Reality Through the Arts 8th Edition Sporre Test Bank

gnanosyaj 12 views 33 slides Apr 26, 2025
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L'anidride solforosa è abbastanza solubile nell'acqua, colla quale si
combina formando l'idrato o acido solforoso (SO₃H₂); in più forte
proporzione si scioglie anche nell'alcool. Essa quindi viene facilmente
assorbita tanto dal mosto che dal vino, nei quali però in gran parte si
trasforma in acido solforico, o si combina con le aldeidi.
Alla temperatura ordinaria di 15° centigradi un litro di acqua può
assorbire o disciogliere 47 litri di gas solforoso, e un litro di alcool
assoluto, cioè a 100°, circa litri 155.
Il gas ottenuto dalla combustione dello zolfo, o cogli altri processi
anzicennati, si può conservare in recipienti chiusi tanto in soluzione
acquosa come in soluzione alcoolica. Entrambe queste soluzioni si
vendono in commercio a buon prezzo, ma occorre assicurarsi, prima
di adoperarle, del contenuto in anidride, perchè variano facilmente di
titolo, a causa dell'avidità che ha l'anidride idratata per l'ossigeno
dell'aria, col quale si combina, trasformandosi in acido solforico, e
per la tendenza a sprigionarsi dal liquido col variare della pressione e
della temperatura. Inoltre conoscendo esattamente il titolo si può
misurare la quantità di gas che occorre aggiungere a un ettolitro di
mosto o di vino.
L'acqua solforosa a 4° Beaumé, contenente circa 50 grammi di
biossido di zolfo disciolto, si vende in commercio a 90 centesimi —
una lira al litro —. La soluzione alcoolica costa di più pel valore
dell'alcool e per la maggiore quantità di gas che contiene. Di rado
però, anzi quasi mai si adopera per prepararla il vero alcool assoluto,
generalmente si impiega invece l'alcool di cereali, rettificato a 96°
centesimali.
Per avere una idea del coefficiente di solubilità del gas solforoso
nell'acqua e nell'alcool del commercio a diverse temperature, diamo
nelle due tabelle seguenti alcune cifre in volume e in peso che si
riferiscono a soluzioni sature:
Solubilità dell'anidride solforosa nell'acqua.

Quantità in volume e in peso di gas anidride solforosa solubile in 1 litro
d'acqua alla pressione di mm. 760 e alla temperatura di:
 
Temperatura C. 0° 4° 10° 15° 20°
litri 79.79 69.83 56.65 47.28 39.37
grammi 228.99197.33156.49128.63105.29
Solubilità dell'anidride solforosa nell'alcool.
Quantità in volume e in peso di gas anidride solforosa solubile in 1 litro di
alcool a 96° e alla pressione di mm. 760.
 
Temperatura C. 0° 4° 10° 15° 20°
Litri 318.66257.97184.96140.66111.47
Grammi 914.67729.02510.90382.68298.11
In pratica, come giustamente fa osservare il prof. Sannino, non
conviene preparare le soluzioni sature, ma un po' diluite, alla metà
od a un terzo, per evitare la facile variazione del titolo. — Tali
soluzioni vanno riposte in recipienti di vetro ben tappati e conservate
in luoghi freschi.
Il titolo della soluzione acquosa, o alcoolica di anidride solforosa si
determina in laboratorio con una soluzione titolata normale di jodio,
la quale viene schiarita e privata della proprietà di colorirsi in azzurro
in presenza di alcune gocce di salda d'amido che funziona da
indicatore.
Per la soluzione acquosa si può anche ricorrere, con maggiore
sollecitudine, alle indicazioni della densità; conosciuta questa si
ricava subito approssimativamente il percento di anidride solforosa
con la tavola qui appresso di H. Schiff.
Densità della
soluzione acquosa a
15° C.
Anidride
solforosa in
peso %
Densità della soluzione
acquosa in peso % a
15° C.
Anidride
solforosa in
peso %
 

1.0049 2 — 1.0343 12 —
1.0102 4 — 1.0410 14 —
1.0158 6 — 1.0480 16 —
1.0217 8 — 1.0553 18 —
1.0278 10 — 1.0629 20 —
La densità costituisce un dato attendibile per la valutazione del titolo,
quando la soluzione non fu aereata, perchè si forma allora dell'acido
solforico che fa crescere il peso specifico.
Si trova anche oggi in commercio l'anidride solforosa liquida che si
prepara prima allo stato gassoso nelle stesse fabbriche di acido
carbonico liquido, e mediante potenti cilindri compressori si
introduce nelle così dette bombole di acciaio, dove si liquefa sotto la
pressione; poi si estrae da queste bombole al momento di
adoperarlo, col mezzo di apposita valvola di riduzione, nello stesso
modo con cui si estrae l'acido carbonico.
L'uso delle bombole di anidride solforosa comincia a diffondersi nelle
cantine di una certa importanza, per la solforazione dei vasi vinari e
delle grandi masse di mosto; esso però presenta la difficoltà di non
lasciare facilmente misurare le piccole quantità di gas per
sospendere il getto in tempo utile.
Si può, è vero, valutare il gas consumato dalla differenza di peso
della bombola prima e dopo la solforazione, ma ciò oltre a essere
malagevole in pratica, ove non si possono fare pesate esatte, non
giova, come abbiamo detto a far sospendere l'operazione in tempo
utile.
Occorrerebbe un piccolo misuratore applicabile alla valvola di
riduzione, il quale dovrebbe presentare i requisiti di costare
relativamente poco e di non complicare troppo l'apparecchio
riduttore. Raccomandiamo la cosa all'egregio ingegnere Ghinozzi che
si è in special modo occupato della preparazione del gas solforoso
liquido per uso enologico, e degli apparecchi relativi, perchè sarebbe
sommamente giovevole, tanto in cantina, come nelle filtrerie, di
poter disporre a ogni occasione di qualunque quantità abbisognevole

di anidride solforosa liquida o gassosa, racchiusa in bombole a
perfettissima tenuta.
L'anidride solforosa secca, o idratata, possiede in grado diverso delle
proprietà antisettiche ma non disinfettanti. Non uccide quindi i
microorganismi delle fermentazioni se non in condizioni speciali e ad
alte dosi, ne arresta però l'attività fisiologica, sia per la sua azione
diretta come acido, sia per il forte potere riducente, di sottrarre cioè
l'ossigeno ai liquidi e alle sostanze che ne contengono, per
trasformarsi in acido solforico. Assorbendo l'ossigeno nel mosto,
mette le cellule del fermento nella condizione di non potersi
sviluppare e le costringe a depositarsi al fondo della massa liquida,
allo stato inattivo completo o parziale, secondo le dosi.
In dose moderata essa agisce anche come acido sui bacterï delle
malattie e specialmente sopra certe secrezioni del fermento,
conosciute coi nomi di diastasie, enzimi, ecc. le quali divengono
incapaci di provocare taluni fenomeni a loro proprii, come
l'annerimento del vino o casse dei francesi, la inversione del
saccarosio, ecc.
Ma oltre che sui microorganismi e sulle secrezioni ossidanti di questi,
l'azione della anidride solforosa si estende anche a parecchi
componenti del mosto e del vino, sopratutto sul cremore, sulle
aldeidi e sulla materia colorante.
Quella parte di gas solforoso idratato che assorbe l'ossigeno disciolto
nella massa liquida e che si trasforma in acido solforico, scompone il
cremore o tartrato acido di potassa, di cui l'acido tartarico resta
libero e la potassa si unisce all'acido solforico, formando il solfato
acido di potassio che va ad aumentare, sebbene in tenue quantità,
gli effetti della gessatura. La proporzione di questo solfato cresce,
sempre in ristretti limiti, in ragione del volume di aria contenuta nel
liquido solforato.
Nei vini, e nei mosti già fermentati in parte, una quantità più
sensibile di acido solforoso si unisce con le aldeidi che sono prodotti
di prima ossidazione degli alcool, formando dei composti solforoso-

aldeidici, che sono meno attivi dell'acido solforoso libero e che, per
conseguenza, vengono dall'igiene tollerati nelle bevande vinose in
più alta proporzione.
Assai più energica, per quanto indefinita, che non sugli altri
componenti, è l'azione dell'anidride solforosa sulla materia colorante,
ed è questo il più serio inconveniente che fa restringere ed anche
eliminare completamente da alcuni la pratica della solforazione
nell'industria dei filtrati rossi. Per fortuna però la decolorazione che
essa produce non è stabile: il colore riappare in gran parte dopo che
il gas solforoso si fa sprigionare dal liquido, mediante
l'arieggiamento.
Inoltre, l'azione decolorante sull'enocianina, o pigmento dell'uva, non
si manifesta di fronte a piccole dosi dell'antisettico. Ne occorre una
quantità superiore ai quattro grammi per ettolitro per incominciare a
vedersi un leggero scoloramento della massa, mentre si può arrivare
anche ai dieci grammi senza temere di compromettere l'intensità
colorante del vino o del mosto, la quale si può attenuare
provvisoriamente, ma è capace di riacquistare il primitivo tono al
solo travaso all'aria.
D'altronde, sia che si voglia prevenire o curare la casse dei vini, sia,
come nel caso che ci riguarda, che si miri a tener inerti i
microorganismi della fermentazione nel filtrato, le dosi suindicate di
anidride solforosa sono bastevoli per lo scopo che si vuole
raggiungere.
Ad arrestare completamente la fermentazione alcoolica nel mosto
occorrono invero circa 30 grammi di anidride solforosa libera per
ettolitro, ma questa forte proporzione si riferisce a mosti normali,
ricchi di lievito e di nutrimento azotato; i filtrati invece, siccome
abbiamo fatto rilevare, specie se preparati con la voluta accuratezza,
contengono un numero molto esiguo di cellule del fermento e sono
altresì un po' spoveriti delle sostanze nutritive per quelle. Essi perciò
senza altro trattamento arrivano a conservarsi muti per un certo
tempo, basta una piccola dose di antisettico per aiutarne e protrarre
efficacemente la conservazione.

*
*
*
Solfiti e bisolfiti. — L'anidride solforosa impiegata in enologia allo
stato gassoso, e in soluzione, spiega un pronto effetto sul mosto o
sul vino; la sua azione cioè è immediata ed anche troppo energica
per certe circostanze, senza che permanga a lungo. Essa è
preferibile perciò in quei casi in cui si voglia reprimere una malattia
già scoppiata, o togliere un difetto manifesto. Quando invece si
tratta di prevenire un malanno o d'impedire, per certo tempo, lo
sviluppo della fermentazione, come nel caso dei filtrati, conviene
meglio provocare un'azione meno potente, ma continuata
dell'antisettico. In questo caso si ricorre con maggior profitto alle
combinazioni solide dell'anidride.
Se il gas solforoso che si produce dalla combustione dello zolfo,
dall'arrostimento delle piriti ecc., si fa gorgogliare in una soluzione di
potassa, oppure nell'acqua di calce, si possono avere due serie di
composti solforosi: solfiti primarï o bisolfiti, e solfiti secondarï o
neutri, a seconda che venga sostituito uno solo o tutti e due gli
atomi di idrogeno basico.
Fra i composti primari i più importanti in enologia sono il bisolfito di
potassio (SO₃KH) e il bisolfito di sodio (SO₃NaH); tra quelli secondarï
i solfiti delle stesse basi (SO₃K₂) (SO₃Na₂) e il solfito di calcio
(SO₃Ca). Di questi si preferiscono principalmente il bisolfito potassico
e il solfito di calcio, preparati puri per uso enologico.
*
*
*
Bisolfito di potassio, o bisolfitina. — È un sale incolore, a reazione
acida, cristallizza in aghi prismatici idrati con una molecola d'acqua di
cristallizzazione. È molto solubile nell'acqua, insolubile nell'alcool
assoluto; a contatto dell'aria si altera facilmente e sprigiona molto
gas solforoso, bisogna perciò conservarlo in vaso di vetro a colore,

tappato bene con tappo di caoutchouc o di sughero paraffinato, in
modo da impedire la penetrazione dell'aria.
In commercio si vende tanto in soluzione, che non conviene
acquistare per la facile variazione del titolo, come in blocchi
cristallini, racchiusi in flaconi da 500 e da 1000 grammi al prezzo di
L. 4,50-5 al kg.
Il suo peso molecolare è 138, in cui sono contenute 63,98 parti di
anidride solforosa, pari a 46,38%. Viene facilmente decomposto
dagli acidi e dai sali acidi del mosto e del vino, coi quali si combina,
cedendo la potassa, mentre si sprigiona il gas solforoso che agisce
con abbastanza rapidità ed energia.
Il bisolfito di potassio quindi, per la sua prontezza di azione viene
subito dopo alle soluzioni solforose; si adopera specialmente per
arrestare la casse o le malattie del vino, alla dose di 10 a 20 grammi
per ettolitro. Nella industria dei filtrati bianchi può impiegarsi come
utile surrogato alla diretta solforazione del mosto per agevolare la
defecazione, e pei filtrati rossi noi lo abbiamo spesso consigliato in
piccole dosi (5 a 10 gr. per ettol.) allorquando si è voluta frenare la
fermentazione tumultuosa del mosto nel serbatoio del filtro, durante
il lavoro di filtrazione, specialmente nelle giornate di scirocco e coi
filtri chiusi del Rouhette. Si evita così il pericolo di ottenere filtrati
magri, a lavoro inoltrato, per soverchio riscaldamento della massa
nel cassone del filtro, senza tema di vedere attenuata l'intensità
colorante del filtrato, o di saturare una parte sensibile dell'acidità
naturale.
Quando si vuole invece conseguire un effetto più duraturo, conviene
ricorrere al solfito di calcio che è meno solubile del bisolfito di
potassio.
*
*
*
Solfito di calcio. — È anche questo un sale incolore, inodore e a
sapore neutro. Cristallizza in piccoli prismi aghiformi con una

molecola d'acqua, quello preparato in commercio, per uso enologico,
è in polvere bianca, amorfa. Il suo peso molecolare è 138,
perfettamente uguale a quello del bisolfito di potassio: contiene
anch'esso la medesima proporzione del 46,38% di anidride solforosa
combinata, con la sostanziale differenza però che, essendo poco
solubile, abbandona molto lentamente il gas solforoso.
Aggiunto infatti al mosto, o al vino, precipita subito al fondo del
recipiente, dove viene decomposto dall'acidità naturale del liquido
adagio adagio, senza interruzione, dando luogo ad uno svolgimento
ininterrotto e costante di gas solforoso, che si diffonde nella massa
ostacolando lo sviluppo o l'attività dei microorganismi della
fermentazione e delle comuni malattie.
Il solfito di calcio per questa sua proprietà, di essere assai meno
solubile degli altri composti affini, è un ottimo agente conservatore
del mosto e del vino, in seno ai quali spiega il suo potere antisettico
per un tempo variabile dai 30 ai 40 giorni, alla dose di 10 a 15
grammi per ettolitro. Esso viene frequentemente adoperato per
aiutare la conservazione del mosto filtrato, durante il viaggio.
Il solfito di calcio agisce chimicamente sul mosto e sul vino nello
stesso senso del bisolfito di potassio: la calce precipita nelle feccie
allo stato di bitartrato e di malato di calcio insolubili, che agevolano,
cadendo, la defecazione del liquido, mentre l'anidride solforosa viene
assorbita dalla massa liquida, dando luogo in parte alle reazioni
chimiche accennate innanzi.
L'acidità complessiva del mosto o del vino solfitato subisce, per
effetto della precipitazione dei sali di calcio, una leggera
diminuzione, ad evitare la quale opportunamente si suggerisce di
aggiungere, assieme al solfito, una quantità doppia di acido tartarico
allorquando si tratti di liquidi vinosi piuttosto scarsi di acidità
naturale.
*
*
*

Pratica della solforazione e della solfitazione. — Nell'industria e nel
commercio dei filtrati dolci, le solforazioni dei recipienti e dei filtrati
stessi debbono essere praticate con molto maggiore discernimento
che nella conservazione del vino, sia per il fatto menzionato di
dovere evitare la possibile scolorazione dei filtrati rossi, sia anche per
non alterare menomamente il gusto, che deve presentarsi in tutta la
sua vellutata freschezza.
Abbiamo già detto che lo scoloramento del mosto rosso per effetto
dell'anidride solforosa in moderata quantità aggiunta, non è
permanente, ma piuttosto temporaneo, perchè il colore ricompare
quando l'anidride si sprigiona dalla massa liquida mediante
opportuna aereazione. Ma in commercio raramente si tien conto di
questa circostanza dai commercianti più colti; la maggior parte di
essi invece vuole il filtrato rosso col suo colore intenso e vivace, alla
consegna, pronto a imporre una diminuzione di prezzo nel caso
contrario. Da ciò si deduce che allorquando si preparano filtrati rossi
per conto di terzi, se non si vuole rischiare di indebolire, anche
apparentemente, in certo grado, l'intensità del colore e non si
vogliono per conseguenza offrire al compratore motivi di lagnanze o
di proteste, conviene o bandire del tutto l'uso del fumo di zolfo e dei
prodotti solforosi, ovvero adoperarli in leggerissime proporzioni, in
modo da non introdurre nel mosto più di 5 grammi di gas anidride
solforosa per ettolitro. Bisogna allora curare di conseguire, al
massimo grado, la perfetta limpidezza del prodotto.
Trattandosi invece di filtrati bianchi, la solforazione o l'aggiunta di
solfito si può sempre fare, anzi conviene farla, senza però abusarne
per non sciupare il sapore del filtrato che può contrarre facilmente il
gusto di zolfo e pungere la gola all'assaggio organolettico.
Per la solforazione dei fusti da trasporto, prima del riempimento, o
delle botti da cantina, il mezzo più acconcio è quello di ricorrere alla
combustione delle micce di zolfo, nel solito cestellino metallico,
pensile, o meglio col fornello solforatore esterno. Due a tre grammi
di zolfo per ogni ettolitro di capacità sono sufficienti, perchè
teoricamente producono da 4 a 6 grammi di anidride solforosa. Le

micce però devono essere preparate con zolfo puro, non solo, ma
con tela o carta pulita, essendo probabile che vengano in commercio
adoperate persino le strisce di cenci di ospedali impregnate di
sostanze cattive medicamentose.
A tal proposito un cantiniere bordolese, il signor Grégor, per evitare
l'introduzione nelle micce di qualsiasi sostanza estranea nociva,
prepara le pastiglie a guisa delle tavolette di cioccolata, senza la
pezzuola interna, che egli chiama soufre sans linge e che abbrucia in
apposito fornelletto.
Comunque poi si operi bisogna aver cura di non far cadere nei fusti
delle gocciole di zolfo fuso durante la combustione delle micce,
perchè si potrebbero sviluppare poi nel filtrato odori cattivi di acido
solfidrico o di mercaptani.
I fusti solforati si tengono chiusi sino al momento di riempirli di
mosto filtrato, che si fa cadere al fondo con un tubo di gomma se
non si vuole fargli assorbire troppo vapore solforoso.
Per la solforazione diretta del mosto grezzo, o del filtrato, è più
conveniente ricorrere alle soluzioni titolate, indicate innanzi, di
anidride solforosa e al bisolfito di potassio allorchè si desidera
un'azione immediata, al solfito di calcio come preventivo. Le
soluzioni titolate e il bisolfito presentano il vantaggio, di fronte al gas
solforoso libero, di permettere la esatta misura, e la più completa
utilizzazione, della quantità di anidride che si vuole aggiungere a
ogni ettolitro di liquido, mentre agiscono identicamente nel loro
effetto pronto e breve. Nella preparazione dei filtrati bianchi sono
perciò da preferirsi alle micce, così pure quando occorra frenare la
fermentazione troppo violenta del mosto grezzo durante la filtrazione
o prima.
La quantità di soluzione o di bisolfito da aggiungere dev'essere tale
da non superare, un massimo di 10 grammi di anidride nei mosti
bianchi e di 5 grammi nei mosti rossi. L'aggiunta si fa direttamente
alla massa liquida che va rimescolata in recipiente chiuso per meglio

distribuire l'antifermentativo, senza provocare soverchio
arieggiamento.
Il solfito di calcio è da preferirsi per la conservazione del filtrato
durante il trasporto: nei filtrati rossi, quando non se ne può fare a
meno, se ne aggiungono 5 a 8 grammi per ettolitro, ossia 30 a 50
grammi per ogni fusto ordinario di 650 litri. Questa dose è sufficiente
a ostacolare il riattivarsi della fermentazione, specie se il filtrato è
ben limpido, e l'azione antisettica può durare per 10-15 giorni. Nei
filtrati bianchi se ne può mettere anche una quantità doppia (10 a 15
grammi) se non abbiano subiti precedenti solforazioni durante il
processo preparatorio.
L'aggiunta del solfito di calcio si fa pure direttamente dal cocchiume,
nei fusti pieni, perchè essendo pesante va presto a depositarsi al
fondo, dove viene intaccato lentamente dagli acidi.
Nei filtrati di limpidezza incerta o torbidicci la fermentazione non si
può frenare senza una dose abbastanza forte di solfito di calcio, dose
che dovrebbe arrivare anche ai 200 grammi per ettolitro nei casi di
fermentazione normale
[3], ma allora si altera la composizione del
mosto, per cui miglior partito sarebbe quello o di filtrare il mosto,
oppure destinarlo alla vinificazione invece di esitarlo come filtrato
dolce.
Trasporto dei filtrati.
Trasporto della materia prima — uve e mosti grezzi. — Il trasporto
delle uve dal vigneto alla tinaia, o al palmento, varia nei suoi modi
col variare dei mezzi che sono in uso nelle diverse regioni. Sarebbe
troppo lungo e anche fuori di luogo il volerli qui descrivere; diremo
solo che il miglior modo è quello, quando si può, di trasportare le
uve intatte allo stabilimento, in ceste, cassette ecc., perchè
l'ammostatura grossolana, o completa, eseguita in campagna sul
vigneto può dar luogo a vari inconvenienti, primi fra tutti

l'inquinamento di germi di malattie del vino e uno sfrido non
indifferente.
Quando si adopera come materia prima dei filtrati il mosto grezzo dei
palmenti pubblici o privati, il trasporto alla filtreria si eseguisce in
Puglia, a Barletta dalle squadre dei cosidetti tramutatori o brentatori.
Ogni squadra si compone di tre brentatori propriamente detti e di un
carrettiere che appresta per suo conto il carretto (trainella) con due
cavalli. I brentatori provvedono 14 barili solidi della capacità di 60
litri l'uno.
Negli stabilimenti importanti, dove si vinificano le uve di molti
proprietarii si trovano una o due squadre fisse di brentatori che
stabiliscono col proprietario dello stabilimento una specie di
convenzione, in base alla quale tutto il mosto che esce dallo
stabilimento, detto a Barletta anche trappeto, dev'essere trasportato
dai brentatori ivi addetti. Una squadra di brentatori può anche
abbracciare due o tre stabilimenti piccoli, situati nelle vicinanze.
Il mosto si misura al trappeto col decalitro di legno: uno dei
brentatori riempie i primi sette barili, mentre gli altri due li caricano
sul carro, la cui lettiera presenta una imbottitura di sarmenti o di
gabbiuzze. Adagiati i sette barili in fila, l'uno accanto all'altro, li
legano con due tratti di fune, due dei brentatori montano sul carro
mentre il carrettiere sferza i cavalli al trotto. Nella figura 14 si
osserva uno di questi carri che a Barletta, in vendemmia sono
frequentissimi e anche pericolosi quando sono in corsa, pei passanti.
Giunto il carro a destino si vuota con rapidità il mosto dai barili che
vengono tosto riadagiati sul carro e via di corsa un'altra volta al
trappeto, ove il terzo brentatore fa trovare gli altri sette barili pieni.

Fig. 14 — Trasporto del mosto a Barletta.
Il servizio dei brentatori a Barletta è caratteristico ed è organizzato in
modo da riescire così celere che può dirsi unico del genere in Italia. I
brentatori sono uomini robusti, di muscoli, dicono in linguaggio
locale, e sembrano artiglieri agilissimi. Un barile pieno, con 60 litri di
mosto, ha il peso lordo di circa 75 kg. che essi maneggiano da soli
con una grande facilità e destrezza, poi montano sul carro, mentre
questo è in movimento, poggiando uno dei piedi sopra un raggio
della ruota e slanciandosi come abili ginnasti.

Fig. 15 — Trasporto del mosto negli otri.
Un carro carico di mosto ha precisamente sei barili da 60 litri, il
settimo è da 50 che dicesi mantegna per formare giuste due some
(litri 410). Secondo le distanze può fare in 12 a 14 ore da 30 a 40
viaggi, trasportando così da 60 a 80 some di mosto (120 a 160
ettol.) con una spesa di trasporto che varia pure a norma le distanze,
da 50 centesimi a una lira per soma.
La celerità del servizio porta però l'inconveniente di uno sfrido
piuttosto forte, perchè con gli urti ed anche cogli sbalzi del carro,
spesso saltano i tappi di sugheri, applicati leggermente con una
pezzuola al cocchiume dei barili e si getta una porzione di mosto:

per cui il carro trovasi sempre bagnato di mosto che sgocciola
continuamente dalla lettiera.
In altri paesi della Puglia il trasporto dei mosti si fa anche in otri di
capra a spalla d'uomo o su carri (fig. 15), ma raramente questi si
adoperano per trasportare il mosto da filtrare.
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Trasporto del filtrato. — Il filtrato dolce, appena esce dal filtro vien
messo negli ordinarii fusti da trasporto, della capacità di 600 a 650
litri e della tara di kg. 90 a 95, se di castagno, kg. 120 a 125, se di
rovere. Questi fusti si lasciano un pochino smezzati, con circa 10 a
15 litri di vuoto e si chiudono al cocchiume con tappo di sughero
(raramente di legno) forato nel mezzo, per applicarvi la solita
cannula a imbuticino di latta (fig. 16) necessaria allo sfogo del gas
acido carbonico in caso di risvegliata fermentazione del mosto
durante il viaggio. La cannula porta due striscette che s'inchiodano,
assieme a un foglio della latta, sulle doghe attorno al cocchiume, per
tener fermo l'imbuto e nascondere il tappo. L'applicazione della
cannula naturalmente vien fatta nel vagone ferroviario o a bordo del
vapore se la merce viaggia per mare.
Fig. 16 — Fusto da trasporto pieno di filtrato.

I fusti devono essere precedentemente abboniti come dicemmo
innanzi.
Il trasporto del filtrato si fa tanto per via mare che per via di terra, a
servizio accelerato, per evitare che la fermentazione si ridesti e
scomponga buona parte dello zucchero del mosto durante il viaggio.
Pei trasporti dalla Puglia ai diversi mercati dell'alta Italia ed anche
all'estero, il viaggio dura da 3 a 8 giorni al massimo. Quasi sempre il
trasporto si fa in fusti, dei quali un vagone da 10 tonnellate può
contenerne 13 a 14 in carico anormale, cioè sovrapposti. Un vagone
da 12 tonnellate può contenere 15 a 17 fusti. Lo speditore deve
firmare, alla partenza del carro, un bollettino di garanzia, col quale
esonera l'amministrazione ferroviaria da qualsiasi responsabilità, per
spandimenti o altro, e di più si obbliga a indennizzare la ferrovia nei
casi di guasti prodotti al vagone dalla conseguenza del carico mal
fatto. Un tale bollettino ha suscitate vive proteste nel ceto
commerciale, proteste delle quali si è fatto eco presso il governo
l'onorevole Spagnoletti, deputato di Barletta, ma l'amministrazione
ferroviaria per varie ragioni non ha concessa nessuna modificazione.
È bene perciò affidarsi, pel trasporto, a qualche ditta specialista che
assuma per proprio conto la responsabilità del servizio (vedi pag.
105).
Il filtrato si può trasportare anche nei serbatoi di legno, a due botti o
in quelli metallici intonacati di enofillassina internamente e racchiusi
nei vagoni per sottrarli alle manomissioni e all'azione diretta dei raggi
solari, che riscalderebbero il mosto eccitandone la fermentazione.
Per quanto poi si siano adottati i mezzi di conservazione durante il
viaggio, la fermentazione facilmente si ridesta, specialmente se
favorita dal calore eccessivo. Il vento di scirocco anche in questo
caso è lo stimolante più temibile della fermentazione. Il
commerciante perciò difficilmente si arrischia a garantire il grado
zuccherino del filtrato allo arrivo a destino, ma ne fa la consegna al
luogo di partenza o lavora in base alla marca.

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*
Calo. — Durante il viaggio si verifica sempre un pò di calo in peso,
dovuto allo svolgimento del gas acido carbonico se si ripristina la
fermentazione del filtrato, e in piccola parte anche all'evaporazione
attraverso i pori delle doghe.
Il calo per fermentazione non si può tradurre in cifra da servire di
norma in commercio, perchè dipende dalle circostanze che
agevolano o impediscono il ridestarsi della fermentazione stessa
durante il viaggio del filtrato; questo calo varia perciò in proporzione
dello zucchero decomposto dal fermento.
Tenendo presente che 100 parti in peso di glucosio, secondo Pasteur,
danno origine colla fermentazione a parti 46,67 di gas acido
carbonico, che in massima parte si sprigiona dal liquido e si sperde
nell'aria, mentre gli altri prodotti vi rimangono, si può agevolmente
stabilire, come dato, s'intende, approssimativo, un calo teorico di kg.
0,4667 per quintale di filtrato e per ogni grado di zucchero
decomposto nell'intervallo tra la pesata alla stazione di partenza e
quella di controllo alla stazione di arrivo, o allo svincolo della merce.
Così, ad esempio, supponiamo che un vagone di filtrato, caricato a
un dato giorno alla stazione di Brindisi, pesasse netto quintali 100 ed
il filtrato segnasse al gleucometro il 16% di zucchero indecomposto.
Dopo 5 giorni, poniamo, di viaggio il filtrato giunge a Milano in
discreta fermentazione e col titolo zuccherino di 14.50%, quale sarà
il calo dovuto alla fermentazione?
Basta moltiplicare i gradi di zucchero scomparsi per 0,4667; ossia
(16-14,50) × 0,4667 = 0,70%.
Il dato, come abbiamo detto, è teorico, perchè una parte del gas
carbonico rimane disciolto nel mosto, mentre quello che si sperde
nell'aria, attraverso la cannula applicata al cocchiume dei fusti,
trascina anche con sè una piccolissima quantità di vapori alcoolici, di
vapor d'acqua e di prodotti volatili; tuttavia esso si avvicina molto al

vero e può servire in pratica a risolvere le eventuali contestazioni tra
speditore e acquirente per differenze nel peso della merce.
Il calo per evaporazione, varia anch'esso a seconda la qualità e lo
spessore delle doghe di cui sono costruiti i vasi vinari da trasporto, a
seconda della temperatura, della densità del mosto, della capacità
dei fusti, del tempo ecc. È ben difficile perciò di potere determinarlo
con sufficiente approssimazione.
Da varie notizie assunte presso i commercianti di filtrati, abbiamo
avuto dati assai diversi, varianti dal
1
⁄2 al 3%, per viaggi della durata
di 3 a 8 giorni. In queste cifre è compreso anche lo sfrido per
spandimenti. Ad ogni modo, riunendo assieme tutte le cause di
diminuzione, compresa la fermentazione si può stabilire con
abbastanza approssimazione, un calo variabile da 1 a 3% in peso,
per viaggi della durata non superiore agli otto giorni, qualunque sia
la percorrenza, semprechè, s'intende, il filtrato giunga a destino in
condizioni normali.
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I filtrati dolci, rispetto al trasporto sulle strade ferrate italiane,
vengono considerati come mosto e quindi tassati con le tariffe
interne n. 204 A per le percorrenze inferiori ai 600 Km e n. 204 B per
le percorrenze superiori ai 600 Km.
In base a queste tariffe, un vagone di filtrato, da Barletta a Milano,
per esempio, (Km. 811) paga L. 2,90 per quintale, incluso il peso dei
fusti vuoti.
Le spedizioni per l'estero cadono sotto il regime delle tariffe
internazionali, concordate nella convenzione di Berna. In Italia, ai
vagoni per l'estero si applica, sino al confine, la tariffa eccezionale
1002, che si divide in due serie a seconda la quantità di merce che lo
speditore s'impegna di trasportare. La serie A è per trasporti liberi,
senza vincolo di tonnellaggio, la serie B implica l'obbligo di caricare

un minimo di 200 vagoni (2000 tonnellate) ed offre un risparmio
sulla precedente di circa 40 lire a vagone, per effetto del rimborso, a
lavoro compiuto, da parte dell'amministrazione ferroviaria.
Un tale trattamento di favore, fatto sulla base della quantità di
prodotto trasportato, non gioverebbe che soltanto a qualche grosso
commerciante, se, per fortuna, non vi fossero delle ditte od
associazioni private, che trasportando con materiale proprio i mosti e
i vini per conto di terzi, mettono ogni piccolo commerciante in
condizione di partecipare largamente al rimborso della tariffa 1002,
serie B. Così abbiamo in Italia la ditta Padoa e Semplicini di Firenze,
successori di Cirio, la ditta Fratelli Gondrand di Milano e l'Unione
lombarda cooperativa fra i commercianti di vino in Milano, le quali
compiono a questo riguardo un ottimo servizio.
La ditta Padoa e Semplicini dispone di circa 300 serbatoi montati su
carri, alcuni a due botti di rovere, altri metallici, ma enofillassinati
internamente col sistema Ghinozzi. Essa fa anche il servizio pei
vagoni di fusti presentati dal commerciante e spedisce per conto
proprio, come pure assume l'incarico dei rischi e della riscossione
degli assegni che possano gravare sulla merce.
Analogo servizio fa pure la ditta Fratelli Gondrand di Milano, sebbene
con materiale più limitato.
L'Unione lombarda possiede ora 125 serbatoi a disposizione dei
proprii socii.
Le due ditte succitate hanno uffici primari a Barletta e Bari, la prima
poi mantiene delle succursali a Brindisi, Alezio e Gallipoli, in provincia
di Lecce.
Il deposito dei serbatoi della Padoa e Semplicini è alla stazione di
Ofantino, tra Barletta e Trinitapoli, su binari proprii, con apposita
officina per la manutenzione del materiale, il quale viene consegnato
ai caricatori in perfetta regola.
Stimiamo opportuno portare due esempi di spesa di trasporto, di
mosto o di filtrato dolce, per l'estero, calcolata in base alla tariffa
eccezionale 1002, serie A, che è senza vincolo di tonnellaggio. Un

vagone di filtrato per la Francia, da Barletta a Parigi paga: Sino a
Modane (Km. 1024) lire 3,85 al quintale; da Modane a Paris-Bercy
(Km 672) franchi oro 2.785 al quintale.
Un vagone da Barletta a Zurigo (Svizzera) sino a Chiasso (Km. 863)
paga fr. 2,80 per quintale, da Chiasso a Zurigo (Km. 244) fr. 2 al
quintale.
Da questi esempii si vede che la tariffa internazionale 1002, serie A,
a parità di distanze chilometriche, è più mite in Italia che all'estero.
Il trasporto del filtrato in serbatoio costa meno, anche per l'interno,
che non quello in fusti, per ragione di spazio.
La spesa varia anche secondo che si tratti di serbatoio di legno a due
botti o di serbatoio metallico, con una differenza di circa 40 lire a
vantaggio dell'ultimo. Da ciò si potrebbe subito dedurre la
convenienza di preferire senz'altro i serbatoi ai fusti, ma in pratica
s'incontrano delle difficoltà pel fatto che non si può avere il serbatoio
alla filtreria, come i fusti. Il travaso del filtrato dai fusti al serbatoio,
se non viene fatto con precauzione, provoca l'arieggiamento del
mosto e l'inquinamento di nuovi germi della fermentazione che si
vuole invece evitare e che trova condizioni più propizie nei grossi
recipienti anzichè nei piccoli.
*
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*
Trasporto per via di mare. — Il trasporto per via di mare dei filtrati si
fa in quantità rilevante dai porti di Brindisi e Gallipoli: qualche piccola
cosa anche da Barletta, il rimanente va tutto dalla Puglia per via di
terra, a vagoni completi.
Da Brindisi e da Barletta i filtrati si caricano in fusti, sui vapori della
Società Puglia e della Navigazione Generale che fanno servizio
diretto accelerato nell'Adriatico. I vapori impiegano da 30 a 40 ore
pei viaggi dai porti pugliesi a Venezia.

La spesa del trasporto è di lire 0,85 per quint. lordo da Barletta e L.
1,35 da Brindisi, per Venezia. Queste tariffe non sono invero tanto a
buon mercato, perchè in addietro si erano ridotte quasi alla metà,
ma dopo la convenzione del pooll che stabilì l'obbligo di un minimum
di tariffa fra le compagnie coalizzatesi e di non esercitare la libera
concorrenza, sono rimaste sempre allo stesso livello piuttosto alto,
non ostante che alcune di dette compagnie siano tuttora largamente
sovvenzionate dallo Stato.
Ad ovviare a tale inconveniente, si è costituita lo scorso anno in
Brindisi, una nuova Società di navigazione fra i caricatori riuniti della
regione pugliese, la quale ha già acquistato qualche vapore
dall'Inghilterra.
I filtrati di Gallipoli in gran parte si trasportano a Genova con velieri
che impiegano 8 a 10 giorni per la traversata dei due mari Ionio e
Mediterraneo, con una spesa relativamente mite.
I lambiccati di Torre del Greco viaggiano pure per via di mare
quando sono diretti sulla Riviera, per ferrovia se verso le altre regioni
del nord, invece i filtrati romagnoli vengono trasportati
esclusivamente sulle strade ferrate.

Caéitolo VII.
Commercio dei filtrati dolci.
Il commercio dei filtrati dolci esercita una notevole e benefica
influenza su l'andamento generale del commercio vinario nelle
regioni dove l'industria dei filtrati è estesa, specialmente in Puglia,
nel Napoletano e nelle Romagne. Infatti è desso che comincia a
richiamare nel mezzogiorno i commercianti e gli osti dell'alta Italia, e
le prime contrattazioni di filtrati aprono l'adito al gran movimento dei
mercati vinicoli meridionali. Il commerciante non lesina tanto nello
acquisto delle partite di uva o di mosti grezzi da destinarsi alla
filtrazione, quando la roba è buona, come dicesi in pratica, cosicchè i
prezzi dei filtrati, che sono sempre bene, regolano, su molte piazzo
anche i prezzi delle uve comuni e dei mosti-vini, di cui aumentano le
contrattazioni.
Nelle Puglie, specie a Barletta, chiamano oggi con la parola di gergo
giargianese qualunque forestiere che vi si rechi per fare acquisti di
uve, mosto o vino. Basta che qualcuno di questi giargianesi cominci
a vedersi allo approssimarsi della vendemmia per fare il suo vagone
di filtrato, in un mercato della Puglia, che i mediatori, o gli
speculatori, si mettono in movimento e la gara degli acquisti
incomincia subito, accompagnata da un certo rialzo nei prezzi.
Queste prime avvisaglie, diremo così, della campagna vinicola
pugliese, che per l'enorme traffico cui dà luogo non ha uguale
riscontro in nessun altro paese del mondo, sogliono verificarsi nella
provincia di Lecce.
Verso la fine del mese di agosto, o nei primi giorni di settembre, si
vedono nel porto di Gallipoli ancorati i bastimenti a vela carichi di

fusti vuoti. Appartengono a commercianti od osti della riviera ligure,
che scendono giù, fittano per loro conto gli stabilimenti locali,
provvisti di materiale per la vinificazione e incominciano i lavori di
filtrazione, acquistando per lo più uve o mosti del territorio di
Gallipoli e dei paesi circonvicini.
A Gallipoli viene immediatamente dietro Brindisi per la campagna dei
filtrati, arrivandosi talvolta per la impazienza degli acquirenti a
vendemmiare le uve non perfettamente mature.
A Brindisi, a Gallipoli, a Nardò, Squinzano, Novoli, Taranto, ecc.,
numerosi stabilimenti pubblici e privati vengono adibiti alla
preparazione dei filtrati, con un lavoro febbrile, incessante, di giorno
e di notte, perchè preme ai commissionarï di soddisfare gli impegni
contratti prima che si inizi la vendemmia nel barlettano, col
sopraggiungere del mese di ottobre, dove poi molti si recano coi loro
filtri per lavorare a conto di terzi o dei proprii clienti dell'alta Italia.
I filtrati di Barletta chiudono la campagna, verso la seconda
quindicina di ottobre, e la chiudono quasi sempre con successo,
perchè nelle annate normali sono prodotti fini, destinati a correttivo
di lusso o all'onore della bottiglia, e vengono pagati bene, a prezzi
più che remuneratori, con immediata soddisfazione economica dei
produttori.
Il commercio dei filtrati nel mezzogiorno viene esercitato dalle ditte o
dai commissionari che posseggono sul luogo locali e materiale adatti,
spesso anche direttamente dagli osti del nord, che, mediante
contratti anticipati, impegnano, per loro conto, gli stabilimenti di
qualche privato; di rado se ne occupano gli stessi produttori del
luogo, ammenochè non siano produttori e commercianti ad un
tempo.
In Puglia, per quanto ci è noto, conosciamo un solo proprietario
intelligente e solerte, il sig. Francesco De Bellis di Taranto, che nella
sua cantina lavora la maggior parte delle uve di sua produzione per
preparare filtrati dolci, bianchi e rossi e che vende poi, durante
l'inverno, ad alcuni clienti fissi dell'Italia settentrionale.

Certamente non è agevole cosa il conservare nelle cantine pugliesi,
sia pure durante la sola stagione invernale, i filtrati dolci, ma non
può dirsi che sia impossibile, specialmente per chi dispone di locali
freschi.
Non sono rari, difatto, quei commercianti che tengono in Puglia
qualche avanzo di filtrato e anche delle partite intiere, a scopo di
speculazione.
L'esito dei filtrati è più facile e più conveniente, dal lato economico,
di quello del vino; sarebbe perciò opportuno che una parte maggiore
della produzione in uve venisse trasformata in filtrati dolci che
andrebbero, senza dubbio, ad accrescere, a vendemmia finita,
l'esportazione nell'interno del regno, dei prodotti genuini dei vigneti
meridionali.
Le contrattazioni dei filtrati, durante il periodo della vendemmia, di
solito si fanno senza garanzia del titolo zuccherino, però questa
pretesa da parte degli acquirenti comincia ad affacciarsi,
specialmente pei filtrati bianchi. Le ditte solide, di nome conosciuto,
che lavorano anche con Case importanti del nord, dànno, come già
dicemmo, per garanzia la propria marca, la quale serve di base nei
contratti subordinatamente alle condizioni dell'annata.
La mancanza di criterï precisi, per quanto riguarda i caratteri chimici
del filtrato, nelle contrattazioni, dipende più che altro, dalla poca o
nessuna conoscenza che tuttora si ha relativamente alla
composizione dei filtrati di ogni plaga viticola ove si producono. Non
avviene lo stesso pei vini da taglio, che oggi si contrattano a base di
alcool sino al decimo, e dell'estratto secco. Inoltre il commercio dei
filtrati, per quanto abbia avuto in questi ultimi anni un impulso
notevole, si può dire che sia ancora bambino; fra qualche anno
ancora forse adotterà norme più concrete e più esatte nei rapporti
fra produttore o industriale e acquirente. Saranno allora evitate
quelle numerose lagnanze e contestazioni che spesso noi abbiamo
dovuto comporre per difetti preesistenti nelle modalità dei contratti,
o per impegni assunti che non era possibile mantenere alla stregua
dei fatti.

Le contrattazioni in base al campione sono possibili soltanto tra
luoghi vicini, o sul posto. Per siti lontani non conviene l'invio del
campione e l'attesa della risposta, ammenochè non si avessero i
mezzi opportuni e la sicurezza di conservazione della massa da
vendere. I contratti lontani si fanno perciò a base della densità,
all'areometro Beaumé, o sull'indicazione, un po' lata, del mostimetro,
quando il compratore non voglia affidarsi completamente alla fiducia
del fornitore.
Sul posto serve di norma l'assaggio organolettico, accompagnato,
qualche volta, dal dato gleucometrico, o, raramente, dal certificato di
analisi di un istituto chimico.
*
*
*
Prezzi delle materie prime e dei filtrati. — Le uve acquistate
espressamente per la preparazione dei filtrati dolci si pagano una a
due lire in più, a quintale, sui prezzi correnti, perchè vengono
preferite le qualità scelte dei vigneti vecchi, o adulti, e di contrade
asciutte, molto rinomate.
I mosti grezzi dolci, per la filtrazione, si acquistano quasi ovunque a
volume, adottandosi l'ettolitro in alcuni paesi, la soma in altri, specie
nelle Puglie, ove la misurazione si fa ancora con la vecchia quartara
di dieci litri, o col vero decalitro bollato. — Per il vino si adopera
anche il barile da 50 litri.
La soma o salma varia da comune a comune nelle tre provincie di
Bari, Foggia e Lecce; stimiamo perciò utile riportare qui sotto i dati di
ragguaglio pei principali mercati pugliesi:
PROVINCIE Soma di litri
  mosto vino
Provincia di Bari  
Altamura 186 175
Acquaviva delle Fonti 186 175

Andria 186 175
Barletta 205 175
Bisceglie 186 175
Canosa 186 175
Canneto 186 175
Cassano Murge 186 175
Corato 200 186
Gioia del Colle 187 175
Grumo Appula 186 175
Locorotondo 143 132
Molfetta 186 175
Montrone 186 175
Palo del Colle 186 175
Ruvo di Puglia 186 175
Terlizzi 186 175
Taritto 186 175
Trani 186 175
Provincia di Foggia  
Cerignola 186 175
Foggia 198 175
Lucera 142 118
Margherita di Savoia 205 175
Ortanova 186 175
San Ferdinando 205 175
Sansevero 100 100
Trinitapoli 212 175
Provincia di Lecce  
Alezio 189 175
Brindisi quintale quintale
Fagiano 140 a 142 132
Gallipoli 189 175
Leporano 140 a 142 132
Martina Franca 140 a 142 132
Matino 186,40 175
Nardò 187 175
Parabita 186,40 175
Pulsano 140 a 142 132
Taranto 132 120
Tuglie 189 175

Altri comuni 175 a 190 175
La consegna del filtrato, a differenza del mosto grezzo, si fa sempre,
sugli stessi mercati della Puglia e nelle altre regioni d'Italia, a
quintale, al luogo di produzione o di spedizione. Questo uso generale
giova molto al commercio, sia per la facilità dei calcoli e del
conteggio, sia per l'unicità di criterio e la speditezza nelle pesature.
Sarebbe desiderabile che anche il vino fosse contrattato in
commercio in base al peso netto, anzichè sul volume.
La relazione che passa tra il volume del mosto grezzo e il peso del
filtrato varia a seconda la densità del mosto e la proporzione dei
residui fecciosi che trattiene il filtro. Pei mosti di Barletta, che sono i
più densi, noi abbiamo ottenuto in varie prove condotte con tutta
esattezza, una differenza media del 10 %; ossia 110 kg. di filtrato
limpido da 100 litri di mosto grezzo, fermentato in parte.
In pratica ai noleggiatori di filtri o ai proprietarï di filtrerie industriali,
converrebbe filtrare il mosto per conto di terzi, senza pattuire
compenso alcuno in denaro, ma riceversi semplicemente il mosto
grezzo a volume e consegnare una eguale quantità in peso di
filtrato. Di queste convenzioni se ne sono fatte qualche volta, ma
non si sono estese, perchè il margine del guadagno per chi filtra
supera la spesa strettamente necessaria alla filtrazione, tra fitto di
apparecchi, mano d'opera, ecc., sopratutto quando si tratta di mosti
fini, i cui filtrati si pagano dalle 30 alle 35 lire l'ettolitro.
I commissionarï, i mediatori e i sensali che preparano i filtrati per
conto dei loro clienti, presentano, a lavoro finito, la nota delle spese
di filtrazione effettivamente sostenute, ovvero computano, previo
accordo, un compenso che varia dai 50 centesimi a una lira al
quintale, oltre i diritti di mediazione, identici a quelli che si usano
nelle contrattazioni del mosto-vino.
I prezzi dei filtrati sono sempre alquanto superiori ai prezzi del
mosto-vino e della materia prima, anzitutto perchè i filtrati
provengono dai mosti più fini, fermentati solo in parte,

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