villaggio, sui monti, alla mensa del coltivatore, nelle officine degli
artigiani l'educazione, la persuasione delle sante parole di libertà. Dio
e il popolo! Ecco la formula mazziniana. Il popolo è l'eletto di Dio a
compiere la sua legge, legge d'amore, d'eguaglianza, di
emancipazione universale.
Era una religione nuova! E il codice della Giovine Italia, dettato in
stile biblico, rassomigliava ad un codice religioso. La gioventù che
aveva sete d'ideale amò questa Etaria Italiana: e, come sulle orme
del fraticello d'Assisi cresce la gente poverella,
Dietro allo sposo; sì la sposa piace,
crescono ogni giorno, si affratellano gl'iniziati della Giovine Italia, gli
scritti si propagano; da Marsiglia, chiusi dentro botti di pece, i
fascicoli della Giovane Italia arrivano nella Penisola; son ristampati
da tipografie clandestine, si moltiplicano: le polizie ne hanno sentore,
raddoppiano la vigilanza, le spie; si dissuggellano le lettere per
scoprire le fucine rivoluzionarie.
E la gran fucina che impensierisce i governi d'Italia era una povera
stanzuccia dove, fra le strette della miseria, Mazzini, Lamberti,
Usiglio, G. B. Ruffini lavoravano al giornale e dirigevano il moto.
«Furono dal 1831 al 1833 due anni di vita giovane, pura e
lietamente devota come la desidero alla generazione che sorge!»
esclamava nel 1861 Mazzini. E poteva esser lieto dell'opera sua. La
parte eletta della nuova generazione italiana, pendeva da lui, giurava
con lui, era affratellata nelle idee della Giovine Italia. I profughi del
31 da Parma, da Bologna, da Modena, lo raggiungevano a Marsiglia.
Niccola Fabrizi, Celeste Menotti, Usiglio, Gustavo Modena, Lamberti,
Melegari, Carlo Bianco, Giuditta Sidoli.
Vincenzo Gioberti, che allora apparteneva alla Giovine Italia col
nome di Demofilo, gridava: «Io vi saluto, precursori della nuova
legge politica, apostoli del rinnovato Evangelio.... La vostra causa è
giusta e pietosa essendo quella del popolo, la vostra causa è santa