Capponi, austero gentiluomo ed elegante letterato, capo di un'altra
frazione del partito moderato, si riprometteva maggiormente da
legali agitazioni. Il partito radicale aveva sede a Livorno, ove
Guerrazzi ne era l'idolo e Bartelloni il più efficace tribuno; Centofanti
e Montanelli guidavano l'università di Pisa. Intanto le scosse di Roma
propagandosi, eccitavano le popolazioni e sbaldanzivano i governi:
ogni avvenimento diventava festa, ogni festa dimostrazione;
l'anniversario della morte dei Bandiera e della cacciata dei tedeschi
da Genova, l'assunzione del papa, la morte a Genova del celebre
agitatore irlandese O' Connell e di Confalonieri a Milano, la sconfitta
del Sonderbund a Lucerna, i ricevimenti per tutte le capitali italiane
di Cobden e di Cormenin, provocavano esplosioni di rettorica
rivoluzionaria e patriottica. Guerrazzi, commemorando a Gavinana la
morte di Ferruccio, produsse quasi una rivolta: il principe Bonaparte
di Canino, volgare ma coraggioso istrione politico, traversò la
Toscana, poi Genova e finalmente Venezia, vestito da guardia civica
romana, arringando e tirando il publico a teatrali giuramenti colle
spade sguainate nel nome d'Italia. Le riforme concesse troppo tardi,
mal volentieri e a sbalzi, anzichè placare il fermento l'accrescevano;
il nome d'Italia, gridato da tutti, minacciava di morte i governi
regionali; da Livorno si mandò a Garibaldi, divenuto glorioso in
America per battaglie vinte, una spada d'onore, e una medaglia
d'oro ad Anzani che con lui aveva colà organizzato la legione italiana.
A Lucca, siccome Carlo Lodovico seguitava nei più turpi disordini,
ricusandosi con insolente spavalderia a qualunque riforma liberale, il
popolo offeso impegnava contro di lui una lotta, nella quale ebbe
presto il sopravvento. Allora il duca, spaurito e vessato dagli enormi
debiti, precipitò la cessione del ducato alla Toscana; l'Austria
intervenne in nome dei vecchi trattati per ottenere al duca di
Modena la Lunigiana, chiave strategica della media Italia. Corsero
ribalde trattative da tutte le parti, ma la regione restò
momentaneamente a Modena spalleggiata da Vienna. La mala
condotta di Leopoldo verso gli abitanti di Fivizzano, che gli si erano
rivolti per non essere ceduti al duca di Modena ed avevano poi
invocato persino Carlo Alberto e Pio IX, determinarono a Livorno una