«Era venuto allo studio di Bologna un giovane di assai belle fattezze
e grato aspetto, chiamato Giacomo da Valenza il quale (come il più
delle volte avviene dei giovani, sendo assai più intento ai piaceri che
agli studi) ritrovandosi un giorno ad una festa, che nel tempio
maggiore della città si celebrava, a caso gli venne fisso gli occhi in
una damigella di bellissimo aspetto, chiamata Costanza, figliuola di
Franceschino, o Chechino de Zagnoni, e nepote di Giovanni Andrea
famosissimo dottore di legge, e di lei sì fieramente s'innamorò, che
ne giorno ne notte ritrovava riposo al suo cuore, anzi vie più di hora
in hora cresceva il dolore e questo perchè la giovine niente
l'osservava, ma salda nella sua buona creanza ed honestà si
mostrava aliena del tutto, da questi amorosi inciampi. Hora il giovane
vedendosi a sì disperato passo, aperse il suo segreto disegno a certi
suoi cari amici, et inanimato al fare quanto haveva pensato, egli un
giorno, osservando che il padre non era in casa, arditamente entrò in
casa della giovine, et a forza la trasse fuori conducendola in casa di
un suo fedele amico, la qual rapina denunciata al padre, prese l'armi
e accompagnato da molti de' suoi parenti, passò alla casa dove si
ritrovava lo scolare con la giovane; ma il Valentino coraggiosamente
difendendosi, e ributtando il padre della giovine adietro, tosto chiuse
la porta della casa, e senza ritrovare contrasto, insieme con la
giovine, per una porta di dietro, fuggendo si salvò. Questo misfatto
generalmente spiacque a tutti e se ne fece querela presso il Pretore
acciocchè un tanto disordine fusse castigato. Pose il Pretore le spie
in ogni lato della Città, ne passò molto tempo che lo ritrovò, il quale
posto prigione confessò liberamente il delitto. Il perchè subito fu
sentenziato che la mattina seguente allo spuntar dell'aurora, dovesse
esser decapitato e così fu fatto. Spiacque oltremodo a tutto lo Studio
la morte del giovinetto amante, e tanto fu lo sdegno loro, che sotto
giuramento determinarono partirsi da Bologna, et acconcie le robbe
loro, per la maggior parte insieme, con molti de' dottori passarono
allo studio della Città di Siena, rimanendo gli altri nella Città come di
prima.»
Nella grande moltitudine di scolari che frequentavano le antiche
università, ve ne erano di quelli sprovvisti affatto di mezzi di fortuna,