dello Stato, il fiore dell'innocenza e della gaiezza della Capitale. Le
madri, le governanti, le bambinaie stavan sedute sulle panche a
destra e a sinistra dei viali; i bambini correvano in mezzo; nel centro
del giardino sonava la banda. Fino all'imbrunire era un moto e un
gridare continuo. Frotte di ragazzi uscivano di dietro ai cespugli, si
sparpagliavano ridendo, s'inseguivano e ridevano, correvano a giri e
rigiri come le rondini, e ridevano sempre, cadevano, sempre ridendo,
e si rialzavano, e ricominciavano a darsi dietro. Qua una bimba
perdeva il pettine, là un'altra la pezzuola, qualcuna si fermava per
farsi riabbottonare lo stivaletto. Da un lato all'altro dei viali si
chiamavano ad alta voce, e in un momento si sentivano cento nomi
di santi, di guerrieri, d'imperatori, di poeti: — Maria! Ettore! Pompeo!
— Non si capivan tutti fra loro. — Che hai detto? — domandava una
toscana, chinandosi verso una lombarda che le aveva diretto la
parola passando. Formavan dei cerchi a dieci insieme tenendosi per
mano, e si mettevano a girare, e andavano tutti a gambe levate, e
alle bambine più grandi si scioglievano i lunghi capelli, e le piccine
piangevano. Tratto tratto, due che s'erano bisticciati andavano a
chieder giustizia, seguiti da un piccolo drappello di curiosi, al
tribunale di qualche mamma seduta in disparte. Altri, spossati dalla
corsa, col viso infiammato, ansanti, riposavano sull'erba fin che
avessero ripreso nuova lena per ritornare ai giuochi. E lontano, tra le
siepi e gli alberi, si vedevano altre frotte di bambini biancheggiare un
momento, poi sparire, poi riapparire; e da ogni parte si alzavano voci
di gioia, di rimprovero, di meraviglia, di comando, e ad ogni passo si
udivano accenti diversi che, richiamando alla memoria le diverse
provincie, facevano passar dinanzi agli occhi una sequela rapidissima
di visioni: il Canal grande, il Vesuvio, San Pietro, Superga. Il giardino
Massimo d'Azeglio faceva esclamare, quasi con un senso nuovo di
maraviglia e di piacere: — Oh qui si vede che l'Italia è fatta
davvero! —
Una sera d'aprile del 1870, in una parte del giardino, dove il
formicolìo dei fanciulli era più fitto, stava seduto sur una panca, solo,
colle braccia incrociate sul petto, un giovane sui vent'anni,
decentemente vestito, d'aspetto malaticcio, che pareva che