Raimondo
(accosta una sedia a quella di Luciano, sicchè le due sedie sono a
contatto, e, sedutosi proprio accanto a lui ma un po' più indietro,
continua a parlargli, quasi sulla spalla, in tono di mistero e d'intimità,
suggestivamente.) Nel provarmi ad aiutarti un poco, ho, anzitutto,...
non so perchè... l'ispirazione di richiamare alla tua memoria un
episodio dell'anno passato. Era... la festa di mia moglie. Abitavamo
in città; ed io m'ero recato apposta, la mattina, qui, in campagna,
per cogliere con le mie mani le rose più belle del mio giardino. Non
ne avevo trovate che cinque degne di lei, e glie le avevo offerte. La
sera, tu e gli altri miei discepoli veniste a vedermi per fare gli auguri
a lei ed a me. Mia moglie si era adornata di quelle cinque rose. Se
l'era messe alla cintola, e per tutta la serata le tenne. Verso il tardi,
però, qualche minuto avanti che voialtri vi congedaste, io notai
ch'ella aveva una rosa di meno. Non sospettai neppure per un
istante che l'avesse donata. Sapevo bene di non dover concepire un
sospetto così ingiurioso. Dissi fra me: «sarà caduta». E quando tutti
eravate usciti, io mi detti a farne ricerca. Fu una ricerca paziente,
minuziosa, come se si fosse trattato d'una perla rarissima.
Impossibile trovarla! Quella rosa era sparita. E allora?... Donata, no,
indubbiamente no. Ne ero sicuro come della vista dei miei occhi.
Risultava quindi chiaro che uno di voi aveva raccolta la rosa caduta.
(Breve pausa) Ed ora fammi tu il favore di aiutare me nella
ricostruzione di questo episodio. La vedesti tu, nella sera stessa,
quella rosa, sul petto di qualcuno dei tuoi compagni?
Lìciano
... No... non la vidi.
Raimondo
(guardandolo fisso, con una intensità magnetica) Ciò significa... che
chi ebbe cura di prenderla... ebbe anche cura di nasconderla.
Lìciano