quel suo privilegio singolarissimo di selezione, seppe prendere ciò
che in Michelangelo vi era di comunicabile. Infatti, soltanto dopo
l'Isaia, dopo le Sibille della Cappella Chigi, dopo le figure
dell'Incendio di Borgo, allora soltanto il michelangiolesimo divenne
cosa possibile; e fu anzi troppo facile a tutti il mettersi dietro a quella
insegna perigliosa!
Io credo adunque di avere affermato cosa prettamente conforme alla
verità storica, dicendovi che il vero, l'unico fondatore della scuola
romana fu Raffaello d'Urbino.
III.
A costituire questa scuola abbisognava un genio vasto insieme e
accomodante; e questa era appunto, o signore, la duplice qualità
che distingueva, fra gli altri grandi suoi contemporanei, Raffaello.
Egli potè imporsi ai pittori che venivano a Roma da ogni parte
d'Italia, ai Veneziani, ai Padovani, ai Mantovani, ai Ferraresi, ai
Bolognesi, ai Fiorentini, agli Umbri, potè imporsi a tutti perchè con
tutti egli se la intendeva, con la sperimentata famigliarità nella
pratica dell'arte. Ed essi, gli artisti, senza contrasto, abdicavano il
particolarismo della loro arte e lo deponevano ai piedi di Raffaello,
perchè trovavano qualche cosa di loro stessi nella pittura di Raffaello.
C'era, insomma, una specie di do ut des, una specie di scambio
geniale, attraentissimo, che seduceva i pittori di tutte le parti d'Italia,
rappresentanti istinti, maniere, ideali d'arte spesso notevolmente
dissimili. E Raffaello graziosamente li tirava tutti dentro la sua orbita
e li disciplinava, perchè a tutti aveva conceduto qualche cosa, da
tutti qualche cosa avea mutuato. Ognuno, a qualunque regione o
tradizione italica appartenesse, si sentiva meno umiliato nel cedere
alla supremazia romana, perchè il Raffaellismo si presentava come
una federazione degna, come una apoteosi armonica concordata di
tutte le scuole che si erano venute svolgendo in Italia.
E quale fu il carattere di questa scuola romana? L'argomento, o
signori, meriterebbe di per sè solo una lunga conferenza. Il