendendoli in
mano vi rendete conto di amare davvero (…) Non serve finire tutti i libri che avete iniziato (…) Avere meno libri a portata di mano
ha aumentato la mia sensibilità alle informazioni: quelle importanti diventano più facili da riconoscere.

L’amante di Lady Chatterley (D. H. Lawrence)
Proust mi annoia: tutta quella complicata raffinatezza!Non ha sentimenti, solo fiumi di parole per descriverli. Sono stanca degli
intellettuali pieni di sé.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Gli scrittori (mediocri) si sono limitati a descrivere stati d’animo presentandoli sullo stesso piano (…) con l’abbandono dei valori
centrali in favore di tutto ciò che è alla periferia dell’arte, ai confini della psicologia (…) È impossibile invece sottrarre la vera
letteratura alle categorie del bene e del male, al pari di tutte le attività umane (…)
Gli scrittori di genio offrono l’equivalente dello spessore della realtà (…)
Niente è più eternamente nuovo del bene.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Ho rubato idee da ogni libro che ho letto. La mia linea di condotta nella stesura di un libro è “leggere come una farfalla, scrivere
come un’ape” e se in questa storia c’è un minimo di miele, esso è dovuto totalmente alla qualità del nettare che ho trovato nelle opere
dei migliori scrittori.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Dobbiamo alternare il leggere con lo scrivere e far sì che le cognizioni acquisite leggendo, messe sulla carta, formino un tutto
organico. Imitiamo le api: suggono il miele e lo depongono nei favi con ordine. Come facciamo con il cibo per il corpo, digeriamo
quello dello spirito, altrimenti non si trasformerà in energie intellettuali, ma in un peso per la memoria. Il contributo di molti autori
scompaia assimilato nel prodotto nel nostro ingegno. E anche se nella tua opera trasparirà l’autore che ammiri di più e che è impresso
più profondamente nel tuo animo, vorrei che la somiglianza fosse quella di un figlio, non quella di un ritratto: il ritratto è una cosa
morta.

Inizio di una ricerca (I. Silone)
Mi sorprende che altri scrittori vantino la diversità di qualche loro opera (…) Se uno scrittore mette tutto se stesso nel lavoro la sua
opera non può non costituire un libro unico (…) Avrei amato passare la vita a scrivere e riscrivere sempre la stessa storia, nella
speranza, se non altro, di finire col capirla e farla capire. Così nel Medioevo vi erano dei monaci che trascorrevano l’esistenza a
dipingere il Volto Santo, sempre il medesimo volto, che in realtà non era mai del tutto identico.

Zibaldone (G. Leopardi)
Lo stento con cui (…) suda (…) perché ogni minima frase, ogni minimo aggiunto sia originale e nuovo, e non ci sia cosa tanti
milioni di volte detta, ch’egli non la ridica in un altro modo, (…) disgusta (…) e (…) stanca per l’uniformità e per la continua fatica
(…) necessaria a capire quella studiatissima oscurissima e perenne originalità.

Romanzi rusticani (G. Sand)
La gente di campagna non legge in fretta, cosicché i due libri ch’essi possedevano bastavano per contentarli. Quando avevano letto
tre pagine nella serata era molto, e quando il libro era finito, abbastanza tempo era trascorso dall’inizio, perché potessero riprendere
la prima pagina di cui non si ricordavano troppo. E poi, ci sono due maniere di leggere e non sarebbe male dirlo agli istruiti (…)
Coloro che hanno molti libri e molto tempo per sé, ne ingoiano quanti possono e si mettono ogni sorta di cose nella testa, tanto che
Dio non vi distingue più niente. Quelli che non hanno tempo e libri, sono felici quando cadono sul pezzo buono: lo ricominciano
cento volte senza stancarsi e, ogni volta, qualche cosa che non avevano ben notato fa venire loro un’idea nuova. In fondo è sempre la
medesima idea, ma è così rivoltata, così ben gustata e digerita, che la mente che la conserva è meglio nutrita e in miglior salute essa
sola, che mille cervelli riempiti di vento e di bagatelle (…) Quei due continuavano adagio, aiutandosi a capire e ad amare quello che
ci fa essere giusti. Ne veniva loro grande coraggio e felicità ad essere d’accordo.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Chi vuol essere dappertutto, non sta in nessun luogo (…) e non troverà nessun vero amico (…) Niente impedisce tanto la guarigione
quanto il cambiare spesso i rimedi (… ) Troppi libri producono dissipazione (…) Basta che tu abbia i libri che puoi leggere (…)
Troppi cibi diversi non nutrono, ma rovinano l’organismo. Perciò leggi sempre i migliori autori, e se talvolta vuoi passare ad altri,
torna poi ai primi. Cerca ogni giorno nella lettura un aiuto per sopportare (…) Non è povero chi ha poco, ma chi brama avere di più.

Cronistoria di Lessico familiare (D. Scarpa)
P. De Tommaso: Ricordate quello che De Sanctis dice della genialità? Dice che questa consiste nella volontà e nel piacere della
produzione (…) Non è, come volgarmente si crede, la qualità superlativa dell’ingegno, (…) non è il vedere l’oggetto, (…) ma rifarlo
(…) quasi per compiere se stessi.

Lezioni americane (I. Calvino)sh
Mercurio dai sandali alati è il Dio della leggerezza, della rapidità e della comunicazione (…) Mobilità e leggerezza sono qualità che
appartengono a un altro universo da quello del vivere (…) Tutto quello che scegliamo rivela il proprio peso insostenibile e forse solo
la vivacità dell’intelligenza sfugge a questa condanna (…) Catturati dalla morsa di pietra dell’opacità del mondo, meglio lasciare che
il discorso si componga con le immagini della mitologia, come Perseo guarda il volto di Medusa fissandone l’immagine riflessa nello
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scudo di bronzo. La forza di Perseo sta nel rifiuto della visione diretta, non della realtà: coi miti non bisogna avere fretta ed è meglio
lasciarli depositare nella memoria e ragionarci senza uscire dal loro linguaggio di immagini. Penso che quando tutto è pesante, dovrei
lavorare come Perseo: non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale, voglio dire che devo guardare il mondo con un’altra
ottica. La letteratura può fungere da schermo. L’unico eroe capace di tagliare la testa di Medusa è Perseo, che vola su sandali alati,
avuti del resto da un altro contatto col mondo dei mostri. Quanta delicatezza è necessaria per essere un Perseo vincitore di mostri. La
testa mozzata di Medusa egli non l’abbandona, ma la porta con sé e poi l’appoggia su ramoscelli teneri e foglie per non sciuparla: dai
rametti nascono coralli con cui le ninfe si adornano i capelli e dal sangue nasce Pegaso, il colpo di zoccolo del quale genera la fonte
delle Muse.

Martin Eden (J. London)
Che non lo vedesse stampato gli importava poco. Lo scriverlo era l’atto culminante di un lungo processo mentale, l’accostamento di
tutti gli sparsi fili del pensiero, la sintesi di tutti i dati dei quali la sua mente era carica (…) Uno sforzo col quale liberava la mente,
lasciandola pronta a ricevere ed elaborare il nuovo materiale e i nuovi problemi. Era in certo qual modo, una cosa simile all’abitudine
di certe persone contristate da sofferenze vere o immaginarie, che ogni tanto rompono, volubili, il loro lungo silenzio per dire una
buona volta tutto quello che hanno nel cuore (…) Il desiderio di scrivere era la cosa più vitale che aveva in sé (…) Aveva una mente
di studioso (…) Era per natura molto forte di pensiero e di sensibilità, ed il suo spirito creativo era ostinato ed impellente (…) A ogni
minimo stimolo del mondo esterno sulla sua coscienza, i suoi pensieri, le sue simpatie, le sue emozioni balzavano (…) Era
straordinariamente ricettivo ed entusiasta e la sua immaginazione, che spaziava sempre in alto, lavorava incessantemente per stabilire
relazioni di somiglianza o di differenza (…) Con un rapido sguardo confrontava (…) un’ondata di ricordi (…) La sua immaginazione
analitica cominciava a lavorare (…) moltiplicando, per forza di contrasto, la splendida qualità (…)Il suo cervello era un magazzino
accessibilissimo di ricordi, di fatti e di fantasie (…) Qualunque cosa avvenisse, la mente presentava subito antitesi associate o
similitudini, che generalmente si esprimevano sotto forma di visione (…) che s’accompagnava all’avvenimento presente (…) in
maniera automatica (…) Con una tendenza logica alla conclusione (…) identificando e classificando le sue impressioni, nuove
visioni sorgevano nella sua mente (…) Queste visioni sorgevano dalle azioni o dalle sensazioni del passato, dalle cose e dagli
avvenimenti, dai libri di ieri e della settimana scorsa, (…) che fosse sveglio o addormentato.

Ritratto dell’artista da giovane (J. Joyce)
Le (…) fantasticherie gli si affollavano nel ricordo (…) balzate avanti, improvvise, (…) da semplici parole (…)
Parlare di queste cose, cercare di comprenderne la natura e, avendola compresa, cercare lentamente, con umiltà e costanza, di
esprimere, di tornare a spremere (…) una immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere… questo è l’arte (…) Quando
(…) vedi che è quella cosa che è e nessun’altra (…) l’essenza di una cosa, (…) la mente in quel misterioso istante è un carbone che si
spegne (…) Quella qualità (…) dell’immagine (…) viene percepita limpidamente dalla mente, già arrestata dalla sua interezza e
affascinata dalla sua armonia.
La ragazza che giocava con il fuoco (S. Larsson)
Era precisa e metodica, ma ** aveva notato quasi subito che possedeva anche la qualità che per lui era la più preziosa per portare
avanti le indagini difficili. Aveva fantasia e capacità di associazione. In almeno due inchieste complicate, era riuscita a sollevare
collegamenti insoliti che ad altri erano sfuggiti e che avevano condotto a una svolta determinante nelle indagini.

Piccola guida per persone intelligenti che non pensano di esserlo (B. Milletre)
Gli individui con il centro del cervello nell’emisfero destro sono capaci di creare rapidamente e in modo automatico collegamenti
insoliti tra cose apparentemente lontane tra loro.

L. Tenco
Gli uomini senza idee sono i primi che vanno a fondo.

Il giovane Holden (J. D. Salinger)
Ho l’impressione che tu ti stia deliberatamente preparando a un capitombolo (…) Puoi racimolare quel tanto di istruzione che basta
per odiare la gente che dice “tolto io, c’erano tutti” (…) Ma il capitombolo che secondo me tu ti stai preparando a fare (…) è un tipo
speciale di capitombolo, orribile. A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentire quando tocca il fondo. Continua soltanto a
precipitare giù. Questa combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell’altro della loro vita, hanno cercato qualcosa
che il loro ambiente non poteva dargli o che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli sicché hanno smesso di cercare.
Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato (…) Ciò che distingue l’uomo immaturo è che vuole morire nobilmente
per una causa, mentre ciò che distingue l’uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa (…) Uno di questi giorni ti toccherà di
scoprire dove vuoi andare. E allora devi metterti subito in marcia. Ma immediatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto,
non tu (…) Credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo
studio. Per forza. Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smanii di sapere (…) Allora comincerai ad andare sempre più vicino, se sai
volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo, a quel genere di conoscenza che sarà molto cara al tuo cuore. Tra l’altro, scoprirai di non essere
il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato (…) Imparerai da loro (…) se vuoi (…) e
non è istruzione. È storia. È poesia (…) Gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi, tendono a lasciare del loro
passaggio segni di gran lunga più preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e creativi. Tendono ad esprimersi con più
chiarezza, e di solito hanno la passione di seguire i loro pensieri fino in fondo. E, cosa importantissima, sono più modesti. Gli studi,
(…) se li prosegui per parecchio tempo, cominceranno a farti capire che taglia di mente hai. Che cosa le va bene e, forse cosa non le
va bene e (…) questo può farti risparmiare tutto il tempo che perderesti a provarti idee che non sono adatte a te. Comincerai a vestire
la tua mente attenendoti alla tua misura.

Martin Eden (J. London)
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Aveva bensì compreso la grandezza e l’ardore della vita in quello che aveva letto ma la sua parola era inadeguata. Pensava che
bisognava decidersi a rendersi familiare con quel mondo nuovo (…) Era ormai tempo di imparare a dire quel che sentiva (…)
Cominciò a paragonarsi agli studenti (…) Quel che essi avevano fatto lo poteva fare anche lui. Avevano studiato la vita nei libri,
mentre lui l’aveva vissuta. Il suo cervello era pieno di cognizioni quanto il loro, ma di diverso genere (…) Più tardi anch’essi
avrebbero dovuto cominciare a fare esperienza della vita, come aveva fatto lui. Benissimo. Mentre essi sarebbero stati occupati in
ciò, egli avrebbe appreso dai libri il resto, che non conosceva (…) C’era una forza (…) in tutta quella ricchezza di libri, (…)
un’improvvisa visione di vita più alta (…) un senso nuovo di purezza e di dignità personale (…) Il suo cervello ancora vergine,
spinto dalla maturità del desiderio, afferrava quel che leggeva con una forza inusitata per uno studente normale (…)Era stato in preda
alla curiosità per tutta la vita (…) Tutta la sua infanzia e la sua giovinezza erano state turbate da una vaga inquietudine (…) Sentiva in
sé un confuso fermento che gli diceva esserci in lui la possibilità di fare ben più di quanto aveva fatto (…) Aveva errato nel deserto
della vita, cercando qualche cosa di non ben definito, finché aveva trovato i libri, l’arte, l’amore, (…) comprensione (…) Si sarebbe
alzato con gli occhi aperti, avrebbe lottato, lavorato, imparato, finché con occhi non ciechi e lingua sciolta, non avesse potuto
condividere la ricchezza della propria visione (…) È appunto questo che rende la vita degna di essere vissuta: (…) elevarsi, scorgere
la bellezza vaga e lontana, attraverso occhi stillanti di fango, e dalla debolezza, dalla fragilità, da tutto l’abbrutimento innalzarsi verso
la forza, la verità, l’alto dono spirituale.

De Oratore (M. T. Cicerone)
Gli uomini che parlano male, imparano facilmente a scrivere male (…) Perciò, quantunque sia utile parlare spesso all’improvviso,
tuttavia è più utile prendere un po’ di tempo per riflettere e poi parlare con accurata preparazione: (…) la cosa più importante è (…)
l’esercizio continuo dello scrivere (…). Scrivendo (…) tutti gli argomenti (…) si svelano e le parole hanno una certa misura e
cadenza (…) Colui che è abituato a scrivere i propri discorsi, anche se parla all’improvviso, il suo discorso sembra simile a un
discorso scritto (…) Da ragazzo leggevo versi densi di pensiero (…) o parte di discorsi (…) e poi li ripetevo con altre parole scelte
con la massima cura (…) o traducevo nella mia lingua (…) Bisogna anche esercitare la memoria imparando il maggior numero
possibile di scritti nostri e altrui (…) Bisogna leggere libri di storia (…) per fare una scelta e riflettere sugli scrittori (…)
commentarli, (…) criticarli, (…) discutere ogni tesi (…) e cogliere amabili arguzie (…) Che cosa è così nobile quanto il portare aiuto,
sollevare gli afflitti? Che cosa è più necessario quanto l’avere sempre pronta un’arma con cui tu possa difendere te stesso e attaccare
gli altri senza tuo danno e vendicarti se provocato?

Istituzione oratoria (M. F. Quintiliano)
Lo scrivere, (…) la lettura e (…) l’esercitazione orale (…) sono tutti connessi e indivisibili tra loro, tanto che, se ne mancherà uno,
invano ci saremo affaticati negli altri (…) Otteniamo il reciproco vantaggio di parlare, a forza di scrivere, con più diligenza e di
scrivere, a forza di parlare, con più facilità (…) La lettura e l’ascolto sono necessari non esclusivamente per amore delle parole,
perché gli esempi di quanto insegniamo sono più efficaci dei precetti stessi (…) E dovranno essere letti a lungo solo i migliori
scrittori (…) con attenzione e (…) persino arrivando a scrivere quanto si legge (…)È lecito rileggere più volte (…)Un libro letto fino
in fondo e accuratamente deve essere assolutamente ripreso in séguito, e tanto più lo sarà un’orazione, i cui pregi sono spesso
nascosti anche volutamente. Infatti l’oratore spesso prepara, finge, tende insidie e pronuncia nella prima parte del suo discorso cose
che gioveranno nell’ultima. Per questo a noi piacciono meno nel punto in cui sono dette, quando ancora non sappiamo perché siano
state dette, e quindi dovranno essere riprese quando tutto sarà conosciuto. Ma la cosa davvero più utile è (…) leggere le arringhe
dell’una e dell’altra parte: come quelle di Demostene e di Eschine, tra loro contrarie (…) Chi legge, però, non creda ciecamente che
quanto hanno detto i classici dell’eloquenza sia assolutamente perfetto (…) Bisogna tuttavia (…) pronunciarsi con un giudizio
moderato e circospetto, per evitare di condannare (…) le cose non capìte (…) Teofrasto afferma che un valido contributo alla
formazione dell’oratore sia costituito dalla lettura dei poeti (…) La mente (…) viene ristorata e tonificata (…) Cicerone pensa che
questa lettura distensiva sia necessaria (…) Anche la storia può dar nutrimento all’oratore (…) Ma anch’essa va letta in maniera che
sappiamo che la maggior parte delle sue virtù devono essere evitate dall’oratore. Infatti (…) è scritta per narrare (…) C’è un’altra
utilità, che deriva dalla lettura delle opere storiche, (…) costituita dalla conoscenza di fatti e di esempi, di cui prima che di ogni altra
cosa un oratore deve essere fornito (…) La lettura dei filosofi (…) prepara (…) il futuro oratore con discussioni ed interrogazioni
(…) Livio (…) riassume il numero degli autori da leggere, scrivendo che questi “erano Demostene e Cicerone e quindi quelli che
fossero loro più somiglianti” (…) Io credo doversi Demostene leggere prima degli altri, se non addirittura imparare a memoria (…)
Cicerone definisce l’esercizio scritto “il miglior formatore e maestro di eloquenza” (…) Occorre, dunque, scrivere con la massima
attenzione e quanto più è possibile. (…) Lì sono le radici, lì i fondamenti (…) donde trarli anche per le improvvise evenienze, quando
le circostanze li richiederanno, (…) perché la natura stessa ha voluto che niente di grande si realizzasse d’un sùbito (…) Bisogna
leggere e rileggere più volte quel che si è finito appena di scrivere (…) Esaminiamo ripetutamente le pagine scritte con sospetta
facilità (…) Dobbiamo, in sostanza, prefiggerci e ottenere (…) lo scrivere nel migliore dei modi: sarà l’abitudine che permetterà di
comporre con sveltezza. Un po’ alla volta le cose ci si offriranno più facilmente, le parole risponderanno ai nostri pensieri, e la
composizione verrà dietro da sé, infine tutto sarà al suo posto (…) Ma dobbiamo cercare di esprimerci (…)secondo le nostre
capacità: per profittare, infatti, c’è bisogno di applicazione, non di rabbia impotente e (…) non ce ne resteremo supini a guardare il
soffitto e a farfugliare pensieri sulle labbra in attesa di qualcosa che ci venga in mente, ma ci volgeremo a comporre con umano
equilibrio dopo aver osservato che cosa il fatto richieda (…) Il sistema migliore di correzione si realizza, se per un po’ di tempo
mettiamo da parte quel che abbiamo scritto, così da ritornarvi, dopo la pausa, come a composizione nuova e scritta da altri (…) Ci
sia, dunque, una buona volta qualcosa che piaccia o che almeno ci basti, affinché il lavoro di lima rifinisca, non consumi l’opera
nostra. (…) Oltre (…) al parafrasare i testi altrui, ci sarà utile ristudiare in più modi i nostri (…) Io penso, poi, che la facilità di
espressione si ottenga, per la massima parte, dagli argomenti più semplici (…) Segno di bravura è ampliare quanto è naturalmente
ristretto, ingrandire le cose piccole, dare varietà alle somiglianti, piacevolezza alle comuni e dire bene molto su di un argomento
limitato (…) Talvolta la ricchezza degli argomenti di storia deve essere usata come uno dei mezzi per esercitare il proprio stile e
bisogna lasciarsi andare alla libertà della forma dialogica (…)
Nessun giorno è tanto occupato che non possiamo (…) scrivere o leggere (…) e, se tanto non ci sarà concesso, parlare da soli o (…)
pensare (…) La riflessione (…) compone tutta l’orazione in modo che nulla le manchi, tranne l’impiego della mano (…) Ma
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nemmeno a questa capacità di riflessione si può giungere o sùbito o presto (…)
Il frutto più grande e il profitto più ricco della lunga fatica è la capacità d’improvvisare (…) Occorre (…) avere davanti agli occhi ed
accogliere tra gli affetti tutto ciò di cui parleremo (…) È per questo che anche agli inesperti, solo che siano commossi da qualche
affetto, le parole non mancano (…) Aggiunge stimolo al dire anche l’amor proprio, (…) giacché (…) il desiderio di piacere dà sempre
più vigore ai suoi felici sforzi (…) La facilità dell’improvvisare (…) non può essere completa né mantenuta se non con l’esperienza.

Parlare l’italiano (E. L. Vallauri)
La qualità del pensiero dipende dalla qualità della lingua (…) Se non ti sforzi di scegliere le parole giuste, non hai chiaro quello che
pensi (…) Se vogliamo confrontare due sensazioni diverse cominciamo a servirci delle parole con cui “etichettarle” (…) Non si può
ricordare un ragionamento fatto in precedenza se non in forma linguistica ed è tanto più impossibile senza servirsi delle parole,
mettere in relazione ragionamenti diversi e trarre deduzioni (…) Se dentro di me percepisco che il comportamento di una persona non
mi piace, posso tradurre questa sensazione in pensieri più o meno precisi, a seconda che disponga di un lessico più o meno ricco (…)
Questo guiderà meglio le mie previsioni sui comportamenti che posso aspettarmi da quella persona, e dunque l’atteggiamento da
tenere nei suoi confronti (…) Ci sono poi situazioni in cui qualcuno usa accortamente la lingua per influenzarci ed è bene sapersi
difendere o contrattaccare (…) Un buon allenamento è la scrittura. Chi scrive ha più tempo per cercare le parole (…) Questo fa sì che
molti termini diventano disponibili anche per quando parla (…) Il dilagare di termini di moda è solo un aspetto di quella che è stata
chiamata la “lingua di plastica”, cioè l’affermarsi di un linguaggio banale e standardizzato (…) Per acquisire uno stile senza difetti e
senza ingenuità, la strategia generale (…) è scegliere bene i propri modelli esponendosi al contagio dei buoni libri e del modo di
parlare delle persone colte (…) e riflettere sempre su ciò che si legge o si ascolta, notando le cose che non suonano familiari,
cercando di spiegarsele e farle proprie (…) Si può dosare il grado di formalità mescolando i registri (…) L’importante è essere
coscienti del valore che hanno le varie alternative (…) Un discorso che procede da premesse, ne deduce degli argomenti e ne
conclude delle conseguenze risulta più convincente di un discorso che salta disordinatamente di palo in frasca. E dà anche una
migliore impressione di chi lo ha prodotto (...) Bisogna rendersi conto che il nostro parlare avrà comunque un effetto, e sapere bene
che effetto vogliamo. Se non sappiamo cosa vogliamo, se “ci lasciamo parlare”, se parliamo a caso, l’effetto sarà fuori del nostro
controllo (…) Bisogna non limitarsi a imitare, ma mediare fra ciò che ci si aspetta da noi e ciò che ci suggeriscono i nostri desideri e
la nostra creatività; essere adatti all’ambiente, ma non un mero prodotto di esso; adattarci, ma solo quanto basta per non incontrare
troppi ostacoli nell’essere noi stessi (…) All’inizio ogni progresso è frutto di impegno, ma poi il processo accelera. Meglio si domina
la lingua e più diventa veloce il miglioramento. E meno sforzo costa.

La politica e la lingua inglese in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
La lingua (…) diviene brutta e trascurata perché i nostri pensieri sono vacui, ma la sciatteria della nostra lingua favorisce ancor di più
l’avere vacui pensieri. Il punto è che il processo è reversibile (…) Liberandosi di queste abitudini, si può pensare in modo più chiaro,
e pensare in modo chiaro è il primo passo necessario per una rinascita politica (…)
L’attuale caos politico è legato al declino della lingua, e (…) forse si può determinare qualche progresso anche partendo da una
terminazione verbale (…) Non è possibile cambiare tutto ciò in un istante, ma si possono almeno modificare le proprie abitudini (…)
È preferibile (…) cercare di rendere i propri contenuti così chiari come se fosse percepibili con i sensi (…) Scegliere – e non
semplicemente accogliere – le espressioni che rendono meglio il significato (…) Quest’ultimo sforzo mentale eliminerà ogni
immagine confusa o usurata, tutte le frasi fatte, le ripetizioni inutili, la generale vaghezza e imprecisione (…)
La scrittura moderna al suo peggio non consiste nello scegliere le parole in ragione del loro significato e di ricercare delle immagini
per rendere il significato più chiaro. Essa consiste nell’incollare insieme delle lunghe sequenze di parole che sono già state messe in
ordine da qualcun altro, e nel rendere con mero inganno il risultato presentabile. Motivo d’attrazione di una scrittura del genere è che
essa è molto facile (…) Usando espressioni, similitudini e metafore stantie, risparmieremo molta fatica mentale, ma al prezzo di
lasciare i contenuti nel vago, non soltanto per il lettore ma anche per noi stessi (…) Uno scrittore scrupoloso, per ogni frase che
compone, si porrà almeno quattro domande, e cioè: cosa sto cercando di dire? Quali parole possono esprimerlo? Quali immagini o
espressioni lo renderanno più chiaro? È questa immagine fresca abbastanza da suscitare un certo effetto? E poi probabilmente se ne
farà altre due: posso dirlo più in breve? Ho scritto qualcosa di inutilmente brutto? Ma non si è obbligati a farsi tutti questi problemi,
dato che li si può aggirare con semplicità spalancando il cervello e lasciandovi ammucchiare tutte le espressioni belle e pronte. Esse
costruiranno delle frasi al posto vostro, penseranno in qualche misura al posto vostro e alla bisogna vi renderanno l’importante
servizio di nascondere, anche a voi stessi, il significato di quanto state dicendo. È a questo punto che il particolare legame tra politica
e degrado della lingua diviene chiaro (…)
L’ortodossia, di qualsivoglia colore, pare richiedere uno stile smorto e imitativo (…) Quando si osserva qualche stanco politicante sul
palco che ripete certe espressione abusate come atrocità bestiali, tallone di ferro, tirannia sanguinaria, popoli liberi del mondo, stare
fianco a fianco, si ha la strana sensazione che non si sta guardando un essere umano, bensì una sorta di manichino (…) E questo
ridotto stato di consapevolezza, se non indispensabile, è in ogni caso favorevole al conformismo politico.
Ai giorni nostri il discorso e la scrittura politica rappresentano ampiamente la difesa dell’indifendibile. (…) È così che il linguaggio
politico deve essere composto in gran parte da eufemismi, dimostrazioni scontate e da nebulose imprecisioni (…)
Quando esiste uno scarto tra lo scopo reale e quello dichiarato, ci si rivolge istintivamente ai paroloni e a vecchi luoghi comuni (…)
Questa invasione del cervello di espressioni preconfezionate (…) può essere evitata soltanto se si è costantemente in guardia contro
di esse, altrimenti ciascuna di tali frasi fatte anestetizzerà una parte della nostra mente.

I cosiddetti sani. La patologia della normalità (E. Fromm)
Oggi non ci serviamo più del linguaggio solo per comunicare, ma attribuiamo perlopiù alle parole lo stesso significato che ha il
denaro: astrazioni delle vere esperienze (…) Usiamo le parole per riempire i buchi, il vuoto in noi stessi e nella comunicazione tra noi
e gli altri. Se nella comunicazione interpersonale fate attenzione al tono di voce, vi renderete conto di quanto sia astratta (…) Oggi gli
esseri umani scambiano parole senza comunicarsi alcunché della realtà di cui stanno parlando (…) Dopo non hanno la sensazione di
aver condiviso qualcosa, ma provano piuttosto lo stesso senso di vuoto (…) Ci si sente seccati e umiliati per aver perso tanto tempo
in modo così sciocco.
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Sinossi di psichiatria (Kaplan-Sadock)
Nello studio della psicoterapia il racconto di dettagli circostanziale, ossessivo, emotivamente vuoto è una forma di resistenza
inconscia.
L'arte di ascoltare (E. Fromm)
Riascoltando il monologo della paziente, io e il mio collega quasi ci mettemmo a ridere (...) Nello studio dello psicologo il
nervosismo (...) l'innaturalità del contesto (...) spingono molti a parlare a vanvera.

Ti prego, lasciati mandare al macero e altro dal blog Cercando Oblivia (P. Russo)
Quale significato dobbiamo dare ai premi letterari nell’Italia di oggi? L’interrogativo è attuale più che mai dopo l’assegnazione del
Premio Bancarella a ** (…) La solita fascetta acchiappa-lettori (…) è particolarmente allusiva: “Se è un caso letterario ci sarà un
perché” (…)
Questo libro è davvero un caso letterario perché ci dice in maniera inequivocabile quale sia il livello toccato dall’industria editoriale
italiana. Premi letterari compresi, che di quell’industria sono ormai stracca appendice. La storia non merita soverchia attenzione,
perché oltre a essere scritta in modo imbarazzante è d’una banalità ai limiti dell’insulto (…) Stereotipi della più grossolana fattura
(…) Le vicende si svolgono in una Londra della quale viene menzionata soltanto qualche fermata della metropolitana (…) Ma ciò
che davvero fa di questo prodotto librario un “caso letterario” è lo stile (…) Il libro ha un incipit desolante (…) L’autrice utilizza
delle similitudini imbarazzanti, (…) saccheggia la lista delle formule stereotipe (…)
Ciò che davvero fa di ** un caso letterario sono gli strepitosi nonsense (…) La sua editor, che l’ha invitata a rileggere il libro
“soppesando ogni singola parola” non ci trova nulla da ridire. E i giurati del Bancarella, anziché suggerire all’autrice di tornare alle
elementari, la premiano (…)
Viviamo un’epoca in cui la comunicazione si fa un po’ troppo smart. Talmente da dimenticare le regole elementari della forma scritta
del discorso (…) Da comportamenti così disattenti verso la correttezza formale nella composizione di un testo, e dal loro diffondersi
capillare, si ha come conseguenza un lassismo linguistico di massa. Il vero Millennium Bug che sta disarticolando lentamente la
nostra capacità di scambiarci comunicazione e informazione (…) Purtroppo coloro che scrivono i libri, e soprattutto coloro che li
editano, hanno perso totalmente consapevolezza di quella che è la loro principale responsabilità sociale: la manutenzione della lingua
quotidiana. Quanto più un prodotto editoriale è diffuso, e/o quanto più si veda assegnare una legittimità culturale rilevante, tanto più i
suoi eventuali difetti formali avranno ricadute devastanti quanto a uso della lingua.

On writing (S. King)
Il ricorso a similitudini, metafore e immagini scontate (…) fa apparire o pigrio ignoranti (…) Quando è riuscita, una similitudine ci
riempie di piacere quanto trovare un vecchio amico in una folla di sconosciuti (….) Una volta svezzati dall’effimero bisogno della tv,
si scopre di solito tutta la gioia della lettura. Vorrei aggiungere che spegnere quella scatola blaterante migliorerà con tutta probabilità
non solo la vostra scrittura, ma anche la qualità della vostra vita.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Come c’è una certa somiglianza tra gli atti e le parole di un individuo, così capita che il linguaggio di un’epoca sia lo specchio dei
costumi quando un popolo si è abbandonato ai piaceri. È un indice di corruzione il linguaggio affettato quando non è solo di una o
due persone, ma è generalmente gradito (…) L’eccesso di prosperità dà le vertigini e ciò può capitare sia a un uomo sia a una
generazione (…) Quando l’anima comincia a provare nausea per le abitudini tradizionali, come se fossero meschine, essa cerca anche
nel linguaggio ogni forma di stranezza (…) Considera un’eleganza l’uso frequente di ardite metafore. Ci sono quelli che troncano le
frasi e sperano di conquistare l’uditorio quando esso intravede appena il senso del pensiero lasciato in sospeso (…) Come cuochi
ovunque alla ribalta (…), banchetti sontuosi, (…), abiti lussuosi, (…) aderenti, (…), trasparenti (…) o dai colori insoliti (…) sono
indici di una società malata, così la licenza del linguaggio, quando è generale, attesta che nelle anime si è prodotta un’analoga
corruzione (…) Non c’è da meravigliarsi che la corruzione del linguaggio sia accettata anche dalla classe colta (…) Scrittori di
grande rinomanza (…) seguono le mode (…) Molti chiedono in prestito vocaboli da un’altra epoca (…) Altri, al contrario, non
volendo che parole comuni, cadono nella trivialità. Sono aspetti diversi del cattivo gusto, come la mania di non usare che termini
splendidi e risonanti (…) Talora si vuole la frase spezzata e dura (…) E che dire di quelle frasi dove le parole distanziate possiamo
recuperarle solo alla fine di un lungo periodo? (…) Alcuni vogliono farsi notare anche al prezzo del biasimo (…) e cadono in vizi
stilistici in piena consapevolezza (…) per una profonda decadenza morale.

Il Battito (I. Fossati)
Dopo tanta letteratura (…) dateci parole poco chiare, (…) una cultura rapida ed estetica (…) E il pensiero sarà un colore, il colore un
suono, il nostro suono un battito.

Fahrenheit 451 (R. Bradbury)
Le opere dei classici ridotte così da poter essere contenute in quindici minuti di programma radiofonico, poi riassunte ancora in modo
da stare in una colonna a stampa, con un tempo di lettura non superiore ai due minuti; per ridursi alla fine a un riassuntino di non più
di dieci, dodici righe di dizionario. Ma erano molti coloro presso i quali la conoscenza di Amleto si riduceva al “condensato” d’una
pagina in un volume che proclamava: Ora finalmente potrete leggere tutti i classici. Non siate inferiori al vostro collega d’ufficio!
Capisci? Dalla nursery all’Università e da questa di nuovo alla nursery. Questo l’andamento intellettuale degli ultimi secoli. Basta
seguire l’evoluzione della stampa popolare: Clic! Pic! Occhio, Bang! Ora, Bing! Là! Qua! Su! Giù! Guarda! Fuori! Sali! Scendi!
Uff! Clac! Cic! Eh? Pardon! Etcì! Uh! Grazie! Pim, Pum, Pam! Questo il tenore dei titoli. Sunti dei sunti. Selezioni dei sunti della
somma delle somme. Fatti e problemi sociali? Una colonna, due frasi, un titolo. Poi, a mezz’aria, tutto svanisce (…) Offri al popolo
gare che si possano vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell’Unione o la
quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l’anno passato. Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti”, al punto
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che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d’essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di
pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questi genere
sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con
questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza. Chiunque possa far
scomparire una parete TV e farla riapparire a volontà, e la maggioranza dei cittadini oggi può farlo, sarà sempre più felice di
chiunque cerchi di regolo-calcolare, misurare e chiudere in equazioni l’Universo, il quale del resto non può esserlo se non dando
all’uomo la sensazione della sua piccolezza e della sua bestialità e un’immensa malinconia (…) Per cui, attàccati ai tuoi circoli
sportivi e alle tue gite, ai tuoi acrobati e (…) a ogni altra cosa che abbia a che fare coi riflessi condizionati. Se la commedia non vale
niente, se il film non sa di nulla, se la musica è sorda, punzecchiami col pianoforte elettronico, fragorosamente. Io crederò di
rispondere alla musica, quando invece si tratta solo di una reazione tattile alla vibrazione (…) Quando non guidate la macchina a più
di cento all’ora, a un massimo in cui non potete pensare ad altro che al pericolo, allora ve ne state a giocare a carte o sedete in
qualche salotto, dove non potete discutere col televisore a quattro pareti (…) Vi dice lui quello che dovete pensare, e ve lo dice con
voce di tuono (…) Vi spinge con tanta rapidità e irruenza alle sue conclusioni che la vostra mente non ha tempo di protestare, di dirsi:
“Quante sciocchezze!” (…) - Mia moglie dice che i libri non sono “reali”. - E Dio sia lodato per questo. Li si può almeno chiudere,
dire “Aspetta un momento” (…) Se ci dimentichiamo quanto siano vicine la notte e le selvagge solitudini, diceva sempre il nonno,
qualche giorno il deserto verrà a prenderci, perché avremo dimenticato quanto terribile e reale possa essere (…) Io semplicemente ho
bisogno di qualcuno che stia a sentire quello che ho da dire. E forse, se mi si desse agio di parlare un po’, potrei anche dire qualcosa
di sensato. Ecco perché vorrei che voi m’insegnaste a capire quello che leggo.

M. Rigoni Stern
Che fare? Spegnete la televisione e leggete un buon libro.

Radio Song (R.E.M.)
Ho acceso la radio, ma non riesco a sentirla (…) Cosa dici, cosa suoni, a chi obbedisci giorno dopo giorno? Baby, baby, baby. Quella
roba mi sta facendo diventare pazzo. I Dj comunicano alle masse sesso e classi violente. Adesso i ragazzi crescono prigionieri,
vivendo tutta la vita come ascoltatori di radio (…) Ho tutto da mostrare, ho tutto da nascondere. Guardami negli occhi, ascoltami (…)
Ho tentato di cantare da solo, ma non quella canzone alla radio.

Brano di Simone Weil in Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Chiarire le nozioni, discreditare le parole intimamente vuote, definire l’uso delle altre attraverso analisi precise è per quanto possa
sembrare strano un lavoro che potrebbe risparmiare delle vite umane.

La nuova manomissione delle parole (G. Carofiglio)
La ricchezza del pensiero esige ricchezza di linguaggio (…) È necessaria l’attenzione (…) non solo (…) quando parliamo e
scriviamo, ma (…) quando ascoltiamo e leggiamo (…) La ricchezza delle parole è una condizione del dominio sul reale e diventa,
inevitabilmente, strumento del potere politico (…) Come contravveleno, (…) non per pedanteria, (…) bisogna combattere
l’impoverimento della lingua, la sciatteria dell’omologazione.

Che effetto fa a un contemporaneo (V. Woolf)
Il solo consiglio che possono offrire è di rispettare i propri istinti, di seguirli impavidamente e, piuttosto che sottometterli al controllo
di qualsivoglia critico o recensore vivo, controllarli continuando a rileggere i classici del passato (…) Ci sentiamo veramente spinti
verso di loro, costretti non da un calmo discernimento ma da un qualche imperioso bisogno di ancorare la nostra instabilità alla loro
fermezza (…) Credere che le proprie impressioni siano valide per gli altri significa essere affrancati dal crampo e dal confino della
personalità (…) Domandiamo loro di essere generosi di incoraggiamenti, ma economi di quelle ghirlande e corone che tanto
facilmente finiscono di sghimbescio e appassiscono, e in capo a sei mesi rendono chi le porta un po’ ridicolo. Che assumano una
visione più ampia e meno personale della letteratura moderna, e guardino veramente gli scrittori come se fossero impegnati in una
vasta costruzione (…) Dicano qualcosa di interessante sulla letteratura in sé.

Come dobbiamo leggere un libro? (V. Woolf)
Perfino il più recente e il più inferiore dei libri ha il diritto di essere giudicato accanto ai migliori (…)Lasciarci dire come leggere, che
cosa leggere, che valore assegnare a ciò che leggiamo, sarebbe distruggere quello spirito di libertà che è l’insegna di simili santuari
(…) Se mi perdonate tuttavia questo luogo comune, dirò che per godere la libertà bisogna sapere controllarsi. Non dobbiamo
scialacquare le nostre forze, disorientati e ignoranti (…) Questa è forse una delle prime fra le difficoltà in cui ci imbattiamo non
appena entrati in una biblioteca. Qual è il “punto esatto”? A prima vista c’è soltanto una confusione, una folla, un mucchio
disordinato di libri (…) Da dove cominciare? Come possiamo fare ordine in questo affollato caos, per poter trarre da ciò che
leggiamo il piacere più profondo e più ampio possibile?

Zibaldone (G. Leopardi)
La nostra rigenerazione dipende da una (…) ultrafilosofia, che conoscendo l’intiero e l’intimo delle cose, ci ravvicini alla natura (…)
L’imperio della pura ragione è quello del dispotismo (…) La pura ragione (…) conduce per mano l’egoismo (…) E laddove parrebbe
che quanto più questo mondo (…) si accresce e si diversifica, tanto più ampio e vario per l’uomo dovesse essere il fondo delle
occupazioni interne (…) e la noia tanto più rara, nondimeno vediamo accadere tutto il contrario. Gran lezione (…) vuol riconoscere
la natura come sorgente quasi unica di felicità, e l’alterazione di lei, come certa cagione d’infelicità (…) Tanto è possibile che l’uomo
viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e
fruttifichi (…) Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento
senza limiti. Ma se non torneremo indietro, i nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri (…)
Della natura abbiamo tutto perduto fuorché i vizi (…) E tanto più malvagi quanto non sono contemperati colle virtù e con altre
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qualità che la natura avea poste in noi (…) Di tutte le (…) opere della natura è dimostrato (…) che non si possono perfezionare, ma
alterandole si può solamente corromperle (…) Confondendo la natura colla ragione (…) l’uomo (…) si ammazzerà (…) Non bisogna
estinguer la passione colla ragione, ma convertir la ragione in passione; fare che il dovere la virtù l’eroismo ecc. diventino passioni.
Tali sono per natura (…) Ma la ragione è così barbara che dovunque ella occupa il primo posto, e diventa regola assoluta, da
qualunque principio ella parta, e sopra qualunque base ella sia fondata, tutto diventa barbaro (…) La ragione spesso è fonte di
barbarie (…) l’eccesso della ragione sempre; la natura (…) mai, perché (…) è barbaro (…) ciò che è contro natura (…) Chi non ha o
non ha mai avuto immaginazione, sentimento, capacità di entusiasmo, di eroismo, d’illusioni, (…) di forti e varie passioni, chi non
conosce l’immenso sistema del bello, chi non legge (…) i poeti (…) sarà (…) di penetrazione scarsa, per diligente, paziente e sottile
(...) ch’ei possa essere (…) Non già perché il cuore e la fantasia dicano sovente più vero della fredda ragione, (…) ma perché la (…)
ragione ha bisogno di conoscere (…) queste cose se vuol penetrare nel sistema della natura, e svilupparlo (…) La (…) analisi (…)
dev’essere fatta non già dall’immaginazione o dal cuore, bensì dalla (…) ragione che entri ne’ (…) segreti dell’uno e dell’altra (…)
Gli immedesimati con (…) il puro raziocinio (…) errano a ogni tratto (…) ragionando colla più squisita esattezza (…) La scienza
(…) e tutti i progressi (…) consistono nello scoprire i rapporti. Ora, (…) l’immaginazione è la (…) feconda e meravigliosa
ritrovatrice de’ rapporti (…) Colui che ignora (…) una faccia della natura (…) ignora un’infinità di rapporti (…) Ci vuole (…) un
influsso dell’entusiasmo passato o futuro o abituale, piuttosto che la sua presenza (…) Spesso è adattissimo un momento in cui dopo
(…) un sentimento provato, l’anima sebbene in calma, (…) richiama (…) la sensazione passata (…) L’opinione comune (…)
considera l’entusiasmo come padre dell’invenzione (…) e la calma come necessaria alla buona esecuzione; io dico che l’entusiasmo
(…) impedisce (…) l’invenzione (…) e piuttosto giova all’esecuzione.

Tempi difficili (C. Dickens)
La setta numero uno diceva che dovevano credere in tutto. La setta numero due diceva che dovevano considerare ogni cosa sotto
l’aspetto dell’economia politica. La setta numero tre scriveva per loro libri massicci come il piombo per dimostrare che il fanciullo
prodigio buono arriva alla cassa di risparmio invariabilmente, mentre quello cattivo finisce in deportazione invariabilmente. Ma tutte
le sette erano d’accordo che non bisognava mai stupirsi. (…)
** si torturava il cervello per ciò che si leggeva in quella biblioteca. Era per lui una circostanza tristissima che tutti questi lettori
persistessero nel meravigliarsi.

Avere o essere (E. Fromm)
I poteri della ragione, dell’amore, della creazione artistica individuale, insomma tutti i poteri essenziali, crescono grazie al processo
del loro esprimersi. Ciò che si spende non va perduto, ma al contrario va perduto ciò che si conserva.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Nessun mezzo più sicuro di sottrarsi al mondo che l’arte, e nessuno più sicuro di collegarsi al mondo che l’arte.

Zibaldone (G. Leopardi)
La monotonia è insoffribile. Ma un grande e forse sommo rimedio di questo male, è lo scopo (…) L’uniformità del diletto, senza uno
scopo, produce inevitabilmente la noia, e perciò il desiderio continuo di (…) passare (…) da un libro a un altro (…) Al contrario lo
studioso che della lettura si prefigge sempre uno scopo.

La vita felice, La tranquillità dell’animo, La brevità della vita (L. A. Seneca) Libri Scheiwiller
Procuriamoci i libri per servircene, non per metterli in mostra. (…) Se tornerai agli studi, sfuggirai al tedio e non ti sentirai di peso a
te stesso e inutile agli altri (…) e saranno i migliori a venire da te. Perché la virtù, per quanto nascosta, viene a galla. Chi ne sarà
degno potrà scoprirne le tracce (…) Grazie alle fatiche altrui, veniamo guidati verso grandi verità strappate alle tenebre e portate alla
luce (…) e possiamo così spaziare attraverso i secoli.
(…) Nessun autore (…) nessuno dei cultori della vera scienza, si farà negare, nessuno mancherà di congedare più felice, più amico, il
visitatore, né lo lascerà andare via a mani vuote; e tutti potranno andarli a trovare, di notte e di giorno (…) Nessuno di costoro ti
spingerà alla morte, ma tutti ti insegneranno ad affrontarla; nessuno sciuperà i tuoi anni, anzi aggiungeranno i loro ai tuoi. Non dovrai
temere alcun pericolo dalla loro conversazione e amicizia, e non ti costerà caro onorarli. Che felicità, che bella vecchiaia attendono
chi diventa loro amico! Avrà qualcuno con cui consigliarsi sulle sue decisioni, dalle più piccole alle più grandi (…) Qualcuno da cui
ascoltare la verità senza timore d’offesa e una lode senza timore di adulazione; qualcuno da cui prendere esempio. Si suol dire che i
genitori non ce li possiamo scegliere (…) Ebbene, gli ingegni più nobili formano delle famiglie: scegli a quale vuoi appartenere. E
con l’adozione, riceverai non solo un nome, ma anche un patrimonio di conoscenze, che non dovrai custodire con parsimoniosa
diffidenza; anzi, diventerà più ricco quanto più lo dividerai con altri.

La vita solitaria (F. Petrarca)
Non tutti devono tenere la stessa via (…) A questo proposito ognuno deve seriamente pensare a che cosa sia portato dalla natura o
quali esigenze egli si è creato (…) A molti la solitudine è carcere, esilio e tormento. Studia e la solitudine ti diviene patria, libertà,
dolcezza (…) Con te qui si sta bene! Tu hai ricchezze non pesanti e non oziose, ma agili e disinvolte. Hai una ricchezza né angolosa
né sordida, ma nobile e lieta (…) Tu hai una buona raccolta di libri e facoltà di intendere e di ricordare accresciuta da studio assiduo
(…) La città se la godano altri (…) Loro amino le piazze (…) A loro sono grati i diletti dei sensi e il guadagno, a noi sono cari gli
studi. Anche un uomo di mediocre cultura, pensando e leggendo, può avere l’animo occupato in cure tranquille e pronto a servire lo
spirito (…) Qui staremo divinamente.

Epitteto
Ciascuno è fatto per cose diverse (…) Non essere come i bambini: (…) per ogni azione esamina gli antecedenti e le conseguenze e
solo allora intraprendile. Altrimenti, inizialmente, le intraprenderai con entusiasmo, perché non hai considerato le cose che le
seguono. Ma poi, quando ci saranno delle difficoltà, vi rinuncerai.
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Dei doveri (Cicerone)
Non è lecito combattere contro la natura o andar dietro ad alcunché che non potresti raggiungere. Dal che maggiormente emerge che
s’intenda per conveniente, poiché nulla si addice contro il voler di Minerva, come si dice, cioè contro l’esigenza della natura. Se
qualcosa è conveniente, niente lo è certamente più della coerenza della vita nel suo complesso e delle singole azioni, coerenza che
non puoi mantenere se abbandoni la tua natura per imitare quella d’altri (…) Ciascuno dunque conosca la propria indole e si faccia
acuto giudice delle proprie virtù e dei propri difetti; né gli attori sembrino avere maggior avvedutezza di noi. Costoro infatti non
scelgono i drammi migliori, ma quelli loro più adatti; (…) né dobbiamo sforzarci tanto a seguire quelle virtù che non ci sono
concesse quanto, piuttosto, a fuggire i difetti (…) In primo luogo occorre stabilire chi e quali vogliamo essere e con qual genere di
vita; decisione questa difficilissima tra tutte. Infatti all’inizio dell’adolescenza, proprio quando maggiore è la debolezza di giudizio,
ciascuno si sceglie quel suo genere di vita che più ama; e pertanto si trova impigliato in una determinata vocazione e in una carriera
prima di poter giudicare quale fosse la migliore (…) Per lo più imbevuti degli insegnamenti dei genitori siamo indotti a seguire le
loro abitudini e il loro costume; altri si lasciano portare dal giudizio della folla e soprattutto desiderano quel che sembra più bello alla
maggioranza; alcuni tuttavia, o per una certa fortuna o per bontà d’indole, s’incamminano in una retta strada della vita anche senza
l’ammaestramento dei genitori. Rarissima è la categoria di coloro che, o per assoluta eccezionalità d’ingegno o per insigne cultura e
dottrina o forniti di ambedue queste doti, ebbero anche il tempo di decidere qual genere di vita specialmente seguire; e in questa
decisione ogni attenzione va rivolta da ciascuno alla propria indole (…) Ha grandissima importanza la condizione della fortuna,
occorre tener conto di ambedue nella scelta della vocazione, ma più specialmente della natura; è questo l’elemento molto più stabile e
costante (…) Chi dunque avrà commisurato ogni suo piano di vita al genere della propria natura in quanto ha di non vizioso, questi
potrà considerarsi coerente (…) a meno di accorgersi di aver sbagliato nella scelta. In tal caso (…) si deve mutar costume a proposito.

Walden, o la vita nei boschi (H. Thoreau)
Amo restare solo (…) Di solito la compagnia è troppo da poco (…) Non mi sono mai sentito solo o minimamente oppresso da un
senso di solitudine, meno che una volta, cioè poche settimane dopo che ero venuto nei boschi, ma (…) all’improvviso mi resi conto
della benefica e dolce compagnia della Natura (…) Così da allora non ci pensai più (…) Gli amici possono aspettare un po’ (…) Lo
studente realmente studioso è un solitario (…) Su quelli che erano obbligati ad andare in società o a teatro per divertirsi, io, nella mia
maniera di vivere, avevo per lo meno il vantaggio che la mia vita era divenuta il mio divertimento e che non cessava mai di essere
nuova (…) Seguite abbastanza da presso le vostre inclinazioni e non mancheranno di mostrarvi d’ora in ora nuove prospettive (…) Di
che tipo è lo spazio che separa un uomo dai suoi simili e lo rende solitario? Ho visto che nessuno sforzo delle gambe può far
avvicinare due monti tra di loro. A cos’è soprattutto che vogliamo essere vicini? Alla sorgente perenne della nostra vita, donde, in
tutta la nostra esperienza, abbiamo scoperto che lei deriva.

Operette morali (G. Leopardi)
Nelle città grandi, tu sei lontano dal bello: perché il bello non ha più luogo nessuno nella vita degli uomini. Sei lontano anche dal
vero: perché nelle città grandi ogni cosa è finta o vana. Di modo che ivi tu non vedi, non odi, non tocchi, non respiri altro che falsità,
e questa brutta e spiacevole. Il che agli spiriti delicati si può dire che sia la maggior miseria del mondo.

Zibaldone (G. Leopardi)
Nei paesini non esistono amicizie ma solo partiti.

Viaggio intorno alla mia camera (X. de Maistre)
Alcune persone dalle quali io dipendo pretendono di restituirmi la mia libertà. Come me l’avessero mai tolta! Come se fosse in loro
potere togliermela per un solo istante (…) Essi mi hanno proibito di percorrere una città, un punto, ma mi hanno lasciato l’universo
intero (…) Oggi non farò più un passo che non sia a misura di dovere e di galateo. Felice ancora se qualche dea capricciosa non mi
farà dimenticare l’uno e l’altro e se sfuggirò a questa pericolosa attività (…) Proprio per punirmi mi avevano relegato nella mia
camera (…) Tanto valeva confinare un sorcio in un granaio.

Astrella
L’occhio destro del drago è una stella che può dare una natura geniale. Genialità che si esprime anche nell’affrontare la vita di tutti i
giorni in modo originale (…) Giudicati a volte strani, mirano solo al giudizio di persone all’altezza e sfruttano la solitudine per
leggere, studiare, conoscere (…) L’ispirazione definisce il legame tradizionale che il segno del Sagittario ha con la parola scritta e
pronunciata (…) Il Sagittario rappresenta il principio di rinascita celato nell’inverno.

Fuori dal tunnel (del divertimento) (Caparezza)
Sono fuori dal tunnel del divertimento. Quando esco di casa e mi annoio sono molto più contento. (…) Sbuffo pensando a serate tipo
“Che facciamo?” Gli scontri, gli incontri, gli scambi di opinioni, persone che sono fatte di nomi e cognomi; vengano, qui c’è il vino
buono, le pagine del libro e le melodie del suono. Si vive di ricordi, di giochi, di abbracci sinceri, di baci e di fuochi, di tutti i
momenti, tristi e divertenti, e non di momenti tristemente divertenti.

I Buddenbrook (T. Mann)
Un libro un po’ cercato un po’ per caso gli era capitato tra le mani (…) Voltava pagina su pagina, profondamente assorto (…)
Leggeva (…) e un’immensa riconoscenza gli empiva l’animo. Provava la soddisfazione incomparabile di vedere come una mente
poderosa e superiore si fosse impossessata della vita, di questa vita così forte, crudele e beffarda, per sottometterla e condannarla… la
soddisfazione di colui che soffre e che di fronte alla durezza e alla freddezza della vita ha sempre tenuto nascosta la sua sofferenza,
con vergogna e con cattiva coscienza, e a un tratto, dalla mano di un saggio si vede elargito il diritto razionale e solenne di soffrire
per colpa del mondo.
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BISOGNO DI SCRIVERE DEI DIVERSI

Resurrezione (L. Tolstoj)
Da principio lottò, ma era una lotta impari, perché tutto ciò che gli sembrava buono quando credeva a se stesso, era disprezzato dagli
altri e viceversa. La lotta finì con la resa di **, che smise di credere a se stesso per credere agli altri. L’impressione sgradevolissima
che provò in un primo tempo durò poco. Provò sollievo nell’abbandonarsi al nuovo genere di vita (…)
Dopo che ebbe compreso, (…) decise di scrivere un diario per esprimere il suo io spirituale e rafforzarlo con il tempo.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Di questi foglietti ** ne cominciò a scrivere molti Costituivano una specie di diario con l’aiuto del quale egli si proponeva di
conservare al suo cervello una limpidità che sentiva in pericolo (…) Dopo averle scritte quelle annotazioni gli sembravano,
naturalmente, molto meno importanti di prima (…) ** pensava ancora alla domanda di *** : “Perché scrivi?” e ripeté: “In pochi
giorni sono riuscito a capire me stesso, la mia morale, il centro della mia vita e il mio comportamento meglio di quanto, in passato,
non sia mai riuscito a fare nel corso di mesi. Ho anche capito di aver fatto molti progressi rispetto a qualche anno fa.”

Prefazione di Franco Cordelli a La mia Africa di K. Blixen
La mia Africa (…) non è un libro di memorie né un libro di viaggi, ma un libro d’amore per il destino, disegnato con la perfezione e
l’assolutezza che solo la privazione può dare (…) C’è un brano (…) in cui ** racconta di un documento che scrive per un
indigeno,***, in cui è racchiuso tutto il senso del suo destino di scrittore: “Ma appena lessi il suo nome mi lanciò un’occhiata ardente
e appassionata, un’occhiata esuberante di risa che mutò il vecchio in un ragazzo, nel simbolo stesso della giovinezza. Uno sguardo
come quello che volse Adamo al Signore quando egli lo plasmò dalla polvere, soffiò nelle sue narici il soffio della vita e l’uomo
divenne un essere vivo. Io l’avevo creato e mostrato a se stesso: ***, dall’anima immortale. Il documento era una prova della sua
esistenza: una cosa compiuta da ***, una cosa che avrebbe serbato il suo nome per sempre: la carne era mutata in verbo e dimorava
tra noi piena di grazia e verità. Il passato, che era stato tanto difficile rievocare e che probabilmente nella memoria appariva ogni
volta diverso, ora era riafferrato, riconquistato, inchiodato davanti ai suoi occhi. Era diventato Storia”.

L’incertezza in Genesi dell’Uomo senza qualità nell’edizione Einaudi del 1965 del libro di Musil
Tutti gli uomini desiderano l’espressione nel travaglio della loro anima, (…) lasciare una traccia nel mondo, erigersi un monumento
(…) Io ho fatto qualcosa: una parte della materia si è legata a me. Anche soltanto chiacchierare di qualcosa ha lo stesso senso di
appropriarsi del mondo, (…) di improntare l’incerto di sé.

L’uomo in rivolta (A. Camus)
Come in quelle patetiche e miserabili relazioni che talvolta sopravvivono a lungo a se stesse perché uno dei due compagni attende di
trovare la parola, il gesto o la situazione che faranno della sua avventura una storia terminata formulata nel “tono giusto”, ognuno si
crea e si propone la parola finale (…) Non basta vivere, occorre un destino (…) Questa è la febbre di unità (…) Religione o delitto,
ogni sforzo umano obbedisce a questo desiderio (…) Il romanzo è l’universo in cui l’azione trova la sua forma; dove i personaggi
corrono fino in fondo al loro destino (…) e il passato può ritrovarsi in un presente imperituro più vero e più ricco (…) La scelta e il
superamento della realtà sono la condizione del pensiero e dell’espressione (…) Bisogna vivere (…) secondo la norma, non formale,
né sottomessa alla storia, della creazione artistica (…) Quando il grido più lacerante trova il suo più fermo linguaggio, la rivolta trae
dalla fedeltà a se stessa una forza di creazione (…) Il genio è una rivolta che ha creato la propria misura (…) Ceda all’oscurità
formale o al realismo crudo o ingenuo, l’arte moderna è di tiranni e di schiavi, non di creatori (…) L’arte insegna che l’uomo non si
riduce alla sola storia (…) La sua rivolta più istintiva, nell’affermare il valore della dignità, rivendica, per appagare la sua fame di
unità, la bellezza. Si può rifiutare tutta la storia, e accordarsi con il mondo delle stelle e del mare, (…) un mondo pronto ad appagare
la fame di libertà e di dignità (…) La norma della bellezza, che nell’atto di contestare il reale, gli conferisce unità, è anche quella
della rivolta.

M. Kundera
Era il senso della bellezza che la liberava di colpo dall’angoscia e la riempiva di un rinnovato desiderio di vivere.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
L’arte tratta della realtà più vicina esiste (…) e il suo campo d’azione è forse il più vasto (…)
Uno strano richiamo sentito come una promessa che la mia vita vana non era almeno del tutto compiuta e che esiste qualcosa di
diverso dal niente provato in tutti i piaceri, qualcosa la cui realizzazione era affidata probabilmente all’arte (…) In società ero sempre
troppo agitato e distratto per poter fermare la mia attenzione su qualcosa di bello. Ci sarebbe voluto, per catturarla, il richiamo di una
realtà che si rivolgesse alla mia immaginazione o (…) qualcosa di generale, comune a diverse apparenze e di esse più vero, capace di
risvegliare, in quanto tale, in me lo spirito interiore assopito, il cui riemergere (…) mi dava gioia.

Introduzione a Il fascismo di M. Franzinelli, edizione Mondadori (I. Silone)
Quando Silone cominciò a scrivere aveva 34 anni: un’età tarda per l’attività letteraria, ma fu per un impulso profondo (…) In una
lettera di quel periodo scrive: “Mi sento ringiovanire (…) Provo una gioia intensa (…) Mi sembra che tutte le esperienze precedenti
siano state una maturazione segreta di questa”.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
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Quando (…) rileggeva, si sentiva vendicato! In un certo senso (…) la letteratura è più vera della vita: (…) ** mi avvelena l’esistenza
e io gli faccio sorrisi. Sulla carta invece si va fino in fondo ai propri sentimenti. Si ammazza nei libri (…) Quando si crede davvero a
qualcosa, la giustizia ha un senso.

Il cannocchiale d’ambra (P. Pullman)
Cosa fare? Sentiva il peso delle responsabilità, ma si costrinse a raddrizzare il busto. Raccontare delle storie!(…) abbandonare il
bisogno di certezze ,(…) mantenere la mente aperta, (…) attenersi ai sensi (…) faticosamente, lentamente, (…) attraversare desolati
luoghi lontani, per tornare più saggi, (…) insegnare, (…) dire la verità, (…) vivere pienamente per aver qualcosa di vero da
raccontare (…)
"Leggevi la bussola in virtù della grazia e puoi riconquistarla con l’impegno (…) Potrai leggerla meglio dopo una vita di riflessione e
di sforzi (…) La grazia conseguita così è più profonda e piena di quella che arriva gratuitamente, inoltre non ti abbandonerà più".

I Fratelli Karamazov (F. Dostoevskij)
Basterebbe non disprezzare troppo (…) e parlare a chi crediamo non capirebbe: se non capirà subito, capirà probabilmente in seguito.

La prigioniera in La ricerca del tempo perduto (M. Proust)
Molte persone (…) elogiano questo o quella per provare la propria bontà, ma si guarderebbero come dal fuoco da parole benefiche,
così rare a sentirsi, capaci di far regnare la pace.

Prefazione di N. Hawthorne a La lettera scarlatta
Bisognerebbe scrivere come se ci si stesse rivolgendo a un amico.

Il giovane Holden (J. D. Salinger)
Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che, quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue, vorresti che l’autore
fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
Cosa volete che facciano dei profughi dalla mattina alla sera? Essi passano il meglio del loro tempo a raccontarsi le loro storie. Non
sono storie divertenti, ma se le raccontano per rendersi conto e insegnare, perché qualcuno possa riuscire meglio.

Middlemarch (G. Eliot)
La sua brama di sapere rientrava nell’ambito del desiderio di agire per altri (…) ** non voleva indossare la cultura come una veste
elegante (…) e se avesse scritto un libro l’avrebbe fatto come Santa Teresa, spinta da un’autorità che era padrona della sua coscienza.
Anelava a un’opera (…) piena di ardore e razionalità nello stesso tempo.

La peste (A. Camus)
Quelli che hanno lo stesso animo del maestro di scuola sono più numerosi di quanto si pensi (…) C’è sempre un tempo in cui
ammettere che due e due fanno quattro comporta anche la morte, ma la questione è se due e due fa o no quattro (…)
Redigere il racconto per non essere di quelli che tacciono, per testimoniare a favore degli appestati, per lasciare almeno un ricordo
dell’ingiustizia e della violenza che erano state fatte loro (…) e per testimoniare di quello che hanno dovuto e dovranno fare contro il
terrore e la sua arma, nonostante gli strazi personali, gli uomini che non potendo essere santi e rifiutando di consentire ai flagelli, si
sforzano di essere dei medici onestamente. Lo ignora la folla, (…) ma si può leggere nei libri che il bacillo della peste non muore
mai, ma aspetta pazientemente.

1984 (G. Orwell)
Gli parve come se stesse vagando per le foreste nel fondo del mare, perduto in un mondo mostruoso nel quale lui stesso era il mostro.
Era solo (…) Il passato era morto. Il futuro era inimmaginabile. Quale certezza poteva avere che anche una sola delle creature allora
viventi era dalla sua parte? (…) Per chi, si domandò improvvisamente, stava scrivendo quel diario? (…) Psicoreato, lo chiamavano
(…) Per qualche minuto rimase attonito a guardare il foglio. Non aveva che da trasferire sulla pagina quell’interminabile instancabile
monologo che gli s’andava dipanando nella testa, nel vero senso della parola, da anni. In quel momento tuttavia anche il monologo
gli s’era prosciugato (…) Passavano i minuti. Era cosciente solo del vuoto della pagina davanti a sé (…) Tutt’a un tratto cominciò a
buttar giù lo scritto in preda al panico, soltanto in parte cosciente di quel che scriveva (…) Non sapeva cosa gli aveva fatto buttar giù
quella serqua di stupidaggini. Ma la cosa più strana era che, intanto, il ricordo d’un fatto completamente diverso gli s’era andato
riordinando nella mente fino al punto da fargli credere di essere capace di scriverne. Era, ora si rammentava, proprio per quest’altro
incidente che aveva improvvisamente deciso di venirsene a casa quel giorno e di cominciare il diario (…) In seguito scoprì che,
mentre se ne stava seduto in quella sorta di meditazione impotente, aveva pur scritto qualcosa, senza avvedersene, in modo del tutto
automatico. E non era la calligrafia goffa e incerta di prima (…) Era un solitario fantasma che proclamava una verità che nessuno
avrebbe udito. Ma per tutto il tempo impiegato a proclamarla, in qualche modo misterioso, la continuità non sarebbe stata interrotta.
Non era col farsi udire, ma col resistere alla stupidità che si sarebbe potuto portare innanzi la propria eredità di uomo. Se ne tornò al
tavolo, intinse la penna e scrisse (…) Gli sembrava che era solo allora, quando aveva cominciato a essere capace di formulare i propri
pensieri, ch’egli aveva fatto il passo decisivo (…) Ora che si era identificato con un uomo morto, l’importante era restare in vita più a
lungo possibile (…) Si chiese se non fosse malato di mente. Forse malato di mente era chi pensava cose diverse da quelle degli altri.
Un tempo, credere che la terra girasse intorno al sole costituiva un segno certo di pazzia (…) Alla fine il partito avrebbe proclamato
che due più due fanno cinque (…) Eppure lui aveva ragione. Le cose vere dovevano essere difese (…) Il primo passo era stato un
pensiero segreto e involontario, il secondo passo era stato l’inizio del diario. Egli era passato dal pensiero alle parole e ora dalle
parole alle azioni (…)
Il libro che leggeva non gli insegnava nulla ch’egli non sapesse già e questo costituiva appunto parte dell’attrazione. Diceva
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esattamente quel che egli stesso avrebbe detto, se gli fosse stato possibile di mettere un po’ d’ordine nei suoi delusi pensieri (…) Era
il prodotto di una mente simile alla sua, ma più potente, più sistematica e meno intimidita (…) I libri migliori, gli pareva di capire,
sono proprio quelli che ci dicono quello che già sappiamo (…) Aveva posto un ordine in una serie di conoscenze che egli possedeva
alla rinfusa. Dopo averlo letto, seppe, con più sicurezza di prima, che non era pazzo. L’essere in minoranza, anche l’esser rimasto
solo, non voleva dire affatto essere pazzo. C’era la verità e c’era la non verità e se ci si fosse aggrappati alla verità, anche mettendosi
contro tutto il mondo intero, non si era pazzi (…) L’intelligenza non è soggetta alla statistica (...) Due e due non fanno cinque.

2+2=5 (Radiohead)
Sei un tale sognatore da voler mettere a posto il mondo? Io resterò per sempre a casa dove 2+2 fa sempre 5. Giacerò lungo linee già
tracciate. Mi mimetizzerò.

Apocalisse (La sacra Bibbia)
E Dio sputò il tiepido.

I Demoni (F. Dostoevskij)
Tutti sono schiavi e nella schiavitù sono eguali. A Cicerone si taglia la lingua, a Copernico si cavano gli occhi, Shakespeare viene
lapidato...gli schiavi devono essere uguali (…) Non occorre l’istruzione, basta con la scienza. Al mondo manca una cosa sola:
l’obbedienza. La sete di istruzione è aristocratica (…) Noi sradicheremo il desiderio, diffonderemo l’ubriachezza, i pettegolezzi, le
denunce, una corruzione inaudita e spegneremo ogni genio. Piena obbedienza, piena assenza di personalità (…) e ogni 30 anni ci
divoreremo per allontanare la noia. La noia è aristocratica.

Se questo è un uomo (P. Levi)
Ma misi me per l’alto mare aperto. Sono in grado di distinguere perché “misi me” non è “Je me suis”, è molto più forte e più audace,
è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto (…) Del
viaggio al di là delle colonne d’Ercole ho salvato un verso: (…) “Acciò che l’uom più oltre non si metta”. “Si metta”: dovevo venire
in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima “e misi me” (…) Ecco: “considerate la vostra semenza: fatti non foste a
vivere come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”. Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba,
come la voce di Dio. Forse ** ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in traguardo e noi in
specie: e che riguarda noi che osiamo ragionare qui di queste cose.

I sommersi e i salvati (P. Levi)
Il bisogno di parlare, di raccontare quanto era successo nel lager era per me forte come la paura o la fame ed è stato uno dei motivi
per cui sono riuscito a uscirne.

Perché scrivo in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Penso che vi siano quattro importanti ragioni per scrivere (…).
1. C’è una minoranza di gente dotata e volitiva che è determinata a vivere la propria vita per intero, e gli scrittori appartengono a
questa categoria (…)
2. (…) La percezione della bellezza nel mondo esterno o (…) nelle parole e nella loro giusta disposizione (…)
3. L’impulso storico (…) di scoprire la verità (…) e di registrarla (…)
4. (…) Il desiderio di spingere le parole in una certa direzione, per cambiare l’idea altrui di quale sia il genere di società per cui
lottare (…)
Patii povertà e senso di fallimento. Ciò rafforzò il mio odio innato per l’autorità e mi rese (…) consapevole (…)
Quando mi siedo a scrivere un libro, non mi dico: “Adesso farò un capolavoro”. Lo scrivo perché c’è qualche menzogna che voglio
denunciare (…)
Se non fossi stato indignato non avrei mai scritto il libro (…)
Non bisognerebbe mai intraprendere un’attività del genere a meno di non essere guidati da un qualche demone incomprensibile al
quale non si può resistere (…) E riguardando la mia opera, mi accorgo che è invariabilmente lì dove ho trascurato l’intenzione
politica che ho scritto libri privi di vita.

L’odore dei soldi (E. Veltri – M- Travaglio)
Questo libro può essere utile per molte ragioni. I fatti che racconta, nonostante la loro gravità, sono conosciuti solo da una ristretta
cerchia di politici, magistrati e forze dell’ordine. I partiti e quasi tutti gli organi di informazione hanno una consegna al silenzio, che
rispettano con impegno inusuale e compattezza granitica (…) Hanno scelto la strada, come si dice, dell’inciucio (…) Negli altri Paesi
dell’Unione Europea i fatti di cui parliamo provocherebbero un terremoto politico e comunque costringerebbero i responsabili ad
abbandonare la vita pubblica (…) Finora (…) chiunque ne aveva scritto era stato seppellito dalle denunce e aveva visto sparire in un
baleno tutte le copie della sua opera dalle librerie (…) L’informazione di Berlusconi fa più danni della pistola!

La scuola dei dittatori (I. Silone)
Non è difficile far dire a qualsiasi libro quel che fa comodo, prendendo qua e là frasi staccate e mettendole abilmente assieme (…)
Con la stessa facilità potrete motivare la soffocazione della libertà di stampa e così ha proceduto Stalin mediante i processi montati su
accuse di complotti orditi dalla polizia (…)
** ha detto che il malessere della vostra civiltà è un indebolimento di raziocinio e di senso critico. C’è un conflitto tra la vita e la
ragione e la gioventù moderna presta il suo culto idolatrico alla vita (…)
Il fatto che se un dirigente politico che rifiuta di incontrarsi a contraddittorio pubblico con gli avversari rischia di squalificarsi ha
accelerato il fallimento del fascismo svizzero (…) Quello che rende ancora più azzardata l’impresa dei totalitari in questo paese è la
scarsa simpatia del popolo per l’eloquenza (…)
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Uno slogan efficace per un aspirante dittatore potrebbe essere anche: “abbasso la dittatura”.

Per la critica del lavoro (1962) (G. Anders) in Ribellarsi è giusto
Nell’odierna Repubblica Federale Tedesca (il cui rapido processo di rifascistizzazione è ben noto) c’è tutta una letteratura in cui viene
esaltata la Resistenza tedesca contro Hitler. Questa letteratura è approvata e salutata con favore anche dai fogli reazionari e perfino
dalle autorità ufficiali. Come dobbiamo interpretare questo fatto? Risposta: si tratta di un alibi. Per mascherare il fatto che lottano
contro gli odierni movimenti di libertà e di resistenza, costoro si presentano come avvocati difensori della libertà.

La banalità del male (H. Arendt)
La gioventù tedesca a ogni passo della vita è circondata da tutte le parti da uomini che oggi rivestono cariche pubbliche importanti e
che sono colpevoli, ma non sentono nulla (…) La reazione normale sarebbe lo sdegno, che però è un ostacolo alla carriera (…) I
giovani quindi (…) si rifugiano in un sentimentalismo a buon mercato.

Disobbedienza come democrazia (H. Zinn) in Ribellarsi è giusto
Ci hanno allevati con quest’idea: (…) la legge è importantissima. Stiamo parlando di obbedienza alla legge, questa fantastica
invenzione dei tempi moderni, che attribuiamo alla civiltà occidentale, e di cui parliamo con orgoglio. Lo Stato di diritto, oh, che
meraviglia vedere dappertutto questi corsi sulla cultura occidentale. Vi ricordate i tempi bui in cui la gente era sfruttata dal sistema
feudale? Tutto era terribile nel Medioevo ma adesso c’è la civiltà occidentale, lo Stato di diritto. Lo Stato di diritto ha sistematizzato e
amplificato l’ingiustizia preesistente.

Il Connecticut yankee in King Arthur’s Court (M. Twain)
Il paese è la cosa reale (…) la cosa da proteggere, da curare, da rispettare; le istituzioni sono estranee, sono semplici abiti, e l’abito
può (…) non essere più comodo (…) Essere fedele a dei cenci, gridare il nome di questi cenci e venerarli – questo è lealismo
all’irragionevole, puramente animale; (…) il cittadino che crede di vedere che l’abito (…) della comunità è logoro, e ciononostante
sta tranquillo e non combatte per un abito nuovo (…) è un traditore. Il fatto che possa essere il solo a vedere questa decadenza, non lo
scusa: è suo dovere combattere a ogni modo.

O. Wilde
Se dici qualcosa che non ha offeso nessuno non hai detto niente.

I Mandarini (S. De Beauvoir)
Conosco una quantità di persone diverse, e ho voglia di mostrare a ciascuno, per davvero, come sono gli altri. Si raccontano tante
menzogne (…) A vent’anni ho capito che tutti mi mentivano: mi venne una grande collera; dev’essere per questo che ho cominciato a
scrivere e che continuo (…)
Quand’ero giovane, un libro mi pareva magia (…)
Le cose che uno ha da dire, non sono mai precisamente le stesse che hanno da dire gli altri: ciascuno ha la propria vita, i suoi rapporti
con le cose, con le parole (…) Non dà fastidio pensare a quelli che hanno scritto meglio: si è arroganti, finché non si è scritto nulla,
ma poi, una volta cominciato, ci si interessa a quel che si scrive e non si perde più il tempo a far paragoni (…) Non pensava che la
gente l’avrebbe letto eternamente eppure scriveva (…) e quel che gli riusciva di fissare in parole gli sembrava salvo in assoluto. Cosa
c’era di vero? (…) Quello di cui era certo, era di provare una pietà quasi angosciosa per tutte queste vite che non tentavano neppure
di esprimersi (…)
Non si può scrivere niente nell’indifferenza: bisogna risalire alla superficie della vita, dove gli istanti e gli individui contano, uno a
uno (…) Rispettando tutti si condannava all’insignificanza e in questo modo contribuiva ad addormentare la gente (…) L’indifferenza
non esiste (…) E un intellettuale che non fa niente, fa pena (…) Avrebbe potuto giustificarsi dicendo di non saperne abbastanza per
parlare, (…) ma avrebbero potuto obiettargli che non ne sapeva neppure abbastanza per scegliere di tacere. L’ignoranza non è un alibi
(…) Aveva voluto scrivere un libro gratuito (…) senza ragione; niente di strano che se ne fosse disgustato così presto …) Aveva
preteso di parlare di se stesso senza situarsi né nel passato né nel presente: mentre la verità della sua vita era fuori di lui, negli
avvenimenti, nelle persone, nelle cose; per parlare di sé, bisogna parlare di tutto il resto(…) Un lavoro datato, ambientato, significava
qualcosa (…) Raccontare una storia d’oggi, in cui i lettori ritrovassero le loro preoccupazioni, i loro problemi. Non dimostrare né
esortare, ma testimoniare (…)
** aveva bisogno di mettere il mondo in parole.

Nel ventre della balena in Nel ventre della balena e altri saggi (G. Orwell)
Sembra quindi che per un artista il possesso della “verità” sia meno importante della sincerità emotiva (…) Uno scrittore ha bisogno
anche di talento, il quale poi, consisterebbe nel potersela prendere, nel credere veramente alle proprie opinioni (…) Una differenza
d’intensità emotiva è la differenza fra l’autentica disperazione e una disperazione che è, almeno in parte, posa.

Uscita di sicurezza (I. Silone)
Il bisogno di capire si è impossessato interamente di me e non m’ha lasciato tregua (…) A un certo momento scrivere ha significato
per me assoluta necessità di testimoniare, bisogno inderogabile di liberarmi da una ossessione, di affermare il senso di una più sincera
fedeltà. Lo scrivere non è stato, e non poteva essere per me, salvo in qualche raro momento di grazia, un sereno godimento estetico,
ma penosa e solitaria lotta (…) E le difficoltà con cui sono alle volte alle prese nell’esprimermi non provengono certo
dall’inosservanza delle famose regole del bello scrivere, non da una coscienza che stenta a rimarginare alcune nascoste ferite e che
tuttavia, ostinatamente, esige la propria integrità. Poiché per essere veri non basta evidentemente essere sinceri.

Del mentire in Saggi (Montaigne)
Non sto innalzando qui una statua da erigere nel crocicchio d’una città (….) ma se scrivo è per intrattenere un vicino, un parente, un
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amico (…) E anche se nessuno mi leggerà, ho forse perduto il mio tempo? Modellando su di me questa figura, mi è stato necessario
tanto spesso acconciarmi e compormi per ritrarmi, che il modello si è rassodato e in qualche modo formato anch’esso (…) I piaceri
più deliziosi si digeriscono nell’intimo, evitano di lasciare traccia di sé e fuggono la vista non solo della folla, ma di ogni altro.
Quante volte quest’occupazione mi ha distratto da pensieri noiosi! E devono essere considerati noiosi tutti quelli frivoli (…)
Dobbiamo una parte di noi alla società, ma la parte migliore a noi stessi. Allo scopo di obbligare la mia mente a fantasticare secondo
un certo ordine e disegno e di impedirle di perdersi e di andare vagando dietro al vento, non c’è che dare corpo e prendere nota di
tutti i minuti pensieri che le si presentano (…) Quante volte, rammaricandomi di qualche azione che le buone creanze e la ragione mi
proibivano di biasimare apertamente, me ne sono sfogato qui, non senza propormi di istruire la gente! (…) Che cosa c’è da ridire, se
presto un po’ più attentamente l’orecchio ai libri, da quando sto all’erta se posso sgraffignarne qualcosa per abbellire o puntellare il
mio? (…) Non per formare le mie opinioni, ma per sostenerle, essendo già formate da molto tempo, secondarle e servirle.

Montaigne (V. Woolf)
“Perché non è lecito a chiunque di ritrarre se stesso con la penna, come costui ha fatto con la matita?” (…) Gli altri possono eluderci,
ma i nostri tratti ci sono quasi troppo familiari. Al lavoro. E poi, quando ci accingiamo al compito, la penna ci cade dalle dita; è
un’impresa di profonda, misteriosa e schiacciante difficoltà (…) Perché al di là della difficoltà di comunicare con se stessi, c’è la
difficoltà suprema di essere se stessi.

On writing (S. King)
Le parole creano periodi; i periodi creano paragrafi; talvolta i paragrafi accelerano e cominciano a respirare (…)Voi costruirete un
paragrafo alla volta, costruirete usando il vostro vocabolario e la vostra conoscenza di grammatica e stile. Finché sarete equilibrati e
sinceri come la vostra livella e userete a dovere il filo a piombo, potrete costruire di tutto, interi palazzi anche, se ne avete l’energia
(…)
Certi giorni scrivere è un penoso arrancare che dà scarsa soddisfazione. Certi altri (…) sento quel brusio di felicità, il piacere di aver
trovato le parole (…) È una cosa che mi rende felice, perché è ciò per cui sono stato fatto (…) Scrivere non c’entra niente col fare
soldi (…) Alla fine è soprattutto un modo per arricchire la vita di coloro che leggeranno i tuoi lavoro e arricchire al contempo la
propria. Scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene. (…) È un incitamento: potete, dovreste, e se siete abbastanza coraggiosi da
cominciare, scriverete.

Ritratto di un artista da giovane (J. Joyce)
Era in parte la mancanza di un rito prescritto che l’aveva sempre costretto all’inazione sia quando aveva permesso al silenzio di
coprirgli collera ed orgoglio, sia quando aveva subìto un amplesso che aveva desiderato dare (…) La sua mente, svuotata di teorie e
di coraggio, ricadeva inerte nell’indifferenza (…) Il suo pensiero era un crepuscolo di dubbio e di sfiducia in se stesso, illuminato a
tratto dai lampi dell’intuizione, ma lampi di uno splendore così fulgido che in quei momenti il mondo gli rovinava ai piedi (…)
Avrebbe creato superbamente attingendo alla libertà e al potere della sua anima (…) La sua anima si abbandonava in un nuovo
mondo.

Vino e pane (I. Silone)
“In un tuo scritto parlavi dell’uomo che arriva penosamente alla coscienza della propria umanità. Solo ora mi sento in grado di capire
cosa intendevi”. “Questo vale anche per chi scrive. La coscienza ha infinite gradazioni, come la luce”.

Conversazioni su di me e tutto il resto (W. Allen)
Non leggere quello che scrivono di te, non infilarti in grandi dibattiti sul tuo lavoro, bada solo ad applicarti con scrupolo a quello che
fai. E non pensare ai benefici del mestiere. Non pensare ai soldi né agli elogi. Meno riesci a pensare a te stesso e meglio è. È un po’
come per il pitcher nel baseball: meno pensi consapevolmente al movimento, più efficace riuscirà il lancio (…) Bada solo a fare un
buon lavoro (…) Se il pubblico detesta le tue opere, dagli credito… potrebbe aver ragione. Oppure no. E quando gli spettatori ti
definiscono un genio, è ancora più importante tapparsi le orecchie (…) Se invece vengo a sapere che non ha incontrato il favore degli
spettatori me ne dispiaccio, ma in fondo i due esiti non sono molto diversi per quanto mi riguarda. Il vero divertimento è stato nel
farlo… l’ideazione, la realizzazione, l’impegno profuso. Dopo, non voglio più saperne nulla (…) Mi resi conto che mi divertivo a
farli ma che, una volta usciti nelle sale, il gradimento o meno da parte del pubblico non significava nulla per me. Certo, meglio quello
che avere dietro la porta quattro delinquenti, con una corda. Comunque, il sabato sera mi ritrovavo lo stesso da solo a casa (…) Nel
mondo del cinema sei costantemente assediato da persone che hanno tutte le risposte, ma devi continuare a ragionare con la tua testa.
Ti ritrovi ogni volta nella condizione di provare a fare un buon lavoro malgrado tutte le pressioni e i consigli (…) finché alla fine vai
immancabilmente a cozzare contro l’ostacolo più grande, il tuo talento limitato. Realizzare un buon film è difficile per chiunque.
Devi contare sui tuoi familiari, o sugli amici più cari che condividono molti dei tuoi valori – il che è probabilmente ciò che ti lega a
loro – e crearti il tuo microcosmo di valori, gusti, criteri, e a quel microcosmo restare fedele. Se ci riesci, scopri che non è un limite,
ma un aiuto. Quando tutto il mondo celebra la tale canzone o la tale commedia, devi aggrapparti alle tue convinzioni, anche se vanno
in direzione opposta (…) Quando finisco un film, non vedo l’ora di ascoltare l’opinione, riflettere sulle osservazioni di quelle due o
tre persone di cui rispetto i gusti, anche se sono diversi dai miei (…) Se anche ritenessi fondato un giudizio negativo, il film
successivo non ne risentirebbe. Non posso farci niente, non cambio di certo il mio stile o i miei temi perché qualcuno li ha criticati.
Non ci riuscirei nemmeno se lo volessi. Sono limitato o, come dice benissimo Marshall Brickman: “Sei fottuto da quello che sei”.
L’opera esiste indipendentemente dai discorsi che la circondano. Se è buona, rimane buona malgrado tutto il bla bla bla, pro o contro.
Se non è buona, è comunque destinata a scomparire lentamente, per quanto sul momento possa sembrare di successo (…) Restiamo
tutti a galla solo perché il pubblico non è molto esigente e il successo non è necessariamente subordinato al livello qualitativo. Io,
oltretutto, devo essere particolarmente fortunato (…) Oltretutto, non sono una persona particolarmente modesta. Quando faccio
qualcosa di buono, so apprezzarmi. Non voglio apparire dolente o ideologicamente masochista, ma sono abbastanza intelligente da
capire che ho sfruttato al massimo i miei limitati talenti, ho guadagnato bene rispetto a mio padre e, la cosa più importante, ho goduto
finora di buona salute.
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Massime e pensieri (N. de Chamfort)
Devo lavorare, e il successo è una perdita di tempo (…) Preferisco la stima delle persone oneste e una mia felicità tutta privata a
qualche elogio o qualche scudo uniti a ingiurie e calunnie (…) Il pubblico si interessa soltanto ai successi che non stima.

Massime e riflessioni (W. Goethe)
Ma l’errore più strano è quello che riguarda noi e le nostre forze: che ci si dedichi ad un nobile compito, a una degna impresa che
eccede le nostre capacità, che tendiamo ad una meta che non raggiungeremo mai. Il supplizio di Tantalo, il tormento di Sisifo che ne
deriva, ognuno lo risente tanto più amaro quanto più onesta era l’intenzione. E tuttavia spesso quando ci vediam preclusa per sempre
la meta agognata, abbiam già trovato lungo il nostro cammino un’altra degna meta a noi proporzionata, a cui eravamo destinati dalla
nascita di stare contenti.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
per quanto riguarda i libri, è notoriamente difficile fissare delle targhette di merito in modo tale che queste poi non si stacchino. E le
recensioni letterarie, non sono forse una perenne dimostrazione della difficoltà di giudicare? “Questo grande libro”, “questo libro
privo di valore”: lo stesso libro viene definito in tutti e due i modi (…) Finché scrivete ciò che desiderate scrivere, questa è la sola
cosa che conta; e se questo conta per secoli interi o solo per poche ore, nessuno può dirlo. Ma sacrificare un frammento del vostro
sogno, una minima sfumatura del suo colore, per compiacere un preside con una coppa d’argento in mano o un professore con un
righello da misura nascosto sotto il braccio, è il più vile dei tradimenti.

Lettere a Lucilio (L. A. Seneca)
Insegnando, impara (…)
Un amico è un teatro abbastanza grande.

Baudolino (U. Eco)
In quello che ti ho detto c’erano cose che le mie compagne non avevano ancora capito e che io ho capito cercando di spiegartele.
Così ciascuna di noi, facendosi maestra alle compagne, apprende (…)
Non si tratta di ricordare i fatti ,(…) ma di dare ai fatti un senso (…)
Sei diventato la mia pergamena su cui scrivo tante cose, che avevo persino dimenticato, quasi come se la mano andasse da sola.
Penso che chi racconta storie debba sempre avere qualcuno a cui le racconta e solo così può raccontarle a se stesso (…) Solo quando
ho potuto raccontare mi sono sentito libero. Ormai mi sei necessario come l’aria.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Sentii per lui quello che avrei potuto provare per un fratello (…) Lontani, avremmo diviso gli stessi pensieri. Disse: “Scrivimi la
prima frase del libro”. “Perché?” – “Perché fai parte del gruppo”. “Non credo. Odio i gruppi” (…) “Ci sosteniamo a vicenda anche se
non conosciamo i nostri nomi. Ma ci sosteniamo sempre (…) Mi capiterà di prendere in mano un libro e dire: “Ah, così l’ha già
scritto lei? Meglio così. Benissimo, così non dovrò scriverlo io” (...)
Non sapevo che l’avrei detto finché non l’ho fatto. Ma ora capisco che era a questa lettera che mirava il mio discorso e che per
questo, uscendo, avevo preso la lettera, che ora ebbe l’effetto di aiutare ** ad aprirsi (…)
Durante le ultime settimane di “pazzia”, (…) sapevo, anche se non c’era modo di tradurre in parole quel che sapevo (…) Momenti
intensi come illuminazioni di un sogno quando ci si sveglia (…) Gioco con le parole sperando che una qualsiasi combinazione,
magari casuale, possa esprimere ciò che voglio dire (…) La realtà non si può descrivere (…) Ma (…) bisogna (…) inchinarsi con
la cortesia che si riserva a un vecchio nemico (…) Forse la sola condizione per cui esistiamo è che (…) creiamo degli schemi.

Martin Eden (J. London)
Avendo analizzato e imparato l’anatomia della bellezza, egli era più atto a ricrearla a sua volta. Era fatto così: non poteva lavorare
senza capire (…) D’altra parte egli apprezzava gli effetti inattesi delle parole e delle frasi che si affacciavano facilmente al suo
cervello (…) meravigliato.

Taccuino del 1943 (C. Pavese)
S’indaghi bene, e si vedrà che non si cambia idea, ma che sotto sotto si aveva già presentito il pensiero nuovo. Che certe tue idee del
passato non fossero quel che sembravano ti risulta dal fatto che allora credevi di averle ma non te ne interessavi (…) Ora che nelle
tragedie hai visto più in fondo (…) hai scoperto (…) il “vero” interesse, che non è più (…) futili chiacchiere, ma il destino (…)
Boden und Blut - (…) Se nel ’40 ti sei messo a studiare il tedesco (…) era per l’impulso del subcosciente a entrare in una nuova
realtà. Un destino. Amor fati.

Del parlare spedito e lento (M. Montaigne)
L’anima troppo legata e intenta al suo proposito (…) comprime (…) fiacca, (…) come accade all’acqua che, a forza di spingere con la
sua violenza, non riesce a trovare l’uscita in uno sbocco (…) Non vuole essere scossa, ma sollecitata (…) riscaldata e sorvegliata da
occasioni esterne, attuali e fortuite (…) Io non sono del tutto padrone di me stesso (…) Il caso vi ha più potere di me. L’occasione, la
compagnia, il tono stesso della mia voce traggono dal mio spirito più di quello che ritrovo quando lo sondo e lo uso per conto mio
(…) Mi accade anche che non mi trovo dove mi cerco e trovo me stesso più per caso che per l’indagine del mio giudizio. Posso aver
buttato là qualche arguzia scrivendo. L’ho perduta, e un estraneo l’ha scoperta prima di me.

Simone Weil, il coraggio di pensare (D. Canciani)
Simone Weill ha mostrato di avere costantemente bisogno di un interlocutore, occasionale o privilegiato, per poter pensare (…)
Scriveva molte lettere.
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L’uomo senza qualità (R. Musil)
Il bello era che non ** ma lei stessa aveva fatto quell’asserzione. Del resto, molte cose che lui diceva ella le aveva già pensate, senza
parole però, perché opinioni così precise, sola con se stessa com’era prima, ella non se le sarebbe mai fatte (…)
Quella espressione salitagli spontaneamente alle labbra era piaciuta anche a lui; come il primo verso di una poesia , la frase lo
spingeva avanti prima che egli ne avesse colto il senso (…) Il ritratto da lui tracciato gli dava sollievo come la riuscita di un’opera
d’arte; egli non l’aveva messo fuori da se stesso ma, legate alla misteriosa efficacia di un inizio, le parole all’esterno s’erano apposte
alle parole, e intanto nel suo animo si disfece qualcosa di cui non aveva coscienza.

L’interpretazione dei sogni (S. Freud)
È necessario (…) che rinunci alla critica dei pensieri. (…) Fobie e (…) ossessioni (…), spiegarle coincide con l’eliminarle, (…) ma
(…) la facoltà critica (…) porta a respingere (…) idee, (…) a interrompere (…) serie di pensieri, (…) a comportarsi (…) in modo tale
che le idee non diventano affatto coscienti (…) L’autosservatore deve invece solo prendersi il fastidio di interrompere la sua attività
critica (…) Non è difficile (…) Io posso farlo perfettamente, aiutandomi con lo scrivere le idee come mi vengono in mente (…) in
relazione a qualche particolare argomento (…) Un atteggiamento analogo è richiesto dalla creazione poetica: (…) “Quando c’è una
mente creativa la ragione ritira la sua guardia dalla porta e le idee irrompono alla rinfusa, e solo allora la ragione le esamina in
massa”.

Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere (J. Gray)
Scrivendo avrete la possibilità di prestare ascolto ai vostri sentimenti senza temere di ferire (…) Diventerete più equilibrati (…)
Mettere per iscritto i sentimenti negativi è un modo eccellente per rendersi conto di quanto si possa apparire poco affettuosi al partner
e, grazie a questa maggiore consapevolezza, di correggersi. Inoltre scrivere ha una funzione catartica: liberando il campo dalla
emozioni negative, si dà spazio a quelle positive. Dopo sarà possibile rivolgersi al compagno e parlargli in modo più affettuoso,
accrescendo così le nostre opportunità di capire e di essere capiti. È probabile che dopo aver scritto, non proviate più il bisogno di
parlare e vi sentiate invece desiderosi di mostrarvi affettuosi con il vostro partner. Che le scriviate per esternare i vostri sentimenti o
semplicemente per sentirvi meglio, si tratta comunque di uno strumento molto utile (…) Spesso scrivendo si comprende se si è
arrabbiati con il partner e se ci si rivolge a lui davvero o se si sta pensando in realtà ad altri, magari ai genitori.

Marte e Venere si innamorano di nuovo (J. Gray)
Scrivete anche la risposta che vorreste ricevere (…), quello che vorreste sentirvi dire, qualsiasi cosa vi faccia sentire ascoltati e
accuditi (…) Come abbiamo bisogno di comunicare i sentimenti attraverso le parole, è altrettanto importante esprimere sotto forma di
parole l’aiuto di cui abbiamo bisogno per sentirci capiti e sostenuti.

Creatività (E. Balconi e M. Erba)
Alcuni studi (…) hanno rilevato un effetto protettivo della competenza narrativa sul rischio di sviluppo di disturbi mentali a seguito
di eventi stressanti, e un effetto positivo sulle possibilità di guarigione, ovvero di recupero del benessere (…) Insomma, narrare e
saper narrare fa bene al nostro cervello (…) Produrre note autobiografiche in relazione a esperienze traumatiche fa bene: parlare e
raccontare i propri guai riduce la gravità dei sintomi fisici nel corso di malattie croniche quali asma (…) o artrite reumatoide. Questa
è la potenza del linguaggio, della narrazione e, quindi, della creatività (…) Raccontare(…) con originalità e creatività, aiuta a stare
meglio, a elaborare lo stress derivante da un trauma, e a superare il nodo patogeno (…) L’integrazione delle narrazioni
autobiografiche e quelle esterne al soggetto costituisce parte del processo che contribuisce alla conservazione della continuità
esperienziale del sé (…) Lo sviluppo della competenza narrativa svolge (…) un ruolo protettivo nelle situazioni per cui la continuità
esistenziale del sé è minacciata da un evento esterno, che può essere di natura catastrofica, traumatica o logorante (come episodi di
abuso, maltrattamento o discriminazione).

Solo bagaglio a mano (G. Romagnoli)
Andai in analisi da uno psicologo (…) A convincermi fu il fatto che potevo parlare in inglese anziché nella mia lingua, mettendo una
distanza tra me e la mia storia; (…) Ho scoperto molto tempo dopo che era una scelta condivisa.

Da una pagina internet sulla sessuologia clinica
Gran parte delle coppie “bianche”, cioè che non hanno rapporti sessuali, tende a trasferire la propria carica sessuale su obiettivi legati
alla carriera e alla realizzazione professionale. E non solo. Ci sono coppie che condividono una passione politica o un impegno
sportivo o un interesse per l’arte, per i viaggi, per la letteratura o, ancora più semplicemente, condividono la sfera delle relazione
sociali. Questi soggetti si conoscono, si piacciono, (…) realizzando un perfetto incastro costruito sull’erotizzazione di qualcosa di
diverso dal sesso, che può anche variare nel corso del tempo. Possono dare luogo a coppie assolutamente stabili, sposandosi e
restando insieme per decenni; (…) non esprimono alcun disagio, anzi sembrano soddisfatti della loro modalità esistenziale.

L’io e l’inconscio, parte II, cap. 5 credo in Due testi di psicologia analitica
Colui al quale, in virtù di particolari capacità, è consentito individuarsi deve sopportare il disprezzo della società, finché non avrà
prodotto l’equivalente che essa attende da lui (…) L’individuazione esclude la rinuncia al consenso collettivo, fintantoché non sia
stato prodotto un equivalente (…) L’anima lo porta dinanzi al “Dio” (…) e “Dio” fa un dono (…) che l’anima porta all’uomo e
l’uomo dà all’umanità. Oppure la strada può anche essere diversa: per estinguere la sua colpa l’uomo affida il suo bene, il suo amore,
(…) a un uomo che per lui sostituisce l’anima e attraverso quest’uomo il dono giunge a “Dio”.

Operette morali (G. Leopardi)
Io stimo che codesta tua meravigliosa acutezza e forza d’intendimento, codesta nobiltà, caldezza e fecondità di cuore e
d’immaginazione, sieno di tutte le qualità che la sorte dispensa agli animi umani, le più dannose e lacrimevoli a chi le riceve.
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Ricevute che sono, con difficoltà si fugge il loro danno (…) Ma il nostro fato, dove che egli ci tragga, è da seguire con animo forte e
grande (…) Amore (…) quando viene sulla terra, sceglie i cuori più teneri e gentili (…) empiendoli di affetti sì nobili, di tanta virtù e
fortezza (…) Rarissimamente congiunge due cuori, (…) suscita e rinverdisce (…) l’infinita speranza e le belle e care immaginazioni
degli anni teneri (…) Nè d’altro in particolare sono puniti i fraudolenti e gli ingiusti e i dispregiatori degli Dei che di essere alieni
dalla grazia di quelli.

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POTERE DELLA SEMPLICITÁ

Lettera del 17 settembre (Cesare Pavese)
Prima di te tutte le mie pagine non erano che sfoghi sforzati e tremendi, fulminei, di lunghe sofferenze grigie che a un tratto
culminavano in una irresistibile potenza di spasimo, o cose morte, stentate e sofferte in segreto e con immensa vergogna.
Ma ora, dopo la tua apparizione azzurra, (…) la poesia è diventata una cosa sola colla mia esistenza.

Il seme sotto la neve (I. Silone)
La presenza degli ospiti suscita il ricordo di amici lontani e dimenticati, ed egli si stupisce della precisione, freschezza di certi
improvvisi ricordi, della facilità con cui gli tornano a mente visi, modi di parlare, cose per tanti anni sepolte. Ci sono vini che fanno
dimenticare e intorpidiscono, altri che fanno ricordare e rinfrescano. Nel “gruppo” l’amicizia era addirittura malvista, perché
sinonimo di cricca (…) Ora vi sono momenti di pace che fanno dimenticare anni di angustie e di aridità (…) “Restiamo svegli, forse
non avremo più la nostra anima di questa notte”.
Cominciò a leggergli il capitolo.

F. Schiller
Strinsi la natura finché a respirare e scaldarsi essa iniziò nel mio cuore, (…) trovò un linguaggio (…) Con sforzo potente espanse in
divenire un petto angusto.

Cronistoria di Lessico familiare (D. Scarpa)
R. Ammaturo, nella prefazione alla ristampa: Quando l’adesione alla verità dei fatti (…) è tanto intensa e piena, tanto priva di
sotterfugi, (…) inventa spontaneamente il proprio stile.

Prefazione del 1930 a Fontamara (I. Silone)
Non c’è alcuna differenza tra questa arte del raccontare, tra questa arte di mettere una parola dopo l’altra, una riga dopo l’altra, una
figura dopo l’altra, di spiegare una cosa per volta, senza allusioni, senza sottintesi, chiamando pane il pane e vino il vino, e l’antica
arte di tessere, l’antica arte di mettere un filo dopo l’altro, un colore dopo l’altro, pulitamente, ordinatamente, insistentemente,
chiaramente. Prima si vede il gambo della rosa, poi il calice, poi la corolla; ma fin da principio ognuno capisce che si tratta di una
rosa. Per questo motivo i nostri prodotti appaiono cose ingenue, rozze.

Reform Papers (H. Thoreau)
Gli uomini di lettere, direttori di giornale e i critici pensano di saper scrivere perché hanno studiato grammatica e retorica ma si
sbagliano di grosso. L’arte della composizione è semplice come l’esplodere di una pallottola da un fucile e i suoi pezzi forti
implicano una forza ancor maggiore dentro di sé.

Viaggio in Italia (J. W. Goethe)
Nella piccola brigata di Filippo Neri ci si raccoglieva e parlava sempre in argomento di immediata attività: le esercitazioni dialettiche
e sofistiche erano costantemente proibite (…) Quando pareva che uno si compiacesse del suo proprio discorso, Filippo lo
interrompeva sul più bello per prendere la parola in sua voce, poi comandava di continuar la predica ai meno capaci, i quali spesso,
colti di sorpresa, avevano la fortuna di improvvisare più felicemente che mai altre volte.

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ATTRAZIONE DEI LIBRI GIUSTI

Il viaggio testuale (M. Corti)
Questo richiamo alle relazioni nuove, inedite, addirittura imprevedibili dell’immagine è un modo di rendere per sommi capi il
cammino dell’opera verso la costituzione di nessi (…) non sempre prevedibili dallo scrittore, generati più che da una Logica, da una
divina Prensilità del creare verbale (…) È curioso che anche in ambito scientifico oggi si insista molto sull’imprevedibilità del
viaggio di ricerca: “Non c’è dubbio – afferma Bateson in “Verso un’ecologia della mente” – che livelli più profondi della mente
guidino lo scienziato o l’artista verso esperienze e pensieri attinenti ai problemi che in qualche modo sono suoi, e sembra che questa
azione di guida si esplichi assai prima che lo scienziato acquisti una qualunque nozione conscia dei suoi fini. Ma come ciò accada,
non lo sappiamo”.

Psicopatologia della vita quotidiana (S. Freud)
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Il caso dei ricordi d’infanzia e di copertura: (…) nel caso della dimenticanza di nomi è l’oblio, qui è la conservazione del ricordo che
desta la curiosità. (…) Si tratta in entrambi i casi di un procedere errato del ricordare (…) La memoria non produce quel che
correttamente dovrebbe ma un sostituto, per via di uno spostamento lungo un’associazione superficiale (…)
Il suo inconscio era orientato verso il “trovare” (il denaro per l’oggetto desiderato) anche se il relativo pensiero – essendo la sua
attenzione rivolta anche altrove (“assorta nei suoi pensieri”) – poteva non essere chiaramente presente alla sua coscienza (…) Analisi
di casi simili permettono di sostenere che se la disposizione a trovare è inconscia, essa è molto più atta a condurre al successo che
non l’attenzione guidata dalla coscienza (…)
Ci sono gesti casuali e compiuti senza intenzione cosciente, solo apparentemente maldestri e in realtà abilissimi e sicuri, che
colpiscono il loro bersaglio con una sicurezza che in generale non si può ascrivere ai movimenti volontari e coscienti (…) Violenza e
sicurezza di mira di sbadataggini di questo genere (con cui ad esempio si rompe un oggetto senza danneggiare gli oggetti preziosi che
gli sono vicini) sono caratteri comuni alle manifestazioni notorie della nevrosi isterica e in parte al sonnambulismo (…)
La scelta di un numero “a caso” non è mai davvero casuale: (…) la mente nello sceglierlo compie molto velocemente operazioni
matematiche dall’esito preciso del tutto inconsciamente.

Come funziona la legge d’attrazione (M. J. Losier)
Legge d’Attrazione non è un termine inventato o un’arte magica new age. È una legge della natura cui il vostro essere reagisce in
continuazione che ne siate consapevoli o no (…) che ci crediate o meno.

Astrella
Jung spiegava la validità del metodo dei tarocchi con la legge di attrazione (…)
Einstein riteneva la legge della sincronicità per niente sciocca.

La sincronicità come principio di nessi acausali in La dinamica dell’inconscio (C. G. Jung)
Impiego (…) il concetto generale di sincronicità nell’accezione speciale di coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un
rapporto casuale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo (…) in opposizione a “sincronismo”, che rappresenta la
semplice contemporaneità di due eventi (…) Significa (…) la simultaneità di un certo stato psichico con uno o più eventi esterni (…)
Le mie esperienze relative al fenomeno della sincronicità si sono andate accumulando di anno in anno (…) Si tratta perlopiù di cose
delle quali non si parla a voce alta per non esporsi al rischio di un’irrisione sconsiderata. Non ho mai smesso di stupirmi nel vedere
quante persone hanno fatto esperienze di questo genere (…)La prova decisiva dell’esistenza di nessi acausali tra eventi è stata data
(…) in maniera scientificamente adeguata, dagli esperimenti di Rhine (…) Si è cercato in tutti i modi (…) di contestare questi
risultati (…) Tutti questi tentativi però sono naufragati nel confronto con i fatti (…) Un’esperienza ricorrente in questi esperimenti sta
nel fatto che (…) la partecipazione, l’aspettazione positiva, la speranza e la fede nella possibilità delle ESP (…) migliorano i risultati
e sembrano perciò le vere condizioni per la loro riuscita in generale (…) In conseguenza dell’effetto restrittivo esercitato sulla
coscienza dall’affetto, si manifesta un calo dell’orientamento cosciente corrispondente alla durata dell’affetto, calo che a sua volta
offre all’inconscio un’occasione favorevole per inserirsi nello spazio lasciato vuoto (…) L’affettività si basa in larga misura sugli
istinti, dei quali l’archetipo è l’aspetto formale (…) I casi di coincidenze significative (…) sembrano basarsi su un fondamento
archetipico (…) Sembra (…) che la spiegazione vada cercata da un lato in una critica del nostro concetto di spazio e tempo, dall’altro
nell’inconscio (…) Spazio e tempo sono grandezze costanti in un sistema definito solo se vengono misurati prescindendo da
condizioni psichiche. È quanto accade di regola negli esperimenti che hanno per oggetto le scienze naturali (…) Per quanto (…)
possa riuscire incomprensibile, si è costretti alla fine a supporre che esista nell’inconscio un che di simile a una conoscenza a priori
(…) Un’immagine già presente, esatta ma inconscia, del risultato (…) e una conoscenza inconscia (…) di una situazione di fatto che
non poteva essere nota (…) Dobbiamo (…) trovare il coraggio di dare una scossa alle prevenzioni della nostra concezione attuale del
mondo, se vogliamo tentare di allargare le basi della nostra conoscenza della natura (…) Quante volte s’è vista condannare la verità!
È triste ma purtroppo vero che l’uomo non impara niente dalla storia (…) Nel caso della sincronicità siamo di fronte non a una
concezione filosofica, ma a un concetto empirico che postula un principio necessario per la conoscenza. Non si tratta né di
materialismo né di metafisica (…) Lo spirito filosofico ha supposto da tempi antichissimi e fino al diciottesimo secolo una misteriosa
correspondentia degli eventi naturali, ossia un legame significativo tra di loro (…) Ciò ci costringe non certo a correggere i princìpi
fino a oggi in vigore per interpretare la natura, ma ad aumentarne il numero (…) Gli uomini si servono da epoche ormai remote del
numero per stabilire la coincidenza significativa, ossia una coincidenza che può essere interpretata (…) La proprietà più elementare
dell’oggetto è certo la sua unità e molteplicità. Il numero (…) è (…) l’elemento ordinatore più primitivo dello spirito umano (…) Il
numero (…) ha uno sfondo archetipico (…) Nei mandala (…) l’inconscio usa il numero come fattore ordinatore (…) La grande
maggioranza degli “esperti”, cioè psicologi e psichiatri, sembrano non avere la più pallida conoscenza di questi fatti.


L’uomo e i suoi simboli (C. G. Jung)
La luce in certe condizioni si comporta come onda, in altre come particelle (…) e anche l’apparato calcolatore esercita un’influenza
(…) Non sapremo mai cos’è la luce, (…) come non sapremo mai cos’è di preciso l’inconscio (…) Ci sono solo tendenze (…) in certe
condizioni psichiche (…) È probabile che materia e psiche siano lo stesso fenomeno osservato dal di fuori o dal di dentro (…)
In un evento sincronicistico (…) in effetti c’è una concordanza significativa di fatti psichici e di fatti esteriori (…) Eventi di questo
tipo sono stati anche i (…) moltissimi casi in cui notizie relative alla morte di un parente o alla perdita di una proprietà sono state
recepite per mezzo di percezione extrasensoriale, (…) quelli del tutto autentici secondo cui alcuni specchi si sono rotti, quadri sono
caduti e (…) orologi si sono fermati nell’attimo della morte del loro proprietari (…) o oggetti si sono rotti all’improvviso in una casa
dove qualcuno era assalito da una crisi emotiva, (…) ma anche quelli numerosi di invenzioni e scoperte scientifiche simultanee (…)
La legge della sincronicità potrebbe spiegare perché una specie di animali, sotto l’urgenza di una grande necessità, possa produrre
modificazioni significative, ma acausali, nella propria struttura materiale esteriore (…) Molti fisici moderni si preoccupano più di
appurare le connessioni naturali che non le leggi causali (…) I numeri sono una tangibile connessione fra la sfera della materia e
quella della psiche: (…) possiamo provare contando che nel tal luogo ci sono due pietre, tre nel tal altro, ecc. (...) ma i numeri sono
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prodotti spontanei dell’inconscio (…) e non concetti inventati ai fini del calcolo (…) Basate su calcoli matematici sono
l’interpretazione a scopo pronostico dei segni del classico cinese I Ching, (…) l’astrologia, la numerologia, ecc. (…) che sono state
esaminate da Jung alla luce della teoria della sincronicità (…) e in cui il motivo di fondo (…) è il chiedersi, davanti a un evento, non
che cosa lo abbia causato, ma piuttosto che cosa “ama” verificarsi con esso (…) In virtù di questi collegamenti, persone con
particolare affinità finiscono per incontrarsi (…) Il legame tra corpo e mente è mostrato anche dalle malattie psicosomatiche (...) Gli
eventi “sincronici” accompagnano quasi invariabilmente le fasi cruciali del processo di individuazione (…) Si può attendere ai doveri
quotidiani e al contempo fare attenzione ai segnali (…) in armonia con i propri sogni significativi.
Da una pagina online
Nella meccanica quantistica (…) i quanti sembrano muoversi casualmente (…) e potrebbero spostarsi e raggrupparsi in base alla
legge d’attrazione o sincronicità.
Da http://www.slideshare.com/guida-per-gli-utenti-delle-biblioteche
Relazioni tra corpo e mente: (…) l'ipotesi junghiana e di alcuni scienziati che la legge della sincronicità sia alla base dell'evoluzione
delle specie in molti casi a partire da impulsi alla sopravvivenza ostacolati; l'ipotesi junghiana che la coscienza umana, attraverso
riflessività e scrittura, abbia dato in un certo qual modo maggiore grado di esistenza alle leggi della realtà esistenti solo
potenzialmente prima di essa ed che sia quindi un evento sorto in corrispondenza sincronicistica a queste ultime, se ho ben compreso
quanto Jung afferma su questo argomento nell'autobiografia.
Il libro dell'Es (G. Groddeck)
Lei non riesce a comprendere, mi dice, che certi pensieri ed emozioni possono produrre mutamenti fisici in una persona o addirittura
farla ammalare e ancora meno comprende come una persona possa guarire scoprendovi determinate relazioni. Anch'io non
comprendo tutte queste cose, ma le vedo con i miei occhi, le vivo (...) Psichico e organico sono denominazioni che servono solo a
comprendere meglio certe peculiarità della vita, ma in sostanza si tratta della stessa cosa, perché entrambi sono soggetti alle stesse
leggi e fanno parte della stessa vita (...) Una casa di legno è diversa da una casa di pietra, ma lei non dubiterà che è una differenza di
scopi e non di abilità a indurre l'architetto a costruire l'una piuttosto che l'altra. Con le malattie organiche, funzionali e psichiche
avviene la stessa cosa (...) Per l'Es non esiste alcuna differenza tra organico e psichico (...)
Lei non immagina quanta parte abbiano gli istinti sessuali nelle abitudini quotidiane (nel modo spontaneamente diverso in maschi e
femmine di correre, raccogliere, cucire, sdraiarsi, pulirsi la bocca ecc.) (...) E ostacoli gravi si pongono contro potentissimi impulsi,
anche sessuali, come sono l'amore per se stessi, l'amore tra madre e figlio e il rapporto sessuale durante alcune fasi del mese e della
vita, (...) perché, a quanto pare, la natura o Dio ha bisogno di divieti (...) Il divieto può reprimere il desiderio, ma non può
distruggerlo, così lo costringe solo a cercare soddisfazione altrimenti. Ed esso la trova in ogni immaginabile forma di attività umana
(...) e anche, a volte, nella malattia (...) Di fronte alla natura e ai pensieri segreti dell'Es si può provare paura o un ammirato stupore
oppure si può sorridere. L'importante è combinare queste tre reazioni: chi riesce ad armonizzarle, quello sarà amato, poiché sarà una
creatura degna d'amore (...) Vi sono strade misteriose nella vita, che a volte sembrano circoli viziosi, ma in ultima analisi a noi
mortali non resta che una sola cosa, lo stupore.
Altre voci, altre stanze (T. Capote)
Davanti a lui lo stelo di una rosa gettava ombra come una meridiana: tracciò un’ora, un’altra, la linea d’ombra si dissolse, tutto il
giardino cominciò a confondersi, a muoversi. Fu come se egli avesse contato mentalmente e, giunto a un certo a un certo numero,
stabilito per intuizione, avesse pensato: ora. Perchè d’improvviso si alzò e levò gli occhi alla finestra del Landing. Aveva la mente
perfettamente chiara e vide (…) e vide un viso che tremò, come una splendida farfalla bianca (…) Seppe di dover andare via.

Psicologia dell’inconscio in Due testi di psicologia analitica (C. G. Jung)
L’inconscio può diventare pericoloso (…) Uno dei pericoli più diffusi e comuni è quello di causare incidenti. Incidenti di ogni genere
(…) hanno una causa psichica: si comincia con piccoli incidenti – si inciampa, ci si urta, ci si scotta le dita – e si finisce con gli
incidenti automobilistici e con le catastrofi in montagna (…) Analogamente possono sorgere o perdurare malattie fisiche (…) Un
dolore fisico può coinvolgere la psiche (…) Così è raro che una malattia fisica non sia complicata dall’intervento della psiche, anche
se la sua origine non è psichica (…) L’inconscio è (…) pericoloso soltanto perché noi siamo disgiunti e quindi in contrasto con esso
(…) Il distacco dall’inconscio significa quindi privazione di istinti, mancanza di radici (…) Se (…) si abolisce questa disgiunzione, si
può quindi attingere al lato favorevole dell’inconscio. Allora l’inconscio fornisce tutti gli appoggi e gli aiuti che una natura benevola
può dare in sovrabbondanza all’uomo. L’inconscio può essere quindi una guida senza uguali per l’uomo.

Liside in Dialoghi socratici (Platone)
Sempre una divinità conduce il simile verso il simile.

Il magico potere del riordino (M. Kondo)
Per un libro il tempismo è un fattore vitale: il momento giusto per leggerlo è quello in cui lo incrociate sul vostro cammino. Per non
perdere quell’istante prezioso, vi consiglio di non tenere a portata di mano più libri del necessario. (...) Molte persone non avrebbero
mai preso in mano questo libro. Voi, al contrario, ci siete stati indirizzati dal fato e ciò significa che desiderate ardentemente cambiare
la vostra situazione attuale, resettare la vostra esistenza, migliorare il vostro stile di vita, trovare la felicità, brillare. (…) Nel
momento stesso in cui avete preso in mano questo libro avete fatto il primo passo.

Il taccuino d’oro (D. Lessing)
Le cose che sono importanti nella vita saltano fuori quando uno non ci pensa o non se l’aspetta o non ha dato loro una forma precisa
(…)
Nel suo diario incappai in una frase che mi terrorizzò perché l’avevo scritta io, grazie a chissà quale intuizione, nel mio taccuino. Mi
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spaventa il fatto che, quando scrivo, io ho come una seconda vista; come se entrasse in gioco un tipo di intelligenza di cui sarebbe
troppo doloroso servirsi nella vita comune; non si riuscirebbe a vivere se si dovesse usarla sempre.

La storia infinita (M. Ende)
La casa che muta è molto vivace. E le piace molto partecipare a modo suo ai discorsi che sente fare (…)Vuole dirti qualcosa (…)
** fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo (…) Doveva avere quel libro, a ogni costo! (…)
Adesso gli era chiaro che proprio a causa di quel libro era venuto qui, era stato il libro a chiamarlo in quella sua misteriosa maniera
(…) perché in fondo era già suo (…)
Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare e coloro che non hanno mai
provato nulla di simile non le possono comprendere (…) Alcuni sacrificano ogni cosa per un’idea fissa che mai potrà diventare realtà
(…) Per ** la passione erano i libri. Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino
su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo; chi non ha mai letto sotto
le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile; (…) chi non ha mai versato lacrime perché una storia
meravigliosa era finita (…) non potrà comprendere.

C. Bukowski
Ero giovane, saltavo i pasti e le mie letture andavo a farle nella biblioteca, (…) ma niente di quello che leggevo aveva alcun rapporto
con me, con le strade o con la gente che le percorreva. Poi, un giorno presi un volume e capii subito di essere arrivato in porto (…)
Mi parve che mi fosse capitato un miracolo grande e inatteso.

Una stanza tutta per sé (V. Woolf)
La natura sembra, assai stranamente, averci provvisti di una luce interiore, attraverso la quale formulare un giudizio sull’integrità o
mancanza di integrità del romanziere. O forse accade piuttosto che la Natura, nei suoi momenti più irrazionali, abbia tracciato con
inchiostro invisibile sui muri della mente un messaggio premonitore che questi grandi artisti confermano (…) Ma è proprio quello
che ho sempre sentito, e saputo, e desiderato! E ci si sente traboccare dall’emozione, e allora, chiudendo il libro con una sorta di
reverenza, come se si trattasse di qualcosa di molto prezioso, un punto di riferimento al quale tornare per tutta la vita, lo si rimette
sullo scaffale.

Martin Eden (J. London)
Si rendeva conto che camminava e si comportava goffamente (…) Maledì il momento in cui aveva accettato di recarsi in quel luogo
(…) Poi vide i libri sulla tavola. Nei suoi occhi balenò rapidamente un malinconico desiderio, simile a quello di un affamato alla vista
del cibo. Istintivamente (…) si avvicinò a grandi passi verso la tavola e si diede ad osservare i libri, prendendoli in mano quasi con
affetto (…) Prese per caso un volume e cominciò a leggerlo attentamente, dimenticando il luogo in cui si trovava (…) Orbene, subito
l’indomani, sarebbe andato in biblioteca.

328 (E. Dickinson)
Un uccello discese sul sentiero (…) e volò verso il nido, più labile dei rami che dividono il mare, troppo argenteo, perché vi resti
impronta o come dalle rive meridiane si gettano farfalle, senza suono nel volo.

Ritratto di un artista da giovane (J. Joyce)
Un dubbio inquieto gli svolazzava qua e là davanti alla mente. Ricordi mascherati gli passavano rapidi dinanzi: riconosceva scene e
persone, pure si accorgeva di non essere riuscito a individuare in esse un qualche particolare vitale, (…) l’essenza (…)
Avanzavano strane figure come da una caverna (…) Attraverso l’immagine intravide una strana caverna di speculazione (…)
Era un silenzio incantato di pensiero (…)
Era quell’ora immota dell’alba, quando la follia si risveglia, strane piante si aprono alla luce e la falena prende il volo silenziosa. Un
incanto del cuore! Era stata una notte d’incanti (…) L’attimo era balenato come un punto di luce (…)
Una frase (…) gli attraversò il cervello, poi si misero a svolazzare qua e là pensieri informi (…) sulle corrispondenze tra gli uccelli e
le cose dell’intelletto (…)
“Luminosità cade dall’aria”, (…) ricordò il verso.
I gridi degli uccelli erano stridenti, limpidi e sottili e cadevano come fili di luce serica dipanati da rocchetti turbinosi (…)
Un’immagine (…) gli sarebbe venuta incontro (…) Si sarebbero trovati come se si fossero conosciuti (…) in qualche luogo segreto,
(…) circondati dall’oscurità e dal silenzio.

Stephen Hero (J. Joyce), introduzione di M. Praz (ed. Newton Compton)
Per epifania ** intendeva un’improvvisa manifestazione spirituale o in un discorso o in un gesto o in un giro di pensieri degni di
essere ricordati (…) Sono stati d’animo delicati ed evanescenti (…) L’occhio spirituale (…) cerca di mettere a fuoco la sua visione, e
nel momento che questo fuoco è raggiunto, ecco, l’anima, l’identità, dell’oggetto balza fuori a noi dai veli dell’apparenza (…)
Dapprima riconosciamo che l’oggetto è una cosa integrale, poi riconosciamo che è una struttura organizzata e compiuta, una “cosa”,
un fatto; finalmente, quando la relazione tra le parti è perfetta (…) riconosciamo che quella è la cosa che è e (…) l’anima dell’oggetto
(…) ci appare radiante.

Lettere sull’educazione estetica dell’uomo (F. Schiller)
Mentre alla celeste gravità rapiti ci abbandoniamo, la celeste autosufficienza ci fa indietreggiare sgomenti. In se stessa riposa e sta
tutta la figura, una creazione perfettamente chiusa, e come se fosse al di là dello spazio, senza cedimento e senza resistenza: là dove
non c’è forza che combatta con altre forze, non c’è nessun vuoto per dove la temporalità possa far breccia. Da un lato
irresistibilmente afferrati ed attratti, dall’altro mantenuti a distanza, noi ci troviamo contemporaneamente nello stato della suprema
quiete e del supremo movimento, e sorge quella mirabile commozione, per la quale l’intelletto non ha alcun concetto e la lingua alcun
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nome.

L’uomo senza qualità (R. Musil)
Nessun oggetto, nessuno, nessuna forma, nessun principio è sicuro (…) Il presente non è che un’ipotesi non ancora superata (…) Il
passo (…) è condotto sempre più avanti. E se a un certo momento si crede di avere l’ispirazione giusta ci si accorge che una goccia di
fuoco inesprimibile è caduta sul mondo e il suo brillare cambia l’aspetto della terra (…) Tutto questo (…) si collegava con il
particolare concetto di “saggio” (il genere letterario) (…) Un saggio è il definitivo e immutabile aspetto che la vita interiore di una
persona assume in un pensiero decisivo. Nulla gli è più estraneo che l’irresponsabilità e la mediocrità delle idee, che si suole
chiamare soggettività, ma anche il vero e il falso, il ragionevole e l’irragionevole non sono concetti applicabili a tali pensieri tuttavia
sottoposti a leggi severe.
.....................................................................................................................................................................................................................
Si trova ora in http://www.slideshare.com/simboli-dell'astrologia e in http://www.slideshare.com/simboli la parte con citazioni da
riviste di astrologia di alcuni anni fa che in precedenza si trovava qui in coda.
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