nella casa della matrona Afrodisia a cui il prepotente Romano l'aveva
affidata, costui la fece tradurre in giudizio quale negatrice dei Numi.
Ammonita a venerarli come era debito, ella li schernì, ed alle
minaccie di terreni tormenti rispose minacciando l'eterna dannazione
al suo persecutore. Ricondotta alla prigione e brutalmente sospinta
dai manigoldi, fu vista prodigiosamente star ferma, immobile, con le
piante dei piedi impresse nella pietra; poscia, entrata
spontaneamente nel carcere, vi passò un giorno pregando; finchè,
ancora una volta tratta dinanzi al tiranno, con tanta forza continuò a
resistergli, che l'imbestialito Quinziano ordinò ai littori di tormentarla
con verghe e lame roventi sul durissimo eculeo, poscia di torcerle e
strapparle una mammella, e finalmente di stenderla sui carboni
ardenti; ma nel punto che ella pativa questo estremo supplizio, un
terremoto scosse la città dalle fondamenta, due assessori del
Proconsole, Silvino e Falconio, che si godevano il truce spettacolo,
restarono sepolti sotto le rovine, ed il popolo, vedendo nel
cataclisma un castigo di Dio, insorse contro il tiranno, il quale fu
costretto a sospendere il supplizio ed a fuggire, trovando di lì a poco
la morte al passo del Simeto. Troppo tardi tratta dalla fornace,
l'esausta martire spirò, e i suoi pii correligionarii ne deposero il corpo
in un sepolcro nuovo; allora, nel punto che il sarcofago stava per
esser chiuso, un bellissimo fanciullo, sopravvenuto insieme con cento
compagni, depose presso la salma una tavoletta marmorea con
l'Epigrafe angelica, le iniziali della quale si vedono ora ripetute in
tanti luoghi: Mentem Sanctam Spontaneam Honorem Deo Et Patriae
Liberacionem. I Catanesi cominciarono pertanto a venerarla come la
loro celeste protettrice, e quando ebbero fede nella sua divina
potenza il suo culto cominciò a diffondersi oltre i confini della città e
dell'isola, per tutto il mondo. Nel 263 il vescovo Everio le consacrò,
sulle rovine del Pretorio, una prima cripta o edicola; trascorso ancora
mezzo secolo, nei primordi del IV, le fu eretta una chiesa che S.
Leone riedificò od abbellì. Questa chiesa, denominata S. Agata la
Vetere, fu per lungo tempo la cattedrale di Catania; ma i due
terremoti del 1169 e del 1693 la conciarono in modo che quella
ricostruita sulle sue rovine non ne serba più alcuna traccia, fuorchè
tre cimelii. Il primo e più notevole è lo stesso «sepolcro nuovo» dove