dagli alti giudicii divini: poichè contra la natura delle stagioni i giorni
erano tepidi e sereni, come sogliono essere i più belli giorni di
primavera; e quelli, ch'erano rimasi al presidio di S. Germano, non
mostrarono quel valore nel difenderlo, ch'egli s'avea promesso;
perchè in brevi dì, per la virtù de' Cavalieri franzesi, dato l'assalto
alla terra, con tutto che i Saraceni valorosamente si difendessero, fu
nondimeno quella presa e gran parte del presidio uccisa.
Come Manfredi intese la perdita di S. Germano, ritornando di là la
gente sconfitta, sbigottì: e mandata molta gente a presidiar Capua,
egli consigliato dal Conte Gualvano Lancia, e dagli altri suoi fidati
Baroni, si ritirò nella città di Benevento, per aver l'elezione, o di dar
battaglia all'inimico quando volea, ovvero di ritirarsi in Puglia se
bisognasse. Il Re Carlo intendendo la ritirata di Manfredi in
Benevento, si pose a seguitarlo, e giunse a punto il sesto dì di
febbraio alla campagna di Benevento, e s'accampò due miglia
lontano dalla città, e manco d'un miglio dal campo de' nemici. Allora
Manfredi col consiglio dei principali del suo campo deliberò dar la
battaglia, giudicando, che la stanchezza de' soldati di Carlo potesse
promettergli certa vittoria. Dall'altra parte Re Carlo spinto dall'ardire
suo proprio, e da quello, che gli dava la fortuna, la qual pareva, che
a tutte l'imprese sue lo favorisse, posto in ordine i suoi, ancorchè
stanchi, uscì ad attaccare il fatto d'arme, onde si cominciò quella
memoranda, e fiera battaglia, la quale non è del nostro istituto
descriverla a minuto, potendosi con tutte le sue circostanze leggere
nell'Anonimo, nel Summonte, Inveges, Tutini; e presso molti altri
Istorici, che la rapportano.
L'infelice Manfredi mentre la pugna tutta arde, ed egli la mira da un
rilevato colle, vede due schiere del suo esercito, ch'erano malmenate
da' nemici, e volendo movere la terza, ch'era sotto la sua guida,
tutta di Pugliesi, grida a' Capitani suoi, che tosto ivi accorressero alla
difesa, s'avvede che molti de' nostri Regnicoli corrotti da Carlo,
seguivano il suo partito, e con infame tradimento non ubbidivano,
ma s'astenevano di combattere, quando il bisogno più lo
richiedeva
[105]. Allora Manfredi con animo grande ed invitto,
deliberando di voler più tosto morire, che sopravvivere a tanti