sotto la presidenza del cardinale Cibo. Uno di loro, Domenico
Canigiani, propose di deferire la dignità a Giulio, figlio naturale,
ancora nell'infanzia, di Alessandro; Francesco Guicciardini propose
per capo della repubblica Cosimo, figlio di Giovanni, l'illustre capitano
delle bande nere. Questo giovinetto, ignorando ciò che accadeva,
trovavasi in allora nella sua villa di Trebbio in Mugello, lontana
quindici miglia da Firenze. Ma Palla Rucellai si oppose
sdegnosamente a queste due proposizioni. Poichè la provvidenza,
disse egli, ci ha liberati da un odioso tiranno, consolidiamo questa
libertà che il cielo ci accorda, e rendiamo alla repubblica l'antica sua
costituzione: soprattutto non adottiamo veruna risoluzione, mentre
tanti nobili cittadini esiliati o emigrati, i quali hanno i medesimi diritti
di noi alla sorte della patria comune, si trovano lontani
[120].
La maggior parte de' senatori stavano per l'opinione del Rucellai, ma
tremavano tuttavia innanzi ai quattro uomini che avevano avuta la
maggiore influenza nell'ultimo governo; e questi, cioè Francesco
Vettori, il Guicciardini, Roberto Acciajuoli e Matteo Strozzi, credevano
di non potersi con altro mezzo salvare dall'odio dei loro concittadini,
che innalzando un nuovo principe in luogo di quello ch'era perito.
Rappresentarono ai senatori tuttociò che l'oligarchia aveva a temere
dall'indignazione del popolo, e dalle vendette degli emigrati; e non
potendo condurli ad una più precisa risoluzione, li persuasero
almeno a deferire per tre giorni piena autorità al cardinale Cibo, il
quale, essendo figliuolo di una sorella di Leon X, poteva essere
risguardato quale rappresentante della casa de' Medici, sebbene non
fosse fiorentino
[121].
Ma questa risoluzione non bastava a contentare il Guicciardini ed i
suoi compagni: sapevano essi che la fazione repubblicana teneva dal
canto suo segrete adunanze, pensavano che una più lunga
irrisoluzione poteva ruinare la loro fazione, e tennero di notte un
segreto comitato, cui furono presenti, oltre i quattro capi del partito,
il cardinale Cibo, Alessandro Vitelli, comandante della guardia, ed il
giovane Cosimo de' Medici, che sollecitamente era giunto da Trebbio
per cogliere l'occasione che gli veniva dalla fortuna offerta.
Convennero di adunare nuovamente all'indomani mattina il senato, e