esempi, che non meno in Napoli, che ne' Regni di Spagna, han
succeduto i bastardi; ancorchè non risponda a quello, di che veniva
imputato Ferdinando, d'esser figliuol supposto e non naturale
d'Alfonso.
Per questa cagione trovandosi in questi medesimi tempi Ferdinando
nella città di Toro, a' 18 febbraio del nuovo anno 1505 promulgò una
prammatica
[233] colla quale chiamandoli legittimi Re, e suoi
predecessori, confermò tutti i loro atti, concessioni e privilegi,
comandando, che i possessori delle città, castelli, Feudi e di
qualunque ragione, o roba, sia burgensatica o feudale, che si
trovassero possedere in vigore delle loro concessioni, non fossero in
quelle turbati, nè inquietati, nè in giudicio, nè fuori, ma in esse
mantenuti e conservati. Solo permise, che contro gli atti, decreti e
concessioni fatte ne' turbolentissimi anni del Regno di Alfonso II, di
Ferdinando II e di Federico, potesse ciascuno richiamarsi; ma ciò con
sua licenza, prescrivendo loro il modo di ricorrere al suo Vicerè del
Regno, il quale intese le querele, col voto e parere del
Viceprotonotario e del Luogotenente del Gran Camerario, presa
informazione, ne facesse a lui relazione, acciò, che secondo stimerà
egli più giusto, potesse darvi la dovuta providenza; ma che intanto
niuno si molestasse nella possessione, nella quale erano in vigor
delle concessioni, che ne aveano da que' Re ottenute.
Parimente con altra sua Prammatica data nella stessa città di Toro,
cassò, annullò e revocò tutte le concessioni, privilegi, convenzioni,
atti e qualsivoglia altre scritture, che si fossero fatte dal Re Federico
dopo li 25 di luglio del 1501 in avanti, quando perduta Capua,
essendo per lui disperate le cose del Regno, mandò Ambasciadori a'
Capitani del Re di Francia per capitolare la resa di Napoli e suoi
Castelli con le altre Terre e castelli del Regno: le quali, per essere
state estorte con importunità da diversi in quella disperazione e
rivoluzione di cose, credette di poterla rivocare, valendosi di quel
proverbio, che allegò in quella prammatica: Quod importunitate
concessimus, consulto revocamus
[234].