Ammettiamo ch'io abbia ingegno; ammettiamo anche che questo
mio ingegno possa dar vita a qualche valore spirituale, ciò,
imperando la suddetta Dittatura, non farebbe che aumentare il mio
crimine di lesa maestà del lavoro manuale. Oggi il mondo si divide
fra coloro che fabbricano pentoli e coloro che posson riempirli; l'altra
classe, che soleva romperli solamente, non può più sussistere. Oggi
l'umanità non ha bisogno di altro cibo che non sia quello della bocca.
Liberatasi, per modo di dire, dalla sua eredità millenaria, si rifà da
capo con l'idea di instaurare un regno di giustizia universa che
incomincia poi da tutte le ingiustizie e da tutte le tirannie. Be', e
anche questo è fatale! Il fatto si è che, quando si potrà arrivare ad
un assestamento, sempre transitorio, come tutto è transitorio ed
eterno nell'Universo, noi non saremo più. Ma oggi come oggi, nel
centro di questa Città del Capricorno, che è il cuor di Romagna, io
appunto, caro onorevole, non appartengo a nessuna classe, sono
uno sclassificato. Da ciò la mia libertà di giudizio, se così vi piaccia
giudicarla. Alla fin delle fini, non ho nulla da perdere, nulla da
guadagnare. Io non aspetto, accanto, alla mia malinconia, se non
l'ultima sorella della nostra vita. E vivo in un orto. Non da principe,
ve lo assicuro! Ho, con me, una vecchia donna ed un gatto. Mi
accontento. Potevo rimanermene nelle metropoli tumultuanti... ho
preferito il nido dal quale credetti allontanarmi per sempre, a sedici
anni. Noi, romagnoli, soffriamo di nostalgia acuta. Questa nostra
terra non cessa mai di chiamarci, anche nella estrema distanza.
Quando si incomincia a sentir di morire, bisogna rispondere alla sua
voce lontana. Val la pena di ritornare per ritrovar un po' dei nostri
quindici anni all'angolo di una strada malinconica e solitaria, sulla
porta di un giardinetto di beghine, al davanzale di una finestrella che
non avrà tramutato. Ed ecco perchè io sono ritornato sotto lo
stemma del patrio Comune, all'ombra dell'aquila imperiale con l'uovo
gallato della Democrazia!... Libertas!... La parola è lassù, guardatela
— e levò il braccio verso il fastigio del Palazzo Comunale. — E da più
di settecent'anni il popolo nostro, per varie forme e concetti, parla e
si ordina in Repubblica! Libertà!... Qui, dove era più caldo il cuore,
più facilmente l'uovo dette vita al secolare pulcino. In altri luoghi
apparve la stessa parola, ma l'uovo rimase infecondo; solo da noi si