Il bilancio 15th Edition Robert N. Anthony

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Il bilancio 15th Edition Robert N. Anthony
Il bilancio 15th Edition Robert N. Anthony
Il bilancio 15th Edition Robert N. Anthony


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A
- Q
II bilancio
| > la <
XV edizione

Robert N. Anthony
David F. Hawkins
Diego M. Mactrì
Kenneth A. Merchant
Îl bilancio
Analisi economiche per le decisioni
e la comunicazione della performance
Quindicesima edizione

Titolo originale: Accounting: Text and Cases, Thirteenth Edition
Copyright © 2011 McGraw-Hill Education
Copyright © 2021, 2016, 2012, 2010 McGraw-Hill Education (Italy) S.r.l.
Via Ripamonti, 89 - 20141 Milano
H Tel. 02535718.1 - www.mheducation.it
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Portfolio Manager: Daniele Bonanno
Realizzazione editoriale: Fotocompos, Gussago (BS)
Grafica di copertina: FeelItalia, Milano
Immagine di copertina: ©timquo/Shutterstock
ISBN 9788838699665

Indice breve
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
La natura e lo scopo
della contabilità
| principi contabili di base:
lo stato patrimoniale
La formazione del reddito nel conto
economico e i collegati principi di base
Il conto economico
e le sue classificazioni
| sistemi contabili e le modalità
di contabilizzazione
| ricavi e le attività monetarie
Le rimanenze e il costo del venduto
Le immobilizzazioni non monetarie
e l’ammortamento
Le passività e il capitale netto
Capitolo 10 |ll rendiconto dei flussi di cassa
Capitolo 11 L’analisi di bilancio
Capitolo 12 |l bilancio civilistico
29
59
81
103
129
151
181
213
239
277
307

Indice
Autori XIII
Prefazione XxXV
Ringraziamenti dell’Editore XXI
Guida alla lettura XXIII
Capitolo 1
La natura e lo scopo della contabilità 1
1.1 H La necessità di informazioni 1
1.1.1 H Le informazioni monetarie operative 3
1.1.2 B Le informazioni di bilancio 4
1.1.3 H Le informazioni per il management 4
1.1.4 H Le informazioni fiscali 4
1.1.5 BH La definizione di contabilità 5
1.2 H L’approccio del libro 5
1.2.1 B Pregiudizi sulla contabilità 5
1.3 H Il quadro concettuale che regola la contabilità
e il bilancio 6
1.3.1 BH La contabilità come linguaggio 7
1.3.2 H La natura dei principi 7
1.3.3 H Tre criteri generali per la formulazione dei principi contabili 7
1.4 MI rendiconti economico-finanziari 9
1.4.1 H Lo stato patrimoniale 10
1.4.2 B Il principio del duplice aspetto 11
1.4.3 H Un “pacchetto” di rendiconti economico-finanziari 14
1.4.4 MH Lo scopo dei rendiconti economico-finanziari del bilancio 15
1.5 H Il quadro normativo internazionale 15
1.5.1 BH Il quadro normativo in Italia 17
1.5.2 H Quale Bilancio? 21
Riepilogo 24
Problemi 25
Capitolo 2
| principi contabili di base: lo stato patrimoniale 29
2.1 MI principi contabili di base 29
2.1.1 B l principio di omogeneità 30
2.1.2 BM I| principio dell’entità 31
2.1.3 B Îl principio di continuità di funzionamento 33
2.1.4 H l principio del costo 34

Indice
2.1.5 H l principio del duplice aspetto
2.2 M Lo stato patrimoniale
2.2.1 H Uno sguardo d’insieme
2.2.2 M Le categorie delle voci dello stato patrimoniale
2.2.3 M Le attività
2.2.4 M Le passività
2.2.5 M l capitale netto
2.3 H Gli indici
2.3.1 M L’indice di liquidità
2.4 H I cambiamenti dello stato patrimoniale
2.4.1 M Versamento del capitale iniziale
2.4.2 M Prestito bancario
2.4.3 BH Acquisto di merce
2.4.4 M Vendita di merce
Riepilogo
Problemi
Capitolo 3
La formazione del reddito nel conto economico
e i collegati principi di base
3.1 H La natura del reddito
3.2 HI principi di base
3.2.1 BM l principio della periodicità della misurazione
3.2.2 B l principio di prudenza
3.2.3 H l principio di realizzazione dei ricavi
3.2.4 B l principio di competenza: la correlazione diretta fra
costi e ricavi
3.3 H Il riconoscimento dei costi di competenza
3.3.1 H Terminologia
3.3.2 H Itre criteri per riconoscere i costi di competenza
del periodo
3.3.3 H Costi di competenza e spese
3.3.4 B Dividendi
3.3.5 H Una sintesi per misurare i costi di competenza
3.4 HAltri proventi e oneri
3.4.1 BM Il principio della continuità dei criteri di valutazione
3.4.2 M I| principio di significatività e rilevanza
Riepilogo
Problemi
Capitolo 4
lIl conto economico e le sue classificazioni
4.1 H Il conto economico a costo del venduto
4.1.1 M [|ricavi
4.1.2 B Îl costo del venduto
59
59
60
60
64
67
68
68
68
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77
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81
81
82
83

VI = Indice
4.1.3 M [risultati intermedi di reddito
4.1.4 H Il prospetto delle variazioni delle riserve di utili
4.1.5 H La relazione tra stato patrimoniale e conto economico
4.1.6 H Le percentuali del conto economico
4.2 H Il conto economico a margine di contribuzione
4.2.1 BH Costi variabili e costi fissi
4.2.2 H Un confronto con il conto economico a costo del venduto
4.3 H Il conto economico a valore aggiunto
4.4 H Altri concetti di reddito
4.4.1 H Contabilità per competenza versus contabilità finanziaria
4.5 H Il calcolo delle imposte dirette
4.5.1 BH Le imposte dirette sul reddito
Riepilogo
Problemi
Capitolo 5
| sistemi contabili e le modalità di contabilizzazione
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
H Alcuni concetti di base sulle modalità
di contabilizzazione
5.1.1 H l conto
5.1.2 M | conti permanenti e i conti temporanei
5.1.3 H Îl mastro
5.1.4 H Il piano dei conti
5.1.5 H Dare e avere
H Il processo contabile
H L’analisi delle transazioni
5.3.1 H Esempio: Oggetti per musei Srl
5.3.2 BM Îl saldo dei conti
5.3.3 H l bilancio di verifica
H Le operazioni di assestamento e di chiusura
5.4.1 M Le operazioni di assestamento
5.4.2 H Le scritture di chiusura
5.4.3 H La preparazione dei rendiconti del bilancio
5.4.4 H l giornale
H I sistemi contabili
H La contabilità informatizzata
Riepilogo
Problemi
Capitolo 6
| ricavi e le attività monetarie
6.1 H Quando riconoscere i ricavi
6.1.1 M | criteri fondamentali per il riconoscimento del ricavo
129
130

Indice m VII
6.1.2 M La regola della consegna
6.1.3 M La regola della percentuale di completamento
6.1.4 M La regola della rata
6.2 MH Quale ammontare dei ricavi riconoscere
6.2.1
6.2.2
6.2.3
6.2.4
6.2.5
6.2.6
I crediti inesigibili
Gli sconti
I resi e gli abbuoni
Storno diretto dei ricavi versus registrazione di un costo
I costi di garanzia e i collegati fondi
I ricavi per interessi attivi
6.3 H Le attività monetarie
6.3.1 M Le differenze nella registrazione delle attività monetarie
6.3.2
6.3.3
6.3.4
6.3.5
6.3.6
Riepilogo
Problemi
Capitolo 7
e non monetarie
L’analisi delle attività monetarie
L’indice di liquidità
L’indice di liquidità ristretto o acid test
I giorni di liquidità disponibili per il pagamento
dei costi
Il tempo medio d’incasso dei crediti commerciali
Le rimanenze e il costo del venduto
7.1 MI tipi “puri” di impresa
7.2 MH Le imprese commerciali
7.2.1
7.2.2
7.2.3
7.2.4
7.2.5
Il costo di acquisto
Il problema principale della misurazione
Il metodo dell’inventario periodico
Il metodo dell’inventario perpetuo
Il confronto fra l’inventario periodico e l’inventario
perpetuo
7.3 MH Le imprese di produzione
7.3.1
7.3.2
7.3.3
7.3.4
7.3.5
7.3.6
I conti di rimanenze di umn’impresa di produzione
Le materie prime utilizzate nel periodo
Il costo dei beni prodotti
Il costo dei beni venduti
I sistemi di determinazione del costo dei prodotti
I costi di prodotto e i costi di periodo
7.4 H Le imprese di servizio
7.5 HI metodi di valorizzazione delle rimanenze
7.5.1
7.5.2
7.5.3
7.5.4
7.5.5
Il metodo dell’identificazione specifica
Il metodo del costo medio
Il metodo first-in first-out
Il metodo last-in first-out
Il confronto fra i metodi
131
132
©
134
134
©
©
137
138
139
141
141
142
142
143
143
144
145
145

VIII = Indice
7.6
7.7
Appendice A H Sistema duplice contabile e sistema patrimoniale
H Il più basso fra costo e valore di mercato
H L’analisi delle rimanenze
7.7.1 BM Îl margine lordo percentuale
7.7.2 M La rotazione delle rimanenze
7.73 M l livello delle rimanenze espresso in giorni del costo
del venduto
Riepilogo
Problemi
Capitolo 8
Le immobilizzazioni non monetarie e l’ammortamento
8.1
8.2
8.3
8.4
8.5
8.6
8.7
8.8
H La natura delle immobilizzazioni
8.1.1 M 1I diversi tipi di immobilizzazioni
H L’acquisizione delle immobilizzazioni materiali
8.2.1 H La distinzione tra attività e costi di competenza
8.2.2 H Gli elementi da includere nel costo
dell’immobilizzazione
8.2.3 H Gli acquisti non registrati al costo
8.2.4 H Gli acquisti in blocco
H L’ammortamento delle immobilizzazioni materiali
8.3.1 H Gli elementi necessari per il calcolo
dell’ammortamento
8.3.2 H La vita utile
83.3.3 H I metodi di determinazione delle quote
di ammortamento
8.3.4 H La scelta del metodo di ammortamento
H La contabilizzazione dell’ammortamento
8.4.1 H Îl cambiamento del coefficiente di ammortamento
8.4.2 BH Le attività completamente ammortizzate
8.4.3 M Îl dimezzamento dell’ammortamento
H La dismissione delle immobilizzazioni materiali
8.5.1 M La distinzione tra fatti ordinari e straordinari
è soggettiva
H Le permute
H Le svalutazioni e i ripristini di valore
8.7.1 M Le svalutazioni
8.7.2 M [ ripristini di valore
H Il fair value e le rivalutazioni
8.8.1 H Il modello del fair value
8.8.2 H Gli aspetti contabili di applicazione del principio
del fair value
8.8.3 H Cosa c'è dietro il principio del fair value

Indice
8.9 MH Il significato di ammortamento
8.10 H L’ammortamento ai fini fiscali per la determinazione
del reddito imponibile
8.10.1H L’ammortamento ordinario per la determinazione
del reddito imponibile
8.10.28 L’ammortamento ridotto per la determinazione
del reddito imponibile
83.10.3H L’ammortamento integrale per la determinazione
del reddito imponibile
8.11 H Le risorse naturali
8.12 H Le immobilizzazioni immateriali
8.12.1H Le immobilizzazioni immateriali con vita utile finita
8.12.2mH Le immobilizzazioni immateriali con vita utile
indeterminata
8.12.3H Altre immobilizzazioni immateriali
8.12.4 BH L’analisi delle immobilizzazioni non monetarie
Riepilogo
Problemi
Capitolo 9
Le passività e il capitale netto
9.1 H La natura delle passività
9.1.1 BM Le passività di ammontare non certo
9.1.2 H Gli obblighi che non sono passività
9.2 H Le fonti di finanziamento
9.2.1 H Le passività correnti
9.2.2 B | debiti di finanziamento a lungo termine
9.2.3 B l leasing
9.2.4 BM Il capitale netto
9.2.5 H Le riserve di utili
9.2.6 B | dividendi
9.3 H L’analisi della struttura del capitale
9.3.1 H Gli indici di indebitamento
9.4 H L’utile per azione
9.4.1 BM l rating
Riepilogo
Problemi
Capitolo 10
ll rendiconto dei flussi di cassa
10.1 H Lo scopo del rendiconto dei flussi di cassa
10.1.18 Le fonti e gli impieghi della liquidità
10.2 H Il rendiconto dei flussi di cassa

X u Indice
10.2.1 H _ Le categorie del rendiconto finanziario
10.2.2mH Le transazioni d’investimento
10.2.3 H Le transazioni finanziarie
10.2.4 B Le transazioni non monetarie
10.2.5 B Il flusso di cassa della gestione corrente
10.2.6 H 1 calcoli del flusso di cassa della gestione corrente
con il metodo indiretto
10.2.7 l Una sintesi del rendiconto finanziario
10.3 H Idee sbagliate sull’ammortamento
10.3.1B Îl reddito finanziario
10.4 H La preparazione del rendiconto finanziario
10.4.1 B Il processo di scomposizione
10.4.28 Come automatizzare il rendiconto finanziario
10.5 H L’analisi del rendiconto dei flussi di cassa
Riepilogo
Problemi
10.5.1 H Indici collegati al rendiconto dei flussi di cassa
10.5.2m Le previsioni del flusso di cassa
Capitolo 11
L’analisi di bilancio
11.1 H Gli obiettivi dell’impresa
11.2
11.3
11.4
11.5
11.6
11.7
11.8
11.1.18 La redditività dell’investimento
11.1.2mH Una posizione finanziaria sicura
11.1.3mH La struttura dell’analisi
H La performance globale
11.2.1 M La redditività dell’investimento
11.2.2mH Rotazione dell’investimento e margine percentuale
di profitto
11.2.3mH L’indicatore prezzo/utili
H Gli indici di profittabilità
11.3.1B l risultato netto
H Gli indici di efficienza nell’utilizzo degli investimenti
11.4.1 H La rotazione degli investimenti
11.4.2mM La rotazione delle immobilizzazioni materiali
11.4.3 H Gli indici del capitale circolante
H Gli indici finanziari
11.5.1 B La liquidità e la solvibilità
H La politica dei dividendi
H Gli indici che misurano la crescita
H Effettuare i confronti
11.38.1m Le difficoltà
11.8.2 M Le possibili basi del confronto
11.3.3mH L’utilizzo dei confronti
242
244
246
247
247
249
255
256
257
257
258
263
268
269
270
271
272
277
277
278
279
279
280
280
287
288
289
290
290
291
291
292
293
293
294
294
297
297
299
300

Indice e XI
Riepilogo 301
Problemi 302
Capitolo 12
Il bilancio civilistico 307
12.1 H Il bilancio civilistico 307
12.2 H Lo stato patrimoniale civilistico 308
12.3 H I principali vincoli imposti dal legislatore alla struttura
dello stato patrimoniale 308
12.4 H La classificazione dello stato patrimoniale civilistico 310
12.5 H Il conto economico civilistico 311
12.6 H I principali vincoli imposti dal legislatore alla struttura
del conto economico 313
12.7 H La classificazione del conto economico civilistico 313
Riepilogo 316
Problemi 316
Indice analitico
319

Autori
Robert N. Anthony ha insegnato alla Harvard Business School.
David F. Hawkins insegna presso la Graduate School of Business Administration
della Harvard University.
Diego Maria Macrì è professore ordinario di Ingegneria economico-gestionale. Ha
svolto attività didattica e di ricerca sulla progettazione dei sistemi di controllo ma-
nageriali e ha pubblicato su questi temi libri e numerosi articoli su riviste nazionali
e internazionali. È attualmente presidente di Epoca Srl, una società di consulenza nata
come spin-off universitario che supporta le imprese nei processi di innovazione.
Kenneth A. Merchant detiene la cattedra di Accounting presso la University of
Southern California.

Prefazione
Gran parte del mondo occidentale come oggi lo conosciamo, con le sue radici nel
liberalismo economico, con i meriti e i demeriti della globalizzazione, con l’acuirsi
delle distanze che essa ha generato, ma anche con la crescita del reddito pro capite
e l’allungarsi delle aspettative di vita che in molte aree del mondo ha prodotto, è
costruita su pochi pilastri: la presenza di istituzioni democratiche ed eque; la capacità
di far convivere gli interessi delle singole nazioni con quelli di unioni più ampie di
popoli; la libertà d’iniziativa dei singoli e delle imprese. Su questa libertà di intra-
prendere si fonda il capitalismo e le inevitabili sistematiche conseguenze che l’ac-
compagnano: crisi distruttive (rivoluzioni industriali) che esso stesso genera, seguite
da innovazioni riparatorie che l’intelligenza, la ricerca scientifica, l’ambizione e anche
la bramosia di guadagno producono come antidoto, come superamento continuo dei
problemi, come rilancio. Ondate di entusiasmo e di euforia economica si alternano
così a recessioni anche profonde, come quella recente del 2008 e la crisi ancora più
drammatica che stiamo vivendo con la pandemia. Questa successione di fasi carat-
terizzate da grande incertezza durante le quali il capitale si avvicina allo stato e
chiede sussidio, seguite da periodi di impeto all’azione con gli imprenditori che ri-
vendicano spavaldamente maggiore autonomia, ha disegnato la storia recente di buo-
na parte del mondo occidentale. Almeno sinora così è successo.
Comunque sia, il capitalismo non potrebbe esistere se le imprese e le organiz-
zazioni non pubblicassero documenti veritieri sulla loro performance, se non fossero
cioè in grado di comunicare cosa fanno e, soprattutto, quali sono i risultati economici
che ottengono. Solo in questo modo flussi ingenti di denaro sono spinti a muoversi
e ad attraversare, oggi con grande facilità, i confini dei Paesi alla ricerca di nuove
opportunità. Solo in questo modo è possibile valutare tempestivamente le iniziative
destinate a concludersi e, al contrario, fare in modo che le imprese che lo meritano
possano far conoscere i risultati della loro capacità, invogliando il mercato a scom-
mettere sul loro futuro.
Le principali informazioni che rendono possibile un processo così vitale per la
nostra vita economica sono contenute nei bilanci delle imprese. Sono trascorsi più
di cinque secoli da quando il matematico Luca Pacioli elaborò le prime importanti
riflessioni sistematiche sulla contabilità, avviando lo sviluppo di una vera e propria
disciplina che quelle fondamenta ha conservato. Un grande numero di esperti, di
professionisti e di studiosi di economia di tutto il mondo perfezionano in modo si-
stematico da decine di anni il modello del bilancio e lo adattano a obiettivi mutevoli
e, in parte, anche contrastanti: da un lato quello di tutela dei creditori, dall’altro
quello meno conservativo di sviluppo del mercato. Da tempo, oramai, importanti
istituzioni come lo IASB e in Italia l’OIC, sono impegnate ad armonizzare i principi
e le regole per la redazione del bilancio affinché la maggior parte dei Paesi occidentali
possa farle proprie, la lingua possa diventare unica e le difficoltà di traduzione e in-
terpretazione possano attenuarsi, accelerando i tempi delle analisi e delle scelte eco-
nomiche dei player nazionali e internazionali.
Considerata l’enorme quantità di impegno che gli uomini hanno nel tempo pro-
fuso, il modello concettuale del bilancio colpisce per la sua coerenza interna e per
le logiche di ragionamento che lo sostengono. Selezionate e affinate nel tempo, queste
riflessioni sono diventate principi, regole e, anche, indicazioni generali su come os-

XVI u Prefazione
servare e giudicare la vita economica delle organizzazioni. Non si tratta di leggi na-
turali, immutabili. Il modello del bilancio è un corpo complesso che evolve e si
adatta, perché sono gli uomini che lo formano in funzione dei loro bisogni.
Chi non conosce questo modello può pensare che parlare di bilancio significhi
illustrare la tenuta dei libri contabili, come si effettuano le registrazioni in dare e
avere, come si compiono le scritture a giornale, come si chiudono i conti. Operazioni
in parte ripetitive, quasi meccaniche. Ma equivarrebbe a confondere le capacità ne-
cessarie a utilizzare la funzione di uno smartphone, come per esempio il calendario
o la rubrica telefonica, con le capacità necessarie a progettarlo e costruirlo. Come ha
scritto Alessandro Baricco nel suo libro The Game, le funzionalità che il mondo
digitale ci offre, così come le sperimentiamo, sono la piccola punta di un enorme
iceberg sommerso che non vediamo.
Questo testo non parla della punta dell’iceberg. Parla invece, sia pure in termini
introduttivi, del grande corpo “invisibile” che ogni scrittura contabile, ogni transa-
zione sottintende: parla delle idee coerenti e sistemiche sulle quali si fonda il modello
del bilancio. Un modello che, almeno per me - ingegnere che con sospetto e solo
per necessità di insegnamento si avvicinava molti anni fa al bilancio - niente altro
significava, allora, che appropriarsi di una conoscenza tecnica. Mi sono ricreduto, ed
è stata ur’inaspettata sorpresa. Mi auguro che qualcosa di analogo possa accadere a
chi avrà modo di leggere questo libro.
Il testo trova il suo riferimento iniziale in Accounting: Text & Cases, di Robert
Anthony, David Hawkins e Kenneth Merchant, un libro che si articola in due parti.
La prima riguarda i sistemi contabili e il bilancio, l’argomento qui illustrato. La se-
conda, invece, affronta i problemi del controllo di gestione. Si tratta di temi in suc-
cessione che, nell’insieme, formano gli studenti ai concetti che riguardano la dimen-
sione economica dei problemi organizzativi, gestionali e di investimento.
La seconda sezione del testo Accounting: Text & Cases costituisce il riferimento
di Sistemi di controllo: analisi economiche per le decisioni e la valutazione della performance,
un libro che ha riscosso notevole successo e anch’esso giunto, in parallelo a quello
qui presentato, alla sua quindicesima edizione.
Poiché, come detto, la preparazione degli studenti ai temi dell’economia azien-
dale e del controllo di gestione prevede un percorso in due fasi (prima la conoscenza
del bilancio e dei sistemi contabili, che costituiscono una sorta di linguaggio del ma-
nagement, poi lo studio dei temi riguardanti l’uso delle informazioni quantitative
nelle decisioni e nella valutazione della performance), utilizzare all’interno di un me-
desimo corso di laurea due libri con genesi unitaria garantisce che l’apprendimento
abbia a riferimento un’impostazione organica di condivisione non solo della stessa
terminologia, ma anche dei medesimi principi e schemi concettuali. Garantisce, in
definitiva, un percorso di studio coerente che ritengo particolarmente efficace.
A partire dalla loro versione originaria, i due testi italiani hanno subito nel tempo
cambiamenti e integrazioni importanti per essere adattati alle specificità italiane, alle
idee di chi scrive e, con riferimento al testo sul bilancio, al continuo dinamismo
della prassi contabile e dei principi internazionali. Quest’ultima edizione de Il bilancio
presenta numerosi cambiamenti che hanno attualizzato taluni temi, sviluppato nuovi
argomenti e conformato i contenuti del testo a molte delle richieste dei colleghi
che lo adottano nei loro corsi di studio.
Il volume si rivolge agli studenti dei corsi di laurea in Ingegneria Gestionale ed
Economia, agli studenti dei master e, in generale, a coloro che affrontano corsi in-
troduttivi ai temi del bilancio e propedeutici al controllo della gestione. Il libro
illustra con rigore, ma senza eccedere nelle specificità professionali tipiche dei ma-
nuali, il modello del bilancio, il sistema delle rilevazioni contabili e i principi che
ne sono alla base, spiegando dunque come leggere un bilancio e quali informazioni

Prefazione m XVII
sia possibile da esso desumere e quali no. Infine, la prospettiva adottata è gestionale,
si rivolge cioè prevalentemente agli utilizzatori del bilancio piuttosto che a coloro
che devono prepararlo. Lo fa con un approccio che si basa su approfondimenti suc-
cessivi, sulla presenza di numerosi esempi, su una ricca sezione di esercizi e casi.
Cambiamenti nella quindicesima edizione
La quindicesima edizione è cambiata in modo significativo rispetto alla precedente.
Sono di seguito menzionati, per differenza rispetto alla precedente, i principali tra
questi cambiamenti. Îl tratto che li accomuna è stato il sistematico confronto delle
norme e della prassi contabile italiana - che riguarda la maggior parte delle società
di capitali - con i principi internazionali che guidano la redazione dei bilanci delle
società quotate in borsa, certamente una piccola parte di quelle totali (circa um’im-
presa su diecimila), ma una quota importante.
Non potendo essere presentati due corpi giuridici e normativi diversi, si è nel
testo focalizzato il bilancio di società di capitali non quotate in borsa. Ciononostante,
in relazione a molte voci dello stato patrimoniale e del conto economico (per esempio,
fra le prime, le immobilizzazioni materiali, l’avviamento, i fondi per oneri e rischi, le
azioni proprie; fra le seconde, i costi di ricerca e sviluppo, i costi e i proventi stra-
ordinari e ’ammortamento) il testo illustra, accogliendo così la richiesta di molti col-
leghi, il “doppio binario”: descrive cioè le regole e le norme dell’una e dell’altra ca-
tegoria di società.
I cambiamenti non riguardano però solo questo aspetto. L’intero volume è stato
in buona parte revisionato e molti esempi sono stati aggiornati in base alle più recenti
informazioni del mercato finanziario. Box di approfondimento o di riflessione sui pro-
blemi più controversi sono inoltre stati inseriti in quasi tutti i capitoli. Considerata
poi la specificità della terminologia, si è ritenuto opportuno sviluppare un indice
analitico. Infine, sempre accettando i suggerimenti di alcuni colleghi, la sezione Pro-
blemi di ciascun capitolo contiene ora uno o due casi più impegnativi.
Passando ora a una descrizione più analitica dei cambiamenti di questa quin-
dicesima edizione, essi sono i seguenti. Nel Capitolo 1 è stata riscritta la parte ri-
guardante il quadro di riferimento normativo nazionale e internazionale. Poiché ogni
Paese adotta ancora in buona parte regole e principi propri per la redazione dei bi-
lanci, e poiché i bilanci cambiano a seconda della natura giuridica dell’impresa, della
sua dimensione, del tipo di attività svolta e della fase “di funzionamento” in cui si
trova, districarsi all’interno del quadro normativo nazionale e internazionale significa
entrare in una sorta di torre di Babele, un territorio dai diversi linguaggi all’interno
del quale non è facile muoversi. Ho ritenuto pertanto opportuno sistematizzare
questo importante aspetto di cornice. In tal modo, è stato anche possibile definire
senza ambiguità qual è il focus principale del testo: qual è il bilancio di cui tratta.
Nel Capitolo 2 è stato illustrato in modo diverso il principio del costo e come esso
focalizzi un aspetto della performance in parziale contrasto con quello che il con-
cetto di fair value persegue. Sono anche state anticipate, rispetto a quanto appro-
fondito nel Capitolo 8, le principali eccezioni all’applicazione del principio del costo
per le società di capitali non quotate in borsa. Nel Capitolo 4 si è illustrato il
concetto dei costi per destinazione (specie quelli di Ricerca & Sviluppo) e si è ap-
profondito il significato dei componenti straordinari di reddito e i motivi per i quali
il legislatore abbia negato la possibilità di poterli rilevare nel bilancio esterno, ferma
restando ovviamente la possibilità di mantenere viva la distinzione nei bilanci in-
terni, riclassificati a uso degli analisti finanziari o del management. Si è inoltre in-
trodotto il significato di EBITDA e spiegato perché sia un indicatore più utile nella
comparazione della performance di imprese diverse, piuttosto che per valutare il

XVIII = Prefazione
risultato operativo di singole imprese. Anche il paragrafo su IRAP e IRES è stato ri-
scritto per tenere conto degli aggiornamenti fiscali di questi ultimi anni. Il lungo
esempio che accompagna l’intero Capitolo 5 è stato reso più attuale. Nel Capitolo 6
è stato sottolineato e approfondito un concetto importante, cioè che l’aspetto fiscale
che vincola ’ammontare massimo di molti costi - come per esempio tutti quelli di
svalutazione, ma anche le spese di manutenzione, i costi di garanzia prodotti e gli
stessi ammortamenti - non debba e non possa condizionare la determinazione del
reddito civilistico. Il Capitolo 7, uno dei più complicati dal punto di vista tecnico
assieme al Capitolo 11, è stato in buona parte riscritto per rendere più chiara la
differenza fra i costi di prodotto e i costi di periodo, e chiarire meglio i vantaggi/svan-
taggi dell’utilizzare il LIFO anziché il FIFO. Anche il concetto di margine lordo è
stato sottoposto a critica per poterne comprendere l’importanza ma anche i limiti,
specie quando utilizzato (come spesso purtroppo accade) come misura per definire
l’allocazione degli investimenti in innovazione. Nel Capitolo 8 è stato aggiornato il
complicato argomento riguardante la valutazione delle immobilizzazioni materiali,
in particolare le svalutazioni e rivalutazioni delle immobilizzazioni delle società di
capitali non quotate in borsa, e le differenze che esistono fra la prassi contabile ita-
liana per le società non quotate in borsa e l’applicazione del fair value per quelle
quotate. Il Capitolo 9 sottolinea come le società quotate in borsa debbano utilizzare
criteri più severi nella quantificazione dei fondi per rischi e oneri, trattandosi di
stime altamente soggettive che si prestano alla realizzazione di politiche di bilancio;
approfondisce anche il tema del riacquisto di azioni proprie. Il Capitolo 10 è stato
in buona parte riscritto. Il rendiconto finanziario, infatti, è un documento che molti
sanno preparare, ma la descrizione formale di come tutto questo debba essere fatto
non è semplice. Non è neppure semplice capire se il documento sia stato costruito
più o meno bene giacché, comunque sia, la somma dei valori deve quadrare con la
variazione della cassa e, a partire dalle semplici differenze fra due stati patrimoniali
consecutivi, già si dispone dei dati per costruire un rendiconto finanziario, sia pure
molto basico. Sapere, però, se siano state compiute o no tutte le rettifiche rilevanti
e, soprattutto, sapere come individuarle e quantificarle è altra cosa. Nella precedente
edizione Vl’illustrazione della procedura formale era contabilmente molto rigorosa
ma, proprio per questo, forse troppo complicata. In occasione della nuova edizione
ho pensato di semplificarla e presentare un metodo che personalmente utilizzo da
molti anni. La nuova procedura, implementabile su un foglio Excel, si presta a una
completa automazione garantendo, al tempo stesso, che tutti gli effetti delle retti-
fiche siano visibili e bilanciati. Il Capitolo 11, che tratta dell’analisi del bilancio è,
come detto, certamente uno fra i più impegnativi. Ho chiarito con nuovi esempi il
significato di alcuni indici, ho inserito la scomposizione del ROA oltre che del ROE,
e fatto riferimento, per alcuni esempi, ai valori del mercato finanziario. Infine, il Ca-
pitolo 12, presente sul web nella precedente edizione, non ha subito variazioni di
rilievo, ma è stato nuovamente inserito nel testo. L’indice analitico, come detto, si
aggiunge a questa quindicesima edizione.
| casi
I casi non suggeriscono necessariamente il modo corretto o sbagliato di affrontare i
problemi. In altri termini, essi non intendono sostituirsi all’esperienza o simulare
tutta la complessità delle situazioni reali. Riflettere sui problemi sollevati da un caso
e discuterli implica, però, che gli studenti analizzino i temi emersi, soppesino i diversi
elementi coinvolti, svolgano dei calcoli, assumano una posizione, la difendano e siano,
al tempo stesso, in grado di comprendere e apprezzare la prospettiva dei colleghi,
selezionando le argomentazioni più convincenti. Tutte queste attività integrative so-

Prefazione ® XIX
no necessarie per una comprensione soddisfacente della teoria e per affrontare i pro-
blemi concreti. Le Teaching notes presenti sul sito web e a uso dei colleghi presen-
tano una possibile discussione dei singoli casi.
Ringraziamenti
I suggerimenti dei colleghi che adottano il testo in molte sedi universitarie italiane
sono stati preziosi e in gran parte accolti. Ringrazio anche lo staff della McGraw-Hill,
in particolare Marta Colnago, Chiara Daelli, Beatrice Scolari e Daniele Bonanno per
l’impegno e i suggerimenti che hanno accompagnato la revisione del libro. Ringrazio
poi, ma non potrei farlo nominalmente perché sarebbe troppo lungo, tutti gli autori
di buoni ed eccellenti testi sul bilancio, non solo italiani, che ho avuto modo di leggere
o consultare in questi anni.
Non posso comunque esimermi, come accade in occasione di ogni nuova edi-
zione, dal fare un’eccezione. Un sentito riconoscimento rivolgo infatti immancabil-
mente alla memoria di Robert Anthony, già professore emerito della Harvard Business
School, per la sua leadership intellettuale. Il trascorrere del tempo non attenua la
mia gratitudine. Le sue idee, il suo modo di esprimerle in progressione cioè per ap-
profondimenti successivi, la sua capacità - a dire il vero rara - di non utilizzare mai
concetti in precedenza non illustrati, la sua abilità di iniziare da uno sguardo d’insieme
per poi entrare in profondità, la sua chiarezza espositiva, mi colpirono profondamente
quando lessi i suoi primi testi. Fu allora che capii che il bilancio non era una questione
di tecnica, ma un modello concettuale tanto complesso e sfidante, quanto affasci-
nante. Mi auguro che il suo insegnamento sia rimasto intatto in queste pagine.
Diego Maria Macri
diegomaria.macri(@gmail.com

Ringraziamenti dell’Editore
L’Editore ringrazia i docenti che hanno partecipato alla review e che, con le loro
preziose indicazioni, hanno contribuito alla realizzazione della quindicesima edizione
de Il bilancio:
Lorenzo Abbate, Università degli Studi di Palermo
Natalia Aversano, Università degli Studi della Basilicata
Enrico Marone, Università degli Studi di Firenze
Gianluca Masia, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Guido Nassimbeni, Università degli Studi di Udine
Luisa Pellegrini, Università di Pisa

Guida alla lettura
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Sul sito www.mbheducation.it sono
disponibili le soluzioni ai Problemi
contenuti nel volume, un ampio ventaglio di
Casi aziendali, che mostrano i risvolti
pratici della disciplina in situazioni reali e
attuali, e i Paragrafi contrassegnati nel testo
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Capitolo
La natura e lo scopo
della contabilità
Gran parte dell’attività umana è svolta attraverso organizzazioni, gruppi di persone
che stabiliscono di cooperare stabilmente per conseguire obiettivi comuni e indivi-
duali. Nello svolgere queste attività le organizzazioni utilizzano una molteplicità di
risorse diverse che devono essere finanziate e che devono remunerare adeguatamente
i soggetti finanziatori.
Per operare efficacemente le organizzazioni hanno pertanto bisogno di conoscere
quante risorse stanno impiegando nelle diverse attività e se il loro utilizzo è econo-
mico. Informazioni analoghe sono necessarie ad attori esterni per esprimere un giu-
dizio sulle organizzazioni e legittimarle (acquistando i loro prodotti o fornendo loro
beni e servizi o finanziandole o investendo a titolo di rischio). La contabilità è un
sistema che fornisce questo tipo d’informazioni.
In termini molto generali le organizzazioni possono essere classificate in orga-
nizzazioni con scopo di lucro (imprese) e organizzazioni senza scopo di lucro
(organizzazioni no profit). Così come questi termini suggeriscono, scopo princi-
pale delle organizzazioni del primo tipo è conseguire un profitto soddisfacente, men-
tre le organizzazioni no profit hanno altre finalità, come governare, fornire servizi
sociali, sicurezza, sanità, istruzione!. La contabilità è simile in entrambi i tipi di or-
ganizzazione sebbene diversa possa essere la struttura dei documenti e, in parte, an-
che i contenuti e i criteri di misurazione utilizzati. Nel testo si farà riferimento in
particolar modo al bilancio delle imprese.
1.1 n La necessità di informazioni
In assenza di informazioni, la gestione di un’organizzazione non sarebbe ovviamente
concepibile: equivarrebbe a guidare un’autovettura bendati. Tutti i fatti importanti
che riguardano la vita di un’impresa dovrebbero essere rilevati, misurati e rappre-
sentati, anche se non è evidentemente possibile collezionarli, misurarli soddisfacen-
! Nel testo si utilizzerà spesso il termine “impresa”, inteso come soggetto economico che pro-
duce beni (imprese manifatturiere) e servizi (imprese commerciali, d’intermediazione finan-
ziaria, di assicurazione, di trasporto, di assistenza medica ecc.). L’impresa è una particolare or-
ganizzazione la cui funzione caratteristica è una soddisfacente produzione di ricchezza per
chi ha in essa investito. Anche il termine “azienda” sarà spesso usato, da intendersi qui come
sinonimo di organizzazione di beni e capitale umano finalizzata a soddisfare bisogni. Come
avviene nel linguaggio comune, i termini organizzazione, impresa, azienda e società spesso sa-
ranno utilizzati nel testo come se fossero intercambiabili.

2 m Capitolo 1
temente e interpretarli tutti adeguatamente. Sempre più numerose, poi, sono le fonti
d’informazione delle imprese e questo pone nuovi importanti quesiti su come sele-
zionare quelle rilevanti. La cosiddetta “trasformazione digitale” ha infatti negli ultimi
anni moltiplicato la quantità dei dati disponibili.
Alcune fonti di informazione sono strutturate e formali, come per esempio: un
sistema di Customer Relationship Management o CRM che raccoglie e codifica tutte
le interazioni di un’azienda con i clienti potenziali ed esistenti; sensori appositamente
progettati che rilevano e trasmettono automaticamente le modalità e la frequenza
di utilizzo del prodotto da parte del cliente; la contabilità generale che rileva le
fatture emesse e ricevute o il pagamento degli stipendi. Altre informazioni sono in-
vece informali e non sono raccolte e archiviate nei database aziendali, non sono dun-
que strutturate. Le quotidiane interazioni che si sviluppano fra le persone all’interno
dell’organizzazione producono innumerevoli informazioni di questa natura. Allo stes-
so modo, anche le relazioni con l’esterno, con clienti, fornitori, banche, partner, isti-
tuzioni, possono essere importanti fonti di dati sebbene non sempre strutturati. Infine,
i dati presenti sul Web e gli Open Big Data costituiscono già da tempo una sconfinata
frontiera per la ricerca di nuove informazioni rilevanti.
Se esaminate nei dettagli, le informazioni necessarie al funzionamento delle or-
ganizzazioni sono pertanto molto diverse. A un livello di sintesi alto, i bisogni d’in-
formazione della maggior parte delle organizzazioni sono però simili, e possono dun-
que
essere classificati in poche categorie a seconda che si tratti di informazioni quan-
titative o non quantitative, una classificazione questa coerente con il sistema delle
rilevazioni del bilancio.
Per descrivere la necessità d’informazioni di un’organizzazione faremo qui riferi-
mento ad Alba Motori SpA, una concessionaria di automobili. Alba Motori SpA con-
segue i propri obiettivi economici: (1) vendendo automobili nuove e usate, (2) ven-
dendo pezzi di ricambio e accessori, (3) fornendo servizi di riparazione e manuten-
zione. È un’organizzazione costituita da 52 persone, guidata da Enrico Fonti, il pre-
sidente. L’impresa possiede un immobile che contiene l’autosalone, il punto vendita
dei ricambi, il magazzino ricambi, l’officina e gli uffici. È proprietaria di molte auto-
vetture nuove e usate pronte per essere vendurte, di un certo numero di PC, cellulari,
tablet e di una certa quantità di pezzi di ricambio, accessori e disponibilità liquide.
Tutti questi sono esempi di risorse necessarie all’impresa per svolgere la propria
attività. La Figura 1.1 mostra i diversi tipi di informazioni che potrebbero essere utili
alle persone interessate alla gestione di Alba Motori SpA. Queste informazioni sono
di natura quantitativa e non quantitativa.
Le informazioni quantitative sono esprimibili mediante numeri. Le informazioni
non quantitative sono invece quelle raccolte attraverso l’osservazione, le conversa-
zioni, gli articoli di giornale, internet, il Web, i libri, i programmi televisivi e così
via. I1 sistemi contabili trattano prevalentemente informazioni quantitative. Quelle
contabili, poi, sono uno specifico tipo d’informazioni quantitative perché espresse
per lo più in termini monetari. Pur essendo quantitativi, i dati sull’età dei dipendenti
e sulla loro anzianità professionale non sono di solito considerati informazioni con-
tabili. Tuttavia, il confine fra informazioni contabili e informazioni quantitative non
monetarie non è netto.
Un documento contabile delle vendite di Alba Motori SpA mostrerebbe, per
esempio, non soltanto il valore dei ricavi realizzati, ma anche il numero di automobili
vendurte di ciascun tipo, comunicando dunque anche un dato non monetario. Infor-
mazioni non monetarie, come si vedrà, sono incluse nella nota integrativa al bilancio,
perché consentono al lettore di comprenderlo meglio. Una domanda centrale è per-
tanto: quali sono le informazioni necessarie per (1) conoscere l’ammontare delle ri-
sorse investite da Alba Motori SpA in un certo momento, (2) delle fonti finanziarie

Figura 1.1
I diversi tipi
di informazione.
La natura e lo scopo della contabilità ® 3
Informazioni
Î
Consistono di
I |
Informazioni non quantitative Informazioni quantitative
T
Consistono di
|
' |
Informazioni monetarie Informazioni non monetarie
Consistono di
| I I |
Informazioni Informazioni Informazioni Informazioni
operative di bilancio per il management fiscali
ì PI a PI
che ne hanno consentito il possesso e (3) per esaminare la performance economica
che l’impresa ha conseguito in un certo periodo utilizzando le suddette risorse?
Queste informazioni possono essere classificate in quattro categorie: (1) informazioni
monetarie operative, (2) informazioni di bilancio, (3) informazioni per il management,
(4) informazioni per il pagamento delle imposte o informazioni fiscali. Ciascuna di
queste quattro categorie è riportata nella parte inferiore della Figura 1.1.
1.1.1 ® Le informazioni monetarie operative
Una grande quantità d’informazioni contabili di natura operativa è necessaria per
rendere possibile lo svolgimento delle attività ordinarie di un’organizzazione. Per
esempio, i dipendenti di Alba Motori devono ricevere mensilmente gli stipendi negli
esatti importi dovuti, ed è obbligatorio conservare registrazioni contabili relative a
ciascun dipendente che riportino gli importi maturati e quelli pagati, come pure
varie elaborazioni per il pagamento degli oneri fiscali e contributivi; i venditori de-
vono conoscere il costo e il prezzo di ciascuna automobile in vendita; quando si
vende un’autovettura è necessario procedere alla rilevazione del corrispondente ri-
cavo; le persone che lavorano al magazzino ricambi devono conoscere quali ricambi
e accessori sono disponibili e il loro prezzo di vendita. Se le rimanenze di un certo
ricambio si vanno esaurendo rapidamente, questo fatto deve essere noto a chi si oc-
cupa di acquisti perché possa emettere tempestivamente un ordine. Si deve poi co-
noscere il credito commerciale vantato nei confronti del singolo cliente e bisogna
sapere se un cliente è in ritardo con i pagamenti per poterlo sollecitare. L’impresa
deve anche sapere qual è il debito che ha nei confronti dei singoli creditori, quando
estinguere ciascun obbligo e quanto denaro è disponibile in banca.
Le informazioni monetarie operative rappresentano la maggior parte di tutte le in-
formazioni contabili. Come suggerito dalle frecce nella parte bassa della Figura 1.1, le
informazioni operative sono la principale fonte dei dati elementari necessari a redigere
il bilancio, fornire informazioni al management e pagare le imposte sul reddito.

4 = Capitolo 1
1.1.2 n Le informazioni di bilancio
Le informazioni di bilancio sono usate dal management e soprattutto da terze parti, cioè
soggetti economici esterni interessati alla vita dell’organizzazione: azionisti, banche, cre-
ditori, Ministero delle finanze, osservatori finanziari, dipendenti, fornitori e la stessa co-
munità al cui interno l’organizzazione opera. Il bilancio è costituito da una serie di do-
cumenti che informano su “come l’azienda sta andando”. Per esempio, gli azionisti di
Alba Motori, che hanno investito denaro nell’azienda, devono potere disporre di questo
tipo di informazioni. Se, infatti, decidessero di vendere le proprie azioni, dovrebbero es-
sere in grado di giudicare il valore della loro cessione. Informazioni simili servono, spe-
cularmente, ai potenziali acquirenti di azioni dell’impresa. Inoltre, se l’impresa intendesse
ottenere un prestito, allora la potenziale banca avrebbe bisogno d’informazioni sulla sol-
vibilità dell’impresa cioè sulla probabilità di ottenere il rimborso del prestito. Solo in
rari casì, però, gli attori esterni all’impresa hanno diritto all’accesso d’informazioni pre-
parate specificamente per loro. Nella maggior parte, i soggetti esterni devono limitarsi
alle informazioni del bilancio pubblico e a quelle che l’impresa ha deciso di fornire.
È importante precisare che qualora i soggetti esterni non conoscessero le regole
alla base della compilazione del bilancio di Alba Motori, allora essi non potrebbero
comprenderle e non ci si può neppure aspettare che le persone apprendano regole
diverse per bilanci di imprese diverse. Le regole che presiedono alla redazione del bi-
lancio pubblico o bilancio esterno non cambiano pertanto generalmente da un’im-
presa all’altra, salvo le importanti precisazioni svolte nel Paragrafo 1.5. Queste regole
generali che presiedono alla raccolta, misurazione e presentazione sintetica dei risultati
economico-finanziari sono l’oggetto di studio della contabilità e del bilancio.
1.1.3 ® Le informazioni per il management
Il presidente, il vicepresidente, i responsabili delle diverse aree e gli altri manager di
Alba Motori non hanno tempo per esaminare tutti i dettagli delle informazioni mo-
netarie operative. Si affidano, invece, a sintesi di queste informazioni (per lo più con
riferimento a specifiche aree o entità od “oggetti” di interesse), che utilizzano, unita-
mente ad altre informazioni, per svolgere il loro lavoro. Le informazioni contabili spe-
cificamente preparate per assistere il management e orientarlo verso il conseguimento
degli obiettivi dell’impresa sono dette informazioni di controllo di gestione. Que-
ste informazioni sono usate nell’ambito di tre tipiche funzioni del management, cioè
la programmazione, l’implementazione (o attuazione dei piani) e il controllo?.
1.1.4 n Le informazioni fiscali
Alba Motori SpA deve presentare la propria dichiarazione dei redditi. Le regole per
determinare il reddito civilistico, cioè quello del bilancio pubblico, sono diverse
da quelle per determinare il reddito sul quale sono pagate le imposte, cioè il reddito
imponibile. L’azienda deve pertanto disporre d’informazioni specifiche finalizzate
alla dichiarazione dei redditi, finalizzate cioè al calcolo del reddito imponibile.
Come specificato nel Paragrafo 4.5.1, in Italia il reddito imponibile è calcolato ap-
portando rettifiche (variazioni in più e in meno) al reddito civilistico. Il calcolo
? Per questi argomenti si rimanda ai testi che si occupano di controllo di gestione. Si veda,
per esempio, R. Anthony, D. Hawkins, D. Macrì, K. Merchant, Sistemi di controllo di gestione:
analisi economiche per le decisioni aziendali, McGraw-Hill, Milano, 2020 (quindicesima edizione),
che costituisce il complemento a questo testo sul bilancio.

La natura e lo scopo della contabilità m 5
delle imposte non influenza pertanto il modo in cui è redatto il bilancio pubblico,
vale anzi il contrario perché le imposte possono essere calcolate solo una volta che
il reddito civilistico sia stato determinato. Il testo non affronta i problemi fiscali
per i quali si rimanda al codice tributario.
1.1.5 n La definizione di contabilità
La contabilità può avere a riferimento tutte le attività descritte in precedenza e, in
tutte, l’enfasi è posta sull’uso delle informazioni per migliorare il processo decisionale.
Sia i manager dell’impresa sia attori esterni usano le informazioni contabili per assu-
mere decisioni che influiscono sull’organizzazione. La contabilità può essere definita
come il processo di rilevazione, misurazione, analisi, interpretazione e comunicazione d’in-
formazioni che consentano agli utilizzatori di sviluppare giudizi, valutazioni e decisioni con-
sapevoli riguardanti i loro rapporti diretti o indiretti con l’impresa. Il bilancio, un docu-
mento che riassume i dati della contabilità generale, ha quindi lo stesso obiettivo.
1.2 ® L’approccio del libro
La contabilità può essere affrontata da una delle seguenti prospettive: dal punto di
vista del contabile o dal punto di vista del destinatario delle informazioni contabili.
Il primo approccio pone l’enfasi su concetti e tecniche utilizzati nel processo di rac-
colta, misurazione, sintesi e comunicazione delle informazioni contabili; il secondo
pone l’enfasi su che cosa i destinatari delle informazioni contabili debbano sapere di
contabilità. Il testo focalizza in prevalenza questo secondo approccio. La differenza
è comunque una questione di enfasi. 1 contabili, infatti, specie con riferimento al bi-
lancio interno cioè quello rivolto al management, devono sapere come e da chi
saranno utilizzate le informazioni. Il loro compito è raccogliere, interpretare e ripor-
tare le informazioni in una forma che sia la più utile possibile ai fruitori dell’infor-
mazione stessa. Gli utilizzatori delle informazioni, da parte loro, devono sapere come
i contabili operano, altrimenti non comprenderebbero appieno il significato delle in-
formazioni ricevute e non potrebbero utilizzarle al meglio.
Per esempio, chi usa le informazioni contabili deve conoscere il significato di
una determinata voce, quali ne sono i limiti o le ambiguità e in quali circostanze
potrebbe assumere un significato diverso da quello che apparentemente sembra co-
municare. I fruitori delle informazioni contabili non devono però sapere progettare,
costruire o gestire un sistema contabile (per queste importanti funzioni ci si rivolge
ai contabili di professione), così come chi guida un’autovettura non deve essere in
grado di progettare un navigatore, ma sapere quali informazioni lo strumento produce
e qual è l’accuratezza delle informazioni che fornisce.
1.2.1 ® Pregiudizi sulla contabilità
I lettori di questo libro hanno già avuto a che fare, più o meno consapevolmente, con
molti tipi di informazioni contabili. Le ricevute delle carte di credito, gli estratti conto
bancari dell’home banking, le bollette, i bonifici, gli sms ricevuti a seguito di pagamenti
con l’app dello smartphone, fanno tutti parte di sistemi contabili. Nei quotidiani si
legge dei profitti (o delle perdite) di singole imprese o d’interi settori industriali, di
dividendi distribuiti e d’investimenti necessari per portare a compimento grandi opere
pubbliche. Anche queste informazioni provengono da sistemi contabili. Chi si accinge
a leggere un libro che affronti temi di contabilità già dispone, ancor prima d’iniziare,
di molti “indizi” e già ha sviluppato, probabilmente, alcune idee sulla contabilità.

6 m Capitolo 1
Il problema è che alcune di queste idee conducono a considerazioni e aspettative
sbagliate o fuorvianti. Per esempio, sembra intuitivamente ragionevole che i sistemi
contabili rilevino quanto vale un’azienda. Il bilancio, come vedremo, non produce
però quesv’informazione, né cerca di farlo a tutti i costi. È diffusa inoltre la convin-
zione che con il termine risorsa patrimoniale o attività? o asset ci si riferisca a tutte
le cose di valore che l’azienda possiede. Le capacità professionali e le competenze
dei dipendenti di un’organizzazione non sono però una risorsa patrimoniale (un’at-
tività) da un punto di vista contabile, non sono cioè rappresentate in bilancio, sebbene
siano “cose di valore” il più delle volte fondamentali per l’organizzazione.
È quindi importante abbandonare alcuni preconcetti: i sistemi contabili “reali”
possono essere diversi sotto importanti punti di vista da come avevamo supposto
che fossero. Potremmo scoprire che vi sono ottime ragioni per mantenere in vita
queste differenze e che è importante comprenderle. Gli utenti d’informazioni con-
tabili devono conoscere abbastanza i concetti e le tecniche sottostanti per giungere
a comprendere la natura e i limiti delle informazioni che utilizzano.
“ LI
1.3 ® Il quadro concettuale che regola la contabilità e il bilancio
Supponete che vi sia chiesto di mantenere traccia di ciò che accade in un’organiz-
zazione per fornire informazioni utili a chi la gestisce. Un modo di portare a termine
questo compito potrebbe essere quello di scrivere un “racconto”, una sorta di diario
di bordo e registrare tutti gli accadimenti importanti, come potrebbe fare il capitano
di una nave. Dopo una prima esperienza iniziale sviluppereste gradualmente un corpo
di regole per rendere più efficace la vostra attività. Per esempio, poiché sarebbe im-
possibile tenere traccia di tutti gli eventi riguardanti le singole persone all’interno
dell’organizzazione, sviluppereste alcune regole per stabilire quali siano quelli suffi-
cientemente interessanti da meritare di essere tracciati e quali, invece, scartare perché
poco rilevanti. Capireste, inoltre, che il vostro diario di bordo acquisirebbe maggior
valore se alcuni termini fossero normalizzati. La standardizzazione, infatti, consenti-
rebbe a persone esterne che leggessero il vostro diario di capire meglio il senso e le
intenzioni delle vostre trascrizioni. Standardizzando termini e definizioni potreste,
inoltre, affidare il compito di effettuare le rilevazioni anche a un’altra persona, avendo
però buone garanzie che il suo diario conterrebbe informazioni molto simili a quelle
che sarebbero state da voi rilevate. Nello sviluppare le regole del diario, però, sareste
necessariamente in qualche modo arbitrari. Esistono, infatti, modi diversi di descrivere
uno stesso evento e molti di questi potrebbero essere soddisfacenti. Per potere di-
sporre di una base condivisa di comprensione dovreste pertanto selezionare solo uno
di questi modi. Tutte queste considerazioni sono centrali nello sviluppo del processo
contabile. Il bilancio si è evoluto nel corso dei secoli e così pure è accaduto alle
regole, alla terminologia e ai principi dei quali esso si avvale. Per comprendere i ren-
diconti economico-finanziari che compongono il bilancio è dunque fondamentale
conoscerne le sottostanti convenzioni e i sottostanti scopi.
3 Il termine attività è conosciuto nel linguaggio comune con il significato di azione o lavoro,
impiego, occupazione. In contabilità, invece, le attività o asset sono, come più volte ricordato
nel testo, le risorse (cioè le cose di valore) possedute da um’impresa a una certa data e rap-
presentate nella parte di sinistra dello stato patrimoniale. Le attività in un certo momento
sono anche interpretabili, come si dirà, come gli investimenti dell’impresa in quel momento.

La natura e lo scopo della contabilità m 7
1.3.1 ® La contabilità come linguaggio
La contabilità può essere interpretata come il linguaggio del business. Imparare i con-
cetti base della contabilità è simile all’apprendimento di un linguaggio tecnico, ma
talvolta più difficile, perché molti dei termini specifici della contabilità sono presenti
anche nel linguaggio colloquiale, indicando però, in tal caso, altri concetti. Per esem-
pio, i contabili utilizzano il termine “utile” per indicare uno specifico valore riportato
sui documenti di bilancio. Nel linguaggio comune, invece, il termine “utile” è un ag-
gettivo che si applica quando qualcosa è percepito come di valore perché in grado
di produrre un beneficio. Un tale significato non coincide con quello contabile (il
significato di Utile o Reddito è spiegato nel Capitolo 2).
La contabilità è guidata da alcune regole pienamente condivise e da altre che
non lo sono. I contabili possono avere diverse opinioni su come registrare un evento,
così come una persona che scrive può preferire una determinata struttura della frase,
una diversa parola o una diversa punteggiatura. Tuttavia, così come talune espressioni
denotano un uso non elegante della lingua italiana, parimenti alcune pratiche con-
tabili non sono appropriate. Nei prossimi capitoli saranno presentati i principi alla
base di una corretta pratica contabile e indicate le aree ove esistono divergenze di
opinioni su cosa sia o no appropriato.
Nel caso della contabilità e del bilancio (che periodicamente riassume e struttura
i dati della contabilità), i principi generali descritti nel testo sono quelli oggi in uso,
ma saranno in futuro certamente cambiati per rispondere ai nuovi fabbisogni informativi
delle organizzazioni e dei portatori d’interesse. Come già detto, infatti, il bilancio è un
sistema artificiale che persegue scopi e finalità d’informazione mutevoli nel tempo.
1.3.2 ® La natura dei principi
Le norme e i concetti di base della contabilità sono comunemente definiti principi.
Un principio è da intendere come una legge generale o una regola che guida l’azione.
Questo significa che i principi contabili non prescrivono esattamente come un’azien-
da debba registrare ciascun evento che la riguarda. Di conseguenza, molte questioni
legate alla contabilità possono essere trattate, almeno in parte, diversamente da questa
o quell’impresa. La maggior parte di queste differenze sono inevitabili, perché un
unico dettagliato corpo di regole non potrebbe mai essere applicato a tutte le imprese.
In parte, queste differenze riflettono anche la circostanza che, sia pure nel rispetto
dei principi contabili, è lasciata ai manager una qualche discrezione per esprimere
le proprie idee su come meglio registrare uno specifico evento. Chi legge un bilancio
potrebbe quindi talvolta non comprendere appieno il significato di tutte le voci che
lo costituiscono, a meno che non sappia quale, fra le alternative possibili, abbia scelto
chi ha preparato i documenti.
1.3.3 ® Tre criteri generali per la formulazione dei principi contabili
I principi contabili sono formulati da essere umani. A differenza dei principi della
fisica, della chimica e delle scienze naturali, i principi contabili non sono dedotti da
assiomi fondamentali, né possono essere falsificati tramite osservazioni o esperimenti.
I principi contabili si sono evoluti nel tempo e continueranno a farlo: non si tratta
di verità eterne, anzi il loro dinamismo tende ad accentuarsi nel tempo.
L’accettazione di un principio contabile dipende dalla sua capacità di rispettare
alcune norme di carattere generale: la rilevanza, l’oggettività e la fattibilità. Un prin-
cipio è rilevante se produce informazioni importanti e utili riguardo a un’impresa,
dunque informazioni che possono influenzare le decisioni economiche di chi le uti-

8 = Capitolo 1
Esempio
Esempio
lizza. Un principio è oggettivo se produce informazioni non influenzate dal giudizio
di chi le fornisce. L’oggettività implica pertanto affidabilità (applicato da due persone
diverse uno stesso principio dovrebbe portare allo stesso risultato) e verificabilità
(deve esistere un modo, attraverso urn’indipendente ricostruzione del processo con-
tabile, per controllare che l’informazione sia corretta). Infine, un principio è fattibile
se può essere implementato senza eccessivi costi o complessità.
Questi criteri sono spesso in conflitto l’uno con l’altro. In alcuni casi, la soluzione
più rilevante è esclusa perché potrebbe essere quella meno oggettiva e fattibile.
Molte volte è questa la scelta preferita.
Lo sviluppo di un nuovo prodotto può avere un effetto importante sul valore di mercato
di un’impresa. La scoperta di un principio attivo particolarmente efficace o lo sviluppo
di un nuovo chip a basso consumo energetico per smartphone ne sono esempi. L’in-
formazione sul valore dei nuovi prodotti è molto utile per gli investitori e la migliore
stima possibile è quella del management. Ciononostante, si tratterebbe di una stima
altamente soggettiva. La contabilità non si prefigge pertanto di rilevare tali valori: sa-
crifica la rilevanza nell’interesse dell’oggettività.
ll valore che TESLA, la più innovativa impresa mondiale di auto elettriche, ha per i
suoi proprietari è ottenuto moltiplicando il prezzo di mercato di un’azione per il numero
di azioni in circolazione. Questa stima è certamente più accurata del valore contabile
del capitale netto che compare nel bilancio. Il mercato ha attribuito all’impresa un va-
lore di 96,9 miliardi di dollari il 31 marzo 2020, mentre il valore del capitale netto in
bilancio era, alla stessa data, 6,61 miliardi di dollari, circa 15 volte inferiore. La differenza
non indica un errore nei rendiconti, comunica semplicemente che il bilancio non intende
rappresentare il valore di mercato di un’impresa. L’indicatore che segnala questa dif-
ferenza (Capitolo 11) è il quoziente P/B o Price/Book value, il rapporto cioè fra il prezzo
di mercato di un’azione e il suo valore contabile (il valore del capitale netto presente
in bilancio diviso per il numero di azioni in circolazione). Nel caso TESLA, il valore del
quoziente era 14,67 a fine marzo 2020. Come detto, il mercato attribuiva dunque al-
l’impresa un valore circa 15 volte superiore di quello del bilancio.
Nello sviluppare nuovi principi, il problema essenziale è trovare il giusto equilibrio
fra la rilevanza da un lato e l’oggettività e la fattibilità dall’altro. La mancanza di com-
prensione di questo trade-off (cioè la necessità di dovere bilanciare esigenze fra loro
in controtendenza) porta spesso a critiche dei principi contabili che sono però inap-
propriate. È facile criticare la contabilità sostenendo che l’informazione prodotta non
sia poi così rilevante come dovrebbe essere, ma queste critiche sottovalutano che
per aumentare la rilevanza dei dati sarebbe spesso necessario sacrificare l’oggettività
e la fattibilità. In molte circostanze non ne varrebbe la pena.
Il bilancio, comunque, non è, come detto, un “sistema naturale” del quale indagare
il funzionamento. Al contrario, è un sistema artificiale realizzato dagli uomini per con-
seguire determinati scopi, sicché le regole che presiedono alla sua redazione cambiano
nel tempo. Sino agli anni Settanta dello scorso secolo, per esempio, l’interazione fra
impresa e ambiente era più limitata, sviluppandosi in prevalenza attorno alle relazioni
con i soci, i finanziatori e i fornitori. In Italia, la principale finalità del bilancio era so-
prattutto quella di rendere conto dell’operato degli amministratori ai soci e di tutelare
i creditori applicando, dunque, valutazioni improntate a grande prudenza* con il ri-
schio di produrre risultati non pienamente rappresentativi della reale performance.
A partire da quegli anni, però, l’intensità dei rapporti con l’esterno è cresciuta e
il comportamento delle aziende è oggi fortemente condizionato da tutti i soggetti in-
‘ Il principio di prudenza è descritto nel Capitolo 3.

La natura e lo scopo della contabilità m® 9
teressati e potenzialmente interessati ai suoi risultati economici, anche soggetti in-
ternazionali. Al bilancio è stata dunque gradualmente assegnata una funzione in-
formativa pubblica volta a favorire - attraverso l’armonizzazione delle regole dei
diversi Paesi - l’ingresso delle imprese nel mondo finanziario globale dei capitali. Ac-
quista in tal modo progressiva importanza il compito di rappresentare, in particolare
per le società quotate in borsa, risultati economici non penalizzati da un’applicazione
eccessivamente severa del principio della prudenza. Questo principio tende ad anti-
cipare perdite, magari in parte di competenza futura, e, al contrario, a rinviare a esercizi
futuri quote di reddito perché ancora non pienamente realizzate”. A questa progressiva
esigenza di comunicare una performance non penalizzata da ur’eccessiva prudenza
si è ispirato il legislatore che, a più riprese, ha modificato la disciplina del bilancio
verso le nuove necessità informative (la questione è approfondita nel Capitolo 8 che
tratta il tema delle svalutazioni e rivalutazioni).
1.4 n | rendiconti economico-finanziari
La finalità ultima del processo contabile è la produzione di documenti o rendiconti
economico-finanziari, i documenti che riassumono i dati della contabilità generale
sintetizzando il risultato della gestione. Il Codice Civile rende obbligatorio per le so-
cietà quotate in borsa la produzione di 4 rendiconti: (1) lo stato patrimoniale; (2) il
conto economico; (3) il rendiconto finanziario®; (4) la nota integrativa, un documento
contenente informazioni complementari e integrative. Nel loro insieme questi do-
cumenti costituiscono il bilancio.
Molti rendiconti nei campi più svariati possono essere classificati in due categorie:
(1) rendiconti di stock o di stato; (2) rendiconti di flusso.
La quantità d’acqua presente in un certo istante all’interno di un bacino idrico è
una misura di stock, mentre quella che defluisce in un certo periodo è una misura di
flusso. I rendiconti di stato si riferiscono sempre a un determinato istante, mentre quelli
di flusso hanno sempre a oggetto un determinato periodo di tempo. I rendiconti di stock
sono un”’istantanea”, quelli di flusso sono una sorta di “filmato”. Un rendiconto di stock
è lo stato patrimoniale che fornisce informazioni sulle risorse possedute da un’azienda
in un certo momento e sui diritti che su tali risorse vantano, sempre allo stesso momento,
sia la proprietà sia terze parti. Gli altri due rendiconti, il conto economico e il rendiconto
finanziario (o rendiconto dei flussi di cassa), sono rendiconti di flusso. Essi contengono
informazioni sui risultati delle attività svolte in un certo periodo di tempo, come, per
esempio, un anno o un trimestre.
Le società quotate in borsa pubblicano annualmente e trimestralmente il bilancio
e lo rendono disponibile anche sul Web. Lo scopo di questo testo è fornire la cono-
scenza necessaria a leggere e interpretare con padronanza un bilancio.
Il capitolo fornisce una preliminare descrizione sintetica dello stato patrimoniale
e del conto economico e, pertanto, le definizioni presentate devono essere conside-
° ] concetti di perdita, utile, prudenza, competenza saranno illustrati nel seguito. Per il momento
è importante comprendere che l’enfasi della funzione assegnata al bilancio si è in questi ultimi
anni gradualmente spostata dalla salvaguardia dell’integrità del patrimonio a tutela della garanzia
dei terzi a quella di fornire ai portatori attuali e potenziali di capitale di rischio (cioè azionisti
attuali e potenziali) informazioni sulla performance dell’impresa non eccessivamente condizio-
nate dalla prudenza e utili per una valutazione il più possibile prospettica dell’impresa.
° Le società non quotate in borsa non hanno l’obbligo di produrre il rendiconto finanziario.

10 = Capitolo 1
Figura 1.2
Lo stato
patrimoniale.
rate preliminari. 1 prossimi otto capitoli illustrano più approfonditamente questi due
rendiconti, mentre il Capitolo 10 è dedicato al rendiconto finanziario. Poiché que-
st’ultimo documento deriva dai dati contenuti nei primi due, sarebbe illogico pre-
sentarlo prima di avere spiegato lo stato patrimoniale e il conto economico.
1.4.1 ® Lo stato patrimoniale
La Figura 1.2 mostra lo stato patrimoniale dell’impresa Moretti SpA al 31 dicembre
2019 (i significati di alcune voci che compongono il documento non risulteranno
subito chiari perché saranno esaurientemente approfonditi nei prossimi capitoli).
Lo stato patrimoniale di Moretti SpA è urn’istantanea della posizione patrimoniale
e finanziaria dell’azienda. Il documento ha due sezioni: sulla sinistra ci sono le attività,
sulla destra le passività e il capitale netto. Di seguito è esposta una preliminare de-
scrizione di ciascuna delle due sezioni (una spiegazione più approfondita delle singole
voci si trova nel Capitolo 2).
Moretti SpA
Stato patrimoniale
31 dicembre 2019
(€ x 1000)
Attività Passività e capitale netto
Attività correnti: Passività correnti:
Cassa 1449 _ Debiti verso fornitori 5302
Titoli in portafoglio 246 Debiti a breve verso banche 1000
Crediti commerciali netti 9944 Costi sospesi 876
Rimanenze 10 623 Debiti tributari 1541
Costi anticipati 389 Quota in scadenza debiti 500
Attività correnti (A) 22651 a lungo termine
Passività correnti (F) 9219
Attività immobilizzate: Passività a lungo termine:
Terreni, fabbricati, impianti M UO D
e macchinari 26946 Debiti finanziari a lungo
Meno fondo termine 2000
ammortamento 13534 Debiti tributari a lungo
I _ I — termine 824
Immobilizzazioni materiali i j =
nette (B) 13 412 Passività a lungo termine (G) 3124
Immobilizzazioni finanziarie (C) 1110 Totale passività (H = F + 6) 12 343
Marchi e brevetti 403
Avviamento 663 Capitale netto:
Immobilizzazioni Capitale sociale 1000
immateriali (D) 2176 Riserva da sovrapprezzo
Attività immobilizzate delle azioni __11256
(EESABEACED) 15588 Capitale versato (I) 12 256
Riserve di utili (L) 13 640
Capitale netto (M = l + L) 25 896
l Totale passività
Totale attività (A + D) 38 239 e capitale netto (N = H + M) 38 239

La natura e lo scopo della contabilità m 11
Attività
Un’impresa ha bisogno di denaro, macchinari, impianti, stabilimenti, applicazioni soft-
ware, touchpoint digitali, siti Web e altre risorse per operare. Queste risorse sono le
sue attività. Le attività sono risorse “di valore” possedute dall’azienda. La sezione di
sinistra dello stato patrimoniale ne mostra ’ammontare a una determinata data. Per
esempio, l’ammontare della cassa posseduta da Moretti SpA al 31 dicembre 2019 è
€ 1449 000. Le attività, come detto, sono risorse possedute da Moretti SpA. I suoi
dipendenti, sebbene rappresentino probabilmente la risorsa più preziosa, non sono
attività, perché un’azienda non possiede i propri dipendenti. Non tutte le risorse di
valore di cui si avvale un’impresa sono dunque rappresentate in bilancio.
Passività e capitale netto
La sezione di destra dello stato patrimoniale mostra le fonti che hanno finanziato il
possesso delle attività. Così come le descrizioni citano, ci sono due principali categorie
di fonti finanziarie, le passività e il capitale netto.
Le passività sono obblighi di comportamento che l’azienda ha nei confronti di
terze parti per avere da queste ricevuto risorse. Le terze parti sono normalmente de-
nominate creditori poiché hanno concesso credito all’azienda. Come la Figura 1.2 mo-
stra, il credito concesso complessivamente dai fornitori al 31/12/2019 è € 5 302 000,
così come indicato dalla passività: debiti verso fornitori.
Le parti terze che hanno finanziato l’impresa (i creditori) vantano diritti sulle
attività per un ammontare mostrato dal valore della passività che l’azienda ha nei
loro confronti. Per esempio, le banche hanno concesso prestiti a breve a Moretti SpA
per € 1000 000 e, pertanto, vantano diritti per un tale ammontare, così come mo-
strato dalla voce debiti a breve verso banche. Poiché un’azienda utilizzerà le proprie
attività per estinguere le passività, i diritti dei creditori sono vantati nei confronti
delle attività.
L’altra categoria di fonte finanziaria di cui l’azienda si avvale per disporre delle pro-
prie attività è denominata capitale netto o patrimonio netto. Îl termine è capitale
netto (al singolare) e non capitali netti (al plurale) anche se in realtà esso è costituito
da: (1) l’ammontare di denaro apportato direttamente dalla proprietà e denominato ca-
pitale versato; (2) ’ammontare di “ricchezza” (utili) generata attraverso la gestione e
non distribuita sotto forma di dividendo ai proprietari, denominata riserve di utili.
I creditori possono perseguire legalmente l’azienda se gli obblighi nei loro con-
fronti non sono rispettati. Chi investe nel capitale netto gode, invece, solo di un
diritto residuale. Questo significa che, qualora la società sia sciolta, i detentori del
capitale netto potranno rifarsi solo su quanto resta dopo avere onorato tutte le pas-
sività (è per questo motivo che i proprietari di un’impresa sono anche denominati
detentori del capitale di rischio).
La sezione di destra, lo stato patrimoniale, può essere descritta in due diversi
modi e cioè: (1) come ammontare delle fonti finanziarie messe complessivamente a
disposizione dai creditori e dalla proprietà; (2) come diritti complessivamente vantati
dai creditori e dalla proprietà sulle attività aziendali. È possibile utilizzare indiffe-
rentemente l’una o l’altra di queste due definizioni.
1.4.2 " Il principio del duplice aspetto
Deducendo dal valore delle attività quello dei diritti vantati dai creditori (cioè le
passività), si ottiene l’ammontare dei diritti vantati dai detentori del capitale netto,
cioè dalla Proprietà. Se a una certa data le attività di un’azienda ammontano a € 10 000
e le passività a € 4000, allora il capitale netto o patrimonio netto è di € 6000.

12 = Capitolo 1
Poiché: (1) ogni attività sulla quale non vantano diritti i creditori sarà rivendicata
dai detentori del capitale netto (la proprietà) e (2) il totale dei diritti vantati sulle
attività (cioè: passività + capitale netto) non può eccedere quanto l’azienda possiede
(le attività), allora se ne deduce che il totale delle attività è sempre pari alla somma
delle passività + il capitale netto.
Il fatto che il totale delle attività debba uguagliare o bilanciare il totale delle
passività + il capitale netto, giustifica la denominazione anglosassone di tale rendi-
conto come Balance Sheet. Quest’uguaglianza non dice nulla sulla posizione patri-
moniale e finanziaria dell’azienda. L’uguaglianza, infatti, è sempre verificata, a meno
che non siano stati commessi errori nelle registrazioni contabili.
Tali considerazioni sono alla base del principio del duplice aspetto il quale
sancisce l’uguaglianza fra: (1) attività e (2) passività + capitale netto. La condizione
esiste anche qualora le passività siano superiori alle attività. Per esempio, se un’azienda
che operasse in perdita ormai da tempo avesse attività per un valore complessivo di
€ 100000 e passività per € 120 000, allora il capitale netto assumerebbe un valore
negativo di € 20 000.
Il principio del duplice aspetto, il primo degli undici presentati nei Capitoli 2
e 3, può essere espresso sotto forma di equazione:
attività = passività + capitale netto
Si tratta di un’equazione fondamentale che è alla base di tutta la contabilità e che
è possibile riscrivere in una forma che mette in luce come il capitale netto costituisca
un valore residuale:
capitale netto = attività - passività
Se, per esempio, le attività di Rossi Srl ammontassero a € 19 000 e le passività a € 3000,
allora il capitale netto sarebbe di € 16 000 (tenuto conto del fatto che il capitale netto
è sempre la differenza fra le attività e le passività, il termine capitale netto potrebbe
essere sostituito da attività nette, cioè attività al netto delle passività).
Ciascuna transazione contabile può essere descritta nei termini dei suoi effetti
su questa equazione fondamentale del bilancio. Per esempio, se Rossi Srl acquistasse
una nuova autovettura per € 15 000 pagandola in contanti, allora questo evento sa-
rebbe rilevato da una riduzione dell’ammontare della Cassa (— € 15 000) e da un au-
mento, fra le attività, della voce autovetture (+ € 15 000).
L’ammontare delle attività e delle passività di un’azienda varia di giorno in giorno,
ma lo stato patrimoniale riporta, come detto, le attività, le passività e il capitale netto
riferiti a uno specifico istante e deve quindi essere corredato di data”.
Tornando all’esempio iniziale, se il 1° gennaio 2020 - subito dopo la mezzanotte
del 31 dicembre 2019 - Moretti SpA redigesse lo stato patrimoniale d’apertura del
nuovo anno, allora questo sarebbe identico a quello della mezzanotte del giorno pre-
cedente (Figura 1.1) poiché niente sarebbe cambiato tra la chiusura di un certo
giorno e la riapertura del giorno seguente.
La Figura 1.3 mostra il conto economico di Moretti SpA. L’aumento di capitale
netto determinato dalle operazioni di gestione in un certo periodo di tempo è de-
nominato risultato netto, profitto o reddito o utile del periodo (qualora positivo;
altrimenti perdita del periodo qualora negativo). Il conto economico spiega come il
reddito sia stato generato. La Figura 1.3 mostra uno standard di conto economico
7 Poiché il riferimento è a uno specifico momento e non a un intero giorno, è sottinteso che
l’istante al quale si riferisce il bilancio è il momento di chiusura delle attività nel giorno
indicato nel rendiconto.

Figura 1.3
Il conto economico.
La natura e lo scopo della contabilità = 13
Moretti SpA
Conto economico anno 2019
(€ x 1000)
Ricavi
Meno: costo del venduto 52 227
Margine lordo 2325
Meno: costi operativi 10 785
Risultato prima delle imposte 12 466
Meno: imposte sul reddito 6344
Risultato netto
ampiamente utilizzato (il conto economico è descritto in maggior dettaglio nel Ca-
pitolo 3). L’equazione di base del conto economico è:
ricavi - costi di competenza = reddito
La prima voce del conto economico sono i ricavi derivanti dalla vendita, cioè il valore
dei prodotti (beni e servizi) consegnati o erogati ai clienti durante il periodo. La se-
conda voce è il costo del venduto (o costo dei beni venduti) che rappresenta il costo
delle risorse direttamente riconducibili alla produzione dei beni o all’erogazione dei
servizi i cui ricavi sono riportati nella prima riga (come, per esempio, il costo dei
materiali diretti o della manodopera diretta utilizzati per la produzione dei beni ven-
duti o dei servizi erogati). Per un’impresa commerciale il costo del venduto è il costo
d’acquisto della merce che è stata venduta.
La differenza fra i ricavi derivanti dalla vendita e il costo del venduto si chiama
margine lordo e pertanto si ha:
margine lordo = ricavi - costo del venduto
Se i costi operativi sono quindi sottratti dal margine lordo, allora si determina il red-
dito prima delle imposte. Si ha pertanto:
margine lordo - costi operativi = reddito prima delle imposte
I costi operativi di competenza (Capitolo 3) includono: (1) costi direttamente asso-
ciabili a singole transazioni di vendita ma non facenti parte del costo del venduto
(per esempio, le provvigioni riconosciute ai venditori, oppure royalties pagate per
prodotti realizzati su brevetti di terzi); (2) costi associati alle attività di gestione del
periodo contabile ma non direttamente riconducibili a specifiche transazioni di ven-
dita del periodo, quanto piuttosto ai ricavi nel loro complesso (per esempio, le attività
degli uffici amministrativi); (3) costi che non daranno alcun beneficio in futuro ma
che non sono neppure associati alle attività di gestione del periodo (per esempio,
merce che ha perso valore a seguito di un incendio, dunque un costo non ricondu-
cibile allo svolgimento delle attività di acquisto, trasformazione e vendita, un costo
che non ha prodotto alcuna utilità).
La voce successiva nella Figura 1.3, cioè le imposte sul reddito, è mostrata sepa-
ratamente perché si tratta di un elemento di costo particolarmente importante che
è possibile calcolare dopo avere determinato il reddito imponibile (Paragrafo 4.5.1).
L’ultima riga del conto economico, come detto, è denominata risultato netto o utile
netto o reddito (o perdita se i costi di competenza sono maggiori dei ricavi).

14 = Capitolo 1
1.4.3 ® Un “pacchetto” di rendiconti economico-finanziari
La Figura 1.4 rappresenta un “pacchetto” di rendiconti economico-finanziari costituito
da due stati patrimoniali e un conto economico (un pacchetto completo compren-
derebbe anche il rendiconto dei flussi di cassa o rendiconto finanziario). La figura
mostra come lo stato patrimoniale, il prospetto delle variazioni delle riserve di utili
e il conto economico siano fra loro collegati attraverso la voce riserve di utili.
Moretti SpA
(€ x 1000)
Stato patrimoniale sintetico Stato patrimoniale sintetico
31-12-2019 31-12-2020
Attività Attività
Attività correnti 22651 Attività correnti 24 062
Immobilizzazioni tecniche 13412 Immobilizzazioni tecniche 14 981
nette nette
Altre attività immobilizzate 2176 Altre attività immobilizzate 3207
Totale attività 38239 Totale attività 42 250
Passività e capitale netto Passività e capitale netto |
Passività 12343 Passività 14 622
Capitale netto: Capitale netto:
Capitale versato 12 256 Capitale versato 12 256
— Riserve di utili 13 640 Riserve di utili 15 372
Totale passività 38239 Totale passività 42 250
e capitale netto e capitale netto
Moretti SpA
Conto economico
anno 2019
(€ x 1000)
Ricavi 75 478
Meno: costo del venduto 52 227
Margine lordo 23 251
Meno: costi operativi 10 785
Risultato prima delle imposte 12 466
Meno: imposte sul reddito 6344
Risultato netto 6122
Cambiamento delle riserve di utili
>- Riserve di utili al 31/12/2019 13 640
Più: risultato netto 6122
19 762
Figura 1.4 Meno: dividendi 4390
Un pacchetto M
di rendiconti Riserve di utili al 31/12/2020 i5B/2
economico-finanziari.

La natura e lo scopo della contabilità ® 15
Il conto economico di un periodo sintetizza alcuni cambiamenti delle riserve di utili
che si sono verificati nel periodo. Riporta, in altri termini, alcuni cambiamenti delle
riserve di utili avvenuti fra la data d’inizio e di fine del periodo.
Un pacchetto di rendiconti efficace per comunicare la performance economico-
finanziaria è pertanto costituito dallo stato patrimoniale all’inizio del periodo contabile,
dal conto economico del periodo e dallo stato patrimoniale alla fine del periodo.
Il prospetto delle variazioni delle riserve di utili (nella parte bassa della figura) mostra
che le riserve di utili ammontavano a € 13 640 000 il 31 dicembre 2019. Nel corso del-
l’anno le operazioni di gestione hanno generato un reddito di € 6 122 000 che ha ac-
cresciuto le riserve di utili dello stesso valore (il reddito netto è l’ultima riga del conto
economico). Le riserve di utili si sono inoltre ridotte nel periodo di € 4 390 000 a motivo
di una distribuzione di dividendi. Il 31 dicembre 2020 il valore totale delle riserve di
utili è pertanto di € 15 372 000 (€ 13 640 000 + € 6 122 000 - € 4 390 000). I dividendi
per contante riducono il valore delle riserve di utili e della cassa perché si tratta di una
distribuzione di denaro agli azionisti. 1 dividendi non sono un costo di competenza e
non compaiono pertanto in conto economico.
1.4.4 ® Lo scopo dei rendiconti economico-finanziari del bilancio
Si è precedentemente detto che il bilancio, sebbene di utilità anche per il manage-
ment e la proprietà, ha lo scopo prevalente di fornire informazioni rilevanti a terze
parti, cioè ad attori esterni all’organizzazione. Gli obiettivi assegnati alla comunica-
zione verso l’esterno sono molteplici e ci limiteremo qui solo ai principali. Il bilancio
deve fornire informazioni che:
1. siano utili ai creditori attuali e potenziali per assumere decisioni razionali di fi-
nanziamento o di investimento;
2. siano comprensibili a coloro che possiedono nozioni sufficienti di economia
aziendale e che intendano analizzare con cura i dati contenuti nei rendiconti;
3. riguardino le risorse economiche dell’organizzazione e i diritti su di esse vantati,
nonché gli effetti di transazioni ed eventi in grado di modificare ’ammontare
delle risorse e dei diritti a esse riconducibili;
4. riguardino la prestazione economica dell’impresa in un determinato periodo;
5. siano d’aiuto agli utilizzatori nel valutare ’ammontare, i tempi e le incertezze
derivanti dalla distribuzione di dividendi, dal pagamento di interessi e dalla ri-
duzione del debito.
I primi due obiettivi si applicano a tutti i documenti del bilancio. È da sottolineare
che si presume che gli utilizzatori del bilancio dispongano di un adeguato livello di
preparazione. Il bilancio, infatti, non è rivolto a persone disinformate. L’obiettivo 3
si riferisce allo stato patrimoniale, il 4 al conto economico e il 5 al rendiconto dei
flussi di cassa. Così come i cinque obiettivi complessivamente suggeriscono, il bilancio,
sia pure fornendo informazioni relative al passato, ha anche lo scopo di aiutare i suoi
utilizzatori a compiere previsioni e scelte che hanno a riferimento la futura posizione
economico-finanziaria e i futuri flussi di cassa dell’impresa, non quelli passati.
1.5 = Il quadro normativo internazionale
Il testo, come detto nel Paragrafo 1.2, si rivolge principalmente ai destinatari delle
informazioni contabili, cioè al management e non invece ai professionisti della con-

16 = Capitolo 1
tabilità e del bilancio. Ciononostante, riteniamo utile, a conclusione di questo primo
capitolo introduttivo, presentare il complesso quadro normativo nazionale e inter-
nazionale che disciplina la costruzione del bilancio pubblico o bilancio esterno
e le differenze di rilievo che esso ha con il bilancio interno. Sarà così possibile
chiarire meglio l’impostazione data al volume, in particolare: (1) il peso relativo as-
segnato alle norme e alle regole nazionali e a quelle internazionali; (2) la discrezio-
nalità del management nello scegliere alcuni aspetti formali (e talvolta anche so-
stanziali) quando definisce le caratteristiche del bilancio a uso interno. Come si avrà
modo di comprendere meglio nel seguito, la costruzione di ogni bilancio pone due
tipi di problemi: problemi formali (quali documenti produrre, con quali e con-
tenuti e struttura) e problemi sostanziali (Come misurare e quantificare i valori,
cioè i criteri di valutazione). Entrambi questi aspetti variano evidentemente a se-
conda che, in alternativa, ci si riferisca: alle norme e regole nazionali; alla disciplina
internazionale o, qualora si tratti di un bilancio a uso interno, alle scelte effettuate
dal management.
Con la globalizzazione e la crescita degli scambi economici e commerciali degli
ultimi decenni, i flussi degli investimenti finanziari internazionali si muovono sem-
pre più dinamicamente nel mondo alla ricerca di nuove opportunità. Per essere
individuate e valutate correttamente, tali opportunità hanno bisogno di informa-
zioni e, fra queste, le più rilevanti sono quelle comunicate attraverso il bilancio.
Il bilancio esterno è il documento più importante e più affidabile che gli attori in-
teressati possono consultare per formulare un giudizio economico sulle imprese e
sviluppare con esse, a qualsiasi titolo, un rapporto d’affari, non ultima l’ipotesi di
un acquisto parziale o totale della proprietà. In coerenza con questa premessa, un
irrinunciabile requisito del bilancio esterno è che esso sia il più possibile veritiero
e corretto, sia cioè redatto nel rispetto di norme e regole che lo disciplinano e
alle quali nessun amministratore può sottrarsi se non sottoponendosi a severe san-
zioni civili e penali.®
Una seconda importante condizione che rende possibile il funzionamento dei
mercati finanziari è che la disciplina che guida la costruzione del bilancio sia applicata
un grande numero di bilanci. Sarebbe altrimenti impensabile ipotizzare una diffusa
consultazione del documento da parte di soggetti esterni. Se, infatti, ciascuna impresa
fosse libera di pubblicare il bilancio con forma e criteri di valutazione propri,
allora si dovrebbe apprendere un nuovo sistema di norme e di regole per ogni nuovo
bilancio, ma quest’ipotesi è chiaramente irrealistica.
D’altro canto, però, guardando il mondo nella sua globalità, non possiamo neppure
immaginare che tutti i principali Paesi che lo costituiscono abbiano già uniformato
a un unico standard i bilanci delle loro imprese. lL’armonizzazione, così si chiama
il processo internazionale che produce il sistema di norme e di regole per la redazione
del bilancio dei principali Paesi, è in atto da anni, ma è resa lenta e difficile da una
dimensione normativa e giuridica complessa che cambia da Paese a Paese, che segue
l’evolvere dei mercati finanziari e che muta con la definizione dei nuovi obiettivi
dell’internazionalizzazione. Nei principali Stati occidentali, con differenze talvolta an-
che di un certo rilievo, vige dunque ancora oggi un sistema di norme e di regole
contabili nazionali, nonostante il processo di armonizzazione tenda a uniformarle
progressivamente.
A questa prima dimensione di complessità, riconducibile all’autonomia ammini-
strativa dei singoli Paesi, si aggiunga poi il fatto che: (a) sia la diversa dimensione
8 La veridicità, in particolare, si riferisce al fatto che i valori dei documenti rispettino il più
possibile la realtà dei fatti e che le stime e le congetture svolte siano razionali e credibili.

La natura e lo scopo della contabilità m 17
giuridica delle imprese, (b) sia la natura dell’attività svolta, (c) sia la fase nella
quale si trova l’impresa (per esempio, in una fase di continuità di funzionamento
oppure di liquidazione), costituiscono altrettanti fattori che spingono a porre in atto
regole e norme specifiche nella redazione del bilancio, perché sarebbe impensabile
uno stesso bilancio per tutte le imprese. Una grande società per azioni quando pub-
blica il proprio bilancio (magari consolidando quelli di decine di divisioni controllate
delle quali alcune all’estero, come per esempio il Gruppo Bosch) deve, come intuibile,
attenersi a una disciplina più complessa di quella di una società di persona che ge-
stisce un’attività di ristorazione. Anche la natura dell’attività svolta dall’impresa de-
finisce, come in precedenza detto, quale debba essere la disciplina del bilancio. Per
esempio, le banche e così pure le imprese di assicurazione svolgono un’attività suf-
ficientemente diversa da quella di un’impresa commerciale o di produzione tale da
richiedere una normativa specifica. Infine, un ulteriore elemento per utilizzare bilanci
con regole diverse è la condizione in cui si trova l’impresa, per esempio in una fase
di liquidazione oppure di continuità di funzionamento.
In Italia, sotto la spinta delle direttive europee, le norme contabili si sono gra-
dualmente adattate ai principi ai quali guarda il legislatore europeo. Quest’ultimo, a
sua volta, recepisce nel tempo le norme internazionali dettate dall’International Ac-
counting Standard Board o IASB. L’istituto è uno standard setter e ha l’obiettivo di
elaborare la prassi contabile dei principali Paesi del mondo, adoperandosi per l’armo-
nizzazione delle regole, dei principi e delle procedure contabili. 1 principi contabili
emanati dallo IASB sono denominati IFRS (International Financial Reporting Standard),
mentre quelli emanati da IASC, sono invece i cosiddetti IAS (International Accounting
Standard)?.
Definito il quadro generale di progressiva armonizzazione internazionale, entria-
mo ora in maggiore dettaglio nell’illustrazione di quali sono in Italia le regole e le
norme; di chi le stabilisce; di come esse cambiano a seconda della forma giuridica o
della natura dell’attività svolta dall’impresa e, di quale sia fra questi diversi sistemi
di regole, quello che rappresenta l’argomento centrale del testo. Come vedremo, è
questa una questione complicata e anche in parte ostica a motivo delle molteplici
dimensioni di complessità in precedenza elencate.
1.5.1 ® Il quadro normativo in Italia
Per una comprensione di quale sia il complesso quadro normativo contabile italiano
è utile rifarsi alla Figura 1.5, che mette in relazione tre sistemi di regole e di norme
con altrettante caratteristiche del soggetto redattore del Bilancio.
Nella prima sezione di sinistra sono le Società di capitali, a esclusione però degli
enti creditizi, finanziari e assicurativi per i quali si applicano norme e regole parti-
colari. Queste aziende sono nella zona centrale della figura. È dunque la natura del-
l’attività svolta che le distingue da quelle presenti nella sezione di sinistra, non la
forma giuridica.
Nella colonna di destra sono invece le aziende individuali e le società di persona,
dunque società aventi una forma giuridica diversa. Anche ai bilanci di queste im-
prese, in genere di piccola dimensione, si applicano disposizioni differenti da quelle
delle società di capitali presenti nella prima colonna, sebbene la tendenza del legi-
slatore sia quella di conformarsi gradualmente alla disciplina dettata per le società
di capitali.
? Lo IASB ha sede a Londra ed è nato nel 2001 dal rinnovamento del precedente IASC (In-
ternational Accounting Standard Committee).

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531 Solement ceux vainqus sont quittes ou lour clients pur eux
rendre aux combattants vanquishours 40 sous en nosme de
recreantise et ruaille peur la bourse a mettre eins ses deniers
oustre le jugement sur le principall.—Horne’s Myrror of Justice,
cap. iii. sect. 23.
532 Formul. Vetus in L. Longobard. (Georgisch, p. 1276).
533 For d’Oloron, Art. 21.
534 Bracton, Lib. ááá. Tract. ii. cap. 18, § 4. In another passage,
Bracton gives a reason for this clemency—“Si autem victus sit in
campo ... quamvis ad gaolam mittendus sit, tamen sit ei
aliquando gratia de misericordia, quia pugnat pro pace” (Ibid.
cap. 21, § 7). See also the Fleta, Lib. á. cap. xxxii. § 32.
535 Étab. de Normandie, Tit. “De prandre fame à force”
(Marnier).
536 Lib. Juris Civilis Veronæ, cap. 78 (p. 63).
537 Odofredi Summa de Pugna c. xii. (Patetta, p. 491-2).
538 Qui calumniam illatam non probat, pœnam debet incurrere
quam si probasset reus utique sustineret.—C. 2 Decret. Caus. v. q.
vi.
[539]
... ad poenas exigat æquas,
Victus ut appellans sive appellatus, eadem
Lege ligaretur mutilari aut perdere vitam.
Moris enim extiterit apud illos hactenus, ut si
Appellans victus in causa sanguinis esset,
Sex solidos decies cum nummo solveret uno
Et sic impunis, amissa lege, maneret:
Quod si appellatum vinci contigeret, omni
Re privaretur et turpi morte periret.
Guillielmi Brito. Phillippidos Lib. vááá.
It will be observed that the pre-existing Norman custom here
described is precisely that indicated above by Glanville.
540 E. g. Établissements Lib. á. cap. 27 and 91.—“Cil qui seroit
vaincus seroit pendus” (cap. 82).
541 Beaumanoir, chap. lxiv. § 10.

542 Assises d’Antioche, Haute Cour, ch. xi.; Assises des
Bourgeois, ch. vi. vii. See also Assises de Jerusalem, cap. 317.
543 Recta fides et æquitas et jus armorum volunt ut appellans
eandem incurrat pœnam quam defendens, si is victus fuerit et
subactus.—Formula Duelli, apud Spelman. Glossar. s. v. Campus.
544 Jur. Provin. Saxon. Lib. á. c. 63.—Jur. Provin. Alamann. cap.
ccclxxxvi. §§ 19, 20 (Ed. Schilter.).
545 Sachsische Weichbild, 82.—Jur. Provin. Alamann. cap.
clxviii. § 20; clxxii. § 18 (Ed. Senckenberg.).
546 Ibid. cap. ccxix. § 6 (Ed. Schilter.).
547 Chron. Cornel. Zantfliet ann. 1369 (Mart. Ampl. Coll. V.
293-4).
548 Chron. Augustan. (Pistor. III. 684, Ed. 1726).
549 Assis. Hierosol. Alta Corte cap. cv. (Canciani, V. 208).
550 Würdinger, Beiträge zur Geschichte des Kampfrechtes in
Bayern, p. 8.
551 Jur. Provin. Saxon. Lib. á. c. 63, 65.—Sachsische Weichbild,
xxxv.—Jur. Provin. Alamann. cap. ccclxxxvi. § 31 (Ed. Schilter.);
cap. clxxviii. §§ 7, 8 (Ed. Senckenb.). See Würdinger, p. 11, for
the solemn sentence placing the defaulter under the ban.
552 Proost, Législation des Jugements de Dieu, pp. 18, 21.
553 For de Morlaas, Rubr. áv. art. 5.
554 Horne’s Myrror of Justice, cap. iv. sect. 13.—Pipe Roll
Society, á. 65.
555 Schlegel Comment. ad Grágás § 31.—Grágás sect. vááá. cap.
105. A fanciful etymologist might trace to this custom the modern
phrase of “posting a coward.”
556 Neilson, Trial by Combat, p. 128.
557 Jur. Provin. Alamann. cap. ccclxxxvi. § 32 (Ed. Schilter.);
cap. clxxiii. § 13 (Ed. Senckenberg.).
558 Un Miracle de Notre-Dame d’Amis et d’Amille (Monmerqué
et Michel, Théat. Français au Moyen-Age, p. 238).

Another passage in the same play signifies the equality of
punishment for appellant and defendant in cases of defeat:—
—Mais quant il seront
En champ, jamais n’en ysteront
Sans combatre, soiez-en fis,
Tant que l’un en soit desconfis;
Et celui qui vaincu sera,
Je vous promet, pendu sera:
N’en doubte nulz.
559 Jur. Provin. Saxon, á. 63.
560 Venables, Lincolnshire Notes and Queries, Vol. I. p. 195
(1889). So an entry in the Pipe Roll for 1158-9 “Et in conductu
Rad. Shirloc. 6s. 8d. Et pro apparatu ejusdem Rad. et socii ejus
ad duellum 16s. 4d.”—Pipe Roll Society, á, 2.
561 Neilson, Trial by Combat, p. 42.
562 E. g. Constit. Sicular. Lib. áá. Tit. xxxvii. § 1. This was also
the case in Bohemia (Patetta, Le Ordalie, p. 159).
563 Laurière, Table des Ordonn. p. 10.
564 See facsimile of a record of a duel between Walter
Blowberme and Hamo le Stare, where in the background the
latter unlucky defendant is represented as hanging on a gallows
(Maitland’s Select Pleas of the Crown, Vol. I.). It had already been
engraved in Bysshe’s notes to Upton’s De Studio Militari, p. 37.
565 Revue Historique de Droit, 1861, p. 514.
566 Constit. Sicular. Lib. áá. Tit. xxxvii. § 4.
567 This, moreover, was not permitted by Frederic (Ubi sup.).
568 Jur. Provin. Saxon. á. 63.
569 Würdinger, Beiträge, p. 22.
570 De Militari Officio Lib. áá. cap. viii.
571 Book of Cynog, chap. xi. § 34 (Owen, II. 211).
572 Du Boys, op. cit. I. 611.
573 D’Achery Spicilegium, T. III. p. 376.

574 Odofredi Summa de Pugna, vii. xi. (Patetta, pp. 490, 491).
575 Galfridi Vit. Caroli Boni, cap. xiii. n. 94.
Similar persistence was exhibited in a combat before Richard II.
in 1380. Katrington, the defeated defendant died the next day in
delirium caused by exhaustion.—Neilson’s Trial by Combat, p.
172.
576 It is perhaps worthy of remark that in India, where the
judicial duel was unknown, in the other ordeals one of the ancient
lawgivers, Katyayana, allows, and in some cases prescribes, the
use of champions.—Patella, Le Ordalie, p. 110.
577 L. Alamann. Add. cap. xxi.
578 L. Longobard. Lib. á. Tit. iii. § 6, and Lib. áá. Tit. lv. § 12.
579 L. Anglior. et Werinor. Tit. ñáv.
580 Licet unicuique pro se campionem mercede conducere si
eum invenire potuerit.—Ll. Frision. Tit. ñáv. c. iv.
581 Greg. Turon. Hist. Lib. ñ. cap. x. In this case, both
combatants perished, when the accused was promptly put to
death, showing that such a result was regarded as proving the
truth of the offence alleged.
582 Horum enim causa accidit ut non solum valentes viribus,
sed etiam infirmi et senes lacessantur ad certamen et pugnam
etiam pro vilissimis rebus (Lib. adv. Legem Gundobadi cap. vii.).
Mitte unum de tuis, qui congrediatur mecum singulari certamine,
ut probat me reum tibi esse, si occiderit (Lib. contra Judicium Dei
cap i.).
583 Liceat ei per campionem, id est per pugnam, crimen ipsum
de super se si potuerit ejicere.—L. Longobard. Lib. á. Tit. i. § 8.
584 Proost, Législation des Jugements de Dieu, p. 82.
585 Jur. Provin. Saxon. Lib. I. art. 39, 48.—Sachsische
Weichbild, art. xxxv. 2. 4; art. lxxxii. 2.
586 Patetta, Le Ordalie, pp. 427-9. Roffredo, after carefully
enumerating six cases in which champions were allowed by the
law, adds: “Hodie tamen de consuetudine permittitur cuilibet
campionem dare.”—Odofredi Summa de Pugna (Patetta, p. 485).

587 Glanvil. de Leg. Angl. Lib. áá. iii. Thus in a suit over a
knight’s fee in 1201, the plaintiffs offer a champion, Walter Wider,
“qui idem optulit ut de visu suo et auditu.”—Baildon, Select Civil
Pleas, I. 33.
588 Cod. Leg. Norman. P. áá. cap. lxiv. (Ludewig Reliq. MSS. VII.
416).
589 Étab. de Normandie, p. 21 (Marnier).
590 Assises d’Antioche, Haute Cour, ch. ix. xi. xii.; Assises des
Bourgeois, ch. vi. vii.
591 Assis. Hierosol. Bassa Corte, cap. ccxxxviii. (Canciani, II.
534).—Constit. Sicular. Lib. áá. Tit. xxxvii. § 2.
592 Neilson’s Trial by Combat, pp. 88, 90-1.
593 Horne’s Myrror of Justice, cap. iii. § 23.
594 Myrror of Justice, cap. iv. § 11.
595 Cod. Leg. Norman. P. áá. cap. lxiv. § 18 (Ludewig VII 417).
596 Among the crimes entailing infamy is enumerated that of
“ceux qui combatent mortelment pur loyer qui sont vanquish en
combate joyné per jugement.”—Horne’s Myrror of Justice, cap. iv.
sect. 13.
597 Et campioni qui victus fuerit, propter perjuriam quod ante
pugnam commisit, dextra manus amputetur (Capit. Ludov. Pii
ann. 819, § x.).—Victus vero in duello centum solidos et obolum
reddere tenebitur. Pugil vero conductitius, si victus fuerit, pugno
vel pede privabitur (Charta ann. 1203—Du Cange).—Also
Beaumanoir, Cout. du Beauv., cap. lxvii. § 10 (Du Cange seems to
me to have misinterpreted this passage).—See also Monteil’s
admirable “Histoire des Français des divers États,” XVe Siècle,
Hist. ñááá.
598 Assis. Hierosol. Bassa Corte, cap. ccxxxviii. Alta Corte, cap.
cv. (Canciani II. 534; V. 208).
599 Assises d’Antioche, Haute Cour, ch. xi.; Assises des
Bourgeois, ch. vi. vii.
600 Et li campions vaincus a le poing copé; car se n’estoit por
le mehaing qu’il emporte, aucuns, par barat, se porroit faindre
par loier et se clameroit vaincus, par quoi ses mestres

emporteroit le damace et le vilonie, et cil emporteroit l’argent; et
por ce est bons li jugemens du mehaing (Cout. du Beauv., cap.
lxi. § 14).
601 Isambert, Anciennes Lois Françaises V. 387.
602 Constit. Sicular. Lib. áá. Tit. xxxvii. § 3.
603 Et post illam inquisitionem, tradat manum ipse camphio in
manu parentis aut conliberti sui ante judicem.—L. Longobard. Lib.
áá. Tit. lv. § 11.
604 Thus the oath administered by the papal legate to William
of Holland, on his receiving knighthood previous to his coronation
as King of the Romans in 1247, contains the clause “pro
liberatione cujuslibet innocentis duellum inire.”—Goldast. Constit.
Imp. T. III. p. 400.
605 Anomalous Laws, Book x. chap. ii. § 9 (Owen, II. 315). The
position thus acquired was that of brother or nephew in sharing
and paying wer-gild.
606 Ut nemo furem camphium mancipiis aut de qualibet causa
recipere præsumat, sicut sæpius dominus imperator
commendavit.—Capit. Carol. Mag. ex L. Longobard. cap. xxxv.
(Baluze).
607 Novel. cñv. cap. iii. § 10—more fully set forth in Lib. ááá.
Cod. Tit. xxvii. l. 11.
608 Conseil. chap. xxxiii. tit. 32.
609 Ibid. chap. xv. tit. 87, which is a translation of Lib. áv. Dig.
Tit. ii. l. 23, § 2.
610 Percutiat si quis hominem infamem, hoc est lusorem vel
pugilem, aut mulierem publicam, etc.—Sachsische Weichbild, Art.
cxxix. “Plusieurs larrons, ravisseurs de femmes, violleurs d’églises,
batteurs à loyer,” etc.—Ordonn. de Charles VII. ann. 1447, also
Anciennes Coutumes de Bretagne (Monteil, ubi sup.).
611 Johen de Beaumont dit que chanpions loiez, prové de tel
chose, ne puet home apelier á gage de bataille an nul quas, si
n’est por chanpion loiez por sa deffansse; car la poine de sa
mauvese vie le doit bien en ce punir.—Livres de Jostice et de Plet,
Liv. ñáñ. Tit. ii. § 4.

612 Campiones et eorum liberi (ita nati) et omnes qui illegitime
nati sunt, et omnes qui furti aut pleni latrocinii nomine
satisfecere, aut fustigationem sustinuere, hi omnes juris beneficiis
carent.—Jur. Provin. Alaman. cap. xxxvi. § 2 (Ed. Schilter.).—Jur.
Provin. Saxon. Lib. ááá. c. xlv.
613 Campionibus et ipsorum liberis emendæ loco datur fulgur
ex clypeo nitido, qui soli obvertitur, ortum; hoc is qui eis
satisfactionem debet loco emendæ præstare tenetur (Jur. Prov.
Alaman. cap. cccv. § 15.—Jur. Provin. Saxon. Lib. ááá. art. xlv.). In
the French version of the Speculum Suevicum, these emblematic
measures of damage are followed by the remark “cestes emandes
furent establies an la vieillie loy per les roys” (P. áá. c. lxxxvi.),
which would appear to show that they were disused in the
territories for which the translation was made.
614 Richstich Landrecht, Lib. áá. cap. xxv.
615 Odofredi Summa de Pugna c. v. (Patetta, p. 489).
616 Lib. Juris Civilis Veron. cap. 125, 126 (Veronæ, 1728, p.
95).
617 L. Longobard. Lib. áá. Tit. lv. §§ 38, 40.
618 Muratori, Antiq. Ital. Dissert. 39.
619 L. Longobard. Lib. á. Tit. ix. § 37; Tit. x. § 4.
620 Vix enim aut nunquam duo pugiles inveniri poterunt sic
æquales, etc.—Constit. Sicular. Lib. áá. Tit. xxxiii.
621 Ibid. Lib. á. Tit. xxxiii.
622 Ibi tunc multi latrones a gladiatoribus singulari certamine
devicti, suspendio perierunt.—Dithmari. Chron. Lib. váá.
623 Jur. Provin. Alaman. cap. xxxvi. § 2; cap. lx. § 1.
624 Sachsische Weichbild, c. lxxxii. § 3.
625 Concil. Eccles. Rotomag. p. 128 (Du Cange).
626 Cod. Leg. Norman. P. áá. c. lxiv. § 19 (Ludewig. VII. 416).
627 De Leg. Angliæ Lib. áá. cap. iii.
628 Bracton, Lib. ááá. Tract. ii. cap. 32 § 7.

629 Ibid. c. 18 § 4.
630 See a case in which Ralph Rusdike, a witness, offers battle
against Elias of Dumbleton—“et Elias defendit totum versus eum
ut versus campionem conductitium et villanus.” Then Ralph shows
that he has an interest in the matter which warrants his acting as
appellor and battle is gaged.—Maitland’s Select Pleas of the
Crown, Vol. I. p. 80. Also another case in 1220 in which the
appellant offers a silver mark to the king for opportunity to prove
that an adverse witness is a hired champion.—Ib. p. 124. Another
case in 1220 (p. 137) shows how customary it was to impugn an
adverse witness as a hired champion.
631 Neilson’s Trial by Combat, p. 49.
632 This charter, which has recently been found among the
records of Durham Cathedral, is printed in the London Athenæum
of November 10th, 1866. It is not dated, but the names of the
subscribing witnesses show that it must have been executed
about the year 1260.
I owe to James Clephan, Esq., of Newcastle-on-Tyne, the
interesting fact that the Sherburn Hospital, Durham, is still in
possession of the vill of century by Ralph, son of Paulinus of York,
who had obtained it as the result of a judicial combat between his
champion and that of the opposing claimants.
633 Neilson, Trial by Combat, p. 51.
634 Lord Eldon, in his speech advocating the abolition of trial
by battle, in 1819, stated, “In these the parties were not suffered
to fight in propria persona—they were compelled to confide their
interests to champions, on the principle that if one of the parties
were slain, the suit would abate.”—Campbell’s Lives of the
Chancellors, VII. 279.
635 Pur felony ne poit nul combattre pur autre; en personal
actions nequidant venials, list aux actors de faire les battailes per
lour corps ou per loyal tesmoigne come en droit reals sont les
combats.—Horne’s Myrror of Justice, cap. iii. sect. 23.
636 Bracton, Lib. ááá. Tract. ii. cap. 21, §§ 11, 12.—Ibid. cap. 24.
637 Regiam Majestatem, Lib. áv. cap. iii.

638 Neilson’s Trial by Combat, p. 115. By the Burgher laws of
Scotland, a man who was incapacitated by reason of age from
appearing in the field, was allowed to defend himself with twelve
conjurators.—L. Burgor. cap. xxiv. §§ 1, 2.
639 Assises de Jerusalem, Baisse Court, cap. 145, 146.—
Beaumanoir, cap. lxi. § 6; cap. lxii. § 4.
640 Beaumanoir, cap. lxi. § 14.
641 Conseil, chap. ññáá. Tit. xiii.
642 Grandes Chroniques T. IV. p. 427.
643 Il est usage que se aucun demende la cort de bataille qui
est juege par champions loées, il la tendra le jor maimes, et si ele
est par le cors des quereléors il metra jor avenant à la tenir autre
que celui.—Coutumes d’Anjou, XIII.
e
Siècle, § 74.
644 Kar haute persone doit bien metre por lui, à deffendre soi,
home, honeste persone, se l’an l’apele, ou s’il apele autre.—Livres
de Jostice et de Plet, Liv. áá. Tit. xviii.
645 Lib. Pract. de Consuet. Remens. § 40 (Archives Législ. de
Reims, Pt. 1. p. 40).
646 Ibid. § 14, p. 37.
647 For de Morlaas, Rubr. liii. art. 188.
648 Quando pugna debet fieri per campionem debet fieri
eorum equa distributio ... et etiam jure longobardo cavetur quod
pugna debet fieri per similes campiones.—Odofredi Summa de
Pugna c. iv. (Patetta, p. 488).
649 L. Jur. Civilis Veronæ cap. 125, 126 (p. 95).
650 Patetta, Le Ordalie, pp. 427-9.
651 Pugiles in Bigorra non nisi indigenæ recipiantur (Lagrèze,
Hist. du Droit dans les Pyrénées, p. 251). By the same code, the
tariff of payment to the champion was 20 sous, with 12 for his
shield and 6 for training—“pro præparatione.”
652 Las Siete Partidas, Pt. váá. Tit. iv. l. 3.
653 Du Boys, Droit Criminel des Peuples Modernes, I. 611-13.

654 Campagnola, Lib. Juris Civ. Veronæ (Veronæ, 1728, p.
xviii).
655 Polyptichum Irminonis, App. No. 33 (Paris, 1836, p. 372).
656 Une malvese coustume souloit courre anciemment, si
comme nos avons entendu des seigneurs de lois.—Cout. du
Beauvoisis, cap. xxxviii. § 15.
657 Hist. des Français, XV
e
Siècle, Hist. xiii.—The tariff of
rewards paid to Blondel, and Beaumanoir’s argument in favor of
mutilating a defeated champion, offer a strong practical
commentary on the fundamental principles upon which the whole
system of appeals to the judgment of God was based—that
success was an evidence of right.
658 Bysshe’s notes to Upton’s De Studio Militari, p. 36.
659 Neilson’s Trial by Combat, p. 150.
660 Hist. Monast. Figeacens. (Baluz. et Mansi IV. p. 1).
661 Abbonis Floriac. Collect. Canon. can. ii.—Histor. Trevirens.
(D’Achery Spicileg. II. 223).—Gerohi Reichersperg. de Ædificio Dei
cap. vá.
662 Schlegel Comment. ad Grágás, p. xxii.—Dasent, in his
Icelandic Chronology (Burnt Njal, I. cciii.), places this in 1006,
and Keyser (Religion of the Northmen, Pennock’s Trans. p. 258) in
1000.
663 The kind of Christianity introduced may be estimated by
the character of the Apostle of Iceland. Deacon Thangbrand was
the son of Willibald Count of Saxony, and even after he had taken
orders continued to ply his old vocation of viking or sea robbing.
To get rid of him and to punish him, King Olaf Tryggvesson of
Norway imposed upon him the task of converting Iceland, which
he accomplished with the sword in one hand and the Bible in the
other.—See Dasent, Burnt Njal, II. 361.—Olaf Tryggvesson’s Saga
c. lxxx. (Laing’s Heimskringla, I. 441).
664 Keyser, op. cit. p. 258.
665 Saxon. Grammat. Hist. Dan. Lib. x.
666 Ibid. Lib. xi.

667 Lünig Cod. Diplom. Ital. I. 2455.—The liberal terms of this
charter show the enlightenment of the Emperor, and explain the
fidelity manifested for him by the imperial cities in his desperate
struggles with his rebellious nobles and an implacable papacy.
668 Neilson’s Trial by Combat, pp. 33, 65, 97.
669 Chart. Commun. Ambianens. c. 44 (Migne’s Patrolog. T.
162, p. 750).
670 The charter is given by Proost, op. cit. p. 96.
671 Ferrum, cacavum, pugnam, aquam, vobis non judicabit vel
judicari faciet (Muratori, Antiq. Ital. Dissert. 38).
672 Priviléges de Lourdes, cap. ii. (Lagrèze, op. cit. p. 482).
673 Ibid., cap. xiii. (Lagrèze p. 484). These privileges were
confirmed at various epochs, until 1407.
674 Statuta Susatensia, No. 41 (Hæberlin Analect. Med. Ævi. p.
513). This is retained in the subsequent recension of the law, in
the thirteenth century (Op. cit. p. 526).
675 Consuetud. Tornacens. ann. 1187, §§ ii. iii. xxi (D’Achery
Spicileg. III. 552).
676 Oudegherst, Annales de Flandre ed. Lesbroussart. T. I. pp.
426 sqq.; T. II. not. ad. fin.
677 Coleccion de Cédulas, etc., Madrid, 1830, Tom. VI. p. 142.
—Memorial Histórico Español, Madrid, 1850, T. I. p. 47.
678 Statuta Commun. apud Crispiacum (D’Achery Spicileg. III.
595).
679 Legg. Villæ de Arkes § xxxi. (Ibid. p. 608).
680 Libertates Villæ Ricomag. § 6 (Ibid. p. 671).
681 E sobre ayso que dam e autreyam als borges de la vielle
de Maubourguet que totz los embars pusquen provar sens
batalhe, etc.—Coutumes de Maubourguet, cap. v. That this,
however, was not expected to do away entirely with the battle
trial is shown by the regulation prescribed in cap. xxxvii.
(Lagrèze, op. cit. pp. 470, 474).
682 L. Burgorum, c. 14, 15 (Skene).

683 Warnkönig, Hist. de la Flandre, IV. 129.
684 In omni mercato Flandriæ si quis clamorem adversus eos
suscitaverit, judicium scabinorum de omni clamore sine duello
subeant; ab duello vero ulterius liberi sint.—Warnkönig. Hist. de la
Flandre, II. 411.
685 Nemo mercatorem de Flandria duello provocabit (Ibid. II.
426).
686 Traité de 1228, art. 3 (Esneaux, Hist. de Russie, II. 272).
687 Belitz de Duellis Germanorum, p. 9. Vitembergæ, 1717.
688 Constit. Frid II. de Jur. Norimb. § 4 (Goldast. Constit. Imp.
I. 291).
689 Sachsische Weichbild, Art. xxxv. lxxii. lxxxi.-lxxxiv. lxxxix.
xc. xcii. cxiv.
690 Henke, Gesch. des Deut. Peinlichen Rechts I. 192 (Du
Boys, op. cit. II. 590).
691 Goldast. op. cit. I. 314.
692 Jur. Cæsar. P. áv. cap. i. (Senckenberg Corp. Jur. German. I.
118). This portion of the Kayser-Recht is probably therefore
posterior to the rise of the Hapsburg dynasty.
693 Belitz de Duel. German. p. 11.
694 Jura Primæva Moraviæ, Brunæ, 1781, pp. 33, 102.
695 “Liber adversus Legem Gundobadi” and “Liber contra
Judicium Dei” (Agobardi Opp. Ed. Baluz I. 107, 301). Both of
these works display marked ability, and a spirit of enlightened
piety, mingled with frequent absurdities which show that Agobard
could not in all things rise superior to his age. One of his favorite
arguments is that the battle ordeal was approved by the Arian
heretic Gundobald, whom he stigmatizes as “quidam superbus ac
stultus hæreticus Gundobadus Burgundionum rex.”
696 Concil. Valentin. ann. 855 can. 12.
697 C. 22 Decreti caus. áá. q. v.
698 Pet. Cantor. Verb. Abbrev. cap. äññvááá .
699 C. 1 Extra Lib. v. Tit. xiv.

700 C. 2 Ibid.
701 Innocent. PP. III. Regest. ñá. 64—Verum quoniam
hujusmodi duellorum judicia juxta pravam quarundam
consuetudinem regionum non solum a laicis seu clericis in
minoribus ordinibus constitutis, sed etiam a majoribus
ecclesiarum prælatis consueverunt, prout multorum assertione
didicimus, exerceri.
702 Concil. Lateranens. IV. can. 18.
703 Consuetud. S. Montisfortis (Contre le Franc-Alleu sans
Tiltre, p. 229).
704 Concil. Parisiens. ann. 1212, P. áv. c. xv. (Harduin. vi. ii.
2017).
705 S. Raymundi Summæ Lib. áá. Tit. iii.—Cardinal Henry of
Susa is equally uncompromising—Hostiensis Aureæ Summæ Lib.
v. Tit. De Cler. pugnant.
706 Alexandri de Ales Summæ P. III. Q. xlvi. Membr. 3.
707 Sec. Sec. Q. 95 art. 8.
708 Wilhelmi Egmond. Chron. (Matthæi Analect. IV. 231).
Proost (Législation des Jugements de Dieu, p. 16) gives this story,
with some variations, as occurring at Mons, and states that the
duel was authorized by no less a personage than Pope John XXII.
Cornelius Zantfliet in his Chronicle (Martene Ampl. Collect. V. 182)
locates it at Cambron in Hainault, and states that the Jew was a
favorite of William Count of Hainault. Mr. Neilson informs me that
Olivier de la Marche likewise adopts Cambron as the scene of the
occurrence. The tale apparently was one which obtained wide
currency.
709 In 1374 Gregory XI. when condemning the Sachsenspiegel
laid especial stress on the passages in which the judicial duel was
prescribed (Sachsenspiegel, ed. Ludovici, 1720, p. 619). As late
as 1492, the Synod of Schwerin promulgated a canon prohibiting
Christian burial to those who fell in the duel or in tournaments.—
Synod. Swerin. ann. 1492, Can. xxiv. (Hartzheim Concil. German.
V. 647).
710 “Et si Deus adest nonne nefas est habendo justitiam
succumbere posse?... Et si justitia in duello succumbere nequit,

nonne de jure acquiritur quod per duellum acquiritur?... stultum
enim est valde vires quas Deo comfortat inferiores in pugile
suspicari.”—De Monarchia áá. 10 (Patetta, Le Ordalie, p. 415).
711 Joh. Friburgens. Summæ Confessorum Lib. áá. Tit. iii. Q. 3-
5.
712 Constit. Sicular. Lib. áá. Tit. xxxii. xxxiii.—“Non tam vera
probatio quam quædam divinatio ... quæ naturæ non consonans,
a jure communi deviat, æquitatis rationibus non consentit.” Cf.
Lib. I. Tit. xxi. cap. 2.
713 Cum viderit innocentes in duello succubuisse, et sontes
contra in sua iniustitia nihilominus victoriam obtinuisse. Et ideo in
jura imperii scriptum est, ubi duo ex more in duellum procedunt,
hoc non pertinet ad imperium.—Jur. Cæsar. P. áá. c. 70
(Senckenberg I. 54).
714 Quilibet sciat imperatorem jussisse ut nemo alterum ad
duellum provocet.... Nemo enim unquam fortiores provocari vidit,
sed semper debiliores, et fortiores semper triumpharunt.—Ibid. P.
áv. cap. 19.
715 Rudolphi I. Privileg. (Ludewig. Reliq. MSS. T. IV. p. 260).
716 Goldast. Constitt. Imp. III. 446.
717 Malleus Maleficar. Francof. 1580, pp. 527-9.
718 Villanueva, Viage Literario, XXII. 288.
719 Los sabios antiguos que ficieron las leyes non lo tovieron
por derecha prueba; ed esto por dos razones; la una porque
muchas vegadas acaesce que en tales lides pierde la verdat e
vence la mentira; la otra porque aquel que ha voluntad de se
adventurar á esta prueba semeja que quiere tentar á Dios
nuestro señor.—Partidas, P. ááá. Tit. xiv. l. 8.
720 Ibid. P. váá. Tit. iii. l. 2, 3. According to Montalvo’s edition of
the Partidas (Sevilla, 1491), these laws were still in force under
Ferdinand and Isabella.
721 Tres dias débese acordar al reptado para escoger una de
las tres maneras que desuso dixiemos, qual mas quisiere porque
se libre el pleyto. ... ca el re nin su corte non han de mandar
lidiar por riepto.—Ibid. P. váá. Tit. iii. l. 4. Some changes were
introduced in these details by subsequent ordinances.

722 Muera quito del riepto; ca razon es que sea quito quien
defendiendo la verdad recibió muerte.—Ibid. P. váá. Tit. iv. l. 4.
723 Crónica de Alfonso el Onceno, cap. ccäñáá.
724 Ordenamiento de Alcalá, Tit. ñññáá. ll. vii.-xi. See also the
Ordenanzas Reales of 1480, Lib. áv. Tit. ix.
725 Meyer, Institutions Judiciaires, I. 337.
726 Nous deffendons à tous les batailles par tout nostre
demengne, més nous n’ostons mie les clains, les respons, les
convenants, etc.... fors que nous ostons les batailles, et en lieu
des batailles nous meton prueves de tesmoins, et si n’oston pas
les autres bones prueves et loyaux, qui ont esté en court laye
siques à ore.—Isambert, I. 284.
Laurière (Tabl. des Ordonn. p. 17) alludes to an edict to the
same purport, under date of 1240, of which I can nowhere else
find a trace. There is no reference to it in the Tables des
Ordonnances of Pardessus (Paris, 1847).
It is a curious illustration of the fluctuating policy of the contest
that in his struggle to enforce the supremacy of the royal
jurisdiction as against the prelates of the province of Reims, one
of the complaints of the bishops at the Council of Saint-Quentin in
1235 is that he forced ecclesiastics in his court to prove by the
duel their rights over their serfs—“Item, supplicat concilium quod
dominus rex non compellat personas ecclesiasticas probare per
duellum in curia sua homines quos dicunt suos esse de corpore
suo” (Harduin. VII. 259).
727 Se ce est hors l’obeissance le Roy, gage de bataille (Étab.
de St. Louis, Liv. áá. chap. xi. xxix. xxxviii.). Beaumanoir repeats it,
a quarter of a century later, in the most precise terms, “Car tout
cil qui ont justice en le conté poent maintenir lor cort, s’il lor
plest, selonc l’ancienne coustume; et s’il lor plest il le poent tenir
selonc l’establissement le Roy” (Cout. du Beauv. cap xxxix. § 21).
And again, “Car quant li rois Loïs les osta de sa cort il ne les osta
pas des cours à ses barons” (Cap. äñá. § 15).
728 Liv. á. chap. xxvii. xci. cxiii. etc. This is so entirely at
variance with the general belief, and militates so strongly with the
opening assertion of the Établissements (Ordonn. of 1260) that I
should observe that in the chapters referred to the direction for
the combat is absolute; no alternative is provided, and there is no

allusion to any difference of practice prevailing in the royal courts
and in those of the barons, such as may be seen in other
passages (Liv. á. chap. xxxviii. lxxxi. cxi. etc.). Yet in a charter of
1263, Louis alludes to his having interdicted the duel in the
domains of the crown in the most absolute manner.—“Sed quia
duellum perpetuo de nostris domaniis duximus amovendum”
(Actes du Parlement de Paris No. 818 A. T. I. p. 75, Paris, 1863).
729 Établissements Liv. á. chap. clxvii.
730 Jur. Provin. Alamann. cap. cäññá. §§ 10, 11, 12.
731 Pilori, échelle, carquant, et peintures de champions
combattans sont marques de haute justice.—Instit. Coutum. Liv.
áá. Tit. ii. Règle 47.
732 Beaumanoir, op. cit. chap. äñá. §§ 11, 12, 13.
In Normandy, these advantages were enjoyed by all seigneurs
justiciers. “Tuit chevalier et tuit sergent ont en leurs terres leur
justice de bataille en cause citeaine; et quant li champions sera
vaincuz, il auront LX sols et I denier de la récréandise.”—Etab. de
Normandie (Ed. Marnier, p. 30). These minutely subdivided and
parcelled out jurisdictions were one of the most prolific causes of
debate during the middle ages, not only on account of the power
and influence, but also from the profits derived from them. That
the privilege of decreeing duels was not the least remunerative of
these rights is well manifested by the decision of an inquest held
during the reign of Philip Augustus to determine the conflicting
jurisdictions of the ducal court of Normandy and of the seigneurs
of Vernon. It will be found quoted in full by Beugnot in his notes
on the Olim, T. I. p. 969. See also Coutumes d’Auzon (Chassaing,
Spicilegium Brivatense, p. 95).
733 See Coutume de Saint-Bonnet, cap. 13 (Meyer, Recueil
d’Anciens Textes, Paris, 1874, I. 175).
734 Les Olim, I. 491. It is perhaps needless to add that
Mathieu’s suit was fruitless. There are many cases recorded in the
Olim showing the questions which arose and perplexed the
lawyers, and the strenuous efforts made by the petty seigneurs to
preserve their privileges.
735 Actes du Parlement de Paris, I. 407.

736 Recueil de Chants Historiques Français, I. 218. It is not
unreasonable to conjecture that these lines may have been
occasioned by the celebrated trial of Enguerrand de Coucy in
1256. On the plea of baronage, he demanded trial by the Court of
Peers, and claimed to defend himself by the wager of battle. St.
Louis proved that the lands held by Enguerrand were not
baronial, and resisted with the utmost firmness the pressure of
the nobles who made common cause with the culprit. On the
condemnation of de Coucy, the Count of Britanny bitterly
reproached the king with the degradation inflicted on his order by
subjecting its members to inquest.—Beugnot, Olim I. 954.—
Grandes Chroniques ann. 1256.
737 Et se li uns et li autres est si enreués, qu’il n’en demandent
nul amesurement entrer pueent par folie en périll de gages
(Conseil, chap. ñv. Tit. xxvii.). Car bataille n’a mie leu ou justise a
mesure (Ibid. Tit. xxviii.). Mult a de perix en plet qui est de gages
de bataille, et mult es grans mestiers c’on voist sagement avant
en tel cas (Cout. du Beauv. chap. lxiv. § 1). Car ce n’est pas coze
selonc Diu de soufrir gages en petite querele de meubles ou
d’eritages; mais coustume les suefre ès vilains cas de crieme
(Ibid. chap. vi. § 31).
738 Actes du Parlement de Paris, T. I. No. 2269 A. p. 217.
739 Beaumanoir, op. cit. chap. lxi. § 63.
740 Grandes Chroniques, T. IV. p. 104.
741 Isambert, II. 702, 806.
742 I have not been able to find this Ordonnance. Laurière
alludes to it (Tabl. dés Ordonn. p. 59), but the passage of Du
Cange which he cites refers only to prohibition of tournaments.
The catalogue of Pardessus and the collection of Isambert contain
nothing of the kind, but that some legislation of this nature
actually occurred is evident from the preamble to the Ordonnance
of 1306—“Savoir faisons que comme ça en arrière, pour le
commun prouffit de nostre royaume, nous eussions defendu
généraument à tous noz subgez toutes manieres de guerres et
tous gaiges de batailles, etc.” It is worthy of note that these
ordonnances of Philippe were no longer confined to the domain of
the crown, but purported to regulate the customs of the whole
kingdom.

743 Willelmi Egmond. Chron. (Matthæi Analect. IV. 135-7).
744 Dont pluseurs malfaicteurs se sont avancez par la force de
leurs corps et faulx engins à faire homicides, traysons et tous
autres maléfices, griefz et excez, pource que quant ilz les avoient
fais couvertement et en repost, ilz ne povoient estre convaincuz
par aucuns tesmoings dont par ainsi le maléfice se tenoit.—
Ordonnance de 1306 (Éd. Crapelet, p. 2).
745 Car entre tous les périlz qui sont, est celui que on doit plus
craindre et doubter, dont maint noble s’est trouvé déceu ayant
bon droit ou non, par trop confier en leurs engins et en leurs
forces ou par leurs ires oultrecuidées (Ibid. p. 34). A few lines
further on, however, the Ordonnance makes a concession to the
popular superstition of the time in expressing a conviction that
those who address themselves to the combat simply to obtain
justice may expect a special interposition of Providence in their
favor—“Et se l’intéressé, sans orgueil ne maltalent, pour son bon
droit seulement, requiert bataille, ne doit doubter engin ne force,
car le vray juge sera pour lui.”
746 Ordonnance de 1306, cap. i.
747 Isambert, II. 850.
748 See Les Olim, passim.
749 Actes du Parlement de Paris, I. 446.
750 Les Olim, III. 381-7.—Vaissette, Hist. Gén. de Languedoc,
T. IV., Preuves, 140-44.
751 Wadding. Annal. Minor. ann. 1312 No. 2.
752 Isambert, III. 40.

753 Chronique Métrique, I. 6375.
754 Et quant au gage de bataille, nous voullons que il en usent,
si comme l’en fesoit anciennement.—Ordonn. Avril 1315, cap. á
(Isambert, III. 62).
755 Nous voullons et octroions que en cas de murtre, de
larrecin, de rapte, de trahison et de roberie, gage de bataille soit
ouvert, se les cas ne pouvoient estre prouvez par tesmoings—
Ordonn. 15 Mai 1315 (Isambert, III. 74).
756 Ancien Coutumier inédit de Picardie, p. 48 (Marnier, Paris,
1840).
757 Ordonn. Mai 1315, P. á. chap. 13 (Isambert, III. 90).
758 Ibid. P. áá. chap. 8 (Isambert, III. 95).
759 Isambert, III. 196-221.
760 Ordonn. 9 Mai 1330 (Isambert, IV. 369).
761 Neron, Récueil d’Édits, I. 16.
762 Dissertations sur la Mythologie Française.
763 Bofarull y Mascaró, Coleccion de Documentas ineditos, VI.
355-59.
764 De Laurière, note on Loysel, Instit. Coutum. Lib. vá. Tit. i.
Règle 22.
765 Froissart, Liv. ááá. chap. xlix. (Éd. Buchon, 1846).
766 Hist. de Charles VI. ann. 1386.
767 Hist. de Charles VI. Liv. vá. chap. ix.
768 Buchon, notes to Froissart, II. 537.
769 Registre du Châtelet de Paris, I. 350 (Paris, 1861).
770 Que jamais nuls ne fussent receus au royaume de France à
faire gages de bataille ou faict d’armes, sinon qu’il y eust gage
jugé par le roy, ou la cour de parlement.—Juvenal des Ursins,
ann. 1409.
771 Monstrelet, Liv. á. chap. lv.

772 Nic. Uptoni de Militari Officio Lib. áá. cap. iii. iv. (pp. 72-73).
773 Très Ancienne Cout. de Bretagne, chap. 99, 129-135
(Bourdot de Richebourg).
774 Ancienne Cout. de Normandie, chap. 53, 68, 70, 71, 73,
etc. (Bourdot de Richebourg).
775 Fors et Cost. de Béarn, Rubr. de Batalha (Bourdot de
Richebourg, IV. 1093).
776 Mathieu de Coussy, chap. cxii.—Ol. de la Marche, ch. xxii.
Such a case as this justifies the opinion quoted by Olivier de la
Marche, “que le gaige de bataille fut trouvé par le diable pour
gagner et avoir les âmes de tous les deux, tant du demandeur
que du deffendeur” (Traité du Duel Judiciaire, p. 4, communicated
to me by George Neilson, Esq.).
777 D. Calmet, Hist. de Lorraine.
778 Jehan Masselin, Journal des États de Tours, p. 320.
779 Archives de Pau, apud Mazure et Hatoulet, Fors de Béarn,
p. 130. There may have been something exceptional in this case,
since the punishment was so much more severe than the legal
fine of 16 sous quoted above (Fors de Morlaas, Rubr. áv.).
780 D. Calmet, Hist. de Lorraine.
781 Brantôme, Discours sur les Duels. An account of this duel,
published at Sedan, in 1620, represents it as resulting even less
honorably to Fendilles. He is there asserted to have formally
submitted, and to have been contemptuously tossed out of the
lists like a sack of corn, Des Guerres marching off triumphantly,
escorted with trumpets.
782 Fontanon, I. 665.
783 Statuta Criminalia Mediolani e tenebris in lucem edita,
Bergomi, 1594.—Statuta et Decreta antiqua Civitatis Placentiæ,
Placentiæ, 1560.
784 Patetta, Le Ordalie, p. 449.
785 Julii PP. II. Bull. Regis pacifici § 2, 1509 (Mag. Bull. Rom. I.
499).
786 Leon. PP. X. Bull. Quam Deo, 23 Julii, 1519 (Ib. p. 596).

787 Patetla, op. cit. pp. 438-46.
788 Eph. Gerhardi Tract. Jurid. de Judic Duellico c. ii. § áá.
789 Quia in duellorum dimicatione plurimæ hinc inde fraudes
committi possunt; raro enim illi inter quos illud fit judicium per se
decertant, sed pugiles conducunt, qui nonnunquam dono, favore,
et promissis corrumpuntur.—L. Uladis. II. c. ix. (Batthyani, I. 531).
790 Reperio tamen indubie vulgarem purgationem sive duellum
in casu sine scrupulo admittendum quum publicæ salutis caussa
fiat: et istud est admodum laudabile.—Damhouder. Rer. Crimin.
Praxis cap. xlii. No. 12 (Antverp. 1601).
791 Concil. Trident. Sess. xxv. De Reform, cap. xix. Detestabilis
duellorum usus fabricante diabolo introductus.
792 Anne is usus relinquendus sit arbitrio principis? Videtur
quod sic, et respiciendum esse principi quid discernat.—Le Plat,
Monument. Concil. Trident. VII. 19.
793 Le Plat, VII. 75.
794 Würdinger, Beiträge, pp. 17, 19.
795 Belitz de Duellis German. p. 15.
796 For these details I am indebted to Du Boys, Droit Criminel
des Peuples Modernes, I. 611-17, 650. See also Patetta, Le
Ordalie, p. 161. The Sachsenspiegel was extensively in use in
Poland, and under it duels continued to be lawful until its
abrogation early in the sixteenth century by Alexander I. (Ib. p.
162).
797 Statut. Roberti III. cap. iii. The genuineness of this statute
has been questioned, but it undoubtedly reflects the practice of
the period. For the evidence, see Neilson (Trial by Combat, p.
256), who further notes the identity of these provisions with
those of Philippe le Bel’s ordonnance of 1306.
798 Neilson’s Trial by Combat, p. 292.
799 Knox’s Hist. of Reformation in Scotland, pp. 322, 446-7.
800 Neilson’s Trial by Combat, pp. 307, 310.
801 Neilson’s Trial by Combat, p. 35. See also a very interesting
essay on the origin and growth of the jury by Prof. J. B. Thayer in

the Harvard Law Review, Jan.-March, 1892.
802 Maitland’s Select Pleas of the Crown, p. xxiv. Whatever
may have been the desire of the royal judges, King John himself
was not averse to it, for there is a record of two duels between
common malefactors ordered to be fought before the king “quia
ea vult videre” (Ib. p. 40).
803 Spelman (Gloss. s. v. Campus) gives a Latin translation of
this interesting document from a MS. of the period.
Mr. Neilson draws (pp. 167, 168) a distinction, which is
evidently correct, between what he calls the chivalric duel,
conducted by marshals and constables, and the ordinary combat
adjudged by the courts of law. The former makes it appearance in
the latter half of the fourteenth century, when the common law
duel was falling into desuetude. As we have seen above, a
somewhat similar development, though not so formally
differentiated, is traceable in France and Italy.
804 3 Henr. VII. cap. á.
805 John Myrc’s Instructions for Parish Priests, p. 26 (Early
English Text Society, 1868).
806 Stow’s Annals, ann. 1492.
807 Spelman, Gloss, p. 103.—Stow’s Annals, ann. 1571.
808 Neilson, Trial by Combat, p. 205.
809 Maitland’s Select Pleas of the Crown, I. 92. See Neilson, p.
154, for an account of a savage combat in 1456 with an approver
who had already caused the hanging of several innocent men. In
this case the judge laid down the law that if the approver was
vanquished the defendant must be hanged for homicide. This
strange ruling is not in accordance with earlier practice. In 1220
an approver accuses seven persons, but is defeated in the first
combat and hanged, whereupon the accused are discharged on
bail (Maitland, Select Pleas, I. 123). See two other cases in the
same year (Ibid. p. 133).
810 Hale, Pleas of the Crown, II. chap. xxix. According to Pike
(Hist. of Crime in England, I. 286 sq.), the record shows that
approvers almost invariably either died in prison or were hanged

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