avevano parlato, si vedevano staccarsi dalla folla matrone desolate
che, informate della morte de' loro sposi, figli o fratelli, si
appartavano, percuotendosi il petto e stracciandosi i capelli. Tutte
partecipavano di questa universale afflizione; perciocchè non eravi in
Pisa una sola famiglia che non avesse parte a tanto infortunio, e non
avesse a versar lagrime almeno sopra uno de' suoi membri,
avendone molte perduti due, tre ed anche più. Fu d'uopo che i
magistrati essi medesimi s'interponessero per far rientrare, quasi a
forza, nelle proprie case tanti infelici che il dolore rendeva forsennati;
e quando, dopo alcuni giorni, le donne uscirono nuovamente di casa,
per pregare ne' templi, non ne fu vista una sola che non fosse
vestita di corrotto. Pel corso di sei mesi non altro udivansi in Pisa che
gemiti, gridi e funebri rimembranze.
Intanto i Genovesi, rientrati in porto, festeggiavano ne' templi la loro
vittoria, e consultavano intorno alla sorte di tanti prigionieri. Alcuni
senatori proponevano di cambiarli contro il forte di Castro in
Sardegna, il quale risguardavasi come il baluardo de' possedimenti
de' Pisani in quell'isola; ed altri preferivano una taglia in danaro. Ma
la gelosia nazionale suggerì il più dannoso consiglio di tenerli in
prigione perpetuamente, affinchè le loro mogli, non potendo
rimaritarsi, venisse Pisa a mancare di nuova popolazione. Questo
consiglio fu adottato, ed essendosi prolungata la guerra tredici anni,
quando finalmente la pace rendette la libertà a quel misero avanzo
di prigionieri, trovaronsi per le riportate ferite, per malattie, per l'età
ridotti a così ristretto numero che, di undici mila, ne tornarono a Pisa
appena mille.
Se la condotta de' Genovesi fu poco generosa, quella de' Guelfi
toscani lo fu ancora meno. Pisa era la sola città ghibellina della
provincia; onde essi determinarono di approfittare della presente
sventura per distruggerla colla sua fazione. Fecero perciò proporre ai
Genovesi di collegarsi con loro, promettendo di assediare Pisa per
terra, mentre i Genovesi la chiuderebbero dalla banda dei mare,
obbligandosi di non accordarle la pace a veruna condizione, ma di
atterrarne le mura e disperderne i cittadini nelle vicine terre.
Fiorenza, Lucca, Siena, Pistoja, Prato, Volterra, San Gemignano e